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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ROCCO DI MARIA c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 32750/02/2008
Stato: Italia
Data: 2008-11-13 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA ROCCO DI MARIA C. ITALIA
(Richiesta no 32750/02)
SENTENZA
STRASBURGO
13 novembre 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Rocco di Maria c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 ottobre 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 32750/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, Sig. R. d. M (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 novembre 1998 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. N. e T. V., avvocati a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 24 maggio 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel1946 e ha risieduto a Circello (Benevento).
A. Il procedimento principale
5. Il 24 giugno 1992, il richiedente investe il giudice di istanza di Benevento (RG no 3326/1992) facente funzione di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza del suo diritto al versamento di una rendita in ragione di un incidente del lavoro.
6. Delle otto udienze fissate tra il 22 novembre 1993 ed il 10 aprile 1998, una fu rinviata su richiesta delle parti, una in ragione del fatto che il perito non aveva depositato il suo rapporto, tre d’ufficio e tre riguardavano l’effettuazione della perizia.
7. Il collocamento in deliberazione in camera del consiglio ebbe luogo il 17 aprile 1998. Con una decisione dello stesso giorno il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 18 maggio 1998, il giudice respinse l’istanza del richiedente.
8. Il 18 novembre 1998, questo ultimo interpose appello dinnanzi al tribunale di Benevento, facente funzione di giudice del lavoro (RG no 170/1998). Delle cinque udienze fissate tra il 20 gennaio 1999 ed il 22 novembre 2000, una fu rinviata su richiesta del richiedente, una a causa di uno sciopero degli avvocati, una riguardava la perizia e due la presentazione delle arringhe. Con un giudizio del 22 novembre 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 5 gennaio 2001, il tribunale respinse l’appello.
B. Il procedimento “Pinto”
9. Il 6 settembre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della legge “Pinto” e chiese la constatazione di una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (durata eccessiva del procedimento) ed in particolare 12 394,96 euro (EUR) a titolo di danno morale.
10. Con una decisione del 10 dicembre 2001 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 19 dicembre 2001, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 1 807,60 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 568,10 EUR per oneri e spese di cui 516,45 EUR per oneri e 51,65 EUR per spese. Notificata al ministero della Giustizia il 26 febbraio 2002, questa decisione acquisì l’autorità della cosa giudicata il 27 aprile 2002.
11. Le somme accordate in esecuzione della decisione “Pinto” furono pagate il 12 giugno 2003, in seguito ad un sequestro.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
12. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
13. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento civile. Dopo avere tentato il procedimento “Pinto”, considera che l’importo accordato dalla corte di appello a titolo di danno morale non sia sufficiente per riparare il danno causato dalla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Inoltre, afferma che il procedimento “Pinto” non sia un rimedio effettivo, come esige l’articolo 13 della Convenzione.
14. Il Governo si oppone a questa tesi.
15. Gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione sono formulati così:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
1. Non – esaurimento delle vie di ricorso interne
16. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne per il fatto che il richiedente non è ricorso in cassazione e ha omesso di iniziare un procedimento di esecuzione.
17. La Corte ricorda che ha respinto delle eccezioni simili nella causa Delle Cave e Corrado c. Italia (no 14626/03, §§ 17-24, 5 giugno 2007,). Non vede nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque l’eccezione del Governo.
2. Requisito di “vittima”
18. Per sapere se un richiedente può definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, c’è luogo di esaminare se le autorità nazionali hanno riconosciuto e poi riparato in modo adeguato e sufficiente la violazione controversa (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata, §§ 25-31; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98).
19. Dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte considera che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo. Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
20. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
21. La Corte ricorda di avere esaminato dei motivi di appello identici a quelli presentati dal richiedente e di avere concluso, da una parte, alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione ma, dall’altro parte, alla no-violazione dell’articolo 13 (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata, §§ 35-39 e §§ 43-46).
22. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare è cominciato il 24 giugno 1992, investendo ill giudice di istanza di Benevento, per concludersi il 5 gennaio 2001, data del deposito alla cancelleria del giudizio del tribunale di Benevento, deliberando in quanto giudice di appello. È durata dunque più di otto anni e sei mesi per due gradi di giurisdizione.
23. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente il 12 giugno 2003, o più di diciassette mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello “Pinto”: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventa esecutiva. La Corte sarà portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 della Convenzione (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
24. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non soddisfi l’esigenza del “termine ragionevole.” Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
25. Invece, il richiedente ha disposto di un ricorso effettivo per esporre le violazioni della Convenzione che adduceva, Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata). Di conseguenza, non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
26. Il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbe stato vittima di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento “Pinto” così come del rischio di essere condannato a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del suo ricorso.
27. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto l’aiuto giudiziale. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza, accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all’accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo scoprire nessuna apparenza di violazione, la Corte respinge i motivi di appello che riguardano gli oneri di procedimento perché manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § § 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).
28. Il richiedente denuncia inoltre la violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che la somma accordata dalla corte di appello nel procedimento “Pinto” a titolo di spese (51,65 EUR) è inferiore a più della metà degli sborsi reali (163,20 EUR).
29. La Corte stima che questo motivo di appello porta in sostanza sull’effettività del ricorso “Pinto” e che deve essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione. Alla luce delle conclusioni esposte sopra al paragrafo 25, la Corte respinge questo motivo di appello.
30. Il richiedente si lamenta infine della mancanza di equità del procedimento “Pinto.” Le giurisdizioni “Pinto” non sarebbero imparziali al motivo che i giudici esercitano un controllo sulla condotta di altri colleghi e che la Corte dei conti è tenuta ad iniziare un procedimento per responsabilità contro questi ultimi, nel caso in cui la lunghezza di un procedimento interna fosse imputabile a loro.
31. Nello specifico, il timore di un difetto di imparzialità era legato al fatto che la corte di appello avrebbe potuto respingere il richiedente a nome di uno “spirito di corpo” che avrebbe portato i giudici “Pinto” a respingere sistematicamente le domande di soddisfazione equa per difendere la condotta di altri giudici. Ora, da una parte, la Corte constata che la corte di appello di Roma ha fatto diritto all’istanza del richiedente. Dall’altra parte, le affermazioni del richiedente sono vaghe e non supportate. La Corte respinge dunque questo motivo di appello perché globalmente manifestamente mal fondato, anche ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Padovani c. Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie A no 257-B, §§ 25-28).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. Il richiedente richiede a titolo di danno morale 12 394,97 EUR, meno 1 807,60 EUR accordati dalla corte di appello “Pinto.”
34. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
35. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto del fatto che la causa riguardava una pensione di invalidità, così come dei ritardi imputabili al richiedente, la somma di 8 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente il 22,6% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 1 792 EUR così come 1 100 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 1 807,60 EUR, intervenuto solamente il 12 giugno 2003, o più di diciassette mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
36. Il richiedente chiede il rimborso di 163,20 EUR per oneri e spese relative al procedimento “Pinto” e lascia alla Corte la cura di fissare quelli incorsi dinnanzi a lei.
37. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
38. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio di oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
39. In quanto a oneri e spese dinnanzi alla corte di appello di Roma, la Corte stima ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, tenuto conto della durata e della complessità del procedimento “Pinto”. Respinge dunque la domanda. In quanto a oneri e spese incorsi dinnanzi a lei, la Corte constata a questo riguardo la mancanza di giustificativi e decide, pertanto, di non accordare niente.
C. Interessi moratori
40. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva del procedimento e dall’effettività del rimedio “Pinto” ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 892 EUR (duemila otto cento novantadue euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddetta somma;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 novembre 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice di sezione Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE ROCCO DI MARIA c. ITALIE
(Requête no 32750/02)
ARRÊT
STRASBOURG
13 novembre 2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Rocco di Maria c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 14 octobre 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 32750/02) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. R. d. M (« le requérant »), a saisi la Cour le 24 novembre 1998 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par A. N. et T. V., avocats à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam et Mme E. Spatafora, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 24 mai 2004, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1946 et réside à Circello (Bénévent).
A. La procédure principale
5. Le 24 juin 1992, le requérant saisit le juge d’instance de Bénévent (RG no 3326/1992), faisant fonction de juge du travail, afin d’obtenir la reconnaissance de son droit au versement d’une rente en raison d’un accident du travail.
6. Des huit audiences fixées entre le 22 novembre 1993 et le 10 avril 1998, une fut renvoyée à la demande des parties, une en raison de ce que l’expert n’avait pas déposé son rapport, trois d’office et trois concernaient l’effectuation de l’expertise.
7. La mise en délibéré eut lieu le 17 avril 1998. Par une décision du même jour, dont le texte fut déposé au greffe le 18 mai 1998, le juge rejeta la demande du requérant.
8. Le 18 novembre 1998, ce dernier interjeta appel devant le tribunal de Bénévent, faisant fonction de juge du travail (RG no 170/1998). Des cinq audiences fixées entre le 20 janvier 1999 et le 22 novembre 2000, une fut renvoyée à la demande du requérant, une pour cause de grève des avocats, une concernait l’expertise et deux la présentation des plaidoiries. Par un jugement du 22 novembre 2000, dont le texte fut déposé au greffe le 5 janvier 2001, le tribunal rejeta l’appel.
B. La procédure « Pinto »
9. Le 6 septembre 2001, le requérant saisit la cour d’appel de Rome au sens de la loi « Pinto » et demanda la constatation d’une violation de l’article 6 § 1 de la Convention (durée excessive de la procédure) et notamment 12 394,96 euros (EUR) à titre de dommage moral.
10. Par une décision du 10 décembre 2001, dont le texte fut déposé au greffe le 19 décembre 2001, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle accorda 1 807,60 EUR en équité comme réparation du dommage moral et 568,10 EUR pour frais et dépens, dont 516,45 EUR pour frais et 51,65 EUR pour dépens. Notifiée au ministère de la Justice le 26 février 2002, cette décision acquit l’autorité de la chose jugée le 27 avril 2002.
11. Les sommes accordées en exécution de la décision « Pinto » furent payées le 12 juin 2003, à la suite d’une saisie.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
12. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
13. Le requérant se plaint de la durée de la procédure civile. Après avoir tenté la procédure « Pinto », il considère que le montant accordé par la cour d’appel à titre de dommage moral n’est pas suffisant pour réparer le préjudice causé par la violation de l’article 6 § 1 de la Convention. En outre, il affirme que la procédure « Pinto » n’est pas un remède effectif, comme l’exige l’article 13 de la Convention.
14. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
15. Les articles 6 § 1 et 13 de la Convention sont ainsi libellés :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
A. Sur la recevabilité
1. Non-épuisement des voies de recours internes
16. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes en ce que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation et a omis d’entamer une procédure d’exécution.
17. La Cour rappelle qu’elle a rejeté des exceptions semblables dans l’affaire Delle Cave et Corrado c. Italie (no 14626/03, §§ 17-24, 5 juin 2007). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc l’exception du Gouvernement.
2. Qualité de « victime »
18. Afin de savoir si un requérant peut se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention, il y a lieu d’examiner si les autorités nationales ont reconnu puis réparé de manière appropriée et suffisante la violation litigieuse (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, précité, §§ 25-31 ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 69-98).
19. Après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, la Cour considère que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif. Partant, le requérant peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
3. Conclusion
20. La Cour constate que ces griefs ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
21. La Cour rappelle avoir examiné des griefs identiques à ceux présentés par le requérant et avoir conclu, d’une part, à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention mais, d’autre part, à la non-violation de l’article 13 (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, précité, §§ 35-39 et §§ 43-46).
22. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer a commencé le 24 juin 1992, avec la saisie du juge d’instance de Bénévent, pour s’achever le 5 janvier 2001, date du dépôt au greffe du jugement du tribunal de Bénévent, statuant en tant que juge d’appel. Elle a donc duré plus de huit ans et six mois pour deux degrés de juridiction.
23. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée que le 12 juin 2003, soit plus de dix-sept mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel « Pinto » : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devient exécutoire. La Cour sera amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 de la Convention (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
24. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ». Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1.
25. Par contre, le requérant a disposé d’un recours effectif pour exposer les violations de la Convention qu’il alléguait (Delle Cave et Corrado c. Italie, précité). Par conséquent, il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
26. Le requérant se plaint également de la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif qu’il aurait été victime d’une discrimination fondée sur la richesse, compte tenu des frais avancés pour intenter la procédure « Pinto » ainsi que du risque d’être condamné à payer les frais de procédure en cas de rejet de son recours.
27. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs sous l’angle du droit d’accès à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, le requérant n’a pas demandé l’aide judiciaire. Elle relève, en outre, qu’il a pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que la cour d’appel a fait droit à sa demande, lui accordant une somme au titre des frais de procédure. Or, on ne saurait pas parler d’entraves à l’accès à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Partant, aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour rejette les griefs portant sur les frais de procédure car manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § § 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
28. Le requérant dénonce en outre la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif que la somme accordée par la cour d’appel dans la procédure « Pinto » à titre de dépens (51,65 EUR) est inférieure de plus de la moitié aux débours réels (163,20 EUR).
29. La Cour estime que ce grief porte en substance sur l’effectivité du recours « Pinto » et qu’il doit être analysé sous l’angle de l’article 13 de la Convention. A la lumière des conclusions exposées au paragraphe 25 ci-dessus, la Cour rejette ce grief.
30. Le requérant se plaint enfin du manque d’équité de la procédure « Pinto ». Les juridictions « Pinto » ne seraient pas impartiales au motif que des juges exercent un contrôle sur la conduite d’autres collègues et que la Cour des comptes est tenue d’entamer une procédure en responsabilité à l’encontre de ces derniers, au cas où la longueur d’une procédure interne leur serait imputable.
31. En l’espèce, la crainte d’un défaut d’impartialité tenait au fait que la cour d’appel aurait pu débouter le requérant au nom d’un « esprit de corps » qui amènerait les juges « Pinto » à rejeter systématiquement les demandes de satisfaction équitable pour défendre la conduite d’autres juges. Or, d’une part, la Cour constate que la cour d’appel de Rome a fait droit à la demande du requérant. D’autre part, les allégations du requérant sont vagues et non étayées. La Cour rejette donc ce grief car globalement manifestement mal fondé, également au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Padovani c. Italie, arrêt du 26 février 1993, série A no 257-B, §§ 25-28).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
32. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
33. Le requérant réclame à titre de préjudice moral 12 394,97 EUR, moins 1 807,60 EUR accordés par la cour d’appel « Pinto ».
34. Le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
35. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder au requérant, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu du fait que l’affaire concerne une pension d’invalidité, ainsi que des retards imputables au requérant, la somme de 8 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Rome ait octroyé au requérant 22,6 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue au requérant 1 792 EUR ainsi que 1 100 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 1 807,60 EUR, intervenu seulement le 12 juin 2003, soit plus de dix-sept mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
36. Le requérant demande le remboursement de 163,20 EUR pour frais et dépens relatifs à la procédure « Pinto » et laisse à la Cour le soin de fixer ceux encourus devant elle.
37. Le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
38. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002 ; Sahin c. Allemagne [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
39. Quant aux frais et dépens devant la cour d’appel de Rome, la Cour estime raisonnable la somme allouée par l’instance interne, compte tenu de la durée et de la complexité de la procédure « Pinto ». Elle rejette donc la demande. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, la Cour constate l’absence de justificatifs à cet égard et décide, partant, de ne rien accorder.
C. Intérêts moratoires
40. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés de la durée excessive de la procédure et de l’effectivité du remède « Pinto » et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 2 892 EUR (deux mille huit cent quatre-vingt-douze euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur ladite somme ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 13 novembre 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe de section Présidente

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