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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ROMAN c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 30453/04/2009
Stato: Romania
Data: 2009-07-07 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA ROMAN C. ROMANIA
( Richiesta no 30453/04)
SENTENZA
STRASBURGO
7 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Roman c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 30453/04) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra L. R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 22 luglio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da I. K., avvocato a Deva. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 gennaio 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3 è stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente, la Sig.ra L. R., è una cittadina rumena, nata nel 1934 e residente a Deva.
5. Il 23 maggio 2001, il richiedente notificò al municipio di Deva (“il municipio”) un’istanza di restituzione di un immobile appartenuto a suo fratello e confiscato dallo stato il 21 luglio 1959. Fondò la sua istanza sulla legge no 10/2001 relativa al regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 e il 22 dicembre 1989 (“la legge no 10/2001”).
6. Il 19 giugno 2001, il richiedente notificò anche la sua istanza al consiglio comunale di Deva (“il consiglio comunale”).
In mancanza di risposta del consiglio comunale, il richiedente citò questo ultimo così come lo stato, rappresentato dalla direzione generale delle finanze pubbliche, dinnanzi al tribunale dipartimentale di Hunedoara. Chiese la restituzione dell’immobile e, a titolo accessorio, dei risarcimenti pecuniari.
7. Con un giudizio del 13 novembre 2002, il tribunale dipartimentale di Hunedoara accolse l’azione a riguardo del consiglio comunale e la respinse a riguardo dello stato. Constatò che il richiedente, in quanto erede legittimo di suo fratello, aveva diritto a percepire dei risarcimenti. Giudicò anche che in virtù della legge no 10/2001, il consiglio comunale aveva l’obbligo di trasmettere il giudizio, appena sarebbe diventato definitivo, alla prefettura di Hunedoara (“la prefettura”) per centralizzare i dati concernenti l’immobile e stabilire il valore dell’immobile sulla base di una perizia in vista di versare i risarcimenti.
8. In mancanza di appello delle parti, questo giudizio diventò definitivo.
9. Il 12 marzo 2003, il richiedente notificò il giudizio al consiglio comunale ed alla prefettura.
Con una decisione del 16 aprile 2003, il sindaco di Deva constatò il diritto del richiedente a percepire dei risarcimenti in virtù della legge no 10/2001. Rinviò la pratica alla prefettura e ne informò il richiedente il 23 aprile 2003.
10. Il 10 luglio 2003, il richiedente chiese al municipio, alla prefettura ed al consiglio comunale di eseguire il giudizio del 13 novembre 2002 e la decisione del sindaco del 16 aprile 2003.
Con una nuova decisione del 14 maggio 2004, il sindaco di Deva fissò l’importo dei risarcimenti a 1 055 089 000 lei rumeni (ROL), o 26 000 euro (EUR).
Con una lettera del 18 maggio 2004, la prefettura di Hunedoara ne informò il ministero delle Finanze e gli mandò tutti i documenti giustificativi affinché egli pagasse la somma in causa.
11. Con una lettera del 18 giugno 2004, il richiedente chiese al ministero delle Finanze il versamento della somma indicata dalla prefettura.
Con una lettera del 25 giugno 2004, il ministero delle Finanze replicò che nessun pagamento sarebbe stato effettuato prima dell’adozione delle norme per l’applicazione della legge no 10/2001 concernenti il pagamento dei risarcimenti ordinati in virtù di questa legge. Un progetto di legge per l’adozione di tali norme era stato presentato già al Parlamento. Il ministero si occupava della centralizzazione di tutte le domande di risarcimento nel frattempo.
12. Il 17 aprile 2006, il richiedente indirizzò una domanda di esecuzione della decisione del sindaco di Deva del 14 maggio 2004 all’autorità nazionale competente per l’applicazione della legge no 10/2001.
13. Il 8 maggio 2006, l’autorità nazionale informò il richiedente della modifica della legge no 10/2001, con la legge no 247/2005 che istituiva un nuovo sistema di risarcimento. Ad una data no-precisata, questa autorità trasmise la pratica alla Segreteria della commissione centrale dei risarcimenti, creata da questa legge. Con una lettera del 23 marzo 2007, trasmessa al Governo, l’autorità nazionale l’informò che la pratica concernente l’immobile era stata rinviata al municipio di Deva ed al richiedente per aggiungere delle informazioni. Secondo la commissione centrale, la qualità di proprietario del richiedente non risultava chiaramente dai documenti della pratica.
14. Un procedimento diretto contro la commissione centrale, il ministero delle Finanze e la società “Fondul Proprietatea” è stato impegnato dal richiedente in vista di vedersi concedere i risarcimenti previsti dalla decisione no 729/2004 del 14 maggio 2004 del municipio di Deva. Le parti non hanno informato la Corte della conclusione di questo procedimento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti, modifiche e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); Tudor c. Romania ( no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007) e Viaşu c. Romania, (no 75951/01, § 37-46, 9 dicembre 2008.
IN DIRITTO
I. SULL’OGGETTO DELLA RICHIESTA
16. Invocando, in sostanza, l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente si considera vittima di una violazione del suo diritto al rispetto dei beni, in ragione del difetto di pagamento dei risarcimenti ai quali aveva diritto in virtù della legge no 10/2001, come constatato dal giudizio definitivo del 13 novembre 2002 e la decisione del sindaco di Deva del 14 maggio 2004.
17. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta anche della durata del procedimento terminato col giudizio definitivo del 13 novembre 2002 così come dell’inadempimento di questo ultimo giudizio.
18. Adduce inoltre sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione che non dispone di nessuna altra via di ricorso per ottenere i risarcimenti.
19. Cita infine l’articolo 3 del Protocollo no 7.
20. Avuto riguardo alla natura del motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e tenuto conto del problema sistemico che rivela (vedere mutais mutandis Viaşu c. Romania, precitata, §§ 76-77) la Corte stima che le questioni sollevate nello specifico devono essere esaminate sotto l’angolo di questo articolo e non stima necessario di porsi anche sul terreno degli altri articoli di cui il richiedente adduce la violazione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. Il richiedente adduce che l’impossibilità nella quale si trova di ottenere un indennizzo effettivo per il suo immobile nazionalizzato ha infranto il suo diritto di proprietà. Invoca in sostanza l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
22. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
23. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati nelle cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008, Episcopia Română Unită cu Roma Oradea c. Romania, no 26879/02, §§ 24-25, 7 febbraio 2008). Aggiunge, nelle circostanze particolari dello specifico, che l’autorità nazionale è stata nell’impossibilità di concedere al richiedente dei risarcimenti, in ragione dell’omissione di questa ultima di provare la sua qualità di persona avente diritto alla restituzione.
24. Il richiedente si oppone a questa tesi e considera che il fondo “Proprietatea” non è ancora effettivo. Per ciò che riguarda la qualità di proprietario, il richiedente fa valere che questa qualità risulta chiaramente dal giudizio del 13 novembre 2002.
25. La Corte constata che, nella presente causa, sebbene il richiedente abbia ottenuto, il 13 novembre 2002, una decisione interna definitiva, che fissava l’importo dell’indennizzo al quale aveva diritto per il suo immobile statalizzato, questa decisione non è stata eseguita.
26. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (Matache ed altri c. Romania, no 38113/02, 19 ottobre 2006; ed Orha c. Romania, no 1486/02, 12 ottobre 2006).
27. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
28. Il richiedente non ha percepito in definitiva, sempre la somma fissata dalle giurisdizioni. Certo, il municipio ha rilasciato la decisione che fissava l’importo dell’indennizzo e la pratica amministrativa è stata trasmessa alla commissione centrale. La Corte ricorda infine che accettare l’argomento del Governo in virtù del quale le autorità sono state nell’impossibilità di concedere al richiedente i risarcimenti in mancanza per quest’ ultimo di avere provato la sua qualità di proprietario, equivarrebbe a privare di ogni effetto utile il giudizio del tribunale dipartimentale di Hunedoara che aveva constatato il diritto del richiedente ai risarcimenti per l’immobile in questione nella sua qualità di erede di suo fratello. Difatti, risulta dalle disposizioni della legge no 247/2005 che la commissione centrale era competente solo per decidere dell’importo dei risarcimenti da concedere in virtù dei rapporti di valutazione. Del resto, nelle circostanze dello specifico, la qualità di proprietario del richiedente era già stata stabilita dal giudizio definitivo del tribunale. Accettare il contrario, permetterebbe all’amministrazione di rimettere in questione il merito della causa arguendo semplicemente in merito all’interpretazione scorretta dei fatti e della legge interna da parte delle giurisdizioni nazionali (vedere, mutatis mutandis, S.C. Ruxandra Trading S.r.l. c. Romania, no 28333/02, §§ 55 e 73, 12 luglio 2007).
Infine, la Corte ricorda di avere già stabilito che il fondo Proprietatea non funziona attualmente in un modo suscettibile di essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Ruxanda Ionescu c. Roumanie,no 2608/02, 12 ottobre 2006; e Matache ed altri, precitata, § 42).
29. Questa conclusione non giudica a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come il richiedente, si sono visti riconoscere il diritto di percepire dei risarcimenti in virtù delle leggi di risarcimento.
30. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia e degli elementi concreti della pratica, la Corte stima che il fatto per il richiedente di non potere ricevere l’indennizzo malgrado la sua determinazione da parte del tribunale nello specifico e di non avere certezza in quanto alla data in cui potrebbe percepirlo, ha fatto subire a questo un carico sproporzionato ed eccessivo incompatibile col diritto al rispetto dei suoi beni garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
31. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
32. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le numeri 10/2001 e 247/2005) così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere anche, mutatis mutandis, Viaşu, precitata, §§ 82-83; Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 53-54, 13 gennaio 2009; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 35-36, 20 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
33. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
34. Il richiedente richiede, a titolo del danno materiale, la somma di 70 000 euro (EUR)-paragrafi 7 e 10 sopra-attualizzata per tenere conto dell’inflazione. Richiede anche 10 000 euro a titolo di danno morale che avrebbe subito.
35. Il Governo stima che il valore dell’attualizzato ben tenuto conto dell’inflazione è di 129 797, 04 Ron.
36. Concernente il risarcimento del danno morale, il Governo stima che la somma chiesta a questo titolo è eccessiva e che ad ogni modo, un’eventuale sentenza di condanna potrebbe costituire, di per sé, un risarcimento soddisfacente del danno morale presumibilmente subito dal richiedente.
37. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
38. Nello specifico, tenuto conto della natura della violazione constatata, la Corte considera che il richiedente ha subito un danno materiale e morale. Nota anche che l’importo dei risarcimenti è stato fissato dal giudizio del 13 novembre 2002 e riattualizzato il 12 maggio 2004 con la decisione del municipio, somma che il richiedente non ha contestato. Quindi, stima che il pagamento di questi risarcimenti, riattualizzati sulla base del tasso dell’inflazione, e completati da una somma a titolo di danno morale, porrebbe l’interessata in una situazione equivalente per quanto possibile a quella in cui si sarebbe trovata se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
39. Pertanto, sulla base degli elementi che si trovano in suo possesso e deliberando in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente la somma di 45 000 EUR, ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
40. Il richiedente non formula alcuna richiesta a questo motivo.
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per quanto riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare anche gli altri motivi di appello invocati dal richiedente;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 45 000 EUR (quaranta cinquemila euro) per ogni danno compreso, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE ROMAN c. ROUMANIE
(Requête no 30453/04)
ARRÊT
STRASBOURG
7 juillet 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Roman c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 16 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 30453/04) dirigée contre la Roumanie et dont une ressortissante de cet État, Mme L. R. (« la requérante »), a saisi la Cour le 22 juillet 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me I. K., avocat à Deva. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 23 janvier 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3 il a en outre été décidé que la Chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante, Mme L. R., est une ressortissante roumaine, née en 1934 et résidant à Deva.
5. Le 23 mai 2001, la requérante notifia à la mairie de Deva (« la mairie ») une demande de restitution d’un immeuble ayant appartenu à son frère et confisqué par l’État le 21 juillet 1959. Elle fonda sa demande sur la loi no 10/2001 relative au régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’État entre le 6 mars 1945 et 22 décembre 1989 (« la loi no 10/2001 »).
6. Le 19 juin 2001, la requérante notifia également sa demande au conseil municipal de Deva (« le conseil municipal »).
En l’absence de réponse du conseil municipal, la requérante assigna ce dernier ainsi que l’État, représenté par la direction générale des finances publiques, devant le tribunal départemental de Hunedoara. Elle demanda la restitution de l’immeuble et, à titre subsidiaire, des dédommagements pécuniaires.
7. Par un jugement du 13 novembre 2002, le tribunal départemental de Hunedoara accueillit l’action à l’égard du conseil municipal et la rejeta à l’égard de l’État. Il constata que la requérante, en tant qu’héritière légitime de son frère, avait droit à percevoir des dédommagements. Il jugea aussi qu’en vertu de la loi no 10/2001, le conseil municipal avait l’obligation de transmettre le jugement, dès qu’il deviendrait définitif, à la préfecture de Hunedoara (« la préfecture ») pour centraliser les données concernant l’immeuble et établir la valeur de l’immeuble sur la base d’une expertise en vue de verser les dédommagements.
8. Faute d’appel des parties, ce jugement devint définitif.
9. Le 12 mars 2003, la requérante notifia le jugement au conseil municipal et à la préfecture.
Par une décision du 16 avril 2003, le maire de Deva constata le droit de la requérante à percevoir des dédommagements en vertu de la loi no 10/2001. Il renvoya le dossier à la préfecture et en informa la requérante le 23 avril 2003.
10. Le 10 juillet 2003, la requérante demanda à la mairie, à la préfecture et au conseil municipal d’exécuter le jugement du 13 novembre 2002 et la décision du maire du 16 avril 2003.
Par une nouvelle décision du 14 mai 2004, le maire de Deva fixa le montant des dédommagements à 1 055 089 000 lei roumains (ROL), soit 26 000 euros (EUR).
Par une lettre du 18 mai 2004, la préfecture de Hunedoara en informa le ministère des Finances et lui envoya tous les documents justificatifs afin qu’il paye la somme en cause.
11. Par une lettre du 18 juin 2004, la requérante demanda au ministère des Finances le versement de la somme indiquée par la préfecture.
Par une lettre du 25 juin 2004, le ministère des Finances répliqua qu’aucun paiement ne serait effectué avant l’adoption des normes pour l’application de la loi no 10/2001 concernant le paiement des réparations ordonnées en vertu de cette loi. Un projet de loi pour l’adoption de telles normes avait déjà été présenté au Parlement. Le ministère se chargeait entre-temps de la centralisation de toutes les demandes de réparation.
12. Le 17 avril 2006, la requérante adressa une demande d’exécution de la décision du maire de Deva du 14 mai 2004 à l’autorité nationale compétente pour l’application de la loi no 10/2001.
13. Le 8 mai 2006, l’autorité nationale informa la requérante de la modification de la loi no 10/2001, par la loi no 247/2005, qui instituait un nouveau système de réparation. A une date non-précisée, cette autorité transmit le dossier au Secrétariat de la commission centrale des dédommagements, créée par cette loi. Par une lettre du 23 mars 2007, transmise au Gouvernement, l’autorité nationale l’informa que le dossier concernant l’immeuble avait été renvoyé à la mairie de Deva et à la requérante afin d’y ajouter des informations. Selon la commission centrale, la qualité de propriétaire de la requérante ne ressortait pas clairement des documents du dossier.
14. Une procédure dirigée contre la commission centrale, le ministère des Finances et la société « Fondul Proprietatea » a été engagée par la requérante en vue de se voir octroyer les dédommagements prévus par la décision no 729/2004 du 14 mai 2004 de la mairie de Deva. Les parties n’ont pas informé la Cour de l’issue de cette procédure.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
15. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’État entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) ; Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007), et Viaşu c. Roumanie, (no 75951/01, § 37-46, 9 décembre 2008).
EN DROIT
I. SUR L’OBJET DE LA REQUÊTE
16. Invoquant, en substance, l’article 1 du Protocole no 1, la requérante se considère victime d’une violation de son droit au respect des biens, en raison du défaut de paiement des dédommagements auxquels elle avait droit en vertu de la loi no 10/2001, tels que constatés par le jugement définitif du 13 novembre 2002 et la décision du maire de Deva du 14 mai 2004.
17. Sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, la requérante se plaint également de la durée de la procédure ayant pris fin par le jugement définitif du 13 novembre 2002 ainsi que de la non-exécution de ce dernier jugement.
18. Elle allègue en outre sous l’angle de l’article 13 de la Convention qu’elle ne dispose d’aucune autre voie de recours pour obtenir les dédommagements.
19. Elle cite enfin l’article 3 du Protocole no 7.
20. Eu égard à la nature du grief sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1 et compte tenu du problème systémique qu’il révèle (voir mutais mutandis Viaşu c. Roumanie, précité, §§ 76-77), la Cour estime que les questions soulevées en l’espèce doivent être examinées sous l’angle de cet article et n’estime pas nécessaire de se placer de surcroît sur le terrain des autres articles dont la requérante allègue la violation.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
21. La requérante allègue que l’impossibilité dans laquelle elle se trouve d’obtenir une indemnisation effective pour son immeuble nationalisé a enfreint son droit de propriété. Elle invoque en substance l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
22. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
23. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés dans des affaires similaires antérieures (voir, parmi d’autres, Cîrstoiu c. Roumanie, no 22281/05, § 22, 4 mars 2008, Episcopia Română Unită cu Roma Oradea c. Roumanie, no 26879/02, §§ 24-25, 7 février 2008). Il ajoute, dans les circonstances particulières d’espèce, que l’autorité nationale a été dans l’impossibilité d’octroyer à la requérante des dédommagements, en raison de l’omission de cette dernière de prouver sa qualité de personne ayant droit à la restitution.
24. La requérante s’oppose à cette thèse et considère que le fonds « Proprietatea » n’est pas encore effectif. Pour ce qui est de la qualité de propriétaire, la requérante fait valoir que cette qualité résulte clairement du jugement du 13 novembre 2002.
25. La Cour constate que, dans la présente affaire, bien que la requérante ait obtenu, le 13 novembre 2002, une décision interne définitive, fixant le montant de l’indemnisation à laquelle elle avait droit pour son immeuble nationalisé, cette décision n’a pas été exécutée.
26. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (Matache et autres c. Roumanie, no 38113/02, 19 octobre 2006 ; et Orha c. Roumanie, no 1486/02, 12 octobre 2006).
27. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent.
28. En définitive, la requérante n’a toujours pas perçu la somme fixée par les juridictions. Certes, la mairie a délivré la décision fixant le montant de l’indemnisation et le dossier administratif a été transmis à la commission centrale. La Cour rappelle enfin, qu’accepter l’argument du Gouvernement en vertu duquel les autorités ont été dans l’impossibilité d’octroyer à la requérante les dédommagements faute pour cette dernière d’avoir prouvé sa qualité de propriétaire, équivaudrait à priver de tout effet utile le jugement du tribunal départemental de Hunedoara qui avait constaté le droit de la requérante à des dédommagements pour l’immeuble en question en sa qualité d’héritière de son frère. En effet, il ressort des dispositions de la loi no 247/2005 que la commission centrale était compétente uniquement pour décider du montant des dédommagements à octroyer en vertu des rapports d’évaluation. D’ailleurs, dans les circonstances de l’espèce, la qualité de propriétaire de la requérante avait déjà été établie par le jugement définitif du tribunal. Accepter le contraire, permettrait à l’administration de remettre en question le fond de l’affaire en arguant simplement de l’interprétation incorrecte des faits et de la loi interne par les juridictions nationales (voir, mutais mutandis, S.C. Ruxandra Trading S.r.l. c. Roumanie, no 28333/02, §§ 55 et 73, 12 juillet 2007.
Enfin, la Cour rappelle avoir déjà établi que le fonds Proprietatea ne fonctionne actuellement pas d’une manière susceptible d’être regardée comme équivalant à l’octroi effectif d’une indemnité (voir, parmi d’autres, Ruxanda Ionescu c. Roumanie,no 2608/02, 12 octobre 2006 ; et Matache et autres, précité, § 42).
29. Cette conclusion ne préjuge pas de toute évolution positive que pourraient connaître à l’avenir les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme la requérante, se sont vu reconnaître le droit de percevoir des dédommagements en vertu des lois de réparation.
30. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière et des éléments concrets du dossier, la Cour estime qu’en l’espèce le fait pour la requérante de ne pas pouvoir recevoir l’indemnisation malgré sa fixation par le tribunal et de ne pas avoir de certitude quant à la date à laquelle elle pourrait la percevoir, a fait subir à celle-ci une charge disproportionnée et excessive incompatible avec le droit au respect de leurs biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
Partant, il y a eu en l’espèce violation de cette disposition.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
31. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
32. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’État à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’État doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir également, mutatis mutandis, Viaşu, précité, §§ 82-83; Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 53-54, 13 janvier 2009 ; Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 35-36, 20 janvier 2009).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
33. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
34. La requérante réclame, au titre du préjudice matériel, la somme de 70 000 euros (EUR) – paragraphes 7 et 10 ci-dessus – actualisée pour tenir compte de l’inflation. Elle réclame également 10 000 euros au titre de préjudice moral qu’elle aurait subi.
35. Le Gouvernement estime que la valeur du bien actualisée compte tenu de l’inflation est de 129 797, 04 RON.
36. Concernant la réparation du dommage moral, le Gouvernement estime que la somme demandée à ce titre est excessive et qu’en tout état de cause, un éventuel arrêt de condamnation pourrait constituer, par lui-même, une réparation satisfaisante du préjudice moral prétendument subi par la requérante.
37. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
38. En l’espèce, compte tenu de la nature de la violation constatée, la Cour considère que la requérante a subi un préjudice matériel et moral. Elle note également que le montant des dédommagements a été fixé par le jugement du 13 novembre 2002 et réactualisé le 12 mai 2004 par décision de la mairie, montant que la requérante n’a pas contesté. Dès lors, elle estime que le paiement de ces dédommagements, réactualisés sur la base du taux de l’inflation, et complétés par une somme à titre de dommage moral, placerait l’intéressée dans une situation équivalant autant que possible à celle où elle se trouverait si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
39. Partant, sur la base des éléments se trouvant en sa possession et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue à la requérante la somme de 45 000 EUR, tous préjudices confondus.
B. Frais et dépens
40. La requérante ne formule pas de demande à cet sujet.
C. Intérêts moratoires
41. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable pour autant qu’elle concerne le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner de surcroît les autres griefs invoqués par la requérante ;
4. Dit
a) que l’État défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 45 000 EUR (quarante cinq mille euros) pour tous préjudices confondus, à convertir dans la monnaie de l’État défendeur au taux applicable à la date du règlement, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 7 juillet 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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