Conclusione Perizia valida; Danno materiale – risarcimento pecuniario; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese – procedimenti nazionali e della Convenzione, globale,; Rimborso onere di perizia
QUARTA SEZIONE
CAUSA PASCULLI C. ITALIA
( Richiesta no 36818/97)
SENTENZA
(Soddisfazione equa)
STRASBURGO
4 dicembre 2007
DEFINITIVO
02/06/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Pasculli c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Sir Nicolas Bratza, presidente, Sigg. G. Bonello, K. Traja, L. Garlicki, J. Borrego Borrego, la Sig.ra L. Mijović, giudici,
La Sig.ra Sig. Del Tufo, giudice ad hoc,
e dalla Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 novembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36818/97) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, R. P. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 25 gennaio 1997 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia.
2. Con una sentenza del 17 maggio 2005 (“la sentenza al principale”), la Corte ha giudicato che l’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente non era compatibile col principio di legalità e che, pertanto, c’era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Pasculli c. Italia, no 36818/97, §§ 97-98 e punto 1 del dispositivo, 17 maggio 2005).
3. Appellandosi all’articolo 41 della Convenzione, il richiedente richiedeva una somma a titolo del danno materiale, corrispondente alla differenza tra il valore del terreno controverso e la somma ottenuta alla conclusione del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, così come una somma a titolo del danno morale ed il rimborso degli oneri di procedimento.
4. Non essendo matura la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo ed il richiedente a sottoporle per iscritto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva, le loro osservazioni su suddetta questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale sarebbero potuti arrivare (ibidem, § 104 e punto 2 del dispositivo).
5. Il 13 luglio 2005, il Governo ha chiesto il rinvio della causa dinnanzi alla Grande Camera in virtù degli articoli 43 della Convenzione e 73 dell’Ordinamento. Il 12 ottobre 2005, il collegio della Grande Camera ha respinto questa istanza. La sentenza della camera è diventata così definitiva in questa stessa data.
6. Il termine fissato per permettere alle parti di ricercare un accordo amichevole è scaduto senza che le parti fossero arrivate a tale accordo. Il richiedente ha depositato delle osservazioni il 17 novembre e il 1 dicembre 2005. Queste sono state trasmesse al Governo che ha replicato il 30 gennaio 2006.
7. Riunita il 7 marzo 2006 su iniziativa del suo Presidente (punto 2 c) del dispositivo della sentenza al principale, la Camera ha stimato opportuno effettuare una perizia e ha deciso che il compito del perito sarebbe consistito nel determinare, da una parte, il valore che il terreno aveva al momento dell’occupazione e di attualizzarlo; d’ altra parte, il valore reale del terreno tenuto conto dell’esistenza dell’edificio eretto ed il costo di costruzione di questo.
8. Con una lettera dell’ 8 marzo 2006, la Corte ha comunicato questa decisione alle parti e ha invitato queste a fornirle il nome di un perito scelto di un comune accordo. La Corte ha precisato peraltro che il carico degli oneri e la parcella della perizia sarebbero pesati sul Governo (articolo 38 della Convenzione).
9. Le parti non hanno scelto un perito di un comune accordo, ma hanno fornito degli elenchi coi nomi di periti.
10. Su istruzioni della Corte, il 12 maggio 2006 la cancelleria ha indirizzato un mandato al Sig. A. T. con copia alle parti. È stato precisato nel mandato che il carico finale degli oneri e della parcella della perizia sarebbero pesati sul Governo.
11. Il perito ha accettato il mandato in data 22 maggio 2006.
12. Con una lettera del 24 maggio 2006, la cancelleria ha informato le parti invitandole a prendere le misure necessarie affinché il perito potesse compiere il suo compito.
13. Il 25 luglio 2006, il perito ha depositato il suo rapporto con allegati così come la sua richiesta relativa ai suoi oneri e alla parcella.
14. Una copia del rapporto di perizia è stata mandata alle parti. Solo il richiedente ha fatto pervenire dei commenti.
IN DIRITTO
15. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
I. Validità della perizia
16. Le parti non hanno contestato la validità della perizia.
17. La Corte ritiene valido il rapporto del perito e lo prende in considerazione per rendere la sua decisione.
II. Danno
A. Danno materiale
1. Riassunto della perizia e delle conclusioni del perito
18. Lungo 41 pagine e comprendente parecchi allegati, il rapporto di perizia contiene in particolare la stima del terreno oggetto della causa e del costo di costruzione dell’edificio costruito dall’amministrazione comunale dall’occupazione del terreno e che è situato sul terreno del richiedente.
Per redigere il suo rapporto, il perito si è basato sulla pratica giudiziale, su dei documenti forniti dalla città di San Ferdinando di Puglia, così come su delle informazioni provenienti dal mercato immobiliare. Ha tenuto inoltre conto dell’evoluzione del tasso di inflazione e dei prezzi nel periodo riguardato.
19. La stima del perito ricade da una parte su una superficie di 2 894 metri quadrati, costituiti, dai 1470 metri quadrati direttamente previsti dall’occupazione controversa, e, dall’altra parte, dai 1 424 metri quadrati considerati dalle giurisdizioni nazionali come da indennizzare ugualmente in seguito ai lavori di costruzione (§§ 16 e 19 della sentenza al principale).
20. Il perito ha ricordato innanzitutto che nel gennaio 1986, data dell’inizio dell’occupazione senza titolo, la parte di terreno direttamente riguardato dall’occupazione era stata stimata a 294 000 000 ITL (151 838, 33 EUR, o 200 000 ITL il metro quadrato, 103,29 EUR) dal perito commesso d’ufficio nel procedimento giudiziale. Questa stima era stata aumentata di 100 000 000 ITL (51 645,69 EUR) in ragione dei danni subiti dalla parte restante del terreno (§§ 15-16 della sentenza al principale).
21. Poi il perito ha calcolato l’inflazione fino alla data della perizia e ha concluso che il valore indicizzato del terreno nel giugno 2006 era di 315 400, 06 EUR. Inoltre, l’interesse legale sulla somma iniziale che andava fino al giugno 2006 ammonta a 291 694,23 EUR.
22. Per determinare il valore del terreno nel 2006, il perito ha preso in conto, da una parte, il piano di urbanistica in vigore, il fatto che il terreno controverso è situato in una zona urbanizzata a vocazione residenziale ed il volume di occupazione dei suoli (indizio di fabbricabilità) dei terreni vicini. Il volume di occupazione dei suoli che ne risulta è di 3 metri cubo per metro quadrato. Dall’altra parte, il perito ha preso in conto nove contratti di vendita di terreni similari, datati rispettivamente 2003, 2004 e 2006, e ha calcolato il prezzo medio per questi terreni.
Il valore reale del terreno in causa è 262 640, 18 EUR, visto il forte abbassamento della domanda di abitazioni.
23. Il perito ha stimato infine che il costo di costruzione dell’edificio eretto dall’amministrazione si trova tra il 1 146 000 EUR e il 1 485 280 EUR, incluso il valore reale del suolo (paragrafo 22 sopra). Ha indicato poi che questo importo che dà il plusvalore portato dalla presenza dell’edificio, è anche suscettibile di coprire la mancanza al guadagno del richiedente.
24. Per riassumere le conclusioni del perito:
1. valore del terreno nel 1986 indicizzato al giugno 2006 + interessi 315 400,06 EUR + 291 694,23 EUR
2. valore del terreno secondo il mercato immobiliare reale 262 640, 18 EUR,
3. Costo di costruzione dell’edificio eretto sul terreno, prima della deduzione del valore del suolo. Compreso tra 1 146 000 EUR e 1 485 280 EUR
2. Argomenti del richiedente
25. Prima della sentenza al principale, il richiedente aveva sollecitato una somma corrispondente al valore che il terreno controverso aveva al momento dell’inizio dell’occupazione senza titolo (gennaio 1986), deduzione fatta dell’indennità che le giurisdizioni nazionali gli hanno accordato (216 707 170 ITL, o 111 919, 91 EUR) più indicizzazione ed interessi. Il richiedente fondava le sue pretese sui calcoli effettuati dal perito commesso d’ufficio nel procedimento nazionale (§§ 15-19 della sentenza al principale). In questo modo, la somma richiesta ammontava a 177 292 830 ITL (91 564,11 EUR) più indicizzazione ed interessi. Peraltro il richiedente precisava che l’indennità decisa dalle giurisdizioni nazionali era stata tassata del 20% alla sorgente.
26. Queste pretese sono state riconfermate dopo la sentenza al principale, ma a titolo accessorio. Il 1 dicembre 2006, il richiedente ha chiesto difatti, alla Corte di accordargli una soddisfazione equa conformemente alla giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003; Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003). Il richiedente chiedeva di essere risarcito integralmente, deduzione fatta della somma percepita a livello nazionale, e richiedeva una somma che coprisse il valore del terreno di oggi, aumentato del plusvalore portato dall’esistenza di edifici, e perdita di godimento. Peraltro il richiedente chiedeva alla Corte di ordinare una perizia, come aveva fatto nelle due cause sopraccitate.
3. Argomenti del Governo
27. Prima della sentenza al principale, il Governo non aveva presentato commenti sulla domanda di soddisfazione equa formulata dal richiedente (§ 103 della sentenza al principale).
28. Il 20 gennaio 2006, il Governo ha sottoposto delle osservazioni. In queste, chiedeva alla Corte di non prendere in conto le pretese formulate dal richiedente dopo la sentenza sul merito e di dichiararle tardive. Poi contesta il fondamento dei queste pretese che sono basate sulla giurisprudenza della Corte in materia di soddisfazione equa per privazione arbitraria di beni, che critica. In particolare, il Governo si oppone al fatto che la Corte prenda in conto il valore reale del terreno ed il plusvalore portato dalla presenza dell’edificio su questo.
4. Decisione della Corte
29. Al primo colpo, la Corte risponde alla questione di sapere se c’è luogo di prendere in conto le pretese formulate dal richiedente il 1 dicembre 2006, o dopo la sentenza al principale.
A questo riguardo, nota che le parti sono state invitate a sottoporre le loro osservazioni sulla soddisfazione equa nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarebbe diventata definitiva (vedere punto 2b) del dispositivo della sentenza al principale.
Essendo diventata definitiva la sentenza al principale il 12 ottobre 2006, ne risulta che il richiedente ha depositato il suo esposto nel termine assegnato. Quindi, anche le pretese ivi riportate possono essere prese in conto per i bisogni della presente sentenza.
30. La Corte ricorda poi che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
31. Gli Stati contraenti parti ad una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi dche utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantite (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se il diritto nazionale non lo permette, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I).
27. Nella sua sentenza al principale, la Corte ha detto che l’ingerenza controversa non soddisfaceva alla condizione di legalità (§§ 97-98 della sentenza al principale). L’atto del governo italiano che la Corte ha ritenuto per contrario alla Convenzione non era nello specifico un’espropriazione che sarebbe stata legittima se un indennizzo adeguato fosse stato versato; al contrario, era una confisca dello stato sul terreno del richiedente alla quale questo non ha potuto ovviare (§§ 99-100 della sentenza al principale).
A questo riguardo, la Corte ha rilevato che le giurisdizioni nazionali hanno preso nota della situazione di illegalità, e che in virtù di questa constatazione, hanno dichiarato il richiedente come privato del suo bene a favore dell’occupante (§ 94 della sentenza al principale). Inoltre, la Corte ha stimato che a dispetto dell’indennità versata al richiedente, non c’era stato “risarcimento integrale del danno subito” (§ 96 della sentenza al principale).
32. Risulta chiaramente da questi elementi che la Corte ha considerato lo statuto di “vittima” del richiedente per giungere poi alla constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Eckle c. Germania, sentenza del 15 luglio 1982, serie Ha no 51, p. 32, §§ 69 e suiv., Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, Raccolta 1996-III, p. 846, § 36, Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 44, CEDH 1999-VI e Jensen c. Danimarca,( déc.), no 48470/99, CEDH 2001-X). Il richiedente resta peraltro, sempre “vittima”, rimanendo la sua situazione immutata dal pronunziato della sentenza al principale.
33. La Corte riafferma che ai suoi occhi, la decisione con la quale una giurisdizione nazionale prende atto di un’occupazione illegale di un terreno e dichiara l’espropriazione indiretta di questo non ha per effetto di regolarizzare la situazione denunciata. Si limita ad interinare una situazione illegale (tra le numerose sentenze, vedere Serrao c. Italia, no 67198/01, § 81, 13 ottobre 2005) situazione che non può essere risanata quindi in mancanza di un risarcimento conforme ai criteri che si applicano ai casi di privazioni illegali di beni.
34. Pertanto la Corte respinge l’argomento del Governo e riafferma l’impossibilità di mettere sullo stesso piano un’espropriazione regolare che ignorerebbe l’articolo 1 del Protocollo no 1 al motivo del carattere inadeguato dell’indennità, ed una causa come quella dello specifico, in cui la violazione del diritto al rispetto dei beni dei richiedenti dipende dalla violazione del principio di legalità (Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 25701/94, § 75, CEDH 2002; Scordino c. Italia (no 3) (soddisfazione equa, no 43662/98, § 30, CEDH 2007 -…).
35. Ne segue che il risarcimento in caso di espropriazione indiretta non sarà simile all’indennità considerata per cause in cui la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 per privazione di beni si basa sulla rottura del “giusto equilibrio”, avuto riguardo dell’ indennizzo a livello largamente inferiore al valore commerciale del terreno ed alla mancanza di motivi “di utilità pubblica” tali da permetter di versare un’indennità di espropriazione inferiore al valore del bene (Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 257, CEDH 2006 -).
36. L’indennizzo da fissare nello specifico dovrà riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’ingerenza controversa. Nella presente causa è difatti, l’illegalità intrinseca della confisca sul terreno che è stata all’origine della violazione constatata sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Il carattere illecito di simile spodestamento si ripercuote per forza di cose sui criteri da adoperare per determinare il risarcimento dovuto dallo stato convenuto, non potendo essere assimilate le conseguenze finanziarie di una confisca lecita a quelle di un spodestamento illecito (Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], precitato, § 75; Scordino c. Italia [GC], precitata, § 250; Scordino c. Italia (no 3), precitata, § 31).
37. Nella sua giurisprudenza in materia di soddisfazione equa in caso di spodestamento illecito in sé (vedere le cause Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50), sentenza del 31 ottobre 1995, serie A no 330-B Carbonara e Ventura c. Italia (soddisfazione equa), no 24638/94, 11 dicembre 2003, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia (soddisfazione equa), no 31524/96, 30 ottobre 2003; Scordino c. Italia (no 3) (soddisfazione equa, no 43662/98, CEDH 2007 -), ai fini di riparare integralmente il danno subito, la Corte ha concesso delle somme che includevano il valore reale del terreno rispetto al mercato immobiliare di oggi. Inoltre, ha cercato di compensare le perdite subite che non sarebbero state coperte dal versamento di questo importo, tenendo all’occorrenza conto del potenziale del terreno in causa, calcolato, a partire dal costo della costruzione degli immobili eretti dall’espropriante.
38. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la Corte stima che l’indennità da accordare al richiedente non si limita al valore che aveva la sua proprietà in data dell’occupazione. Per questa ragione, ha invitato il perito a stimare anche il valore reale del terreno controverso, tenuto conto del valore della costruzione che vi è stata realizzata. Questo valore non dipende da condizioni ipotetiche, il che sarebbe il caso se si trovasse oggi nello stesso stato del 1986. Risulta chiaramente dal rapporto di perizia che, da allora, suddetto terreno ed il suo vicinato – che disponevano per la loro situazione di un potenziale di sviluppo urbano – sono stati messi in valore con la costruzione di edifici, tra cui il mercato.
39. Decide che lo stato dovrà versare una somma corrispondente al valore reale del terreno all’interessato, aumentata del plusvalore portato dalla presenza dell’edificio-che è stato stimata allo stesso livello del costo di costruzione nello specifico -e che è suscettibile di compensare anche il richiedente per ogni altra perdita subita. Da questa somma conviene poi dedurre l’indennità che si riferisce al valore del terreno ottenuta dal richiedente a livello nazionale (ossia 216 707 170 ITL del 1986, o 111 919, 91 EUR, vedere § 19 della sentenza al principale) ed attualizzata o( circa 236 000 EUR).
40. In quanto alla determinazione dell’importo di questa indennità, la Corte si appella al rapporto di perizia e, deliberando in equità, accorda al richiedente 800 000 EUR.
B. Danno morale
41. Il richiedente sollecita 107 126 EUR a titolo del danno morale.
42. Il Governo considera come esorbitante la somma indicata dal richiedente e chiede alla Corte di ridurla in equità.
43. La Corte considera che la violazione della Convenzione ha portato al richiedente un torto morale certo, risultante dal sentimento di impotenza e di frustrazione di fronte allo spodestamento illegale del suo bene. Deliberando in equità, assegna al richiedente 10 000 EUR di questo capo.
III. Oneri e spese
44. Il richiedente sollecita il rimborso degli oneri e delle spese incorse sul piano nazionale di cui 14 922 EUR per parcella di avvocato, di un importo globale di 67 878 EUR, importo includente la tassa sul valore aggiunto. In quanto agli oneri nel procedimento a Strasburgo, il richiedente chiede il rimborso di 34 149,03 EUR.
45. Il Governo chiede alla Corte di non rimborsare gli oneri sostenuti dal richiedente nel procedimento nazionale, in particolare nel procedimento di esecuzione forzata per ottenere il pagamento dell’indennità, al motivo che questi procedimenti non sarebbero legati alla constatazione di violazione.
In quanto agli oneri di procedimento introdotto dinnanzi agli organi della Convenzione, il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
46. La Corte ricorda che il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI). Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (Van di Hurk c. Paesi Bassi, sentenza del 19 aprile 1994, serie A no 288, § 66).
47. La Corte non dubita della necessità degli oneri richiesti né che siano stati sostenuti effettivamente. Trova però eccessiva le parcelle totali rivendicate a questo titolo. La Corte considera quindi non vi è di rimborsarli solo in parte .
Tenuto conto delle circostanze della causa, e deliberando in equità come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole assegnare un importo di 65 000 EUR, aumentato di IVA e CPA, per l’insieme degli oneri sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni nazionali ed a Strasburgo.
IV. Onere di perizia
48. Per la sua parcella e gli oneri relativi alla realizzazione della perizia, l’esperto firmatario del rapporto chiede un importo globale di 13 400 EUR, oltre alla tassa sul valore aggiunto (IVA) e ai contributi sociali (CPA). Il suo calcolo tiene conto del lavoro di stima, delle visite sui luoghi, della determinazione dei piani.
49. Le parti non hanno fatto a questo riguardo dei commenti.
50. La Corte ricorda da prima che la concessione di indennità dipende dal suo potere discrezionale e che le spetta giudicare se tale indennità fosse necessaria o appropriata. La rimunerazione del perito si analizza nell’occorrenza negli oneri legati alla realizzazione di una perizia che la Corte ha giudicato indispensabile per dare al richiedente la possibilità di ottenere la cancellazione della violazione rilevata dalla sentenza al principale.
Su istruzioni della Camera, il cancelliere ha del resto informato il Governo ed il perito che gli oneri e la parcella relativa alla perizia sarebbero in definitiva pesati sullo stato convenuto (paragrafo 8 sopra).
51. La Corte non dubita della realtà e della necessità delle operazioni che il perito ha compiuto per assolvere al meglio il suo compito. Stima poi che la somma richiesta sia ragionevole. La Corte decide, perciò, di accordare l’interezza di questa somma, ossia 13 400 EUR, aumentata di IVA e di CPA.
V. Interessi moratori
52. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dice, per sei voci contro una,
a) che la perizia è valida;
b) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 800 000 EUR (otto centomila euro) per danno materiale,;
ii. 10 000 EUR (diecimila euro) per danno morale;
iii. 65 000 EUR (sessantacinque mila euro) per oneri e spese;
iv. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
c) che lo stato convenuto deve versare al perito, il Sig. T., nei tre mesi, 13 400 EUR (tredicimila quattro cento euro) più IVA e CPA,;
d) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
2. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 4 dicembre 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliera collaboratrice Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del Sig. Borrego Borrego.
N.B.
F.A.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE BORREGO BORREGO
Mi dispiace di non potermi unire alla maggioranza, perché sono in disaccordo col criterio considerato per concedere l’indennizzo.
Secondo me, la Corte ha il dovere di decidere prima quale sia la sua vera natura: costituisce una quarta istanza, con tutte le conseguenze che ciò implica, o costituisce una giurisdizione internazionale di carattere accessorio.
Nel caso specifico, per determinare l’importo dell’indennizzo, la maggioranza si è basata sul criterio del “valore reale” del bene. Bisogna tenere però conto dei seguenti fatti:
a. Nel gennaio 1997, il Sig. P. ha investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo.
b. Nell’aprile 2004, la richiesta è stata dichiarata ammissibile.
c. Nel maggio 2005, una sentenza ha constatato la violazione, riservando la questione dell’applicazione dell’articolo 41.
d. Alla fine del 2007, la maggioranza ha deciso di considerare il valore che aveva il bene nel 2006 (§ 22).
Detto altrimenti, l’importo dell’indennizzo concesso al richiedente è stato fissato sulla base del valore che aveva il bene quasi dieci anni dopo l’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte.
In generale, nelle cause di durata di procedimento, la Corte constata l’esistenza di una violazione della Convenzione quando il procedimento interno ha superato un termine di circa cinque anni. È curioso che nel caso specifico la maggioranza sembra non vedere nessun inconveniente nel fare astrazione dello scorrimento di un lasso di tempo che la Corte non esiterebbe, nel contesto di un procedimento interno, a qualificare come eccessivo.
È evidente che il valore di un bene fondiario può aumentare o diminuire col tempo. Di conseguenza, l’importo dell’indennizzo, superiore o inferiore al valore del bene al momento dell’ultima decisione interna, è legato alla rapidità, o alla lentezza, del procedimento dinnanzi alla Corte.
Nella sentenza Yiltaş Yildiz Turistik Tesisler A. Ş. C. Turchia (no 30502/96, 27 aprile 2006,) la Corte ha limitato l’indennizzo al valore che aveva la proprietà in data dell’espropriazione ( § 34 di suddetta sentenza) stimando che questa non poteva essere assimilata ad un spodestamento illecito. Quando la confisca è illecita, la Corte considera che deve concedere “delle somme che includono il valore reale del terreno rispetto al mercato immobiliare di oggi” (vedere i riferimenti alla giurisprudenza contenuta al paragrafo 37 della presente sentenza).
Mi sembra che la distinzione tra una confisca lecita ed una confisca illecita non sia sempre molto netta. E la conseguenza di questa distinzione mi sembra accademica e disinserita dalla realtà. Nel caso di una confisca lecita, l’indennizzo è fissato rispetto al valore del bene al momento dell’espropriazione. Nel caso di una confisca illecita, l’indennizzo è determinato in funzione del valore reale del bene.
Una sola domanda: perché dimentica completamente i procedimenti interni? La Corte esercita un ruolo accessorio rispetto a quello delle giurisdizioni interne e, di conseguenza, il valore del bene deve essere determinato, in ogni caso, rispetto al momento dell’ultima decisione interna, ragione dell’ essere l’intervento della Corte come giurisdizione internazionale investita di una missione accessoria.
L’approccio seguito nel caso di specifico potrebbe, nel caso di una causa criminale, condurre la Corte a constatare una violazione della Convenzione ed ad entrare nel merito e decidere della condanna o del proscioglimento del richiedente.
Stimo dunque che la natura accessoria della Corte l’obblighi a non agire in quanto quarta istanza e, pertanto, a non ignorare la data dell’ultima decisione interna.