Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA PRENNA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 69907/01)
SENTENZA
STRASBURGO
9 febbraio 2006
DEFINITIVO
09/05/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Prenna ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska,
Sigg. V. Zagrebelsky, E. Myjer, Davide Thór Björgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. Sig. Villiger, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 69907/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini di questo Stato, Sigg. S. e M P. ed il Sig.re F. A. e G. G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 23 aprile 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da R. P., avvocato a Macerata. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. L’ 8 marzo 2004, la Corte, prima sezione, ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell’ordinamento. La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I quattro richiedenti sono nati rispettivamente nel 1966, 1965, 1940 e 1947 e risiedono a Macerata.
6. Hanno ereditato tutti un terreno registrato al catasto foglio no 66, appezzamento 1147, di circa 3 730 metri quadrati, ubicati a Macerata. Il quarto richiedente, in quanto a lui, ha ereditato anche del terreno registrato foglio no 66, appezzamento 207, di circa 1 730 metri quadrati.
7. Con un’ordinanza del 28 giugno 1988, la municipalità di Macerata, mettendo in esecuzione una decisione della provincia di Macerata, ordinò l’occupazione di emergenza dei terreni dei richiedenti per un periodo massimale di cinque anni, in vista della loro espropriazione per la costruzione di una scuola.
8. Il 28 luglio 1988, i terreni furono occupati materialmente ed i lavori di costruzione furono iniziati. La costruzione della scuola si concluse il 29 agosto 1991.
9. Con una decisione del 5 aprile 1993, la provincia di Macerata prorogò il periodo di occupazione fino al 12 aprile 1995 per permettere il completamento del procedimento di espropriazione.
1. Il procedimento dinnanzi alla corte di appello
10. Il 30 aprile 1992, i richiedenti citarono la provincia di Macerata a comparire dinnanzi alla corte di appello di Ancona per ottenere un’indennità di occupazione così come un’indennità di espropriazione.
11. Con una sentenza non definitiva del 30 maggio 1996, la corte di appello dichiarò inammissibile la richiesta dei richiedenti concernente questa ultima indennità. Affermò che il diritto ad ottenere un’indennità di espropriazione non può esistere in mancanza di un’ordinanza di espropriazione, costituendo questo ultimo l’atto ablativo di proprietà. In compenso, dichiarò che i richiedenti avevano diritto ad un’indennità di occupazione per il non-godimento del terreno. Rilevò inoltre che il terreno che figura all’appezzamento 207 era stato già oggetto di una cessione, cessione volontaria, alla municipalità da parte del de cuius del quarto richiedente ed era stato menzionato dunque per errore tra i terreni da occupare. Pertanto, il quarto richiedente rinunciò a questa parte della sua domanda. La corte di appello affermò la natura non edificabile del terreno della richiesta comparsa all’appezzamento 1147 ed ordinò una perizia per la determinazione della somma da concedere ai richiedenti a titolo di indennità di occupazione.
12. Il perito nominato d‘ufficio rimise il suo rapporto il 4 giugno 1997.
13. Con una sentenza del 1 marzo 2000, applicando dei criteri stabiliti dalla legge no 865 del 1971, la corte di appello condannò l’amministrazione provinciale a pagare ai richiedenti la somma di 82 760 540 ITL [42 742,25 EUR], aumentato degli interessi legali, a titolo di indennità di occupazione per il periodo compreso tra il 28 luglio 1988 ed il 12 aprile 1995.
2. L’azione in danno-interessi dinnanzi al tribunale civile
14. Nel frattempo, con un atto notificato il 6 dicembre 1996, i richiedenti introdussero un’azione contro la provincia di Macerata dinnanzi al tribunale civile di Macerata per ottenere i danno-interessi derivanti dall’espropriazione indiretta, occupazione acquisitiva, del loro terreno. L’amministrazione convenuta sostenne in particolare che il diritto al risarcimento era prescritto.
15. Il collocamento in stato della causa cominciò il 25 febbraio 1997. Il tribunale ordinò una perizia tecnica che mirava a valutare il valore del terreno ed a stabilire il momento della trasformazione irreversibile del bene. Il rapporto di perizia, depositato il 4 ottobre 1999, indicava che il valore venale del terreno in data dell’occupazione materiale, ossia il 28 luglio 1988, era di 261 100 000 ITL [134 846,89 EUR], (70 000 lire/m² per 3 730 m²). Indicava inoltre che la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo tra gli inizi di 1990 ed l’agosto 1991.
16. Risulta dalla pratica che il procedimento è ad oggi pendente dinnanzi al tribunale di Macerata.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L’occupazione di emergenza di un terreno
17. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all’amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione può decretare l’occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
18. L’occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un’indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l’indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l’amministrazione proceda ad un’offerta di indennizzo.
b) Il principio dell’espropriazione indiretta (“occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”)
19. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
20. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l’occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
21. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l’illegalità derivante dall’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l’azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l’indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
22. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l’amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
23. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
24. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell’occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l’occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l’acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull’interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
25. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l’occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
26. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell’espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l’articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l’amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l’interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull’interesse dell’individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
27. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
28. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’è espropriazione indiretta quando le decisioni dell’amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
29. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l’interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L’illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
30. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c’è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non si applica dunque. L’interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L’introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
31. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
32. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c’è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
33. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003, paragrafo 46 sotto.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
34. Ai termini dell’articolo 3 di questa legge, “Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un’espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all’articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell’occupazione illegale.”
35. Interpretando l’articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: “Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni – ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni – e l’interesse pubblico – concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate – ha dato la precedenza a questo ultimo interesse.”
5. L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
36. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all’interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l’occupazione illegale.
37. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennità contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
38. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non poteva essere accordato per un’occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l’indennizzo equivaleva all’importo dell’indennità contemplata nel caso di un’espropriazione formale, nell’ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
39. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
40. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell’espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
41. Alla vista della constatazione di violazione dell’articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
42. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell’espropriazione indiretta – ha detto che in materia dell’uniformità della giurisprudenza, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente “prevedibile” a contare del 1983. Per questo fatto, l’espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all’indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, l’indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
43. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro “pubblico” poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come “realizzato” e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l’articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l’amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l’espropriazione indiretta non potrebbe costituire un’alternativa (“una mera alternativa”) ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito “il Repertorio,
44. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell’espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all’insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
45. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell’autorità che l’ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L’autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L’autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
46. I richiedenti adducono essere stato privati dei loro terreni in modo incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo n o1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se nona causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
47. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che sarebbe prematuro giudicare sulla situazione denunciata, al motivo che il procedimento nazionale è ancora pendente così che non c’è ancora giudizio interno definitivo.
48. I richiedenti si oppongono all’eccezione del Governo. Fanno valere che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali è ancora pendente più di diciassette anni dopo l’occupazione dei loro terreni e che nessuno risarcimento per la perdita di questo è stato versato ancora.
49. La Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti, che l’eccezione è legata strettamente in fondo alla richiesta e decide di unirla al merito. Constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
50. Il Governo fa osservare che, nel caso di specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata. Ad ogni modo, i richiedenti sono stati privati del loro bene per effetto della realizzazione dei lavori pubblici, e della trasformazione irreversibile del terreno che questi hanno provocato. Questa privazione di bene è solamente la conseguenza del principio dell’espropriazione indiretta, applicata, nello specifico, dalle giurisdizioni nazionali.
51. Il Governo sostiene che questa situazione è conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
52. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, ciò che non è stato rimesso in causa con le giurisdizioni nazionali.
53. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al più tardi della sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
54. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
55. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all’utilità pubblica.
56. In quanto all’indennizzo, il Governo osserva che secondo la giurisprudenza del 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, in compenso delle irregolarità commesse dalla municipalità, questa è tenuta ad indennizzare integralmente l’individuo. Però, il Governo sostiene che l’indennizzo da accordare può essere inferiore al danno subito dall’interessato, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l’illegalità commessa dalla municipalità riguarda solamente la forma, ossia una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
57. Tuttavia, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo, il Governo sostiene che l’importo dell’indennità in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. A questo riguardo, il Governo sostiene che l’indennità come plafonata dalla legge in causa sia in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordato se l’espropriazione fosse stata regolare, l’espropriazione indiretta è in ogni caso vantaggiosa per gli interessati.
58. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato.
b) I richiedenti,
59. I richiedenti si oppongono agli argomenti del Governo e, riferendosi alla giurisprudenza della Corte nelle cause Belvedere Alberghiera c. Italia e Carbonara e Ventura c. Italia, sentenze del.30 maggio 2000, CEDH 2000-VI, fanno valere l’incompatibilità del meccanismo dell’espropriazione indiretta col principio di legalità.
2. Valutazione della Corte
60. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al fondo le eccezioni del Governo derivate dal non-esaurimento delle vie di ricorso interni, della mancanza di requisito di vittime dei richiedenti e dell’incompatibilità ratione materiae.
61. Le parti si accordano per dire che c’è stata “privazione di proprietà.”
62. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un’espropriazione di fatto( Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
63. Ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie A no 296-a, pp. 19 – 20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110)
64. La Corte resta convinta che l’esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare il principio di legalità e stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge.
65. La Corte prende nota dell’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’elaborazione del principio dell’espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nella cronostoria della giurisprudenza. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 47 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che l’espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
66. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l’espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione ed a regolare le conseguenze per l’individuo e l’amministrazione, e permette a questa ultima di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non saprebbe costituire dunque un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, paragrafo 42 sopra).
67. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo di cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
68. La Corte constata che nello specifico il richiedente ha perso la padronanza del terreno che è stato occupato nel 1994 e che è stato trasformato in modo irreversibile in seguito alla realizzazione del lavoro pubblico. Ai termini della perizia depositata alla cancelleria durante il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Napoli, il periodo di occupazione autorizzata della prima parte di terreno è finito il 7 luglio 1999 e l’occupazione della seconda parte di terreno è stata illegale ab initio.
69. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che tale trasferimento deve passare per avere avuto luogo, Carbonara e Ventura, precitata, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in causa, combinata con l’impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un’espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni, Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45, e non conforme al principio di preminenza del diritto.
70. In conclusione, le eccezioni del Governo non potrebbero essere considerate e vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
71. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
72. I richiedenti chiedono 134 846,89 EUR, a titolo di danno materiale, o il valore dei terreni controversi al momento dell’occupazione materiale, aumentato degli interessi legali.
73. Chiedono 20 000 EUR ciascuno a titolo di danno morale.
74. Infine, i richiedenti richiedono 9 857,09 EUR per il rimborso degli oneri incorsi dinnanzi alla corte di appello di Ancona e 13 457,36 EUR per gli oneri incorsi dinnanzi al tribunale di Macerata. Chiedono 13 358,59 EUR per il rimborso degli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte.
75. In quanto al danno materiale, il Governo osserva al primo colpo che i richiedenti non possono aspirare ad un risarcimento integrale del danno e contesta l’applicazione al caso specifico del metodo utilizzato dalla Corte nella causa Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa, no 24638/94, 11 dicembre 2003,). Per di più, fa valere che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva.
76. In quanto al danno morale, il Governo fa valere che questo dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, sostiene che il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo del danno morale sia subordinata all’esaurimento del rimedio Pinto. In più, sottolinea che la somma chiesta dai richiedenti è eccessiva e che questi ultimi hanno quantificato a tale indennità in modo vago ed impreciso.
77. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne, il Governo fa valere che la decisione concernente il rimborso di questi oneri dipenda unicamente dalla competenza delle giurisdizioni nazionali; in quanto agli oneri incorsi dinnanzi alla Corte, il Governo afferma che la somma chiesta è derogatoria.
78. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al fondo l’eccezione del Governo e la respingo;
2. Dichiara la richiesta ammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine di tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 9 febbraio 2006 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Marco Villiger Boštjan il Sig. Zupančič
Cancelliere aggiunto Presidente