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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE QUATTRONE c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 67785/01/2007
Stato: Italia
Data: 2007-11-01 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA QUATTRONE C. ITALIA
( Richiesta no 67785/01)
SENTENZA
STRASBURGO
11 gennaio 2007
DEFINITIVO
11/04/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Quattrone c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, lel Sig.re I. Ziemele,
I. Berro-Lefèvre, giudici, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 dicembre 2006,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 67785/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. Q. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 marzo 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. P., avvocato a Reggio Calabria. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 19 febbraio 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1924 e risiede a Reggio Calabria.
5. Era comproprietario con terzi (“i terzi”) di un terreno edificabile, ubicato a Reggio Calabria e registrato al catasto (foglio 72, appezzamento 27).
6. Con un’ordinanza del 18 ottobre 1977, il consiglio comunale di Reggio Calabria approvò il progetto di costruzione di una discarica pubblica su questo terreno.
7. Con un’ordinanza del 12 agosto 1978, il sindaco di Reggio Calabria ordinò l’occupazione d’emergenza di una parte del terreno, ossia 75 734 metri quadrati, per una durata massimale di cinque anni a contare dall’occupazione materiale, in vista della sua espropriazione per procedere alla costruzione della discarica pubblica.
8. Il 12 maggio 1978, l’amministrazione occupò questo terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
1. Il procedimento iniziato dinnanzi alle giurisdizioni interne in seguito all’occupazione del terreno
9. Con un atto di citazione notificato il 12 maggio 1983, il richiedente ed i terzi introdussero dinnanzi al tribunale di Reggio Calabria un’azione per danno-interessi contro la municipalità di Reggio Calabria.
10. Facevano valere che l’occupazione del terreno era illegale al motivo che i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto né all’espropriazione del terreno né al pagamento di un’indennità. Chiedevano in via principale la restituzione del terreno e sussidiariamente un risarcimento per la perdita del terreno, così come un’indennità di occupazione.
11. Il 19 ottobre 1987, una prima perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il valore commerciale del terreno nel 1987 era di 30 000 ITL il metro quadrato.
12. Durante il processo, una nuova perizia redatta il 1 dicembre 1998 fu depositata alla cancelleria. Il perito valutò l’importo del risarcimento dovuto ai termini della legge no 662 di 1996, nel frattempo entrata in vigore, a 750 682 981 ITL all’ 11 maggio 1983, ossia in data della scadenza del termine di occupazione autorizzata.
13. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 18 febbraio 2000, il tribunale dichiarò che la proprietà del terreno era stata trasferita all’amministrazione in virtù del principio dell’espropriazione indiretta a contare dal 12 maggio 1983, data della fine dell’occupazione autorizzata.
14. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale condannò la municipalità a versare al richiedente ed ai terzi la somma di 750 682 981 ITL, più interessi e rivalutazione a contare dal 12 maggio 1983, a titolo di risarcimento per la perdita del terreno calcolato ai termini della legge no 662 del 1996.
15. Inoltre, il tribunale condannò la municipalità a versare al richiedente ed ai terzi la somma di 102 365 862 ITL, più interessi, a titolo di indennità di occupazione.
16. Secondo il richiedente, questo giudizio ha acquisito forza di cosa giudicata il 15 dicembre 2000.
2. Il ricorso Pinto
17. Con un ricorso del 16 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Catanzaro ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra.
18. Con una decisione depositata alla cancelleria il 15 gennaio 2002, la corte di appello di Catanzaro constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la domanda relativa al danno materiale al motivo che questa non era supportata, accordò 10 000 000 ITL (o 5 164,57 EUR) come risarcimento del danno morale e 1 700 000 ITL (o 877,98 EUR) per oneri e spese.
19. Secondo il richiedente, questa decisione ha acquisito forza di cosa giudicata il 1 aprile 2002 e la somma liquidata dalla corte di appello è stata versata durante il mese di novembre 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
20. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. Il richiedente adduce di essere stato privato del suo terreno in circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
22. In primo luogo, il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne basati su quattro risvolti.
23. Da prima, fa valere che il richiedente non ha interposto appello al giudizio del tribunale di Reggio Calabria.
24. Inoltre, nella misura in cui il richiedente menziona il tempo trascorso tra la perdita del terreno e la liquidazione del risarcimento, il Governo fa valere che, nella cornice del rimedio “Pinto”, il richiedente avrebbe dovuto ricorrere in cassazione contro la decisione della corte di appello di Catanzaro che ha respinto la sua domanda relativa al danno materiale.
25. In più, fa valere che il richiedente avrebbe potuto iniziare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni amministrative per contestare il rifiuto della municipalità di concludere un accordo di cessione del terreno con cui l’espropriazione di questo sarebbe stata formalizzata.
26. Infine, sostiene che il richiedente avrebbe potuto iniziare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni amministrative al motivo che la municipalità aveva realizzato sul terreno un lavoro differente rispetto a quello che era stato contemplato a priori all’occupazione del terreno.
27. In secondo luogo, il Governo solleva un’eccezione di tardività, facendo valere che il termine di sei mesi è cominciato a decorrere a contare dal momento del trasferimento della proprietà in forza del principio dell’espropriazione indiretta, ossia nel 1983.
28. Trattandosi del primo risvolto dell’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto un’eccezione simile nelle cause Giacobbe ed altri c. Italia (no 16041/02, 15 dicembre 2005), Ingrossato c. Italia, (no 18791/03, 6 luglio 2006), Ucci c. Italia (no 213/04, 22 giugno 2006), Lo Bue c. Italia, (no 12912/04, 13 luglio 2006) e Zaffuto c. Italia (no 12894/04, 13 luglio 2006). Non vede nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque il risvolto in questione.
29. In quanto al secondo risvolto dell’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto un’eccezione simile nelle cause Di Sciscio c. Italia, (no 176/04,20 aprile 2006) e Ceglia c. Italia, (no 21457/04, 19 ottobre 2006). Non vede nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque il risvolto in questione.
30. Trattandosi dei due ultimi risvolti dell’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto delle eccezioni simili nelle cause Donati c. Italia, (, déc.) (no 63242/00, 13 maggio 2004) e Gianni e 8 altri c. Italia (no 35941/03, 30 marzo 2006,). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge i risvolti in questione.
31. In quanto all’eccezione di tardività, la Corte ricorda che ha respinto delle eccezioni simili nelle cause La Rosa ed altri c. Italia (no 2), (, déc.) (no 58274/00, 1 aprile 2004), La Rosa ed altri c. Italia (no 3), (, déc.) (no 58386/00, 1 aprile 2004), Carletta c. Italia, (, déc.) (no 63861/00, 1 aprile 2004, Donati c. Italia, (, déc.), no 63242/00, 13 maggio 2004, Maselli c. Italia (no 2) (, déc.), no 61211/00, 27 maggio 2004) e Chirò c. Italia (no 2) (, déc.), (no 65137/01, 27 maggio 2004). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge l’eccezione in questione.
32. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
33. Il Governo fa osservare che, nel caso specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui non è stata adottata nessuna ordinanza di espropriazione.
34. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
35. Secondariamente, la privazione del bene come risultante dell’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
36. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
37. Ne segue che la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione non potrebbe essere esclusa dalla nozione di legge ai sensi della Convenzione.
38. Trattandosi della qualità della legge, il Governo riconosce che il fatto che un’ordinanza di espropriazione non sia stata pronunciata è in sé una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
39. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un lavoro di utilità pubblica, la restituzione del terreno non è più possibile.
40. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, tendente a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che risponda all’utilità pubblica.
41. In quanto all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l’amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati.
42. Tenuto conto del fatto che l’espropriazione indiretta rispondeva ad un interesse collettivo e che l’illegalità commessa dall’amministrazione riguardava solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, l’indennizzo può essere inferiore al danno subito.
43. La determinazione dell’importo dell’indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciato agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. Il Governo ricorda inoltre che l’indennità come plafonata dalla legge di bilancio no 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l’espropriazione fosse stata regolare.
44. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto ogni punto di vista con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) Il richiedente,
45. Il richiedente si oppone alla tesi del Governo.
46. Fa osservare che l’espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in tutta illegalità.
47. Denuncia una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al suo caso al motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
48. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
49. La Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il tribunale ha considerato il richiedente come privato del suo bene in ragione della trasformazione irreversibile di questo. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l’elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che il giudizio del tribunale di Reggio Calabria ha avuto per effetto di privare il richiedente del suo bene ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitata, § 61, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
50. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilità pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi “sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
51. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale a favore del richiedente non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
b) Sul rispetto del principio di legalità
52. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005 ) secondo la quale l’espropriazione indiretta ignora il principio di legalità al motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all’amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L’espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione, a regolare le conseguenze per l’individuo e per l’amministrazione, a favore di questa.
53. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il tribunale ha considerato il richiedente come privo del suo bene in ragione della trasformazione irreversibile di questo, essendo riunite le condizioni di illegalità dell’occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, il richiedente ha avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno solo il 15 dicembre 2000, data in cui il giudizio del tribunale di Reggio Calabria ha acquisito forza di cosa giudicata.
54. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare partito da un’occupazione illegale di terreno. In altri termini, l’amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che disciplinano l’espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un’indennità venisse messa in parallelo a disposizione dell’interessato.
55. Trattandosi dell’indennità, la Corte constata che l’applicazione retroattiva della legge no 662 del 1996 al caso di specifico ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilità di ottenere risarcimento del danno subito.
56. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che dunque ha infranto il diritto al rispetto dei beni del richiedente.
57. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Equità del procedimento
58. Il richiedente adduce che l’adozione e l’applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al suo procedimento costituisce un’ingerenza legislativa contraria al suo diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
59. Il Governo fa valere in particolare che l’applicazione al caso di specifico del criterio di valutazione del risarcimento introdotto dalla legge no 662 del 1996 non avrebbe costituito un ostacolo all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto all’individuo ed il compenso concesso a questo.
60. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quello esaminato sopra e dunque deve essere dichiarato anche ammissibile.
61. La Corte ha appena constatato, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dal richiedente non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo ai motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione (paragrafi 53 a 57 sopra) la Corte stima che non c’è luogo di esaminare se c’è stato, nello specifico, violazione dell’articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132 – 133, CEDH 2006 -…).
B. Durata del procedimento
62. Il richiedente sostiene che il procedimento impegnato per ottenere il risarcimento per la perdita del terreno ha ignorato il principio del “termine ragionevole” stabilito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
63. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che il richiedente non è ricorso in cassazione contro la decisione della corte di appello di Catanzaro.
64. Il richiedente oppone all’eccezione del Governo e si lamenta dell’importo dei danni accordato nella cornice del ricorso “Pinto” che ha intentato a livello nazionale.
65. La Corte ha il dovere di esaminare al primo colpo l’eccezione del Governo. A questo riguardo, ricorda che, conformemente alla sua giurisprudenza (vedere Di Sante c. Italia,( déc.), no 56079/00, 24 giugno 2004, a partire dal 26 luglio 2004 )deve essere richiesto dai richiedenti che utilizzino del ricorso in cassazione ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione. Nello specifico, la decisione della corte di appello di Catanzaro ha acquisito forza di cosa giudicata il 1 aprile 2002. Ne segue che nello specifico il richiedente non era tenuto a ricorrere in cassazione ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione. Quindi, l’eccezione in questione non potrebbe essere considerata.
66. Riferendosi ai principi in materia di “vittima” nella cornice della durata eccessiva del procedimento (Scordino c. Italia (no 1), [GC], no 36813/97, §§178-207, CEDH 2006 -…), la Corte nota che la somma accordata dalla corte di appello nello specifico rappresenta circa il 20% di ciò che la Corte concede generalmente nelle cause italiane similari. Questo elemento da solo arriva ad un risultato manifestamente irragionevole rispetto alla sua giurisprudenza ed ai principi su cui questa si fonda. Inoltre, la Corte trova inammissibile che il richiedente abbia dovuto aspettare più di un anno e nove mesi dopo il deposito della decisione alla cancelleria, per ricevere il suo indennizzo.
67. La Corte stima che il periodo da considerare è cominciato il 12 maggio 1983, con la notificazione da parte del richiedente dell’atto di citazione dinnanzi al tribunale di Reggio Calabria, per concludersi il 18 febbraio 2000, data del deposito alla cancelleria del giudizio del tribunale di Reggio Calabria. È durata dunque più di sedici anni per un grado di giurisdizione.
68. La Corte ricorda di avere concluso in quattro sentenze contro l’Italia del 28 luglio 1999 (Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V, Ferrari c. Italia [GC], no 33440/96, § 21, 28 luglio 1999, A.P. c. Italia [GC], no 35265/97, § 18, 28 luglio 1999, e Di Mauro c. Italia [GC], no 34256/96, § 23, CEDH 1999-V) all’esistenza di una pratica in Italia incompatibile con la Convenzione.
69. Ricorda di avere affermato inoltre in nove sentenze contro l’Italia del 29 marzo 2006 (Scordino (no 1), precitato, § 224, Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, § 119, CEDH 2006 -… , Musci c. Italia [GC], no 64699/01, § 119, CEDH 2006 -…, Riccardi Pizzati c. Italia [GC], no 62361/00, § 116, 29 marzo 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italia (no 1) [GC], no 64705/01, § 117, 29 marzo 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italia (no 2) [GC], no 65102/01, § 116, 29 marzo 2006, Apicella c. Italia [GC], no 64890/01, § 116, 29 marzo 2006, Ernestina Zullo c. Italia [GC], no 64897/01, § 121, 29 marzo 2006, e Giuseppina ed Orestina Procaccini c. Italia [GC], no 65075/01, § 117, 29 marzo 2006) che la situazione dell’Italia a proposito dei ritardi nell’amministrazione della giustizia non è sufficientemente cambiata da rimettere in causa la valutazione secondo la quale l’accumulo di trasgressioni è costitutivo di una pratica incompatibile con la Convenzione.
70. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile.
71. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme non abbia fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 dunque.
72. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazioni fornite dalle parti e della pratica precitata, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
73. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
74. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
1. Sul risarcimento chiesto in ragione della privazione del terreno
75. A titolo di danno materiale, tenuto conto dell’impossibilità di ottenere la restituzione del terreno, il richiedente sollecita il versamento di un risarciscono di 1 770 711,60 EUR.
76. Trattandosi del danno morale, il richiedente chiede la somma di 500 000 EUR.
77. Infine, il richiedente chiede il rimborso degli oneri incorsi nel procedimento dinnanzi alla Corte, a concorrenza di 38 027,84 EUR, tassa sul valore aggiunto (IVA) e contributi alla cassa di previdenza degli avvocati (CPA) inclusi.
78. In quanto al danno materiale, il Governo contesta le modalità di calcolo del danno materiale adoperato nelle sentenze sulla soddisfazione equa Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (no 31524/96, 30 ottobre 2003) e Carbonara e Ventura c. Italia (no 24638/94, 11 dicembre 2003) e stima che ad ogni modo la somma richiesta dal richiedente è eccessiva.
79. Trattandosi del danno morale, il Governo fa valere che il richiedente ha già ottenuto un risarcimento nella cornice del rimedio “Pinto” e che ad ogni modo la somma richiesta è eccessiva.
80. In quanto agli oneri di procedimento, il Governo sostiene che il richiedente non ha supportato la sua domanda e che ad ogni modo la somma richiesta è eccessiva.
81. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 in ciò che riguarda la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non è matura. Perciò, la riserva e fisserà l’ ulteriore procedimento, tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo.
2. Sul risarcimento chiesto in ragione della durata del procedimento
82. Il richiedente stima a 25 000 000 ITL, o 12 911,42 EUR, il risarcimento del danno morale subito in ragione della durata del procedimento.
83. In quanto agli oneri di procedimento, il richiedente rinvia alla somma chiesta a questo titolo nella cornice della domanda di risarcimento della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
84. Il Governo fa valere che le giurisdizioni interne hanno riconosciuto al richiedente un risarcimento conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte.
85. Trattandosi del risarcimento del danno morale, avuto riguardo agli elementi della presente causa (paragrafi 67-73 sopra) la Corte stima che avrebbe accordato, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 26 000 EUR. Visto che il richiedente si è visto accordare circa 5 164 EUR, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso scelta dall’Italia e tenuto conto del fatto che è giunta ad una constatazione di violazione, la Corte, deliberando in equità, stima che il richiedente dovrebbe vedersi assegnare 6 600 EUR. Inoltre, la Corte accorda 1 300 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento della somma dovuta dallo stato.
86. Pertanto, il richiedente ha diritto a titolo di risarcimento del danno morale a 7 900 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
87. In quanto agli oneri e spese nella cornice della constatazione di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ricorda che secondo la sua giurisprudenza stabilita, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002, e Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII.)
88. Se la Corte non dubita della necessità degli oneri richiesti né che siano stati sostenuti effettivamente a questo titolo, trova però eccessiva la parcella rivendicata per il procedimento a Strasburgo. Considera quindi che vi è luogo rimborsarli solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, assegna al richiedente 2 000 EUR al totale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
3. Interessi moratori
89. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare al merito il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto all’equità di procedimento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata del procedimento;
5. Stabilisce, in quanto alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza;
6. Stabilisce, in quanto alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 7 900 EUR (settemila nove cento euro) per danno morale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese;
iii. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
7. Respinge, in quanto alla constatazione di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 11 gennaio 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupančič
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE QUATTRONE c. ITALIE
(Requête no 67785/01)
ARRÊT
STRASBOURG
11 janvier 2007
DÉFINITIF
11/04/2007
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Quattrone c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
MM. B.M. Zupančič, président,
J. Hedigan,
V. Zagrebelsky,
Mme A. Gyulumyan,
M. E. Myjer,
Mmes I. Ziemele,
I. Berro-Lefèvre, juges,
et de M. V. Berger, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 7 décembre 2006,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 67785/01) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, M. G. Q. (« le requérant »), a saisi la Cour le 13 mars 2001 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me A. P., avocat à Reggio de Calabre. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I. M. Braguglia, par son coagent, M. F. Crisafulli, et par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 19 février 2004, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant de l’article 29 § 3 de la Convention, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1924 et réside à Reggio de Calabre.
5. Il était copropriétaire avec des tiers (« les tiers ») d’un terrain constructible, sis à Reggio de Calabre et enregistré au cadastre, feuille 72, parcelle 27.
6. Par un arrêté du 18 octobre 1977, le conseil municipal de Reggio de Calabre approuva le projet de construction d’une décharge publique sur ce terrain.
7. Par un arrêté du 12 août 1978, le maire de Reggio de Calabre ordonna l’occupation d’urgence d’une partie du terrain, à savoir 75 734 mètres carrés, pour une durée maximale de cinq ans à compter de l’occupation matérielle, en vue de son expropriation afin de procéder à la construction de la décharge publique.
8. Le 12 mai 1978, l’administration occupa ce terrain et entama les travaux de construction.
1. La procédure entamée devant les juridictions internes à la suite de l’occupation du terrain
9. Par un acte d’assignation notifié le 12 mai 1983, le requérant et les tiers introduisirent devant le tribunal de Reggio de Calabre une action en dommages-intérêts à l’encontre de la municipalité de Reggio de Calabre.
10. Ils faisaient valoir que l’occupation du terrain était illégale au motif que les travaux de construction s’étaient terminés sans qu’il fût procédé à l’expropriation du terrain ni au paiement d’une indemnité. Ils demandaient en voie principale la restitution du terrain et subsidiairement un dédommagement pour la perte du terrain, ainsi qu’une indemnité d’occupation.
11. Le 19 octobre 1987, une première expertise fut déposée au greffe. Selon l’expert, la valeur marchande du terrain en 1987 était de 30 000 ITL le mètre carré.
12. Au cours du procès, une nouvelle expertise rédigée le 1er décembre 1998 fut déposée au greffe. L’expert évalua le montant du dédommagement dû aux termes de la loi no 662 de 1996, entre-temps entrée en vigueur, à 750 682 981 ITL au 11 mai 1983, à savoir à la date d’expiration du délai d’occupation autorisée.
13. Par un jugement déposé au greffe le 18 février 2000, le tribunal déclara que la propriété du terrain avait été transférée à l’administration en vertu du principe de l’expropriation indirecte à compter du 12 mai 1983, date de la fin de l’occupation autorisée.
14. A la lumière de ces considérations, le tribunal condamna la municipalité à verser au requérant et aux tiers la somme de 750 682 981 ITL, plus intérêts et réévaluation à compter du 12 mai 1983, à titre de dédommagement pour la perte du terrain calculé aux termes de la loi no 662 de 1996.
15. En outre, le tribunal condamna la municipalité à verser au requérant et aux tiers la somme de 102 365 862 ITL, plus intérêts, à titre d’indemnité d’occupation.
16. D’après le requérant, ce jugement a acquis force de chose jugée le 15 décembre 2000.
2. Le recours Pinto
17. Par un recours du 16 octobre 2001, le requérant saisit la cour d’appel de Catanzaro au sens de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée de la procédure décrite ci-dessus.
18. Par une décision déposée au greffe le 15 janvier 2002, la cour d’appel de Catanzaro constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta la demande relative au dommage matériel au motif que celle-ci n’était pas étayée, accorda 10 000 000 ITL, soit 5 164,57 EUR, comme réparation du dommage moral et 1 700 000 ITL, soit 877,98 EUR, pour frais et dépens.
19. D’après le requérant, cette décision a acquis force de chose jugée le 1er avril 2002 et la somme liquidée par la cour d’appel a été versée au cours du mois de novembre 2003.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
20. Le droit interne pertinent se trouve décrit dans l’arrêt Serrao c. Italie (no 67198/01, 13 octobre 2005).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
21. Le requérant allègue avoir été privé de son terrain dans des circonstances incompatibles avec l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
22. En premier lieu, le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes basée sur quatre volets.
23. D’abord, il fait valoir que le requérant n’a pas interjeté appel du jugement du tribunal de Reggio de Calabre.
24. En outre, dans la mesure où le requérant évoque le temps écoulé entre la perte du terrain et la liquidation du dédommagement, le Gouvernement fait valoir que, dans la cadre du remède « Pinto », le requérant aurait dû se pourvoir en cassation envers la décision de la cour d’appel de Catanzaro qui a rejeté sa demande relative au dommage matériel.
25. De plus, il fait valoir que le requérant aurait pu entamer une action devant les juridictions administratives afin de contester le refus de la municipalité de conclure un accord de cession du terrain par lequel l’expropriation de celui-ci aurait été formalisée.
26. Enfin, il soutient que le requérant aurait pu entamer une action devant les juridictions administratives au motif que la municipalité avait réalisé sur le terrain un ouvrage différent par rapport à celui qui avait été prévu préalablement à l’occupation du terrain.
27. En deuxième lieu, le Gouvernement soulève une exception de tardiveté, faisant valoir que le délai de six mois a commencé à courir à compter du moment du transfert de la propriété en force du principe de l’expropriation indirecte, à savoir en 1983.
28. S’agissant du premier volet de l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes, la Cour rappelle qu’elle a rejeté une exception semblable dans les affaires Giacobbe et autres c. Italie (no 16041/02, 15 décembre 2005), Grossi c. Italie, (no 18791/03, 6 juillet 2006), Ucci c. Italie (no 213/04, 22 juin 2006), Lo Bue c. Italie (no 12912/04, 13 juillet 2006) et Zaffuto c. Italie (no 12894/04, 13 juillet 2006). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc le volet en question.
29. Quant au deuxième volet de l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes, la Cour rappelle qu’elle a rejeté une exception semblable dans les affaires De Sciscio c. Italie (no 176/04, 20 avril 2006) et Ceglia c. Italie, (no 21457/04, 19 octobre 2006). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc le volet en question.
30. S’agissant des deux derniers volets de l’exception de non-épuisement des voies de recours internes, la Cour rappelle qu’elle a rejeté des exceptions semblables dans les affaires Donati c. Italie, ((déc.), no 63242/00, 13 mai 2004) et Gianni et 8 autres c. Italie (no 35941/03, 30 mars 2006). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc les volets en question.
31. Quant à l’exception de tardiveté, la Cour rappelle qu’elle a rejeté des exceptions semblables dans les affaires La Rosa et autres c. Italie (no 2), ((déc.), no 58274/00, 1er avril 2004), La Rosa et autres c. Italie (no 3), ((déc.), no 58386/00, 1er avril 2004), Carletta c. Italie, ((déc.), no 63861/00, 1er avril 2004), Donati c. Italie, ((déc.), no 63242/00, 13 mai 2004), Maselli c. Italie (no 2) ((déc.), no 61211/00, 27 mai 2004) et Chirò c. Italie (no 2) ((déc.), no 65137/01, 27 mai 2004). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc l’exception en question.
32. La Cour constate que le grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
a) Le Gouvernement
33. Le Gouvernement fait observer que, dans le cas d’espèce, il s’agit d’une occupation de terrain dans le cadre d’une procédure administrative reposant sur une déclaration d’utilité publique. Il admet que la procédure d’expropriation n’a pas été mise en œuvre dans les termes prévus par la loi, dans la mesure où aucun arrêté d’expropriation n’a été adopté.
34. Premièrement, il y aurait utilité publique, ce qui n’a pas été remis en cause par les juridictions nationales.
35. Deuxièmement, la privation du bien telle que résultant de l’expropriation indirecte serait « prévue par la loi ». Selon le Gouvernement, le principe de l’expropriation indirecte doit être considéré comme faisant partie du droit positif à compter au plus tard de l’arrêt de la Cour de cassation no 1464 de 1983. La jurisprudence ultérieure aurait confirmé ce principe et précisé certains aspects de son application et, en outre, ce principe aurait été reconnu par la loi no 458 du 27 octobre 1988 et par la loi budgétaire no 662 de 1996.
36. Le Gouvernement en conclut qu’à partir de 1983, les règles de l’expropriation indirecte étaient parfaitement prévisibles, claires et accessibles à tous les propriétaires de terrains.
37. Il s’ensuit que la jurisprudence consolidée de la Cour de cassation ne saurait être exclue de la notion de loi au sens de la Convention.
38. S’agissant de la qualité de la loi, le Gouvernement reconnaît que le fait qu’un arrêté d’expropriation n’ait pas été prononcé est en soi un manquement aux règles qui président à la procédure administrative.
39. Toutefois, compte tenu de ce que le terrain a été transformé de manière irréversible par la construction d’un ouvrage d’utilité publique, la restitution du terrain n’est plus possible.
40. Le Gouvernement définit l’expropriation indirecte comme le résultat d’une interprétation systématique par les juges de principes existants, tendant à garantir que l’intérêt général l’emporte sur l’intérêt des particuliers, lorsque l’ouvrage public a été réalisé (transformation du terrain) et qu’il répond à l’utilité publique.
41. Quant à l’exigence de garantir un juste équilibre entre le sacrifice imposé aux particuliers et la compensation octroyée à ceux-ci, le Gouvernement reconnaît que l’administration est tenue d’indemniser les intéressés.
42. Compte tenu de ce que l’expropriation indirecte répond à un intérêt collectif et que l’illégalité commise par l’administration ne concerne que la forme, à savoir un manquement aux règles qui président à la procédure administrative, l’indemnisation peut être inférieure au préjudice subi.
43. La fixation du montant de l’indemnité en cause rentre dans la marge d’appréciation laissée aux États pour fixer une indemnisation qui soit raisonnablement en rapport avec la valeur du bien. Le Gouvernement rappelle en outre que l’indemnité telle que plafonnée par la loi budgétaire no 662 de 1996 est en tout cas supérieure à celle qui aurait été accordée si l’expropriation avait été régulière.
44. A la lumière de ces considérations, le Gouvernement conclut que le juste équilibre a été respecté et que la situation dénoncée est compatible à tous points de vue avec l’article 1 du Protocole no 1.
b) Le requérant
45. Le requérant s’oppose à la thèse du Gouvernement.
46. Il fait observer que l’expropriation indirecte est un mécanisme qui permet à l’autorité publique d’acquérir un bien en toute illégalité.
47. Il dénonce un manque de clarté, prévisibilité et précision des principes et des dispositions appliqués à son cas au motif qu’un principe jurisprudentiel, tel que celui de l’expropriation indirecte, ne suffit pas à satisfaire au principe de légalité.
2. Appréciation de la Cour
a) Sur l’existence d’une ingérence
48. La Cour rappelle que, pour déterminer s’il y a eu « privation de biens », il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si ladite situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, pp. 24-25, § 63).
49. La Cour relève que, en appliquant le principe de l’expropriation indirecte, le tribunal a considéré le requérant comme étant privé de son bien en raison de la transformation irréversible de celui-ci. A défaut d’un acte formel d’expropriation, le constat d’illégalité de la part du juge est l’élément qui consacre le transfert au patrimoine public du bien occupé. Dans ces circonstances, la Cour conclut que le jugement du tribunal de Reggio de Calabre a eu pour effet de priver le requérant de son bien au sens de la deuxième phrase de l’article 1 du Protocole no 1 (Carbonara et Ventura précité, § 61, et Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
50. Pour être compatible avec l’article 1 du Protocole no 1, une telle ingérence doit être opérée « pour cause d’utilité publique » et « dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux de droit international ». L’ingérence doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Sporrong et Lönnroth, précité, p. 26, § 69). En outre, la nécessité d’examiner la question du juste équilibre « ne peut se faire sentir que lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de légalité et n’était pas arbitraire » (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, et Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
51. Dès lors, la Cour n’estime pas opportun de fonder son raisonnement sur le simple constat qu’une réparation intégrale en faveur du requérant n’a pas eu lieu (Carbonara et Ventura, précité, § 62).
b) Sur le respect du principe de légalité
52. La Cour renvoie à sa jurisprudence en matière d’expropriation indirecte (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, CEDH 2000-VI, et Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, CEDH 2000-VI ; parmi les arrêts plus récents, voir Acciardi et Campagna c. Italie, no 41040/98, 19 mai 2005, Pasculli c. Italie, no 36818/97, 17 mai 2005, Scordino c. Italie (no 3), no 43662/98, 17 mai 2005, Serrao c. Italie, no 67198/01, 13 octobre 2005, La Rosa et Alba c. Italie (no 1), no 58119/00, 11 octobre 2005, et Chirò c. Italie (no 4), no 67196/01, 11 octobre 2005), selon laquelle l’expropriation indirecte méconnaît le principe de légalité au motif qu’elle n’est pas apte à assurer un degré suffisant de sécurité juridique et qu’elle permet en général à l’administration de passer outre les règles fixées en matière d’expropriation. En effet, dans tous les cas, l’expropriation indirecte vise à entériner une situation de fait découlant des illégalités commises par l’administration, à régler les conséquences pour le particulier et pour l’administration, au bénéfice de celle-ci.
53. Dans la présente affaire, la Cour relève qu’en appliquant le principe de l’expropriation indirecte, le tribunal a considéré le requérant comme privé de son bien en raison de la transformation irréversible de celui-ci, les conditions d’illégalité de l’occupation et d’intérêt public de l’ouvrage construit étant réunies. Or, en l’absence d’un acte formel d’expropriation, la Cour estime que cette situation ne saurait être considérée comme « prévisible », puisque ce n’est que par la décision judiciaire définitive que l’on peut considérer le principe de l’expropriation indirecte comme ayant effectivement été appliqué et que l’acquisition du terrain au patrimoine public a été consacrée. Par conséquent, le requérant n’a eu la « sécurité juridique » concernant la privation du terrain que le 15 décembre 2000, date à laquelle le jugement du tribunal de Reggio de Calabre a acquis force de chose jugée.
54. La Cour observe ensuite que la situation en cause a permis à l’administration de tirer parti d’une occupation de terrain illégale. En d’autres termes, l’administration a pu s’approprier du terrain au mépris des règles régissant l’expropriation en bonne et due forme, et, entre autres, sans qu’une indemnité soit mise en parallèle à la disposition de l’intéressé.
55. S’agissant de l’indemnité, la Cour constate que l’application rétroactive de la loi no 662 de 1996 au cas d’espèce a eu pour effet de priver le requérant de la possibilité d’obtenir réparation du préjudice subi.
56. A la lumière de ces considérations, la Cour estime que l’ingérence litigieuse n’est pas compatible avec le principe de légalité et qu’elle a donc enfreint le droit au respect des biens du requérant.
57. Dès lors, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
A. Équité de la procédure
58. Le requérant allègue que l’adoption et l’application de la loi no 662 du 23 décembre 1996 à sa procédure constitue une ingérence législative contraire à son droit à un procès équitable tel que garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, qui, en ses passages pertinents, dispose :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
59. Le Gouvernement fait notamment valoir que l’application au cas d’espèce du critère d’évaluation du dédommagement introduit par la loi no 662 de 1996 n’aurait pas constitué une entrave à l’exigence de garantir un juste équilibre entre le sacrifice imposé au particulier et la compensation octroyée à celui-ci.
60. La Cour relève que ce grief est lié à celui examiné ci-dessus et doit donc aussi être déclaré recevable.
61. La Cour vient de constater, sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1, que la situation dénoncée par le requérant n’est pas conforme au principe de légalité. Eu égard aux motifs ayant amené la Cour à ce constat de violation (paragraphes 53 à 57 ci-dessus), la Cour estime qu’il n’y a pas lieu d’examiner s’il y a eu, en l’espèce, violation de l’article 6 § 1 (voir, a contrario, Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 et §§ 132 – 133, CEDH 2006-…).
B. Durée de la procédure
62. Le requérant soutient que la procédure engagée afin d’obtenir le dédommagement pour la perte du terrain a méconnu le principe du « délai raisonnable » posé par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
63. Le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes, faisant valoir que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation envers la décision de la cour d’appel de Catanzaro.
64. Le requérant s’oppose à l’exception du Gouvernement et se plaint du montant des dommages accordés dans le cadre du recours « Pinto » qu’il a intenté au plan national.
65. La Cour se doit d’examiner d’emblée l’exception du Gouvernement. A cet égard, elle rappelle que, conformément à sa jurisprudence (voir Di Sante c. Italie (déc.), no 56079/00, 24 juin 2004), à partir du 26 juillet 2004 il doit être exigé des requérants qu’ils usent du recours en cassation aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention. En l’espèce, la décision de la cour d’appel de Catanzaro a acquis force de chose jugée le 1er avril 2002. Il s’ensuit qu’en l’espèce le requérant n’était pas tenu de se pourvoir en cassation aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention. Dès lors, l’exception en question ne saurait être retenue.
66. Se référant aux principes en matière de « victime » dans le cadre des durées excessives de procédure (Scordino c. Italie (no 1), [GC], no 36813/97, §§178-207, CEDH 2006-…), la Cour note que la somme accordée par la cour d’appel en l’espèce représente environ 20 % de ce que la Cour octroie généralement dans des affaires italiennes similaires. Cet élément à lui seul aboutit à un résultat manifestement déraisonnable par rapport à sa jurisprudence et aux principes sur lesquels celle-ci repose. En outre, la Cour trouve inadmissible que le requérant ait dû attendre plus d’un an et neuf mois après le dépôt de la décision au greffe, pour recevoir son indemnisation.
67. La Cour estime que la période à considérer a commencé le 12 mai 1983, avec la notification de la part du requérant de l’acte d’assignation devant le tribunal de Reggio de Calabre, pour s’achever le 18 février 2000, date du dépôt au greffe du jugement du tribunal de Reggio de Calabre. Elle a donc duré plus de seize ans pour un degré de juridiction.
68. La Cour rappelle avoir conclu dans quatre arrêts contre l’Italie du 28 juillet 1999 (Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V, Ferrari c. Italie [GC], no 33440/96, § 21, 28 juillet 1999, A.P. c. Italie [GC], no 35265/97, § 18, 28 juillet 1999, et Di Mauro c. Italie [GC], no 34256/96, § 23, CEDH 1999-V) à l’existence d’une pratique en Italie incompatible avec la Convention.
69. Elle rappelle en outre avoir affirmé dans neuf arrêts contre l’Italie du 29 mars 2006 (Scordino (no 1), précité, § 224, Cocchiarella c. Italie [GC], no 64886/01, § 119, CEDH 2006-… , Musci c. Italie [GC], no 64699/01, § 119, CEDH 2006-…, Riccardi Pizzati c. Italie [GC], no 62361/00, § 116, 29 mars 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italie (no 1) [GC], no 64705/01, § 117, 29 mars 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italie (no 2) [GC], no 65102/01, § 116, 29 mars 2006, Apicella c. Italie [GC], no 64890/01, § 116, 29 mars 2006, Ernestina Zullo c. Italie [GC], no 64897/01, § 121, 29 mars 2006, et Giuseppina et Orestina Procaccini c. Italie [GC], no 65075/01, § 117, 29 mars 2006) que la situation de l’Italie au sujet des retards dans l’administration de la justice n’a pas suffisamment changé pour remettre en cause l’évaluation selon laquelle l’accumulation de manquements est constitutive d’une pratique incompatible avec la Convention.
70. A la lumière de ces considérations, la Cour estime que ce grief doit être déclaré recevable.
71. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble n’ait pas fait perdre au requérant sa qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41.
72. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties et de la pratique précitée, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
73. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
74. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
1. Sur le dédommagement demandé en raison de la privation du terrain
75. A titre de préjudice matériel, compte tenu de l’impossibilité d’obtenir la restitution du terrain, le requérant sollicite le versement d’un dédommagent de 1 770 711,60 EUR.
76. S’agissant du préjudice moral, le requérant demande la somme de 500 000 EUR.
77. Enfin, le requérant demande le remboursement des frais encourus dans la procédure devant la Cour, à concurrence de 38 027,84 EUR, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) et contributions à la caisse de prévoyance des avocats (CPA) incluses.
78. Quant au préjudice matériel, le Gouvernement conteste les modalités de calcul du dommage matériel employées dans les arrêts sur la satisfaction équitable Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (no 31524/96, 30 octobre 2003) et Carbonara et Ventura c. Italie (no 24638/94, 11 décembre 2003) et estime qu’en tout état de cause la somme réclamée par le requérant est excessive.
79. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement fait valoir que le requérant a déjà obtenu un dédommagement dans le cadre du remède « Pinto » et qu’en tout état de cause la somme réclamée est excessive.
80. Quant aux frais de procédure, le Gouvernement soutient que le requérant n’a pas étayé sa demande et qu’en tout état de cause la somme réclamée est excessive.
81. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 en ce qui concerne le constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 ne se trouve pas en état. En conséquence, elle la réserve et fixera la procédure ultérieure, compte tenu de la possibilité que le Gouvernement et le requérant parviennent à un accord.
2. Sur le dédommagement demandé en raison de la durée de la procédure
82. Le requérant estime à 25 000 000 ITL, soit 12 911,42 EUR, la réparation du préjudice moral subi en raison de la durée de la procédure.
83. Quant aux frais de procédure, le requérant renvoie à la somme demandée à ce titre dans le cadre de la demande de réparation de la violation de l’article 1 du Protocole no 1.
84. Le Gouvernement fait valoir que les juridictions internes ont reconnu au requérant un dédommagement conforme aux critères établis par la jurisprudence de la Cour.
85. S’agissant de la réparation du dommage moral, eu égard aux éléments de la présente affaire (paragraphes 67-73 ci-dessus), la Cour estime qu’elle aurait accordé, en l’absence de voies de recours internes, la somme de 26 000 EUR. Vu que le requérant s’est vu accorder environ 5 164 EUR, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours choisie par l’Italie et compte tenu de ce qu’elle est parvenue à un constat de violation, la Cour, statuant en équité, estime que le requérant devrait se voir allouer 6 600 EUR. En outre, la Cour accorde 1 300 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement de la somme due par l’État.
86. Partant, le requérant a droit à titre de réparation du dommage moral à 7 900 EUR, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
87. Quant aux frais et dépens dans le cadre du constat de violation de l’article 6 § 1 de la Convention, la Cour rappelle que selon sa jurisprudence établie, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002, et Sahin c. Allemagne [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
88. Si la Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu’ils aient été effectivement engagés à ce titre, elle trouve cependant excessifs les honoraires revendiqués pour la procédure à Strasbourg. Elle considère dès lors qu’il n’y a lieu de les rembourser qu’en partie. Compte tenu des circonstances de la cause, elle alloue au requérant 2 000 EUR au total, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
3. Intérêts moratoires
89. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À l’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner au fond le grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention quant à l’équité de procédure ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison de la durée de la procédure ;
5. Dit, quant à la violation de l’article 1 du Protocole no 1, que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ;
en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et le requérant à lui adresser par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin ;
6. Dit, quant à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention,
a) que l’État défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 7 900 EUR (sept mille neuf cents euros) pour dommage moral ;
ii. 2 000 EUR (deux mille euros) pour frais et dépens ;
iii. tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur lesdites sommes ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
7. Rejette, quant au constat de violation de l’article 6 § 1 de la Convention, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 11 janvier 2007 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Vincent Berger Boštjan M. Zupančič
Greffier Président

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