Conclusione Violazione di P1-1; Violazione dell’art. 6-1; danno materiale – risarcimento pecuniario; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso oneri e spese – procedimento della Convenzione
CORTE (CAMERA)
CAUSA RAIMONDO C. ITALIA
(Richiesta no12954/87)
SENTENZA
STRASBURGO
22 febbraio 1994
Nella causa Raimondo c. Italia *,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, costituita, conformemente all’articolo 43 (articolo 43) della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”) ed alle clausole pertinenti del suo regolamento, in una camera composta dei giudici di cui il nome segue,:
SIGG.. R. Ryssdal, presidente,
R. Bernhardt,
F. Matscher,
C. Russo,
La Sig.ra E. Palm,
SIGG.. I. Foighel,
F. Bigi,
L. Wildhaber,
D. Gotchev,
cos? come di Sigg.- A. Eissen, cancelliere, e H. Petzold, cancelliere aggiunto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 settembre 1993 e 24 gennaio 1994,
Rende la sentenza che ecco adottata a questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. La causa ? stata deferita alla Corte per la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 18 gennaio 1993, nel termine di tre mesi che aprono gli articoli 32 paragrafo 1 e 47, (art. 32-1, art. 47) della Convenzione. Alla sua origine si trova una richiesta (no 12954/87) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino residente all’estero di questo Stato, il Sig. G. R., aveva investito la Commissione il 23 aprile 1987 in virt? dell’articolo 25 (art. 25).
La domanda della Commissione rinvia agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) cos? come alla dichiarazione italiana che riconosce la giurisdizione obbligatoria della Corte articolo 46 (art. 46). Ha per oggetto di ottenere una decisione sul punto di sapere se i fatti della causa rivelano una trasgressione dello stato convenuto alle esigenze degli articoli 6 paragrafo 1(art. 6-1) della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 (P1-1), e 2 del Protocollo no 4 (P4-2).
2. In risposta all’invito previsto dall’articolo 33 paragrafo 3, del regolamento, la Sig.ra P., sposa del Sig. R., ed i suoi tre figli hanno informato il cancelliere, il 7 giugno 1993, del decesso di loro marito e padre; hanno manifestato l’augurio di vedere il procedimento proseguire e di partecipare facendosi rappresentare dall’avvocato che avevano nominato (art. 30). Per le ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuer? a chiamare il Sig. R. il “richiedente” bench? bisogna assegnare oggi questa qualit? alla sua vedova ed ai suoi tre figli (vedere in particolare il sentenza Pandolfelli e Palumbo c. Italia del 27 febbraio 1992, serie a no 231-B, p. 16, paragrafo 2).
3. La camera da costituire comprendeva di pieno dritto Sig. C. Russo, giudice eletto di nazionalit? italiana (articolo 43 della Convenzione) (art. 43) ed il Sig. R. Ryssdal, presidente della Corte (art.21 paragrafo 3 b) del regolamento). Il 27 febbraio 1993, il vicepresidente Bernhardt ha tratto a sorte il nome dagli altri sette membri, ossia il Sig. R. Bernhardt, il Sig. F. Matscher, la Sig.ra E. Palm, il Sig. I. Foighel, il Sig. F. Bigi, il Sig. L. Wildhaber ed il Sig. D. Gotchev, in presenza del cancelliere (articoli 43 in fine della Convenzione e 21 paragrafo 4 del regolamento) (articolo 43).
4. Nella sua qualit? di presidente della camera (articolo 21 paragrafo 5 del regolamento) il Sig. Ryssdal ha consultato tramite il cancelliere l’agente del governo italiano (“il Governo”), l’avvocato del richiedente ed il delegato della Commissione a proposito dell’organizzazione del procedimento (articoli 37 paragrafo 1 e 38). Conformemente all’ordinanza resa perci?, il cancelliere ha ricevuto, il 12 e 30 luglio 1993, le memorie del richiedente e del Governo. Il delegato della Commissione non ne ha presentate.
5. Il 6 settembre 1993, la Commissione ha prodotto la pratica del procedimento seguita dinnanzi a lei; il cancelliere l’aveva invitata su istruzioni del presidente.
6. Cos? come ne aveva deciso questo ultimo – che aveva autorizzato il richiedente ad adoperare la lingua italiana (articolo 27 paragrafo 3 del regolamento) -, i dibattimenti si sono svolti in pubblico il 20 settembre 1993, al Palazzo dei Diritti dell’uomo a Strasburgo. La Corte aveva tenuto prima una riunione preparatoria.
Sono comparsi:
– per il Governo
SIGG.. G. Raimondi, magistrato,
staccato al Servizio del contenzioso diplomatico del
ministero delle Cause estere, coagente,
E. Selvaggi, direttore dei diritti dell’uomo,
direzione generale delle cause penali del ministero della
Giustizia, consigliere,;
– per la Commissione
Il Sig. E. Busuttil, delegato,;
– per il richiedente
M. M-, avvocato, consigliere.
La Corte li ha ascoltati nelle loro dichiarazioni ed arringhe cos? come nelle loro risposte alle sue domande.
Il 14 ottobre 1993, il Governo ha fornito delle informazioni complementari; la Commissione li ha commentati per iscritto il 11 dicembre.
IN EFFETTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. Imprenditore edile, il Sig. G. R. abitava Davoli (Catanzaro) fino al suo decesso, il 11 luglio 1992.
Sospettato di appartenere ad un’associazione di malfattori di tipo mafioso radicato nella regione di Soverato, era stato al tempo stesso oggetto di perseguimenti e di misure di prevenzione.
A. Il procedimento penale
8. Il 24 luglio 1984, il procuratore della Repubblica di Catanzaro confer? un mandato di arresto contro diciassette persone tra cui il richiedente. Dopo essersi sottratto all’esecuzione di suddetto incarico, questo ultimo si present? alle autorit? il 7 novembre 1984 e fu posto subito in detenzione provvisoria.
9. L’istruzione fu chiusa il 24 luglio 1985 ed il Sig. R. rinviato in giudizio dinnanzi al tribunale di Catanzaro con quattordici coaccusati. Un’assegnazione a domicilio, arresti domiciliari, sostitu? la detenzione provvisoria.
10. L? 8 ottobre 1985, all’epoca della prima udienza, il tribunale decise di unire la causa con altre due ed ordin? di versare certi documenti alla pratica, poi rinvi? la causa al 16 gennaio 1986.
Il 30 gennaio 1986, rilasci? l’incolpato in beneficio del dubbio, assoluzione per insufficienza di prove, e tolse l’assegnazione a domicilio.
11. Deliberando il 16 gennaio 1987 su ricorso del ministero pubblico e del Sig. R., la corte di appello di Catanzaro prosciolse questo ultimo al motivo che l’elemento materiale dell’infrazione faceva difetto ( perch? il fatto non sussiste). Non ci fu ricorso in cassazione.
B. Il procedimento relativo alle misure di prevenzione
1. Dinnanzi al tribunale di Catanzaro
12. Il 16 gennaio 1985, il procuratore della Repubblica di Catanzaro chiese al tribunale di imporre al Sig. R. la misura di sorveglianza speciale da parte della polizia e di procedere al sequestro conservatorio di parecchi beni in vista di un’eventuale confisca (legge no 1423 del 27 dicembre 1956 e legge no 575 del 31 maggio 1965 come l’ha modificata la legge no 646 del 13 settembre 1982 – paragrafi 16-18 sotto). Si basava su un rapporto della gendarmeria (carabinieri) di Soverato, del 27 dicembre 1984.
13. Il 13 maggio 1985, il tribunale decise il sequestro di sedici immobili, dieci terreni e sei costruzioni, e di sei veicoli di cui il richiedente sembrava avere il godimento. L’iscrizione della misura nei registri pubblici ebbe luogo il 15 maggio 1985.
Il 16 ottobre, il tribunale revoc? il sequestro dei beni che appartengono a terzi; ordin? in compenso la confisca di certi immobili sequestrati e di cui l’interessato e sua sposa erano proprietari, cos? come di quattro veicoli, al motivo che la loro “provenienza legittima” non era stata provata. La confisca fu trascritta il 9 novembre 1985.
La stessa decisione pose il Sig. R. sotto la sorveglianza speciale della polizia che non si applic? tuttavia che a partire dal 30 gennaio 1986, giorno della sua scarcerazione per il tribunale (paragrafo 10 sopra); gli ingiunse inoltre di versare una cauzione di 2 000 000 lire in garanzia del rispetto degli obblighi che accompagnano suddetta misura: non allontanarsi dal suo domicilio senza averlo annunciato alla polizia; presentarsi a questa ai giorni indicati da lei; non ritornare a casa sua dopo 21 h, n? uscire prima delle 7 h, senza giusti motivi e senza avere avvertito prima di tutto le autorit?.
2. Dinnanzi alla corte di appello di Catanzaro
14. Investita dal richiedente, la corte di appello di Catanzaro deliber? in camera del consiglio il 4 luglio 1986; annull? la misura ed ordin? la restituzione della cauzione cos? come dei beni sequestrati e confiscati. La sua decisione (decreto) rilevava “la sconcertante leggerezza con la quale si era adottato al riguardo del Sig. Raimondo le misure di prevenzione personale e patrimoniale attaccate e si era decretato in sostanza la morte civile ed economica” di questo.
Depositata alla cancelleria il 2 dicembre 1986, la decisione fu vidimata dal ministero pubblico il 10. Il 2 dicembre, la cancelleria della corte la notific? sempre alla questura (questura) competente che, il 5, la comunic? ai carabinieri del luogo di residenza del richiedente. Informarono questo ultimo il 20.
La decisione divent? definitiva il 31 dicembre 1986.
15. La revoca del sequestro degli immobili e della confisca dei veicoli fu trascritta rispettivamente il 2 febbraio (immobili), 10 febbraio, due automobili ed un furgoncino, e 10 luglio 1987, un camion.
La cauzione fu restituita il 24 aprile dello stesso anno.
In quanto agli immobili confiscati, le domande di iscrizione della levata della misura portano la data del 9 agosto 1991.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
A. La legislazione in vigore all’epoca
1. La legge del 27 dicembre 1956
16. La legge no 1423 del 27 dicembre 1956 (“la legge del 1956”) prevede diverse misure di prevenzione verso le “persone pericolose per la sicurezza e per la moralit? pubblica.” Si trova per l’essenziale riassunto nel sentenza Guzzardi del 6 novembre 1980 (serie a no 39, pp. 17-19, paragrafi 46-49):
“46. Ai termini del suo articolo 1, si applica tra altri a quelli che, per la loro condotta ed il loro treno di vita (tenore di vita) devono passare per derivare le loro risorse abituali, anche in parte, da guadagni di origine delittuosa o dal prezzo della loro complicit? (il favoreggiamento) o che i segni esterni vertono a considerare come inclini alla delinquenza (che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere).
Il capo della polizia [(questore)] pu? inviare loro un’intimazione (diffida) (…)
(…)
47. (…)
48. (…) l’articolo 3 permette di porre [un tale individuo] sotto la sorveglianza speciale della polizia, sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, abbinata all’occorrenza o dall’interdizione di soggiornare in tale (i) comune(i) o provincia(e) o, se presenta un pericolo particolare (particolare pericolosit?) di un’assegnazione a residenza in un comune determinato (obbligo del soggiorno in un determinato comune).
Queste misure appartengono alla competenza esclusiva del tribunale del capoluogo della provincia, quale li prende sulla base di una proposta motivata di cui egli [questore] investe il suo presidente (articolo 4, primo capoverso,). Il tribunale delibera nei trenta giorni, in camera del consiglio e per una decisione (provvedimento) motivata, dopo avere sentito il ministero pubblico e l’interessato che possono presentare delle memorie e farsi assistere da un avvocato o procuratore legale (articolo 4, secondo capoverso).
La procura e l’interessato possono interporre appello nei dieci giorni, senza effetto sospensivo; riunendosi in camera del consiglio, la corte di appello tronca nei trenta giorni per una decisione (decreto) motivata (articolo 4, quinto e sesto capoverso). Questa ? al suo turno suscettibile, nelle stesse condizioni, di un ricorso sul quale la Corte di cassazione si pronuncia in camera del consiglio nei trenta giorni (articolo 4, settimo capoverso,).
49. Quando adotta una delle misure enumerate all’articolo 3, il tribunale ne precisa la durata – non meno di un anno n? pi? di cinque (articolo 4, quarto capoverso) – e fissa le regole da osservare per la persona in questione (articolo 5, primo capoverso,).
(…)
2. La legge del 31 maggio 1965
17. In quanto alla legge no 575 del 31 maggio 1965 (“la legge del 1965”), completa quella del 1956 per le clausole dirette contro la mafia (disposizioni contro la mafia). Secondo il suo articolo 1, vale per le persone – tale il Sig. Raimondo – di cui rivelano l’appartenenza ai gruppi “mafiosi” (indiziati di appartenere ad associazioni mafiose).
18. La legge no 646 del 13 settembre 1982 (“la legge del 1982”) ha rinforzato la legislazione che precede. Ha introdotto in particolare nella legge del 1965 un articolo 2 ter. Prevede differenti mezzi da utilizzare durante il procedimento relativo all’applicazione delle misure di prevenzione che la legge del 1956 permette di prendere contro una persona sospettata di appartenere alle tali associazioni:
“(…) il tribunale, all’occorrenza di ufficio, ordina per decisione motivata il sequestro dei beni di cui la persona contro la quale il procedimento ? stato impegnato dispone direttamente o indirettamente, quando c’? luogo di stimare, sulla base di indizi sufficienti, come la sproporzione considerevole tra i treni di vita ed i redditi apparenti o dichiarati, che questi beni costituiscono il prodotto di attivit? illecite o la sua riutilizzazione.
Applicando la misura di prevenzione, il tribunale ordina la confisca dei beni sequestrati di cui la provenienza legittima non ? stata dimostrata. Nel caso di inchieste complesse, la misura pu? essere presa anche ulteriormente, ma non al di l? di un anno a contare della data del sequestro.
Il tribunale revoca il sequestro quando la domanda di applicazione della misura di prevenzione ? respinta o che la provenienza legittima dei beni ? dimostrata.”
B. La giurisprudenza relativa all’applicazione delle misure di prevenzione, particolarmente patrimoniali,
19. Nel suo rapporto (paragrafo 43), la Commissione d? in materia un’idea della giurisprudenza:
“(…) L’esistenza di misure di prevenzione non ? in s? contraria alla Costituzione italiana. La Corte costituzionale ha indicato che il loro fondamento risiede nel bisogno di garantire lo svolgimento ordinato e pacifico dei rapporti sociali, non solo per il sistema delle norme che reprimono gli atti illeciti, ma anche per le disposizioni destinate a prevenire il rischio dei tali atti (Corte costituzionale [C.C], sentenze no 27 di 1959 e no 23 del 1964).
A causa della finalit? che ? loro propria, le misure di prevenzione non si riferiscono al compimento di un atto illecito determinato, ma ad un insieme di comportamenti che costituiscono la condotta che la legge erige in segno di un pericolo sociale (C.C, sentenza no 23 del 1964.
Ne risulta che, nell’ordine giuridico italiano, la sanzione penale e la misura di prevenzione differiscono sostanzialmente: una costituisce una reazione contro un atto che ha violato il diritto e ha prodotto le sue conseguenze; l’altro consiste in un mezzo di evitare che un tale atto non abbia luogo.
In altri termini, la sanzione corrisponde ad un’infrazione gi? commessa, mentre la misura di prevenzione mira a rimediare il pericolo con infrazioni future (vedere, mutatis mutandis, C.C, sentenza no 53 di 1968, concernente le misure di sicurezza).
(…)
La differenza di natura tra sanzioni penali e misure di prevenzione ha per conseguenza che i principi costituzionali a cui i primi devono ispirarsi, non si applicano tutti necessariamente ai secondi. Cos?, la presunzione di non-colpevolezza stabilita dall’articolo 27 della Costituzione non riguarda le misure di prevenzione che non si basano sulla responsabilit? penale o sulla colpevolezza dell’interessato (C.C, sentenza no 23 del 1964).
Parimenti, queste misure non dipendono dal campo dell’articolo 25 capoverso 2 della Costituzione che prevede la non-retroattivit? delle disposizioni penali. La violazione di questo ultimo principio ? stata addotta parecchie volte dinnanzi alla Corte di cassazione in relazione con la misura di confisca prevista all’articolo 2 ter della legge del 1965. [Suddetta] corte ha, da una parte, affermato che [il] principio non ? applicabile alle misure di prevenzione (vedere, per esempio, Corte di cassazione – [Cass] -, sentenza Piraino del 30 gennaio 1985). D?altra parte, non ha mancato di sottolineare che in realt? la disposizione criticata non ? retroattiva, perch? si riferisce ai beni di cui la persona mirata dispone nel momento in cui la confisca ? ordinata (Cass, sentenza Oliveri del 12 maggio 1986) ed all’uso illecito di questi beni dopo la sua entrata in vigore (Cass, sentenza Pipitone del 4 gennaio 1985).
Malgrado questi limiti, le misure di prevenzione non sfuggono ad un controllo di costituzionalit? estesa.
Fin da 1956, la Corte costituzionale aveva affermato che in nessun caso una restrizione del diritto alla libert? non pu? avere luogo se non ? previsto dalla legge, se un procedimento regolare non ? stato impegnato a questo fine e se non c’? una decisione giudiziale che ne d? i motivi (C.C, sentenza no 11 del 1956).
Aveva, in seguito, sottolineato che le misure di prevenzione non possono essere adottate sulla base dei semplici sospetti e possono essere giustificate solamente se si fondano sull’instaurazione ed la valutazione di fatti obiettivi a cui appatengono il comportamento ed il treno di vita della persona mirata (C.C, sentenza no 23 del 1964).
Ha, pi? recentemente, confermato che la costituzionalit? delle misure di prevenzione resta subordinata al rispetto del principio di legalit? ed all’esistenza di una garanzia giurisdizionale. Le due condizioni sono, inoltre, legate strettamente. Cos?, la legge non pu? limitarsi ad indicare dei criteri di pericolo vaghi; lei deve descriverli con sufficiente precisione, altrimenti il diritto ad un giudice ed ad un procedimento contraddittorio non avrebbe senso (C.C, sentenza no 177 del 1980).
La giurisprudenza della Corte di cassazione ?, a questo riguardo, completamente in accordo con quella della Corte costituzionale ed afferma molto chiaramente che il procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione deve svolgersi in modo contraddittorio e nel rispetto dei diritti della difesa, la violazione di questi diritti che portano la nullit? del procedimento (vedere Cass per esempio) sentenza no 1255 del 29 giugno 1984 nella causa Santoro).
In quanto alle misure di sequestro e di confisca previsto all’articolo 2 ter della legge del 1965, la Corte di cassazione ha respinto diverse lagnanze di incostituzionalit?. Ha constatato in particolare che la presunzione concernente la provenienza illecita dei beni delle persone sospettate di appartenere ai gruppi di tipo mafioso non cozza contro l’articolo 24 della Costituzione che garantisce i diritti della difesa, perch? la confisca non pu? avere luogo che in presenza di indizi sufficienti concernenti la provenienza illecita dei beni sequestrati e nella mancanza di affermazioni che li annullano (Cass, sentenza Pipitone precitato).
(…)
In quanto alla compatibilit? delle misure di sequestro e di confisca col diritto al libero esercizio delle attivit? economiche private ed al diritto al rispetto della propriet? privata (articoli 41 e 42 della Costituzione) la Corte di cassazione non ha mancato di sottolineare che questi diritti non sono assoluti e possono essere limitati in funzione dell’interesse generale. Ne va cos? quando si tratta di beni di provenienza illecita o del loro uso (Cass, sentenze Oliveri e Pipitone precitati).
(…)
20. In un avviso no 1489/86 del 18 novembre 1986, il Consiglio di stato ha affermato che “la confisca, sebbene per definizione permetta allo stato di acquisire un bene, non basta a trasferire la propriet? ai poteri pubblici “. Ancora occorre che la decisione che l’ordina sia irrevocabile (tribunale di Palermo) ordinanza del 19 aprile 1989.
PROCEDIMENTO DINNANZI ALLA COMMISSIONE
21. Il Sig. R. ha investito la Commissione il 23 aprile 1987. Si lamentava: a) dell’illegalit? e della durata della sua detenzione, articolo 5 paragrafi 1 e 3 della Convenzione, (art. 5-1, articolo 5-3); b) della lunghezza dei diversi procedimenti ad esso concernente ed in particolare dei perseguimenti penali, articolo 6 paragrafo 1, (art. 6-1); c) dell’incomprensione del diritto alla presunzione di innocenza a causa dell’applicazione di misure di prevenzione, articolo 6 paragrafo 2, (art. 6-2); d) dell’obbligo di versare una cauzione per garantire il rispetto delle suddette misure, articolo 1 del Protocollo no 4, (P4-1); e) di un attentato ai suoi beni causato dal sequestro e la confisca di certi di essi, articolo 1 del Protocollo no 1, (P1-1); e f) della privazione del suo diritto di circolare liberamente, articolo 2 del Protocollo no 4, (P4-2).
22. Il 6 dicembre 1991, la Commissione ha considerato la richiesta, no 12954/87, in quanto alle lagnanze derivate del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni, alla libert? di circolazione ed ad una decisione in un termine ragionevole sull’applicazione di misure di prevenzione; l’ha dichiarata irricevibile per il surplus. Nel suo rapporto del 21 ottobre 1992 (articolo 31) (art. 31) conclude:
– alla non-violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) in quanto al sequestro (diciotto voci contro una9 e la confisca (sedici voci contro tre) dei beni dell’interessato fino al 31 dicembre 1986, cos? come ai danni che risultano dalla gestione dei beni in questione fino a questa data (diciotto voci contro una);
– alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) in ci? che la confisca dei nove immobili e di un camion aveva esposto i suoi effetti al di l? del 31 dicembre 1986 (unanimit?);
– alla violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 4 (P4-2), a causa della privazione del diritto di circolare subita liberamente dal richiedente dal 4 luglio al 20 dicembre 1986 (unanimit?);
– alla non-violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 (art. 6-1) del capo della durata del procedimento di sequestro e di confisca (unanimit?).
Il testo integrale del suo avviso e dell’opinione dissidente che l? accompagna figura qui acclusa con la presente sentenza *.
CONCLUSIONI PRESENTATE ALLA CORTE DAL GOVERNO
23. Nel suo esposto, il Governo ha pregato la Corte “di volere cortesemente dire e giudicare che non ivi abbia avuto infrazione n? alla Convenzione n? ai Protocolli numero 1 e 4.”
IN DIRITTO
I. Sulla Violazione Addotta Dall’articolo 1 Del Protocollo No 1 (P1-1)
24. Il Sig. R. si lamenta del sequestro, il 13 maggio 1985, di sedici immobili e sei veicoli, cos? come della confisca di parecchi di essi, ordinata il 16 ottobre 1985, paragrafo 13 sopra. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), cos? formulato,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe.”
25. Per determinare se le misure incriminate rilevano dalla regolamentazione di “l’uso dei beni”, al senso del secondo capoverso, o si analizzano in una privazione di propriet? allo sguardo del primo, la Corte esaminer? la questione di accesso della loro applicazione fino al 31 dicembre 1986, quando la decisione della corte di appello di Catanzaro divent? definitiva (paragrafo 14 sopra) poi quella del mantenimento ulteriore della loro iscrizione nei registri pubblici ( paragrafo 15 sopra).
A. L’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale fino al 31 dicembre 1986
26. Il Governo non contesta che ci sia stata ingerenza nel diritto dell’interessato al rispetto dei suoi beni. Sostiene tuttavia che il sequestro e la confisca attingevano la loro giustificazione nelle eccezioni che l’articolo 1 (P1-1) permette di portare al principio enunciato nella sua prima frase.
1. Il sequestro
27. Con la Commissione, la Corte constata che il sequestro era previsto dall’articolo 2 ter della legge del 1965 (paragrafo 18 sopr) e cercava non a privare il richiedente dei suoi beni, ma solamente ad impedirlo di usarne; di conseguenza, ? il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) che si applica qui.
Inoltre, il Sig. R. non pretende che sia stato irragionevole per il tribunale concludere, il 13 maggio 1985, all’esistenza di indizi sufficienti per mostrare che i beni investiti costituivano il prodotto di attivit? illegali o la sua riutilizzazione; si lamenta piuttosto che una misura tanto radicale sia stata presa a questo stadio del procedimento. Il sequestro autorizzato dall’articolo 2 ter della legge del 1965 si analizza tuttavia, manifestamente in una misura provvisoria che risponde all’occorrenza di assicurare la confisca eventuale di beni che sembrano il frutto di attivit? illegali al danno della collettivit?. L’interesse generale giustificava dunque l’ingerenza controversa che non si poteva all’epoca, tenuto conto del potere economico molto pericoloso di una “organizzazione” come la mafia, non considerare come sproporzionata allo scopo perseguito.
Pertanto, nessuna violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non si trova invalso su questo punto.
2. La confisca
28. Secondo il richiedente, anche se si ammette che la confisca non lo privava della propriet? dei suoi beni, l’iscrizione nei registri pubblici rappresentava una forma di esecuzione della misura prima di ogni decisione sul suo appello.
29. Sebbene comporta una privazione di propriet?, la confisca di beni non rileva necessariamente dalla seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) (sentenze Handyside ed AGOSI c. Regno Unito del 7 dicembre 1976 e 24 ottobre 1986, serie a no 24, p. 30, paragrafo 63, e no 108, p. 17, paragrafo 51).
Secondo la giurisprudenza italiana, una confisca del genere di cui si tratta non poteva del resto provocare un trasferimento di propriet? al profitto dello stato che in seguito ad una decisione irrevocabile (paragrafo 20 sopra). Ora non ce ne era occorrenza poich? il Sig. Raimondo aveva attaccato l’ordinanza del tribunale di Catanzaro, del 16 ottobre 1985 (paragrafo 13 sopra). ? l? anche, dunque il secondo capoverso dell’articolo 1 (P1-1) che entra in gioco.
30. Col Governo e la Commissione, la Corte nota che la confisca – prevista lei anche per l’articolo 2 ter della legge del 1965 – serviva un scopo di interesse generale: impedire che l’uso dei beni riguardati non procurasse al richiedente, o all’associazione di malfattori alla quale si sospettava appartenesse, dei benefici allo scapito della collettivit?.
La Corte non ignora le difficolt? incontrate dallo stato italiano nella lotta contro la mafia. Grazie alle sue attivit? illegali, in particolare il traffico di stupefacenti, ed ai suoi legami internazionali, questa “organizzazione” prepara delle enormi quantit? di denaro investito poi, tra altri, nel settore immobiliare. Destinata a bloccare dei tali movimenti dei capitali sospetti, la confisca costituisce un’arma efficace e necessaria per combattere il flagello. Appare proporzionata all’obiettivo ricercato dunque, tanto pi? che non comporta in realt? nessuna restrizione addizionale rispetto al sequestro.
Infine, il carattere preventivo della confisca ne giustifica l’applicazione immediata nonostante ogni ricorso.
In conclusione, lo stato convenuto non ha superato il margine di valutazione predisposta dal secondo capoverso dell’articolo 1 (P1-1).
3. La sorveglianza dei beni sequestrati o confiscati
31. Affidandosi sempre sull’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1), il Sig. Raimondo adduce che mancando di una vera sorveglianza da parte della polizia municipale, i beni colpiti dalle misure di prevenzione patrimoniale subirono ogni tipo di atti di vandalismo.
32. Il Governo lo contesta. Tenuto conto del loro statuto – si tratterebbe di agenti di suddetta polizia designata dall’autorit? giudiziale -, i custodi non meriterebbero nessuno rimprovero di negligenza. Inoltre, il legislatore sarebbe intervenuto nel 1989 per regolamentare la materia, da una parte proteggendo gli interessi degli individui di cui i beni sequestrati sono restituiti, d?altra parte indicando la destinazione di utilit? pubblica dei beni sequestrati definitivamente confiscati.
33. Con la Commissione, la Corte rileva che ogni sequestro o confisca provocano per natura dei danni. Secondo la Commissione, le affermazioni del richiedente non forniscono una base abbastanza chiara affinch? si possa ricercare se il danno effettivamente subito nello specifico ha superato i limiti dell’inevitabile. Il richiedente non avendole comunicato dati pi? precisi, la Corte pu? seguire solamente la Commissione e pu? concludere che una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non si trova di pi? invalsa su questo punto.
B. Il mantenimento dell’iscrizione delle misure controverse nei registri pubblici al di l? del 31 dicembre 1986
34. Secondo il richiedente, le autorit? competenti tardarono a mettere ad esecuzione la decisione della corte di appello di Catanzaro, del 4 luglio 1986.
35. Il Governo afferma che i beni mobili ed immobili furono resi il 2 febbraio 1987, due mesi solamente dopo il deposito di suddetta decisione alla cancelleria. Certo, le formalit? relative all’iscrizione nei registri pubblici della levata delle misure controverse chiesero un certo tempo, ma il Sig. Raimondo avrebbe potuto e dovuto rivolgersi al servizio competente producendo una copia dell’atto di revoca. L’articolo 619 del vecchio codice di procedimento penale, invocato all’udienza dal suo consigliere, non si applicherebbe perch? riguardava esclusivamente la levata, da parte del ministero pubblico, di ipoteche o sequestri ordinati per garantire il pagamento dei debiti di un incolpato dopo la sua condanna (onere di giudizio, multa ed onere di soggiorno in prigione).
36. La Corte nota al primo colpo che la restituzione dei beni si oper? il 2 febbraio 1987, due mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello. Lei deve tuttavia determinare se il mantenimento dell’iscrizione costitu? un attentato al diritto protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
La questione invoca una risposta negativa per gli immobili sequestrati il 13 maggio 1985 e tre dei veicoli confiscati il 16 ottobre 1985, perch? l’iscrizione ebbe luogo fin dal 2 e 10 febbraio 1987(paragrafo 15 sopra). Non ne va parimenti del camion e dei nove immobili confiscati il 16 ottobre 1985: l’iscrizione si fece solamente il 10 luglio 1987 per il primo, e dopo il 9 agosto 1991 per i secondi (paragrafo 15 sopra).
Non appartiene alla Corte di valutare chi avrebbe dovuto nello specifico prendere delle misure o delle iniziative. Tuttavia, e nonostante le ragioni avanzate dal Governo, la responsabilit? dell’autorit? pubblica si trovava impegnata; si vede male perch? si ? dovuto aspettare, rispettivamente, pi? di sette mesi (2 dicembre 1986 – 10 luglio 1987) e di quattro anni ed otto mesi (2 dicembre 1986 – 9 agosto 1991) per vedere regolarizzare lo statuto giuridico di una parte dei beni del Sig. R., mentre la corte di appello di Catanzaro aveva ordinato la restituzione di tutti gli averi all’avente diritto “dopo radiazione delle iscrizioni effettuate”, previa cancellazione delle formalit? concernenti l’eseguite trascrizioni.
Di pi?, l’ingerenza in questione non era n? “prevista dalla legge”, n? necessaria “per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale”, al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1).
Pertanto, c’? stata violazione di questo testo.
II. Sulla Violazione Addotta Dall’articolo 2 Del Protocollo No 4 (P4-2)
37. Secondo il richiedente, il suo investimento sotto la sorveglianza speciale della polizia ha ignorato l’articolo 2 del Protocollo no 4 (P4-2), ai termini del quale
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolare ivi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
(…)
3. L’esercizio di questi diritti non pu? essere oggetto di altre restrizioni che queste che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una societ? democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui.
(…)
38. Il Governo combatte questa tesi. Adottata in camera del consiglio, la decisione che revoca la sorveglianza speciale non avrebbe acquisito un valore giuridico, ai termini della legge che col suo deposito alla cancelleria, il 2 dicembre 1986; fino l?, rimaneva un “fatto puramente interno.” Non si saprebbe rimproverare alla corte di appello di Catanzaro di non averla presa nel termine di trenta giorni, fissato dall’articolo 4 della legge del 1956: non rivestirebbe un carattere imperativo.
39. La Corte constata prima che in dispetto dell’affermazione contraria del richiedente, la misura controversa non provoc? una privazione di libert? al senso dell’articolo 5 paragrafo 1 (art. 5-1) della Convenzione; le semplici restrizioni alla libert? di circolare risultante della sorveglianza speciale ubbidiscono all’articolo 2 del Protocollo no 4 (P4-2) (sentenza Guzzardi c. Italia precitata, p. 33, paragrafo 92).
Tenuto conto della minaccia rappresentata dalla mafia per la “societ? democratica”, questa stessa misura era inoltre necessaria “al mantenimento dell’ordine pubblico”, cos? che “alla prevenzione delle infrazioni penali”, e particolarmente proporzionate allo scopo perseguito, fino al momento dove la corte di appello di Catanzaro si risolse, il 4 luglio 1986, a revocarla (paragrafo 14 sopra).
Resta il periodo che va dal 4 luglio al 20 dicembre 1986, data della notificazione al richiedente (ibidem). Anche ammesso che suddetta decisione, adottata a porte chiuse, non poteva avere valore giuridico prima del suo deposito alla cancelleria, la Corte discerne male perch? occorse quasi cinque mesi per redigere immediatamente i motivi di un atto esecutivo e concernente un diritto fondamentale, la libert? di andare e venire del richiedente; questo non fu informato della revoca del resto che al termine di diciotto giorni.
40. La Corte conclude che al meno del 2 al 20 dicembre 1986 l’ingerenza in questione non era n? prevista dalla legge n? necessaria, cos? che c’? stata violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 4 (P4-2).
III. Sulla Violazione Addotta Dall’articolo 6 Paragrafo 1 (articolo 6-1) Della Convenzione,
41. Il Sig. Raimondo si lamenta infine della durata del procedimento relativo al suo ricorso contro la confisca e la sorveglianza speciale. Invoca l’articolo 6 paragrafo 1( articolo 6-1) della Convenzione, cos? formulata,:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che decider?, o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile, o del bene-fondato di ogni accusa in materia penale diretta contro lei”
42. Il periodo da considerare ? cominciato il 16 ottobre 1985, data alla quale il tribunale di Catanzaro ordin? le misure incriminate (paragrafo 13) per concludersi il 31 dicembre 1986, quando la decisione della corte di appello divent? definitiva. Si dilunga cos? su un anno, due mesi e due settimane.
43. Col Governo e la Commissione, la Corte stima che la sorveglianza speciale non saprebbe confrontarsi ad una pena perch? mira ad impedire il compimento di atti criminali; il procedimento ivi relativa non verte dunque sul “bene-fondato” di una “accusa in materia penale”( sentenza Guzzardi precitato, p. 40, paragrafo 108).
In quanto alla confisca, egli cerca di rilevare che l’articolo 6 (art. 6) applicati ad ogni azione che ha un oggetto “patrimoniale” e basandosi su un attentato addotto ai diritti essi stessi patrimoniali (sentenza Edizioni Periscopio c. Francia del 26 marzo 1992, serie a no 234-B, p. 66, paragrafo 40). Ora tale era il caso nello specifico.
44. Avuto tuttavia riguardo al fatto che due giurisdizioni ebbero a conoscere della controversia, la Corte non trova irragionevole la durata totale del procedimento (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Salerno c. Italia del 12 ottobre 1992, serie a no 245-D, p. 56, paragrafo 21).
Pertanto, non c’? stata violazione dell’articolo 6 paragrafo 1 ( art. 6-1).
IV. Sull’applicazione Dell’articolo 50 (art. 50) Della Convenzione,
45. Ai termini dell’articolo 50 (art. 50) della Convenzione,
“Se la decisione della Corte dichiara che una decisione presa o una misura ordinata da un’autorit? giudiziale o tutta altra autorit? di una Parte Contraente si trovano interamente o parzialmente in opposizione con gli obblighi che derivano dalla Convenzione, e se il diritto interno di suddetta Parte permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze di questa decisione o di questa misura, la decisione della Corte accorda, se c’? luogo, alla parte lesa una soddisfazione equa”.
A. Danno
46. Il Sig. R. richiede, senza valutarla, un’indennit? per danno materiale e morale. L?arresto dei suoi cantieri, conseguente alla confisca dei suoi beni, e le modalit? difettose della guardia di questi avrebbero causato degli importanti deterioramenti agli immobili ed ai veicoli. L’applicazione della sorveglianza speciale avrebbe reso ardua i suoi spostamenti ed impossibile il seguito della sua impresa. Inoltre, il ritardo ad iscrivere la levata della confisca avrebbe destinato al fallimento ogni tentativo di alienazione dei beni riguardati, contribuendo in questo modo ad aggravare gi? un indebitamento pesante.
47. Secondo il Governo, l’interessato non ha dimostrato l’esistenza di un danno materiale che deriva delle violazioni addotte. In quanto al preteso torto morale, una semplice constatazione di trasgressione fornirebbe all’occorrenza una soddisfazione equa sufficiente.
48. Il delegato della Commissione stima che il richiedente ha subito certamente un danno materiale e morale. Trova tuttavia difficile di pronunciarsi, mancanza di domanda precisa.
49. La Corte scosta le pretese per danno materiale perch? sono formulate in termini troppo vaghi e gli elementi della pratica non permettono di chiarire la questione. Considera in compenso che il Sig. Raimondo ha sofferto un certo torto morale per il quale gli concede 10 000 000 lire italiane.
B. Oneri e spese
50. All’udienza, il consigliere del richiedente ha sollecitato il rimborso di 10 552 325 lire (tassa sul valore aggiunto compresa) a titolo degli oneri e spese esposte dinnanzi agli organi della Convenzione.
51. Il Governo se ne rimette alla saggezza della Corte, ma secondo lui la somma da accordare dovrebbe essere proporzionata alla percentuale di successo eventuale della richiesta dell’interessato.
In quanto al delegato della Commissione, non esprime di opinione.
52. Tenuto conto del rigetto di certe delle lagnanze del Sig. Raimondo, la Corte, sulla base degli altri dati in suo possesso e della sua giurisprudenza in materia, assegna a questo 5 000 000 lire.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dice che nessunaviolazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (P1-1) non si trova invalsa in quanto al sequestro ed alla confisca di beni del richiedente fino al 31 dicembre 1986 n? in quanto ai danni provocati da suddette misure;
2. Dice che c’? stata incomprensione dello stesso articolo (P1-1) per cui la confisca, il 16 ottobre 1985, di un camion e dei nove immobili ? rimasta iscritta nei registri pubblici al di l? del 31 dicembre 1986 e che nessuna altra violazione di questo testo non si trova invalsa;
3. Dice che c’? stata infrazione all’articolo 2 del Protocollo no 4 (P4-2) per tanto almeno che la sorveglianza speciale dell’interessato per la polizia ? continuata dopo il 2 dicembre 1986;
4. Dice che l’articolo 6 ( art.6) della Convenzione non si applica a suddetta sorveglianza speciale;
5. Dice che non c’? stata violazione di questa disposizione in quanto alla durata del procedimento di confisca;
6. Dice che lo stato convenuto deve versare al Sig. Raimondo, nei tre mesi, 10 000 000, dieci milioni, lire italiane per torto morale e 5 000 000, cinque milioni, per oneri e spese,;
7. Respinge le domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatta in francese ed in inglese, poi pronunciata in udienza pubblica al Palazzo dei Diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 22 febbraio 1994.
Rolv RYSSDAL
Presidente
Marc-Andr? EISSEN
Cancelliere
* Nota del cancelliere: La causa porta il n? 1/1993/396/474. Le prime due cifre ne indicano il posto nell’anno di introduzione, le due ultime il posto sull’elenco delle immissione nel processo della Corte dall’origine e su quelle delle richieste iniziali (alla Commissione) corrispondenti.
* Nota del cancelliere: per le ragioni di ordine pratico non vi figurer? che nell’edizione stampata (volume 281-a della serie A delle pubblicazioni della Corte), ma la si pu? procurare presso la cancelleria.
MALONE C. GIUDIZIO DEL REGNO UNITO
SENTENZA RAIMONDO C. ITALIA
SENTENZA RAIMONDO C. ITALIA