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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PIA GLORIA SERRILLI ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 41, P1-1
Numero: 77823/01/2005
Stato: Italia
Data: 2005-11-17 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA PIA GLORIA SERRILLI ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numero 77823/01, 77827/01 e 77829/01)
SENTENZA
STRASBURGO
17 novembre 2005
DEFINITIVO
17/02/2006
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Pia Gloria Serrilli ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
L. Loucaides, il Sig. P. Lorenzen, la Sig.ra N. Vajić,
Sigg. V. Zagrebelsky, D. Spielmann, S.E. Jebens, giudici, e del Sig. S. Quesada, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 ottobre 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano tre richieste, numero 77823/01, 77827/01 e 77829/01, dirette contro la Repubblica italiana e in cui tre cittadine di questo Stato, Le Sig.re P. G. S., A. M S. e G. S. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte rispettivamente il 10 febbraio ed il 14 marzo 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da G. D. M, avvocato a Foggia. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 2 settembre 2004, la prima sezione ha deciso di unire le tre richieste, le ha dichiarate parzialmente inammissibili e ha deciso di comunicare al Governo la lagnanza derivata dal diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sull’ammissibilità ed il merito, articolo 59 § 1 dell’ordinamento.
5. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 § 1 dell’ordinamento. Le presenti richieste sono state assegnate alla prima sezione così ricomposta, articolo 52 § 1.

IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1943, 1935 e 1939 e residenti a San Marco in Lamis (Foggia).
7. I richiedenti erano comproprietari, con tre altre persone (“le terze persone”), di un terreno di circa 3 480 metri quadrati, ubicato a San Marco in Lamis e registrato al catasto, foglio 93, appezzamenti 579 e 580.
8. Con un’ordinanza del 16 novembre 1976, il consiglio comunale di San Marco in Lamis classificò questo terreno come destinato alla costruzione di abitazioni ad affitto moderato.
9. Con un’ordinanza del 16 giugno 1979, il consiglio comunale di San Marco in Lamis adottò un progetto di costruzione di abitazioni ad affitto moderato sul terreno dei richiedenti e delle terze persone.
10. Con un’ordinanza del 30 agosto 1979, il sindaco di San Marco in Lamis autorizzò l’occupazione di emergenza di questo terreno, per un periodo massimale di cinque anni a contare dell’occupazione materiale, in vista della sua espropriazione a causa di utilità pubblica, per procedere alla costruzione delle abitazioni ad affitto moderato.
11. Il 24 settembre 1979, l’amministrazione procedette all’occupazione materiale del terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
1. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
12. Nel 1977, i primi due richiedenti e due altre persone introdussero dinnanzi al tribunale amministrativo regionale di Puglia (“TAR”) un ricorso che mirava a contestare la legalità dell’ordinanza del 16 novembre 1976 con la quale il consiglio comunale di San Marco in Lamis aveva classificato il loro terreno come destinato alla costruzione di abitazioni ad affitto moderato.
13. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 4 ottobre 1990, il TAR accolse il ricorso ed annullò la misura attaccata, al motivo che questa era stata adottata in mancanza di una motivazione adeguata.
14. Risulta dalla pratica che questo giudizio non è stato attaccato dinnanzi alle giurisdizioni interne competenti e, di conseguenza, ha acquisito forza di cosa giudicata.
2. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili
15. Nel frattempo, con un atto di citazione notificato il 19 settembre 1989, i richiedenti e le terze persone avevano introdotto dinnanzi al tribunale di Foggia un’azione in danno-interessi contro la municipalità di San Marco in Lamis. Facevano valere che l’occupazione del terreno era illegale al motivo che questa si era prolungata al di là del termine autorizzato e che i lavori di costruzione dei lavori pubblici si erano conclusi senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un’indennità. Alla luce di queste considerazioni, richiedevano un risarcimento corrispondente al valore venale del terreno.
16. Il 2 febbraio 1992, una perizia ordinata dal tribunale fu depositata alla cancelleria. Secondo il perito, il terreno che era edificabile, era stato trasformato in modo irreversibile tra il 18 febbraio 1980 ed il 21 dicembre1980. Risulta da questa perizia che il valore venale del terreno era di 127 375 728 ITL, o 36 602 ITL il metro quadrato, nell’agosto 1979, e di 206 370 359 ITL, o 59 302 ITL il metro quadrato, nel 1984.
17. Il 13 febbraio 1996, una nuova perizia fu ordinata nel frattempo dal tribunale tenuto conto dell’entrata in vigore della legge no 359 del 1992 che contemplava dei nuovi criteri di indennizzo. Secondo questa nuova stima, redatta il 3 ottobre 1996, l’importo dell’indennità di espropriazione calcolata ai termini dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992, era di 64 140 264 ITL nell’agosto 1979.
18. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 12 novembre 2003, il tribunale dichiarò che, tenuto conto del giudizio del TAR, il terreno era stato occupato illegalmente dall’inizio. Tuttavia, i richiedenti e le terze persone dovevano considerarsi come privati del loro bene per effetto della costruzione dei lavori pubblici. Quindi, avevano diritto ad un risarcimento.
19. Per calcolare l’importo di tale risarcimento, il tribunale considerò che il terreno era edificabile ma che il suo valore venale reale non era stato fissato definitivamente dalle perizie ordinate durante il procedimento. Quindi, il tribunale decise che il risarcimento doveva essere calcolato in equità, seguendo la domanda fatta in questo senso dai richiedenti e le terze persone. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale condannò la municipalità a versare ai richiedenti ed alle terze persone la somma globale di 64 140 264 ITL, più interessi, ossia l’importo dell’indennità di espropriazione calcolata secondo la seconda perizia ai termini dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992.
20. Ad una data non precisata, due delle terze persone decedettero, restando i richiedenti e l’altra terza persona i soli suoi eredi.
21. Con un atto del 7 novembre 2004, i richiedenti ed la terza persona interposero appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Bari, facendo valere in particolare che, tenuto conto del fatto che l’occupazione del terreno era stata illegale ab initio, avevano diritto ad un risarcimento uguale al valore venale del terreno.
22. Risulta dalla pratica che il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Bari è sempre pendente.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
a) L’occupazione di emergenza di un terreno
23. In dritto italiano, il procedimento accelerato di espropriazione permette all’amministrazione di occupare un terreno e di costruire prima dell’espropriazione. Una volta dichiarato di utilità pubblica il lavoro da realizzare ed adottato il progetto di costruzione, l’amministrazione può decretare l’occupazione di emergenza delle zone da espropriare per una durata determinata che non supera cinque anni, articolo 20 della legge no 865 del 1971. Questo decreto diventa nullo se l’occupazione materiale del terreno non ha luogo nei tre seguenti mesi la sua promulgazione. Prima della fine del periodo di occupazione autorizzata, un decreto di espropriazione formale deve essere preso.
24. L’occupazione autorizzata di un terreno dà diritto ad un’indennità di occupazione. La Corte costituzionale ha riconosciuto, nella sua sentenza no 470 del 1990, un diritto di accesso immediato ad un tribunale ai fini di richiedere l’indennità di occupazione appena il terreno è occupato materialmente, senza bisogno di aspettare che l’amministrazione proceda ad un’offerta di indennizzo.
b) Il principio dell’espropriazione indiretta (“occupazione acquisitiva” o “accessione invertita”)
25. Negli anni 1970, parecchie amministrazioni locali procedettero ad occupazioni di emergenza di terreni che non furono seguite da decreti di espropriazione. Le giurisdizioni italiane si trovarono di fronte a casi in cui il proprietario di un terreno aveva perso di facto la disponibilità di questo in ragione dell’occupazione e del compimento di lavori di costruzione di un lavoro pubblico. Restava da sapere se, semplicemente per effetto dei lavori effettuati, l’interessato aveva perso anche la proprietà terreno.
1. La giurisprudenza prima della sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
26. La giurisprudenza era molto divisa sul punto di sapere quale erano gli effetti della costruzione di un lavoro pubblico su un terreno occupato illegalmente. Per occupazione illegale, bisogna intendere un’occupazione illegale ab initio, o un’occupazione inizialmente autorizzata e diventata in seguito senza titolo, essendo stato annullato il titolo o proseguendo l’occupazione al di là della scadenza autorizzata senza che un decreto di espropriazione fosse intervenuto.
27. Secondo una prima giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà terreno dopo il completamento del lavoro pubblico. Tuttavia, non poteva chiedere una rimessa in stato del terreno e poteva impegnare unicamente un’azione in danni ed interessi per occupazione abusiva, non sottoposta ad un termine di prescrizione poiché l’illegalità derivante dall’occupazione era permanente. L’amministrazione poteva adottare in ogni momento una decisione formale di espropriazione; in questo caso, l’azione in danno-interessi si trasformava in controversia riguardante l’indennità di espropriazione ed i danno-interessi erano dovuti solamente per il periodo anteriore al decreto di espropriazione per il non-godimento del terreno (vedere, tra altri, le sentenze della Corte di cassazione no 2341 del 1982, no 4741 di 1981, no 6452 e no 6308 del 1980).
28. Secondo una seconda giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione non perdeva la proprietà del terreno e poteva chiederne la rimessa in stato, quando l’amministrazione aveva agito senza che ci fosse stata utilità pubblica (vedere, per esempio, Corte di cassazione, sentenza no 1578 del 1976, sentenza no 5679 del 1980).
29. Secondo una terza giurisprudenza, il proprietario del terreno occupato dall’amministrazione perdeva automaticamente la proprietà terreno nel momento della trasformazione irreversibile del bene, ovvero nel momento del completamento del lavoro pubblico. L’interessato aveva il diritto di chiedere dei danno-interessi (vedere la sentenza no 3243 del 1979 della Corte di cassazione).
2. La sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
30. Con una sentenza del 16 febbraio 1983, la Corte di cassazione, deliberando in camere riunite, risolse il conflitto di giurisprudenza ed adottò la terza soluzione. Così fu consacrato il principio dell’espropriazione indiretta, accessione invertita od occupazione acquisitiva. In virtù di questo principio, il potere pubblico acquista ab origine la proprietà di un terreno senza procedere ad un’espropriazione formale quando, dopo l’occupazione del terreno, ed a prescindere dalla legalità dell’occupazione, il lavoro pubblico è stato realizzato. Quando l’occupazione è ab initio senza titolo, il trasferimento di proprietà ha luogo nel momento del completamento del lavoro pubblico. Quando l’occupazione del terreno è stata autorizzata inizialmente, il trasferimento di proprietà ha luogo alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata. Nella stessa sentenza, la Corte di cassazione precisò che, in ogni caso di espropriazione indiretta, l’interessato ha diritto ad un risarcimento integrale, del terreno avendo avuto luogo senza titolo l’acquisizione. Questo risarcimento non è versato tuttavia, automaticamente; incombe sull’interessato di richiedere dei danno-interessi. Inoltre, il diritto a risarcimento è abbinato al termine di prescrizione contemplata in caso di responsabilità da delitto, ovvero cinque anni, che cominciano a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
3. La giurisprudenza dopo la sentenza no 1464 del 1983 della Corte di cassazione
a) La prescrizione
31. In un primo tempo, la giurisprudenza considerava che nessuno termine di prescrizione doveva applicarsi, poiché l’occupazione senza titolo del terreno costituiva un atto illegale continuo. La Corte di cassazione, nella sua sentenza no 1464 del 1983, affermò che il diritto a risarcimento era sottoposto ad un termine di prescrizione di cinque anni. In seguito, la prima sezione della Corte di cassazione affermò che un termine di prescrizione di dieci anni doveva applicarsi, sentenze no 7952 di 1991 e no 10979 del 1992. Con una sentenza del 22 novembre 1992, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha troncato definitivamente la questione, stimando che il termine di prescrizione è di cinque anni e che comincia a decorrere dal momento della trasformazione irreversibile del terreno.
b) La sentenza no 188 del 1995 della Corte costituzionale
32. In questa sentenza, la Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione il principio dell’espropriazione indiretta, nella misura in cui questo principio si è radicato in una disposizione legislativa, ovvero l’articolo 2043 del codice civile che regola la responsabilità da delitto. Secondo questa sentenza, il fatto che l’amministrazione diventi proprietaria di un terreno traendo utile dal suo comportamento illegale non dà nessun problemi sul piano costituzionale, poiché l’interesse pubblico, ovvero la conservazione del lavoro pubblico, prevale sull’interesse dell’individuo, e dunque sul diritto di proprietà di questo ultimo. La Corte costituzionale ha giudicato compatibile con la Costituzione l’applicazione all’azione in risarcimento del termine di prescrizione di cinque anni, come previsto dall’articolo 2043 del codice civile per responsabilità da delitto.
c) Caso di mancata applicazione del principio dell’espropriazione indiretta
33. Gli sviluppi della giurisprudenza mostrano che il meccanismo con il quale la costruzione di un lavoro pubblico provoca il trasferimento di proprietà del terreno a favore dell’amministrazione conosce delle eccezioni.
34. Nella sua sentenza no 874 del 1996, il Consiglio di stato ha affermato che non c’è espropriazione indiretta quando le decisioni dell’amministrazione ed il decreto di occupazione di emergenza sono state annullate dalle giurisdizioni amministrative; se così non fosse, la decisione giudiziale sarebbe svuotata di sostanza.
35. Nella sua sentenza no 1907 del 1997, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite ha affermato che l’amministrazione non diventa proprietaria di un terreno quando le decisioni che ha adottato e la dichiarazione di utilità pubblica devono essere considerat4 come nulli ab initio. In questo caso, l’interessato mantiene la proprietà dal terreno e può chiedere la restitutio in integrum. Può, come alternativa, chiedere dei danno-interessi. L’illegalità in questi casi ha un carattere permanente e nessuno termine di prescrizione viene applicato.
36. Nella sentenza no 6515 del 1997, la Corte di cassazione deliberanodo in camere riunite ha affermato che non c’è trasferimento di proprietà quando la dichiarazione di utilità pubblica è stata annullata dalle giurisdizioni amministrative. In questo caso, il principio dell’espropriazione indiretta non si applica dunque. L’interessato mantenendo la proprietà dal terreno, ha la possibilità di chiedere la restitutio in integrum. L’introduzione di una domanda in danno-interessi provoca una rinuncia alla restitutio in integrum. Il termine di prescrizione di cinque anni comincia a decorrere dal momento in cui la decisione del giudice amministrativo diventa definitiva.
37. Nella sentenza no 148 del 1998, la prima sezione della Corte di cassazione ha seguito la giurisprudenza delle camere riunite e ha affermato che il trasferimento di proprietà per effetto dell’espropriazione indiretta non ha luogo quando la dichiarazione di utilità pubblica alla quale il progetto di costruzione era abbinato è stata considerata come invalida ab initio.
38. Nella sentenza no 5902 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite ha riaffermato che non c’è trasferimento di proprietà in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica valida.
39. Conviene confrontare questa giurisprudenza con la legge no 458 del 1988 e col Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione, entrati in vigore il 30 giugno 2003.
4. La legge no458 del 27 ottobre 1988
40. Ai termini dell’articolo 3 di questa legge, “Il proprietario di un terreno, utilizzato per la costruzione di edifici pubblici e di case popolari, ha diritto al risarcimento del danno subito, in seguito ad un’espropriazione dichiarata illegale tramite una decisione passata in forza di cosa giudicata, ma non può pretendere alla restituzione del suo bene. Ha anche dritto, ne più del risarcimento del danno, alle somme dovute in ragione del deprezzamento monetario ed a queste menzionate all’articolo 1224 § 2 del codice civile e questo a contare dal giorno dell’occupazione illegale.”
41. Interpretando l’articolo 3 della legge di 1988, la Corte costituzionale, nella sua sentenza del 12 luglio 1990 (n° 384), ha considerato: “Con la disposizione attaccata, il legislatore, tra gli interessi dei proprietari dei terreni – ottenere in caso di espropriazione illegale la restituzione dei terreni – e l’interesse pubblico – concretizzato dalla destinazione di questi beni alle finalità di costruzioni residenziali pubbliche alle condizioni favorevoli o convenzionate – ha dato la precedenza a questo ultimo interesse.”
5. L’importo del risarcimento in caso di espropriazione indiretta
42. Secondo la giurisprudenza di 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, un risarcimento integrale del danno subito, sotto forma di danno-interessi per la perdita del terreno, era dovuta all’interessato in compenso della perdita di proprietà che provoca l’occupazione illegale.
43. La legge di bilancio del 1992, articolo 5 bis della decreto-legge no 333 del 11 luglio 1992, modificò questa giurisprudenza, nel senso che l’importo dovuto in caso di espropriazione indiretta non poteva superare l’importo dell’indennità contemplata per il caso di un’espropriazione formale. Con la sentenza no 369 del 1996, la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale questa disposizione.
44. In virtù della legge di bilancio no 662 del 1996 che seguì la disposizione dichiarata incostituzionale, l’indennizzo integrale non poteva essere accordato per un’occupazione di terreno che aveva avuto luogo prima del 30 settembre 1996. In questa ottica, l’indennizzo equivaleva all’importo dell’indennità contemplata nel caso di un’espropriazione formale, nell’ipotesi più favorevole al proprietario, mediante un aumento del 10%.
45. Con la sentenza no 148 del 30 aprile 1999, la Corte costituzionale ha giudicato simile indennità compatibile con la Costituzione. Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte ha precisato che un’indennità integrale, a concorrenza del valore venale del terreno, può essere richiesta quando l’occupazione e la privazione del terreno non hanno avuto luogo a causa di utilità pubblica.
6. La giurisprudenza dopo le sentenze della Corte del 30 maggio 2000 nelle cause Belvedere Alberghiera e Carbonara e Ventura
46. Con le sentenze no 5902 e 6853 del 2003, la Corte di cassazione in camere riunite si è pronunciata di nuovo sul principio dell’espropriazione indiretta, facendo riferimento alle due sentenze precitate della Corte.
47. Alla vista della constatazione di violazione dell’articolo 1 del protocollo no 1 nelle cause sopra, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’espropriazione indiretta sostiene un ruolo importante nella cornice del sistema giuridico italiano e che è compatibile con la Convenzione.
48. Più specificamente, la Corte di cassazione-dopo avere analizzato la storia del principio dell’espropriazione indiretta – ha detto che in materia dell’uniformità della giurisprudenza, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come pienamente “prevedibile” a contare del 1983. Per questo fatto, l’espropriazione indiretta deve essere considerata come rispettosa del principio di legalità. In quanto alle occupazioni di terreno che hanno luogo senza dichiarazione di utilità pubblica, la Corte di cassazione ha affermato che queste non sono atte a trasferire la proprietà del bene allo stato. In quanto all’indennizzo, la Corte di cassazione ha affermato che, anche se è inferiore al danno subito dall’interessato, ed in particolare al valore del terreno, l’indennizzo dovuto in caso di espropriazione indiretta è sufficiente per garantire un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
49. Investito di un ricorso in esecuzione di una decisione giudiziale definitiva che annulla la dichiarazione di utilità pubblica riguardante un procedimento di espropriazione, vista la domanda della parte richiesta che tende ad ottenere la restituzione del terreno occupato e trasformato nel frattempo, il Consiglio di stato, nella sua sentenza no 2/2005 del 29 aprile 2005 resa in seduta plenaria, si è pronunciato sul punto di sapere se la trasformazione irreversibile di suddetto terreno in seguito alla costruzione del lavoro “pubblico” poteva costituire una ragione di diritto che impedisce la restituzione del terreno. Il Consiglio di stato ha risposto negativamente. Ciò facendo, ha:
a) riconosciuto che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta è inadempiente in quanto al bisogno di sicurezza giuridica, per ciò che riguarda tra altri il punto di sapere in quale data il lavoro pubblico deve essere considerato come “realizzato” e dunque in quale data ci sia stato trasferimento di proprietà a favore dello stato;
b) reso omaggio alla giurisprudenza della Corte, ed in particolare alla sentenza Belvedere Alberghiera Srl c. Italia, affermando che, a fronte di una domanda di restituzione di un bene illegalmente occupato e trasformato, il lavoro realizzato dalle autorità pubbliche non può, in quanto tale, costituire un ostacolo assoluto alla restituzione,;
c) interpretato l’articolo 43 del Repertorio, paragrafo 46 sotto, nel senso in cui la non-restituzione di un terreno può essere ammessa solamente in casi eccezionali, ovvero quando l’amministrazione invoca un interesse pubblico particolarmente contrassegnato dalla conservazione del lavoro;
d) affermato, in questo contesto, che l’espropriazione indiretta non potrebbe costituire un’alternativa (“una mera alternativa”) ad un procedimento di espropriazione in buona e dovuta forma.
7. Il Repertorio delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione a causa di utilità pubblica, qui di seguito “il Repertorio,
50. Il 30 giugno 2003 è entrato in vigore il Decreto Presidenziale no 327 del 8 giugno 2001, modificato dal Decreto legislativo no 302 del 27 dicembre 2002, e che regola il procedimento di espropriazione. Il Repertorio codifica le disposizioni e la giurisprudenza esistenti in materia. In particolare, codifica il principio dell’espropriazione indiretta. Il Repertorio che non si applica ai casi di occupazione sopraggiunti anteriormente al 1996 e non si applica dunque nello specifico, si è sostituito, a partire dalla sua entrata in vigore, all’insieme della legislazione di espropriazione della giurisprudenza precedente in materia.
51. Al suo articolo 43, il Repertorio contempla che in mancanza di un decreto di espropriazione, o in mancanza di dichiarazione di utilità pubblica, un terreno trasformato in seguito alla realizzazione di un lavoro pubblico è acquisito al patrimonio dell’autorità che l’ha trasformato; dei danno-interessi sono accordati in compenso. L’autorità può acquisire un bene anche quando o il piano di urbanistica o la dichiarazione di utilità pubblica sono stati annullati. Il proprietario può chiedere al giudice la restituzione del terreno. L’autorità in causa si può opporre. Quando il giudice decide di non ordinare la restituzione del terreno, il proprietario ha diritto ad un risarcimento.

IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
52. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
53. In primo luogo, il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, facendo valere che sarebbe prematuro giudicare sulla situazione denunciata, al motivo che il procedimento nazionale è ancora pendente così che non c’è ancora giudizio interno definitivo.
54. In secondo luogo, il Governo eccepisce che i richiedenti non hanno requisito di vittima al senso dell’articolo 34 della Convenzione. A questo riguardo, osserva che il tribunale ha valutato l’importo del risarcimento per la perdita del terreno in equità, seguendo la domanda fatta in questo senso dai richiedenti. Segue che queste ultimi non potrebbero definirsi vittime di una violazione del loro diritto al rispetto dei beni in ragione del carattere inadeguato del risarcimento riconosciuto dallo stesso tribunale.
55. I richiedenti si oppongono alle eccezioni del Governo.
56. In quanto all’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, fanno valere che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali è ancora pendente più di venticinque anni dopo l’occupazione del loro terreno e che nessuno risarcimento per la perdita di questo è stato versato ancora.
57. In quanto all’eccezione derivata dal loro requisito di vittima, fanno osservare in particolare che hanno interposto appello al giudizio del tribunale di Foggia per contestare la valutazione dell’importo del risarcimento effettuato da questo tribunale.
58. La Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti che queste due eccezioni sono legate strettamente in fondo alle richieste e decide di unirle al merito. La Corte constata che le richieste non sono manifestamente mal fondate al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che queste non si scontrano con nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararle ammissibili dunque.
B. Sul merito
59. Il Governo riconosce che, malgrado la mancanza di un decreto di espropriazione e dell’utilità pubblica, i richiedenti sarebbero stati ad ogni modo privati del loro bene per effetto della costruzione del lavoro pubblico e della trasformazione irreversibile del terreno che questa ultima ha provocato.
60. In compenso delle irregolarità commesse dall’amministrazione ed in particolare della mancanza di utilità pubblica, avrebbero diritto ad un’indennità corrispondente al valore venale del terreno.
61. Nello specifico, il tribunale di Foggia non ha applicato l’articolo5 bis della legge no 359 del 1992, avendo quantificato l’importo dell’indennizzo in equità a seguito alla domanda fatta in questo senso dai richiedenti.
62. Alla luce di queste considerazioni, il Governo sostiene che questa situazione è conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
63. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
64. Fanno osservare che sono state private del loro bene e sottolineano l’illegalità di questa situazione, in mancanza di un decreto di espropriazione e tenuto conto dell’illegalità ab initio dell’occupazione del terreno alla luce del giudizio del TAR depositato alla cancelleria il 4 ottobre 1990.
65. Stimano che il principio giurisprudenziale dell’espropriazione indiretta non può essere considerato in quanto tale come “previsto con la legge” ed fanno valere che in mancanza di un giudizio definitivo, la loro situazione si analizza in una situazione di illegalità continua, sorgente di incertezza ed imprevedibilità.
66. La Corte ricorda al primo colpo che ha unito al merito le eccezioni del Governo derivate della non-esaurimento delle vie di ricorso interne e della mancanza di requisito di vittima dei richiedenti.
67. Le parti si accordano per dire che c’è stata “privazione di proprietà.”
68. Per i richiedenti c’è stata perdita di disponibilità totale del terreno senza decreto di espropriazione né indennizzo così che si ritorna in sostanza ad un’espropriazione da fatto.
69. Per il Governo, i richiedenti devono considerarsi come privati del loro bene a contare dal momento in cui questo è stato trasformato irreversibilmente.
70. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata privazione di beni al senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivale ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, § 63).
71. Ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. La preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Il principio di legalità notifica l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili (Hentrich c. Francia, sentenza del 22 settembre 1994, serie Ano 296-ha, pp. 19-20, § 42, e Lithgow ed altri c. Regno Unito, sentenza del 8 luglio 1986, serie A no 102, p. 47, § 110).
72. La Corte resta convinta che l’esistenza, in quanto tale, di una base legale non basta a soddisfare al principio di legalità e stima utile di propendersi sulla questione della qualità della legge.
73. La Corte prende nota dell’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all’elaborazione del principio dell’espropriazione indiretta. Rileva anche che questo principio è stato trasposto nei testi di legge, come la legge no 458 del 1988, la legge no 662 del 1996 e, ultimamente, nel Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione. Essendo così, la Corte non perde di vista le applicazioni contraddittorie che hanno luogo nella cronostoria della giurisprudenza. Questo punto di vista è stato adottato dal Consiglio di stato del resto, paragrafo 47 sopra che, nella sua sentenza no 2 di 2005 resa in seduta plenaria, ha riconosciuto che l’espropriazione indiretta non ha mai dato adito a regolamentazione stabile, completa e prevedibile.
74. Inoltre, la Corte constata che, in ogni caso, l’espropriazione indiretta tende ad interinare una situazione che deriva di fatto dalle illegalità commesse dall’amministrazione ed a regolare le conseguenze per l’individuo e l’amministrazione, e permette a questa ultima di trarre vantaggio dal suo comportamento illegale. Che sia in virtù di un principio giurisprudenziale o di un testo di legge come l’articolo 43 del Repertorio, l’espropriazione indiretta non saprebbe costituire dunque un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (vedere, su questo punto anche, la posizione del Consiglio di stato, paragrafo 42 sopra).
75. Ad ogni modo, la Corte è chiamata a verificare se il modo di cui il diritto interno è interpretato ed applicato produce degli effetti conformi ai principi della Convenzione.
76. La Corte constata che nello specifico i richiedenti hanno perso la disponibilità del terreno che è stato occupato nel 1979 e che è stato trasformato in modo irreversibile nel 1980. Secondo il tribunale di Foggia, l’occupazione del terreno controverso è stata illegale ab initio in ragione del giudizio del TAR ed i richiedenti sono stati privati del loro bene al momento della sua trasformazione irreversibile. Il procedimento è pendente dinnanzi alla corte di appello di Bari.
77. A difetto di un atto formale di trasferimento di proprietà, ed in mancanza di un giudizio nazionale dichiarante che tale trasferimento deve passare per avere avuto luogo, Carbonara e Ventura, precitata, § 80, e chiarendo una volta per tutte le circostanze esatte da questo, la Corte stima che la perdita di ogni disponibilità del terreno in causa, combinata con l’impossibilità fino ad ora di ovviare alla situazione incriminata ha generato delle conseguenze abbastanza gravi per le quali il richiedente ha subito un’espropriazione di fatto incompatibile col suo diritto al rispetto dei suoi beni, Papamichalopoulos ed altri c. Grecia, sentenza del 24 giugno 1993, serie A no 260-B, § 45, e non conforme al principio di preminenza del diritto.
78. In conclusione, le eccezioni del Governo non potrebbero essere considerate e vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
79. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
80. I richiedenti chiedono da prima il versamento di un’indennità, a titolo di danno materiale, uguale alla differenza tra il valore venali del terreno come stimato dal perito commesso d’ ufficio dal tribunale e quello che quest’ ultima giurisdizione ha liquidato loro deliberando in equità.
81. Inoltre, i richiedenti sollecitano il rimborso degli oneri di procedimento, senza valutarlo tuttavia.
82. In quanto al danno materiale, il Governo fa osservare da prima che in mancanza di un giudizio interno definitivo, non è lecito alla Corte di procedere alla valutazione di questo danno. Inoltre, il Governo sostiene che i richiedenti non avrebbero il diritto di richiedere nessuna somma a titolo di danno materiale, dato che hanno chiesto al tribunale di valutare in equità l’importo del risarcimento per la perdita del terreno.
83In quanto al danno morale, il Governo fa valere che nessuna somma è dovuta ai richiedenti a questa titolo in mancanza per loro di avere presentato a questo riguardo di domanda.
84. In quanto agli oneri del procedimento dinnanzi alla Corte, il Governo sostiene che i richiedenti hanno quantificato questi in modo vago ed impreciso.
85. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perciò, la riserva e fisserà il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilità che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al fondo le eccezioni preliminari del Governo e li respingo;
2. Dichiara le richieste ammissibili;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 17 novembre 2005 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Christos Rozakis
Cancelliere aggiunto Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Satisfaction équitable réservée
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE PIA GLORIA SERRILLI ET AUTRES c. ITALIE
(Requêtes nos 77823/01, 77827/01 et 77829/01)
ARRÊT
STRASBOURG
17 novembre 2005
DÉFINITIF
17/02/2006
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Pia Gloria Serrilli et autres c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
MM. C.L. Rozakis, président,
L. Loucaides,
M. P. Lorenzen,
Mme N. Vajić,
MM. V. Zagrebelsky,
D. Spielmann,
S.E. Jebens, juges,
et de M. S. Quesada, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 25 octobre 2005,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent trois requêtes (nos 77823/01, 77827/01 et 77829/01) dirigées contre la République italienne et dont trois ressortissantes de cet Etat, Mmes Pia Gloria Serrilli, Angela Maria Serrilli et Giuseppina Serrilli (« les requérantes »), ont saisi la Cour respectivement le 10 février et le 14 mars 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérantes sont représentées par Me G. Di Mattia, avocat à Foggia. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I. M. Braguglia, par son coagent, M. F. Crisafulli, et par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 2 septembre 2004, la première section a décidé de joindre les trois requêtes, les a déclarées partiellement irrecevables et a décidé de communiquer au Gouvernement le grief tiré du droit des requérantes au respect de leurs biens. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
4. Tant les requérantes que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur la recevabilité et le fond (article 59 § 1 du règlement).
5. Le 1er novembre 2004, la Cour a modifié la composition de ses sections (article 25 § 1 du règlement). Les présentes requêtes ont été attribuées à la première section ainsi remaniée (article 52 § 1).

EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Les requérantes sont nées respectivement en 1943, 1935 et 1939 et résidant à San Marco in Lamis (Foggia).
7. Les requérantes étaient copropriétaires, avec trois autres personnes (« les tierces personnes »), d’un terrain d’environ 3 480 mètres carrés, sis à San Marco in Lamis et enregistré au cadastre, feuille 93, parcelles 579 et 580.
8. Par un arrêté du 16 novembre 1976, le conseil municipal de San Marco in Lamis classa ce terrain comme destiné à la construction d’habitations à loyer modéré.
9. Par un arrêté du 16 juin 1979, le conseil municipal de San Marco in Lamis adopta un projet de construction d’habitations à loyer modéré sur le terrain des requérantes et des tierces personnes.
10. Par un arrêté du 30 août 1979, le maire de San Marco in Lamis autorisa l’occupation d’urgence de ce terrain, pour une période maximale de cinq ans à compter de l’occupation matérielle, en vue de son expropriation pour cause d’utilité publique, afin de procéder à la construction des habitations à loyer modéré.
11. Le 24 septembre 1979, l’administration procéda à l’occupation matérielle du terrain et entama les travaux de construction.
1. La procédure devant les juridictions administratives
12. En 1977, les deux premières requérantes et deux autres personnes introduisirent devant le tribunal administratif régional de Puglia (« TAR ») un recours visant à contestant la légalité de l’arrêté du 16 novembre 1976, par lequel le conseil municipal de San Marco in Lamis avait classé leur terrain comme destiné à la construction d’habitations à loyer modéré.
13. Par un jugement déposé au greffe le 4 octobre 1990, le TAR accueillit le recours et annula la mesure attaquée, au motif que celle-ci avait été adoptée en l’absence d’une motivation adéquate.
14. Il ressort du dossier que ce jugement n’a pas été attaqué devant les juridictions internes compétentes et, par conséquent, a acquis force de chose jugée.
2. La procédure devant les juridictions civiles
15. Entre-temps, par un acte d’assignation notifié le 19 septembre 1989, les requérantes et les tierces personnes avaient introduit devant le tribunal de Foggia une action en dommages-intérêts à l’encontre de la municipalité de San Marco in Lamis. Ils faisaient valoir que l’occupation du terrain était illégale au motif que celle-ci s’était prolongée au-delà du délai autorisé et que les travaux de construction des ouvrages publics s’étaient terminés sans qu’il fût procédé à l’expropriation formelle du terrain et au paiement d’une indemnité. A la lumière de ces considérations, ils réclamaient un dédommagement correspondant à la valeur vénale du terrain.
16. Le 2 février 1992, une expertise ordonnée par le tribunal fut déposée au greffe. Selon l’expert, le terrain, qui était constructible, avait été transformé de manière irréversible entre le 18 février 1980 et le 21 décembre 1980. Il ressort de cette expertise que la valeur vénale du terrain était de 127 375 728 ITL, soit 36 602 ITL le mètre carré, en août 1979, et de 206 370 359 ITL, soit 59 302 ITL le mètre carré, en 1984.
17. Le 13 février 1996, une nouvelle expertise fut ordonnée par le tribunal compte tenu de l’entrée en vigueur entre-temps de la loi no 359 de 1992, qui prévoyait de nouveaux critères d’indemnisation. Selon cette nouvelle expertise, rédigée le 3 octobre 1996, le montant de l’indemnité d’expropriation calculée aux termes de l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992, était de 64 140 264 ITL en août 1979.
18. Par un jugement déposé au greffe le 12 novembre 2003, le tribunal déclara que, compte tenu du jugement du TAR, le terrain avait été occupé illégalement depuis le début. Toutefois, les requérantes et les tierces personnes devaient se considérer comme privées de leur bien par l’effet de la construction des ouvrages publics. Dès lors, ils avaient droit à un dédommagement.
19. Afin de calculer le montant d’un tel dédommagement, le tribunal considéra que le terrain était constructible mais que sa valeur vénale réelle n’avait pas été fixée définitivement par les expertises ordonnées au cours de la procédure. Dès lors, le tribunal décida que le dédommagement devait être calculé en équité, suivant la demande faite dans ce sens par les requérantes et les tierces personnes. A la lumière de ces considérations, le tribunal condamna la municipalité à verser aux requérantes et aux tierces personnes la somme globale de 64 140 264 ITL, plus intérêts, à savoir le montant de l’indemnité d’expropriation calculé selon la deuxième expertise aux termes de l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992.
20. A une date non précisée, deux des tierces personnes décédèrent, les requérantes et l’autre tierce personne étant ses seuls héritiers.
21. Par un acte du 7 novembre 2004, les requérantes et la tierce personne interjetèrent appel de ce jugement devant la cour d’appel de Bari, faisant notamment valoir que, compte tenu de ce que l’occupation du terrain avait été illégale ab initio, ils avaient droit à un dédommagement égal à la valeur vénale du terrain.
22. Il ressort du dossier que la procédure devant la cour d’appel de Bari est toujours pendante.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
a) L’occupation d’urgence d’un terrain
23. En droit italien, la procédure accélérée d’expropriation permet à l’administration d’occuper un terrain et d’y construire avant l’expropriation. Une fois l’ouvrage à réaliser déclaré d’utilité publique et le projet de construction adopté, l’administration peut décréter l’occupation d’urgence des zones à exproprier pour une durée déterminée n’excédant pas cinq ans (article 20 de la loi no 865 de 1971). Ce décret devient caduc si l’occupation matérielle du terrain n’a pas lieu dans les trois mois suivant sa promulgation. Avant la fin de la période d’occupation autorisée, un décret d’expropriation formelle doit être pris.
24. L’occupation autorisée d’un terrain donne droit à une indemnité d’occupation. La Cour constitutionnelle a reconnu, dans son arrêt no 470 de 1990, un droit d’accès immédiat à un tribunal aux fins de réclamer l’indemnité d’occupation dès que le terrain est matériellement occupé, sans besoin d’attendre que l’administration procède à une offre d’indemnisation.
b) Principe de l’expropriation indirecte (« occupazione acquisitiva » ou « accessione invertita »)
25. Dans les années 1970, plusieurs administrations locales procédèrent à des occupations d’urgence de terrains qui ne furent pas suivies de décrets d’expropriation. Les juridictions italiennes se trouvèrent confrontées à des cas où le propriétaire d’un terrain avait perdu de facto la disponibilité de celui-ci en raison de l’occupation et de l’accomplissement de travaux de construction d’un ouvrage public. Restait à savoir si, simplement par l’effet des travaux effectués, l’intéressé avait perdu également la propriété du terrain.
1. La jurisprudence avant l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
26. La jurisprudence était très partagée sur le point de savoir quels étaient les effets de la construction d’un ouvrage public sur un terrain occupé illégalement. Par occupation illégale, il faut entendre une occupation illégale ab initio, ou bien une occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite, le titre étant annulé ou bien l’occupation se poursuivant au-delà de l’échéance autorisée sans qu’un décret d’expropriation ne soit intervenu.
27. Selon une première jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain après l’achèvement de l’ouvrage public. Toutefois, il ne pouvait pas demander une remise en l’état du terrain et pouvait uniquement engager une action en dommages et intérêts pour occupation abusive, non soumise à un délai de prescription puisque l’illégalité découlant de l’occupation était permanente. L’administration pouvait à tout moment adopter une décision formelle d’expropriation ; dans ce cas, l’action en dommages-intérêts se transformait en litige portant sur l’indemnité d’expropriation et les dommages-intérêts n’étaient dus que pour la période antérieure au décret d’expropriation pour la non-jouissance du terrain (voir, entre autres, les arrêts de la Cour de cassation no 2341 de 1982, no 4741 de 1981, no 6452 et no 6308 de 1980).
28. Selon une deuxième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration ne perdait pas la propriété du terrain et pouvait demander la remise en l’état, lorsque l’administration avait agi sans qu’il y ait utilité publique (voir, par exemple, Cour de cassation, arrêt no 1578 de 1976, arrêt no 5679 de 1980).
29. Selon une troisième jurisprudence, le propriétaire du terrain occupé par l’administration perdait automatiquement la propriété du terrain au moment de la transformation irréversible du bien, à savoir au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. L’intéressé avait le droit de demander des dommages-intérêts (voir l’arrêt no 3243 de 1979 de la Cour de cassation).
2. L’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
30. Par un arrêt du 16 février 1983, la Cour de cassation, statuant en chambres réunies, résolut le conflit de jurisprudence et adopta la troisième solution. Ainsi fut consacré le principe de l’expropriation indirecte (accessione invertita ou occupazione acquisitiva). En vertu de ce principe, la puissance publique acquiert ab origine la propriété d’un terrain sans procéder à une expropriation formelle lorsque, après l’occupation du terrain, et indépendamment de la légalité de l’occupation, l’ouvrage public a été réalisé. Lorsque l’occupation est ab initio sans titre, le transfert de propriété a lieu au moment de l’achèvement de l’ouvrage public. Lorsque l’occupation du terrain a initialement été autorisée, le transfert de propriété a lieu à l’échéance de la période d’occupation autorisée. Dans le même arrêt, la Cour de cassation précisa que, dans tous les cas d’expropriation indirecte, l’intéressé a droit à une réparation intégrale, l’acquisition du terrain ayant eu lieu sans titre. Toutefois, cette réparation n’est pas versée automatiquement ; il incombe à l’intéressé de réclamer des dommages-intérêts. En outre, le droit à réparation est assorti du délai de prescription prévu en cas de responsabilité délictuelle, à savoir cinq ans, commençant à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
3. La jurisprudence après l’arrêt no 1464 de 1983 de la Cour de cassation
a) La prescription
31. Dans un premier temps, la jurisprudence considérait qu’aucun délai de prescription ne trouvait à s’appliquer, puisque l’occupation sans titre du terrain constituait un acte illégal continu. La Cour de cassation, dans son arrêt no 1464 de 1983, affirma que le droit à réparation était soumis à un délai de prescription de cinq ans. Par la suite, la première section de la Cour de cassation affirma qu’un délai de prescription de dix ans devait s’appliquer (arrêts no 7952 de 1991 et no 10979 de 1992). Par un arrêt du 22 novembre 1992, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a définitivement tranché la question, estimant que le délai de prescription est de cinq ans et qu’il commence à courir au moment de la transformation irréversible du terrain.
b) L’arrêt no 188 de 1995 de la Cour constitutionnelle
32. Dans cet arrêt, la Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution le principe de l’expropriation indirecte, dans la mesure où ce principe est ancré dans une disposition législative, à savoir l’article 2043 du code civil régissant la responsabilité délictuelle. Selon cet arrêt, le fait que l’administration devienne propriétaire d’un terrain en tirant bénéfice de son comportement illégal ne pose aucun problème sur le plan constitutionnel, puisque l’intérêt public, à savoir la conservation de l’ouvrage public, l’emporte sur l’intérêt du particulier, et donc sur le droit de propriété de ce dernier. La Cour constitutionnelle a jugé compatible avec la Constitution l’application à l’action en réparation du délai de prescription de cinq ans, tel que prévu par l’article 2043 du code civil pour responsabilité délictuelle.
c) Cas de non-application du principe de l’expropriation indirecte
33. Les développements de la jurisprudence montrent que le mécanisme par lequel la construction d’un ouvrage public entraîne le transfert de propriété du terrain au bénéfice de l’administration connaît des exceptions.
34. Dans son arrêt no 874 de 1996, le Conseil d’Etat a affirmé qu’il n’y a pas d’expropriation indirecte lorsque les décisions de l’administration et le décret d’occupation d’urgence ont été annulés par les juridictions administratives ; si tel n’était pas le cas, la décision judiciaire serait vidée de substance.
35. Dans son arrêt no 1907 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé que l’administration ne devient pas propriétaire d’un terrain lorsque les décisions qu’elle a adoptées et la déclaration d’utilité publique doivent être considérées comme nulles ab initio. Dans ce cas, l’intéressé garde la propriété du terrain et peut demander la restitutio in integrum. Il peut, comme alternative, demander des dommages-intérêts. L’illégalité dans ces cas a un caractère permanent et aucun délai de prescription ne trouve application.
36. Dans l’arrêt no 6515 de 1997, la Cour de cassation statuant en chambres réunies a affirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété lorsque la déclaration d’utilité publique a été annulée par les juridictions administratives. Dans ce cas, le principe de l’expropriation indirecte ne trouve donc pas à s’appliquer. L’intéressé, qui garde la propriété du terrain, a la possibilité de demander la restitutio in integrum. L’introduction d’une demande en dommages-intérêts entraîne une renonciation à la restitutio in integrum. Le délai de prescription de cinq ans commence à courir au moment où la décision du juge administratif devient définitive.
37. Dans l’arrêt no 148 de 1998, la première section de la Cour de cassation a suivi la jurisprudence des chambres réunies et affirmé que le transfert de propriété par effet de l’expropriation indirecte n’a pas lieu lorsque la déclaration d’utilité publique à laquelle le projet de construction était assorti a été considérée comme invalide ab initio.
38. Dans l’arrêt no 5902 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies a réaffirmé qu’il n’y a pas de transfert de propriété en l’absence de déclaration d’utilité publique valide.
39. Il convient de comparer cette jurisprudence avec la loi no 458 de 1988 et avec le Répertoire des dispositions sur l’expropriation, entré en vigueur le 30 juin 2003.
4. La loi no458 du 27 octobre 1988
40. Aux termes de l’article 3 de cette loi, « Le propriétaire d’un terrain, utilisé pour la construction de bâtiments publics et de logements sociaux, a droit à la réparation du dommage subi, à la suite d’une expropriation déclarée illégale par une décision passée en force de chose jugée, mais ne peut prétendre à la restitution de son bien. Il a également droit, en plus de la réparation du dommage, aux sommes dues en raison de la dépréciation monétaire et à celles mentionnées à l’article 1224 § 2 du code civil et ceci à compter du jour de l’occupation illégale ».
41. Interprétant l’article 3 de la loi de 1988, la Cour constitutionnelle, dans son arrêt du 12 juillet 1990 (n 384), a considéré : « Par la disposition attaquée, le législateur, entre l’intérêt des propriétaires des terrains – obtenir en cas d’expropriation illégale la restitution des terrains – et l’intérêt public – concrétisé par la destination de ces biens à des finalités de constructions résidentielles publiques à des conditions favorables ou conventionnées – a donné la priorité à ce dernier intérêt ».
5. Le montant de la réparation en cas d’expropriation indirecte
42. Selon la jurisprudence de 1983 de la Cour de cassation en matière d’expropriation indirecte, une réparation intégrale du préjudice subi, sous forme de dommages-intérêts pour la perte du terrain, était due à l’intéressé en contrepartie de la perte de propriété qu’entraîne l’occupation illégale.
43. La loi budgétaire de 1992 (article 5 bis du décret-loi no 333 du 11 juillet 1992) modifia cette jurisprudence, dans le sens que le montant dû en cas d’expropriation indirecte ne pouvait dépasser le montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle. Par l’arrêt no 369 de 1996, la Cour constitutionnelle déclara inconstitutionnelle cette disposition.
44. En vertu de la loi budgétaire no 662 de 1996, qui fit suite à la disposition déclarée inconstitutionnelle, l’indemnisation intégrale ne peut être accordée pour une occupation de terrain ayant eu lieu avant le 30 septembre 1996. Dans cette optique, l’indemnisation équivaut au montant de l’indemnité prévue pour le cas d’une expropriation formelle, dans l’hypothèse la plus favorable au propriétaire, moyennant une augmentation de 10 %.
45. Par l’arrêt no 148 du 30 avril 1999, la Cour constitutionnelle a jugé une telle indemnité compatible avec la Constitution. Toutefois, dans le même arrêt, la Cour a précisé qu’une indemnité intégrale, à concurrence de la valeur vénale du terrain, peut être réclamée lorsque l’occupation et la privation du terrain n’ont pas eu lieu pour cause d’utilité publique.
6. La jurisprudence après les arrêts de la Cour du 30 mai 2000 dans les affaires Belvedere Alberghiera et Carbonara et Ventura
46. Par les arrêts no 5902 et 6853 de 2003, la Cour de cassation en chambres réunies s’est à nouveau prononcée sur le principe de l’expropriation indirecte, en faisant référence aux deux arrêts de la Cour précités.
47. Au vu du constat de violation de l’article 1 du protocole no 1 dans les affaires ci-dessus, la Cour de cassation a affirmé que le principe de l’expropriation indirecte joue un rôle important dans le cadre du système juridique italien et qu’il est compatible avec la Convention.
48. Plus spécifiquement, la Cour de cassation – après avoir analysé l’histoire du principe de l’expropriation indirecte – a dit qu’au vu de l’uniformité de la jurisprudence en la matière, le principe de l’expropriation indirecte doit se considérer comme étant pleinement « prévisible » à compter de 1983. De ce fait, l’expropriation indirecte doit être considérée comme étant respectueuse du principe de légalité. S’agissant des occupations de terrain ayant lieu sans déclaration d’utilité publique, la Cour de cassation a affirmé que celles-ci ne sont pas aptes à transférer la propriété du bien à l’Etat. Quant à l’indemnisation, la Cour de cassation a affirmé que, même si elle est inférieure au préjudice subi par l’intéressé, et notamment à la valeur du terrain, l’indemnisation due en cas d’expropriation indirecte est suffisante pour garantir un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
49. Saisi d’un recours en exécution d’une décision judiciaire définitive annulant la déclaration d’utilité publique concernant une procédure d’expropriation, vu la demande de la partie requérante tendant à obtenir la restitution du terrain entre-temps occupé et transformé, le Conseil d’Etat, dans son arrêt no 2/2005 du 29 avril 2005 rendu en séance plénière, s’est prononcé sur le point de savoir si la transformation irréversible dudit terrain à la suite de la construction de l’ouvrage « public » pouvait constituer une raison de droit empêchant la restitution du terrain. Le Conseil d’Etat a répondu par la négative. Ce faisant, il a :
a) reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte est défaillant quant au besoin de sécurité juridique, en ce qui concerne entre autres le point de savoir à quelle date l’ouvrage public doit être considéré comme « réalisé » et donc à quelle date il y a eu transfert de propriété au bénéfice de l’Etat ;
b) rendu hommage à la jurisprudence de la Cour, et notamment à l’arrêt Belvedere Alberghiera Srl c. Italie, en affirmant que, face à une demande en restitution d’un bien illégalement occupé et transformé, l’ouvrage réalisé par les autorités publiques ne peut pas, en tant que tel, constituer un obstacle absolu à la restitution ;
c) interprété l’article 43 du Répertoire (paragraphe 51 ci-dessous) dans le sens où la non-restitution d’un terrain ne peut être admise que dans des cas exceptionnels, à savoir lorsque l’administration invoque un intérêt public particulièrement marqué à la conservation de l’ouvrage ;
d) affirmé, dans ce contexte, que l’expropriation indirecte ne saurait constituer une alternative (« una mera alternativa ») à une procédure d’expropriation en bonne et due forme.
7. Le Répertoire des dispositions législatives et réglementaires en matière d’expropriation pour cause d’utilité publique (ci après « le Répertoire)
50. Le 30 juin 2003 est entré en vigueur le Décret Présidentiel no 327 du 8 juin 2001, modifié par le Décret législatif no 302 du 27 décembre 2002, et qui régit la procédure d’expropriation. Le Répertoire codifie les dispositions et la jurisprudence existantes en la matière. En particulier, il codifie le principe de l’expropriation indirecte. Le Répertoire, qui ne s’applique pas aux cas d’occupation survenus antérieurement à 1996 et ne s’applique donc pas en l’espèce, s’est substitué, à partir de son entrée en vigueur, à l’ensemble de la législation la jurisprudence précédente en matière d’expropriation.
51. A son article 43, le Répertoire prévoit qu’en l’absence d’un décret d’expropriation, ou en l’absence de déclaration d’utilité publique, un terrain transformé à la suite de la réalisation d’un ouvrage public est acquis au patrimoine de l’autorité qui l’a transformé ; des dommages-intérêts sont accordés en contrepartie. L’autorité peut acquérir un bien même lorsque le plan d’urbanisme ou la déclaration d’utilité publique ont été annulés. Le propriétaire peut demander au juge la restitution du terrain. L’autorité en cause peut s’y opposer. Lorsque le juge décide de ne pas ordonner la restitution du terrain, le propriétaire a droit à un dédommagement.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
52. Les requérantes allèguent avoir été privées de leur terrain dans des circonstances incompatibles avec l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
53. En premier lieu, le Gouvernement soulève une exception de non-épuisement des voies de recours internes, faisant valoir qu’il serait prématuré de juger sur la situation dénoncée, au motif que la procédure nationale est encore pendante de sorte qu’il n’y a pas encore de jugement interne définitif.
54. En deuxième lieu, le Gouvernement excipe que les requérantes n’ont pas qualité de victime au sens de l’article 34 de la Convention. A cet égard, il observe que le tribunal a évalué le montant du dédommagement pour la perte du terrain en équité, suivant la demande faite dans ce sens par les requérantes. Il s’ensuit que ces dernières ne pourraient pas se prétendre victimes d’une violation de leur droit au respect des biens en raison du caractère inadéquat du dédommagement reconnu par le même tribunal.
55. Les requérantes s’opposent aux exceptions du Gouvernement.
56. Quant à l’exception de non-épuisement des voies de recours internes, elles font valoir que la procédure devant les juridictions nationales est encore pendante plus de vingt-cinq ans après l’occupation de leur terrain et qu’aucun dédommagement pour la perte de celui-ci n’a encore été versé.
57. S’agissant de l’exception tirée de leur qualité de victime, elles font observer qu’elles ont interjeté appel du jugement du tribunal de Foggia notamment afin de contester l’évaluation du montant du dédommagement effectuée par ce tribunal.
58. La Cour estime, à la lumière de l’ensemble des arguments des parties, que ces deux exceptions sont étroitement liées au fond des requêtes et décide de les joindre au fond. La Cour constate que les requêtes ne sont pas manifestement mal fondées au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que celles-ci ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
59. Le Gouvernement reconnaît que, malgré l’absence d’un décret d’expropriation et de l’utilité publique, les requérantes auraient en tout état de cause été privées de leur bien par l’effet de la construction de l’ouvrage public et de la transformation irréversible du terrain que cette dernière a entraîné.
60. En contrepartie des irrégularités commises par l’administration et notamment de l’absence d’utilité publique, elles auraient droit à une indemnité correspondant à la valeur vénale du terrain.
61. En l’espèce, le tribunal de Foggia n’a pas appliqué l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992, ayant quantifié le montant de l’indemnisation en équité suite à la demande faite dans ce sens par les requérantes.
62. A la lumière de ces considérations, le Gouvernement soutient que cette situation est conforme à l’article 1 du Protocole no 1.
63. Les requérantes s’opposent à la thèse du Gouvernement.
64. Elles font observer qu’elles ont été privées de leur bien et soulignent l’illégalité de cette situation, en l’absence d’un décret d’expropriation et compte tenu de l’illégalité ab initio de l’occupation du terrain à la lumière du jugement du TAR déposé au greffe le 4 octobre 1990.
65. Elles estiment que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte ne peut pas être considéré en tant que tel comme « prévu par la loi » et elles font valoir qu’en l’absence d’un jugement définitif, leur situation s’analyse en une situation d’illégalité continue, source d’incertitude et imprévisibilité.
66. La Cour rappelle d’emblée qu’elle a joint au fond les exceptions du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes et de l’absence de qualité de victime des requérantes.
67. Les parties s’accordent pour dire qu’il y a eu « privation de propriété ».
68. Pour les requérantes il y a eu perte de disponibilité totale du terrain sans décret d’expropriation ni indemnisation si bien qu’elle revient en substance à une expropriation de fait.
69. Pour le Gouvernement, les requérantes doivent se considérer comme ayant été privées de leur bien à compter du moment où celui-ci a été irréversiblement transformé.
70. La Cour rappelle que, pour déterminer s’il y a eu privation de biens au sens de la deuxième phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si ladite situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, pp. 24-25, § 63).
71. Elle rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale. La prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Le principe de légalité signifie l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles (Hentrich c. France, arrêt du 22 septembre 1994, série A no 296-A, pp. 19-20, § 42, et Lithgow et autres c. Royaume-Uni, arrêt du 8 juillet 1986, série A no 102, p. 47, § 110).
72. La Cour reste convaincue que l’existence, en tant que telle, d’une base légale ne suffit pas à satisfaire au principe de légalité et estime utile de se pencher sur la question de la qualité de la loi.
73. La Cour prend note de l’évolution jurisprudentielle qui a conduit à l’élaboration du principe de l’expropriation indirecte. Elle relève également que ce principe a été transposé dans des textes de loi, tels que la loi no 458 de 1988, et, tout dernièrement, dans le Répertoire des dispositions en matière d’expropriation. Ceci étant, la Cour ne perd pas de vue les applications contradictoires relevées dans l’historique de la jurisprudence, et note également des contradictions entre la jurisprudence et les textes de loi écrits susmentionnés. Ce point de vue a d’ailleurs été adopté par le Conseil d’Etat (paragraphe 49 ci-dessus) qui, dans son arrêt no 2 de 2005 rendu en séance plénière, a reconnu que le principe jurisprudentiel de l’expropriation indirecte n’a jamais donné lieu à une réglementation stable, complète et prévisible.
74. En outre, la Cour constate que, dans tous les cas, l’expropriation indirecte tend à entériner une situation de fait découlant des illégalités commises par l’administration, tend à régler les conséquences pour le particulier et l’administration, et permet à cette dernière de tirer bénéfice de son comportement illégal. Que ce soit en vertu d’un principe jurisprudentiel ou d’un texte de loi comme l’article 43 du Répertoire, l’expropriation indirecte ne saurait donc constituer une alternative à une expropriation en bonne et due forme (voir, sur ce point également, la position du Conseil d’Etat, au paragraphe 49 ci-dessus).
75. En tout état de cause, la Cour est appelée à vérifier si la manière dont le droit interne est interprété et appliqué produit des effets conformes aux principes de la Convention.
76. La Cour constate qu’en l’espèce les requérantes ont perdu la disponibilité du terrain qui a été occupé en 1979 et qui a été transformé de manière irréversible en 1980. Selon le tribunal de Foggia, l’occupation du terrain litigieux a été illégale ab initio en raison du jugement du TAR et les requérantes ont été privées de leur bien au moment de sa transformation irréversible. La procédure est pendante devant la cour d’appel de Bari.
77. A défaut d’un acte formel de transfert de propriété, et à défaut d’un jugement national déclarant qu’un tel transfert doit se considérer comme ayant eu lieu (Carbonara et Ventura c. Italie, précité, § 80) et éclaircissant une fois pour toutes les circonstances exactes de celui-ci, la Cour estime que la perte de toute disponibilité du terrain en question, combinée avec l’impossibilité jusqu’à ici de remédier à la situation incriminée a engendré des conséquences assez graves pour que les requérantes aient subi une expropriation de fait incompatible avec leur droit au respect de leurs biens (arrêt Papamichalopoulos et autres c. Grèce, arrêt du 24 juin 1993, série A no 260-B, § 45) et non conforme au principe de prééminence du droit.
78. En conclusion, les exceptions tirées du non-épuisement des voies de recours internes et de l’absence de qualité de victime ne sauraient être retenues et il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
79. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
80. Les requérantes demandent d’abord le versement d’une indemnité, au titre de préjudice matériel, égale à la différence entre la valeur vénale du terrain telle qu’estimée par l’expert commis d’office par le tribunal et celle que cette dernière juridiction leur a liquidée statuant en équité.
81. En outre, les requérantes sollicitent le remboursement des frais de procédure, sans toutefois le chiffrer.
82. Quant au préjudice matériel, le Gouvernement fait observer d’abord qu’en l’absence d’un jugement interne définitif, il n’est pas loisible à la Cour de procéder à l’évaluation de ce préjudice. En outre, le Gouvernement soutient que les requérantes n’auraient le droit de réclamer aucune somme au titre de préjudice matériel, étant donné qu’elles ont demandé au tribunal d’évaluer en équité le montant du dédommagement pour la perte du terrain.
83. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement fait valoir qu’aucune somme n’est due aux requérantes à ce titre faute pour elles d’avoir présenté de demande à cet égard.
84. Quant aux frais de la procédure devant la Cour, le Gouvernement soutient que les requérantes ont quantifié ceux-ci de manière vague et imprécise.
85. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état. En conséquence, elle la réserve et fixera la procédure ultérieure, compte tenu de la possibilité que le Gouvernement et les requérantes parviennent à un accord.
PAR CES MOTIFS, LA COUR , À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond les exceptions préliminaires du Gouvernement et les rejette ;
2. Déclare les requêtes recevables ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et les requérantes à lui adresser par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue le président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 17 novembre 2005 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Christos Rozakis
Greffier adjoint Président

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