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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PRENNA ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 41, 29, P1-1
Numero: 69907/01/06
Stato: Italia
Data: 2006-02-09 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA PRENNA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 69907/01)
SENTENZA
STRASBURGO
9 febbraio 2006
DEFINITIVO
09/05/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Prenna ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,
Sigg. V. Zagrebelsky, E. Myjer, Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. Sig. Villiger, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 69907/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini di questo Stato, Sigg. S. e M P. ed il Sig.re F. A. e G. G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 23 aprile 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da R. P., avvocato a Macerata. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. L’ 8 marzo 2004, la Corte, prima sezione, ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell’ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I quattro richiedenti sono nati rispettivamente nel 1966, 1965, 1940 e 1947 e risiedono a Macerata.
6. Hanno ereditato tutti un terreno registrato al catasto foglio no 66, appezzamento 1147, di circa 3 730 metri quadrati, ubicati a Macerata. Il quarto richiedente, in quanto a lui, ha ereditato anche del terreno registrato foglio no 66, appezzamento 207, di circa 1 730 metri quadrati.
7. Con un’ordinanza del 28 giugno 1988, la municipalità di Macerata, mettendo in esecuzione una decisione della provincia di Macerata, ordinò l’occupazione di emergenza dei terreni dei richiedenti per un periodo massimale di cinque anni, in vista della loro espropriazione per la costruzione di una scuola.
8. Il 28 luglio 1988, i terreni furono occupati materialmente ed i lavori di costruzione furono iniziati. La costruzione della scuola si concluse il 29 agosto 1991.
9. Con una decisione del 5 aprile 1993, la provincia di Macerata prorogò il periodo di occupazione fino al 12 aprile 1995 per permettere il completamento del procedimento di espropriazione.
1. Il procedimento dinnanzi alla corte di appello
10. Il 30 aprile 1992, i richiedenti citarono la provincia di Macerata a comparire dinnanzi alla corte di appello di Ancona per ottenere un’indennità di occupazione così come un’indennità di espropriazione.
11. Con una sentenza non definitiva del 30 maggio 1996, la corte di appello dichiarò inammissibile la richiesta dei richiedenti concernente questa ultima indennità. Affermò che il diritto ad ottenere un’indennità di espropriazione non può esistere in mancanza di un’ordinanza di espropriazione, costituendo questo ultimo l’atto ablativo di proprietà. In compenso, dichiarò che i richiedenti avevano diritto ad un’indennità di occupazione per il non-godimento del terreno. Rilevò inoltre che il terreno che figura all’appezzamento 207 era stato già oggetto di una cessione, cessione volontaria, alla municipalità da parte del de cuius del quarto richiedente ed era stato menzionato dunque per errore tra i terreni da occupare. Pertanto, il quarto richiedente rinunciò a questa parte della sua domanda. La corte di appello affermò la natura non edificabile del terreno della richiesta comparsa all’appezzamento 1147 ed ordinò una perizia per la determinazione della somma da concedere ai richiedenti a titolo di indennità di occupazione.
12. Il perito nominato d‘ufficio rimise il suo rapporto il 4 giugno 1997.
13. Con una sentenza del 1 marzo 2000, applicando dei criteri stabiliti dalla legge no 865 del 1971, la corte di appello condannò l’amministrazione provinciale a pagare ai richiedenti la somma di 82 760 540 ITL [42 742,25 EUR], aumentato degli interessi legali, a titolo di indennità di occupazione per il periodo compreso tra il 28 luglio 1988 ed il 12 aprile 1995.
2. L’azione in danno-interessi dinnanzi al tribunale civile
14. Nel frattempo, con un atto notificato il 6 dicembre 1996, i richiedenti introdussero un’azione contro la provincia di Macerata dinnanzi al tribunale civile di Macerata per ottenere i danno-interessi derivanti dall’espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, del loro terreno. L’amministrazione convenuta sostenne in particolare che il diritto al risarcimento era prescritto.
15. Il collocamento in stato della causa cominciò il 25 febbraio 1997. Il tribunale ordinò una perizia tecnica che mirava a valutare il valore del terreno ed a stabilire il momento della trasformazione irreversibile del bene. Il rapporto di perizia, depositato il 4 ottobre 1999, indicava che il valore venale del terreno in data dell’occupazione materiale, ossia il 28 luglio 1988, era di 261 100 000 ITL [134 846,89 EUR], (70 000 lire/m² per 3 730 m²). Indicava inoltre che la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo tra gli inizi di 1990 ed l’agosto 1991.
16. Risulta dalla pratica che il procedimento è ad oggi pendente dinnanzi al tribunale di Macerata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L’occupazione di emergenza di un terreno
17. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all’amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione può decretare l’occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
18. L’occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un’indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l’indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l’amministrazione proceda ad un’offerta di indennizzo.
b) Il principio dell’espropriazione indiretta (“occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”)
19. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
20. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l’occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
21. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l’illegalità derivante dall’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l’azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l’indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
22. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l’amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
23. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
24. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell’occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l’occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l’acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull’interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
25. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l’occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
26. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell’espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l’articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l’amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l’interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull’interesse dell’individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
27. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
28. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’è espropriazione indiretta quando le decisioni dell’amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
29. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l’interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L’illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
30. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c’è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non si applica dunque. L’interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L’introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
31. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
32. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c’è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
33. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003, paragrafo 46 sotto.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
34. Ai termini dell’articolo 3 di questa legge, “Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un’espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all’articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell’occupazione illegale.”
35. Interpretando l’articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: “Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni – ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni – e l’interesse pubblico – concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate – ha dato la precedenza a questo ultimo interesse.”
5. L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
36. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all’interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l’occupazione illegale.
37. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennità contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
38. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non poteva essere accordato per un’occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l’indennizzo equivaleva all’importo dell’indennità contemplata nel caso di un’espropriazione formale, nell’ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
39. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
40. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell’espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
41. Alla vista della constatazione di violazione dell’articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
42. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell’espropriazione indiretta – ha detto che in materia dell’uniformità della giurisprudenza, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente “prevedibile” a contare del 1983. Per questo fatto, l’espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all’indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, l’indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
43. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro “pubblico” poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come “realizzato” e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l’articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l’amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l’espropriazione indiretta non potrebbe costituire un’alternativa (“una mera alternativa”) ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito “il Repertorio,
44. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell’espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all’insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
45. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell’autorità che l’ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L’autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L’autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.

IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
46. I richiedenti adducono essere stato privati dei loro terreni in modo incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo n o1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se nona causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
47. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che sarebbe prematuro giudicare sulla situazione denunciata, al motivo che il procedimento nazionale è ancora pendente così che non c’è ancora giudizio interno definitivo.
48. I richiedenti si oppongono all’eccezione del Governo. Fanno valere che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali è ancora pendente più di diciassette anni dopo l’occupazione dei loro terreni e che nessuno risarcimento per la perdita di questo è stato versato ancora.
49. La Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti, che l’eccezione è legata strettamente in fondo alla richiesta e decide di unirla al merito. Constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
50. Il Governo fa osservare che, nel caso di specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata. Ad ogni modo, i richiedenti sono stati privati del loro bene per effetto della realizzazione dei lavori pubblici, e della trasformazione irreversibile del terreno che questi hanno provocato. Questa privazione di bene è solamente la conseguenza del principio dell’espropriazione indiretta, applicata, nello specifico, dalle giurisdizioni nazionali.
51. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
52. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, ciò che non è stato rimesso in causa con le giurisdizioni nazionali.
53. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi della sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
54. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
55. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all’utilità pubblica.
56. In quanto all’indennizzo, il Governo osserva che secondo la giurisprudenza del 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, in compenso delle irregolarità commesse dalla municipalità, questa è tenuta ad indennizzare integralmente l’individuo. Però, il Governo sostiene che l’indennizzo da accordare può essere inferiore al danno subito dall’interessato, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l’illegalità commessa dalla municipalità riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
57. Tuttavia, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo, il Governo sostiene che l’importo dell’indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. A questo riguardo, il Governo sostiene che l’indennità come plafonata dalla legge in causa sia in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordato se l’espropriazione fosse stata regolare, l’espropriazione indiretta è in ogni caso vantaggiosa per gli interessati.
58. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato.
b) I richiedenti,
59. I richiedenti si oppongono agli argomenti del Governo e, riferendosi alla giurisprudenza della Corte nelle cause Belvedere Alberghiera c. Italia e Carbonara e Ventura c. Italia, sentenze del.30 maggio 2000, CEDH 2000-VI, fanno valere l’incompatibilità del meccanismo dell’espropriazione indiretta col principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
60. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al fondo le eccezioni del Governo derivate dal non-esaurimento delle vie di ricorso interni, della mancanza di requisito di vittime dei richiedenti e dell’incompatibilità ratione materiae.
61. Le parti si accordano per dire che c’è stata “privazione di proprietà.”
62. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un’espropriazione di fatto( Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
63. Ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19 – 20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110)
64. La Corte resta convinta che l’esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge.
65. La Corte prende nota dell’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’elaborazione del principio dell’espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nella cronostoria della giurisprudenza. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 47 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che l’espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
66. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l’espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione ed a regolare le conseguenze per l’individuo e l’amministrazione, e permette a questa ultima di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non saprebbe costituire dunque un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, paragrafo 42 sopra).
67. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo di cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
68. La Corte constata che nello specifico il richiedente ha perso la padronanza del terreno che è stato occupato nel 1994 e che è stato trasformato in modo irreversibile in seguito alla realizzazione del lavoro pubblico. Ai termini della perizia depositata alla cancelleria durante il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Napoli, il periodo di occupazione autorizzata della prima parte di terreno è finito il 7 luglio 1999 e l’occupazione della seconda parte di terreno è stata illegale ab initio.
69. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che tale trasferimento deve passare per avere avuto luogo, Carbonara e Ventura, precitata, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in causa, combinata con l’impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un’espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni, Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45, e non conforme al principio di preminenza del diritto.
70. In conclusione, le eccezioni del Governo non potrebbero essere considerate e vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
71. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
72. I richiedenti chiedono 134 846,89 EUR, a titolo di danno materiale, o il valore dei terreni controversi al momento dell’occupazione materiale, aumentato degli interessi legali.
73. Chiedono 20 000 EUR ciascuno a titolo di danno morale.
74. Infine, i richiedenti richiedono 9 857,09 EUR per il rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla corte di appello di Ancona e 13 457,36 EUR per gli oneri incorsi dinnanzi al tribunale di Macerata. Chiedono 13 358,59 EUR per il rimborso degli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
75. In quanto al danno materiale, il Governo osserva al primo colpo che i richiedenti non possono aspirare ad un risarcimento integrale del danno e contesta l’applicazione al caso specifico del metodo utilizzato dalla Corte nella causa Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa, no 24638/94, 11 dicembre 2003,). Per di più, fa valere che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva.
76. In quanto al danno morale, il Governo fa valere che questo dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale sia subordinata all’esaurimento del rimedio Pinto. In più, sottolinea che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva e che questi ultimi hanno quantificato a tale indennità in modo vago ed impreciso.
77. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne, il Governo fa valere che la decisione concernente il rimborso di questi oneri dipenda unicamente dalla competenza delle giurisdizioni nazionali; in quanto agli oneri incorsi dinnanzi alla Corte, il Governo afferma che la somma chiesta è derogatoria.
78. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al fondo l’eccezione del Governo e la respingo;
2. Dichiara la richiesta ammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 9 febbraio 2006 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Marco Villiger Boštjan il Sig. Zupančič
Cancelliere aggiunto Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Satisfaction équitable réservée
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE PRENNA ET AUTRES c. ITALIE
(Requête no 69907/01)
ARRÊT
STRASBOURG
9 février 2006
DÉFINITIF
09/05/2006
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Prenna et autres c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
MM. B.M. Zupančič, président,
J. Hedigan,
Mme M. Tsatsa-Nikolovska,
MM. V. Zagrebelsky,
E. Myjer,
David Thór Björgvinsson,
Mme I. Ziemele, juges,
et de M. M. Villiger, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 19 janvier 2006,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 69907/01) dirigée contre la République italienne et dont quatre ressortissants de cet Etat, MM. S. et M. P. et Mmes F. A. et G. G. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 23 avril 2001 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me R. P., avocat à Macerata. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I. M. Braguglia, par son coagent, M. F. Crisafulli et par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 8 mars 2004, la Cour (première section) a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
4. Le 1er novembre 2004, la Cour a modifié la composition de ses sections (article 25 § 1 du règlement). La présente requête a été attribuée à la troisième section ainsi remaniée (article 52 § 1).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les quatre requérants sont nés respectivement en 1966, 1965, 1940 et 1947 et résident à Macerata.
6. Ils ont tous hérité d’un terrain enregistré au cadastre feuille no 66, parcelle 1147, d’environ 3 730 mètres carrés, sis à Macerata. La quatrième requérante, quant à elle, a hérité également du terrain enregistré feuille no 66, parcelle 207, d’environ 1 730 mètres carrés.
7. Par un arrêté du 28 juin 1988, la municipalité de Macerata, donnant exécution à une décision de la province de Macerata, ordonna l’occupation d’urgence des terrains des requérants pour une période maximale de cinq ans, en vue de leur expropriation pour la construction d’une école.
8. Le 28 juillet 1988, les terrains furent occupés matériellement et les travaux de construction furent entamés. La construction de l’école s’acheva le 29 août 1991.
9. Par une décision du 5 avril 1993, la province de Macerata prorogea la période d’occupation jusqu’au 12 avril 1995 pour permettre l’achèvement de la procédure d’expropriation.
1. La procédure devant la cour d’appel
10. Le 30 avril 1992, les requérants assignèrent la province de Macerata à comparaître devant la cour d’appel d’Ancône afin d’obtenir une indemnité d’occupation ainsi qu’une indemnité d’expropriation.
11. Par un arrêt non définitif du 30 mai 1996, la cour d’appel déclara irrecevable la demande des requérants concernant cette dernière indemnité. Elle affirma que le droit à obtenir une indemnité d’expropriation ne peut pas exister en absence d’un arrêté d’expropriation, ce dernier constituant l’acte ablatif de propriété. En revanche, elle déclara que les requérants avaient droit à une indemnité d’occupation pour la non-jouissance du terrain. Elle releva en outre que le terrain figurant à la parcelle 207 avait déjà fait l’objet d’une cession (cessione volontaria) à la municipalité par le de cuius de la quatrième requérante et avait donc été mentionné par erreur parmi les terrains à occuper. Partant, la quatrième requérante renonça à cette partie de sa demande. La cour d’appel affirma la nature non constructible du terrain des requérants figurant à la parcelle 1147 et ordonna une expertise pour la détermination de la somme à octroyer aux requérants à titre d’indemnité d’occupation.
12. L’expert nommé d’office remit son rapport le 4 juin 1997.
13. Par un arrêt du 1er mars 2000, faisant application des critères établis par la loi no 865 de 1971, la cour d’appel condamna l’administration provinciale à payer aux requérants la somme de 82 760 540 ITL [42 742,25 EUR], majorée des intérêts légaux, à titre d’indemnité d’occupation pour la période comprise entre le 28 juillet 1988 et le 12 avril 1995.
2. L’action en dommages-interêts devant le tribunal civil
14. Entre-temps, par un acte notifié le 6 décembre 1996, les requérants introduisirent une action à l’encontre de la province de Macerata devant le tribunal civil de Macerata afin d’obtenir les dommages-intérêts découlant de l’expropriation indirecte (occupazione acquisitiva) de leur terrain. L’administration défenderesse soutint notamment que le droit au dédommagement était prescrit.
15. La mise en état de l’affaire commença le 25 février 1997. Le tribunal ordonna une expertise technique visant à évaluer la valeur du terrain et à établir le moment de la transformation irréversible du bien. Le rapport d’expertise, déposé le 4 octobre 1999, indiquait que la valeur vénale du terrain à la date de l’occupation matérielle, à savoir le 28 juillet 1988, était de 261 100 000 ITL [134 846,89 EUR], (70 000 lires/m² pour 3 730 m²). Il indiquait en outre que la transformation irréversible du terrain avait eu lieu entre le début de 1990 et août 1991.
16. Il ressort du dossier que la procédure est à ce jour pendante devant le tribunal de Macerata.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
A. L’occupation d’urgence d’un terrain
17. En droit italien, la procédure accélérée d’expropriation permet à l’administration d’occuper un terrain et d’y construire avant l’expropriation. Une fois l’ouvrage à réaliser déclaré d’utilité publique et le projet de construction adopté, l’administration peut décréter l’occupation d’urgence des zones à exproprier pour une durée déterminée n’excédant pas cinq ans (article 20 de la loi no 865 de 1971). Cet arrêté devient caduc si l’occupation matérielle du terrain n’a pas lieu dans les trois mois suivant sa promulgation. Avant la fin de la période d’occupation autorisée, un arrêté d’expropriation formelle doit être pris.
18. L’occupation autorisée d’un terrain donne droit à une indemnité d’occupation. La Cour constitutionnelle a reconnu, dans son arrêt no 470 de 1990, un droit d’accès immédiat à un tribunal aux fins de réclamer l’indemnité d’occupation dès que le terrain est matériellement occupé, sans besoin d’attendre que l’administration procède à une offre d’indemnisation.
B. Le principe de l’expropriation indirecte (« occupazione acquisitiva » ou « accessione invertita »)
19. Dans les années 1970, plusieurs administrations locales procédèrent à des occupations d’urgence de terrains qui ne furent pas suivies d’arrêtés d’expropriation. Les juridictions italiennes se trouvèrent confrontées à des cas où le propriétaire d’un terrain avait perdu de facto la maîtrise de celui-ci en raison de l’occupation et de l’accomplissement de travaux de construction d’un ouvrage public. Restait à savoir si, simplement par l’effet des travaux effectués, l’intéressé avait perdu également la propriété du terrain.
1. La jurisprudence avant l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
20. La jurisprudence était très partagée sur le point de savoir quels étaient les effets de la construction d’un ouvrage public sur un terrain occupé illégalement. Par occupation illégale, il faut entendre une occupation illégale ab initio, ou bien une occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite, le titre étant annulé ou bien l’occupation se poursuivant au-delà de l’échéance autorisée sans qu’un arrêté d’expropriation ne soit intervenu.
21. Selon une première jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain après l’achèvement de l’ouvrage public. Toutefois, il ne pouvait pas demander une remise en l’état du terrain et pouvait uniquement engager une action en dommages et intérêts pour occupation abusive, non soumise à un délai de prescription puisque l’illégalité découlant de l’occupation était permanente. L’administration pouvait à tout moment adopter une décision formelle d’expropriation ; dans ce cas, l’action en dommages-intérêts se transformait en litige portant sur l’indemnité d’expropriation et les dommages-intérêts n’étaient dus que pour la période antérieure au arrêtéd’expropriation pour la non-jouissance du terrain (voir, entre autres, les arrêts de la Cour de cassation no 2341 de 1982, no 4741 de 1981, no 6452 et no 6308 de 1980).
22. Selon une deuxième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain et pouvait demander la remise en l’état, lorsque l’administration avait agi sans qu’il y ait utilité publique (voir, par exemple, Cour de cassation, arrêt no 1578 de 1976, arrêt no 5679 de 1980).
23. Selon une troisième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration perdait automatiquement la propriété du terrain au moment de la transformation irréversible du bien, à savoir au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. L’intéressé avait le droit de demander des dommages-intérêts (voir l’arrêt no 3243 de 1979 de la Cour de cassation).
2. L’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
24. Par un arrêt du 16 février 1983, la Cour de cassation, statuant en chambres réunies, résolut le conflit de jurisprudence et adopta la troisième solution. Ainsi fut consacré le principe de l’expropriation indirecte (accessione invertita ou occupazione acquisitiva). En vertu de ce principe, la puissance publique acquiert ab origine la propriété d’un terrain sans procéder à une expropriation formelle lorsque, après l’occupation du terrain, et indépendamment de la légalité de l’occupation, l’ouvrage public a été réalisé. Lorsque l’occupation est ab initio sans titre, le transfert de propriété a lieu au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. Lorsque l’occupation du terrain a initialement été autorisée, le transfert de propriété a lieu à l’échéance de la période d’occupation autorisée. Dans le même arrêt, la Cour de cassation précisa que, dans tous les cas d’expropriation indirecte, l’intéressé a droit à une réparation intégrale, l’acquisition du terrain ayant eu lieu sans titre. Toutefois, cette réparation n’est pas versée automatiquement ; il incombe à l’intéressé de réclamer des dommages-intérêts. En outre, le droit à réparation est assorti du délai de prescription prévu en cas de responsabilité délictuelle, à savoir cinq ans, commençant à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
3. La jurisprudence après l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
a) La prescription
25. Dans un premier temps, la jurisprudence considérait qu’aucun délai de prescription ne trouvait à s’appliquer, puisque l’occupation sans titre du terrain constituait un acte illégal continu. La Cour de cassation, dans son arrêt no 1464 de 1983, affirma que le droit à réparation était soumis à un délai de prescription de cinq ans. Par la suite, la première section de la Cour de cassation affirma qu’un délai de prescription de dix ans devait s’appliquer (arrêts no 7952 de 1991 et no 10979 de 1992). Par un arrêt du 22 novembre 1992, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a définitivement tranché la question, estimant que le délai de prescription est de cinq ans et qu’il commence à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
b) L’arrêt no 188 de 1995 de la Cour constitutionnelle
26. Dans cet arrêt, la Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution le principe de l’expropriation indirecte, dans la mesure où ce principe est ancré dans une disposition législative, à savoir l’article 2043 du code civil régissant la responsabilité délictuelle. Selon cet arrêt, le fait que l’administration devienne propriétaire d’un terrain en tirant bénéfice de son comportement illégal ne pose aucun problème sur le plan constitutionnel, puisque l’intérêt public, à savoir la conservation de l’ouvrage public, l’emporte sur l’intérêt du particulier, et donc sur le droit de propriété de ce dernier. La Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution l’application à l’action en réparation du délai de prescription de cinq ans, tel que prévu par l’article 2043 du code civil pour responsabilité délictuelle.
c) Cas de non-application du principe de l’expropriation indirecte
27. Les développements de la jurisprudence montrent que le mécanisme par lequel la construction d’un ouvrage public entraîne le transfert de propriété du terrain au bénéfice de l’administration connaît des exceptions.
28. Dans son arrêt no 874 de 1996, le Conseil d’Etat a affirmé qu’il n’y a pas d’expropriation indirecte lorsque les décisions de la municipalité et l’arrêté d’occupation d’urgence ont été annulés par les juridictions administratives ; si tel n’était pas le cas, la décision judiciaire serait vidée de substance.
29. Dans son arrêt no 1907 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé que l’administration ne devient pas propriétaire d’un terrain lorsque les décisions qu’elle a adoptées et la déclaration d’utilité publique doivent être considérées comme nulles ab initio. Dans ce cas, l’intéressé garde la propriété du terrain et peut demander la restitutio in integrum. Il peut, comme alternative, demander des dommages-intérêts. L’illégalité dans ces cas a un caractère permanent et aucun délai de prescription ne trouve application.
30. Dans l’arrêt no 6515 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété lorsque la déclaration d’utilité publique a été annulée par les juridictions administratives. Dans ce cas, le principe de l’expropriation indirecte ne trouve donc pas à s’appliquer. L’intéressé, qui garde la propriété du terrain, a la possibilité de demander la restitutio in integrum. L’introduction d’une demande en dommages-intérêts entraîne une renonciation à la restitutio in integrum. Le délai de prescription de cinq ans commence à courir au moment où la décision du juge administratif devient définitive.
31. Dans l’arrêt no 148 de 1998, la première section de la Cour de cassation a suivi la jurisprudence des chambres réunies et affirmé que le transfert de propriété par effet de l’expropriation indirecte n’a pas lieu lorsque la déclaration d’utilité publique à laquelle le projet de construction était assorti a été considérée comme invalide ab initio.
32. Dans l’arrêt no 5902 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies a réaffirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété en l’absence de déclaration d’utilité publique valide.
33. Il convient de comparer cette jurisprudence avec la loi no 458 de 1988 et avec le Répertoire des dispositions sur l’expropriation, entré en vigueur le 30 juin 2003 (paragraphe 46 ci-dessous).
4. La loi no458 du 27 octobre 1988
34. Aux termes de l’article 3 de cette loi :
« Le propriétaire d’un terrain, utilisé pour la construction de bâtiments publics et de logements sociaux, a droit à la réparation du dommage subi, à la suite d’une expropriation déclarée illégale par une décision passée en force de chose jugée, mais ne peut prétendre à la restitution de son bien. Il a également droit, en plus de la réparation du dommage, aux sommes dues en raison de la dépréciation monétaire et à celles mentionnées à l’article 1224 § 2 du code civil et ceci à compter du jour de l’occupation illégale.»
35. Interprétant l’article 3 de la loi de 1988, la Cour constitutionnelle, dans son arrêt du 12 juillet 1990 (n 384), a considéré :
« Par la disposition attaquée, le législateur, entre l’intérêt des propriétaires des terrains – obtenir en cas d’expropriation illégale la restitution des terrains – et l’intérêt public – concrétisé par la destination de ces biens à des finalités de constructions résidentielles publiques à des conditions favorables ou conventionnées – a donné la priorité à ce dernier intérêt.»
5. Le montant de la réparation en cas d’expropriation indirecte
36. Selon la jurisprudence de 1983 de la Cour de cassation en matière d’expropriation indirecte, une réparation intégrale du préjudice subi, sous forme de dommages-intérêts pour la perte du terrain, était due à l’intéressé en contrepartie de la perte de propriété qu’entraîne l’occupation illégale.
37. La loi budgétaire de 1992 (article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992) modifia cette jurisprudence, dans le sens que le montant dû en cas d’expropriation indirecte ne pouvait dépasser le montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle. Par l’arrêt no 369 de 1996, la Cour constitutionnelle déclara inconstitutionnelle cette disposition.
38. En vertu de la loi budgétaire no 662 de 1996, qui fit suite à la disposition déclarée inconstitutionnelle, l’indemnisation intégrale ne peut être accordée pour une occupation de terrain ayant eu lieu avant le 30 septembre 1996. Dans cette optique, l’indemnisation équivaut au montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle, dans l’hypothèse la plus favorable au propriétaire, moyennant une augmentation de 10 %.
39. Par l’arrêt no 148 du 30 avril 1999, la Cour constitutionnelle a jugé une telle indemnité compatible avec la Constitution. Toutefois, dans le même arrêt, la Cour a précisé qu’une indemnité intégrale, à concurrence de la valeur vénale du terrain, peut être réclamée lorsque l’occupation et la privation du terrain n’ont pas eu lieu pour cause d’utilité publique.
6. La jurisprudence après les arrêts de la Cour européenne des Droits de l’Homme du 30 mai 2000 dans les affaires Belvedere Alberghiera et Carbonara et Ventura
40. Par les arrêts no 5902 et 6853 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies s’est à nouveau prononcée sur le principe de l’expropriation indirecte, en faisant référence aux deux arrêts précités de la Cour européenne des Droits de l’Homme.
41. Au vu du constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 dans les affaires ci-dessus, la Cour de cassation a affirmé que le principe de l’expropriation indirecte joue un rôle important dans le cadre du système juridique italien et qu’il est compatible avec la Convention.
42. Plus spécifiquement, la Cour de cassation – après avoir analysé l’histoire du principe de l’expropriation indirecte – a dit qu’au vu de l’uniformité de la jurisprudence en la matière, le principe de l’expropriation indirecte doit passer pour pleinement « prévisible » à compter de 1983. De ce fait, l’expropriation indirecte doit être considérée comme étant respectueuse du principe de légalité. S’agissant des occupations de terrains ayant lieu sans déclaration d’utilité publique, la Cour de cassation a affirmé que celles-ci ne sont pas aptes à transférer la propriété du bien à l’Etat. Quant à l’indemnisation, la Cour de cassation a affirmé que, même si elle est inférieure au préjudice subi par l’intéressé, et notamment à la valeur du terrain, l’indemnisation due en cas d’expropriation indirecte est suffisante pour garantir un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la société et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
43. Saisi d’un recours en exécution d’une décision judiciaire définitive annulant la déclaration d’utilité publique concernant une procédure d’expropriation, vu la demande de la partie requérante tendant à obtenir la restitution du terrain entre-temps occupé et transformé, le Conseil d’Etat, dans son arrêt no 2/2005 du 29 avril 2005 rendu en séance plénière, s’est prononcé sur le point de savoir si la transformation irréversible dudit terrain à la suite de la construction de l’ouvrage « public » pouvait constituer une raison de droit empêchant la restitution du terrain. Le Conseil d’Etat a répondu par la négative. Ce faisant, il a :
a) reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte est défaillant quant au besoin de sécurité juridique, en ce qui concerne entre autres le point de savoir à quelle date l’ouvrage public doit être considéré comme « réalisé » et donc à quelle date il y a eu transfert de propriété au bénéfice de l’Etat ;
b) salué la jurisprudence de la Cour, et notamment l’arrêt Belvedere Alberghiera Srl c. Italie, en affirmant que, face à une demande en restitution d’un bien illégalement occupé et transformé, l’ouvrage réalisé par les autorités publiques ne peut pas, en tant que tel, constituer un obstacle absolu à la restitution ;
c) interprété l’article 43 du Répertoire (paragraphe 55 ci-dessous) dans le sens où la non-restitution d’un terrain ne peut être admise que dans des cas exceptionnels, à savoir lorsque l’administration invoque un intérêt public particulièrement marqué à la conservation de l’ouvrage ;
d) affirmé, dans ce contexte, que l’expropriation indirecte ne saurait constituer une alternative (« una mera alternativa ») à une procédure d’expropriation en bonne et due forme.
7. Le Répertoire des dispositions législatives et réglementaires en matière d’expropriation pour cause d’utilité publique (« le Répertoire »)
44. Le 30 juin 2003 est entré en vigueur le décret présidentiel no 327 du 8 juin 2001, modifié par le décret législatif no 302 du 27 décembre 2002, et qui régit la procédure d’expropriation. Le Répertoire codifie les dispositions et la jurisprudence existantes en la matière. En particulier, il codifie le principe de l’expropriation indirecte. Le Répertoire, qui ne s’applique pas aux cas d’occupation survenus antérieurement à 1996 et ne s’applique donc pas en l’espèce, s’est substitué, à partir de son entrée en vigueur, à l’ensemble de la législation et de la jurisprudence précédente en matière d’expropriation.
45. A son article 43, le Répertoire prévoit qu’en l’absence d’un arrêté d’expropriation, ou en l’absence de déclaration d’utilité publique, un terrain transformé à la suite de la réalisation d’un ouvrage public est acquis au patrimoine de l’autorité qui l’a transformé ; des dommages-intérêts sont accordés en contrepartie. L’autorité peut acquérir un bien même lorsque le plan d’urbanisme ou la déclaration d’utilité publique ont été annulés. Le propriétaire peut demander au juge la restitution du terrain. L’autorité en cause peut s’y opposer. Lorsque le juge décide de ne pas ordonner la restitution du terrain, le propriétaire a droit à un dédommagement.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
46. Les requérantes allèguent avoir été privées de leurs terrains de manière incompatible avec l’article 1 du Protocole n o1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
47. Le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes, faisant valoir qu’il serait prématuré de juger sur la situation dénoncée, au motif que la procédure nationale est encore pendante de sorte qu’il n’y a pas encore de jugement interne définitif.
48. Les requérants s’opposent à l’exception du Gouvernement. Ils font valoir que la procédure devant les juridictions nationales est encore pendante plus de dix-sept ans après l’occupation de leurs terrains et qu’aucun dédommagement pour la perte de celui-ci n’a encore été versé.
49. La Cour estime, à la lumière de l’ensemble des arguments des parties, que l’exception est étroitement liée au fond de la requête et décide de la joindre au fond. Elle constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celle-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
a) Le Gouvernement
50. Le Gouvernement fait observer que, dans le cas d’espèce, il s’agit d’une occupation de terrain dans le cadre d’une procédure administrative reposant sur une déclaration d’utilité publique. Il admet que la procédure d’expropriation n’a pas été mise en œuvre dans les termes prévus par la loi, dans la mesure où aucun arrêté d’expropriation n’a été adopté. En tout état de cause, les requérants ont été privés de leur bien par l’effet de la réalisation des travaux publics, et de la transformation irréversible du terrain que ceux-ci ont entraîné. Cette privation de bien n’est que la conséquence du principe de l’expropriation indirecte, appliqué, en l’espèce, par les juridictions nationales.
51. Le Gouvernement soutient que cette situation est conforme à l’article 1 du Protocole no 1.
52. Premièrement, il y aurait utilité publique, ce qui n’a pas été remis en cause par les juridictions nationales.
53. Deuxièmement, la privation du bien telle que résultant de l’expropriation indirecte serait « prévue par la loi ». Selon le Gouvernement, le principe de l’expropriation indirecte doit être considéré comme faisant partie du droit positif à compter au plus tard de l’arrêt de la Cour de cassation no 1464 de 1983. La jurisprudence ultérieure aurait confirmé ce principe et précisé certains aspects de son application et, en outre, ce principe aurait été reconnu par la loi no 458 du 27 octobre 1988 et par la loi budgétaire no 662 de 1996.
54. Le Gouvernement en conclut qu’à partir de 1983, les règles de l’expropriation indirecte étaient parfaitement prévisibles, claires et accessibles à tous les propriétaires de terrains.
55. Le Gouvernement définit l’expropriation indirecte comme le résultat d’une interprétation systématique de principes existants, tendant à garantir que l’intérêt général prévale sur l’intérêt des particuliers, lorsque l’ouvrage public a été réalisé (transformation du terrain) et que celui-ci répond à l’utilité publique.
56. S’agissant de l’indemnisation, le Gouvernement observe que selon la jurisprudence de 1983 de la Cour de cassation en matière d’expropriation indirecte, en contrepartie des irrégularités commises par la municipalité, celle-ci est tenue d’indemniser intégralement le particulier. Cependant, le Gouvernement soutient que l’indemnisation à accorder peut être inférieure au préjudice subi par l’intéressé, vu que l’expropriation indirecte répond à un intérêt collectif et que l’illégalité commise par la municipalité ne concerne que la forme, à savoir un manquement aux règles qui président à la procédure administrative.
57. Toutefois, vu que l’expropriation indirecte répond à un intérêt collectif, le Gouvernement soutient que le montant de l’indemnité en cause rentre dans la marge d’appréciation laissée aux Etats pour fixer une indemnisation qui soit raisonnablement en rapport avec la valeur du bien. A cet égard, le Gouvernement soutient que l’indemnité telle que plafonnée par la loi en cause étant en tout cas supérieure à celle qui aurait été accordée si l’expropriation avait été régulière, l’expropriation indirecte est en tout cas avantageuse pour les intéressés.
58. A la lumière de ces considérations, le Gouvernement conclut que le juste équilibre a été respecté.
b) Les requérants
59. Les requérants s’opposent aux arguments du Gouvernement et, se référant à la jurisprudence de la Cour dans les affaires Belvedere Alberghiera c. Italie et Carbonara et Ventura c. Italie (arrêts du.30 mai 2000, CEDH 2000-VI), font valoir l’incompatibilité du mécanisme de l’expropriation indirecte avec le principe de légalité.
2. Appréciation de la Cour
60. La Cour rappelle d’emblée qu’elle a joint au fond les exceptions du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes, de l’absence de qualité de victimes des requérantes et de l’incompatibilité ratione materiae.
61. Les parties s’accordent pour dire qu’il y a eu « privation de propriété ».
62. La Cour rappelle que, pour déterminer s’il y a eu privation de biens au sens de la deuxième phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si la situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, pp. 24-25, § 63).
63. Elle rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale. La prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Le principe de légalité signifie l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles (Hentrich c. France, arrêt du 22 septembre 1994, série A no 296-A, pp. 19-20, § 42, et Lithgow et autres c. Royaume-Uni, arrêt du 8 juillet 1986, série A no 102, p. 47, § 110).
64. La Cour reste convaincue que l’existence, en tant que telle, d’une base légale ne suffit pas à satisfaire au principe de légalité et estime utile de se pencher sur la question de la qualité de la loi.
65. La Cour prend note de l’évolution jurisprudentielle qui a conduit à l’élaboration du principe de l’expropriation indirecte. Elle relève également que ce principe a été transposé dans des textes de loi, tels que la loi no 458 de 1988, et, tout dernièrement, dans le Répertoire des dispositions en matière d’expropriation. Cela étant, la Cour ne perd pas de vue les applications contradictoires relevées dans l’historique de la jurisprudence, et note également des contradictions entre la jurisprudence et les textes de loi susmentionnés. Ce point de vue a d’ailleurs été adopté par le Conseil d’Etat (paragraphe 43 ci-dessus) qui, dans son arrêt no 2 de 2005 rendu en séance plénière, a reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte n’a jamais donné lieu à une réglementation stable, complète et prévisible.
66. En outre, la Cour constate que, dans tous les cas, l’expropriation indirecte vise à entériner une situation de fait découlant des illégalités commises par l’administration, tend à régler les conséquences pour le particulier et l’administration, et permet à cette dernière de tirer bénéfice de son comportement illégal. Que ce soit en vertu d’un principe jurisprudentiel ou d’un texte de loi comme l’article 43 du Répertoire, l’expropriation indirecte ne saurait donc constituer une voie alternative à une expropriation en bonne et due forme (voir, sur ce point également, la position du Conseil d’Etat, paragraphe 43 ci-dessus).
67. En tout état de cause, la Cour est appelée à vérifier si la manière dont le droit interne est interprété et appliqué produit des effets conformes aux principes de la Convention.
68. La Cour constate qu’en l’espèce les requérantes ont perdu la maîtrise de leur terrain en 1988 et que celui-ci a été transformé de manière irréversible en 1991. La procédure devant les juridictions internes ne s’est pas encore conclue, étant donné que la procédure est toujours pendante en première instance.
69. A défaut d’un acte formel de transfert de propriété, et à défaut d’un jugement national déclarant qu’un tel transfert doit passer pour ayant eu lieu (Carbonara et Ventura, précité, § 80) et éclaircissant une fois pour toutes les circonstances exactes de celui-ci, la Cour estime que la perte de toute maîtrise des terrains en cause, combinée avec l’impossibilité jusqu’ici de remédier à la situation incriminée, a engendré des conséquences assez graves pour que les requérantes aient subi une expropriation de fait incompatible avec leur droit au respect de leurs biens (Papamichalopoulos et autres c. Grèce, arrêt du 24 juin 1993, série A no 260-B, § 45) et non conforme au principe de prééminence du droit.
70. En conclusion, les exceptions du Gouvernement ne sauraient être retenues et il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
71. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
72. Les requérants demandent 134 846,89 EUR, à titre de préjudice matériel, soit la valeur des terrains litigieux au moment de l’occupation matérielle, majorée des intérêts légaux.
73. Ils demandent 20 000 EUR chacun à titre de préjudice moral.
74. Enfin, les requérants réclament 9 857,09 EUR pour le remboursement des frais encourues devant la cour d’appel d’Ancône et 13 457,36 EUR pour les frais encourues devant le tribunal de Macerata. Ils demandent 13 358,59 EUR pour le remboursement des frais de la procédure devant la Cour.
75. Quant au dommage matériel, le Gouvernement observe d’emblée que les requérants ne peuvent pas aspirer à un dédommagement intégral du préjudice et conteste l’application au cas d’espèce de la méthode utilisée par la Cour dans l’affaire Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable) no 24638/94, 11 décembre 2003). De surcroît, il fait valoir que la somme demandée par les requérants est excessive.
76. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement fait valoir que celui-ci dépend de la durée excessive de la procédure devant les juridictions nationales. Par conséquent, il soutient que le versement d’une quelconque somme à titre d’indemnisation du dommage moral est subordonné à l’épuisement du remède Pinto. De plus, il souligne que la somme demandée par les requérants est excessive et que ces derniers ont quantifié une telle indemnité de manière vague et imprécise.
77. S’agissant des frais de la procédure devant les juridictions internes, le Gouvernement fait valoir que la décision concernant le remboursement de ces frais relève uniquement de la compétence des juridictions nationales ; s’agissant des frais encourus devant la Cour, le Gouvernement affirme que la somme demandée est exorbitante.
78. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état. En conséquence, elle la réserve et fixera la procédure ultérieure, compte tenu de la possibilité que le Gouvernement et les requérants parviennent à un accord.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception du Gouvernement et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ;
en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérantes à lui adresser par écrit, dans le délai de trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 9 février 2006 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Mark Villiger Boštjan M. Zupančič
Greffier adjoint Président

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