QUINTA SEZIONE
CAUSA R.P. c. FRANCIA
( Richiesta no 10271/02)
SENTENZA
STRASBURGO
21 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa R.P. c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Renate Jaeger, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 10271/02) diretta contro la Repubblica francese e in cui un cittadino di questo Stato, R.P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 9 novembre 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). È stato fatto diritto alla richiesta di non-divulgazione di identità formulata dal richiedente (articolo 47 § 3 dell’ordinamento).
2. Il richiedente è rappresentato da A. G., avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente si lamentava, allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, della perdita del suo esercizio, così come della speranza legittima di proseguire lo sviluppo agricolo e viticolo della sua tenuta. Criticava in particolare l’inoperosità dello stato che non è intervenuto per fare cessare un’occupazione illegale dal 1993 e constatata dai suoi servizi, nonostante una misura giudiziale di sfratto. Il richiedente si lamentava anche, sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, di essere stato privato del godimento del suo domicilio in ragione dell’occupazione illegale della sua tenuta.
4. Con una decisione del 3 luglio 2007, la Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile.
5. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente, R.P, è un cittadino francese, nato nel 1932 e residente a Perpignan.
7. Ha vissuto dal 1932 al 1962 in Algeria. In seguito agli avvenimenti sopraggiunti in questo paese, beneficiando del dispositivo previsto dalla legge del 26 dicembre 1961, relativa all’accoglimento ed alla nuova stabilizzazione dei francesi di oltremare, si stabilì in Corsica.
8. Nel marzo 1965, il richiedente acquisì delle terre di macchia, che riuscì a convertire in una tenuta agricola e viticola, nella località Albarreto, nel comune di Linguizetta. L’esercizio comprende trentasei ettari di terre irrigabili, degli edifici, una cantina viticola di 10 000 ettolitri e del materiale agricolo.
9. Nell’aprile 1993, il richiedente dovette tornare in città per ragioni familiari e l’esercizio, affidato alla custodia di un operaio agricolo, non fu più tenuto a contare da questa data.
10. Il 18 settembre 1993, degli individui, membri del Coordinamento rurale poi del Sindacato corso dell’agricoltura, occuparono illegalmente il terreno, per permettere l’insediamento di J.S.S, allevatore di bestiame della regione. Questa occupazione fu seguita da un certo numero di reati, in particolare dalla degradazione della cantina viticole, i lavori di rimessa in stato essendo stimati a più di 200 000 euro, ed il furto della totalità del materiale agricolo, di un valore di 300 000 euro. Il richiedente precisa che i suoi differenti tentativi per riprendere possesso della libera proprietà dei suoi beni hanno incontrato numerose difficoltà e minacce nel contesto insulare specifico alle rivendicazioni nazionaliste di certi militanti indipendentisti. Questa situazione fu molte volte denunciata ai poteri pubblici da associazioni (Casa degli agricoltori francesi dell’Algeria, Comitato di collegamento delle associazioni nazionali dei rimpatriati, Confederazione dell’assembramento e coordinamento unitario dei rimpatriati e spogliati).
11. Con una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno dell’ 11 ottobre 1993, il richiedente depositò querela presso il procuratore della Repubblica, presso la corte d’appello di Bastia contro il presidente del Coordinamento rurale e ogni altro occupante dei luoghi.
12. Il 18 novembre 1993, il richiedente si presentò alla squadra della polizia di Aléria per riferire i fatti relativi all’occupazione e chiedere l’evacuazione dalla sua proprietà e la rimessa in stato dei luoghi. Precisò che i passi erano stati intrapresi dagli occupanti per incontrarlo e ricomprargli la sua proprietà ad un prezzo irrisorio. Confermò la sua querela. Dopo l’ascolto dell’occupante il 13 dicembre 1993, un verbale di informazioni giudiziali ed amministrative relativo a queste dichiarazioni, a quelle dell’occupante ed alla situazione generale fu redatto dalla polizia ed indirizzato al procuratore della Repubblica di Bastia, così come al viceprefetto di Corte, il 24 dicembre 1993.
13. Il 7 aprile, 17 e il 26 maggio 1994, il richiedente scrisse al prefetto dell’Alta – Corsica per richiedere il suo aiuto in vista di fare cessare l’occupazione della sua proprietà. Nella sua lettera del 26 maggio, informò il prefetto delle minacce di cui l’operaio agricolo normalmente incaricato della custodia sarebbe stato oggetto per ottenere la sua partenza.
14. Il 30 maggio 1994, depositò denuncia a Perpignan per furto nella sua residenza situata nella tenuta corsa. Questo denuncia fu trasmessa al procuratore della Repubblica presso la corte d’appello di Perpignan.
15. In una lettera del 18 luglio 1994, il richiedente si rivolse al procuratore generale presso la corte di appello di Bastia per reiterare la sua querela formulata il 11 ottobre 1993 e confermata il 18 novembre 1993.
16. Il 9 agosto 1994, il richiedente depositò denuncia per furto con effrazione di cinque trattori ed altri materiali agricoli nella sua tenuta. Il 13 settembre e il 14 ottobre 1994, depositò denuncia per svaligiamento e furto con effrazione commessi nella sua residenza il 10 settembre 1994. Queste denuncie furono trasmesse al procuratore della Repubblica presso la corte d’appello di Perpignan, eccetto quella del 14 ottobre che fu depositata ad Aléria e trasmessa al procuratore di Bastia.
17. Il 6 febbraio 1996, il richiedente scrisse al procuratore della Repubblica di Bastia per sollecitare il suo intervento e depositare denuncia contro X per furto di un contenitore di vino e contro J.S.S. per attentato alla sua proprietà immobiliare, pascolo indebito sul suo terreno e violazione del suo diritto di proprietà.
18. Con atto di ufficiale giudiziario del 30 gennaio 1997, il richiedente fece citare J.S.S. per sfratto.
19. Il 19 febbraio 1997, il giudice del consiglio della corte d’appello di Bastia ordinò lo sgombero della tenuta del richiedente da parte J.S.S. nei seguenti termini:
“Ordiniamo lo sgombero da parte di [J.S.S] degli appezzamenti di terre ubicati sul territorio del comune di Linguizetta (Alta – Corsica), denominate Tenuta di Albaretto e di cui [il richiedente] è proprietario, nel termine di un mese a contare dalla notifica della presente ordinanza e sotto penale di Mille Franchi (1 000 F) al giorno di ritardo, passato questo termine, “
20. L’occupante, J.S.S, interpose appello, menzionando un accordo verbale col richiedente e, sussidiariamente, chiedendo la riduzione della penale tenuto conto della sua buona fede, pure invocando dei passi presso la Società di pianificazione fondiaria e di determinazione rurale (Safer) ed un procedimento teso a fare riconoscere lo stato di mancanza di coltura degli appezzamenti. Il richiedente, in un appello incidentale, chiese che lo sfratto venisse ordinato col concorso della forza pubblica, così come il mantenimento della penale, oltre una somma mensile di quindicimila franchi a titolo di indennità di occupazione a contare dalla sentenza d’intervento.
21. Il richiedente depositò di nuovo denuncia per furto il 9 agosto 1997.
22. Il 7 aprile 1998, il prefetto dell’Alta – Corsica prese un’ordinanza riguardante la carenza del proprietario a sfruttare un fondo agricolo e l’ attribuzione del fondo a J.S.S.
23. Il 9 aprile 1998, la corte di appello di Bastia confermò la decisione del 19 febbraio 1997, ordinando il concorso della forza pubblica. Giudicò che J.S.S. era un occupante senza né diritto né titolo e che c’era luogo di confermare la decisione intrapresa ordinando tuttavia il concorso della forza pubblica e ricordando che le decisioni in materia di camera di consiglio sono esecutive di pieno diritto e a titolo provvisorio “.
24. Con un giudizio dell’ 8 ottobre 1998, dopo immissione nel processo del 20 maggio 1998, il tribunale amministrativo di Bastia annullò l’ordinanza prefettizia del 7 aprile 1998 per eccesso di potere.
25. Il 24 maggio 2000, il richiedente depositò denuncia per furto. Il 21 giugno 2000, depositò denuncia per distruzione con incendio di un locale agricolo intervenuto la vigilia. Queste denuncie, trasmesse al procuratore della Repubblica presso la corte d’appello di Perpignan, non ebbero seguito.
26. Un verbale della polizia fu preparato il 19 settembre 2007. Ne risulta che il sindaco del comune sul quale si trovano i terreni del richiedente ha confermato l’occupazione illegale del terreno, pure precisando che non è durata molto tempo e che i terreni erano da molto incolti. Peraltro, ne risulta che l’ufficiale di polizia giudiziale constatò da solo che nessuna coltura né manutenzione sono state effettuati sugli appezzamenti del richiedente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
27. La Corte rinvia su questi punti alla causa Matheus c. Francia (no 62740/00, §§ 36-40, 31 marzo 2005).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
28. Il richiedente che si lamenta della perdita del suo esercizio e della speranza legittima di proseguire lo sviluppo agricolo e viticolo della sua tenuta, critica l’inoperosità dello stato che non è intervenuto per fare cessare un’occupazione illegale dal 1993 e constatata dai suoi servizi, nonostante una misura giudiziale di sfratto. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Tesi delle parti
1. Il Governo
29. Il Governo riconosce che le terre del richiedente erano occupate illegalmente, che i poteri pubblici non hanno messo fine a questa occupazione e che questa ha potuto causare dei dispiaceri al richiedente. Nota però che questa occupazione è intervenuta solamente dopo la partenza del richiedente verso la città nell’aprile 1993, e che le terre non erano sfruttate più al momento dell’insediamento degli occupanti nel settembre 1993. Il Governo rinvia anche al verbale della polizia di Aleria, datato 19 settembre 2007 e che ha prodotto dinnanzi alla Corte il 31 gennaio 2008 che dimostra che le terre del richiedente non sono più occupate da alcuni anni e che sono incolte.
30. Sottolinea che il richiedente disponeva di una decisione giudiziale che ordinava l’evacuazione della sua tenuta e che non ha sollecitato il concorso della forza pubblica. Non ha investito neanche le giurisdizioni amministrative per lamentarsi di un eventuale rifiuto ed ottenere un indennizzo. Il Governo ne conclude che il richiedente non può in queste condizioni avvalersi di una carenza o di una mancanza dell’amministrazione suscettibile di costituire una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
31. Il Governo aggiunge che se la giurisprudenza della Corte sui giudizi di sfratto riconosce la necessità di un’esecuzione veloce delle decisioni e del collocamento in opera del concorso della forza pubblica quando viene chiesto, non vieta ai poteri pubblici di tenere conto delle necessità dell’ordine pubblico per prestare o non il concorso della forza pubblica, purché dimostrino che questo rinvio dell’esecuzione è durato solamente il tempo necessario (Lunari c. Italia, no 21463/93, 11 gennaio 2001). Le autorità francesi hanno potuto differire alcuni sfratti per i motivi di ordine pubblico evidente, non superando il loro margine di valutazione, dunque come nello specifico, dal momento che dei rischi di scontri armati non erano ad escludere.
2. Il richiedente
32. Il richiedente rileva che il Governo non contesta i fatti ed i dispiaceri che hanno potuto causare l’occupazione illegale della sua proprietà. Afferma di avere chiesto il concorso della forza pubblica. Nota che il Governo limita, nelle sue osservazioni, la sua pretesa inoperosità alle sole inchieste che hanno seguito le azioni di distruzione, senza rispondere ai mezzi derivati dalla mancanza concreta e patrimoniale di protezione della sua proprietà.
33. Trattandosi della sentenza Lunari c. Italia, precitata, il richiedente stima che il Governo si accontenta di riferirsi alla nozione di ordine pubblico in modo declaratorio, senza precisare in che cosa le misure di protezione del suo diritto di proprietà avrebbero potuto recare offesa all’ordine pubblico, e senza principio di prova relativa ai “rischi di scontri armati” alla vista diversamente di “situazioni più gravi.” Aggiunge che a differenza della causa Lunari, non vi è nello specifico un rinvio all’esecuzione, ma un rifiuto totale di esecuzione. In quanto al tempo “rigorosamente necessario” affinché le autorità trovino una soluzione al problema, il richiedente rileva che è indeterminato e può durare parecchi anni in Corsica, oltre il fatto che il Governo è nell’impossibilità di rispondere alla condizione di “soluzione soddisfacente”.
34. Il richiedente invoca il beneficio della sentenza Matheus c. Francia, precitata, concernente il rifiuto di concorso della forza pubblica in un clima particolare di animosità a riguardo di certi proprietari cittadini. Stima infine che l’impatto della carenza dello stato sul godimento dei suoi beni gli ha fatto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo.
35. Concernente il verbale della polizia prodotto dal Governo, il richiedente avanza che questo documento non menziona nessuna data precisa di occupazione e che, spossessato materialmente della sua proprietà ed esposto all’azione militante dei nazionalisti corsi, è nell’impossibilità di inseguire una qualsiasi attività sulla sua proprietà.
B. Valutazione della Corte
36. Come nel causa Matheus, precitata, la Corte considera che il rifiuto di concorso della forza pubblica nello specifico non deriva dall’applicazione di una legge che dipende da una politica sociale ed economica nel campo, per esempio, dell’alloggio o dell’ accompagnamento sociale di inquilini in difficoltà, ma di una carenza delle autorità locali, ed in particolare del prefetto, addirittura di un rifiuto deliberato da parte di queste, nelle circostanze locali particolari e durante un lungo periodo, di prestare man-forte al richiedente per fare liberare le sue terre. Il difetto di esecuzione della sentenza del 9 aprile 1998 deve essere esaminato quindi alla luce della norma generale contenuta nella prima frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che enuncia il diritto al rispetto della sua proprietà.
37. La Corte ricorda, a questo riguardo, che l’esercizio reale ed efficace del diritto che questa disposizione garantisce non potrebbe difatti dipendere unicamente dal dovere dello stato di astenersi da ogni ingerenza e può esigere delle misure positive di protezione, particolarmente là dove esiste un legame diretto tra le misure che un richiedente potrebbe aspettarsi legittimamente delle autorità ed il godimento effettivo da parte di questo ultimo dei suoi beni (Öneryıldız c. Turchia [GC], no 48939/99, § 134, CEDH 2004-XII, e Matheus precitata, § 68).
38. Peraltro, composto con la prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, la preminenza del diritto, uno del principio fondamentali di una società democratica, inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, giustifica la sanzione di un Stato in ragione del rifiuto di questo di eseguire o di fare eseguire una decisione di giustizia (Katsaros c. Grecia, no 51473/99, § 43, 6 giugno 2002, e Georgiadis c. Grecia, no 41209/98, § 31, 28 marzo 2000).
39. La Corte prende nota delle osservazioni del Governo e rileva che dal 9 aprile 1998, data della misura giudiziale di sfratto, le autorità non hanno intrapreso niente per fare liberare le terre illegalmente occupate. Constata che il Governo non giustifica l’inoperosità delle autorità e si accontenta di fare riferimento, in modo generale e non sufficientemente circostanziale, a necessità di ordine pubblico ed ad un rischio di scontri armati.
40. Sebbene cosciente delle difficoltà incontrate dalle autorità francesi per rinforzare lo stato di diritto in Corsica, la Corte stima che gli argomenti avanzati nello specifico non potrebbero costituire un motivo legittimo serio e sufficiente per giustificare la carenza delle autorità che avevano l’obbligo di proteggere gli interessi patrimoniali del richiedente. Così, la Corte constata, contrariamente a ciò che il Governo sembra sostenere facendo riferimento alla causa Lunari, precitata, che le autorità non hanno soprasseduto all’esecuzione della misura giudiziale, né cercato un’altra soluzione per ovviare alla situazione, ma che hanno negato semplicemente di eseguirla. Il fatto che la durata dell’occupazione illegale non possa essere determinato con esattezza non è di natura tale da giustificare questo rifiuto. La Corte rileva del resto che non solo l’occupante illegale non è stato espulso, ma che ha beneficiato al contrario di un aiuto attivo del prefetto per spossessare il richiedente dei suoi terreni tramite un’ordinanza alla fine annullata dal giudice amministrativo (paragrafo 24 sopra).
41. Secondo la Corte, apparteneva alle autorità, non appena informate della situazione del richiedente, di prendere, in un termine ragionevole, tutte le misure necessarie affinché la decisione di giustizia venisse rispettata e che il richiedente ritrovasse il pieno godimento dei suoi beni. Stima che l’inoperosità delle autorità nello specifico ha avuto per conseguenza, in mancanza di ogni giustificazione di interesse generale, di arrivare ad un tipo di espropriazione privata di cui l’occupante illegale si è ritrovato beneficiario (Matheus precitata, § 71,). Lasciando perdurare tale situazione, le autorità hanno incoraggiato non solo certi individui a degradare in ogni impunità i beni del richiedente, ma ha lasciato anche installare un clima di timore e di insicurezza non propizio al ritorno del richiedente sulle sue terre.
42. La Corte nota che questo tipo di situazione manifesta l’inefficacia del sistema di esecuzione e rinvia al rischio di deriva-ricordato nella Raccomandazione del Comitato dei Ministri in materia di esecuzione delle decisioni di giustizia-di arrivare ad una forma di “giustizia privata” che può avere delle conseguenze negative sulla fiducia e la credibilità del pubblico nel sistema giuridico (ibid.).
43. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che il rifiuto continuo delle autorità di prestare man-forte al richiedente per mettere fine all’occupazione illegale dei suoi terreni ha recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni. C’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
44. Il richiedente dice di essere stato privato del godimento del suo domicilio in ragione dell’occupazione illegale della sua tenuta dal 1993. Invoca l’articolo 8 che si legge come segue:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
45. Tanto il richiedente che il Governo invocano degli argomenti comuni ai motivi di appello derivati degli articoli 8 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
46. Tenuto conto della constatazione di violazione al quale è giunta (paragrafo 43 sopra) la Corte non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 8.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
47. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno patrimoniale
48. Il 18 settembre 2007, il richiedente ha chiesto il versamento di una somma di 2 772 858 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale (1 803 470 EUR) per la perdita dei beni fondiari, 759 388 EUR per i beni mobiliari -valore della cantina e del patrimonio viticolo -e 210 000 EUR corrispondenti alla perdita di godimento in ragione degli affitti che avrebbe potuto percepire durante quattordici anni. Il 3 giugno 2008, il richiedente ha depositato una nota complementare del perito commesso da lui e ha modificato la sua richiesta a titolo del danno patrimoniale, sollecitando un importo totale di 2 428 528 EUR, o 759 388 EUR per i beni mobiliari e 1 669 140 EUR per la perdita di godimento, precisando che questa nuova richiesta non comprendeva più la perdita dei beni fondiari che restavano di sua proprietà, ma che aveva aggiunto 1 459 140 EUR per la perdita di godimento in ragione degli affitti che avrebbe potuto percepire se avesse potuto concludere un affitto enfiteutico per una durata di ventidue anni.
49. Il Governo contesta queste domande che giudica eccessive e che non possono essere connesse alle violazioni addotte della Convenzione. Considera in particolare che il richiedente ha subito effettivamente un problema di godimento a causa dell’occupazione prolungata dei suoi beni, ma che non è autorizzato a chiedere un indennizzo corrispondente al valore della proprietà fondiaria, nella misura in cui rimane il proprietario titolare del terreno e che non ha subito spodestamento. Non fa nessuna osservazione a proposito della perizia complementare del 3 giugno 2008.
50. La Corte rileva che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nella constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione del rifiuto di concorso della forza pubblica in esecuzione di una decisione di giustizia. Stima che se il richiedente ha insindacabilmente e necessariamente subito un danno patrimoniale in ragione del rifiuto di concorso della forza pubblica, le sue pretese sono tuttavia manifestamente, o ipotetiche, o eccessive, e le perizie sollecitate su sua richiesta, secondo i metodi di valutazione la cui pertinenza non è sufficientemente stabilita, non permettono di più di calcolare questo danno in modo preciso. In queste condizioni, non sarà fatto diritto a questo capo di richiesta. La Corte nota del resto, a titolo che ulteriore che se, come ha giudicato nella cornice dell’esame dell’ammissibilità della presente richiesta, un collocamento in causa della responsabilità dello stato sarebbe stato inefficace per arrivare all’esecuzione della decisione di giustizia ed alla liberazione dei luoghi (vedere anche Barret e Sirjean c. Francia, (dec.), no 13829/03, 3 luglio 2007) tale azione dinnanzi alle giurisdizioni interne è invece suscettibile di offrire un ricorso adeguato per ottenere l’indennizzo del danno subito in ragione dell’occupazione lei stessa (vedere Barret e Sirjean c. Francia, no 13829/03, § 55, 21 gennaio 2010).
2. Danno morale
51. Il richiedente chiede almeno 50 000 EUR.
52. Il Governo non si pronuncia.
53. La Corte stima che il richiedente ha subito un danno morale certo, che la semplice constatazione di violazione non potrebbe compensare. Deliberando in equità come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte gli assegna la somma di 8 000 EUR.
B. Oneri e spese
54. Il richiedente richiede 36 688, 39 EUR a titolo degli oneri e delle spese, corrispondenti alla parcella degli avvocati che l’hanno rappresentato dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte, così come all’onere di ufficiale giudiziario e di perizia. Produce un certo numero di fatture a sostegno di questa richiesta.
55. Il Governo considera che soli gli oneri di giustizia realmente e necessariamente impegnati devono essere presi in conto.
56. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, quando la Corte constata una violazione della Convenzione, accorda al richiedente il pagamento degli oneri e spese che ha esposto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali solo nella misura in cui sono stati impegnati per prevenire o fare correggere da queste suddetta violazione: tale è stato benché parzialmente il caso nello specifico. Perciò, deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare all’interessato, a titolo degli oneri e delle spese, la somma di 5 000 EUR.
C. Interessi moratori
57. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che non è necessario esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme di 8 000 EUR (ottomila euro) per danno morale e 5 000 EUR (cinquemila euro) a titolo degli oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente