TERZA SEZIONE
CAUSA QUATTRONE C. ITALIA
( Richiesta no 67785/01)
SENTENZA
STRASBURGO
11 gennaio 2007
DEFINITIVO
11/04/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Quattrone c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, lel Sig.re I. Ziemele,
I. Berro-Lefèvre, giudici, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 dicembre 2006,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 67785/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. Q. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 marzo 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. P., avvocato a Reggio Calabria. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 19 febbraio 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1924 e risiede a Reggio Calabria.
5. Era comproprietario con terzi (“i terzi”) di un terreno edificabile, ubicato a Reggio Calabria e registrato al catasto (foglio 72, appezzamento 27).
6. Con un’ordinanza del 18 ottobre 1977, il consiglio comunale di Reggio Calabria approvò il progetto di costruzione di una discarica pubblica su questo terreno.
7. Con un’ordinanza del 12 agosto 1978, il sindaco di Reggio Calabria ordinò l’occupazione d’emergenza di una parte del terreno, ossia 75 734 metri quadrati, per una durata massimale di cinque anni a contare dall’occupazione materiale, in vista della sua espropriazione per procedere alla costruzione della discarica pubblica.
8. Il 12 maggio 1978, l’amministrazione occupò questo terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
1. Il procedimento iniziato dinnanzi alle giurisdizioni interne in seguito all’occupazione del terreno
9. Con un atto di citazione notificato il 12 maggio 1983, il richiedente ed i terzi introdussero dinnanzi al tribunale di Reggio Calabria un’azione per danno-interessi contro la municipalità di Reggio Calabria.
10. Facevano valere che l’occupazione del terreno era illegale al motivo che i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto né all’espropriazione del terreno né al pagamento di un’indennità. Chiedevano in via principale la restituzione del terreno e sussidiariamente un risarcimento per la perdita del terreno, così come un’indennità di occupazione.
11. Il 19 ottobre 1987, una prima perizia fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il valore commerciale del terreno nel 1987 era di 30 000 ITL il metro quadrato.
12. Durante il processo, una nuova perizia redatta il 1 dicembre 1998 fu depositata alla cancelleria. Il perito valutò l’importo del risarcimento dovuto ai termini della legge no 662 di 1996, nel frattempo entrata in vigore, a 750 682 981 ITL all’ 11 maggio 1983, ossia in data della scadenza del termine di occupazione autorizzata.
13. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 18 febbraio 2000, il tribunale dichiarò che la proprietà del terreno era stata trasferita all’amministrazione in virtù del principio dell’espropriazione indiretta a contare dal 12 maggio 1983, data della fine dell’occupazione autorizzata.
14. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale condannò la municipalità a versare al richiedente ed ai terzi la somma di 750 682 981 ITL, più interessi e rivalutazione a contare dal 12 maggio 1983, a titolo di risarcimento per la perdita del terreno calcolato ai termini della legge no 662 del 1996.
15. Inoltre, il tribunale condannò la municipalità a versare al richiedente ed ai terzi la somma di 102 365 862 ITL, più interessi, a titolo di indennità di occupazione.
16. Secondo il richiedente, questo giudizio ha acquisito forza di cosa giudicata il 15 dicembre 2000.
2. Il ricorso Pinto
17. Con un ricorso del 16 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Catanzaro ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra.
18. Con una decisione depositata alla cancelleria il 15 gennaio 2002, la corte di appello di Catanzaro constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la domanda relativa al danno materiale al motivo che questa non era supportata, accordò 10 000 000 ITL (o 5 164,57 EUR) come risarcimento del danno morale e 1 700 000 ITL (o 877,98 EUR) per oneri e spese.
19. Secondo il richiedente, questa decisione ha acquisito forza di cosa giudicata il 1 aprile 2002 e la somma liquidata dalla corte di appello è stata versata durante il mese di novembre 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
20. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. Il richiedente adduce di essere stato privato del suo terreno in circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
22. In primo luogo, il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne basati su quattro risvolti.
23. Da prima, fa valere che il richiedente non ha interposto appello al giudizio del tribunale di Reggio Calabria.
24. Inoltre, nella misura in cui il richiedente menziona il tempo trascorso tra la perdita del terreno e la liquidazione del risarcimento, il Governo fa valere che, nella cornice del rimedio “Pinto”, il richiedente avrebbe dovuto ricorrere in cassazione contro la decisione della corte di appello di Catanzaro che ha respinto la sua domanda relativa al danno materiale.
25. In più, fa valere che il richiedente avrebbe potuto iniziare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni amministrative per contestare il rifiuto della municipalità di concludere un accordo di cessione del terreno con cui l’espropriazione di questo sarebbe stata formalizzata.
26. Infine, sostiene che il richiedente avrebbe potuto iniziare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni amministrative al motivo che la municipalità aveva realizzato sul terreno un lavoro differente rispetto a quello che era stato contemplato a priori all’occupazione del terreno.
27. In secondo luogo, il Governo solleva un’eccezione di tardività, facendo valere che il termine di sei mesi è cominciato a decorrere a contare dal momento del trasferimento della proprietà in forza del principio dell’espropriazione indiretta, ossia nel 1983.
28. Trattandosi del primo risvolto dell’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto un’eccezione simile nelle cause Giacobbe ed altri c. Italia (no 16041/02, 15 dicembre 2005), Ingrossato c. Italia, (no 18791/03, 6 luglio 2006), Ucci c. Italia (no 213/04, 22 giugno 2006), Lo Bue c. Italia, (no 12912/04, 13 luglio 2006) e Zaffuto c. Italia (no 12894/04, 13 luglio 2006). Non vede nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque il risvolto in questione.
29. In quanto al secondo risvolto dell’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto un’eccezione simile nelle cause Di Sciscio c. Italia, (no 176/04,20 aprile 2006) e Ceglia c. Italia, (no 21457/04, 19 ottobre 2006). Non vede nessuno motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque il risvolto in questione.
30. Trattandosi dei due ultimi risvolti dell’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte ricorda che ha respinto delle eccezioni simili nelle cause Donati c. Italia, (, déc.) (no 63242/00, 13 maggio 2004) e Gianni e 8 altri c. Italia (no 35941/03, 30 marzo 2006,). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge i risvolti in questione.
31. In quanto all’eccezione di tardività, la Corte ricorda che ha respinto delle eccezioni simili nelle cause La Rosa ed altri c. Italia (no 2), (, déc.) (no 58274/00, 1 aprile 2004), La Rosa ed altri c. Italia (no 3), (, déc.) (no 58386/00, 1 aprile 2004), Carletta c. Italia, (, déc.) (no 63861/00, 1 aprile 2004, Donati c. Italia, (, déc.), no 63242/00, 13 maggio 2004, Maselli c. Italia (no 2) (, déc.), no 61211/00, 27 maggio 2004) e Chirò c. Italia (no 2) (, déc.), (no 65137/01, 27 maggio 2004). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge l’eccezione in questione.
32. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
33. Il Governo fa osservare che, nel caso specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui non è stata adottata nessuna ordinanza di espropriazione.
34. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
35. Secondariamente, la privazione del bene come risultante dell’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
36. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
37. Ne segue che la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione non potrebbe essere esclusa dalla nozione di legge ai sensi della Convenzione.
38. Trattandosi della qualità della legge, il Governo riconosce che il fatto che un’ordinanza di espropriazione non sia stata pronunciata è in sé una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
39. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un lavoro di utilità pubblica, la restituzione del terreno non è più possibile.
40. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, tendente a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che risponda all’utilità pubblica.
41. In quanto all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l’amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati.
42. Tenuto conto del fatto che l’espropriazione indiretta rispondeva ad un interesse collettivo e che l’illegalità commessa dall’amministrazione riguardava solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo, l’indennizzo può essere inferiore al danno subito.
43. La determinazione dell’importo dell’indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciato agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. Il Governo ricorda inoltre che l’indennità come plafonata dalla legge di bilancio no 662 del 1996 è in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l’espropriazione fosse stata regolare.
44. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto ogni punto di vista con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) Il richiedente,
45. Il richiedente si oppone alla tesi del Governo.
46. Fa osservare che l’espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in tutta illegalità.
47. Denuncia una mancanza di chiarezza, prevedibilità e precisione dei principi e delle disposizioni applicati al suo caso al motivo che un principio giurisprudenziale, come quello dell’espropriazione indiretta, non basta a soddisfare al principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
48. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
49. La Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il tribunale ha considerato il richiedente come privato del suo bene in ragione della trasformazione irreversibile di questo. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalità da parte del giudice è l’elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che il giudizio del tribunale di Reggio Calabria ha avuto per effetto di privare il richiedente del suo bene ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitata, § 61, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
50. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilità pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, p. 26, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi “sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
51. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale a favore del richiedente non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, § 62).
b) Sul rispetto del principio di legalità
52. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005 ) secondo la quale l’espropriazione indiretta ignora il principio di legalità al motivo che non è atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all’amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L’espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione, a regolare le conseguenze per l’individuo e per l’amministrazione, a favore di questa.
53. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, il tribunale ha considerato il richiedente come privo del suo bene in ragione della trasformazione irreversibile di questo, essendo riunite le condizioni di illegalità dell’occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruito. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico è stata consacrata. Di conseguenza, il richiedente ha avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno solo il 15 dicembre 2000, data in cui il giudizio del tribunale di Reggio Calabria ha acquisito forza di cosa giudicata.
54. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare partito da un’occupazione illegale di terreno. In altri termini, l’amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che disciplinano l’espropriazione in buona e dovuta forma, e, tra l’altro, senza che un’indennità venisse messa in parallelo a disposizione dell’interessato.
55. Trattandosi dell’indennità, la Corte constata che l’applicazione retroattiva della legge no 662 del 1996 al caso di specifico ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilità di ottenere risarcimento del danno subito.
56. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che dunque ha infranto il diritto al rispetto dei beni del richiedente.
57. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Equità del procedimento
58. Il richiedente adduce che l’adozione e l’applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al suo procedimento costituisce un’ingerenza legislativa contraria al suo diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
59. Il Governo fa valere in particolare che l’applicazione al caso di specifico del criterio di valutazione del risarcimento introdotto dalla legge no 662 del 1996 non avrebbe costituito un ostacolo all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto all’individuo ed il compenso concesso a questo.
60. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quello esaminato sopra e dunque deve essere dichiarato anche ammissibile.
61. La Corte ha appena constatato, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dal richiedente non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo ai motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione (paragrafi 53 a 57 sopra) la Corte stima che non c’è luogo di esaminare se c’è stato, nello specifico, violazione dell’articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132 – 133, CEDH 2006 -…).
B. Durata del procedimento
62. Il richiedente sostiene che il procedimento impegnato per ottenere il risarcimento per la perdita del terreno ha ignorato il principio del “termine ragionevole” stabilito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
63. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che il richiedente non è ricorso in cassazione contro la decisione della corte di appello di Catanzaro.
64. Il richiedente oppone all’eccezione del Governo e si lamenta dell’importo dei danni accordato nella cornice del ricorso “Pinto” che ha intentato a livello nazionale.
65. La Corte ha il dovere di esaminare al primo colpo l’eccezione del Governo. A questo riguardo, ricorda che, conformemente alla sua giurisprudenza (vedere Di Sante c. Italia,( déc.), no 56079/00, 24 giugno 2004, a partire dal 26 luglio 2004 )deve essere richiesto dai richiedenti che utilizzino del ricorso in cassazione ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione. Nello specifico, la decisione della corte di appello di Catanzaro ha acquisito forza di cosa giudicata il 1 aprile 2002. Ne segue che nello specifico il richiedente non era tenuto a ricorrere in cassazione ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione. Quindi, l’eccezione in questione non potrebbe essere considerata.
66. Riferendosi ai principi in materia di “vittima” nella cornice della durata eccessiva del procedimento (Scordino c. Italia (no 1), [GC], no 36813/97, §§178-207, CEDH 2006 -…), la Corte nota che la somma accordata dalla corte di appello nello specifico rappresenta circa il 20% di ciò che la Corte concede generalmente nelle cause italiane similari. Questo elemento da solo arriva ad un risultato manifestamente irragionevole rispetto alla sua giurisprudenza ed ai principi su cui questa si fonda. Inoltre, la Corte trova inammissibile che il richiedente abbia dovuto aspettare più di un anno e nove mesi dopo il deposito della decisione alla cancelleria, per ricevere il suo indennizzo.
67. La Corte stima che il periodo da considerare è cominciato il 12 maggio 1983, con la notificazione da parte del richiedente dell’atto di citazione dinnanzi al tribunale di Reggio Calabria, per concludersi il 18 febbraio 2000, data del deposito alla cancelleria del giudizio del tribunale di Reggio Calabria. È durata dunque più di sedici anni per un grado di giurisdizione.
68. La Corte ricorda di avere concluso in quattro sentenze contro l’Italia del 28 luglio 1999 (Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, § 22, CEDH 1999-V, Ferrari c. Italia [GC], no 33440/96, § 21, 28 luglio 1999, A.P. c. Italia [GC], no 35265/97, § 18, 28 luglio 1999, e Di Mauro c. Italia [GC], no 34256/96, § 23, CEDH 1999-V) all’esistenza di una pratica in Italia incompatibile con la Convenzione.
69. Ricorda di avere affermato inoltre in nove sentenze contro l’Italia del 29 marzo 2006 (Scordino (no 1), precitato, § 224, Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, § 119, CEDH 2006 -… , Musci c. Italia [GC], no 64699/01, § 119, CEDH 2006 -…, Riccardi Pizzati c. Italia [GC], no 62361/00, § 116, 29 marzo 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italia (no 1) [GC], no 64705/01, § 117, 29 marzo 2006, Giuseppe Mostacciuolo c. Italia (no 2) [GC], no 65102/01, § 116, 29 marzo 2006, Apicella c. Italia [GC], no 64890/01, § 116, 29 marzo 2006, Ernestina Zullo c. Italia [GC], no 64897/01, § 121, 29 marzo 2006, e Giuseppina ed Orestina Procaccini c. Italia [GC], no 65075/01, § 117, 29 marzo 2006) che la situazione dell’Italia a proposito dei ritardi nell’amministrazione della giustizia non è sufficientemente cambiata da rimettere in causa la valutazione secondo la quale l’accumulo di trasgressioni è costitutivo di una pratica incompatibile con la Convenzione.
70. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile.
71. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme non abbia fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 dunque.
72. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazioni fornite dalle parti e della pratica precitata, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
73. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
74. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
1. Sul risarcimento chiesto in ragione della privazione del terreno
75. A titolo di danno materiale, tenuto conto dell’impossibilità di ottenere la restituzione del terreno, il richiedente sollecita il versamento di un risarciscono di 1 770 711,60 EUR.
76. Trattandosi del danno morale, il richiedente chiede la somma di 500 000 EUR.
77. Infine, il richiedente chiede il rimborso degli oneri incorsi nel procedimento dinnanzi alla Corte, a concorrenza di 38 027,84 EUR, tassa sul valore aggiunto (IVA) e contributi alla cassa di previdenza degli avvocati (CPA) inclusi.
78. In quanto al danno materiale, il Governo contesta le modalità di calcolo del danno materiale adoperato nelle sentenze sulla soddisfazione equa Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (no 31524/96, 30 ottobre 2003) e Carbonara e Ventura c. Italia (no 24638/94, 11 dicembre 2003) e stima che ad ogni modo la somma richiesta dal richiedente è eccessiva.
79. Trattandosi del danno morale, il Governo fa valere che il richiedente ha già ottenuto un risarcimento nella cornice del rimedio “Pinto” e che ad ogni modo la somma richiesta è eccessiva.
80. In quanto agli oneri di procedimento, il Governo sostiene che il richiedente non ha supportato la sua domanda e che ad ogni modo la somma richiesta è eccessiva.
81. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 in ciò che riguarda la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non è matura. Perciò, la riserva e fisserà l’ ulteriore procedimento, tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo.
2. Sul risarcimento chiesto in ragione della durata del procedimento
82. Il richiedente stima a 25 000 000 ITL, o 12 911,42 EUR, il risarcimento del danno morale subito in ragione della durata del procedimento.
83. In quanto agli oneri di procedimento, il richiedente rinvia alla somma chiesta a questo titolo nella cornice della domanda di risarcimento della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
84. Il Governo fa valere che le giurisdizioni interne hanno riconosciuto al richiedente un risarcimento conforme ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte.
85. Trattandosi del risarcimento del danno morale, avuto riguardo agli elementi della presente causa (paragrafi 67-73 sopra) la Corte stima che avrebbe accordato, in mancanza di vie di ricorso interne, la somma di 26 000 EUR. Visto che il richiedente si è visto accordare circa 5 164 EUR, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso scelta dall’Italia e tenuto conto del fatto che è giunta ad una constatazione di violazione, la Corte, deliberando in equità, stima che il richiedente dovrebbe vedersi assegnare 6 600 EUR. Inoltre, la Corte accorda 1 300 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento della somma dovuta dallo stato.
86. Pertanto, il richiedente ha diritto a titolo di risarcimento del danno morale a 7 900 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
87. In quanto agli oneri e spese nella cornice della constatazione di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ricorda che secondo la sua giurisprudenza stabilita, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002, e Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII.)
88. Se la Corte non dubita della necessità degli oneri richiesti né che siano stati sostenuti effettivamente a questo titolo, trova però eccessiva la parcella rivendicata per il procedimento a Strasburgo. Considera quindi che vi è luogo rimborsarli solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, assegna al richiedente 2 000 EUR al totale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
3. Interessi moratori
89. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare al merito il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto all’equità di procedimento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata del procedimento;
5. Stabilisce, in quanto alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza;
6. Stabilisce, in quanto alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 7 900 EUR (settemila nove cento euro) per danno morale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese;
iii. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
7. Respinge, in quanto alla constatazione di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 11 gennaio 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupančič
Cancelliere Presidente