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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PENNINO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 35
Numero: 43892/04/2014
Stato: Italia
Data: 2014-07-08 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione: Revisione respinta

EX SECONDA SEZIONE

CAUSA PENNINO C. ITALIA

( Richiesta no 43892/04)

SENTENZA
(Revisione)

STRASBURGO

8 luglio 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Pennino c. Italia, domanda in revisione della sentenza del 24 settembre 2013,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, anziana seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vuini,
Paulo Pinto di Albuquerque, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 giugno 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 43892/04) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 29 novembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Con una sentenza del 24 settembre 2013, la Corte ha giudicato che c’era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione a ragione per il fatto che, in seguito alla dichiarazione di insolvenza della municipalità di Benevento, il richiedente, creditore di suddetta municipalità, non aveva potuto ottenere il pagamento del suo credito, e violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione per il fatto che il richiedente era stato privato, durante un tempo eccessivamente lungo, del suo diritto di accesso ad un tribunale che gli avesse potuto permettere di ottenere l’esecuzione del giudizio che riconosce il suo credito nei confronti la municipalità. La Corte ha deciso anche di assegnare al richiedente 30 000 euros (EUR, per danno patrimoniale e morale e 5 000 EUR per oneri e spese,). Ha respinto la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
3. Il 20 dicembre 2013, il Governo ha informato la Corte che aveva appreso che il richiedente avrebbe ricuperato il suo credito e che questa sarebbe stato aumentato degli interessi legali e di una somma a titolo di compenso dell’inflazione. Perciò, basandosi sull’articolo 80 dell’ordinamento della Corte, chiedeva la revisione della sentenza.
4. Il 18 febbraio 2014, la Corte ha esaminato la domanda in revisione e ha deciso di accordare al rappresentante del richiedente un termine di sei settimane per presentare delle eventuali osservazioni. Queste gli sono giunte il 21 marzo 2014.
IN DIRITTO
I. TESI DELLE PARTI
5. Il Governo chiede la revisione della sentenza del 24 settembre 2013, adducendo avere avuto, dopo suo pronunziato, cognizione di un fatto nuovo pertinente, a sapere il pagamento del credito del richiedente aumentato degli interessi legali e di una somma a titolo di compenso dell’inflazione. Il 19 marzo 2009, il richiedente si sarebbe visto in particolare, versare la somma di 24 261,46 EUR.
6. Il Governo indica anche che la richiesta è stata comunicata il 29 agosto 2006 e che le sue ultime osservazioni datano di marzo 2007. Sostiene che il lasso di tempo-lungo ai suoi occhi-che ha trascorso tra queste osservazioni ed i pronunziati della sentenza ha reso difficile la preparazione della sua difesa. Aggiunge che le informazione pertinenti non erano detenute dallo stato, ma con un’amministrazione locale autonoma, la municipalità di Benevento che si sarebbe trovata nella situazione di gestire una quantità molto importante di dati relativi ai suoi differenti creditori. Precisa infine che il rappresentante del richiedente non ha informato la Corte del pagamento del credito, ciò che si analizza, secondo lui, in un mancata osservanza dei suoi obblighi.
7. Il rappresentante del richiedente sostiene in quanto a lui che, con una lettera del 13 gennaio 2014, ha informato la Corte che il suo cliente aveva ricevuto il pagamento aspettato. Considera inoltre che, all’epoca dell’esecuzione della sentenza del 24 settembre 2013, dovrebbe essere possibile operare una distinzione tra ciò che era dovuto a titolo del danno patrimoniale e ciò che era dovuto a titolo del danno giuridico. Sostiene per di più che ogni carenza di informazione in tempo utile da parte sua era dovuta all’intervallo compreso tra le date della presentazione delle domande di soddisfazione equa e quella del pronunziato della sentenza con la Corte, intervallo che avrebbe avuto anche per effetto un indebolimento dei suoi contatti col suo cliente.
8. In conclusione, il rappresentante dei richiedenti sollecita il rigetto della domanda in revisione al motivo che il suo cliente ha, ad ogni modo, subito un danno patrimoniale importante durante i lunghi anni. Aggiunge che c’è, in Italia, delle “centinaia di amministrazioni locali in sconforto.” A titolo accessorio, ne rimette si alla saggezza della Corte.
II. VALUTAZIONE DELLA CORTE
9. La Corte ricorda che, secondo l’articolo 44 della Convenzione, le sue sentenze sono definitive e che, nella misura in cui rimette in questione questo carattere definitivo, il procedimento in revisione, non contemplata dalla Convenzione ma instaurata dall’ordinamento della Corte, riveste un carattere eccezionale: di dove l’esigenza di un esame rigoroso dell’ammissibilità di ogni domanda in revisione di una sentenza della Corte nella cornice di un tale procedimento, Pardo c. Francia, 10 luglio 1996, revisione-ammissibilità, § 21, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-III; Gustafsson c. Svezia, 30 luglio 1998, revisione-fondatezza, § 25, Raccolta 1998-V; e Stoicescu c. Romania (revisione), no 31551/96, § 33, 21 settembre 2004.
10. La Corte ricorda poi che deve determinare se egli ci luogo di rivedere la sentenza del 24 settembre 2013 con applicazione dell’articolo 80 del suo ordinamento che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“In caso di scoperta di un fatto che, con la sua natura, avrebbe potuto esercitare già un’influenza decisiva sulla conclusione di una causa scavo e che, all’epoca della sentenza, era sconosciuto della Corte e non poteva essere conosciuto ragionevolmente da una parte, questa ultima può investire la Corte di una domanda in revisione della sentenza di cui si tratta. (…) “
11. C’è luogo dunque di determinare nello specifico se lo diventa in questione, da una parte, avrebbe potuto esercitare già un’influenza decisiva sulla conclusione della causa scavo e se, altro parte, non poteva essere conosciuto ragionevolmente dal Governo prima del pronunziato della sentenza iniziale, Ingrossato ed altri c. Italia (revisione), no 18791/03, § 18, 30 ottobre 2012.
12. Trattandosi della prima questione, la Corte osserva che la presente causa riguarda gli effetti delle disposizioni italiane sulle amministrazioni locali in stato di sconforto finanziario. Nota in particolare che i creditori di queste non possono iniziare o continuare delle azioni in esecuzione contro l’amministrazione dichiarata insolvibile e che i loro crediti sono soddisfatti nella cornice di un procedimento amministrativo che si svolge sotto l’autorità di un organo straordinario di liquidazione, organo straordinario di liquidazione-“OSL”).
13. La Corte ricorda poi che il richiedente era un creditore del comune di Benevento, dichiarata insolvibile. Nella sua sentenza del 24 settembre 2013, la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, osservando in particolare,: ha che a partire dalla dichiarazione di insolvenza e fino all’approvazione della resa dei conti, nessuno procedimento di esecuzione non poteva essere iniziato o perseguita relativamente ai crediti della municipalità che rientra nella competenza dell’OSL; b, che la celerità del procedimento amministrativo sfuggiva completamente al controllo del richiedente; c che lei stessa non era stato informato dell’approvazione della resa dei conti con l’OSL; d, che il richiedente di cui il credito era stato riconosciuto da una decisione di giustizia emessa nel 2002, era stato eccessivamente privato del suo diritto di accesso ad un tribunale durante un periodo lunga; e, che il credito del richiedente non era stato pagato; f, che la mancanza di risorse di un comune, questo essere-a-argomento di un organo dello stato, poteva giustificare solamente ometta di onorare gli obblighi che derivano di un giudizio definitivo reso nel suo sfavore.
14. In ciò che riguardava la soddisfazione equa, la Corte ha osservato nella sua sentenza che il danno patrimoniale subito dal richiedente corrispondeva all’importo del credito non pagata, aumentato degli interessi legali e di una somma a titolo di compenso dell’inflazione, e che, di più, l’interessato aveva subito un torto giuridico certo. La Corte ha assegnato 30 000 EUR al richiedente, ogni danno confuso, dunque.
15. In queste circostanze, la Corte è di parere che il pagamento, nel 2009, del credito del richiedente era un fatto potendo esercitare un’influenza decisiva sulla conclusione della causa. Da una parte, questa circostanza permette di delimitare il periodo durante la quale i diritti del richiedente al rispetto dei suoi beni e delle restrizioni hanno subito all’accesso ad un tribunale; di altra parte, ha un’influenza diretta ed evidente sull’importo della somma assegnata a titolo del danno patrimoniale che, nella sentenza iniziale, è stato fissato all’altezza l’importo del credito non pagata al quale si sono aggiunti gli interessi legali ed una somma a titolo di compenso dell’inflazione, paragrafo 14 sopra.
16. A questo ultimo riguardo, la Corte sottolinea che conviene evitare che la sua sentenza possa avere per effetto un arricchimento senza causa. Ciò sarebbe il caso nello specifico se il richiedente dovesse ottenere, ne più del pagamento del suo credito al livello interno, una somma ulteriore a titolo della soddisfazione equa per danno patrimoniale, calcolata sulla base dell’importo del credito in questione. Questa sarebbe allora in pratica versate due volte al richiedente. La Corte osserva anche che la condotta del rappresentante del richiedente è stata inadatta nella misura in cui non ha informato la Corte del pagamento del credito (vedere, mutatis mutandis, Bugajny ed altri c. Polonia (revisione), no 22531/05, § 24, 15 dicembre 2009.
17. In compenso, trattandosi della seconda questione, la Corte osserva che, nello specifico, il pagamento del credito era un fatto che poteva essere conosciuto ragionevolmente dal Governo prima del pronunziato della sentenza iniziale. Ricorda che un’amministrazione locale in sconforto, anche quando la sua gestione finanziaria è affidata ad un OSL, rimani un organo dello stato. Poiché la presente richiesta è stata, molto prima il pagamento del credito, comunicato al governo convenuto, questo ultimo aveva la possibilità di informarsi presso della municipalità di Benevento o dell’OSL per ottenere ogni informazione pertinente o ancora di chiedere a questi due organi di fargli conoscere ogni sviluppo significativo della causa il più presto possibile.
18. Dei tali passi non sono stati intrapresi evidentemente o del meno non è stato effettuato in modo efficace, poiché il Governo non ha appreso il pagamento del credito, sopraggiunto il 19 marzo 2009 che dopo il 24 settembre 2013, data del pronunziato della sentenza iniziale. La Corte riafferma che tutto mancanza di comunicazione in tempo utile tra le amministrazioni locali riguardata e l’ufficio dell’agente del Governo presso del Consiglio dell’Europa può essere imputato solamente allo stato convenuto.
19. Per ciò che è del lasso di tempo smerciato entro la data limito di presentazione delle ultime osservazioni ed il pronunziata della sentenza, paragrafo 6 sopra, la Corte riconosce che è stato, indiscutibilmente, molto lungo. Non ne rimane meno delle parti hanno l’obbligo di portare alla cognizione della Corte ogni fatto pertinente essendo prodotto si nell’ordine giuridico interno, di tanto più quando questo fatto può essere decisivo per la conclusione della controversia.
20. In queste circostanze, la Corte giudica che i fatti su che la domanda in revisione si basi potevano essere conosciuti ragionevolmente dal Governo prima del pronunziato della sentenza iniziale (vedere, mutatis mutandis, Ingrossato ed altri, precitata, §§ 20-24, e Bugajny ed altri, precitata, §§ 25-26. Segue che la domanda in revisione del Governo deve essere respinta.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
Decidi di respingere la domanda in revisione della sentenza del 24 settembre 2013.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 8 luglio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion: Révision rejetée

ANCIENNE DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE PENNINO c. ITALIE

(Requête no 43892/04)

ARRÊT
(Révision)

STRASBOURG

8 juillet 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Pennino c. Italie (demande en révision de l’arrêt du 24 septembre 2013),
La Cour européenne des droits de l’homme (ancienne deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 juin 2014,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 43892/04) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 29 novembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Par un arrêt du 24 septembre 2013, la Cour a jugé qu’il y avait eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention à raison du fait que, à la suite de la déclaration d’insolvabilité de la municipalité de Bénévent, le requérant, créancier de ladite municipalité, n’avait pas pu obtenir le paiement de sa créance, et violation de l’article 6 § 1 de la Convention à raison du fait que le requérant avait été privé, pendant un temps excessivement long, de son droit d’accès à un tribunal qui eût pu lui permettre d’obtenir l’exécution du jugement reconnaissant sa créance vis-à-vis de la municipalité. La Cour a également décidé d’allouer au requérant 30 000 euros (EUR) pour dommage matériel et moral et 5 000 EUR pour frais et dépens. Elle a rejeté la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
3. Le 20 décembre 2013, le Gouvernement a informé la Cour qu’il avait appris que le requérant aurait recouvré sa créance et que celle-ci aurait été augmentée des intérêts légaux et d’une somme à titre de compensation de l’inflation. En conséquence, se fondant sur l’article 80 du règlement de la Cour, il demandait la révision de l’arrêt.
4. Le 18 février 2014, la Cour a examiné la demande en révision et a décidé d’accorder au représentant du requérant un délai de six semaines pour présenter d’éventuelles observations. Celles-ci lui sont parvenues le 21 mars 2014.
EN DROIT
I. THÈSES DES PARTIES
5. Le Gouvernement demande la révision de l’arrêt du 24 septembre 2013, alléguant avoir eu, après son prononcé, connaissance d’un fait nouveau pertinent, à savoir le paiement de la créance du requérant augmentée des intérêts légaux et d’une somme à titre de compensation de l’inflation. En particulier, le 19 mars 2009, le requérant se serait vu verser la somme de 24 261,46 EUR.
6. Le Gouvernement indique également que la requête a été communiquée le 29 août 2006 et que ses dernières observations datent de mars 2007. Il soutient que le laps de temps – long à ses yeux – qui s’est écoulé entre ces observations et le prononcé de l’arrêt a rendu difficile la préparation de sa défense. Il ajoute que les informations pertinentes n’étaient pas détenues par l’État, mais par une administration locale autonome, la municipalité de Bénévent, qui se serait trouvée dans la situation de gérer une quantité très importante de données relatives à ses différents créanciers. Il précise enfin que le représentant du requérant n’a pas informé la Cour du paiement de la créance, ce qui s’analyse, selon lui, en un non-respect de ses obligations.
7. Le représentant du requérant soutient quant à lui que, par une lettre du 13 janvier 2014, il a informé la Cour que son client avait reçu le paiement attendu. Il considère en outre que, lors de l’exécution de l’arrêt du 24 septembre 2013, il devrait être possible d’opérer une distinction entre ce qui était dû au titre du préjudice matériel et ce qui était dû au titre du préjudice moral. Il soutient de surcroît que toute carence d’information en temps utile de sa part était due à l’intervalle compris entre la date de la présentation des demandes de satisfaction équitable et celle du prononcé de l’arrêt par la Cour, intervalle qui aurait également eu pour effet un affaiblissement de ses contacts avec son client.
8. En conclusion, le représentant des requérants sollicite le rejet de la demande en révision au motif que son client a, en tout état de cause, subi un préjudice patrimonial important pendant des longues années. Il ajoute qu’il y a, en Italie, des « centaines d’administrations locales en détresse ». À titre subsidiaire, il s’en remet à la sagesse de la Cour.
II. APPRÉCIATION DE LA COUR
9. La Cour rappelle que, selon l’article 44 de la Convention, ses arrêts sont définitifs et que, dans la mesure où elle remet en question ce caractère définitif, la procédure en révision, non prévue par la Convention mais instaurée par le règlement de la Cour, revêt un caractère exceptionnel : d’où l’exigence d’un examen strict de la recevabilité de toute demande en révision d’un arrêt de la Cour dans le cadre d’une telle procédure (Pardo c. France, 10 juillet 1996 (révision – recevabilité), § 21, Recueil des arrêts et décisions 1996-III ; Gustafsson c. Suède, 30 juillet 1998 (révision – bien-fondé), § 25, Recueil 1998-V ; et Stoicescu c. Roumanie (révision), no 31551/96, § 33, 21 septembre 2004).
10. La Cour rappelle ensuite qu’elle doit déterminer s’il y lieu de réviser l’arrêt du 24 septembre 2013 par application de l’article 80 de son règlement qui, en ses parties pertinentes, est ainsi libellé :
« En cas de découverte d’un fait qui, par sa nature, aurait pu exercer une influence décisive sur l’issue d’une affaire déjà tranchée et qui, à l’époque de l’arrêt, était inconnu de la Cour et ne pouvait raisonnablement être connu d’une partie, cette dernière peut (…) saisir la Cour d’une demande en révision de l’arrêt dont il s’agit. (…) »
11. Il y a donc lieu de déterminer en l’espèce si le fait en question, d’une part, aurait pu exercer une influence décisive sur l’issue de l’affaire déjà tranchée et si, d’autre part, il ne pouvait raisonnablement être connu du Gouvernement avant le prononcé de l’arrêt initial (Grossi et autres c. Italie (révision), no 18791/03, § 18, 30 octobre 2012).
12. S’agissant de la première question, la Cour observe que la présente affaire concerne les effets des dispositions italiennes sur les administrations locales en état de détresse financière. Elle note en particulier que les créanciers de celles-ci ne peuvent entamer ou continuer des actions en exécution à l’encontre de l’administration déclarée insolvable et que leurs créances sont satisfaites dans le cadre d’une procédure administrative qui se déroule sous l’autorité d’un organe extraordinaire de liquidation (organo straordinario di liquidazione – « OSL »).
13. La Cour rappelle ensuite que le requérant était un créancier de la commune de Bénévent, déclarée insolvable. Dans son arrêt du 24 septembre 2013, la Cour a conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 6 § 1 de la Convention, en observant notamment : a) qu’à partir de la déclaration d’insolvabilité et jusqu’à l’approbation de la reddition des comptes, aucune procédure d’exécution ne pouvait être entamée ou poursuivie relativement aux créances de la municipalité rentrant dans la compétence de l’OSL ; b) que la célérité de la procédure administrative échappait complètement au contrôle du requérant ; c) qu’elle-même n’avait pas été informée de l’approbation de la reddition des comptes par l’OSL ; d) que le requérant, dont la créance avait été reconnue par une décision de justice émise en 2002, avait été privé de son droit d’accès à un tribunal pendant une période excessivement longue ; e) que la créance du requérant n’avait pas été payée ; f) que le manque de ressources d’une commune (c’est-à-dire d’un organe de l’État) ne pouvait justifier qu’elle omette d’honorer les obligations découlant d’un jugement définitif rendu en sa défaveur.
14. En ce qui concernait la satisfaction équitable, la Cour a observé dans son arrêt que le préjudice matériel subi par le requérant correspondait au montant de la créance non payée, augmenté des intérêts légaux et d’une somme à titre de compensation de l’inflation, et que, de plus, l’intéressé avait subi un tort moral certain. La Cour a donc alloué 30 000 EUR au requérant, tous préjudices confondus.
15. Dans ces circonstances, la Cour est d’avis que le paiement, en 2009, de la créance du requérant était un fait pouvant exercer une influence décisive sur l’issue de l’affaire. D’une part, cette circonstance permet de délimiter la période pendant laquelle les droits du requérant au respect de ses biens et à l’accès à un tribunal ont subi des restrictions ; d’autre part, elle a une influence directe et évidente sur le montant de la somme allouée au titre du préjudice matériel, qui, dans l’arrêt initial, a été fixé à hauteur du montant de la créance non payée, auquel se sont ajoutés les intérêts légaux et une somme à titre de compensation de l’inflation (paragraphe 14 ci-dessus).
16. À ce dernier égard, la Cour souligne qu’il convient d’éviter que son arrêt puisse avoir pour effet un enrichissement sans cause. Cela serait le cas en l’espèce si le requérant devaient obtenir, en plus du paiement de sa créance au niveau interne, une somme ultérieure au titre de la satisfaction équitable pour préjudice matériel, calculée sur la base du montant de la créance en question. Celle-ci serait alors en pratique versée deux fois au requérant. La Cour observe également que la conduite du représentant du requérant a été inappropriée dans la mesure où il n’a pas informé la Cour du paiement de la créance (voir, mutatis mutandis, Bugajny et autres c. Pologne (révision), no 22531/05, § 24, 15 décembre 2009).
17. En revanche, s’agissant de la deuxième question, la Cour observe que, en l’espèce, le paiement de la créance était un fait qui pouvait raisonnablement être connu du Gouvernement avant le prononcé de l’arrêt initial. Elle rappelle qu’une administration locale en détresse, même lorsque sa gestion financière est confiée à un OSL, demeure un organe de l’État. Puisque la présente requête a été, bien avant le paiement de la créance, communiquée au gouvernement défendeur, ce dernier avait la possibilité de se renseigner auprès de la municipalité de Bénévent ou de l’OSL pour obtenir toute information pertinente ou encore de demander à ces deux organes de lui faire connaître dans les meilleurs délais tout développement significatif de l’affaire.
18. De telles démarches n’ont de toute évidence pas été entreprises ou du moins n’ont pas été effectuées de manière efficace, puisque le Gouvernement n’a appris le paiement de la créance, survenu le 19 mars 2009, qu’après le 24 septembre 2013, date du prononcé de l’arrêt initial. La Cour réaffirme que tout manque de communication en temps utile entre l’administration locale concernée et le bureau de l’agent du Gouvernement auprès du Conseil de l’Europe ne peut qu’être imputé à l’État défendeur.
19. Pour ce qui est du laps de temps écoulé entre la date limite de présentation des dernières observations et le prononcé de l’arrêt (paragraphe 6 ci-dessus), la Cour reconnaît qu’il a été, sans conteste, très long. Il n’en demeure pas moins que les parties ont l’obligation de porter à la connaissance de la Cour tout fait pertinent s’étant produit dans l’ordre juridique interne, d’autant plus lorsque ce fait peut être décisif pour l’issue du litige.
20. Dans ces circonstances, la Cour juge que les faits sur lesquels la demande en révision se fonde pouvaient raisonnablement être connus du Gouvernement avant le prononcé de l’arrêt initial (voir, mutatis mutandis, Grossi et autres, précité, §§ 20-24, et Bugajny et autres, précité, §§ 25-26). Il s’ensuit que la demande en révision du Gouvernement doit être rejetée.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
Décide de rejeter la demande en révision de l’arrêt du 24 septembre 2013.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 8 juillet 2014, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Işıl Karakaş
Greffier Présidente

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