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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PASCULLI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41
Numero: 36818/97/2007
Stato: Italia
Data: 2007-12-04 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

Conclusione Perizia valida; Danno materiale – risarcimento pecuniario; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese – procedimenti nazionali e della Convenzione, globale,; Rimborso onere di perizia
QUARTA SEZIONE
CAUSA PASCULLI C. ITALIA
( Richiesta no 36818/97)
SENTENZA
(Soddisfazione equa)
STRASBURGO
4 dicembre 2007
DEFINITIVO
02/06/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Pasculli c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Sir Nicolas Bratza, presidente, Sigg. G. Bonello, K. Traja, L. Garlicki, J. Borrego Borrego, la Sig.ra L. Mijović, giudici,
La Sig.ra Sig. Del Tufo, giudice ad hoc,
e dalla Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 novembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36818/97) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, R. P. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 25 gennaio 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia.
2. Con una sentenza del 17 maggio 2005 (“la sentenza al principale”), la Corte ha giudicato che l’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente non era compatibile col principio di legalità e che, pertanto, c’era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Pasculli c. Italia, no 36818/97, §§ 97-98 e punto 1 del dispositivo, 17 maggio 2005).
3. Appellandosi all’articolo 41 della Convenzione, il richiedente richiedeva una somma a titolo del danno materiale, corrispondente alla differenza tra il valore del terreno controverso e la somma ottenuta alla conclusione del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, così come una somma a titolo del danno morale ed il rimborso degli oneri di procedimento.
4. Non essendo matura la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo ed il richiedente a sottoporle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva, le loro osservazioni su suddetta questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale sarebbero potuti arrivare (ibidem, § 104 e punto 2 del dispositivo).
5. Il 13 luglio 2005, il Governo ha chiesto il rinvio della causa dinnanzi alla Grande Camera in virtù degli articoli 43 della Convenzione e 73 dell’Ordinamento. Il 12 ottobre 2005, il collegio della Grande Camera ha respinto questa istanza. La sentenza della camera è diventata così definitiva in questa stessa data.
6. Il termine fissato per permettere alle parti di ricercare un accordo amichevole è scaduto senza che le parti fossero arrivate a tale accordo. Il richiedente ha depositato delle osservazioni il 17 novembre e il 1 dicembre 2005. Queste sono state trasmesse al Governo che ha replicato il 30 gennaio 2006.
7. Riunita il 7 marzo 2006 su iniziativa del suo Presidente (punto 2 c) del dispositivo della sentenza al principale, la Camera ha stimato opportuno effettuare una perizia e ha deciso che il compito del perito sarebbe consistito nel determinare, da una parte, il valore che il terreno aveva al momento dell’occupazione e di attualizzarlo; d’ altra parte, il valore reale del terreno tenuto conto dell’esistenza dell’edificio eretto ed il costo di costruzione di questo.
8. Con una lettera dell’ 8 marzo 2006, la Corte ha comunicato questa decisione alle parti e ha invitato queste a fornirle il nome di un perito scelto di un comune accordo. La Corte ha precisato peraltro che il carico degli oneri e la parcella della perizia sarebbero pesati sul Governo (articolo 38 della Convenzione).
9. Le parti non hanno scelto un perito di un comune accordo, ma hanno fornito degli elenchi coi nomi di periti.
10. Su istruzioni della Corte, il 12 maggio 2006 la cancelleria ha indirizzato un mandato al Sig. A. T. con copia alle parti. È stato precisato nel mandato che il carico finale degli oneri e della parcella della perizia sarebbero pesati sul Governo.
11. Il perito ha accettato il mandato in data 22 maggio 2006.
12. Con una lettera del 24 maggio 2006, la cancelleria ha informato le parti invitandole a prendere le misure necessarie affinché il perito potesse compiere il suo compito.
13. Il 25 luglio 2006, il perito ha depositato il suo rapporto con allegati così come la sua richiesta relativa ai suoi oneri e alla parcella.
14. Una copia del rapporto di perizia è stata mandata alle parti. Solo il richiedente ha fatto pervenire dei commenti.
IN DIRITTO
15. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
I. Validità della perizia
16. Le parti non hanno contestato la validità della perizia.
17. La Corte ritiene valido il rapporto del perito e lo prende in considerazione per rendere la sua decisione.
II. Danno
A. Danno materiale
1. Riassunto della perizia e delle conclusioni del perito
18. Lungo 41 pagine e comprendente parecchi allegati, il rapporto di perizia contiene in particolare la stima del terreno oggetto della causa e del costo di costruzione dell’edificio costruito dall’amministrazione comunale dall’occupazione del terreno e che è situato sul terreno del richiedente.
Per redigere il suo rapporto, il perito si è basato sulla pratica giudiziale, su dei documenti forniti dalla città di San Ferdinando di Puglia, così come su delle informazioni provenienti dal mercato immobiliare. Ha tenuto inoltre conto dell’evoluzione del tasso di inflazione e dei prezzi nel periodo riguardato.
19. La stima del perito ricade da una parte su una superficie di 2 894 metri quadrati, costituiti, dai 1470 metri quadrati direttamente previsti dall’occupazione controversa, e, dall’altra parte, dai 1 424 metri quadrati considerati dalle giurisdizioni nazionali come da indennizzare ugualmente in seguito ai lavori di costruzione (§§ 16 e 19 della sentenza al principale).
20. Il perito ha ricordato innanzitutto che nel gennaio 1986, data dell’inizio dell’occupazione senza titolo, la parte di terreno direttamente riguardato dall’occupazione era stata stimata a 294 000 000 ITL (151 838, 33 EUR, o 200 000 ITL il metro quadrato, 103,29 EUR) dal perito commesso d’ufficio nel procedimento giudiziale. Questa stima era stata aumentata di 100 000 000 ITL (51 645,69 EUR) in ragione dei danni subiti dalla parte restante del terreno (§§ 15-16 della sentenza al principale).
21. Poi il perito ha calcolato l’inflazione fino alla data della perizia e ha concluso che il valore indicizzato del terreno nel giugno 2006 era di 315 400, 06 EUR. Inoltre, l’interesse legale sulla somma iniziale che andava fino al giugno 2006 ammonta a 291 694,23 EUR.
22. Per determinare il valore del terreno nel 2006, il perito ha preso in conto, da una parte, il piano di urbanistica in vigore, il fatto che il terreno controverso è situato in una zona urbanizzata a vocazione residenziale ed il volume di occupazione dei suoli (indizio di fabbricabilità) dei terreni vicini. Il volume di occupazione dei suoli che ne risulta è di 3 metri cubo per metro quadrato. Dall’altra parte, il perito ha preso in conto nove contratti di vendita di terreni similari, datati rispettivamente 2003, 2004 e 2006, e ha calcolato il prezzo medio per questi terreni.
Il valore reale del terreno in causa è 262 640, 18 EUR, visto il forte abbassamento della domanda di abitazioni.
23. Il perito ha stimato infine che il costo di costruzione dell’edificio eretto dall’amministrazione si trova tra il 1 146 000 EUR e il 1 485 280 EUR, incluso il valore reale del suolo (paragrafo 22 sopra). Ha indicato poi che questo importo che dà il plusvalore portato dalla presenza dell’edificio, è anche suscettibile di coprire la mancanza al guadagno del richiedente.
24. Per riassumere le conclusioni del perito:
1. valore del terreno nel 1986 indicizzato al giugno 2006 + interessi 315 400,06 EUR + 291 694,23 EUR
2. valore del terreno secondo il mercato immobiliare reale 262 640, 18 EUR,
3. Costo di costruzione dell’edificio eretto sul terreno, prima della deduzione del valore del suolo. Compreso tra 1 146 000 EUR e 1 485 280 EUR
2. Argomenti del richiedente
25. Prima della sentenza al principale, il richiedente aveva sollecitato una somma corrispondente al valore che il terreno controverso aveva al momento dell’inizio dell’occupazione senza titolo (gennaio 1986), deduzione fatta dell’indennità che le giurisdizioni nazionali gli hanno accordato (216 707 170 ITL, o 111 919, 91 EUR) più indicizzazione ed interessi. Il richiedente fondava le sue pretese sui calcoli effettuati dal perito commesso d’ufficio nel procedimento nazionale (§§ 15-19 della sentenza al principale). In questo modo, la somma richiesta ammontava a 177 292 830 ITL (91 564,11 EUR) più indicizzazione ed interessi. Peraltro il richiedente precisava che l’indennità decisa dalle giurisdizioni nazionali era stata tassata del 20% alla sorgente.
26. Queste pretese sono state riconfermate dopo la sentenza al principale, ma a titolo accessorio. Il 1 dicembre 2006, il richiedente ha chiesto difatti, alla Corte di accordargli una soddisfazione equa conformemente alla giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003). Il richiedente chiedeva di essere risarcito integralmente, deduzione fatta della somma percepita a livello nazionale, e richiedeva una somma che coprisse il valore del terreno di oggi, aumentato del plusvalore portato dall’esistenza di edifici, e perdita di godimento. Peraltro il richiedente chiedeva alla Corte di ordinare una perizia, come aveva fatto nelle due cause sopraccitate.
3. Argomenti del Governo
27. Prima della sentenza al principale, il Governo non aveva presentato commenti sulla domanda di soddisfazione equa formulata dal richiedente (§ 103 della sentenza al principale).
28. Il 20 gennaio 2006, il Governo ha sottoposto delle osservazioni. In queste, chiedeva alla Corte di non prendere in conto le pretese formulate dal richiedente dopo la sentenza sul merito e di dichiararle tardive. Poi contesta il fondamento dei queste pretese che sono basate sulla giurisprudenza della Corte in materia di soddisfazione equa per privazione arbitraria di beni, che critica. In particolare, il Governo si oppone al fatto che la Corte prenda in conto il valore reale del terreno ed il plusvalore portato dalla presenza dell’edificio su questo.
4. Decisione della Corte
29. Al primo colpo, la Corte risponde alla questione di sapere se c’è luogo di prendere in conto le pretese formulate dal richiedente il 1 dicembre 2006, o dopo la sentenza al principale.
A questo riguardo, nota che le parti sono state invitate a sottoporre le loro osservazioni sulla soddisfazione equa nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva (vedere punto 2b) del dispositivo della sentenza al principale.
Essendo diventata definitiva la sentenza al principale il 12 ottobre 2006, ne risulta che il richiedente ha depositato il suo esposto nel termine assegnato. Quindi, anche le pretese ivi riportate possono essere prese in conto per i bisogni della presente sentenza.
30. La Corte ricorda poi che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
31. Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi dche utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantite (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se il diritto nazionale non lo permette, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
27. Nella sua sentenza al principale, la Corte ha detto che l’ingerenza controversa non soddisfaceva alla condizione di legalità (§§ 97-98 della sentenza al principale). L’atto del governo italiano che la Corte ha ritenuto per contrario alla Convenzione non era nello specifico un’espropriazione che sarebbe stata legittima se un indennizzo adeguato fosse stato versato; al contrario, era una confisca dello stato sul terreno del richiedente alla quale questo non ha potuto ovviare (§§ 99-100 della sentenza al principale).
A questo riguardo, la Corte ha rilevato che le giurisdizioni nazionali hanno preso nota della situazione di illegalità, e che in virtù di questa constatazione, hanno dichiarato il richiedente come privato del suo bene a favore dell’occupante (§ 94 della sentenza al principale). Inoltre, la Corte ha stimato che a dispetto dell’indennità versata al richiedente, non c’era stato “risarcimento integrale del danno subito” (§ 96 della sentenza al principale).
32. Risulta chiaramente da questi elementi che la Corte ha considerato lo statuto di “vittima” del richiedente per giungere poi alla constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Eckle c. Germania, sentenza del 15 luglio 1982, serie Ha no 51, p. 32, §§ 69 e suiv., Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, Raccolta 1996-III, p. 846, § 36, Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI e Jensen c. Danimarca,( déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). Il richiedente resta peraltro, sempre “vittima”, rimanendo la sua situazione immutata dal pronunziato della sentenza al principale.
33. La Corte riafferma che ai suoi occhi, la decisione con la quale una giurisdizione nazionale prende atto di un’occupazione illegale di un terreno e dichiara l’espropriazione indiretta di questo non ha per effetto di regolarizzare la situazione denunciata. Si limita ad interinare una situazione illegale (tra le numerose sentenze, vedere Serrao c. Italia, no 67198/01, § 81, 13 ottobre 2005) situazione che non può essere risanata quindi in mancanza di un risarcimento conforme ai criteri che si applicano ai casi di privazioni illegali di beni.
34. Pertanto la Corte respinge l’argomento del Governo e riafferma l’impossibilità di mettere sullo stesso piano un’espropriazione regolare che ignorerebbe l’articolo 1 del Protocollo no 1 al motivo del carattere inadeguato dell’indennità, ed una causa come quella dello specifico, in cui la violazione del diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dipende dalla violazione del principio di legalità (Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002; Scordino c. Italia (no 3) (soddisfazione equa, no 43662/98, § 30, CEDH 2007 -…).
35. Ne segue che il risarcimento in caso di espropriazione indiretta non sarà simile all’indennità considerata per cause in cui la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 per privazione di beni si basa sulla rottura del “giusto equilibrio”, avuto riguardo dell’ indennizzo a livello largamente inferiore al valore commerciale del terreno ed alla mancanza di motivi “di utilità pubblica” tali da permetter di versare un’indennità di espropriazione inferiore al valore del bene (Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 257, CEDH 2006 -).
36. L’indennizzo da fissare nello specifico dovrà riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’ingerenza controversa. Nella presente causa è difatti, l’illegalità intrinseca della confisca sul terreno che è stata all’origine della violazione constatata sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Il carattere illecito di simile spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di una confisca lecita a quelle di un spodestamento illecito (Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], precitato, § 75; Scordino c. Italia [GC], precitata, § 250; Scordino c. Italia (no 3), precitata, § 31).
37. Nella sua giurisprudenza in materia di soddisfazione equa in caso di spodestamento illecito in sé (vedere le cause Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50), sentenza del 31 ottobre 1995, serie A no 330-B Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003; Scordino c. Italia (no 3) (soddisfazione equa, no 43662/98, CEDH 2007 -), ai fini di riparare integralmente il danno subito, la Corte ha concesso delle somme che includevano il valore reale del terreno rispetto al mercato immobiliare di oggi. Inoltre, ha cercato di compensare le perdite subite che non sarebbero state coperte dal versamento di questo importo, tenendo all’occorrenza conto del potenziale del terreno in causa, calcolato, a partire dal costo della costruzione degli immobili eretti dall’espropriante.
38. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte stima che l’indennità da accordare al richiedente non si limita al valore che aveva la sua proprietà in data dell’occupazione. Per questa ragione, ha invitato il perito a stimare anche il valore reale del terreno controverso, tenuto conto del valore della costruzione che vi è stata realizzata. Questo valore non dipende da condizioni ipotetiche, il che sarebbe il caso se si trovasse oggi nello stesso stato del 1986. Risulta chiaramente dal rapporto di perizia che, da allora, suddetto terreno ed il suo vicinato – che disponevano per la loro situazione di un potenziale di sviluppo urbano – sono stati messi in valore con la costruzione di edifici, tra cui il mercato.
39. Decide che lo stato dovrà versare una somma corrispondente al valore reale del terreno all’interessato, aumentata del plusvalore portato dalla presenza dell’edificio-che è stato stimata allo stesso livello del costo di costruzione nello specifico -e che è suscettibile di compensare anche il richiedente per ogni altra perdita subita. Da questa somma conviene poi dedurre l’indennità che si riferisce al valore del terreno ottenuta dal richiedente a livello nazionale (ossia 216 707 170 ITL del 1986, o 111 919, 91 EUR, vedere § 19 della sentenza al principale) ed attualizzata o( circa 236 000 EUR).
40. In quanto alla determinazione dell’importo di questa indennità, la Corte si appella al rapporto di perizia e, deliberando in equità, accorda al richiedente 800 000 EUR.
B. Danno morale
41. Il richiedente sollecita 107 126 EUR a titolo del danno morale.
42. Il Governo considera come esorbitante la somma indicata dal richiedente e chiede alla Corte di ridurla in equità.
43. La Corte considera che la violazione della Convenzione ha portato al richiedente un torto morale certo, risultante dal sentimento di impotenza e di frustrazione di fronte allo spodestamento illegale del suo bene. Deliberando in equità, assegna al richiedente 10 000 EUR di questo capo.
III. Oneri e spese
44. Il richiedente sollecita il rimborso degli oneri e delle spese incorse sul piano nazionale di cui 14 922 EUR per parcella di avvocato, di un importo globale di 67 878 EUR, importo includente la tassa sul valore aggiunto. In quanto agli oneri nel procedimento a Strasburgo, il richiedente chiede il rimborso di 34 149,03 EUR.
45. Il Governo chiede alla Corte di non rimborsare gli oneri sostenuti dal richiedente nel procedimento nazionale, in particolare nel procedimento di esecuzione forzata per ottenere il pagamento dell’indennità, al motivo che questi procedimenti non sarebbero legati alla constatazione di violazione.
In quanto agli oneri di procedimento introdotto dinnanzi agli organi della Convenzione, il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
46. La Corte ricorda che il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (Van di Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A no 288, § 66).
47. La Corte non dubita della necessità degli oneri richiesti né che siano stati sostenuti effettivamente. Trova però eccessiva le parcelle totali rivendicate a questo titolo. La Corte considera quindi non vi è di rimborsarli solo in parte .
Tenuto conto delle circostanze della causa, e deliberando in equità come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare un importo di 65 000 EUR, aumentato di IVA e CPA, per l’insieme degli oneri sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali ed a Strasburgo.
IV. Onere di perizia
48. Per la sua parcella e gli oneri relativi alla realizzazione della perizia, l’esperto firmatario del rapporto chiede un importo globale di 13 400 EUR, oltre alla tassa sul valore aggiunto (IVA) e ai contributi sociali (CPA). Il suo calcolo tiene conto del lavoro di stima, delle visite sui luoghi, della determinazione dei piani.
49. Le parti non hanno fatto a questo riguardo dei commenti.
50. La Corte ricorda da prima che la concessione di indennità dipende dal suo potere discrezionale e che le spetta giudicare se tale indennità fosse necessaria o appropriata. La rimunerazione del perito si analizza nell’occorrenza negli oneri legati alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile per dare al richiedente la possibilità di ottenere la cancellazione della violazione rilevata dalla sentenza al principale.
Su istruzioni della Camera, il cancelliere ha del resto informato il Governo ed il perito che gli oneri e la parcella relativa alla perizia sarebbero in definitiva pesati sullo stato convenuto (paragrafo 8 sopra).
51. La Corte non dubita della realtà e della necessità delle operazioni che il perito ha compiuto per assolvere al meglio il suo compito. Stima poi che la somma richiesta sia ragionevole. La Corte decide, perciò, di accordare l’interezza di questa somma, ossia 13 400 EUR, aumentata di IVA e di CPA.
V. Interessi moratori
52. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dice, per sei voci contro una,
a) che la perizia è valida;
b) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 800 000 EUR (otto centomila euro) per danno materiale,;
ii. 10 000 EUR (diecimila euro) per danno morale;
iii. 65 000 EUR (sessantacinque mila euro) per oneri e spese;
iv. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
c) che lo stato convenuto deve versare al perito, il Sig. T., nei tre mesi, 13 400 EUR (tredicimila quattro cento euro) più IVA e CPA,;
d) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
2. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 4 dicembre 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliera collaboratrice Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del Sig. Borrego Borrego.
N.B.
F.A.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE BORREGO BORREGO
Mi dispiace di non potermi unire alla maggioranza, perché sono in disaccordo col criterio considerato per concedere l’indennizzo.
Secondo me, la Corte ha il dovere di decidere prima quale sia la sua vera natura: costituisce una quarta istanza, con tutte le conseguenze che ciò implica, o costituisce una giurisdizione internazionale di carattere accessorio.
Nel caso specifico, per determinare l’importo dell’indennizzo, la maggioranza si è basata sul criterio del “valore reale” del bene. Bisogna tenere però conto dei seguenti fatti:
a. Nel gennaio 1997, il Sig. P. ha investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo.
b. Nell’aprile 2004, la richiesta è stata dichiarata ammissibile.
c. Nel maggio 2005, una sentenza ha constatato la violazione, riservando la questione dell’applicazione dell’articolo 41.
d. Alla fine del 2007, la maggioranza ha deciso di considerare il valore che aveva il bene nel 2006 (§ 22).
Detto altrimenti, l’importo dell’indennizzo concesso al richiedente è stato fissato sulla base del valore che aveva il bene quasi dieci anni dopo l’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte.
In generale, nelle cause di durata di procedimento, la Corte constata l’esistenza di una violazione della Convenzione quando il procedimento interno ha superato un termine di circa cinque anni. È curioso che nel caso specifico la maggioranza sembra non vedere nessun inconveniente nel fare astrazione dello scorrimento di un lasso di tempo che la Corte non esiterebbe, nel contesto di un procedimento interno, a qualificare come eccessivo.
È evidente che il valore di un bene fondiario può aumentare o diminuire col tempo. Di conseguenza, l’importo dell’indennizzo, superiore o inferiore al valore del bene al momento dell’ultima decisione interna, è legato alla rapidità, o alla lentezza, del procedimento dinnanzi alla Corte.
Nella sentenza Yiltaş Yildiz Turistik Tesisler A. Ş. C. Turchia (no 30502/96, 27 aprile 2006,) la Corte ha limitato l’indennizzo al valore che aveva la proprietà in data dell’espropriazione ( § 34 di suddetta sentenza) stimando che questa non poteva essere assimilata ad un spodestamento illecito. Quando la confisca è illecita, la Corte considera che deve concedere “delle somme che includono il valore reale del terreno rispetto al mercato immobiliare di oggi” (vedere i riferimenti alla giurisprudenza contenuta al paragrafo 37 della presente sentenza).
Mi sembra che la distinzione tra una confisca lecita ed una confisca illecita non sia sempre molto netta. E la conseguenza di questa distinzione mi sembra accademica e disinserita dalla realtà. Nel caso di una confisca lecita, l’indennizzo è fissato rispetto al valore del bene al momento dell’espropriazione. Nel caso di una confisca illecita, l’indennizzo è determinato in funzione del valore reale del bene.
Una sola domanda: perché dimentica completamente i procedimenti interni? La Corte esercita un ruolo accessorio rispetto a quello delle giurisdizioni interne e, di conseguenza, il valore del bene deve essere determinato, in ogni caso, rispetto al momento dell’ultima decisione interna, ragione dell’ essere l’intervento della Corte come giurisdizione internazionale investita di una missione accessoria.
L’approccio seguito nel caso di specifico potrebbe, nel caso di una causa criminale, condurre la Corte a constatare una violazione della Convenzione ed ad entrare nel merito e decidere della condanna o del proscioglimento del richiedente.
Stimo dunque che la natura accessoria della Corte l’obblighi a non agire in quanto quarta istanza e, pertanto, a non ignorare la data dell’ultima decisione interna.

Testo Tradotto

Conclusion Expertise valide ; Dommage matériel – réparation pécuniaire ; Préjudice moral – réparation pécuniaire ; Remboursement partiel frais et dépens – procédures nationale et de la Convention (globale) ; Remboursement frais d’expertise
QUATRIÈME SECTION
AFFAIRE PASCULLI c. ITALIE
(Requête no 36818/97)
ARRÊT
(Satisfaction équitable)
STRASBOURG
4 décembre 2007
DÉFINITIF
02/06/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Pasculli c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Sir Nicolas Bratza, président,
MM. G. Bonello,
K. Traja,
L. Garlicki,
J. Borrego Borrego,
Mmes L. Mijović, juges,
Mme M. Del Tufo, juge ad hoc,
et de Mme F. Araci, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 13 novembre 2007,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 36818/97) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, R. P. (« le requérant »), avait saisi la Commission européenne des Droits de l’Homme (« la Commission ») le 25 janvier 1997 en vertu de l’ancien article 25 de la Convention de sauvegarde.
2. Par un arrêt du 17 mai 2005 (« l’arrêt au principal »), la Cour a jugé que l’ingérence dans le droit au respect des biens du requérant n’était pas compatible avec le principe de légalité et que, partant, il y avait eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 (Pasculli c. Italie, no 36818/97, §§ 97-98 et point 1 du dispositif, 17 mai 2005).
3. En s’appuyant sur l’article 41 de la Convention, le requérant réclamait une somme au titre du préjudice matériel, correspondant à la différence entre la valeur du terrain litigieux et la somme obtenue à l’issue de la procédure devant les juridictions nationales, ainsi qu’une somme au titre du préjudice moral et le remboursement des frais de procédure.
4. La question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouvant pas en état, la Cour l’a réservée et a invité le Gouvernement et le requérant à lui soumettre par écrit, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt deviendrait définitif, leurs observations sur ladite question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir (ibidem, § 104 et point 2 du dispositif).
5. Le 13 juillet 2005, le Gouvernement a demandé le renvoi de l’affaire devant la Grande Chambre en vertu des articles 43 de la Convention et 73 du Règlement. Le 12 octobre 2005, le collège de la Grande Chambre a rejeté cette demande. L’arrêt de la chambre est ainsi devenu définitif à cette même date.
6. Le délai fixé pour permettre aux parties de rechercher un accord amiable est échu sans que les parties n’aboutissent à un tel accord. Le requérant a déposé des observations les 17 novembre et 1er décembre 2005. Celles-ci ont été transmises au Gouvernement, qui a répliqué le 30 janvier 2006.
7. Réunie le 7 mars 2006 sur l’initiative de son Président (point 2 c) du dispositif de l’arrêt au principal), la Chambre a estimé opportun d’effectuer une expertise et a décidé que la tâche de l’expert consisterait à déterminer, d’une part, la valeur que le terrain avait au moment de l’occupation et à l’actualiser ; d’autre part, la valeur actuelle du terrain compte tenu de l’existence du bâtiment érigé et le coût de construction de celui-ci.
8. Par un courrier du 8 mars 2006, la Cour a communiqué cette décision aux parties et a invité celles-ci à lui fournir le nom d’un expert choisi d’un commun accord. La Cour a par ailleurs précisé que la charge des frais et honoraires d’expertise pèserait sur le Gouvernement (article 38 de la Convention).
9. Les parties n’ont pas choisi un expert d’un commun accord, mais ont fourni des listes avec des noms d’experts.
10. Sur instructions de la Cour, le 12 mai 2006 le greffe a adressé un mandat à M. A. T. avec copie aux parties. Il a été précisé dans le mandat que la charge finale des frais et honoraires d’expertise pèserait sur le Gouvernement.
11. L’expert a accepté le mandat en date du 22 mai 2006.
12. Par un courrier du 24 mai 2006, le greffe en a informé les parties en les invitant à prendre les mesures nécessaires pour que l’expert puisse accomplir sa tâche.
13. Le 25 juillet 2006, l’expert a déposé son rapport avec annexes ainsi que sa demande relative à ses frais et honoraires.
14. Un exemplaire du rapport d’expertise a été envoyé aux parties. Seul le requérant a fait parvenir des commentaires.
EN DROIT
15. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
I. Validité de l’expertise
16. Les parties n’ont pas contesté la validité de l’expertise.
17. La Cour tient pour valide le rapport de l’expert et le prend en considération pour rendre sa décision.
II. Dommage
A. Dommage matériel
1. Résumé de l’expertise et des conclusions de l’expert
18. Long de 41 pages et comportant plusieurs annexes, le rapport d’expertise contient notamment l’estimation du terrain objet de la cause et du coût de construction du bâtiment construit par l’administration communale depuis l’occupation du terrain et qui est situé sur le terrain du requérant.
Pour rédiger son rapport, l’expert s’est fondé sur le dossier judiciaire, sur des documents fournis par la ville de San Ferdinando di Puglia, ainsi que sur des renseignements provenant du marché immobilier. Il a en outre tenu compte de l’évolution du taux d’inflation et des prix dans la période concernée.
19. L’estimation de l’expert porte sur une étendue de 2 894 mètres carrés, se composant, d’une part, des 1470 mètres carrés directement visés par l’occupation litigieuse, et, d’autre part, des 1 424 mètres carrés considérés par les juridictions nationales comme également à indemniser à la suite des travaux de construction (§§ 16 et 19 de l’arrêt au principal).
20. L’expert a tout d’abord rappelé qu’en janvier 1986, date du début de l’occupation sans titre, la partie de terrain directement concernée par l’occupation avait été estimée à 294 000 000 ITL (151 838, 33 EUR), soit 200 000 ITL le mètre carré (103,29 EUR) par l’expert commis d’office dans la procédure judiciaire. Cette estimation avait été augmentée de 100 000 000 ITL (51 645,69 EUR) en raison des préjudices subis par la partie restante du terrain (§§ 15-16 de l’arrêt au principal).
21. Ensuite l’expert a calculé l’inflation jusqu’à la date de l’expertise et a conclu que la valeur indexée du terrain en juin 2006 était de 315 400, 06 EUR. En outre, l’intérêt légal sur la somme initiale et allant jusqu’en juin 2006 s’élève à 291 694,23 EUR.
22. Pour déterminer la valeur du terrain en 2006, l’expert a pris en compte, d’une part, le plan d’urbanisme en vigueur, le fait que le terrain litigieux est situé dans une zone urbanisée à vocation résidentielle et le volume d’occupation des sols (indice di fabbricabilità) des terrains voisins. Le volume d’occupation des sols qui en résulte est de 3 mètres cubes par mètre carré. D’autre part, l’expert a pris en compte neuf contrats de vente de terrains similaires, datés respectivement de 2003, 2004 et 2006, et a calculé le prix moyen pour ces terrains.
La valeur actuelle du terrain en cause est 262 640, 18 EUR, vu la forte baisse de la demande d’habitations.
23. L’expert a enfin estimé que le coût de construction du bâtiment érigé par l’administration se situe entre 1 146 000 EUR et 1 485 280 EUR, sommes qui incluent la valeur actuelle du sol (paragraphe 22 ci-dessus). Il a ensuite indiqué que ce montant, qui donne la plus-value apportée par la présence du bâtiment, est également susceptible de couvrir le manque à gagner du requérant.
24. Pour résumer les conclusions de l’expert :
1. valeur du terrain en 1986 indexée à juin 2006 + intérêts 315 400,06 EUR + 291 694,23 EUR
2. valeur du terrain selon le marché immobilier actuel 262 640, 18 EUR
3. Coût de construction du bâtiment érigé sur le terrain, avant déduction de la valeur du sol. Compris entre 1 146 000 EUR et 1 485 280 EUR
2. Arguments du requérant
25. Avant l’arrêt au principal, le requérant avait sollicité une somme correspondant à la valeur que le terrain litigieux avait au moment du début de l’occupation sans titre (janvier 1986), déduction faite de l’indemnité que les juridictions nationales lui ont accordée (216 707 170 ITL, soit 111 919, 91 EUR), plus indexation et intérêts. Le requérant fondait ses prétentions sur les calculs effectués par l’expert commis d’office dans la procédure nationale (§§ 15-19 de l’arrêt au principal). De cette sorte, la somme réclamée s’élevait à 177 292 830 ITL (91 564,11 EUR), plus indexation et intérêts. Par ailleurs le requérant précisait que l’indemnité décidée par les juridictions nationales avait été taxée de 20% à la source.
26. Ces prétentions ont été reconfirmées après l’arrêt au principal, mais à titre subsidiaire. En effet, le 1er décembre 2006, le requérant a demandé à la Cour de lui accorder une satisfaction équitable conformément à la jurisprudence en matière d’expropriation indirecte (Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003 ; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003). Le requérant demandait à être intégralement dédommagé, déduction faite de la somme perçue au niveau national, et réclamait une somme couvrant la valeur du terrain d’aujourd’hui, augmentée de la plus-value apportée par l’existence de bâtiments, et perte de jouissance. Par ailleurs le requérant demandait à la Cour d’ordonner une expertise, comme elle l’avait fait dans les deux affaires citées ci-dessus.
3. Arguments du Gouvernement
27. Avant l’arrêt au principal, le Gouvernement n’avait pas présenté de commentaires sur les demandes de satisfaction équitable formulées par le requérant (§ 103 de l’arrêt au principal).
28. Le 20 janvier 2006, le Gouvernement a soumis des observations. Dans celles-ci, il demande à la Cour de ne pas prendre en compte les prétentions formulées par le requérant après l’arrêt sur fond et de les déclarer tardives. Ensuite il conteste le fondement des ces prétentions, qui sont basées sur la jurisprudence de la Cour en matière de satisfaction équitable pour privation arbitraire de biens, qu’il critique. En particulier, le Gouvernement s’oppose à ce que la Cour prenne en compte la valeur actuelle du terrain et la plus-value apportée par la présence du bâtiment sur celui-ci.
4. Décision de la Cour
29. D’emblée, la Cour répond à la question de savoir s’il y a lieu de prendre en compte les prétentions formulées par le requérant le 1er décembre 2006, soit après l’arrêt au principal.
A cet égard, elle note que les parties ont été invitées à soumettre leurs observations sur la satisfaction équitable dans les trois mois à compter du jour ou l’arrêt serait devenu définitif (voir point 2b) du dispositif de l’arrêt au principal).
L’arrêt au principal étant devenu définitif le 12 octobre 2006, il en résulte que le requérant a déposé son mémoire dans le délai imparti. Dès lors, les prétentions s’y rapportant peuvent également être prises en compte pour les besoins du présent arrêt.
30. La Cour rappelle ensuite qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
31. Les Etats contractants parties à une affaire sont en principe libres de choisir les moyens dont ils useront pour se conformer à un arrêt constatant une violation. Ce pouvoir d’appréciation quant aux modalités d’exécution d’un arrêt traduit la liberté de choix dont est assortie l’obligation primordiale imposée par la Convention aux Etats contractants : assurer le respect des droits et libertés garantis (article 1). Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l’Etat défendeur de la réaliser, la Cour n’ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l’accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu’imparfaitement d’effacer les conséquences de la violation, l’article 41 habilite la Cour à accorder, s’il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
27. Dans son arrêt au principal, la Cour a dit que l’ingérence litigieuse ne satisfaisait pas à la condition de légalité (§§ 97-98 de l’arrêt au principal). L’acte du gouvernement italien que la Cour a tenu pour contraire à la Convention n’était pas en l’espèce une expropriation qui eût été légitime si une indemnisation adéquate avait été versée ; au contraire, elle était une mainmise de l’Etat sur le terrain du requérant, à laquelle celui-ci n’a pu remédier (§§ 99-100 de l’arrêt au principal).
A cet égard, la Cour a relevé que les juridictions nationales ont pris note de la situation d’illégalité, et qu’en vertu de ce constat, elles ont déclaré le requérant comme étant privé de son bien au bénéfice de l’occupant (§ 94 de l’arrêt au principal). En outre, la Cour a estimé qu’en dépit de l’indemnité versée au requérant, il n’y avait pas eu « réparation intégrale du préjudice subi» (§ 96 de l’arrêt au principal).
32. Il ressort clairement de ces éléments que la Cour a retenu le statut de « victime » du requérant pour parvenir ensuite au constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 (Eckle c. Allemagne, arrêt du 15 juillet 1982, série A no 51, p. 32, §§ 69 et suiv., Amuur c. France, 25 juin 1996, Recueil 1996-III, p. 846, § 36, Dalban c. Roumanie [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI et Jensen c. Danemark (déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). Par ailleurs, le requérant reste toujours « victime », sa situation demeurant inchangée depuis le prononcé de l’arrêt au principal.
33. La Cour réaffirme qu’à ses yeux, la décision par laquelle une juridiction nationale prend acte d’une occupation illégale d’un terrain et déclare l’expropriation indirecte de celui-ci n’a pas pour effet de régulariser la situation dénoncée. Elle se limite à entériner une situation illégale (parmi les nombreux arrêts, voir Serrao c. Italie, no 67198/01, § 81, 13 octobre 2005), situation qui ne peut dès lors être redressée en l’absence d’une réparation conforme aux critères s’appliquant aux cas de privations illégales de biens.
34. Partant la Cour rejette l’argument du Gouvernement et réaffirme l’impossibilité de mettre sur le même plan une expropriation régulière, qui méconnaîtrait l’article 1 du Protocole no 1 au motif du caractère inadéquat de l’indemnité, et une affaire comme celle de l’espèce, où la violation du droit au respect des biens des requérants dépend de la violation du principe de légalité (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002 ; Scordino c. Italie (no 3) (satisfaction équitable), no 43662/98, § 30, CEDH 2007-…).
35. Il s’ensuit que la réparation en cas d’expropriation indirecte ne sera pas similaire à l’indemnité retenue pour les affaires où le constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 pour privation de biens se fonde sur la rupture du « juste équilibre », eu égard au niveau d’indemnisation largement inférieur à la valeur marchande du terrain et à l’absence de motifs « d’utilité publique » permettant de verser une indemnité d’expropriation inférieure à la valeur du bien (Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, § 257, CEDH 2006-).
36. L’indemnisation à fixer en l’espèce devra refléter l’idée d’un effacement total des conséquences de l’ingérence litigieuse. En effet, dans la présente affaire c’est l’illégalité intrinsèque de la mainmise sur le terrain, qui a été à l’origine de la violation constatée sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1. Le caractère illicite de pareille dépossession se répercute par la force des choses sur les critères à employer pour déterminer la réparation due par l’Etat défendeur, les conséquences financières d’une mainmise licite ne pouvant être assimilées à celles d’une dépossession illicite (Ex-Roi de Grèce et autres c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], précité, § 75 ; Scordino c. Italie [GC], précité, § 250 ; Scordino c. Italie (no 3), précité, § 31).
37. Dans sa jurisprudence en matière de satisfaction équitable en cas de dépossession illicite en soi (voir les affaires Papamichalopoulos et autres c. Grèce (article 50), arrêt du 31 octobre 1995, série A no 330-B Carbonara et Ventura c. Italie (satisfaction équitable), no 24638/94, 11 décembre 2003, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie (satisfaction équitable), no 31524/96, 30 octobre 2003 ; Scordino c. Italie (no 3) (satisfaction équitable), no 43662/98, CEDH 2007-), aux fins de réparer intégralement le préjudice subi, la Cour a octroyé des sommes incluant la valeur actuelle du terrain par rapport au marché immobilier d’aujourd’hui. En outre, elle a cherché à compenser les pertes subies qui ne seraient pas couvertes par le versement de ce montant, en tenant compte du potentiel du terrain en cause, calculé, le cas échéant, à partir du coût de construction des immeubles érigés par l’expropriant.
38. Compte tenu des considérations qui précèdent, la Cour estime que l’indemnité à accorder au requérant ne se limite pas à la valeur qu’avait sa propriété à la date de l’occupation. Pour cette raison, elle a invité l’expert à estimer aussi la valeur actuelle du terrain litigieux, compte tenu de la valeur de la construction qui y a été réalisée. Cette valeur ne dépend pas de conditions hypothétiques, ce qui serait le cas s’il se trouvait aujourd’hui dans le même état qu’en 1986. Il ressort clairement du rapport d’expertise que, depuis lors, ledit terrain et son voisinage – qui disposaient de par leur situation d’un potentiel de développement urbain – ont été mis en valeur par la construction de bâtiments, dont le marché.
39. Elle décide que l’Etat devra verser à l’intéressé une somme correspondant à la valeur actuelle du terrain, augmentée de la plus-value apportée par la présence du bâtiment – qui en l’espèce a été estimée au même niveau que le coût de construction – et qui est susceptible de compenser le requérant également pour toute autre perte subie. De cette somme il convient ensuite de déduire l’indemnité se rapportant à la valeur du terrain obtenue par le requérants au plan national (à savoir 216 707 170 ITL de 1986, soit 111 919, 91 EUR, voir § 19 de l’arrêt au principal) et actualisée (soit environ 236 000 EUR)
40. Quant à la détermination du montant de cette indemnité, la Cour s’appuie sur le rapport d’expertise et, statuant en équité, accorde au requérant 800 000 EUR.
B. Dommage moral
41. Le requérant sollicite 107 126 EUR au titre du préjudice moral.
42. Le Gouvernement considère comme exorbitante la somme indiquée par le requérant et demande à la Cour de la réduire en équité.
43. La Cour considère que la violation de la Convention a porté au requérant un tort moral certain, résultant du sentiment d’impuissance et de frustration face à la dépossession illégale de son bien. Statuant en équité, elle alloue au requérant 10 000 EUR de ce chef.
III. Frais et dépens
44. Le requérant sollicite le remboursement des frais et dépens encourus au niveau national, dont 14 922 EUR pour honoraires d’avocat, d’un montant global de 67 878 EUR, montant incluant la taxe sur la valeur ajoutée. Quant aux frais dans la procédure à Strasbourg, le requérant demande le remboursement de 34 149,03 EUR.
45. Le Gouvernement demande à la Cour de ne pas rembourser les frais exposés par le requérant dans la procédure nationale, notamment dans la procédure d’exécution forcée pour obtenir le paiement de l’indemnité, au motif que ces procédures ne seraient pas liées au constat de violation.
Quant aux frais de procédure introduite devant les organes de la Convention, le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour.
46. La Cour rappelle que l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis dans leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI). En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (Van de Hurk c. Pays-Bas, arrêt du 19 avril 1994, série A no 288, § 66).
47. La Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu’ils aient été effectivement engagés. Elle trouve cependant excessifs les honoraires totaux revendiqués à ce titre. La Cour considère dès lors qu’il n’y a lieu de les rembourser qu’en partie.
Compte tenu des circonstances de la cause, et statuant en équité comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour juge raisonnable d’allouer un montant de 65 000 EUR, augmenté de TVA et CPA, pour l’ensemble des frais exposés devant les juridictions nationales et à Strasbourg.
IV. Frais d’expertise
48. Pour ses honoraires et les frais relatifs à la réalisation de l’expertise, l’expert signataire du rapport demande un montant global de 13 400 EUR, taxe sur la valeur ajoutée (TVA) et contributions sociales (CPA) en sus. Son calcul tient compte du travail d’estimation, des visites sur les lieux, de l’établissement des plans.
49. Les parties n’ont pas fait de commentaires à cet égard.
50. La Cour rappelle d’abord que l’octroi d’indemnité relève de son pouvoir discrétionnaire et qu’il lui appartient de juger si telle indemnité est nécessaire ou appropriée. La rémunération de l’expert s’analyse en l’occurrence en des frais liés à la réalisation d’une expertise que la Cour a jugée indispensable afin de donner au requérant la possibilité d’obtenir l’effacement de la violation relevée par l’arrêt au principal.
Sur les instructions de la Chambre, le greffier a du reste informé le Gouvernement et l’expert que les frais et honoraires relatifs à l’expertise incomberaient en définitive à l’Etat défendeur (paragraphe 8 ci-dessus).
51. La Cour ne doute pas de la réalité et de la nécessité des opérations que l’expert a accomplies pour s’acquitter au mieux de sa tâche. Elle estime ensuite que la somme réclamée est raisonnable. La Cour décide, en conséquence, d’accorder l’intégralité de cette somme, à savoir 13 400 EUR, augmentée de TVA et de CPA.
V. Intérêts moratoires
52. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR,
1. Dit, par six voix contre une,
a) que l’expertise est valide ;
b) que l’Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 800 000 EUR (huit cent mille euros) pour dommage matériel ;
ii. 10 000 EUR (dix mille euros) pour dommage moral ;
iii. 65 000 EUR (soixante-cinq mille euros) pour frais et dépens ;
iv. tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur lesdites sommes ;
c) que l’Etat défendeur doit verser à l’expert, M. T., dans les trois mois, 13 400 EUR (treize mille quatre cent euros), plus TVA et CPA ;
d) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
2. Rejette, à l’unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 4 décembre 2007 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Greffière adjointe Président
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion dissidente de M. Borrego Borrego.
N.B.
F.A.
OPINION DISSIDENTE DE M. LE JUGE BORREGO BORREGO
Je regrette de ne pas pouvoir me rallier à la majorité, car je suis en désaccord avec le critère retenu pour octroyer l’indemnisation.
A mon avis, la Cour doit d’abord décider quelle est sa vraie nature : soit elle constitue une quatrième instance, avec toutes les conséquences que cela implique, soit elle constitue une juridiction internationale de caractère subsidiaire.
Dans le cas d’espèce, pour déterminer le montant de l’indemnisation, la majorité s’est basée sur le critère de la « valeur actuelle » du bien. Il faut cependant tenir compte des faits suivants :
a. En janvier 1997, M. P. a saisi la Commission européenne des Droits de l’Homme.
b. En avril 2004, la requête a été déclarée recevable.
c. En mai 2005, un arrêt a constaté la violation, en réservant la question de l’application de l’article 41.
d. A la fin de 2007, la majorité a décidé de retenir la valeur qu’avait le bien en 2006 (§ 22).
Autrement dit, le montant de l’indemnisation octroyée au requérant a été fixé sur la base de la valeur qu’avait le bien presque dix ans après l’introduction de la requête devant la Cour.
En général, dans les affaires de durée de procédure, la Cour constate l’existence d’une violation de la Convention lorsque la procédure interne a dépassé un délai d’environ cinq ans. Il est curieux que dans le cas d’espèce la majorité semble ne voir aucun inconvénient à faire abstraction de l’écoulement d’un laps de temps que la Cour n’hésiterait pas, dans le contexte d’une procédure interne, à qualifier d’excessif.
Il est évident que la valeur d’un bien foncier peut augmenter ou diminuer avec le temps. Par conséquent, le montant de l’indemnisation, supérieur ou inférieur à la valeur du bien au moment de la dernière décision interne, est lié à la rapidité (ou la lenteur) de la procédure devant la Cour.
Dans l’arrêt Yiltaş Yildiz Turistik Tesisler A. Ş. C. Turquie (no 30502/96, 27 avril 2006), la Cour a limité l’indemnisation à la valeur qu’avait la propriété à la date de l’expropriation (§ 34 dudit arrêt), estimant que celle-ci ne pouvait être assimilée à une dépossession illicite. Lorsque la mainmise est illicite, la Cour considère qu’elle doit octroyer « des sommes incluant la valeur actuelle du terrain par rapport au marché immobilier d’aujourd’hui » (voir les références à la jurisprudence contenues au paragraphe 37 du présent arrêt).
Il me paraît que la distinction entre une mainmise licite et une mainmise illicite n’est pas toujours très nette. Et la conséquence de cette distinction me paraît académique et déconnectée de la réalité. Dans le cas d’une mainmise licite, l’indemnisation est fixée par rapport à la valeur du bien au moment de l’expropriation. Dans le cas d’une mainmise illicite, l’indemnisation est déterminée en fonction de la valeur actuelle du bien.
Une seule question : pourquoi oublie-t-on complètement les procédures internes ? La Cour exerce un rôle subsidiaire par rapport à celui des juridictions internes et, par conséquent, la valeur du bien doit être déterminée, dans tous les cas, par rapport au moment de la dernière décision interne, raison d’être de l’intervention de la Cour comme juridiction internationale investie d’une mission subsidiaire.
L’approche suivie dans le cas d’espèce pourrait, dans le cas d’une affaire criminelle, conduire la Cour à constater une violation de la Convention et à entrer dans le fond et décider de la condamnation ou de l’acquittement du requérant.
J’estime donc que la nature subsidiaire de la Cour l’oblige à ne pas agir en tant que quatrième instance et, partant, à ne pas ignorer la date de la dernière décision interne.

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Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 18/09/2024