Conclusioni: Violazione dell’articolo 5 – Diritto alla libert? ed alla sicurezza, Articolo 5-1 – Veda legale Articolo 5-1-f – Sfratto,
Violazione dell’articolo 5 – Diritto alla libert? ed alla sicurezza, Articolo 5-5 – Risarcimento,
PRIMA SEZIONE
CAUSA RICHMOND YAW ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numero 3342/11, 3391/11, 3408/11 e 3447/11)
SENTENZA
STRASBURGO
6 ottobre 2016
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Richmond Yaw ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
Mirjana Lazarova Trajkovska, presidentessa,
Ledi Bianku,
Guido Raimondi,
Kristina Pardalos,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Robert Spano,
Armen Harutyunyan, giudici,
e di Abele Campos, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 settembre 2016,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste, nostri 3342/11, 3391/11, 3408/11 e 3447/11, dirette contro la Repubblica italiana e di cui quattro cittadini del Ghana, OMISSIS (“i richiedenti”), nato rispettivamente nel 1974, nel 1983, nel 1979 e nel 1986, hanno investito la Corte il 26 novembre 2010 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati da OMISSIS, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. I richiedenti si lamentavano in particolare della detenzione subita da essi alle fini di esecuzione di una misura di ricondotta alla frontiera.
4. Il 5 marzo 2015, le richieste sono state comunicate al Governo. Tanto i richiedenti che il governo convenuto ha depositato delle osservazioni scritte. Inoltre, dei commenti sono stati ricevuti da parte di un’associazione non governativa, l’internazionale Commissione of Jurists (“l’ICJ”).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono quattro cittadini del Ghana che hanno fuggito il loro paese in ragione di scontri intereligiosi e che sono arrivati in Italia nel giugno 2008.
6. Il 20 novembre 2008, il prefetto di Caserta notific? dei decreti di sfratto ai richiedenti. Questi decreti contemplavano che i richiedenti dovevano essere ricondotti una volta alla frontiera queste decisioni convalidate dal giudice conciliatore.
7. Lo stesso giorno, la prefettura impose ai richiedenti un collocamento nel centro di ritenzione temporanea, dice anche “centro di sfratto e di identificazione”-“il Co.”) di Puntatore Galeria, a Roma, per procedere alla loro identificazione.
8. Il 24 novembre 2008, il giudice conciliatore di Roma convalid? il collocamento nel Co..
9. Il 11 dicembre 2008, il capo della polizia (questore) chiese al giudice conciliatore di Roma di prorogare il collocamento dei richiedenti di trenta giorni.
10. Il 15 dicembre 2008, i richiedenti introdussero una domanda ufficiale di protezione internazionale.
11. Il 17 dicembre 2008, senza prevenire n? i richiedenti n? il loro avvocato, il giudice conciliatore di Roma prorog? suddetto collocamento fino al 23 gennaio 2009 al motivo che il procedimento di identificazione degli interessati non era stato finito.
12. I richiedenti riceverono la notificazione della decisione di prolungamento che si leggeva cos?:
“Dopo avere letto la richiesta formulata dal prefetto di polizia di Roma, concernente il prolungamento del periodo mirato 14 capoverso 5 all’articolo del decreto legislativo no286 di 1998, modificati dalla legge 189 del 2002, che considerano che gli elementi richiesti a questa fine esistono e che le verifiche concernente il cittadino estero sono ancora in corso, il giudice conciliatore proroga il collocamento nel centro di ritenzione per un periodo di trenta giorni.
Ho letto e ho firmato la misura adottata al mio riguardo e ho ricevuto una copia di questo documento traduce in inglese, francesi e spagnolo. “
13. Il 14 gennaio 2009, i richiedenti furono liberati in ragione dell’introduzione della loro domanda di protezione internazionale.
Il 23 gennaio 2009, furono convocati dinnanzi al capo della polizia per formalizzare suddetta domanda e l’udienza dinnanzi alla commissione per la concessione dello statuto di profugo fu fissata al 19 marzo 2009.
14. Il 16 febbraio 2009, i richiedenti investirono la Corte di cassazione di un ricorso che mira all’annullamento della decisione del giudice conciliatore di Roma del 17 dicembre 2008.
15. Il 5 giugno 2009, il giudice conciliatore di Caserta annull? i decreti di sfratto.
16. Con una sentenza del 8 giugno 2010, la Corte di cassazione accolse il ricorso dei richiedenti, annull? la decisione del giudice conciliatore di Roma e dichiar? nulla la decisione di collocamento in ritenzione al motivo che era stata adottata di plano, senza udienza e senza la partecipazione dei richiedenti e del loro avvocato. Nella sua decisione, l’alta giurisdizione ricordava che aveva affermato gi? nel 2010 che i principi fissati all’articolo 14, capoversi 5 e 6 della decreto-legge no 286/98 si applicavano anche al prolungamento della misura di collocamento in ritenzione e che di conseguenza la decisione del giudice conciliatore adottato di plano, senza rispetto del principio del contraddittorio, era nulla.
Poi, la Corte di cassazione ricordava che la Corte costituzionale che si era dedicata sulla costituzionalit? dell’articolo 13, capoverso 5 bis della decreto-legge no 286/98, aveva dichiarato, nella sua sentenza no 222 del 2004, che questa disposizione era incostituzionale al motivo che non contemplava che la convalida della decisione di collocamento in detenzione doveva svolgersi nel rispetto dei principi del contraddittorii e dei diritti della difesa e che, questi principi dovevano applicarsi inoltre, anche in caso di prolungamento della misura.
17. Il 3 febbraio 2011, i richiedenti introdussero quattro azioni civili dinnanzi al tribunale di Roma contro lo stato, dirette contro il ministero dell’interno ed il ministero della Giustizia, in risarcimento del danno che stimavano avere subito in ragione del loro collocamento in detenzione dal 24 novembre 2008 al 14 gennaio 2009.
18. Il tribunale di Roma si pronunci? su queste azioni con parecchie decisioni datate di settembre 2014 e giugno 2016. Trattandosi del collocamento in causa del ministero dell’interno, il tribunale respinse i ricorsi dei richiedenti al motivo che il capo della polizia di Roma si era limitato a dare esecuzione ad una decisione dell’autorit? giudiziale. In quanto alla responsabilit? del ministero della Giustizia, giudic? che la domanda dei richiedenti era inammissibile e che conveniva introdurre un’azione in responsabilit? civile contro i magistrati.
19. In particolare, in una delle sue decisioni, in data del 26 giugno 2016, il tribunale di Roma sottolineava, riferendosi alla giurisprudenza della Corte, che la legalit? della detenzione iniziale non era, in quanto tale, assegnata con la sola circostanza che la decisione del giudice conciliatore di prolungare la ritenzione dei richiedenti era stata annullata in seguito.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. La decreto-legge, decreto legislativo, no 286/98 (“Testo unico delle disposizioni concernente il regolamentazione dell’immigrazione e le norme sullo statuto degli estero”)
20. Ai termini dell’articolo 5 della decreto-legge no 286/98:
“L’estero che ? restato sul territorio dello stato mentre il suo permesso di soggiorno ? scaduto da pi? di sessanta giorni senza che una domanda di rinnovo sia stata formulata fa l’oggetto di una misura di sfratto che contiene l’ordine di lasciare il territorio dello stato entro quindici giorni. Quando, secondo il prefetto, esiste un rischio di sottrazione all’esecuzione della misura di sfratto, il commissario di polizia (questore) ordini la proseguita immediata dell’estero alla frontiera. “
21. L’articolo 13 dello stesso testo dispone ci? che segue:
“1. Per le ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dello stato, il ministro degli Interni pu? ordinare lo sfratto dell’estero anche se questo non ? residente sul territorio dello stato, informando a priori il presidente del Consiglio dei ministri ed il ministro delle Cause estere.
2. Il prefetto ordina lo sfratto quando l’estero:
ha, ? ritornato sul territorio dello stato sottrarsisi ai controlli di frontiera ;
b, ? restato sul territorio dello stato senza avere chiesto di permesso di soggiorno nel termine assegnato, salvo se il ritardo ? dovuto con la forza alle ragioni maggiori, o [si ? mantenuto] mentre il permesso ? stato revocato o annullato o che ? scaduto da pi? di sessanta giorni e che il suo rinnovo non ? stato chiesto “
22. L’articolo 13 suddetto contempla anche ci? che segue:
“[L’estero previsto da un] decreto di sfratto pu? presentare unicamente un ricorso dinnanzi al giudice conciliatore del luogo dove l’autorit? che ha ordinato lo sfratto ha la sua sede. Il termine ? di sessanta giorni a partire dalla data della misura di sfratto. Il giudice conciliatore fa diritto alla domanda, o la respingo, con una decisione presa nei venti giorni a partire dal deposito del ricorso. [La richiesta] pu? essere firmata personalmente ed essere presentata tramite la rappresentanza diplomatica o consolare italiana del paese di destinazione. (…) Il giudice deve convalidare la decisione di collocamento nelle quarantotto ore con una decisione motivata dopo avere inteso l’interessato se questo ? presente.
L’estero espulso non pu? ritornare sul territorio dallo stato senza un’autorizzazione speciale del ministro degli Interni. In caso di violazione di questa disposizione, l’estero ? punito di uno a quattro anni di reclusione e ? espulso di nuovo con proseguita immediata alla frontiera. “
23. L’articolo 14 della decreto-legge no 286/98 ? redatto cos? nelle sue parti pertinenti nello specifico:
“1. Quando non ? possibile eseguire immediatamente lo sfratto con la proseguita alla frontiera o la repressione, in ragione di situazioni transitorie che fanno ostacolo alla preparazione del ritorno o dell’allontanamento, il commissario di polizia decido di porre l’estero in ritenzione durante la durata rigorosamente necessaria nel centro di ritenzione pi? prossima
3. Il commissario di polizia trasmette la pratica al giudice conciliatore per convalida, nelle quarantotto ore, della decisione di collocamento.
4. L’udienza [tenuta alle fini di convalida di lui] collocamento si svolge in camera del consiglio con la partecipazione obbligatoria di un avvocato. L’interessato deve essere informato e deve essere condotto all’udienza. Il giudice deve convalidare la decisione di collocamento nelle quarantotto ore con una decisione motivata dopo avere inteso l’interessato se questo ? presente. La decisione non produce di effetti se non ? convalidata nelle quarantotto ore.
5. La durata della detenzione ?, in una prima fase, limitata ad un massimo di trenta giorni. Alla domanda del prefetto, il periodo di detenzione pu? essere prolungato di trenta giorni dal giudice se l’amministrazione non ? riuscita a determinare l’identit? e la nazionalit? della persona o se lo sfratto non ha potuto avere luogo per le ragioni tecniche.
6. Le decisioni di collocamento e di prolungamento possono essere oggetto di un ricorso non sospensivo in cassazione. “
B. Le disposizioni in materia di risarcimento per detenzione irregolare, o detenzione “ingiusta”) e la giurisprudenza della Corte costituzionale
24. L’articolo 314 del codice di procedimento penale (CPP) contempla un diritto al risarcimento in due casi distinti: quando l’imputato ? prosciolto alla conclusione del procedimento penale sul fondo, risarcimento per ingiustizia detta “sostanziale”, prevista dal capoverso 1, o quando ? stabilito che l’indiziato ? stato posto o mantenuto in detenzione provvisoria al disprezzo degli articoli 273 e 280 del CPP, risarcimento per ingiustizia detta “formale”, prevista dal capoverso 2.
25. L’articolo 314 del CPP si legge come segue:
“Chiunque ? scarcerato da un giudizio definitivo al motivo che i fatti rimproverati non si sono prodursi, che non ha commesso i fatti o che i fatti non sono costitutivi di una violazione o non sono eretti in reato con la legge ha diritto ad un risarcimento per la detenzione provvisoria subita, a patto di non avere provocato [la sua detenzione] contribuito o a provocarla intenzionalmente o con mancanza pesante.
Lo stesso diritto ? garantito ad ogni persona scarcerata per qualche motivo che questo sia ed ad ogni persona condannata che, durante il processo, ? stato oggetto di una detenzione provvisoria, quando ? stabilito da una decisione definitiva che l’atto avendo ordinato la misura ? stato preso prorogato o mentre le condizioni di applicabilit? contemplata 273 e 280 agli articoli non erano riunite”
26. Con la sua sentenza no 310 del 1996, la Corte costituzionale ha stabilito che, al di l? dei casi previsti dall’articolo 314 del CPP, gli individui hanno anche diritto ad un risarcimento nel caso dove la detenzione “ingiusta” ? la conseguenza dell’illegittimit? di un ordine di esecuzione della pena. Poi, nella sua sentenza no 284 del 2003, la Corte costituzionale ha precisato che il diritto al risarcimento per detenzione “ingiusta” non ? escluso per la sola ragione che l’ordine di esecuzione ? legittimo o che la detenzione ? la conseguenza di un comportamento legale delle autorit? interne. Ha sottolineato cos? che, ci? che importa, ? l ‘ “ingiustizia obiettiva”, obiettiva ingiustizia, della privazione di libert?.
C. La legge no 117 del 13 aprile 1988 sul risarcimento dei danni causati nell’esercizio di funzioni giurisdizionali e la responsabilit? civile dei magistrati (“la legge no 117/88”)
27. Ai termini dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge no 117/88, questa si applica “a tutti i membri delle magistrature di diritto comune, amministrativo, finanziario, militare e speciale che esercitano un’attivit? giurisdizionale, a prescindere della natura delle funzioni, cos? come all’altri persone che partecipano all’esercizio della funzione giurisdizionale.”
28. L’articolo 2 della legge no 117/88 enuncia ci? che segue:
“1. Ogni persona avendo subito un danno ingiustificato in ragione di un comportamento, di un atto o di una misura giudiziale di un magistrato che si ? reso colpevole di dolo o di mancanza grave nell’esercizio delle sue funzioni, o in ragione di un diniego di giustizia, pu? agire contro lo stato per ottenere risarcimento dei danni patrimoniali che ha subito cos? come dei danni non patrimoniali che derivano della privazione di libert? personale.
2. Nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, l’interpretazione delle regole di diritto e la valutazione dei fatti e delle prove non pu? dare adito a.
3. Sono costitutivi di una mancanza grave:
ha, una violazione grave della legge che risulta da una negligenza inescusabile;
b, l’affermazione, dovuta ad una negligenza inescusabile, di un fatto di cui l’esistenza ? confutata insindacabilmente dai documenti della pratica,;
c, la negazione, dovuta ad una negligenza inescusabile, di un fatto di cui l’esistenza ? stabilita insindacabilmente dai documenti della pratica,;
d, l’adozione di una misura concernente la libert? personale all’infuori dei casi previsti dalla legge o senza motivazione. “
29. Ai termini dell’articolo 3, paragrafo 1, prima frase, della legge no 117/88, costituiscono peraltro un diniego di giustizia “il rifiuto, l’omissione o il ritardo del magistrato nel compimento degli atti che rilevano della sua competenza quando, dopo scadenza del termine legale previsto per il compimento [di un atto], la parte riguardata ha fatto una domanda in vista del [ex?cution di questo] atto e che, senza ragione valida, nessuna misura non ? stata presa nei trenta giorni consecutivi al deposito di questa domanda alla cancelleria.”
30. I seguenti articoli della legge no 117/88 precisano le condizioni e le modalit? secondo che un’azione in risarcimento pu? essere impegnata a titolo dell’articolo 2 o dell’articolo 3 di questa legge, cos? come le azioni che possono essere intentate hanno posteriori contro il magistrato che si ? reso colpevole di dolo o di mancanza grave nell’esercizio delle sue funzioni, addirittura di un diniego di giustizia.
31. Ai termini dell’articolo 4 della legge no 117/88, l’azione pu? essere introdotta dopo esaurimento delle vie di ricorso che permette di attaccare la misura controversa ed ad ogni modo solamente quando questa non ? pi? modificabile o revocabile.
III. IL DIRITTO DELLL’UNIONE EUROPEA
La direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alle norme e procedimenti comuni applicabili negli Stati membri al ritorno dei cittadini di paese terzo in soggiorno irregolare (“il direttiva ritorno”)
32. Il “direttiva ritorno” regola l’allontanamento dei cittadini di paese terzo in soggiorno irregolare, incornicia il collocamento in detenzione di queste persone quando si rivela necessario e mette in opera delle garanzie procedurali.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
33. La Corte constata che i richiedenti si lamentano tutti della detenzione subita alle fini di esecuzione di una misura di ricondotta alla frontiera. Pertanto, avuto riguardo alla loro similitudine in quanto ai fatti ed alle questioni di fondo che pongono, la Corte decide di unire le richieste e di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 5 ? 1 DELLA CONVENZIONE
34. I richiedenti stimano essere stato privati della loro libert? in modo incompatibile con l’articolo 5 ? 1 della Convenzione.
Questa disposizione si legge cos?:
“1. Ogni persona ha diritto alla libert? ed alla sicurezza. Nessuno pu? essere privato della sua libert?, salvo nei seguenti casi e secondo le vie legali:
ha, se ? detenuto regolarmente dopo condanna con un tribunale competente;
b, se ? stato oggetto di un arresto o di una detenzione regolare per renitenza ad un’ordinanza resa, conformemente alla legge, con un tribunale o in vista di garantire l’esecuzione di un obbligo prescritto dalla legge;
c, se ? stato arrestato e ? stato detenuto vista di essere condotto dinnanzi all’autorit? giudiziale competente, quando ci sono delle ragioni plausibili di sospettare che ha commesso una violazione o che ci sono dei motivi ragionevoli di credere alla necessit? di impedirlo di commettere una violazione o di fuggire dopo il compimento di questa;
d, se si tratta della detenzione regolare di un minore, decisa per la sua educazione vigilata o della sua detenzione regolare, per tradurrlo dinnanzi all’autorit? competente,;
e, se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un’alcolista, di un tossicodipendente o di un vagabondo,;
f, se si tratta dell’arresto o della detenzione regolare di una persona per impedirlo di penetrare irregolarmente nel territorio, o contro la quale un procedimento di sfratto o di estradizione ? in corso. “
35. Il Governo contesta la tesi dei richiedenti.
A. Sull’ammissibilit?
1. Sull’eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni
36. Eccependo della no-esaurimento delle vie di ricorso interni, il Governo arguisce che, al momento dell’introduzione delle richieste, i procedimenti civili impegnati coi richiedenti dinnanzi al tribunale di Roma erano ancora pendenti. Indica che queste azioni erano state introdotte alle fini di ottenimento di un compenso per i danni che sarebbero stati subiti dagli interessati in seguito al prolungamento della misura di ritenzione.
37. Il Governo aggiunge poi che questi ricorsi sono stati respinti dal tribunale di Roma. Precisa che questo ultimo non ha considerato la responsabilit? del ministero dell’interno e che, trattandosi del ministero della Giustizia, ha indicato ai richiedenti che il ricorso ad esercitare era quello concernente la responsabilit? civile dei magistrati.
38. Inoltre, il Governo indica che, in una causa che qualifica di simile, con una decisione del 13 marzo 2013, il tribunale di Roma ha indennizzato un estero detenuto visto del suo sfratto in modo illegale. Ne deduce che il ricorso suggerito da lui ? un rimedio accessibile ed effettivo e che conviene fare ne uso dunque. ? anche di parere che, nello specifico, il tribunale di Roma ha respinto i ricorsi suddetti perch? i richiedenti hanno investito la Corte di cassazione dopo essere stato liberato. Aggiunge che, del resto, i richiedenti non si sono ricorsi in appello contro le decisioni del tribunale di Roma.
39. I richiedenti combattono l’argomento del Governo. Sostengono, giurisprudenza all’appoggio che, nelle situazioni ai loro occhi analoghi, i tribunali interni si sono pronunciati a diciannove riprese in modo sfavorevoli ai querelanti. Stimano che ? stabilito cos? che non esiste di rimedio effettivo per lamentarsi della violazione denunciata da essi e che hanno esaurito le vie di ricorso interni dunque. In quanto all’azione in responsabilit? civile dei magistrati, precisano che richiede di stabilire il dolo o la mancanza grave che sarebbero molto difficili a provare nello specifico.
40. La Corte nota che, per respingere i ricorsi dei richiedenti, il tribunale di Roma ha stimato che le autorit? avevano agito eseguendo correttamente la decisione del giudice conciliatore.
41. La Corte non ? convinta dall’argomento del Governo. Ricorda che incombe sul governo che eccepisce della no-esaurimento delle vie di ricorso interni di dimostrare che un ricorso effettivo era tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cio? che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo, V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, ? 57, CEDH 1999 IX.
42. Ora, nel presente genere, la Corte osserva, da una parte, che i richiedenti si sono riferiti a parecchi giudizi del tribunale di Roma che porta rigetto di motivi di appello simili e, altro parte, che il Governo ha prodotto una sola decisione di questo tribunale avendo accolto il ricorso di un cittadino estero che si trovava in una situazione analoga. L’efficacia di un appello contro le decisioni controverse del tribunale di Roma sembra cos? perlomeno incerta.
43. Ad ogni modo, la Corte riafferma la sua giurisprudenza secondo la quale, “quando ? in gioco la legalit? della detenzione”, un’azione in indennizzo diretto contro lo stato non costituisce un ricorso ad esercitare considerando “che il diritto di fare esaminare con un tribunale la legalit? della detenzione e quello di ottenere risarcimento di una privazione di libert? contraria all’articolo 5 ? due diritti distinti”, Delijorgji c. Albania, no 6858/11, ? 61, 28 aprile 2015, Ulisei Grosu c,. Romania, no 60113/12, ? 39, 22 marzo 2016, e Woch ?c. Polonia, no 27758/95, ? 90, CEDH 2000-XI.
44. Trattandosi infine dell’argomento del Governo secondo che i richiedenti avrebbero a torto omise di avvalersi del ricorso in responsabilit? civile dei magistrati previsti dalla legge no 117/88, la Corte osserva che questa azione presuppone l’esistenza di un comportamento a tutto meno colpevole da parte dei magistrati e che, di conseguenza, i richiedenti avrebbero dovuto provare il dolo o la mancanza pesante dei giudici avendo deliberato nella loro causa (vedere 2 ? l’articolo 3 d) della legge no 117/88, paragrafo 28 sopra. Di pi?, nota che il Governo non ha prodotto nessuno esempio che dimostra che una tale azione ? stata intentata con successo nelle circostanze simili a queste della causa dei richiedenti, Zeciri c. Italia, no 55764/00, ? 50, 4 agosto 2005, e vedere, mutatis mutandis, Sardinas Albo c. Italia, d?c.), no 56271/00, 8 gennaio 2004.
45. Di conseguenza, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
2. Sulla qualit? di vittima dei richiedenti
46. Il Governo considera che ad ogni modo i richiedenti hanno perso il loro requisito di “vittima” al senso dell’articolo 34 della Convenzione. A questo riguardo, indica in particolare che la Corte di cassazione ha risanato i loro motivi di appello annullando il prolungamento della ritenzione al motivo che era stata adottata di plano, senza rispetto del principio del contraddittorio. I richiedenti avrebbero ottenuto dunque gi? una correzione dei loro motivi di appello al livello interno, Lacko c. Slovacchia, d?c.), no 47237/99, CEDH, 2 luglio 2002, Bogdanovsky c. Italia, d?c.), no 72177/01, 9 luglio 2002, Ovihangy c. Svezia, d?c.), no 44421/02, 9 marzo 2004.
47. I richiedenti combattono la tesi del Governo. Indicano che la decisione della Corte di cassazione ? intervenuta diciotto mesi dopo la loro liberazione e che non ha permesso di conseguenza una correzione dei loro motivi di appello: non avrebbero beneficiato di nessuno risarcimento dunque.
48. La Corte ricorda che non pu? definirsi “vittima”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, quello che, al piano nazionale, ha ottenuto una correzione adeguata delle violazioni addotte della Convenzione (vedere, per esempio, mutatis mutandis, Eckle c. Germania, 15 luglio 1982, ? 66, serie Ha, no 51, Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, ? 36, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996 III, Guisset c. Francia, no 33933/96, ? 66, CEDH 2000-XI, e Kaftailova c. Lettonia, d?c.), no 59643/00, 21 ottobre 2004. Questa regola vale anche se l’interessato ottiene soddisfazione mentre il procedimento ? impegnato gi? dinnanzi alla Corte; cos? lo vuole il carattere accessorio del sistema delle garanzie della Convenzione (vedere, in particolare, Mikheyeva c. Lettonia, d?c.), no 50029/99, 12 settembre 2002.
49. La Corte ricorda anche che, affinch? una decisione o una misura favorevole ad un richiedente basti a togliere egli la qualit? di vittima, occorre in principio che le autorit? nazionali abbiano riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, riparato la violazione addotta della Convenzione poi (vedere, tra molto altri, i sentenze L?di c. Svizzera, 15 giugno 1992, ? 34, serie Ha no 238, Amuur, precitato, ibidem, Dalban c. Romania [GC], no28114/95, ? 44, CEDH 1999-VI, Labita c. Italia [GC], no26772/95, ? 142, CEDH 2000-IV e Guisset, precitato, ibidem, cos? come i decisioni Achour c. Francia, no 67335/01, 10 novembre 2004, e Kaftailova, precitata).
50. Su questo punto, girandosi verso i fatti dello specifico, la Corte considera che la riconoscenza con la Corte di cassazione dell’irregolarit? del prolungamento della detenzione controversa non costituisce un risarcimento sufficiente poich? non ha permesso ai richiedenti di ottenere una correzione appropriata.
51. Alla luce di ci? che precede, la Corte stima che i richiedenti possono definirsi ancora vittime di una violazione dell’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione. Respinge l’eccezione sollevata a questo riguardo dal Governo dunque.
Constatando anche che la richiesta non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilit?, la Corte la dichiara ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti ed osservazioni del terzo che interviene
a) I richiedenti
52. I richiedenti indicano che sono stati detenuti nella cornice di un procedimento di ricondotta alla frontiera e che questa ? pendente attualmente. Aggiungono che la Corte di cassazione ha annullato il prolungamento della loro detenzione a causa di mancata osservanza dei principi del processo equo, ma che la sua sentenza ? intervenuta solamente diciotto mesi dopo la loro rimessa in libert?.
53. Precisando che la domanda di prolungamento della loro detenzione era stata fatta per permettere la loro identificazione con l’aiuto dell’ambasciata del Ghana, i richiedenti sostengono che suddetta domanda non conteneva gli elementi necessari a questa fine.
54. Indicano che, nella sua sentenza resa nel causa Bashir Mohamed Ali Mahdi, la Corte di giustizia dell’unione europea (CJUE) ha affermato che ogni prolungamento di una ritenzione doveva essere oggetto di un atto scrive motivato in diritto ed in fatto e che questo atto doveva essere sottomesso ad un controllo di legalit? esercitata dal potere giudiziale.
55. Infine, i richiedenti affermano che il procedimento di identificazione essi concernente non ? stata condotta con lo zelo richiesto. A questo riguardo, ricordano la giurisprudenza della Corte nei sentenze Chahal c. Regno Unito, 15 novembre 1996, ? 113, Raccolta 1996 V, Saadi c. Regno Unito [GC], no 13229/03, ? 74, CEDH 2008, e Lokpo e Tour? c. Ungheria (no 10816/10, ? 14, 20 settembre 2011,).
b, Il Governo,
56. Il Governo sostiene che il procedimento di detenzione era conforme al diritto nazionale ed internazionale.
57. Afferma che il prolungamento di trenta giorni si giustificava con l’imperativo di verifica dell’identit? dei richiedenti, per preparare il mezzo di trasporto ed i documenti necessari al rimpatrio di questi ultimi. Riferendosi ai sentenze Chahal c. Regno Unito, precitato, Bogdanovski c. Italia, no 72177/01, 14 dicembre 2006, e Magnac c. Spagna (no 74480/01, 28 gennaio 2003,) considera che, anche sotto l’angolo della durata, la detenzione dei richiedenti era conforme all’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione.
58. Il Governo indica cos? come la decisione del giudice conciliatore di Roma ? stata notificata ai richiedenti il 17 dicembre 2008 e che la detenzione controversa ha avuto una durata globale inferiore al limite legale. Aggiunge che, ad ogni modo, i richiedenti hanno potuto lasciare il centro di ritenzione il 14 gennaio 2009, dunque alcuni giorni prima della data fissata dal giudice conciliatore.
59. In quanto alla decisione della Corte di cassazione che riconosce che il prolungamento della detenzione non era conforme ai principi del processo equo, il Governo afferma che si riferiva ai principi fissati dalla Corte costituzionale in una precedente sentenza.
60. Infine, secondo il Governo, le giurisdizioni interne hanno constatato che c’era stata violazione della Convenzione e hanno risanato questa trasgressione. Di pi?, il ministro degli Interni avrebbe invitato tutti i poliziotti a rispettare i principi fissati dalla Corte di cassazione e la Convenzione.
c, Il terzo che interviene,
61. L’icj ha indirizzato un rapporto intitolato “Undocumented alla Corte, giustizia per i migrati in Italia”, cadendo su una visita effettuata in Italia nel giugno 2014 e valutando la pratica seguita dalle autorit? italiane in materia di immigrazione e di asilo.
62. Nel suo rapporto, l’ICJ si preoccupa per il fatto che, fin dal loro arrivo in Italia, i migrati senza carte si vedono notificare automaticamente una decisione di sfratto e sono posti nei centri di ritenzione. Sottolinea in particolare che si rivela molto difficile di trovare degli interpreti e che le decisioni dei giudici conciliatori sono stereotipate e non motivate. Indica che il collocamento in un centro di ritenzione pu? essere prorogato fino ad otto mesi se non ? possibile eseguire lo sfratto in ragione di una mancanza di cooperazione dell’immigrato o di difficolt? nel procedimento di identificazione. Il rapporto dell’ICJ mette anche in evidenza la difficolt? di organizzare delle udienze dinnanzi al giudice conciliatore per convalidare le decisioni di collocamento in detenzione.
63. Inoltre, l’ICJ indica che il regime di asilo europeo comune ? direttamente applicabile nei paesi membri dell’unione europea in quanto norma minimale e che dovrebbe essere considerato come formando il “diritto interno” degli Stati convenuti alle fini dell’articolo 5 della Convenzione nella mancanza di regola nazionale pi? protettiva.
64. Peraltro, l’ICJ stima che la ritenzione nell’attesa della conclusione di un procedimento di sfratto o di estradizione menzionata nel secondo risvolto dell’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione sarebbe giustificabile solamente durante lo svolgimento del procedimento in questione. Secondo lei, converrebbe fare di questo principio un’applicazione rigorosa e di vegliare cos? a ci? che le autorit? si prodigano con zelo a ricercare una possibilit? reale di sfratto a tutti gli stadi della detenzione della persona riguardata. Sempre secondo l’ICJ, i richiedenti di asilo protetti con le norme di dritto interni o di diritto internazionale che vieta il loro sfratto nell’attesa dell’istruzione della loro domanda non potrebbero fare l’oggetto di una detenzione prolungata durante lo svolgimento di questo procedimento.
65. Per ci? che ? degli altri criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, l’ICJ considera che l’esigenza di “buona fede” implica che un collocamento in ritenzione sia deciso con la trasparenza e lo zelo richiesto affinch? i dispositivi di dritto interni contemplando delle misure alternative alla detenzione o la rimessa in libert? non sia aggirato manipolati o al punto di trovarsi vuoti di senso. Secondo l’ICJ, converrebbe a questo riguardo riferirsi alle cause ?onka c. Belgio (no 51564/99) CEDH 2002 I, e R.U. c. Grecia (no2237/08, 7 giugno 2011 in che le regole giuridiche patrimoniali e procedurali sarebbero state applicate in modo che erano state private di effetto.
66. Infine, trattandosi delle garanzie procedurali contro l’arbitrariet?, l’ICJ ? di parere che c’? luogo di rinviare ai Principi direttivi dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Profughi, HCR che disporrebbe che i richiedenti di asilo “hanno diritto alle garanzie procedurali minimali”, Principio direttivo 7.
2. Valutazione della Corte
ha, Principi generali
67. La Corte ricorda che l’articolo 5 della Convenzione consacra un diritto fondamentale, la protezione dell’individuo contro ogni attentato arbitrario dello stato al suo diritto alla libert?. I capoversi hanno, a f, dell’articolo 5 ? 1 della Convenzione contengono un elenco esauriente dei motivi per che una persona pu? essere privata della sua libert?; uguale misura non ? regolare se non rileva di uno di questi motivi. Di pi?, unica un’interpretazione stretta quadra con lo scopo di questa disposizione: garantire che nessuno sia privato arbitrariamente della sua libert? (vedere, tra molto altri, Giulia Manzoni c. Italia, 1 luglio 1997, ? 25, Raccolta 1997-IV, e Velinov c. l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, no 16880/08, ? 49, 19 settembre 2013.
68. Enunciata al capoverso f, dell’articolo 5 ? 1 precitati, una delle eccezioni al diritto alla libert? permette agli Stati di restringere quella degli estero nella cornice del controllo dell’immigrazione (Saadi, precitato, ? 43, A. ed altri c. Regno Unito [GC], no3455/05, ?? 162-163, CEDH 2009, ed Abdolkhani e Karimnia c. Turchia, no 30471/08, ? 128, 22 settembre 2009.
69. La privazione di libert? deve essere “regolare.” In materia di “regolarit?” di una detenzione, ivi compreso l’osservazione delle “vie legali”, la Convenzione rinvia per l’essenziale alla legislazione nazionale e consacri l’obbligo di osservare ne le norme di fondo come procedimento, ma esige per di pi? la conformit? di ogni privazione di libert? allo scopo dell’articolo 5 della Convenzione: proteggere l’individuo contro l’arbitrariet?, Herczegfalvy c. Austria, 24 settembre 1992, ? 63, serie Ha no 244, e L.M. c. Slovenia, no 32863/05, ? 121, 12 giugno 2014. Esigendo che ogni privazione di libert? sia effettuata “secondo le vie legali”, l’articolo 5 ? 1 della Convenzione impongono in primo luogo che ogni arresto o detenzione abbiano una base legale in dritta interno. Tuttavia, questi termini non si limitano a rinviare al diritto interno. Riguardano anche la qualit? della legge: la vogliono compatibile con la preminenza del diritto, nozione inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (Amuur, precitato, ? 50, ed Abdolkhani e Karimnia, precitato, ? 130.
70. Su questo ultimo spunta, la Corte sottolinea che, quando si tratta di una privazione di libert?, ? particolarmente importante di soddisfare al principio generale della sicurezza giuridica. Di conseguenza, ? essenziale che le condizioni della privazione di libert? in virt? del diritto interno siano definite chiaramente e che la legge lei stessa sia prevedibile nella sua applicazione, in modo da assolvere il criterio di “legalit?” fissata dalla Convenzione che esige che ogni legge sia sufficientemente precisa per permettere al cittadino-circondandosi all’occorrenza di consigli illuminati-di contemplare, ad un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze di natura tale da derivare di un atto determinato, Baranowski c. Polonia, no28358/95, ?? 50-52, CEDH 2000-III, Jeius ?c,. Lituania, no 34578/97, ? 56, CEDH 2000-IX, e Mooren c. Germania [GC], no 11364/03, ? 76, 9 luglio 2009.
71. Di pi?, la privazione di libert? ? una misura cos? grave che si giustifica solamente quando di altre misure, meno severi, sono state considerate e giudicate insufficienti per salvaguardare l’interesse personale o pubblico esigente la detenzione. Non basta dunque che la privazione di libert? sia conforme al diritto nazionale; ancora occorre che sia necessaria nelle circostanze dello specifico, Witold Litwa c. Polonia, no 26629/95, ? 78, CEDH 2000-III, e Stanev c. Bulgaria [GC], no 36760/06, ? 143, CEDH 2012.
72. Per determinare se l’articolo 5 ? 1 della Convenzione sono stati rispettati, ? opportuno fare una distinzione fondamentale tra i titoli di detenzione manifestamente invalida-per esempio quelli che ? emesso da un tribunale all’infuori della sua competenza-ed i titoli di detenzione che sono premiarono facie validi ed efficaci fino al momento dove sono annullati da un’altra giurisdizione interna, Benham c. Regno Unito, 10 giugno 1996, ? 43, Raccolta 1996 III, Lloyd ed altri c. Regno Unito, nostri 29798/96 e suiv., ?? 83, 108, 113 e 116, 1 marzo 2005, e Khoudoyorov c. Russia, no 6847/02, ?? 128-129, 8 novembre 2005.
73. Una decisione di collocamento in detenzione deve essere considerata come essendo ex facie invalido se il vizio essendo stato scoperto si analizza in una “irregolarit? grave ed esprimi”, al senso eccezionale indicato nella giurisprudenza della Corte, Liu c. Russia, no 42086/05, ? 81, 6 dicembre 2007, Garabayev c,. Russia, no 38411/02, ? 89, 7 giugno 2007, Marturana c,. Italia, no 63154/00, ? 79, 4 marzo 2008, e Mooren, precitato, ? 75. La Corte ha giudicato cos? manifestamente invalida delle ordinanze di detenzione stimata nelle cause in che la parte riguardata era stata non informate non debitamente della tenuta di un’udienza (Khoudoyorov, precitato, ? 129, o in che le giurisdizioni interne non avevano proceduto all’inchiesta sui redditi esatti dalla legge nazionale, Lloyd ed altri, precitato, ?? 108 e 116. In compenso, la Corte ha giudicato regolare una detenzione ordinata in una causa dove non era stato stabilito che gli atti delle giurisdizioni interne erano stati “grossolanamente e manifestamente irregolari” (idem, ? 114.
b, Applicazione di questi principi al presente genere
74. Nello specifico, la Corte prende innanzitutto nota dei seguenti elementi. Il 20 novembre 2008, i richiedenti sono stati posti al centro di ritenzione per una durata di trenta giorni ed il loro collocamento in detenzione ? stata convalidata dal giudice competente. Il 11 dicembre 2008, il capo della polizia ha chiesto al giudice conciliatore di Roma di prolungare il collocamento dei richiedenti di trenta giorni. Il 17 dicembre 2008, il giudice conciliatore ha prorogato suddetto collocamento fino al 23 gennaio 2009 al motivo che il procedimento di identificazione dei richiedenti non era stato finito, e questo senza informare n? gli interessati n? il loro avvocato, senza attenersi di udienza e senza rispettare i principi gi? fissati dalla Corte costituzionale e la Corte di cassazione in 2002 e 2004.
75. La Corte osserva poi che, il 8 giugno 2010, la Corte di cassazione ha annullato la decisione di prolungamento della ritenzione al motivo che era stata adottata di plano, senza la partecipazione dei richiedenti e del loro avvocato.
76. La Corte rileva che la giurisprudenza interna era gi? bacino di ingrassamento per ostriche nel 2002 sulla necessit? di rispettare il principio del contraddittorio, anche in caso di prolungamento di una misura di detenzione. Stima che l’omissione di convocare gli interessati ed il loro avvocato e quella di fissare un’udienza si analizza in una “irregolarit? grave ed esprima”, al senso della sua giurisprudenza (vedere, ha contrario, Hokic e Hrustic c. Italia, no 3449/05, ?? 23-24, 1 dicembre 2009, e che questa situazione ha portato la nullit? di questa parte della detenzione.
77. In queste circostanze, la Corte conclude che il prolungamento della detenzione dei richiedenti dal 17 dicembre 2008 al 14 gennaio 2009 in vista del loro sfratto non era conforme alle vie legali.
78. Pertanto, c’? stata violazione dell’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione.
III. SU LA VIOLAZIONE ADDOTTA DI L’ARTICOLO 5 ? 4 DI LA CONVENZIONE
79. I richiedenti si lamentano di una mancanza di vie di ricorso interni effettivi per contestare la loro detenzione. Denunciano anche la durata di esame del loro ricorso giudiziale che sarebbe stato di pi? di diciotto mesi dinnanzi alla Corte di cassazione. Invocano l’articolo 5 ? 4 della Convenzione, cos? formulata,:
“4. Ogni persona privata della sua libert? con arresto o detenzione hanno il diritto di introdurre un ricorso dinnanzi ad un tribunale, affinch? delibera a breve termine sulla legalit? della sua detenzione ed ordini la sua liberazione se la detenzione ? illegale. “
80. Il Governo indica che i richiedenti si sono ricorsi in cassazione mentre non erano pi? in detenzione. Di conseguenza, gli interessati non avrebbero lo statuto di vittima.
81. I richiedenti replicano che il ricorso in cassazione non ? sospensivo. Affermano anche che la decisione di prolungamento della loro detenzione non indicava che erano i rimedi disponibili per contestare la decisione del giudice conciliatore, le autorit? dinnanzi a cui il ricorso doveva essere presentato ed il termine di introduzione di questo ricorso. Aggiungono che non menzionava neanche l’obbligo di presenza di un avvocato dinnanzi alle giurisdizioni superiori. Indicano anche che essi soli si sono visti notificare la decisione di prolungamento, e non il loro avvocato, paragrafo 12 sopra,
82. La Corte ricorda che l’articolo 5 ? 4 della Convenzione possono essere applicabili solamente alle persone detenute e non possono essere invocati da una persona in libert? per fare constatare la pretesa illegalit? di una detenzione anteriore, Stephens c. Malta (no 1), no 11956/07, ? 102, 21 aprile 2009, X c,. Svezia no 10230/82, decisione della Commissione del 11 maggio 1983, Decisioni e rapporti, (DR), ed A.K. c. Austria no 20832/92, decisione della Commissione del 1 dicembre 1993.
83. Nella presente causa, la Corte osserva che i richiedenti si sono ricorsi in cassazione il 16 febbraio 2009, mentre erano stati liberati il 14 gennaio 2009. Conviene notare peraltro che il ricorso in questione era disponibile all’epoca dove i richiedenti erano detenuti e che niente li impediva di avvalersi di un tale ricorso, vedere ha contrario Aden Ahmed c. Malta, no 55352/12, ? 105, 23 luglio 2013.
84. Segue che questo motivo di appello ? incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione al senso dell’articolo 35 ? 3 hanno, e che deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 ? 4.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 5 ? 5 DELLA CONVENZIONE
85. I richiedenti adducono non disporre, in dritto italiano, di nessuno mezzo per ottenere risarcimento per le violazioni denunciate da essi. Invocano l’articolo 5 ? 5 la Convenzione che si legge cos?:
“5. Tutto nessuno vittima di un arresto o di una detenzione nelle condizioni contrarie alle disposizioni di questo articolo ha diritto a risarcimento. “
86. Il Governo contesta questa tesi.
A. Sull’ammissibilit?
87. La Corte rileva che questo motivo di appello ? legato al motivo di appello tratto dall’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione, esaminato qui-prima di, paragrafi 74-78 sopra, e che deve essere dichiarato dunque anche ammissibile.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
88. I richiedenti affermano non disporre in dritto italiano di un rimedio disponibile per ottenere risarcimento per le violazioni addotte da essi. A questo riguardo, indicano che la Corte ed il CJUE, rispettivamente nei cause Zeciri, precitata, e Seferovic c. Italia, no 12921/04, 8 febbraio 2011, e nel causa C-173/03 Traghetti del Mediterraneo SpA c. Italia, sentenza del 13 giugno 2006, hanno giudicato che n? il ricorso contemplato all’articolo 314 del CPP n? il ricorso in responsabilit? civile dei magistrati non costituivano dei rimedi effettivi.
89. Il Governo sostiene che l’articolo 5 ? 5 della Convenzione non sono stati ignorati.
90. Il terzo che interviene indica che il diritto a risarcimento ? un principio fondamentale del diritto internazionale. Aggiunge che, secondo i “Principi fondamentali e direttive concernente il diritto ad un ricorso ed a risarcimento delle vittime di violazioni flagranti del diritto internazionale dei diritti dell’uomo e di violazioni gravi del diritto internazionale umanitario” (risoluzione 60/147 dell’assemblea generale delle Nazioni unite, adottate il 16 dicembre 2005,) gli Stati devono contemplare un risarcimento adeguato, effettivo e veloce del danno subito. ? di parere che, per rispettare l’articolo 5 ? 5 della Convenzione, gli Stati devono contemplare dei procedimenti appropriati ed efficaci che garantiscono il risarcimento in caso di detenzione illegale o arbitraria. Questo obbligo riguarderebbe ogni detenzione contraria al diritto nazionale o al diritto di un altro Stato membro dell’unione europea. Per essere effettiva, questo procedimento dovrebbe essere giudiziale ed accessibile ai detenuti ed ai loro avvocati.
2. Valutazione della Corte
91. La Corte ricorda che il paragrafo 5 dell’articolo 5 della Convenzione si trova rispettato dal momento che si pu? chiedere risarcimento del capo di una privazione di libert? operata nelle condizioni contrarie ai paragrafi 1, 2, 3 o 4 dello stesso articolo, Wassink c. Paesi Bassi, 27 settembre 1990, ? 38, serie Ha no 185 Ha. Il diritto a risarcimento enunciato al paragrafo 5 precitato suppone dunque che una violazione di uno di questi altri paragrafi sia stata stabilita da un’autorit? nazionale o con le istituzioni della Convenzione (N.C). c. Italia [GC], no 24952/94, ? 49 in fini, CEDH 2002-X.
92. Nello specifico, la Corte ha appena constatato che il prolungamento della detenzione dei richiedenti ? stato irregolare, paragrafi 79-78 sopra, e che la Corte di cassazione ha riconosciuto la nullit? di suddetta prolungamento, paragrafo 16 sopra. Di conseguenza, c’? luogo di esaminare la questione di sapere se i richiedenti disponevano in dritti italiano di un diritto a risarcimento, al senso dell’articolo 5 ? 5 della Convenzione.
93. La Corte osserva che l’articolo 314 del CPP che ? supposto fornire un rimedio in caso di privazione di libert? “ingiusta”, non trovare ad applicarsi nella situazione dei richiedenti.
94. In quanto agli altri rimedi citati dal Governo per eccepire della no-esaurimento delle vie di ricorso interni, la Corte nota che gli argomenti che l’hanno condotta ad allontanare questa eccezione, paragrafi 40 43 qui sopra, lo portano a concludere all’incomprensione del paragrafo 5 dell’articolo 5 della Convenzione adesso.
95. Alla luce di ci? che precede, la Corte stima che i richiedenti non disponevano di nessuno mezzo per ottenere, ad un grado sufficiente di certezza, risarcimento per la violazione dell’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione.
96. Pertanto, c’? stata violazione dell’articolo 5 ? 5 della Convenzione (vedere, per esempio, Seferovic, precitato, ? 49, Zeciri, precitato, ? 52, Pezone c. Italia, no 42098/98, ?? 51-56, 18 dicembre 2003, e Fox, Campbell e Hartley c. Regno Unito, 30 agosto 1990, ? 46, serie Ha no182,
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
97. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
98. I richiedenti richiedono 14 250 euros (EUR) ciascuno a titolo del danno giuridico che dicono avere subito per i cinquantasette giorni della loro detenzione, dal 20 novembre 2008 al 14 gennaio 2009, o, a tutto di meno, 6 500 EUR ciascuno per i ventisei giorni di prolungamento della loro detenzione, dal 17 dicembre 2008 al 14 gennaio 2009.
99. Il Governo contesta questa domanda.
100. La Corte considera che i richiedenti hanno subito un danno giuridico certo e che conviene concedere a ciascuno di essi 6 500 EUR a questo titolo.
B. Oneri e spese
101. I richiedenti sollecitano anche 14 307 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne. Indicano peraltro che sono stati condannati al pagamento di onere di procedimento dinnanzi al tribunale di Roma e chiedono alla Corte di esonerarli ne. Richiedono inoltre 500 EUR per gli oneri di traduzione.
I richiedenti chiedono che ogni somma concessa a titolo degli oneri e spese siano versati direttamente sul conto bancario del loro rappresentante.
102. Il Governo contesta la pretesa formulata dai richiedenti, arguendo che questi non hanno dimostrato avere impegnato gli oneri e spese richieste e che non hanno rispettato l’articolo 60 dell’ordinamento della Corte dunque (“l’ordinamento”).
103. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non pu? ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realt?, la loro necessit? ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, avuto riguardo ai documenti di cui dispone ed ai criteri ricordati qui-prima di, la Corte stima ragionevole l’intimo di 10 500 EUR per gli oneri e spese e l’accordo ai richiedenti. Questa somma ? a versare direttamente sul conto bancario del rappresentante dei richiedenti.
C. Interessi moratori
104. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Decide di unire le richieste;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 5 ?? 1 f, e 5 della Convenzione, ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 5 ? 1 f, della Convenzione,;
4. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 5 ? 5 della Convenzione;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, il seguente somme:
i. 6 500 EUR, seimila cinque centesimi euro, ad ogni richiedente, pi? ogni importo che pu? essere dovuto a titolo di imposta, per danno giuridico,
ii. 10 500 EUR, diecimila cinque centesimi euro, congiuntamente ai richiedenti, pi? ogni importo che pu? essere dovuto da questi a titolo di imposta, per oneri e spese, a versare sul conto bancario del rappresentante dei richiedenti,;
b che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;
6. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 6 ottobre 2016, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Abele Campos Mirjana Lazarova Trajkovska
Cancelliere Presidentessa
ALLEGATO
OMISSIS