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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PARENTE c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 5496/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-22 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA PARENTE C. ITALIA
,
(Richiesta no 5496/03)
SENTENZA
STRASBURGO
22 luglio 2008
DEFINITIVO
22/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Affine c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 5496/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra I. P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 ottobre 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. d. N. D. M, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato in 1936 e ha risieduto a Benevento.
A. Il procedimento principale
5. Il 12 gennaio 1995, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Benevento (RG no 242/95) agendo a titolo di giudice del lavoro, per ottenere la riconoscenza del suo diritto ad una pensione ordinaria di invalidità.
Il 17 gennaio 1995, il giudice di istanza fissò la prima udienza al 9 maggio 1996. Venuti il giorno, il giudice nominò un perito e fissò il collocamento in deliberazione in camera di consiglio della causa al 18 marzo 1998. Questa udienza fu rinviata due volte d’ufficio e fu rinviata al 26 novembre 1999. Questo giorno, il giudice invitò il perito a depositare il suo rapporto di perizia all’udienza del 4 febbraio 2000.
6. Dopo un rinvio d’ufficio, con un giudizio del 9 giugno 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 18 luglio 2000, il giudice respinse l’istanza del richiedente.
B. Il procedimento “Pinto”
7. Il 3 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma conformemente alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Il richiedente chiese alla corte di concludere alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti. Chiese in particolare 20 000 000 lire [o 10 329,14 euro (EUR)] a titolo di danno morale.
8. Con una decisione del 4 marzo 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il 29 aprile 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Accordò 1 000 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 450 EUR per oneri e spese. Questa decisione non fu notificata ed acquisì autorità di cosa giudicata il 14 giugno 2003.
Con una lettera del 26 luglio 2002, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
9. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate nell’agosto 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
10. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
12. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
13. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
14. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
15. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 12 gennaio 1995, data del ricorso introdotto dal richiedente dinnanzi al giudice di istanza di Benevento, fino al 18 luglio 2000, data del deposito alla cancelleria del giudizio di suddetto giudice. È durata dunque cinque anni e sei mesi per un grado di giurisdizione.
16. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente nell’agosto 2005, o trentanove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non abbia fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà portata dunque a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
17. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

18. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
19. Il richiedente richiede 15 425 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
20. Il Governo contesta queste pretese.
21. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 7 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente circa il 14% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 2 150 EUR a questo titolo, così come 3 300 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante del ritardo nel versamento dei 1 000 EUR, intervenuto solamente il 1 agosto 2005, o trentanove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
22. Giustificativi all’appoggio, il richiedente chiede anche 6 471 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
23. Il Governo contesta queste pretese.
24. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese incorse dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese incorse dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati certamente sostenuti. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
25. La Corte giudica appropriata ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 5 450 EUR (cinquemila quattro cento cinquanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE PARENTE c. ITALIE
(Requête no 5496/03)
ARRÊT
STRASBOURG
22 juillet 2008
DÉFINITIF
22/10/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Parente c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er juillet 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 5496/03) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de cet Etat, Mme I. P. (« la requérante »), a saisi la Cour le 7 octobre 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me S. d. N. d. M, avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 30 août 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1936 et réside à Bénévent.
A. La procédure principale
5. Le 12 janvier 1995, la requérante déposa un recours devant le juge d’instance de Bénévent (RG no 242/95), agissant à titre de juge du travail, afin d’obtenir la reconnaissance de son droit à une pension ordinaire d’invalidité.
Le 17 janvier 1995, le juge d’instance fixa la première audience au 9 mai 1996. Le jour venu, le juge nomma un expert et fixa la mise en délibéré de l’affaire au 18 mars 1998. Cette audience fut renvoyée deux fois d’office et reportée au 26 novembre 1999. Ce jour là, le juge invita l’expert à déposer son rapport d’expertise à l’audience du 4 février 2000.
6. Après un renvoi d’office, par un jugement du 9 juin 2000, dont le texte fut déposé au greffe le 18 juillet 2000, le juge rejeta la demande de la requérante.
B. La procédure « Pinto »
7. Le 3 octobre 2001, la requérante saisit la cour d’appel de Rome conformément à la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. La requérante demanda à la cour de conclure à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices moraux subis. Elle demanda notamment 20 000 000 lires [soit 10 329,14 euros (EUR)] à titre de dommage moral.
8. Par une décision du 4 mars 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 29 avril 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle accorda 1 000 EUR en équité comme réparation du dommage moral et 450 EUR pour frais et dépens. Cette décision ne fut pas notifiée et acquit l’autorité de la chose jugée le 14 juin 2003.
Par une lettre du 26 juillet 2002, la requérante informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
9. Les sommes accordées en exécution de la décision Pinto furent payées en août 2005.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
10. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
11. La requérante allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
12. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
13. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 et Cocchiarella c. Italie, précité). Partant, la requérante peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
14. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
15. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 12 janvier 1995, date du recours introduit par la requérante devant le juge d’instance de Bénévent, jusqu’au 18 juillet 2000, date du dépôt au greffe du jugement dudit juge. Elle a donc duré cinq ans et six mois pour un degré de juridiction
16. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée qu’en août 2005, soit trente-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devint exécutoire. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble, et notamment dans sa phase d’exécution, n’a pas fait perdre à la requérante sa qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
17. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
18. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
19. La requérante réclame 15 425 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’elle aurait subi.
20. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
21. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à la requérante, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, la somme de 7 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Rome ait octroyé à la requérante environ 14 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue à la requérante 2 150 EUR à ce titre, ainsi que 3 300 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 1 000 EUR, intervenu seulement le 1er août 2005, soit trente-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
22. Justificatifs à l’appui, la requérante demande également 6 471 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et à Strasbourg.
23. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
24. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22). Quant aux frais et dépens encourus devant les juridictions « Pinto », estimant raisonnable la somme allouée par l’instance interne, la Cour rejette cette demande. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, elle estime que dans le cadre de la préparation de la présente requête, certains frais ont dû être encourus. Dès lors, statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’octroyer 1 000 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
25. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 5 450 EUR (cinq mille quatre cent cinquante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 1 000 EUR (mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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