Conclusione Violazione di P1-1; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
GRANDE CAMERA
CAUSA PERDIGÃO C. PORTOGALLO
( Richiesta no 24768/06)
SENTENZA
STRASBURGO
16 novembre 2010
Questa sentenza è definitiva. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Perdigão c. Portogallo,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunendosi in una Grande Camera composta da:
Jean-Paul Costa, presidente, Christos Rozakis, Nicolas Bratza, Peer Lorenzen, Josep Casadevall, Ireneu Cabral Barreto, Karel Jungwiert, Elisabet Fura, Alvina Gyulumyan, Sverre Erik Jebens, Ján Šikuta, Ineta Ziemele, Marco Villiger, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, Zdravka Kalaydjieva, Mihai Poalelungi, giudici
e da Johan Callewaert, cancelliere aggiunto della Grande Camera,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 marzo e il 6 ottobre 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 24768/06) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui due cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 19 giugno 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Lisbona. Il governo portoghese (“il Governo”) è stato rappresentato fino al 23 febbraio 2010 dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto, ed a partire da questa data dalla Sig.ra M.F. Carvalho, anche lei procuratore generale aggiunto.
3. I richiedenti si lamentavano in particolare di una violazione del loro diritto di proprietà al motivo che un’indennità di espropriazione che era stata accordata loro era stata in definitiva totalmente assorbita dalla somma messa al loro carico a titolo degli oneri di giustizia.
4. La richiesta è stata assegnata alla seconda sezione della Corte (articolo 52 § 1 dell’ordinamento). Il 24 aprile 2008, la Corte ha deciso di comunicarla al Governo e, come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, di esaminarne congiuntamente l’ammissibilità ed il fondo.
5. Il 4 agosto 2009, deliberando al tempo stesso sull’ammissibilità ed il mondo della richiesta, una camera di suddetta sezione composta da Francesca Tulkens, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutë Jočienė, Dragoljub Popović, Andrįs Sajó ed Işıl Karakaş, giudici, e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione, ha, alla maggioranza, dichiarato la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus. Ha concluso, per cinque voci contro due, alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Il giudice Zagrebelsky ha formulato un’opinione dissidente alla quale ha aderito il giudice Sajó.
6. Il 10 dicembre 2009, facendo diritto ad un’istanza di rinvio presentata dal Governo, il collegio della Grande Camera ha deciso di rinviare la causa dinnanzi alla Grande Camera in virtù dell’articolo 43 della Convenzione.
7. La composizione della Grande Camera è stata configurata conformemente agli articoli 27 §§ 2 e 3 della Convenzione e 24 dell’ordinamento. All’epoca delle deliberazioni finali, Mihai Poalelungi, supplendo, ha sostituito Giovanni Bonnello, impossibilitato (articolo 24 § 3 dell’ordinamento).
8. Il 19 gennaio 2010, la Grande Camera ha deciso di non tenere udienze nello specifico, stimando che non ne aveva bisogno per adempiere alle funzioni che le spettavano in virtù dell’articolo 38 della Convenzione (articolo 59 § 3 in fine dell’ordinamento). Le parti sono state invitate a depositare delle memorie sul merito della causa, ma solo il Governo si è avvalso di questa facoltà.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
9. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1932 e nel 1933; risiedono a Lisbona.
A. Il procedimento di espropriazione
10. I richiedenti erano i proprietari di un terreno di una superficie totale di 128 619 m² ubicato nella regione di Évora. Con un’ordinanza del ministro dei Lavori pubblici pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 11 settembre 1995, questo terreno fu espropriato a favore della Ruppe-Automobile-Estradas del Portogallo S.p.A. (la Ruppe” qui di seguito “), società anonima a capitale esclusivamente pubblico all’epoca, in vista della costruzione di un’autostrada.
11. Nessun accordo essendo stato trovato tra i richiedenti e le amministrazioni, la pratica fu sottoposta, in virtù della legislazione applicabile, al presidente della corte di appello di Évora che designò una commissione di arbitraggio incaricata di valutare il terreno. La commissione valutò questo ultimo a 177 987,17 euro (EUR)1).
12. Con un’ordinanza del 3 marzo 1997, il giudice del tribunale di Évora fece notificare la decisione arbitrale ai richiedenti.
13. Il 21 marzo 1997, i richiedenti introdussero un ricorso contro la decisione arbitrale dinnanzi al tribunale di Évora. Consideravano che i periti avevano sottovalutato il valore delle terre agricole e che avevano omesso di assegnare un valore ad una cava situata sul terreno. Stimavano che bisognava prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, gli utili che avrebbero potuto essere tratti dallo sfruttamento della cava in causa. Valutavano così l’importo dell’indennità di espropriazione a 20 864 292 EUR.
14. La Ruppe attaccò allo stesso modo la decisione degli arbitri, stimando eccessiva la valutazione fatta da questi ultimi,: per lei, l’indennità di espropriazione non doveva superare 72 643 EUR. Il giudice del tribunale di Évora respinse questo ricorso per tardività ma l’accettò posteriormente, avendo reso la corte di appello di Évora l’ 11 dicembre 1997 una sentenza che annullava la sua decisione iniziale.
15. Il 7 aprile 1997, la cancelleria del tribunale di Évora valutò a 158 381 EUR l’importo totale degli oneri di giustizia da regolare alla conclusione del procedimento.
16. Il 24 aprile 1998, il giudice del tribunale di Évora decise che nessuna somma doveva essere versata ancora ai richiedenti a titolo di indennità di espropriazione, essendo l’importo probabile degli oneri di giustizia superiore all’importo minimo dell’indennità di espropriazione che, secondo i ricorsi depositati dalle parti, poteva essere concesso ai richiedenti: difatti, il ricorso introdotto dalla Ruppe chiedeva la determinazione dell’indennità a 72 643 EUR. Il giudice designò poi una nuova commissione di arbitraggio, costituita da tre periti nominati dal tribunale e di due periti nominati dalle parti, ciascuna avendo designato il suo. L’ 11 marzo 1999, gli arbitri fissarono, alla maggioranza, l’indennità di espropriazione a 191 116 EUR. L’arbitro designato dai richiedenti espresse il parere che l’indennità doveva ammontare a 4 040 897 EUR.
17. Con un’ordinanza del 25 marzo 1999, il giudice chiese d’ ufficio un nuovo rapporto di perizia, riguardante esclusivamente il potenziale economico della cava esistente sul terreno. Così tre geologi dell’università di Évora furono designati come periti. Il 9 febbraio 2000, depositarono il loro rapporto in cui concludevano ad un valore massimale di sfruttamento economico della cava di 9 704 113 EUR.
18. Con un giudizio del 30 giugno 2000, il giudice respinse il ricorso dei richiedenti come quello della Ruppe. Considerando che gli utili suscettibili di risultare dalla cava non dovevano essere presi in conto, fissò l’indennità di espropriazione a 197 236,25 EUR.
19. Il 14 luglio 2000, i richiedenti fecero appello contro questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Évora.
20. Con una sentenza del 10 luglio 2003, la corte di appello confermò il giudizio in tutte le sue disposizioni.
21. L’ 11 novembre 2003, i richiedenti ricorsero in cassazione, ma il giudice delatore alla Corte suprema, con un’ordinanza del 30 settembre 2004, dichiarò il ricorso inammissibile.
22. I richiedenti depositarono ancora, il 26 ottobre 2004, un ricorso costituzionale, che il Tribunale costituzionale dichiarò inammissibile con una decisione sommaria del 20 dicembre 2004.
23. Il 26 gennaio 2005, la pratica fu trasmessa al tribunale di Évora.
B. Gli oneri di giustizia
24. Il 4 febbraio 2005, i richiedenti ricevettero da parte del tribunale di Évora notifica del conteggio degli oneri di giustizia dovuti per il procedimento di espropriazione. Gli oneri messi a loro carico ammontavano a 489 188,42 EUR.
25. Il 22 febbraio 2005, i richiedenti depositarono un reclamo a proposito di questo conteggio, adducendo in particolare una violazione dei principi del giusto indennizzo e del diritto di accesso ad un tribunale. Stimavano che per restare proporzionata la somma da pagare non doveva superare 15 000 EUR. Menzionavano peraltro ciò che giudicavano essere delle inesattezze ed errori di calcolo nel conteggio degli oneri di giustizia. Contestavano così la base considerata per calcolare la tassa giudiziale dinnanzi al tribunale di Évora che doveva essere secondo loro quella dell’articolo 18 § 2 del codice degli oneri di giustizia, e la legittimità di una condanna a versare la minima somma a titolo degli oneri e spese (custas de parte) alla Ruppe, esonerata, in quanto organo statale, dal pagamento degli oneri di giustizia.
26. Con un’ordinanza del 1 aprile 2005, il giudice del tribunale di Évora, in seguito ad un’informazione ottenuta dalla cancelleria, riconobbe gli errori di calcolo indicati dai richiedenti ed ordinò la rettifica del conteggio. L’importo degli oneri fu dunque ridotto a 309 052,71 EUR. Dopo compenso delle somme dovute da una parte e d’ altra, i richiedenti restavano così debitori verso lo stato della somma di 111 816,46 EUR. Il giudice respinse inoltre il reclamo degli interessati in quanto alle violazioni addotte dei principi del giusto indennizzo e del diritto di accesso ad un tribunale.
27. I richiedenti fecero appello dinnanzi alla corte di appello di Évora. Con una sentenza del 13 dicembre 2005, portata a loro cognizione il 19 dicembre 2005, la corte di appello respinse il loro ricorso.
28. Il 12 maggio 2006, i richiedenti introdussero un ricorso costituzionale contro questa decisione, adducendo che l’interpretazione delle disposizioni applicabili del codice degli oneri di giustizia, in particolare del suo articolo 66 § 2, era contrario ai principi del giusto indennizzo e del diritto di accesso ad un tribunale garantito dalla Costituzione. Ai loro occhi, la somma da versare a titolo degli oneri di giustizia non doveva essere in nessun caso superiore all’importo dell’indennità di espropriazione.
29. Con una sentenza del 28 marzo 2007, il Tribunale costituzionale respinse il loro ricorso. Dopo avere osservato a titolo preliminare che non poteva esaminare la costituzionalità che l’articolo 66 § 2 del codice degli oneri di giustizia, unica norma applicata dalle giurisdizioni a quo, stimò che questa disposizione non era contraria agli articoli 20 (accesso ad un tribunale) e 62 § 2 (giusto indennizzo) della Costituzione. Trattandosi del diritto di accesso ad un tribunale, sottolineò che, se la determinazione ad un livello eccessivo dell’importo degli oneri di giustizia poteva, in certe circostanze, ostacolare il diritto di accesso ad un tribunale, tale non era il caso nello specifico, dovendo i richiedenti secondo lui pagargli solo la somma di 15 000 EUR, che considerava come essendo nei limiti del ragionevole. Concernente il giusto indennizzo, il Tribunale costituzionale stimò che la questione del risarcimento del danno che derivava dall’espropriazione era differente da quella del saldo degli oneri di giustizia e che, di conseguenza, niente si opponeva al fatto che la somma da versare a questo ultimo titolo fosse superiore all’importo dell’indennità di espropriazione.
30. Il 20 aprile 2007, i richiedenti depositarono un’istanza di rettifica di questa sentenza, sostenendo che il Tribunale costituzionale aveva commesso un errore patrimoniale. Rimproveravano all’alta giurisdizione di avere considerato, ai fini del suo ragionamento, difatti che erano debitori della somma di 15 000 EUR a titolo degli oneri di giustizia, mentre dovevano in realtà versare la somma di 111 816,46 EUR.
31. Con una sentenza del 25 settembre 2007, il Tribunale costituzionale riconobbe l’errore patrimoniale indicato e la necessità di rettificare la sentenza per quanto l’articolo 20 della Costituzione era riguardato. Considerò che la somma di 111 816,46 EUR era talmente elevata che il diritto di accesso ad un tribunale se ne trovava danneggiato. Dichiarò dunque contrario all’articolo 20 della Costituzione l’articolo 66 § 2 del codice degli oneri di giustizia come interpretato dalle giurisdizioni a quo. Sulla questione dell’articolo 62 § 2 della Costituzione, concernente il principio del giusto indennizzo, giudicò in compenso che la sua decisione anteriore non richiamava nessuna rettifica.
32. Il 6 novembre 2007, i richiedenti, desiderosi di conoscere l’importo esatto della somma che dovevano versare a titolo degli oneri di giustizia, depositarono un’istanza di delucidazione della sentenza del 25 settembre 2007.
33. Con una sentenza del 13 novembre 2007, il Tribunale costituzionale respinse l’istanza, sottolineando che incombeva sulla giurisdizione del merito determinare la somma in questione.
34. Con un’ordinanza del 4 gennaio 2008, il giudice del tribunale di Évora, investito della pratica, decise, senza precisare le sue ragioni, che l’importo degli oneri non doveva superare più di 15 000 EUR l’importo dell’indennità di espropriazione.
35. Il 20 febbraio 2008, i richiedenti versarono la somma di 15 000 EUR.
C. La richiesta no 12849/05 dinnanzi alla Corte europea
36. Il 7 aprile 2005, i richiedenti introdussero dinnanzi alla Corte una richiesta (no 12849/05) per lamentarsi della mancanza di indennizzo per quanto la cava era riguardata. Questa richiesta fu respinta per tardività da un comitato il 30 agosto 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La Costituzione
37. L’articolo 20 della Costituzione garantisce il diritto di accesso ad un tribunale. L’articolo 62 della Costituzione garantisce il diritto di proprietà così come il diritto ad un giusto indennizzo in caso di espropriazione.
B. Il Codice di Procedura civile
38. La regola generale in materia di oneri di giustizia è stabilita all’articolo 446 del codice di procedura civile. Ai termini di questa disposizione, è in principio la parte che perde che deve regolare gli oneri di procedimento.
C. Il Codice delle espropriazioni
39. Al momento dell’espropriazione controversa, il codice delle espropriazioni applicabile era quello adottato dal decreto-legge no 438/91, del 9 novembre 1991.
40. La procedura di espropriazione prevista all’epoca si svolgeva nel seguente modo: in mancanza di accordo tra l’ entità espropriante e l’espropriato, il presidente della corte di appello avente giurisdizione sul luogo dove si trovava il bene da espropriare designava una commissione di arbitraggio incaricata di valutare il valore di questo ultimo. L’espropriato poteva investire il tribunale di prima istanza di un ricorso contro la decisione arbitrale, avendo così luogo una nuova stima del bene se necessario. Poteva fare appello contro la decisione del tribunale di prima istanza, fissando la corte di appello che deliberava in modo definitivo (sentenza di ordinamento (assento) della Corte suprema del 30 maggio 1995) una giurisprudenza obbligatoria per tutte le giurisdizioni e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 15 maggio 1997.
D. Gli oneri di giustizia
41. In Portogallo, l’obbligo di pagare degli oneri di giustizia riveste una natura fiscale. La Corte suprema stima difatti che questo obbligo per i giudicabili equivale a quello per i contribuenti di pagare delle tasse. Lo stato è così in diritto di percepire queste somme in quanto “motivo attivo” dell’obbligo fiscale in causa: deve fornire in compenso agli individui-i “soggetti passivi” dell’obbligo fiscale – l’accesso ai servizi di giustizia (sentenza della Corte suprema del 5 febbraio 2004 resa nel procedimento no 03B3809).
42. All’epoca dei fatti, questa materia era regolata dal codice degli oneri di giustizia, adottato dal decreto-legge no 224-A/96, del 26 novembre 1996, nella sua redazione applicabile prima degli emendamenti portati a questo testo dal decreto-legge no 324/2003, del 27 dicembre 2003.
43. Le disposizioni pertinenti di questo codice si leggevano come segue:
Articolo 1 (Nozione di onere di giustizia)
“1. Gli oneri di giustizia comprendono la tassa giudiziale (taxa de justiça), e gli altri oneri (encargos).
2. Salvo disposizione contraria della legge, tutti i procedimenti sono assoggettati agli oneri di giustizia. “
Articolo 2 (Esenzioni soggettive)
“1. Senza danno alle disposizioni di leggi speciali, sono solo esonerati dal pagamento degli oneri di giustizia:
a) lo stato e tutti i suoi servizi ed organi, anche se disponessero di una personalità giuridica propria;
(…) “
Articolo 6 (Regole particolari)
“1. Nei casi menzionati qui di seguito, il valore della controversia, ai fini del calcolo degli oneri di giustizia, è la seguente:
(…)
s) nei ricorsi che riguardano delle espropriazioni, la differenza tra l’ indennità di espropriazione, come fissata dalla commissione di arbitraggio, e l’importo chiesto dall’ [espropriato] (…)
(…) “
Articolo 13 (Base di calcolo della tassa giudiziale)
“1. Senza danno delle seguenti disposizioni, gli oneri di procedimento sono fissati sulla base del riquadro sotto e calcolati sul valore delle azioni, delle misure incidentali e dei ricorsi.
(…)
Valore fino a.. euro Importo della tassa giudiziale, in euro,
149,64 29,93
299,28 39,90
498,80 49,88
784,20 59,86
997,60 69,83
1 246,99 79,81
1 496,39 89,78
1 745,79 99,76
1 995,19 109,74
2 244,59 119,71
2 493,99 129,69
2 743,39 139,66
2 992,79 149,64
3 242,19 159,62
3 491,59 169,59
3 740, 98, 179,57
3 990,38 189,54
4 239,78 199,52
4 489,18 209,50
4 738,58 219,47
4 987,98 229,45
5 985,57 239,42
6 983,17 249,40
7 980,77 259,37
8 978,36 269,35
9 975,96 279,33
11 472,35 299,28
12 968,75 319,23
14 465,14 339,18
15 961,53 359,13
17 457,93 379,09
18 954,32 399,04
20 450,71 418,99
21 947,11 438,14
23 443,50 458,89
24 939,89 478,85
27 433,88 498,80
29 927,87 518,75
32 421,86 538,70
34 915,85 558,65
37 409,84 578,61
39 903,83 598,56
42 397,82 618,51
44 891,81 638,46
47 385,80 658,41
49 879,79 678,37
al di là di 49 879,79 49,88 per ogni tranche di 4987,98 euro
Articolo 18 (Tassa giudiziale dinnanzi alle giurisdizioni di ricorso)
“(…)
2. Nei ricorsi, perseguimenti ed appelli contro le decisioni rese in ogni azione o misura incidentale la tassa giudiziale corrisponde alla metà dei valori del riquadro [dell’articolo 13].
(…) “
Articolo 29 (Dispensa dal pagamento dell’anticipo sugli oneri e dei pagamenti susseguenti)
“(…)
2. Non c’è luogo di avanzare degli onere nei procedimenti di espropriazione “
Articolo 66 (Pagamento degli oneri su delle somme da versare al
debitore su ordine del tribunale)
“1. Il debitore degli onere di giustizia beneficiario di una decisione del tribunale che gli concede una somma di denaro può chiedere, nel termine contemplato per il pagamento volontario, che si deduca da questa somma l’importo degli oneri a pagare.
2. Gli oneri di giustizia dovuti da un espropriato sono sa dedurre dall’importo dell’indennità di espropriazione. “
44. I custas de parta (oneri e spese) sono delle somme alle quali la parte che vince ha diritto alla conclusione del processo. Ai termini dell’articolo 33 del codice degli oneri di giustizia come era applicabile all’epoca pertinente, comprendevano le somme che la parte in questione era obbligata a spendere a ragione della condotta del procedimento.
E. Il nuovo Codice degli oneri di giustizia
45. Il 24 febbraio 2008, il Governo ha adottato un nuovo codice degli oneri di giustizia (decreto-legge no 34/2008). L’esposizione dei motivi di questo testo comprende in particolare il seguente passaggio:
Secondo le nuove tabelle, l’importo della tassa giudiziale non è fissato sulla base di una semplice corrispondenza col valore della controversia. Si è constatato che il valore della controversia non è un elemento decisivo nella valutazione della complessità del procedimento e nella generazione di oneri che gravano i sistemi giudiziali. E’ così che la ricerca di un miglioramento nella determinazione della tassa giudiziale è arrivata alla determinazione di un sistema misto fondato sul valore della controversia fino ad un certo limite, con possibilità di correzione dell’importo nel caso di procedimenti complessi, a prescindere dal valore economico dato alla controversia. “
46. Nel nuovo sistema introdotto da questa legislazione, c’è dunque un importo massimo che può essere richiesto a titolo degli oneri di giustizia. Trattandosi dei procedimenti che si svolgono dinnanzi ai tribunali di prima istanza, gli importi corrispondono, al momento, a 60 unità di conto2 per i procedimenti normali ed a 90 unità di conto per i procedimenti particolarmente complessi. I ricorsi ed appelli sono tacciati a 20 unità di conto. Beninteso, le misure incidentali continuano ad essere tassate, potendo andare l’importo degli oneri di procedimento fino a 20 unità di conto in funzione della misura incidentale in causa (vedere i riquadri annessi al decreto-legge no 34/2008 e gli articoli 6, 7, 8, 11, 12, 13 e 17 di questo testo).
III. IL DIRITTO COMPARATO
47. La Corte ha proceduto ad un studio di diritto comparato concernente il pagamento degli oneri di giustizia in un certo numero di stati membri del Consiglio dell’Europa.
48. Risulta da questo studio che, in modo generale, l’importo degli oneri di giustizia varia in funzione del valore della controversia, salvo negli Stati dove l’importo degli oneri da saldare non è in funzione alla somma in gioco. Gli oneri possono rappresentare una percentuale di questo valore, una somma fissa o una combinazione dei due metodi. Le leggi di numerosi Stati dove l’ampiezza degli oneri è legata al valore della pretesa plafonano l’importo delle spese che possono essere messe a carico di una parte; tuttavia, in altri Stati non è fissato nessun massimale.
49. In modo generale spetta alla parte che perde pagare gli oneri della parte che vince. Per i casi in cui una pretesa è accolta solamente in parte, la maggior parte degli Stati oggetto dello studio lascia al potere di valutazione discrezionale del tribunale la decisione in quanto agli oneri. In certi Stati, delle regole particolari si applicano alle cause di espropriazione. In uno degli Stati riguardati, per esempio, quando gli oneri sono calcolati sotto forma di una percentuale dell’indennità offerta, il principio è che l’individuo espropriato deve tuttavia essere rimborsato integralmente, cioè di tutti gli oneri realmente impegnati da lui, poiché ha normalmente diritto ad un risarcimento integrale del suo danno.
50. In numerosi Stati, non è escluso che un richiedente rischia di dover pagare a titolo delle spese e di altri oneri una somma superiore a quella suscettibile di essere accordatagli a titolo della sua pretesa, in particolare quando una piccola parte solamente di questa viene accolta. Tale rischio non esiste negli Stati dove gli oneri sono calcolati solamente alla conclusione del procedimento e sulla base della somma effettivamente assegnata dal tribunale.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
51. I richiedenti si lamentano del fatto che l’indennità di espropriazione che era stata accordata loro è stata assorbita in definitiva totalmente dalla somma che hanno dovuto versare allo stato a titolo degli oneri di giustizia. Vedono una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. La sentenza della Camera
52. Nella sua sentenza, la Camera ha indicato che la mancanza di indennizzo denunciato dai richiedenti era il risultato dell’applicazione della regolamentazione relativa agli oneri di giustizia che questi erano dei “contributi”, ai sensi del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e che questa disposizione prevedeva dei casi particolari di attentato al diritto al rispetto dei beni. Nello specifico tuttavia, la Camera ha considerato che la situazione incriminata doveva essere esaminata alla luce della norma che figura nella prima frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che riveste un carattere generale ed enuncia il principio del rispetto dei beni. Ha rilevato che i richiedenti non contestavano la legalità dell’espropriazione in quanto tale, né quella della regolamentazione riguardante gli oneri di giustizia che era stata applicata loro, precisando che niente indicava peraltro che l’ingerenza controversa avesse rivestito un carattere arbitrario, quindi in particolare che i richiedenti avevano potuto sottoporre i loro argomenti alle giurisdizioni nazionali. A differenza del Governo, la Camera ha stimato che non si poteva fare motivo di appello ai richiedenti di avere provato con i mezzi procedurali a loro disposizione di convincere il tribunale di includere nell’indennità di espropriazione degli elementi che erano a loro avviso essenziali. Ha giudicato che non le apparteneva esaminare in modo generale il sistema portoghese relativo alla determinazione ed alla determinazione degli oneri di giustizia, ma ha constatato che nello specifico l’applicazione concreta di questo sistema aveva condotto ad una mancanza totale di risarcimento dei richiedenti per l’espropriazione dei loro beni. Ha concluso quindi che le condizioni di indennizzo-o più precisamente la mancanza di indennizzo-avevano imposto ai richiedenti un carico eccessivo, proprio a rompere il giusto equilibrio che deve regnare tra gli interessi generali della comunità ed i diritti fondamentali dell’individuo.
B. Tesi del Governo dinnanzi alla Grande Camera
53. Il Governo fa notare, a proposito dell’oggetto della richiesta, che l’espropriazione in quanto tale non è sottoposta all’esame della Corte. Sottolinea che i richiedenti hanno introdotto a questo riguardo una richiesta, ma che la Corte l’ha respinta per tardività. Qui sarebbe in causa solo la compatibilità con l’articolo 1 del Protocollo dunque no 1 dell’importo richiesto ai richiedenti a titolo degli oneri di giustizia.
54. Esaminando poi il sistema portoghese di pagamento degli oneri di giustizia che era applicabile all’epoca e quello in vigore dal 2008, il Governo fa osservare che la Convenzione non impone la gratuità dei servizi di giustizia. Contempla in compenso il diritto per gli Stati di mettere in vigore, nell’esercizio del loro margine di valutazione, delle leggi che mirano a garantire il pagamento delle “imposte” e di altri “contributi” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che è sentito che in virtù di una giurisprudenza vecchia e bene consolidata della Commissione europea dei diritti dell’uomo, gli oneri di giustizia si analizzerebbero in simili “contributi” (Agisci Antoniades c. Regno Unito, no 15434/89, decisione della Commissione del 15 febbraio 1990, Decisioni e rapporti, (DR, 64, p. 237)).
55. Il Governo critica la sentenza della Camera, stimando che è metodologicamente inadatto e giuridicamente scorretto confondere l’indennità di espropriazione e la somma da pagare in seguito ad una condanna agli oneri di giustizia. Riferendosi all’opinione dissidente unita alla sentenza (vedere sopra paragrafo 5), il Governo considera che le conclusioni della camera sono il frutto di un “amalgama fallace” tra due situazioni distinte dal punto di vista giuridico che arriva a mescolare “due titoli, uno di credito e l’altro di addebito che sono indipendenti uno dall’altro.” Il Governo dà come esempio la situazione nella quale un creditore investe un tribunale al fine di ottenere il recupero di una certa somma, opponendogli il debitore un’istanza riconvenzionale superiore all’importo della pretesa del creditore; se il tribunale fa diritto all’istanza riconvenzionale, il creditore non riceve nessuna somma e deve pagare per di più degli oneri, senza che si possa vedere, secondo il Governo, un qualsiasi attentato al diritto al rispetto dei beni.
56. Per il Governo, l’attentato addotto ai diritti dei richiedenti deriverebbe unicamente della condanna degli interessati al pagamento degli oneri di giustizia. Ora questi ultimi sarebbero stati fissati nel rispetto delle disposizioni applicabili dal codice di procedura civile e dal codice degli oneri di giustizia, da una parte, e del principio di proporzionalità, dall’altra parte. La somma totale pagata dai richiedenti-che corrisponderebbe al 1,02% dell’importo della loro pretesa-sarebbe stata fissata difatti tenuto conto dell’intensa attività procedurale di cui avrebbero fatto prova e anche dell’importo a cui pretendevano che si scostava manifestamente dalla realtà.
C. Valutazione della Corte
1. Sull’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
57. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevedi la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentato al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, tra altre, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A no 98 che riprende in parte i termini dall’analisi sviluppata dalla Corte nella sua sentenza Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 61, serie A no 52, e Depalle c. Francia [GC], no 34044/02, § 77, 29 marzo 2010).
58. Nello specifico, le parti non contestano che la situazione controversa dipende dal campo di applicazione di questa disposizione. In compenso, il Governo è in disaccordo con la conclusione della camera secondo la quale bisognava esaminare il motivo di appello dei richiedenti alla luce della norma generale enunciata nella prima frase. Sottolineando che l’espropriazione in quanto tale non fa parte dell’oggetto della controversia, stima che qui è solo in causa la questione della compatibilità con l’articolo 1 del Protocollo no 1 dell’importo richiesto ai richiedenti a titolo degli oneri di giustizia.
59. Nell’occorrenza, se è vero che la Corte non deve esaminare l’espropriazione in quanto tale (paragrafi 36 e 53 sopra) non ne rimane meno che è la privazione di proprietà subita dai richiedenti a favore dello stato che ha dato adito a controversia sugli oneri di giustizia e che si trova così all’origine della presente richiesta. Questa constatazione ha un’incidenza certa sul modo in cui l’attentato addotto al diritto dei richiedenti deve essere analizzato, esigendo la giurisprudenza della Corte, nei casi di privazione di proprietà a causa di utilità pubblica, il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene in questione (Papachelas c. Grecia [GC], no 31423/96, § 48, CEDH 1999-II). La Corte ricorda a questo riguardo che quando esamina se c’è stato o meno attentato al diritto al rispetto dei beni protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1, le occorre guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa, mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi” (Depalle, precitata, § 78).
60. Essendo così, è innegabile che il motivo di appello dei richiedenti riguarda l’applicazione fatta alla loro loro della regolamentazione relativa agli oneri di giustizia. Il Governo sottolinea a questo riguardo che il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 contempla il diritto per gli Stati di mettere in vigore, nell’esercizio del loro margine di valutazione, delle leggi che mirano a garantire il pagamento delle “imposte” e di altri “contributi”. Si riferisce alla giurisprudenza tradizionale della Commissione europea dei diritti dell’uomo secondo la quale gli oneri di giustizia da versare nella cornice di un procedimento giudiziale sono dei “contributi” ai sensi di questa disposizione (vedere Agis Antoniades, precitata; vedere anche Aires c. Portogallo, no 21775/93, decisione della Commissione del 25 maggio 1995, DR 81, p. 48, citata nella sentenza della camera; X. e Y. c. Austria, no 7909/74, decisione della Commissione del 12 dicembre 1978, DR 15, p. 160; X. c. R.F.A., no 7544/76, decisione della Commissione del 12 luglio 1978, DR 14, p. 60).
61. La Grande Camera stima, come la Camera, che c’è luogo di confermare le decisioni della Commissione in quanto alla natura di “contributi”, ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che deve essere riconosciuto agli oneri di giustizia. Difatti, l’imposta di onere di giustizia ai giudicabili persegue, tra altri, lo scopo di garantire il finanziamento del sistema giudiziale e l’alimentazione del Tesoro pubblico. Del resto, si in Portogallo il recupero di questi oneri non incombe sulle autorità fiscali, è chiaro che l’obbligo di pagarli riveste tuttavia una natura fiscale (paragrafo 41 sopra). Secondo le informazione di cui la Corte dispone, ciò sembra essere il caso in altri Stati membri del Consiglio dell’Europa del resto. In breve, l’obbligo di pagare degli oneri di giustizia-e la regolamentazione ivi relativa -dipende dal secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo questi oneri dei “contributi” ai sensi di questa disposizione. Nelle circostanze dello specifico, i pone la questione di sapere dunque se ed in quale misura la condanna dei richiedenti al pagamento degli oneri di giustizia in questione si può analizzare in un’ingerenza nel diritto di questi ultimi al rispetto dei loro beni (vedere, mutatis mutandis, Aires precitata). La somma di denaro che i richiedenti hanno dovuto versare a titolo degli oneri di giustizia ha assorbito difatti, totalmente l’indennità di espropriazione che si analizza in un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
62. Tenuto conto di ciò che precede, la Grande Camera stima indicato esaminare il motivo di appello dei richiedenti sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 preso nel suo insieme e questo tanto più che le situazioni previste nella seconda frase del primo capoverso e nel secondo capoverso non costituiscono solamente dei casi particolari di attentato al diritto al rispetto dei beni garantiti dalla norma generale enunciata nella prima frase (Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 106, CEDH 2000-I). Dettato dalle circostanze particolari del caso di specie, questo approccio non mette però in causa il fatto che gli oneri di giustizia sono dei “contributi” ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 61 sopra).
2. Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
63. La Corte ricorda che, per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, un attentato al diritto di una persona al rispetto dei suoi beni ha il dovere di rispettare prima il principio della legalità e non rivestire un carattere arbitrario (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II). Deve predisporre anche un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69).
64. Tale “giusto equilibrio” deve esistere anche quando si tratta del diritto che hanno gli Stati di “mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi.” Difatti, siccome il secondo capoverso si deve interpretare alla luce del principio generale enunciato all’inizio dell’articolo 1 del Protocollo no 1, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto; in altri termini, incombe sulla Corte di ricercare se è stato mantenuto l’equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e l’interesse degli individui riguardati (Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 60, serie A no 306-B; vedere anche AGOSI c. Regno Unito, 24 ottobre 1986, § 52, serie A no 108).
a) Principio di legalità
65. La Grande Camera osserva che i richiedenti non contestano né la legalità dell’espropriazione in quanto tale né quella della regolamentazione riguardanti gli oneri di giustizia che è stata applicata loro. La Camera non ha, in quanto a lei, scoperto nessuno indizio di arbitrarietà, avuto in particolare riguardo al fatto che i richiedenti hanno potuto sottoporre i loro argomenti alle giurisdizioni nazionali.
66. Anche se non si conoscono le ragioni per cui il giudice del tribunale di Évora ha fissato, in data 4 gennaio 2008, gli oneri di giustizia ad un importo che supera di 15 000 EUR al massimo quello dell’indennità di espropriazione, la Corte si stima dispensata dall’ esaminare ulteriormente questa questione, tenuto conto in particolare delle considerazioni formulate qui di seguito sulla questione del rispetto o meno del “giusto equilibrio.”
b,) Giusto equilibrio
67. La Corte ricorda che la ricerca di questo equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, a prescindere dai capoversi in gioco in ogni causa; deve sempre esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un largo margine di valutazione tanto per scegliere le modalità di collocamento in opera delle misure in causa che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo dell’ingerenza denunciata. Questo equilibrio è rotto se la persona riguardata ha dovuto a subire un carico speciale ed esorbitante (Depalle, precitata, § 83).
68. La verifica dell’esistenza di tale equilibrio esige un esame globale dei differenti interessi in causa. La Corte stima che conviene procedere ad un tale esame avendo riguardo a due elementi importanti. Da prima, come la Corte ha già ricordato, all’origine della situazione controversa si trova la privazione di proprietà dei richiedenti. In tali situazioni, il “giusto equilibrio” esige il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, ci sarebbe altrimenti un attentato eccessivo ai diritti degli individui. Poi, la Corte ricorda che la Convenzione mira a proteggere dei diritti non teorici ed illusori ma “concreti ed effettivi” (paragrafo 59 sopra). La Corte deve esaminare peraltro, anche il comportamento delle parti alla controversia, ivi compreso i mezzi adoperati dallo stato ed il loro collocamento in opea (Beyeler, precitata, § 114).
69. Nello specifico, i richiedenti si sono visti assegnare un’indennità di espropriazione, di un importo di 197 236,25 EUR. Tuttavia, in seguito alla determinazione della somma che dovevano versare a titolo degli oneri di giustizia, non hanno in realtà percepito niente. In più, hanno dovuto versare allo stato un saldo di 15 000 EUR, anche dopo che l’importo fissato fu inizialmente ridotto sensibilmente.
70. La Grande Camera osserva che non deve esaminare in astratto il sistema portoghese relativo alla determinazione degli oneri di giustizia. Come la Camera ha rilevato, gli Stati devono potere prendere le misure che stimano necessarie per proteggere l’interesse generale di un finanziamento equilibrato dei sistemi di giustizia. In questo ambito, gli Stati contraenti godono di un largo margine di valutazione.
71. La Corte deve così esaminare l’applicazione che è stata fatta di questo sistema al caso concreto di cui si trova investita. A questo riguardo, è costretta a constatare che il risultato al quale tende l’articolo 1 del Protocollo no 1 non è stato raggiunto: non solo i richiedenti sono stati spossessati del loro terreno, ma hanno dovuto versare inoltre 15 000 EUR allo stato.
72. Il Governo insiste sulla differenza di natura giuridica che c’è secondo lui tra gli obblighi per lo stato di versare un’indennità di espropriazione e l’obbligo per il giudicabile di saldare degli oneri di giustizia. Quest’ ultimo non dipenderebbe dal campo dell’espropriazione propriamente detta e, quindi, non avrebbe nessuna incidenza sulla questione del rispetto dell’articolo 1 del Protocollo no 1. La Corte ammette che le finalità giuridiche perseguite da ciascuno di questi obblighi non sono identiche difatti; tiene conto di questa differenza del resto quando qualifica gli oneri di giustizia come “contributi” ai sensi del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 61 sopra). Constata tuttavia nello specifico, che i richiedenti erano parti ad una controversia giudiziale che li opponeva allo stato e che riguardava la determinazione dell’importo di un’indennità di espropriazione, in seguito ad un atto compiuto dallo stato nell’esercizio dei suoi poteri di potere pubblico. Agli occhi della Corte, questo caso è da distinguere, al fine di un esame di proporzionalità, da quelli in cui degli oneri di giustizia sono imposti nella cornice di una controversia di diritto privato. Nelle circostanze particolari dello specifico, può sembrare paradossale difatti che lo stato riprenda con una mano sola -per mezzo degli oneri di giustizia -più di ciò che ha accordato da lui con l’altra. Inoltre, in tale situazione la differenza di natura giuridica tra gli obblighi per lo stato di versare un’indennità di espropriazione e l’obbligo per il giudicabile di saldare degli oneri di giustizia non ostacola un esame globale della proporzionalità dell’ingerenza denunciata.
73. Il Governo sottolinea anche, sotto l’angolo della proporzionalità dell’ingerenza, il comportamento, che qualifica come temerario, adottato dai richiedenti durante il procedimento. L’ampiezza della somma totale pagata con gli interessati è secondo lui, manifestamente la conseguenza del reclamo da parte loro di un importo non conforme alla realtà così come dell’intensa attività procedurale che hanno esposto.
74. La Corte constata che i richiedenti hanno chiesto difatti un importo ben superiore a tutti quelli che sono stati indicati nei differenti rapporti di perizia prodotti durante tutto il procedimento. Tenuto conto della legislazione portoghese in materia che era conosciuta dai richiedenti, la determinazione a questo livello della somma chiesta ha avuto un’influenza sull’importo finale degli oneri di giustizia. Tuttavia, la Corte ricorda che si trattava in particolare di sapere se gli utili suscettibili di essere derivati da un eventuale sfruttamento economico della cava ubicata sul terreno dovevano o meno essere inclusi nell’indennità di espropriazione. Investite della questione dai richiedenti, le giurisdizioni interne l’hanno discussa in modo approfondito, arrivando anche fino a chiedere d’ufficio il tribunale di Évora una terza perizia, mentre quelle richieste dalla legge erano già state effettuate. Il comportamento dei richiedenti, se ha contribuito certamente all’importo elevato degli oneri di giustizia, non è in sé una ragione sufficiente tale da poter giustificare che la somma da saldare a titolo degli oneri di giustizia sia stata fissata ad un livello tale che ne è risultato una mancanza totale da risarcimento, mentre un’espropriazione era in causa.
75. In quanto al comportamento, criticato dal Governo, che i richiedenti hanno adottato, la Corte constata che l’azione controversa ha conosciuto difatti un numero elevato di ricorsi e di incidenti di procedura. Osserva però, al di là del fatto che questi incidenti di procedura non sono stati tutti provocati dai richiedenti, che il comportamento in causa riguardava soprattutto delle questioni legate alla determinazione dell’importo degli oneri di giustizia. Difatti, la questione della privazione di proprietà in quanto tale è stato decisa dal tribunale e la corte di appello di Évora, anche se la Corte suprema ed il Tribunale costituzionale, investiti dai richiedenti, dovettero anche rendere delle decisioni di inammissibilità. È in realtà la contestazione da parte dei richiedenti dell’importo chiesto a titolo degli oneri di giustizia dalle giurisdizioni interne che ha dato adito a decisioni susseguenti del tribunale e della corte di appello di Évora così come, a tre riprese, del Tribunale costituzionale.
76. La Corte ne conclude che né il comportamento dei richiedenti né l’attività procedurale esposta nello specifico possono giustificare una somma elevata a titolo degli oneri di giustizia anche se si tiene conto dell’importo fissato a titolo dell’indennità di espropriazione.
77. Infine, la Corte nota l’adozione, il 24 febbraio 2008, del nuovo codice degli oneri di giustizia che ha plafonato gli importi che possono essere richiesti a titolo di questi oneri. Se la nuova regolamentazione fosse stata applicata al caso di specie, gli oneri di giustizia imposti sarebbero stati di un importo considerevolmente inferiore (paragrafi 45 e 46 sopra). La regolamentazione reale sembra così meno suscettibile di dare adito a situazioni come quella del caso di specie.
78. Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che i richiedenti hanno dovuto a sopportare un carico esorbitante che ha rotto il giusto equilibrio che deve regnare tra gli interessi generali della comunità ed i diritti fondamentali dell’individuo.
79. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
80. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. La sentenza della Camera
81. La Camera ha tenuto conto, per fissare il livello del risarcimento per il danno patrimoniale, dell’obbligo per i richiedenti di saldare degli oneri di giustizia. Ha giudicato così equo accordare loro la somma di 190 000 EUR a questo titolo.
2. Le posizioni delle parti
82. Dinnanzi alla Camera, i richiedenti avevano chiesto per danno patrimoniale la somma di 197 236,25 EUR, corrispondenti all’importo dell’indennità di espropriazione fissata dalle giurisdizioni portoghesi. Avevano chiesto peraltro 100 EUR per danno morale.
83. Il Governo aveva stimato che la somma sollecitata dai richiedenti per danno patrimoniale non presentava nessun legame con l’oggetto della richiesta. Aveva fatto valere che la concessione di una tale somma lascerebbe senza rimborso il sistema di giustizia nazionale, allorché la causa dei richiedenti aveva dato adito ad attività procedurale intensa. In quanto alla somma chiesta per danno morale, si era rimesso per questo alla saggezza della Corte.
3. Valutazione della Corte
84. I richiedenti non avendo fatto richiesta supplementare, la Grande Camera esaminerà le pretese formulate da loro dinnanzi alla Camera.
85. Ricorda a questo riguardo che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI). Se il diritto nazionale non permette o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che le sembra appropriata. Nell’esercizio di questo potere, dispone di una certa latitudine; l’aggettivo “equo” ed il membro della frase “se c’è luogo” lo testimoniano. Tra gli elementi presi in considerazione dalla Corte, quando delibera in materia, figurano il danno patrimoniale, cioè le perdite effettivamente subite per conseguenza diretta della violazione addotta, ed il danno morale, cioè il risarcimento dello stato dell’angoscia, dei dispiaceri e delle incertezze che risultano da questa violazione. Inoltre, là dove i diversi elementi che costituiscono il danno non suscitano un calcolo esatto o là dove la distinzione tra danno patrimoniale e danno morale si rivelano difficili, la Corte può essere portata ad esaminarli globalmente (Comingersoll S.p.A. c. Portogallo [GC], no 35382/97, § 29, CEDH 2000-IV).
86. La situazione controversa richiama, secondo la Corte, la determinazione di un importo in equità, come permette l’articolo 41. A questo riguardo, la Corte tiene conto del fatto che i richiedenti hanno già dovuto saldare gli oneri di giustizia, una somma di 15 000 EUR essendo stata già versata a questo titolo. Giudica ragionevole assegnare ai richiedenti la somma di 190 000 EUR, ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
87. I richiedenti non avendo chiesto il rimborso dei loro oneri e spese, non c’è luogo di accordare loro una somma a questo titolo.
C. Interessi moratori
88. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce, per quattordici voci contro tre, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce, per quattordici voci contro tre,
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, entro tre mesi, la somma di 190 000 EUR (cento novantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, ogni danno compreso;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
3. Respinge, all’unanimità, la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese ed in inglese, poi pronunziato in udienza pubblica al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 16 novembre 2010.
Johan Callewaert Jean-Paul Costa
Cancelliere aggiunto Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, la seguente esposizione delle opinioni separate:
-opinione concordante comune ai giudici Ziemele e Villiger;
-opinione dissidente comune ai giudici Lorenzen, Casadevall e Fura.
J. – P.C.
J.C.
OPINIONE CONCORDANTE COMUNE AI GIUDICI ZIEMELE E VILLIGER
(Traduzione)
1. Abbiamo votato con la maggioranza per la constatazione nello specifico di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo sentito, da una parte, che gli Stati continuano a godere di un ampio margine di valutazione per definire i loro sistemi di oneri di giustizia e, dall’altra parte, che la causa riveste un carattere piuttosto eccezionale.
2. Di fatto, come la sentenza precisa, la Commissione europea dei diritti dell’uomo aveva già stimato nella causa Aires c. Portogallo (no 21775/93, decisione della Commissione del 25 maggio 1995, Decisioni e rapporti 81, p. 48) che gli oneri da saldare nella cornice dei procedimenti giudiziali erano dei “contributi” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e si potrebbe porre la questione di sapere “se ed in quale misura la condanna dei richiedenti al pagamento degli oneri di giustizia in questione può analizzarsi in un’ingerenza nel diritto di questi ultimi al rispetto dei loro beni” (paragrafi 60–61 della sentenza). Dal momento che il secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non può applicarsi isolatamente dall’articolo nella sua globalità, ed avuto in particolare riguardo al principio generale del rispetto dei beni enunciato nella prima frase del primo paragrafo, non si può rispondere alla domanda di sapere se l’importo degli oneri di giustizia imposti nello specifico era o meno sproporzionato tenendo conto dell’insieme delle circostanze della causa. Per noi, è determinante che la controversia relativa alla somma richiesta a titolo degli oneri di giustizia nello specifico trae la sua origine da un procedimento di espropriazione tra lo stato ed i richiedenti, nella cornice della quale lo stato ha privato questi ultimi di un bene senza dovere versare loro in definitiva il minimo compenso, gli interessati essendo stati costretti a saldare a titolo degli oneri di giustizia una somma che corrisponde alla totalità dell’indennità che era stata accordata loro più 15 000 EUR. Ciò non significa che sia vietato oramai agli Stati dotarsi di sistemi in cui gli oneri di giustizia potrebbero superare l’importo dei danno-interessi richiesti. Secondo noi, la presente sentenza non tratta questa questione. È tuttavia per giurisprudenza consolidata che un’espropriazione richiede un indennizzo adeguato (Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia [GC], no 25701/94, § 89, CEDH 2000-XII; Platakou c. Grecia, no 38460/97, § 55, CEDH 2001-I) e si tratta di un elemento che la struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 obbliga la Corte a prendere anche in conto quando è investita di lamentele che riguardano gli oneri di giustizia.
3. Infine, rileviamo che la Corte ha sempre fino qui esaminato le questioni relative all’ampiezza degli oneri di giustizia nel contesto dell’articolo 6, vedendovi un aspetto dell’accesso ad un tribunale. È interessante constatare che nello specifico il Tribunale costituzionale portoghese ha considerato che l’importo degli oneri di giustizia era talmente elevato che il diritto di accesso ad un tribunale se ne trovava danneggiato (paragrafo 31 della sentenza). Ciò mostra anche, secondo noi, il carattere sproporzionato dell’importo degli oneri di giustizia richiesti ai richiedenti nello specifico.
OPINIONE DISSIDENTE COMUNE AI GIUDICI LORENZEN, CASADEVALL E FURA
(Traduzione)
Nello specifico, la maggioranza ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Per le ragioni enunciate sotto, non possiamo aderire a questa conclusione.
Può essere utile ricordare da prima che il contesto dei fatti della causa è l’espropriazione di un terreno che apparteneva ai richiedenti. Il valore di questo fu stimato da una commissione di arbitraggio a circa 178 000 EUR. Non soddisfatti dell’importo in questione -al motivo che non teneva conto dell’utile che avrebbe potuto essere ricavato dallo sfruttamento di una cava situata sul terreno-, i richiedenti intentarono un’azione di giustizia, richiedendo un importo di praticamente 21 milioni EUR. Poco dopo l’impegno del procedimento, furono avvisati dal tribunale che gli oneri di giustizia sarebbero ammontati ad un poco più di 158 000 EUR. Durante il procedimento, furono ordinate diverse perizie. La più favorevole ai richiedenti concludeva che, nell’ipotesi in cui la cava avrebbe dovuto essere presa in considerazione, l’importo massimo che il suo sfruttamento avrebbe potuto riportare doveva essere valutato a circa 9,7 milioni EUR. Il perito designato dai richiedenti espresse il parere che l’indennità doveva essere fissata a circa 4 milioni EUR. I tribunali portoghesi considerarono tutti che il guadagno suscettibile di risultare da uno sfruttamento della cava non doveva essere preso in conto e fissarono l’indennità ad poco più di 197 000 EUR.
La causa di cui la Corte si trova investita non riguarda la questione di sapere se l’indennità è stata fissata in modo scorretto al motivo che non ha tenuto conto del guadagno che avrebbe potuto risultare da uno sfruttamento della cava, essendo stato respinto un motivo di appello della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a questo riguardo come tardivo (vedere il paragrafo 35 della sentenza). Si tratta unicamente nello specifico di determinare se gli oneri di giustizia richiesti ai richiedenti-circa 212 000 EUR- erano eccessivi al punto di violare la Convenzione.
La Corte ha già spesso dichiarato che gli oneri di giustizia elevati possono, in circostanze particolari di una causa, analizzarsi in una restrizione al “diritto di accesso ad un tribunale” contrario all’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere la sentenza di principio Kreuz c. Polonia, no 28249/95, CEDH 2001-VI, e le numerose sentenze rese sullo stesso modello in seguito). È anche per questo motivo che il Tribunale costituzionale portoghese ha giudicato necessario ridurre l’importo che i richiedenti si sono visti ingiungere di pagare a titolo degli oneri di giustizia (vedere il paragrafo 16 della sentenza). I richiedenti non si sono tuttavia mai lamentati dinnanzi alla Corte che il loro diritto di accesso ad un tribunale derivante dall’articolo 6 § 1 fosse stato violato, e noi possiamo aderire al punto di vista secondo cui la Corte non doveva esaminare d’ ufficio la questione di una possibile violazione di questo articolo.
La questione di sapere se degli oneri di giustizia avrebbero potuti essere fissati ad un importo a questo punto elevato che portava violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non è stata ancora esaminata mai dalla Corte (vedere 60 e 61 i paragrafi della sentenza). La maggioranza, facendo suo la dottrina della Commissione, ha giudicato che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si applica agli oneri di giustizia e che questi devono essere considerati come i contributi ai sensi della seconda frase del paragrafo 1 dell’articolo in questione. Ci sembra che questa conclusione non è evidente, almeno che passi su un piano generale. Si può così sostenere che l’obbligo di saldare degli oneri di giustizia è legato all’utilizzazione volontaria di un servizio pubblico – il sistema giudiziale – e che ciò lo distingue dall’obbligo di pagare delle imposte o tasse diverse. Rileviamo che in diritto portoghese gli oneri di giustizia rivestono una natura fiscale (vedere il paragrafo 41 della sentenza), ma la maggioranza sembra non avere limitato l’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alle situazioni in cui tale è il caso. La sentenza lascia aperta la questione di sapere fin dove altre somme da versare per poter beneficiare di servizi pubblici devono essere considerate parimenti come “contributi” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e crea dell’incertezza in quanto alla sua portata. Per di più, la sentenza non indica chiaramente se l’applicabilità dell’articolo in causa è limitata agli oneri di giustizia nei procedimenti di espropriazione o se l’ampiezza degli oneri può dare adito adesso a motivi di appello di attentato ai diritti di proprietà in ogni tipo di procedimenti.
Essendo così non dobbiamo esaminare ulteriormente queste questioni perché ad ogni modo-supponendo anche che l’articolo 1 del Protocollo no 1 sia applicabile e che ci sia stato attentato al diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni-non c’è stata, secondo noi, violazione della disposizione in causa.
La maggioranza ammette l’argomento del Governo che consiste nel dire che esiste una differenza di natura giuridica tra gli obblighi per lo stato di versare un’indennità in caso di espropriazione e l’obbligo per il giudicabile di saldare degli oneri di giustizia che quest’ ultimo non dipende dal campo dell’espropriazione propriamente detta e che, quindi, non ha nessuna incidenza sulla questione del rispetto dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere il paragrafo 72 della sentenza). Ci sembra tuttavia che la maggioranza non ha tratto la buona conclusione dalla sua adesione a questo argomento.
Risulta così chiaramente dalla sentenza che la maggioranza ha assegnato un peso considerevole al fatto che si trattava nello specifico di un procedimento di espropriazione per valutare l’ampiezza degli oneri di giustizia richiesti ai richiedenti (vedere, per esempio, i paragrafi 68 e 72). Come i giudici dissidenti della camera, stimiamo che la maggioranza della Grande Camera ha operato una confusione tra due cose differenti: l’indennità dovuta per un’espropriazione e gli oneri di giustizia richiesti ai richiedenti.
La Corte ha sempre fino a qui considerato nella sua giurisprudenza che gli Stati sono liberi di decidere del tipo e del livello delle tasse che desiderano imporre e che la Corte deve intervenire solamente se il sistema di imposta o il modo in cui è applicato in un dato caso è arbitrario. Parimenti, il calcolo degli oneri di giustizia deve essere lasciato alla valutazione degli Stati che devono beneficiare a questo riguardo di un ampio margine di valutazione. Così come rivelo lo studio di diritto comparato condotto nello specifico, il prodotto degli oneri di giustizia è utilizzato per diversi fini, ed ogni Stato deve, secondo noi, potere decidere liberamente delle modalità di finanziamento del suo sistema giudiziale, purché queste non diventino un ostacolo all’accesso alla giustizia e non facciano pesare un carico inaccettabile su una categoria particolare di giudicabili, ipotesi in cui sarebbero discriminatorie. Simili situazioni devono tuttavia, ciò è stato indicato sopra, essere valutate sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione o dell’articolo 14 composto con l’articolo 6. La presente sentenza può così essere interpretato come una prima tappa verso l’abbandono di un principio che è sempre stato fino qui stato seguito nella nostra giurisprudenza, ossia che, in modo generale, l’imposta di tasse e di contributi non può essere attaccata sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Stimiamo che simile evoluzione non è auspicabile.
Nessuno ha sostenuto nello specifico che il regime portoghese degli oneri di giustizia manca di chiarezza o di prevedibilità. Gli articoli 6 § 1 s) e 13 combinati del vecchio codice degli oneri di giustizia davano così delle direttive precise sul modo in cui gli oneri di giustizia nelle cause di espropriazione dovevano essere calcolati. I richiedenti non lo contestano del resto. La circostanza che hanno dovuto saldare degli oneri di giustizia che superavano l’indennità che era stata assegnata loro è dovuta solamente al fatto che avevano richiesto dinnanzi ai tribunali un importo esorbitante che non trovava alcun appoggio in nessuna delle perizie che erano state effettuate. Per di più, il tribunale di prima istanza li aveva informati ad un stadio precoce del procedimento che gli oneri di giustizia sarebbero prossimi all’importo che era stato considerato dalla commissione di arbitraggio. La loro situazione non era in nessun caso differente da quella alla quale gli altri giudicabili devono fare a fronte quando sollecitano un importo largamente superiore a ciò che i tribunali stimano giustificato. Non vediamo perché le parti in causa nella cornice di procedimenti di espropriazione dovrebbero essere trattate in modo più favorevole che, per esempio, i giudicabili che sollecitano un indennizzo eccessivo per un incidente o una rottura di contratto che sia contro lo stato o contro un convenuto privato.
Infine, contrariamente alla maggioranza, non possiamo legare nessuna importanza al fatto che il legislatore portoghese ha, in seguito, modificato il sistema di calcolo degli oneri di giustizia. Niente prova che questa modifica fosse stata motivata da una qualsiasi incompatibilità del sistema anteriore con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
In conclusione, stimiamo che non c’è stata violazione di questo articolo.
1. Sebbene alcune di loro siano stati all’epoca formulata in escudo portoghesi (l’euro è entrato in vigore il 1 gennaio 2002) tutte le somme menzionate nella presente sentenza sono, per semplicità, formulate in euro.
2. L’unit?