SECONDA SEZIONE
CAUSA ROCCARO C. ITALIA
( Richiesta no 34562/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Roccaro c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Francesca Elens-Pasos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 34562/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. S. R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 20 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da F. M, avvocato ad Avola (Siracusa). Il governo italiano (“il Governo”)”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, il Sig. I.M. Braguglia, il Sig. R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 13 marzo 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare al Governo i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato in 1939 e risiede ad Avola (Siracusa).
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 21 aprile 1981, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento personale del richiedente.
6. In seguito a questa dichiarazione, il richiedente fu sottoposto ad una serie di incapacità personali e patrimoniali, come la limitazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, dei suoi beni e della sua libertà di circolazione, conformemente all’articolo 48, 42 e 49 del decreto reale no 267 del 16 marzo 1942 (qui di seguito “la legge sul fallimento”) così come alla limitazione del suo diritto al voto.
7. In una data non precisata posteriore alla dichiarazione di fallimento, la cancelleria del tribunale inserì il nome del richiedente nel registro dei falliti, ai sensi dell’articolo 50 della legge sul fallimento. In ragione di questa iscrizione, il richiedente fu sottoposto automaticamente ad una serie di altre incapacità personali regolamentate dalla legislazione speciale (vedere Campagnano c. Italia, no 77955/01, § 54, 23 marzo 2006).
8. A differenza delle incapacità derivanti dalla dichiarazione di fallimento che si concludono con la chiusura del procedimento, le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro cessano solamente una volta ottenuto l’annullamento di questa iscrizione.
9. Questo annullamento ha luogo con la riabilitazione civile che, al di là delle ipotesi di pagamento integrale dei crediti e di esecuzione regolare del concordato di fallimento, può essere chiesta solo dal fallito avendo fatto prova di una “buona condotta effettiva e consolidata” per almeno cinque anni a contare dalla chiusura del procedimento (articolo 143 della legge sul fallimento).
10. Tra il 1981 e il 1986, furono trattate dal giudice del fallimento parecchie richieste di ammissione al passivo del fallimento di cui certe tardive,.
11. Con una decisione depositata il 28 febbraio 2006, il tribunale dichiarò il procedimento chiuso in ragione dell’insufficienza dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
12. Il 10 luglio 2003, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina che chiese 14 000 euro (EUR) per il risarcimento del danno morale che stimava di avere subito in ragione della durata del procedimento e delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
13. Con una decisione notificata al foro dello stato il 2 aprile 2004, la corte di appello accordò al richiedente 12 000 EUR. Questa decisione diventò definitiva il 1 giugno 2004, cioè sessanta giorni dopo la sua notificazione.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
14. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 20069, Albanese c. Italia, ( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
15. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento di fallimento di cui è stato oggetto. Il Governo contesta questa tesi.
16. La Corte ricorda la sua giurisprudenza a proposito dell’esaurimento delle vie di ricorso (Di Sante c. Italia, no 56079/00, decisione del 24 giugno 2004) e considera che il richiedente non avrebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione contro la decisione della corte di appello di Messina all’epoca dei fatti. Conviene dunque dichiarare questo motivo di appello ammissibile.
17. In quanto al merito, la Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento è cominciato il 21 aprile 1981 e che si è concluso il 28 febbraio 2006. È durato dunque più di ventiquattro anni e dieci mesi per un’istanza.
18. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII). Considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da poter condurla ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 19-35; Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007; Bertolini c. Italia, no 14448/03, §§ 23-33, 18 dicembre 2007).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
19. Invocando gli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta rispettivamente della violazione del suo diritto al rispetto della sua corrispondenza, del suo diritto al rispetto dei beni e della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Il Governo si oppone a queste tesi.
20. La Corte ricorda che è a contare dal 14 luglio 2003 che si deve richiedere che richiedenti utilizzino, fino al ricorso in cassazione, il rimedio previsto dalla “legge Pinto” ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, in quanto alla lunghezza delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento (vedere Sgattoni c. Italia, no 77131/01, sentenza del 15 settembre 2005, § 48). La decisione della corte di appello di Messina avendo acquisito forza di cosa giudicata il 1 giugno 2004, la Corte considera che il richiedente avebbe potuto ricorrere efficacemente in cassazione. Questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne dunque e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Albanese c. Italia, precitata, §§ 38 e 39; Collarile c. Italia, precitata, § 20; Falzarano e Balletta c. Italia, no 6683/03, § 31, 12 giugno 2007).
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE,
21. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, sotto l’angolo del diritto al rispetto della vita privata e familiare, il richiedente si lamenta delle incapacità derivanti dall’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti e per il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la riabilitazione che mette fine a queste incapacità, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento. Il richiedente denuncia anche la violazione del suo “diritto al lavoro.”
22. Il Governo contesta queste affermazioni.
23. In quanto ai motivi di appello riguardanti il diritto al rispetto della vita familiare e il “diritto al lavoro”, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportarli e li respinge per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
24. Per ciò che riguarda il restante del motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
25. Per ciò che riguarda il merito, la Corte constata di avere già trattato numerose cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
26. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
27. Il richiedente si lamenta della limitazione del suo diritto di voto in seguito al suo collocamento in fallimento.
28. Il Governo contesta queste affermazioni.
29. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione e nota che la perdita dei diritti elettorali in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, essendo stato depositato questo giudizio il 21 aprile 1981, il richiedente avrebbe dovuto introdurre il suo motivo di appello al più tardi il 21 ottobre 1986, tenuto conto del termine dei sei mesi previsti dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 20 settembre 2004, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
V. SULLA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
30. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata del procedimento, tenuto conto dell’importo esiguo ricevuto a titolo di risarcimento morale ai sensi della legge Pinto, e delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
31. Il Governo si oppone a questi argomenti.
32. La Corte nota al primo colpo che questo motivo di appello deve essere analizzato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, del 17 luglio 2003).
33. Per ciò che riguarda la prima parte di questo motivo di appello, riguardante la non effettività del rimedio previsto dalla legge Pinto, la Corte stima che questo non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
34. Per ciò che riguarda il merito di questo motivo di appello, la Corte rileva di avere già trattato una causa che sollevava delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha concluso alla non-violazione dell’articolo 13 della Convenzione perché “il semplice fatto che il livello dell’importo dell’indennizzo non sia elevato non costituisce in sé un elemento sufficiente per mettere in causa il carattere effettivo del ricorso Pinto” (vedere Viola ed altri c. Italia, no 7842/02, §§ 64-69, 8 gennaio 2008).
35. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il richiedente non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. Pertanto, la Corte, alla luce della giurisprudenza Viola ed altri c. Italia ( precitata) conclude che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata del procedimento, tenuto conto dell’importo esiguo ricevuto a titolo di risarcimento morale ai sensi della legge Pinto.
36. In quanto alla seconda parte del motivo di appello, riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento, la Corte rileva che occorre distinguere due risvolti.
37. Per ciò che riguarda il primo risvolto, legato a quelli concernenti la limitazione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) dei beni ( articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso sopra all’inammissibilità di questi motivi di appello. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
38. Per ciò che riguarda il secondo risvolto, riguardante la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurando fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 4 della Convenzione. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
39. In quanto al merito, alla luce della sua giurisprudenza (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46; Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77) e la mancanza di argomenti convincente del governo da poter condurre ad una conclusione differente, la Corte stima che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione in quanto alla mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti.
VI. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
40. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
41. Il richiedente richiede 250 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito. Chiede anche 6 594 EUR per gli oneri e le spese incorsi dinnanzi alla Corte e 1 000 EUR per quelli incorsi dinnanzi alle istanze interne, più la tassa sul valore aggiunto ed il contributo per la cassa degli avvocati.
42. Il Governo si oppone a queste pretese.
43. La Corte considera che, deliberando in equità, c’è luogo di concedere al richiedente 30 000 EUR a titolo del danno morale.
44. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e delle spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale, stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda al richiedente.
45. La Corte giudica appropriato abbinare le suddette somme ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 della Convenzione, 8 della Convenzione (in quanto al diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione (per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata del procedimento e delle incapacità che deriva dell’iscrizione nel registro dei falliti);
2. Dichiara inammissibile il restante della richiesta;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dall’iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti,;
6. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della durata del procedimento, tenuto conto dell’importo esiguo ricevuto a titolo di risarcimento morale ai sensi della legge Pinto,;
7. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
( i) 30 000 EUR (trentamila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
(ii) 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dal richiedente a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
8. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa