A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE REVELIOTIS c. GRECE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 29, P1-1
Numero: 48775/06/2008
Stato: Grecia
Data: 2008-12-04 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare unita al fondo e respinta (no-esaurimento delle vie di ricorso interni); Parzialmente inammissibile; Violazione di P1-1; Danno giuridico – constatazione di violazione che basta; Danno materiale – risarcimento
PRIMA SEZIONE
CAUSA REVELIOTIS C. GRECIA
( Richiesta no 48775/06)
SENTENZA
STRASBURGO
4 dicembre 2008
DEFINITIVO
04/03/2009
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Reveliotis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 novembre 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 48775/06) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. D.. R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 novembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. T. ed A. M, avvocati al foro di Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati del suo agente, il Sig. S. Spyropoulos, assessore presso il Consulente legale di stato, e la Sig.ra S. Alexandridou, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. L’ 11 gennaio 2008, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1923 e risiede ad Atene.
5. Il richiedente che era funzionario, fu messo in pensione nel febbraio 1982.
6. Il 13 luglio 1998, la 42 divisione della Contabilità Generale di stato (Γεvικό Λoγιστήριo τoυ Κράτoυς) adeguò l’importo della pensione del richiedente e lo fissò a 309 760 dracme, 909 euro circa.
7. Il 17 marzo 1999, il richiedente formò opposizione contro questa decisione, facendo valere che l’importo dello stipendio di base era stato calcolato in modo erroneo e che aveva diritto ad una pensione più elevata, conformemente alle disposizioni della legge nº 2470/1997 e della decisione ministeriale nº 2049790/7800/0022/7-7-97.
8. Il 18 ottobre 2000, il Comitato di controllo (Επιτροπή Ελέγχου Πράξεων Κανονισμού Συντάξεων) della Contabilità Generale dello stato respinse l’opposizione formata dal richiedente, decisione nº 3426/2000.
9. Il 16 maggio 2001, il richiedente interpose appello.
10. L’ 11 luglio 2002, la seconda camera della Corte dei conti annullò la decisione attaccata. Suddetta giurisdizione constatò che il richiedente aveva diritto ad una pensione più elevata in applicazione della legislazione in vigore e ne fissò l’importo a 1 211, 45 EUR a partire dal 1 agosto 1997 ed a 1 248, 07 EUR a partire dal 1 gennaio 1998, sentenza nº 1107/2002.
11. Il 18 novembre 2003, lo stato greco ricorse in cassazione sollevando che in virtù dell’articolo 60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000, il richiedente poteva richiedere in modo retroattivo i suoi diritti di pensione solo per un periodo di tre anni a contare dal pronunzio della decisione relativa a questa pensione. L’importo della pensione ricorretto poteva essere così, solamente pagabile a partire dal 1 luglio 1999, essendo il punto di partenza del termine di prescrizione estintiva la data della pubblicazione della sentenza nº 1107/2002.
12. Il 3 maggio 2006, la formazione plenaria della Corte dei conti annullò parzialmente la sentenza attaccata. Difatti, dopo avere precisato che la prescrizione prevista dall’articolo 60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000 non avrebbe potuto essere considerata come contraria alla Costituzione o all’articolo 1 del Protocollo nº 1, suddetta giurisdizione considerò come punto di partenza del termine di suddetta prescrizione la data della pubblicazione della sentenza nº 1107/2002 e giudicò l’importo della pensione controversa pagabile a partire dal 1 luglio 1999, sentenza nº 824/2006.
Questa sentenza fu notificata al richiedente il 9 giugno 2006.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. Il codice delle pensioni civili e militari, decreto presidenziale nº 166/2000
13. L’articolo 60 § 1 del codice delle pensioni civili e militari dispone ciò che segue:
“Non è permesso in nessun caso riconoscere in modo retroattivo, a scapito dell’entrata pubblica, dei crediti che risultano dalle pensioni per un periodo superiore a tre anni a contare dal primo giorno del mese nelcorso del quale è preso l’atto o la decisione relativa a questa pensione. “
B. La legge di accompagnamento del codice civile
14. Entrano anche in fila di conto le seguenti disposizioni della legge di accompagnamento (Εισαγωγικός Νόμος) del codice civile,:
Articolo 105
“Lo stato è tenuto a riparare il danno causato dagli atti illegali od omissioni dei suoi organi nella cornice dell’esercizio del potere pubblico, salvo se l’atto o l’omissione hanno avuto luogo per incomprensione di una disposizione destinata a servire l’interesse pubblico. La persona colpevole è solidalmente responsabile, sotto riserva delle disposizioni speciali sulla responsabilità di ministri. “
Articolo 106
“Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche in materia di responsabilità dei comuni o altre persone di diritto pubblico per i danni causati dagli atti o dalle omissioni dei loro organi. “
15. L’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile stabilisce il concetto di atto dannoso speciale di dritto pubblico creando una responsabilità extracontrattuale dello stato. Questa responsabilità risulta da atti o da omissioni illegali che hanno causato un danno materiale o morale allo amministrato. Gli atti riguardati possono essere degli atti giuridici, ma anche degli atti materiali dell’amministrazione, ivi compresi degli atti in principio non esecutivi (Kyriakopoulos, Commento del codice civile, articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile, no 23; Filios, Diritto dei contratti, parte speciale, volume 6, responsabilità da delitto, 1977, paragrafo 48 B 112; E. Spiliotopoulos, Diritto amministrativo, terza edizione, paragrafo 217).
C. La giurisprudenza della Corte dei conti
1. Concernente la determinazione del dies a quo della prescrizione
16. Secondo una giurisprudenza ben stabilita, la Corte dei conti considerava che la prescrizione controversa decorreva a partire dalla pubblicazione della sua propria sentenza facente diritto all’istanza dell’interessato. Tuttavia, nelle sentenze più recenti, ha fissato come punto di partenza del termine di tre anni la pubblicazione della decisione della Contabilità generale dello stato, sentenze numeri1102/2007 (formazione plenaria), 193/2007 (formazione plenaria) e 1316/2007. In particolare, ha considerato che quando i diritti di pensione, respinti dall’amministrazione, erano riconosciuti durante l’ulteriore procedimento contenzioso, la frase “a contare dal primo giorno del mese nel corso del quale viene preso l’atto o la decisione relativa a questa pensione” poteva prevedere solamente l’atto della Contabilità generale dello stato o la decisione del Comitato di controllo con la quale le autorità competenti non avevano riconosciuto, in violazione della legge, il credito di pensione dell’interessato. Ogni altra interpretazione secondo la quale la prescrizione controversa decorre a partire dalla pubblicazione della sentenza della Corte dei conti facente diritto all’istanza dell’interessato, sarebbe stata incompatibile con lo stato di diritto e con parecchie disposizioni costituzionali. Peraltro, la Corte dei conti ha constatato che tale interpretazione era anche contraria all’articolo 1 del Protocollo nº 1, poiché conduceva alla privazione di un diritto patrimoniale, certo ed esigibile, ossia l’insieme dei crediti di pensione dell’interessato, esigibili e scaduti, e questo, senza inseguire un scopo legittimo e senza rispettare “il giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia di suddetto diritto.
2. Concernente l’efficacia di un’azione fondata sull’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile
17. Secondo le sentenze numeri 1505/2005 e 1506/2005 della sua formazione plenaria, la Corte dei conti ha considerato che l’azione per indennizzo fondata sull’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile ha un carattere puramente indennizzante, che non verte su dei diritti di pensione e non è riguardata dunque dalla prescrizione prevista dall’articolo 60 del decreto presidenziale nº 166/2000. Secondo le sentenze precitate, le persone che si sono viste rifiutare in modo illegale l’adeguamento della loro pensione possono chiedere un indennizzo per il danno subito a questo titolo. Tuttavia, con la sentenza nº 2405/2005 della formazione plenaria, confermata dalla sentenza nº 756/06 in seguito, la Corte dei conti ha condizionato questa possibilità alla constatazione preliminare dell’illegalità del comportamento delle autorità amministrative. A conoscenza della Corte, non esiste ad oggi alcuna sentenza resa dalla Corte dei conti che assegna agli interessati delle somme a questo titolo.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO Nº 1
18. Il richiedente si lamenta che il modo in cui la Corte dei conti ha applicato l’articolo 60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000 ha recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni, come previsto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
Sull’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne
19. Il Governo sostiene, innanzitutto, l’inammissibilità di questo motivo di appello, al motivo che il richiedente non avrebbe esaurito le vie di ricorso interne poiché non ha investito le giurisdizioni amministrative di un’azione d’ indennizzo fondata sull’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile. Il Governo rileva che se l’amministrazione rifiuta in modo illegale di adeguare l’importo di una pensione e se questo rifiuto viene poi annullato dalla Corte dei conti, l’interessato può chiedere un indennizzo per il danno subito in ragione della privazione dei suoi diritti di pensione per il periodo che va al di là del periodo dei tre anni previsto dall’articolo 60 del decreto presidenziale nº 166/2000. Secondo il Governo, si tratta di un ricorso disponibile ed efficace, per mezzo del quale l’interessato può ottenere la correzione della violazione addotta. Si riferisce a questo titolo alle sentenze numeri 1505/2005 e 1506/2005 della formazione plenaria della Corte dei conti che hanno confermato questo approccio (vedere sopra, paragrafo 17,) ed invita la Corte a respingere questo motivo di appello per non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
20. Il richiedente combatte questa tesi. Nota che il Governo non ha prodotto nessuno esempio giurisprudenziale proprio a dimostrare che l’esercizio del ricorso precitato avrebbe potuto provocare la correzione della violazione addotta. Secondo il richiedente, non esiste nessuno caso in cui gli interessati hanno ricevuto un indennizzo corrispondente agli importi della pensione che non avevano potuto richiedere in ragione dell’applicazione dell’articolo 60 del decreto presidenziale nº 166/2000. Si appella a questo motivo alla giurisprudenza della Corte secondo la quale, appartiene allo stato che eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne di stabilire l’esistenza di ricorsi effettivi e sufficienti.
21. La Corte osserva che l’eccezione sollevata dal Governo è legata strettamente alla sostanza del motivo di appello enunciato dal richiedente sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 e decide di unirla al merito.
22. Infine, la Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
23. Il Governo ricorda la giurisprudenza della Corte secondo la quale l’articolo 1 del Protocollo nº 1 protegge solamente i beni “reali.” Ora, secondo lui, questa disposizione non è applicabile alla situazione giuridica del richiedente, poiché questo ultimo non dispone di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo nº 1. Difatti, per il Governo, ai termini dell’articolo 60 del decreto presidenziale nº 166/2000, come interpretato dalla formazione plenaria della Corte dei conti, il richiedente non aveva nessuno diritto di ottenere l’adeguamento retroattivo della sua pensione al di là del lasso dei tre anni a partire dalla pubblicazione della sentenza nº 1107/2002.
24. Il Governo considera peraltro che il richiedente non può mettersi inoltre sul terreno della “speranza legittima” che non si fonda sulla semplice speranza di essere indennizzato ma su una certezza di ottenere guadagno di causa. Basandosi sulla sentenza Kopecký c. Slovacchia ([GC], nº 44912/98, CEDH 2004 IX) sottolinea che la giurisprudenza ben stabilita della Corte dei conti era sfavorevole al richiedente che non poteva credere legittimamente all’esistenza di un diritto acquisito.
25. Il richiedente solleva che disponeva del diritto di percepire un pensione con adeguamento e che questo diritto fu confermato dalla sentenza nº 1107/2002 della Corte dei conti. Aggiunge a questo riguardo che questa sentenza non ha creato un nuovo diritto ma ha riconosciuto un diritto già esistente che le autorità amministrative avevano, in modo illegale, rifiutato di riconoscere. Tuttavia, secondo il richiedente, il modo in cui la formazione plenaria della Corte dei conti ha applicato l’articolo60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000 ha provocato l’estinzione dei suoi crediti ed il modo in cui ha proceduto alla determinazione della data a partire dalla quale le somme dovute erano pagabili era contrario al principio dello stato di diritto.
2. Valutazione della Corte
26. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “bene” ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali e che è indipendente dalle qualifiche formali del diritto interno: certi altri diritti ed interessi costituenti degli attivi possono passare anche per “diritti patrimoniali” e dunque dei “beni” ai fini di questa disposizione. In ogni causa, importa esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1 (Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, Beyeler c. Italia [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH-2000-I, e Broniowski c. Polonia [GC], nº 31443/96, § 129, CEDH 2004-V).
27. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il diritto ad una pensione non è garantito in quanto tale dalla Convenzione. La Corte ha precisato però che dal momento che un Stato contraente mette in posto una legislazione che contempla il versamento automatico di un assegno mutualistico -che la concessione di questa prestazione dipenda o meno dal versamento preliminare di quote-, questa legislazione deve essere considerata come generante un interesse patrimoniale che dipende dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 per le persone che assolvono le sue condizioni (Stec ed altri c. Regno Unito,( dec.) [GC], numeri 65731/01 e 65900/01, 6 luglio 2005, § 54, CEDH 2005-X).
28. Nell’occorrenza, la Corte nota che, secondo la legislazione in vigore, in particolare la legge nº 2470/1997 e la decisione ministeriale nº 2049790/7800/0022/7-7-97, il richiedente aveva il diritto di ricevere una pensione di vecchiaia di un importo con adeguamento. Questo diritto, inizialmente respinto dalle autorità amministrative, fu riconosciuto definitivamente, in seguito, con la sentenza nº 1107/2002 della Corte dei conti. Peraltro, in virtù dell’articolo 60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000, il richiedente poteva richiedere in modo retroattivo i suoi diritti di pensione per un periodo risalente a tre anni a contare dalla pronunzia della decisione relativa a questa pensione. Ne segue dunque che il richiedente disponeva di un “bene” ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 alla Convenzione.
29. Tuttavia, il diritto dell’interessato di ottenere il versamento retroattivo dell’importo rivalutato della sua pensione è stato limitato in ragione del modo in cui la formazione plenaria della Corte dei conti, interpretando suddetto decreto, ha proceduto alla determinazione del dies a quo della prescrizione nel caso di specifico. A questo riguardo, la Corte precisa che nello specifico, non è chiamata a deliberare in abstracto sulla regola che limita il reclamo retroattivo dei diritti di pensione contro lo stato in quanto tale. Ad ogni modo, niente nella giurisprudenza della Corte dà da intendere che la determinazione dei termini di prescrizione sia in sé incompatibile con le esigenze della Convenzione (vedere, in questo senso, Stubbings ed altri c. Regno Unito, sentenza del 22 ottobre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, § 52 e J.A. Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c. Regno Unito [GC], no 44302/02, §§ 68-69, CEDH 2007 -…). La Corte va a ricercare perciò se il modo in cui la Corte dei conti ha interpretato, poi applicato l’articolo 60 § 1 del decreto presidenziale nº 166/2000 ha fatto subire al richiedente un danno ch va contro le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo nº 1.
30. Innanzitutto, la Corte ricorda che una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, la sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia del 23 settembre 1982, serie A nº 52, p. 26, § 69). La preoccupazione di garantire tale equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 tutto intero. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, sentenza del 20 novembre 1995, serie A nº 332, p. 23, § 38).
31. Nell’occorrenza, la Corte ricorda che, secondo il decreto controverso, il punto di partenza del termine di prescrizione estintiva è “il primo giorno del mese nel corso del quale viene preso l’atto o la decisione relativa a questa pensione.” Nello specifico, considerando che il termine “atto o decisione relativa a questa pensione” si riferiva alla sentenza della sua seconda camera, la formazione plenaria della Corte dei conti ha fissato il dies a quo della prescrizione in data della pubblicazione della sentenza nº 1107/2002.
32. Agli occhi della Corte, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica ed inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, esige che il punto di partenza o di scadenza dei termini di prescrizione sia definito chiaramente e sia legato a fatti concreti ed obiettivi, come il deposito di un’istanza o l’introduzione di un’azione di giustizia da parte dell’interessato. In compenso, quando la determinazione della data a partire dalla quale il giudicabile può richiedere i suoi crediti dipende da fatti fortuiti, imprevedibili e fuori dalla sua sfera di influenza, gli imperativi della preminenza del diritto non si trovano soddisfatti.
33. Nell’occorrenza, la determinazione della data a partire dalla quale il richiedente poteva ottenere il versamento dei suoi diritti di pensione è stata esclusivamente in funzione del tempo che le autorità e le giurisdizioni amministrative hanno impiegato per rendere le loro decisioni. Difatti, mentre il richiedente si era opposto all’adeguamento della sua pensione nel marzo 1999, la decisione che faceva diritto alla sua istanza è stata resa solo tre anni più tardi. La Corte nota che l’applicazione di tale criterio sembra aleatoria e suscettibile di condurre ai risultati contraddittori e poco giustificati; in particolare, quando le diverse giurisdizioni amministrative tardano a deliberare su un ricorso che riguarda dei diritti di pensione, è il giudicabile che viene leso da questo ritardo e non lo stato che ne deriva profitto poiché sarà chiamato a versare una somma meno elevata. Peraltro, il richiedente si trova in una situazione sfavorevole rispetto ad altri pensionati il cui ricorso era stato esaminato con più celerità.
34. Per di più, la Corte constata che il rifiuto dell’amministrazione di rivalutare l’importo della pensione del richiedente, rifiuto che fu giudicato ulteriormente illegale dalla Corte dei conti, si trova alla base del danno subito da questo ultimo. Ora la Corte considera che non è affatto accettabile che l’interessato sia penalizzato a causa degli errori commessi dalle autorità amministrative nella cornice della determinazione dell’importo della sua pensione e che si trova in una situazione sfavorevole rispetto ad altri pensionati il cui importo della pensione è stato calcolato correttamente.
35. Peraltro, la Corte non potrebbe trascurare il fatto che la Corte dei conti ha considerato recentemente che l’approccio secondo cui la prescrizione controversa decorre a partire dalla pubblicazione della sua sentenza facente diritto all’istanza dell’interessato era incompatibile con lo stato di diritto, parecchie disposizioni costituzionali e l’articolo 1 del Protocollo nº 1 (vedere sopra, paragrafo 16,).
36. Certo, il Governo sostiene che il richiedente potrebbe ottenere risarcimento per la privazione illegale dei suoi diritti di pensione se introducesse un’azione d’ indennizzo fondata sull’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile. Tuttavia, la Corte non potrebbe condividere il punto di vista del Governo.
37. Difatti, la Corte ricorda che quello che ha esercitato un ricorso di natura tale da ovviare direttamente alla situazione controversa -e non in modo indiretta -non è tenuto ad impegnarne altri che gli sono aperti ma la cui efficacia è improbabile (Manoussakis ed altri c. Grecia, 26 settembre 1996, § 33, Raccolta 1996-IV,). Nell’occorrenza, la Corte constata che il richiedente era ricorso tanto contro il calcolo erroneo della sua pensione dinnanzi alle autorità che dinnanzi alle differenti formazioni della Corte dei conti ed aveva ottenuto una decisione definitiva, la sentenza nº 1107/2002 con la quale era stato stabilito che l’importo della sua pensione non era stato fissato correttamente. Quindi, il richiedente non potrebbe vedersi imporre l’obbligo di investire di nuovo le giurisdizioni e di perdere del tempo e del denaro per richiedere delle somme corrispondenti agli importi rivalutati della sua pensione, mentre la Corte dei conti aveva avuto già l’occasione di portare direttamente rimedio alla situazione controversa. Questo è tanto più vero in quanto il Governo non ha prodotto nessuno esempio giurisprudenziale in cui gli interessati avrebbero ricevuto un indennizzo a questo titolo basandosi sull’articolo 105 della legge di accompagnamento del codice civile (vedere sopra, paragrafo 17,).
38. Alla vista di ciò che precede, la Corte è obbligata a respingere l’eccezione del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e di concludere che il modo in cui la Corte dei conti ha proceduto alla determinazione del dies a quo della prescrizione controversa ha recato offesa al diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni e ha rotto il giusto equilibro da predisporre tra la protezione della proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
Sull’ammissibilità
39. Il richiedente adduce infine una mancanza di equità del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative. Invoca a questo riguardo l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
40. La Corte nota che questo motivo di appello si riferisce al modo in cui le giurisdizioni interne hanno deliberato su certe questioni precise, in particolare l’interpretazione dell’articolo 60 del decreto presidenziale nº 166/2000 con la formazione plenaria della Corte dei conti, e che dipende a questo titolo dalla “quarta istanza.” Difatti, anche se l’interpretazione in causa sembra erronea, non potrebbe essere qualificata come irragionevole o di arbitrarietà. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli.
41. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
42. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno materiale
43. Il richiedente richiede a titolo del danno materiale la somma di 9 153, 46 euro (EUR), importo che corrisponde alla differenza tra gli importi che ha percepito a titolo di pensione per il periodo del 1 agosto 1997 al 30 giugno 1999 e gli importi ai quali aveva diritto dopo l’adeguamento, aumentato di un interesse del 20% in ragione dell’inflazione. Richiede inoltre il versamento di interessi moratori.
44. Il Governo non contesta i calcoli effettuati dal richiedente per ciò che riguarda la somma di 9 153, 46 EUR. In compenso, contesta la richiesta di pagamento di interessi.
45. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
46. Nell’occorrenza, la Corte ha già constatato che il richiedente è stato privato degli importi corrispondenti alla sua pensione rivalutata per il periodo che va dal 1 agosto 1997 al 30 giugno 1999. La Corte rileva che il Governo non contesta il calcolo del richiedente relativo agli importi dovuti a questo titolo. Stima peraltro che gli interessi possono essere richiesti a contare dalla data in cui è sopraggiunto ogni elemento recuperabile della perdita pecuniaria passata (vedere, tra altre, Smith e Grady c. Regno Unito (soddisfazione equa), numeri 33985/96 e 33986/96, § 24, CEDH 2000-IX).
47. Quindi, deliberando in equità come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte decide di assegnare al richiedente la somma di base richiesta, aumentata del 6% per annum (vedere Eko-Elda AVEE c. Grecia, nº 10162/02, § 37, CEDH 2006-IV) ed arrotondata a 15 500 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
2. Danno morale
48. Il richiedente richiede inoltre 10 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito.
49. Il Governo afferma che una constatazione di violazione costituirebbe in sé una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale.
50. Nell’occorrenza, la Corte stima il danno morale sufficientemente riparato dalla constatazione di violazione della presente sentenza.
B. Oneri e spese
51. Il richiedente chiede anche 1 500 EUR, fattura in appoggio, per gli oneri e le spese sostenute dinnanzi alle giurisdizioni interne e 1 500 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte.
52. Il Governo contesta queste pretese, non giustificate secondo lui. Giudica la somma chiesta eccessiva.
53. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 1 500 EUR e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
54. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1;
4. Stabilisce che la constatazione di una violazione fornisce in sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dal richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 15 500 EUR (quindicimila cinque cento euro) per danno materiale e 1 500 EUR (mille cinque cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 4 dicembre 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (non-épuisement des voies de recours internes) ; Partiellement irrecevable ; Violation de P1-1 ; Préjudice moral – constat de violation suffisant ; Dommage matériel – réparation
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE REVELIOTIS c. GRÈCE
(Requête no 48775/06)
ARRÊT
STRASBOURG
4 décembre 2008
DÉFINITIF
04/03/2009
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Reveliotis c. Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Christos Rozakis,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 13 novembre 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 48775/06) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, M. D. R. (« le requérant »), a saisi la Cour le 24 novembre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Mes S. T. et A. M , avocats au barreau d’Athènes. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les délégués de son agent, M. S. Spyropoulos, assesseur auprès du Conseil juridique de l’Etat, et Mme S. Alexandridou, auditrice auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le 11 janvier 2008, le président de la première section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1923 et réside à Athènes.
5. Le requérant, qui était fonctionnaire, fut mis à la retraite en février 1982.
6. Le 13 juillet 1998, la 42e division de la Comptabilité Générale de l’Etat (Γεvικό Λoγιστήριo τoυ Κράτoυς) réajusta le montant de la pension du requérant et le fixa à 309 760 drachmes (909 euros environ).
7. Le 17 mars 1999, le requérant forma opposition contre cette décision, faisant valoir que le montant du salaire de base avait été calculé de manière erronée et qu’il avait droit à une pension plus élevée, conformément aux dispositions de la loi nº 2470/1997 et de la décision ministérielle nº 2049790/7800/0022/7-7-97.
8. Le 18 octobre 2000, le Comité de contrôle (Επιτροπή Ελέγχου Πράξεων Κανονισμού Συντάξεων) de la Comptabilité Générale de l’État rejeta l’opposition formée par le requérant (décision nº 3426/2000).
9. Le 16 mai 2001, le requérant interjeta appel.
10. Le 11 juillet 2002, la deuxième chambre de la Cour des comptes annula la décision attaquée. Ladite juridiction constata que le requérant avait droit à une pension plus élevée en application de la législation en vigueur et en fixa le montant à 1 211, 45 EUR à partir du 1er août 1997 et à 1 248, 07 EUR à partir du 1er janvier 1998 (arrêt nº 1107/2002).
11. Le 18 novembre 2003, l’Etat grec se pourvut en cassation en soulevant qu’en vertu de l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000, le requérant ne pouvait réclamer rétroactivement ses droits de pension que pour une période de trois ans à compter du prononcé de la décision relative à cette retraite. Ainsi, le montant de la pension réajustée ne pouvait être payable qu’à partir du 1er juillet 1999, le point de départ du délai de prescription extinctive étant la date de la publication de l’arrêt nº 1107/2002.
12. Le 3 mai 2006, la formation plénière de la Cour des comptes cassa partiellement l’arrêt attaqué. En effet, après avoir précisé que la prescription prévue par l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000 ne saurait être considérée comme contraire à la Constitution ou à l’article 1 du Protocole nº 1, ladite juridiction considéra comme point de départ du délai de ladite prescription la date de la publication de l’arrêt nº 1107/2002 et jugea le montant de la pension litigieuse payable à partir du 1er juillet 1999 (arrêt nº 824/2006).
Cet arrêt fut notifié au requérant le 9 juin 2006.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Le code des retraites civiles et militaires, décret présidentiel nº 166/2000
13. L’article 60 § 1 du code des retraites civiles et militaires dispose ce qui suit :
« Il n’est en aucun cas permis de reconnaître rétroactivement, au détriment de la recette publique, des créances résultant des retraites pour une période supérieure à trois ans à compter du premier jour du mois au cours duquel est pris l’acte ou la décision relative à cette retraite. »
B. La loi d’accompagnement du code civil
14. Entrent également en ligne de compte les dispositions suivantes de la loi d’accompagnement (Εισαγωγικός Νόμος) du code civil :
Article 105
« L’Etat est tenu de réparer le dommage causé par les actes illégaux ou omissions de ses organes dans le cadre de l’exercice de la puissance publique, sauf si l’acte ou l’omission ont eu lieu en méconnaissance d’une disposition destinée à servir l’intérêt public. La personne fautive est solidairement responsable, sous réserve des dispositions spéciales sur la responsabilité de ministres. »
Article 106
« Les dispositions des deux articles précédents s’appliquent aussi en matière de responsabilité des communes ou autres personnes de droit public pour les dommages causés par des actes ou omissions de leurs organes. »
15. L’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil établit le concept d’acte dommageable spécial de droit public créant une responsabilité extracontractuelle de l’Etat. Cette responsabilité résulte d’actes ou d’omissions illégaux ayant causé un préjudice matériel ou moral à l’administré. Les actes concernés peuvent être des actes juridiques, mais également des actes matériels de l’administration, y compris des actes en principe non exécutoires (Kyriakopoulos, Commentaire du code civil, article 105 de la loi d’accompagnement du code civil, no 23; Filios, Droit des contrats, partie spéciale, volume 6, responsabilité délictuelle, 1977, par. 48 B 112 ; E. Spiliotopoulos, Droit administratif, troisième édition, par. 217).
C. La jurisprudence de la Cour des comptes
1. Concernant la fixation du dies a quo de la prescription
16. Selon une jurisprudence bien établie, la Cour des comptes considérait que la prescription litigieuse courait à partir de la publication de son propre arrêt faisant droit à la demande de l’intéressé. Toutefois, dans des arrêts plus récents, elle a fixé comme point de départ du délai de trois ans la publication de la décision de la Comptabilité générale de l’Etat (arrêts nos 1102/2007 (formation plénière), 193/2007 (formation plénière) et 1316/2007). En particulier, elle a considéré que lorsque les droits de pension, refusés par l’administration, étaient reconnus au cours de la procédure contentieuse ultérieure, la phrase « à compter du premier jour du mois au cours duquel est pris l’acte ou la décision relative à cette retraite » ne pouvait viser que l’acte de la Comptabilité générale de l’Etat ou la décision du Comité de contrôle par laquelle les autorités compétentes n’avaient pas reconnu, en violation de la loi, la créance de pension de l’intéressé. Toute autre interprétation selon laquelle la prescription litigieuse court à partir de la publication de l’arrêt de la Cour des comptes faisant droit à la demande de l’intéressé, aurait été incompatible avec l’Etat de droit et plusieurs dispositions constitutionnelles. Par ailleurs, la Cour des comptes a constaté qu’une telle interprétation était également contraire à l’article 1 du Protocole nº 1, puisque elle conduisait à la privation d’un droit patrimonial, certain et exigible, à savoir l’ensemble des créances de pension de l’intéressé, exigibles et échues, et ce, sans poursuivre un but légitime et sans respecter le « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général et les impératifs de la sauvegarde dudit droit.
2. Concernant l’efficacité d’une action fondée sur l’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil
17. Selon les arrêts nos 1505/2005 et 1506/2005 de sa formation plénière, la Cour des comptes a considéré que l’action en indemnisation fondée sur l’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil a un caractère purement indemnitaire, ne porte pas sur des droits de pension et n’est donc pas concernée par la prescription prévue par l’article 60 du décret présidentiel nº 166/2000. Selon les arrêts précités, les personnes qui se sont vu refuser de manière illégale le réajustement de leur pension peuvent demander une indemnisation pour le dommage subi à ce titre. Toutefois, par l’arrêt nº 2405/2005 de la formation plénière, confirmé par la suite par l’arrêt nº 756/06, la Cour des comptes a conditionné cette possibilité au constat préalable de l’illégalité du comportement des autorités administratives. A la connaissance de la Cour, il n’existe pas à ce jour d’arrêt rendu par la Cour des comptes allouant aux intéressés des sommes à ce titre.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE Nº 1
18. Le requérant se plaint que la façon dont la Cour de comptes a appliqué l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000 ait porté atteinte à son droit au respect de ses biens, tel que prévu par l’article 1 du Protocole nº 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
Sur l’exception de non-épuisement des voies de recours internes
19. Le Gouvernement plaide, tout d’abord, l’irrecevabilité de ce grief, au motif que le requérant n’aurait pas épuisé les voies de recours internes puisqu’il n’a pas saisi les juridictions administratives d’une action en indemnisation fondée sur l’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil. Le Gouvernement relève que si l’administration refuse de manière illégale de réajuster le montant d’une pension et si ce refus est ensuite annulé par la Cour des comptes, l’intéressé peut demander une indemnisation pour le dommage subi en raison de la privation de ses droits de pension pour la période allant au-delà de la période de trois ans prévue par l’article 60 du décret présidentiel nº 166/2000. Selon le Gouvernement, il s’agit d’un recours disponible et efficace, au moyen duquel l’intéressé peut obtenir le redressement de la violation alléguée. Il se réfère à ce titre aux arrêts nos 1505/2005 et 1506/2005 de la formation plénière de la Cour des comptes qui ont confirmé cette approche (voir ci-dessus, paragraphe 17), et invite la Cour à rejeter ce grief pour non-épuisement des voies de recours internes.
20. Le requérant combat cette thèse. Il note que le Gouvernement n’a produit aucun exemple jurisprudentiel propre à démontrer que l’exercice du recours précité aurait pu entraîner le redressement de la violation alléguée. Selon le requérant, il n’existe aucun cas dans lequel les intéressés ont reçu une indemnisation correspondant aux montants de pension qu’ils n’avaient pas pu réclamer en raison de l’application de l’article 60 du décret présidentiel nº 166/2000. Il s’appuie à ce sujet sur la jurisprudence de la Cour, selon laquelle, il appartient à l’Etat qui excipe du non-épuisement des voies de recours internes d’établir l’existence de recours effectifs et suffisants.
21. La Cour observe que l’exception soulevée par le Gouvernement est étroitement liée à la substance du grief énoncé par le requérant sur le terrain de l’article 1 du Protocole nº 1 et décide de la joindre au fond.
22. Enfin, la Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
23. Le Gouvernement rappelle la jurisprudence de la Cour selon laquelle l’article 1 du Protocole nº 1 ne protège que les biens « actuels ». Or, selon lui, cette disposition n’est pas applicable à la situation juridique du requérant, puisque ce dernier ne dispose pas d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole nº 1. En effet, pour le Gouvernement, aux termes de l’article 60 du décret présidentiel nº 166/2000, tel qu’interprété par la formation plénière de la Cour des comptes, le requérant n’avait aucun droit d’obtenir le réajustement rétroactif de sa pension au-delà du laps de trois ans à partir de la publication de l’arrêt nº 1107/2002.
24. Le Gouvernement considère par ailleurs que le requérant ne peut davantage se placer sur le terrain de l’« espérance légitime », qui repose non sur le simple espoir d’être indemnisé mais sur une certitude d’obtenir gain de cause. Se fondant sur l’arrêt Kopecký c. Slovaquie ([GC], nº 44912/98, CEDH 2004 IX), il souligne que la jurisprudence bien établie de la Cour des comptes était défavorable au requérant, qui ne pouvait pas légitimement croire à l’existence d’un droit acquis.
25. Le requérant soulève qu’il disposait du droit de percevoir une pension réajustée et que ce droit fut confirmé par l’arrêt nº 1107/2002 de la Cour des comptes. Il ajoute à cet égard que cet arrêt n’a pas créé un nouveau droit mais a reconnu un droit déjà existant que les autorités administratives avaient, de manière illégale, refusé de reconnaître. Toutefois, selon le requérant, la façon dont la formation plénière de la Cour des comptes a appliqué l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000 a entraîné l’extinction de ses créances et la manière dont elle a procédé à la fixation de la date à partir de laquelle les sommes dues étaient payables était contraire au principe de l’Etat de droit.
2. Appréciation de la Cour
26. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, un requérant ne peut alléguer une violation de l’article 1 du Protocole nº 1 que dans la mesure où les décisions qu’il incrimine se rapportent à ses « biens » au sens de cette disposition. La notion de « bien » a une portée autonome qui ne se limite pas à la propriété de biens corporels et qui est indépendante des qualifications formelles du droit interne : certains autres droits et intérêts constituant des actifs peuvent aussi passer pour des « droits patrimoniaux » et donc des « biens » aux fins de cette disposition. Dans chaque affaire, il importe d’examiner si les circonstances, considérées dans leur ensemble, ont rendu le requérant titulaire d’un intérêt substantiel protégé par l’article 1 du Protocole nº 1 (Iatridis c. Grèce [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, Beyeler c. Italie [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH-2000-I, et Broniowski c. Pologne [GC], nº 31443/96, § 129, CEDH 2004-V).
27. D’après la jurisprudence constante de la Cour, le droit à une pension n’est pas garanti en tant que tel par la Convention. La Cour a cependant précisé que dès lors qu’un Etat contractant met en place une législation prévoyant le versement automatique d’une prestation sociale – que l’octroi de cette prestation dépende ou non du versement préalable de cotisations –, cette législation doit être considérée comme engendrant un intérêt patrimonial relevant du champ d’application de l’article 1 du Protocole nº 1 pour les personnes remplissant ses conditions (Stec et autres c. Royaume-Uni (déc.) [GC], nos 65731/01 et 65900/01, 6 juillet 2005, § 54, CEDH 2005-X).
28. En l’occurrence, la Cour note que, selon la législation en vigueur, notamment la loi nº 2470/1997 et la décision ministérielle nº 2049790/7800/0022/7-7-97, le requérant avait le droit de recevoir une pension de vieillesse d’un montant réajusté. Ce droit, initialement refusé par les autorités administratives, fut définitivement reconnu, par la suite, par l’arrêt nº 1107/2002 de la Cour des comptes. Par ailleurs, en vertu de l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000, le requérant pouvait réclamer rétroactivement ses droits de pension pour une période remontant à trois ans à compter du prononcé de la décision relative à cette retraite. Il s’ensuit donc que le requérant disposait d’un « bien » au sens de la première phrase de l’article 1 du Protocole nº 1 à la Convention.
29. Toutefois, le droit de l’intéressé d’obtenir le versement rétroactif du montant réévalué de sa pension a été limité en raison de la façon dont la formation plénière de la Cour des comptes, en interprétant ledit décret, a procédé à la fixation du dies a quo de la prescription dans le cas d’espèce. A cet égard, la Cour précise qu’en l’espèce, elle n’est pas appelée à statuer in abstracto sur la règle limitant la réclamation rétroactive des droits de pension contre l’Etat en tant que telle. De toute façon, rien dans la jurisprudence de la Cour ne donne à entendre que la fixation de délais de prescription soit en soi incompatible avec les exigences de la Convention (voir, en ce sens, Stubbings et autres c. Royaume-Uni, arrêt du 22 octobre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV, § 52 et J.A. Pye (Oxford) Ltd et J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Royaume-Uni [GC], no 44302/02, §§ 68-69, CEDH 2007-…). La Cour va en conséquence rechercher si la manière dont la Cour des comptes a interprété, puis appliqué l’article 60 § 1 du décret présidentiel nº 166/2000 a fait subir au requérant un préjudice allant à l’encontre des exigences de l’article 1 du Protocole nº 1.
30. Tout d’abord, la Cour rappelle qu’une mesure d’ingérence dans le droit au respect des biens doit ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, parmi d’autres, l’arrêt Sporrong et Lönnroth c. Suède du 23 septembre 1982, série A nº 52, p. 26, § 69). Le souci d’assurer un tel équilibre se reflète dans la structure de l’article 1 du Protocole nº 1 tout entier. En particulier, il doit exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé par toute mesure privant une personne de sa propriété (Pressos Compania Naviera S.A. et autres c. Belgique, arrêt du 20 novembre 1995, série A nº 332, p. 23, § 38).
31. En l’occurrence, la Cour rappelle que, selon le décret litigieux, le point de départ du délai de prescription extinctive est « le premier jour du mois au cours duquel est pris l’acte ou la décision relative à cette retraite ». En l’espèce, en considérant que le terme « acte ou décision relative à cette retraite » se référait à l’arrêt de sa deuxième chambre, la formation plénière de la Cour des comptes a fixé le dies a quo de la prescription à la date de la publication de l’arrêt nº 1107/2002.
32. Aux yeux de la Cour, la prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique et inhérent à l’ensemble des articles de la Convention, exige que le point de départ ou d’expiration des délais de prescription soient clairement définis et liés à des faits concrets et objectifs, tels que le dépôt d’une demande ou l’introduction d’une action en justice par l’intéressé. En revanche, lorsque la fixation de la date à partir de laquelle le justiciable peut réclamer ses créances dépend de faits fortuits, imprévisibles et hors de sa sphère d’influence, les impératifs de la prééminence du droit ne se trouvent guère satisfaits.
33. En l’occurrence, la fixation de la date à partir de laquelle le requérant pouvait obtenir le versement de ses droits de pension a été exclusivement fonction du temps que les autorités et les juridictions administratives ont mis pour rendre leurs décisions. En effet, alors que le requérant s’était opposé au réajustement de sa pension en mars 1999, la décision faisant droit à sa demande n’a été rendue que trois ans plus tard. La Cour note que l’application d’un tel critère semble aléatoire et susceptible de conduire à des résultats contradictoires et peu justifiés ; en particulier, lorsque les diverses juridictions administratives tardent à statuer sur un recours portant sur des droits de pension, c’est le justiciable qui est lésé par ce retard et non l’Etat qui, lui, en tire profit puisqu’il sera appelé à verser une somme moins élevée. Par ailleurs, le requérant se trouve dans une situation défavorable par rapport à d’autres retraités dont le recours avait été examiné avec plus de célérité.
34. De surcroît, la Cour constate que le refus de l’administration de réajuster le montant de la pension du requérant, refus qui fut ultérieurement jugé illégal par la Cour des comptes, se trouve à la base du dommage subi par ce dernier. Or la Cour considère qu’il n’est guère acceptable que l’intéressé soit pénalisé du fait des erreurs commises par les autorités administratives dans le cadre de la fixation du montant de sa pension et qu’il se trouve dans une situation défavorable par rapport à d’autres retraités dont le montant de la pension a été calculé correctement.
35. Par ailleurs, la Cour ne saurait négliger le fait que la Cour des comptes a récemment considéré que l’approche selon laquelle la prescription litigieuse court à partir de la publication de son arrêt faisant droit à la demande de l’intéressé était incompatible avec l’Etat de droit, plusieurs dispositions constitutionnelles et l’article 1 du Protocole nº 1 (voir ci-dessus, paragraphe 16).
36. Certes, le Gouvernement soutient que le requérant pourrait obtenir réparation pour la privation illégale de ses droits de pension s’il introduisait une action en indemnisation fondée sur l’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil. Toutefois, la Cour ne saurait partager le point de vue du Gouvernement.
37. En effet, la Cour rappelle que celui qui a exercé un recours de nature à remédier directement à la situation litigieuse – et non de façon détournée – n’est pas tenu d’en engager d’autres qui lui eussent été ouverts mais dont l’efficacité est improbable (Manoussakis et autres c. Grèce, 26 septembre 1996, § 33, Recueil 1996-IV,). En l’occurrence, la Cour constate que le requérant avait recouru contre le calcul erroné de sa pension tant devant les autorités que devant les différentes formations de la Cour des comptes et avait obtenu une décision définitive, l’arrêt nº 1107/2002, par laquelle il avait été établi que le montant de sa pension n’avait pas été fixé correctement. Dès lors, le requérant ne saurait se voir imposer l’obligation de saisir à nouveau les juridictions et de perdre du temps et de l’argent afin de réclamer des sommes correspondant aux montants réajustés de sa pension, alors que la Cour des comptes avait déjà eu l’occasion de porter directement remède à la situation litigieuse. Ceci est d’autant plus vrai que le Gouvernement n’a produit aucun exemple jurisprudentiel où les intéressés auraient reçu une indemnisation à ce titre en se fondant sur l’article 105 de la loi d’accompagnement du code civil (voir ci-dessus, paragraphe 17).
38. Au vu de ce qui précède, force est à la Cour de rejeter l’exception du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes et de conclure que la façon dont la Cour des comptes a procédé à la fixation du dies a quo de la prescription litigieuse a porté atteinte au droit du requérant au respect de ses biens et a rompu le juste équilibre à ménager entre la protection de la propriété et les exigences de l’intérêt général.
Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole nº 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
Sur la recevabilité
39. Le requérant allègue enfin un manque d’équité de la procédure devant les juridictions administratives. Il invoque à cet égard l’article 6 § 1 de la Convention.
40. La Cour note que ce grief se rapporte à la manière dont les juridictions internes ont statué sur certaines questions précises, en particulier l’interprétation de l’article 60 du décret présidentiel nº 166/2000 par la formation plénière de la Cour des comptes, et qu’il relève à ce titre de la « quatrième instance ». En effet, même si l’interprétation en cause semble erronée, elle ne saurait être qualifiée de déraisonnable ou d’arbitraire. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par la Convention ou ses Protocoles.
41. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
42. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
1. Dommage matériel
43. Le requérant réclame au titre du dommage matériel la somme de 9 153, 46 euros (EUR), montant qui correspond à la différence entre les montants qu’il a perçus à titre de pension pour la période du 1er août 1997 au 30 juin 1999 et les montants auxquels il avait droit après le réajustement, majorée d’un intérêt de 20 % en raison de l’inflation. Il réclame en outre le versement d’intérêts moratoires.
44. Le Gouvernement ne conteste pas les calculs effectués par le requérant en ce qui concerne la somme de 9 153, 46 EUR. En revanche, il conteste la demande de paiement d’intérêts.
45. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
46. En l’occurrence, la Cour a déjà constaté que le requérant a été privé des montants correspondant à sa pension réajustée pour la période allant du 1er août 1997 au 30 juin 1999. La Cour relève que le Gouvernement ne conteste pas le calcul du requérant relatif aux montants dus à ce titre. Elle estime par ailleurs que des intérêts peuvent être réclamés à compter de la date à laquelle est survenu chaque élément recouvrable de la perte pécuniaire passée (voir, parmi d’autres, Smith et Grady c. Royaume-Uni (satisfaction équitable), nos 33985/96 et 33986/96, § 24, CEDH 2000-IX).
47. Dès lors, statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour décide d’allouer au requérant la somme de base réclamée, majorée de 6 % per annum (voir Eko-Elda AVEE c. Grèce, nº 10162/02, § 37, CEDH 2006-IV) et arrondie à 15 500 EUR, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
2. Dommage moral
48. Le requérant réclame en outre 10 000 EUR au titre du préjudice moral qu’il aurait subi.
49. Le Gouvernement affirme qu’un constat de violation constituerait en soi une satisfaction équitable suffisante au titre du dommage moral.
50. En l’occurrence, la Cour estime le préjudice moral suffisamment réparé par le constat de violation du présent arrêt.
B. Frais et dépens
51. Le requérant demande également 1 500 EUR, facture à l’appui, pour les frais et dépens exposés devant les juridictions internes et 1 500 EUR pour ceux engagés devant la Cour.
52. Le Gouvernement conteste ces prétentions, non justifiées selon lui. Il juge la somme demandée excessive.
53. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 1 500 EUR et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
54. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant au grief tiré du droit du requérant au respect de ses biens et irrecevable pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole nº 1 ;
4. Dit que le constat d’une violation fournit en soi une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral subi par le requérant ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 15 500 EUR (quinze mille cinq cents euros) pour dommage matériel et 1 500 EUR (mille cinq cents euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 4 décembre 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 14/09/2024