Conclusione Non –violazione di P1-1
TERZA SEZIONE
CAUSA RUSPOLI MORENES C. SPAGNA
( Richiesta no 28979/07)
SENTENZA
STRASBURGO
28 giugno 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ruspoli Morenes c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Mihai Poalelungi, Kristina Pardalos, giudici, Alejandro Saiz Arnaiz, giudice ad hoc,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 31 maggio 2011,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28979/07) diretta contro il Regno della Spagna e in cui tre cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 2 luglio 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Madrid.
Il governo spagnolo (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I. Blasco Lozano, capo del servizio giuridico dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia.
3. Il 13 ottobre 2010, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. Il Sig. L. López Guerra, giudice eletto a titolo della Spagna essendosi ritirato , il presidente della sezione riguardata ha deciso di designare il Sig. A. Saiz Arnaiz per riunirsi al suo posto in qualità di giudice ad hoc, articolo 29 § 1 b, dell’ordinamento della Corte.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono tre fratelli che risiedono a Madrid.
6. I richiedenti erano i proprietari del quadro La Condesa de Chinchón (La Contessa di Chinchón) di Francisco de Goya. Il 14 dicembre 1999, conformemente alla legge 16/1985 del 25 giugno sul patrimonio storico nazionale, i richiedenti notificarono all’amministrazione la loro intenzione di vendere il quadro così come le condizioni di vendita alle quali erano giunti con gli acquirenti privati, affinché esercitasse, all’occorrenza, il suo diritto di prelazione a favore dello stato. Il prezzo di vendita era stato fissato a 4 000 000 000 pesete, quattro miliardi, o 24 040 484,17 di euro (EUR), da versare in contanti entro 30 giorni a contare dalla data in cui l’amministrazione avrebbe negato di esercitare il suo diritto, o al più tardi dopo due mesi di silenzio amministrativo fin dalla notifica dell’intenzione di vendere. Di conseguenza, la data limite di pagamento era il 15 marzo 2000.
7. Con una decisione del 18 gennaio 2000, il ministro dell’educazione e della Cultura esercitò il diritto di prelazione ed acquistò il quadro.
8. Il 26 gennaio 2000, i richiedenti informarono l’amministrazione che le condizioni applicabili alla vendita erano identiche a quelle convenute con gli acquirenti privati, ossia il versamento immediato del prezzo all’epoca della restituzione del quadro o, in caso di pagamento differito, l’attualizzazione dell’importo conformemente all’indice dei prezzi al consumo aumentato dell’interesse legale.
9. La restituzione fu effettuata il 17 febbraio 2000. I richiedenti reiterarono la loro istanza tramite via amministrativa a tre riprese, il 18 febbraio, il 4 aprile e il 3 maggio 2000. In mancanza di risposta, interposero un ricorso contenzioso-amministrativo e richiesero l’importo della vendita.
10. Mentre il ricorso si trovava pendente, l’amministrazione saldò il pagamento in due scadenze, ossia un primo versamento di 2 500 000 000 pesete, due miliardi e mezzo, o 15 025 302,60 EUR il 30 gennaio 2001 ed un secondo di 1 500 000 000 pesete, un miliardo e mezzo, o 9 015 181,56 EUR il 11 luglio 2001.
11. Con un giudizio dell’ 11 ottobre 2001, l’Audiencia Nacional respinse le pretese dei richiedenti. Segnalò che l’articolo 38 § 2 della legge sul patrimonio storico nazionale autorizzava l’amministrazione a differire il pagamento dei beni ad interesse culturale acquisito in esercizio del diritto di prelazione su due periodi contabili. L’Audiencia stimò in particolare che:
“(…) l’amministrazione non è obbligata [nello specifico] a pagare degli interessi di ritardo nella misura in cui versò l’importo [convenuto] nei termini previsti [all’articolo 38 § 2] (…). contrariamente alle rivendicazioni dei richiedenti, gli elementi essenziali del contratto di vendita iniziale di cui l’amministrazione fu informata conformemente alla legge, sono stati rispettati. Difatti, l’oggetto ed il prezzo sono rimasti immutati. L’amministrazione si è limitata ad esercitare il suo diritto di prelazione, senza che né la clausola di attualizzazione del prezzo né l’esigibilità degli interessi possa essere considerata come implicita, anche se il pagamento che figura nell’offerta iniziale era stato fissato in contanti. Questa facoltà dello stato non è contraria al diritto di proprietà. “
12. I richiedenti ricorsero in cassazione. Con una sentenza del 21 novembre 2006, notificato il 2 gennaio 2007, il Tribunale supremo respinse il loro ricorso e confermò il giudizio contestato. In particolare, il Tribunale constatò che l’amministrazione aveva effettuato i pagamenti nei termini legali di due periodi contabili, senza che nessun importo a titolo di interessi potesse essere richiesto. Peraltro, ricordò che il Tribunale costituzionale aveva respinto parecchi ricorsi di incostituzionalità contro la Legge 16/1985 del 25 giugno sul patrimonio storico nazionale, al motivo che lo scopo principale del diritto di prelazione a favore dell’amministrazione era unicamente quello di facilitare l’acquisizione di questo tipo di beni. Alla fine, il Tribunale supremo segnalò che tale privilegio era contemplato anche in altri casi. Menzionò a questo motivo la legge sull’espropriazione costretta del 16 dicembre 1954 che, molto prima della legge sul patrimonio storico e nella cornice dell’espropriazione, della vendita pubblica, dell’asta o della liquidazione di beni a valore artistico, storico ed archeologico, stabilisce che lo stato poteva esercitare il suo diritto di prelazione, pagando il prezzo convenuto durante al massimo due periodi contabili, salvo accordo con l’interessato su un’altra forma di pagamento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
13. La disposizione pertinente della Costituzione dispone come segue:
Articolo 46
“I poteri pubblici garantiranno la conservazione e promuoveranno l’arricchimento del patrimonio storico, culturale ed artistico dei popoli di Spagna e dei beni che l’integrano, qualunque sia il loro regime giuridico ed il loro titolare .”
14. La disposizione pertinente della Legge 16/1985 sul patrimonio storico nazionale, del 25 giugno 1985 dispone come segue:
Articolo 38
“1. Ogni persona che vuole alienare un bene dichiarato di interesse culturale o archiviato nel Repertorio generale dell’articolo 26 deve notificarlo agli organismi [competenti] menzionati all’articolo 6 e dichiarare il prezzo e le condizioni previste per l’alienazione.
2. Durante i due seguenti mesi la notifica menzionata al capoverso precedente, l’amministrazione dello stato potrà utilizzare il diritto di prelazione per lei stessa, per un’entità di beneficenza o per ogni altra entità di diritto pubblico, dovendopagare il prezzo convenuto o, all’occorrenza, il prezzo di aggiudicazione, durante al massimo due periodi contabili, salvo accordo con l’interessato su un’altra forma di pagamento.
(…). “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
15. I richiedenti stimano che le condizioni di vendita applicabili all’amministrazione avrebbero dovute essere le stesse di quelle convenute con gli acquirenti privati in caso di pagamento differito, ossia la rivalutazione dell’importo conformemente all’indice dei prezzi al consumo aumentato dell’interesse legale. Considerano che la mancata osservanza di questa esigenza ha indotto un attentato al loro diritto di proprietà come previsto dall’ l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
16. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
18. Il Governo segnala al primo colpo che la legge non esige l’attualizzazione dell’importo da pagare in caso di ordinamento differito. Contempla solamente l’obbligo di effettuare il pagamento in un termine massimo di due periodi contabili, senza nessun riferimento alle eventuali clausole convenute con gli acquirenti privati. Del parere del Governo, la clausola relativa alla rivalutazione non può essere considerata come implicita in tutti gli atti di vendita. Così, nella misura in cui nello specifico l’amministrazione ha rispettato l’esigenza legale, non può essere considerata come in ritardo nel compimento del suo obbligo.
19. Inoltre, il Governo ricorda che in ragione della sua funzione sociale, il diritto di proprietà non è assoluto e può essere oggetto di limitazioni legali che hanno una conseguenza economica. Segnala che queste possono essere tanto più rigorose trattandosi di un bene di interesse culturale. Difatti, questo tipo di beni possiede un regime giuridico speciale, stabilito dal legislatore per proteggere l’interesse generale e senza scopo confiscatorio.
20. Il Governo stima che le limitazioni, contemplate nell’articolo 38 della Legge sul patrimonio storico nazionale, non portano attentato all’essenza del diritto di proprietà e ricorda a questo motivo la giurisprudenza della Corte relativa al margine di valutazione di cui beneficiano in materia gli Stati, in particolare le sentenze Chassagnou ed altri c. Francia [GC], nostri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, CEDH 1999-III, Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, CEDH 2000-I ed Aka c. Turchia, sentenza del 23 settembre 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-VI.
21. Del suo parere, il margine di valutazione non sarebbe stato superato nello specifico.
b) I richiedenti
22. Da parte loro, i richiedenti considerano che l’interpretazione dell’articolo 38 della Legge sul patrimonio storico nazionale deve superare la lettura alla lettera del testo e inquadrarsi nella protezione più generale del diritto di proprietà. A questo riguardo, segnalano che il modo in cui lo stato ha esercitato il suo diritto di prelazione nello specifico supera il margine di valutazione di cui dispone e ha portato esattamente attentato all’equilibrio che deve esistere tra la protezione del diritto di proprietà e l’interesse generale. Per i richiedenti, il diritto di prelazione permette all’amministrazione di acquisire il bene alle stesse condizioni di quelle convenute con l’acquirente privato e, di conseguenza, non le accorda il diritto di passare oltre la clausola di attualizzazione del prezzo.
23. Nello specifico, l’amministrazione si è liberata dall’importo totale in due volte senza attualizzazione del prezzo conformemente all’indice dei prezzi al consumo. Hanno ricevuto così una somma inferiore a quella di cui avrebbero beneficiato se l’acquirente fosse stato un individuo, inducendo loro un danno economico quantificabile a 1 386 378,65 EUR. Stimano di non avere nessun obbligo legale di sopportare questo danno che sarebbe contrario alla legge. Difatti, il diritto di prelazione di cui non beneficia lo stato non deve comprendere nessun danno per i venditori. Il contrario implicherebbe che il sistema legale permette le requisizioni o le confische.
24. Alla fine, i richiedenti considerano che le loro pretese non recano offesa alla funzione sociale del diritto di proprietà e stimano che la loro istanza non può essere considerata come abusiva.
2. Valutazione della Corte
A. Sull’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
25. La Corte ha per primo compito di pronunciarsi sulla norma dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che conviene applicare ai fatti dello specifico. Difatti, la Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra loro. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, per esempio, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 78, CEDH 2006-V, e Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 48, CEDH 2009 -…).
26. Per ciò che riguarda in particolare le ingerenze che dipendono dal secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che contempla specialmente il “diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale “, deve esistere per di più un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. A questo riguardo, gli Stati dispongono di un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (AGOSI c. Regno Unito, sentenza del 24 ottobre 1986, § 52, serie Ha no 108).
27. Trattandosi dei fatti dello specifico, la Corte nota che a differenza della causa Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 106, CEDH 2000-I, non è contestato che i richiedenti erano i proprietari legittimi del quadro.
28. La Corte constata inoltre, che le disposizioni legali che sono state applicate alla vendita del quadro controverso avevano per vocazione di regolamentare, tra l’altro, il mercato dei beni che fanno parte del patrimonio storico nazionale fissando le condizioni della loro alienazione e fissando in particolare un diritto di prelazione a favore dello stato su questo tipo di beni.
29. Nella misura in cui i richiedenti hanno deciso liberamente di mettere in vendita il loro quadro, non sono stati oggetto di una “privazione di bene” ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1, ma di una misura tesa a “regolamentare l’uso” del quadro ai sensi del secondo capoverso di questo articolo (vedere J.A). Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c,). Regno Unito [GC], no 44302/02, § 66, CEDH 2007-X).
30. La Corte si metterà sotto l’angolo di questa disposizione per esaminare l’ingerenza nel diritto di proprietà dei richiedenti dunque.
B. Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
31. Alla vista delle conclusioni che precedono, la Corte considera che il collocamento in opera del diritto di prelazione ha costituito un’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni. Per essere compatibile con la norma generale enunciata alla prima frase dell’articolo 1, tale ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, sentenza Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I. Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non “sentire solo quando è accertato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio della legalità e non era arbitraria”, sentenza Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58 CEDH 1999-II.
2. “Nelle condizioni previste dalla legge”
32. La Corte ricorda che la legalità costituisce una condizione fondamentale della compatibilità di una misura di ingerenza con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, “l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto di beni sia legale”, sentenza Iatridis precitata, § 58. La Corte gode però di una competenza limitata per verificare il rispetto del diritto interno, sentenza Håkansson e Sturesson c. Svezia del 21 febbraio 1990, § 47, serie A no 171-A, e ricorda a questo riguardo che appartiene al primo capo alle autorità nazionali, e singolarmente ai corsi e tribunali, interpretare ed applicare il diritto interno (vedere Brualla Gómez del Torre c. Spagna, sentenza del 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni, 1997-VIII, e Glässner c. Germania, (dec.), no 46362/99, CEDH 2001-VII,). Nello specifico, l’ingerenza controversa era prevista dall’articolo 38 della legge sul patrimonio storico nazionale. Peraltro, nessun elemento della pratica permette alla Corte di concludere che le autorità spagnole abbiano fatto un’applicazione manifestamente erronea, o sia giunta aconclusioni arbitrarie, di questa disposizione legale (vedere, mutatis mutandis, sentenza Tre Traktörer AB c. Svezia del 7 luglio 1989, § 58, serie A no 159).
33. Niente nella pratica indica inoltre, che la disposizione applicabile non era sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile. Difatti, l’articolo 38 § 2 non fanno nessun riferimento ad un qualsiasi obbligo dell’amministrazione di attualizzare il prezzo in caso di pagamento differito (vedere, mutatis mutandis, O.B. Heller, a.s. e Československá obchodní banka c. Repubblica ceca, (dec.), no 55631/00 e 55728/00, 9 novembre 2004,).
3. Sullo scopo dell’ingerenza
34. Ogni ingerenza nel godimento di un diritto o di una libertà riconosciuti dalla Convenzione deve, come deriva dall’articolo 18 della Convenzione, inseguire uno scopo legittimo. Il principio del “giusto equilibrio” inerente all’articolo 1 del Protocollo no 1 stesso suppone l’esistenza di un interesse generale della comunità. Per di più, conviene ricordare che le differenti regole incorporate nell’articolo 1 non sono prive di rapporto tra esse e che la seconda e la terza sono solamente dei casi particolari, paragrafi 25-26 sopra. Ne deriva, in particolare, che l’esistenza di una “causa di utilità pubblica” richiesta in virtù della seconda frase, o ancora “l’interesse generale” menzionato nel secondo capoverso, costituiscono in fatto dei corollari del principio enunciato alla prima frase. Perciò, un’ingerenza nell’esercizio del diritto al rispetto dei beni, ai sensi della prima frase dell’articolo 1, deve inseguire anche uno scopo di utilità pubblica.
35. Nello specifico, la Corte non mette per niente in causa il diritto di prelazione sulle opere di arte in quanto tale. Difatti, considera che il controllo del mercato delle opere d’ arte presenta un interesse per il patrimonio dello stato e costituisce uno scopo legittimo nella cornice della protezione del patrimonio culturale ed artistico di un paese (Buonomo Gärber ed altri c. Italia, (dec.), no 63783/00, del 20 maggio 2003 e Beyeler c. Svizzera suddetta, § 117). Il suo compito consisterà nell’ esaminare le modalità di applicazione di questo diritto allo specifico. Simili modalità entrano nella cornice del margine di valutazione dello stato, salvo se arrivano a risultati così anormali che la legislazione ne diventa inaccettabile.
4. Sull’esistenza di un giusto equilibrio
36. La preoccupazione di garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo si riflette nella struttura dell’articolo 1 tutto intero e si traduce con la necessità di un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere, tra altre, le sentenze Sporrong e Lönnroth precitata, § 69, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio del 20 novembre 1995, § 38, serie A no 332, e da ultimo Chassagnou ed altri c. Francia [GC] precitato, § 75, CEDH 1999-III).
37. Per determinare se la misura controversa rispetta il giusto equilibrio voluto, la Corte deve ricercare in particolare se non fa pesare sui richiedenti un carico sproporzionato che rompe il giusto l’equilibrio che deve esistere tra gli interessi in gioco.
38. La Corte nota che le condizioni convenute con gli acquirenti privati contemplavano che in caso di pagamento differito, l’importo della vendita, ossia 24 040 484,17 EUR, doveva essere attualizzato conformemente all’indice dei prezzi al consumo aumentato dell’interesse legale. Esercitando il diritto di prelazione legale, lo stato ha pagato il prezzo del quadro su un periodo che si stende su circa un anno e mezzo. Secondo i richiedenti, il mancato pagamento dell’attualizzazione del prezzo aumentato dell’interesse legale avrebbe provocato un danno che ammonta a 1 386 378,65 EUR.
39. La Corte ricorda al primo colpo che gli Stati godono di un largo margine di valutazione quando si tratta, come nello specifico, di decidere le misure da mettere in opera per regolamentare l’uso di un bene (vedere sopra paragrafi 28-29), così come per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (cf). particolarmente Chassagnou ed altri precitata, § 75 ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 49, CEDH 1999-V.
40. Questo margine è ancora più largo quando che si tratta bene di un dichiarato di interesse culturale o archiviato come patrimonio storico. Così, la Corte considera che i proprietari di opere d’ arte che hanno un interesse per il patrimonio artistico della nazione si devono aspettare di subire delle restrizioni al loro diritto a causa della protezione dell’interesse generale e della natura particolare di questi beni. Nonostante, ogni attentato al diritto al rispetto dei beni deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della collettività e quelle della protezione dei diritti fondamentali dell’individuo (J.A . Pye, precitata, § 53).
41. Nello specifico, queste limitazioni si concretano con certe condizioni alle quali sono sottoposte le alienazioni, ossia l’obbligo di notificare all’amministrazione l’intenzione di vendere il quadro affinché possa esercitare il suo diritto di prelazione. Una volta che l’amministrazione ha espresso il suo interesse per il bene, lo svolgimento della transazione deve effettuarsi conformemente alla regolamentazione applicabile in materia non potendo fissare il venditore, unilateralmente le condizioni. Del parere della Corte, queste restrizioni si spiegano con la preoccupazione dell’amministrazione di centralizzare, tanto quanto si può fare, la conservazione e promozione delle opere d’ arte per conformarsi all’obbligo che deriva dall’articolo 46 della Costituzione (vedere sopra paragrafo 13) e di facilitarne l’accesso all’insieme della popolazione. Il quadro è esposto nella più importante pinacoteca spagnola, ossia il Museo del Prado a Madrid, ora.
42. Nessun dubbio a questo riguardo che l’acquisizione da parte dello stato delle opere d’ arte in modo preferenziale facilita in grande misura l’esposizione pubblica e permette di farne beneficiare un più largo pubblico. L’interesse generale della collettività si vede così privilegiato.
43. Essendo così, conviene ad ogni modo valutare se il danno patrimoniale addotto dai richiedenti ha costituito un carico sproporzionato (vedere in particolare la causa J.A. Pye precitata, § 79 e Depalle c. Francia, [GC], no 34044/02, § 91, CEDH 2010 -…).
44. Nella presente causa, la legge 16/1985 sul patrimonio storico nazionale, del 25 giugno, contemplava che in caso di utilizzazione del diritto di prelazione, l’amministrazione avrebbe dovuto pagare il prezzo convenuto durante al massimo due periodi contabili, salvo accordo con l’interessato su un’altra forma di pagamento. La Corte constata a questo motivo che i richiedenti hanno ricevuto la totalità del prezzo di vendita del quadro, o 24 040 484,17 EUR, essendo stato versato il prezzo prima della fine del termine di due periodi contabili previsti dalla legge.
45. L’articolo 38 di questa legge non contiene previsioni espresse in quanto ad un’eventuale attualizzazione del prezzo in caso di pagamento differito. I richiedenti non potevano aspettarsi quindi, ragionevolmente di un’attualizzazione del prezzo. Difatti, l’articolo 38 § 2 della legge non lasciava nessun margine di valutazione all’amministrazione, poiché disponeva esclusivamente che questa ultima era tenuta a versare al proprietario del bene il prezzo convenuto nell’atto di alienazione. In più, le autorità non potrebbero passare per avere contribuito ad intrattenere l’incertezza sulla possibilità di applicare di tale attualizzazione, a contrario, Beyeler precitata § 119.
46. Avuto riguardo a ciò che precede, la Corte conclude che i richiedenti non hanno sopportato un carico sproporzionato ed eccessivo, il giusto equilibrio richiesti dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione non essendo stato rotto di conseguenza nello specifico. Quindi, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 28 giugno 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente