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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PANETTA c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 06
Numero: 38624/07/2014
Stato: Italia
Data: 2014-07-15 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento di esecuzione Articolo 6-1 – Termine ragionevole,

SECONDA SEZIONE

CAUSA PANETTA C. ITALIA

(Richiesta no 38624/07)

SENTENZA

STRASBURGO

15 luglio 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Panetta c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 giugno 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 38624/07) diretta contro la Repubblica italiana e di cui una cittadina di nazionalità francesi ed italiane, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 agosto 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Strasburgo. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente si lamenta di un’inoperosità delle autorità italiana faccia alle sue domande che mirano all’ottenimento del versamento di un assegno alimentare.
4. Il 18 aprile 2013, la richiesta è stata comunicata al Governo.
5. Il governo francese che ha ricevuto comunicazione della richiesta, articolo 36 § 1 della Convenzione ed articolo 44 § 1 hanno, dell’ordinamento della Corte-“l’ordinamento”), non ha desiderato esercitare il suo diritto di intervenire nel procedimento.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1968 e ha risieduto a Wickerschwihr (Alto-Reno).
7. Il richiedente era sposato ad un cittadino italiano, il Sig. N. Il 8 dicembre 1994, la coppia ebbe un bambino.
8. Con un giudizio del 24 febbraio 1998, la corte d’appello di Colmar pronunciò il divorzio degli sposi e fissò, al carico del Sig. N., un contributo di manutenzione mensile di 1 200 franchi francesi, circa 182,94 euros-EUR, somma che doveva essere indicizzata sull’indizio dei prezzi alla consumazione intitolata “insieme delle case, fuori tabacco.” Il giudizio di divorzio si fu inserito nei registri dello stato civile del comune di Cinquefondi (Reggio Calabria), in Italia.
9. Con un atto notarile del 24 marzo 1998, i beni comuni degli sposi furono divisi. Il Sig. N. ottenne 230 000 franchi francesi, circa 35 061 EUR.
10. Nell’aprile 1998, il Sig. N. lasciò la Francia e tornò vivere in Italia. A partire da dicembre 1998, smise di pagare l’assegno alimentare.
11. Il richiedente tentò allora di fare eseguire il giudizio del 24 febbraio 1998 rivolgendosi alla cassa di sussidi familiari dell’Alto-Reno. La pratica fu trasmessa alla sotto-direzione della cooperazione internazionale in diritto della famiglia ed all’ufficio del recupero dei crediti alimentari all’esteri.
12. Il 18 febbraio 1999, il richiedente sporse presso querela contro il Sig. N. per abbandono di famiglia della procura di Colmar. La conclusione di questo lamento non è conosciuta.
13. Il 10 marzo 2000, il ministero francese delle Cause estere trasmise la pratica al ministero italiano dell’interno, alle fini di attivazione del procedimento nazionale destinato a fornire l’assistenza prevista dalla Convenzione di New York del 1956 sul recupero degli alimenti all’esteri (qui di seguito, “la Convenzione di New York”).
14. Il 21 giugno 2000, le autorità italiane informarono il ministero francese delle Cause estere che avevano investito territorialmente la prefettura competente per fare ricercare e di intendere il Sig. N.
Questo fu convocato alla prefettura il 8 agosto 2000. Indicò non rimettere in causa il giudizio reso dal tribunale di Colmar ma dichiarò non essere ne misura di versare gli alimenti ai quali era tenuto perché, ai suoi argomenti, era senza impiego. Aggiunse che si conformerebbe al suo obbligo di manutenzione di suo figlio minorenne appena la sua situazione finanziaria lo permetterebbe.
15. Il 23 marzo 2001, la cassa di sussidi familiari dell’Alto-Reno trasmise al ministero italiano dell’interno un attestato della creditrice ed un stato attualizzato del debito alimentare.
16. Con una nota del 26 luglio 2004, i carabinieri segnalarono che il Sig. N. esercitava un’attività di meccanico automobile in una rimessa di cui era il proprietario. I redditi dell’interessato sarebbero stati molto bassi. Sulla base di queste nuove informazione, il 13 agosto 2004, la prefettura di Reggio Calabria invitò il Sig. N. a presentarsi per le comunicazioni urgenti; questa convocazione restò senza seguito.
17. Il 17 febbraio 2005, l’avvocato dello stato, avvocatura dello Stato, fu incaricato di iniziare un’azione giudiziale che mira all’ottenimento della riconoscenza (exequatur) del giudizio della corte d’appello di Colmar del 24 febbraio 1998, e questo in vista del recupero del credito del richiedente. Il Sig. N. fu convocato ad un’udienza, fissata al 28 febbraio 2006. Affermò non opporre alla domanda di riconoscenza del giudizio del tribunale di Colmar ma insistè sulla sua impossibilità di si conformare, e questo a causa-secondo lui-della precarietà della sua situazione finanziaria.
18. Il 6 giugno 2008, la squadra finanziaria effettuò dei controlli sul patrimonio del Sig. N. che, apparentemente, si trovava in una situazione economica modesta.
19. Con una sentenza del 27 gennaio 2010, la corte di appello di Reggio Calabria dichiarò che le condizioni necessarie alla riconoscenza in Italia del giudizio del tribunale di Colmar del 24 febbraio 1998 erano assolte. La corte di appello precisò che l’azione in giustizia contro il Sig. N. era stata iniziata il 9 dicembre 2005 dal ministro degli Interni, agendo in qualità di istituzione intermedia al senso della Convenzione di New York.
20. Il Governo indica che dopo avere ottenuto questa sentenza il ministero italiano dell’interno ha chiesto all’avvocato dello stato di iniziare il procedimento di esecuzione forzata.
21. Secondo le inchieste condotte dalla polizia doganale e fiscale italiana, il Sig. N. gestiva un’attività di risarcimento meccanico di veicoli automobili situate a Polistena (Reggio Calabria) e, per gli anni 2007, 2008 e 2009, aveva dichiarato rispettivamente dei redditi netti di 6 896 EUR, 1 558 EUR e 964 EUR. Secondo queste stesse inchieste, faceva il proprietario di immobili, edifici e terreni, nei comuni di Polistena e San Giorgio Morgeto e di un terreno che riporta dei redditi di circa 530 EUR con mese.
22. Secondo le informazione fornite dal richiedente il 28 novembre 2012, a questa data non aveva ricevuto nessuno pagamento da parte di suo ex-marito. Nel frattempo, il 16 novembre 2012, il ministero francese delle Cause estere ed europee, notizia denominazione del “ministero francese delle Cause estere”) aveva chiesto al richiedente un riassuntivo delle somme dovute dal debitore e gli aveva consigliato di sporgere querela in Italia per abbandono di famiglia. Il richiedente aveva dichiarato desiderare non intraprendere questa azione giudiziale, mancanza secondo lei dei mezzi finanziari.
23. Secondo le informazione fornite dal Governo il 19 febbraio 2014, il procedimento di esecuzione era, a questa data, ancora pendente.
24. Tutto lungo il procedimento, su sollecitazione del richiedente, il ministero francese delle Cause estere ed europee ha chiesto delle informazioni al ministero italiano dell’interno, invitandolo a mettere tutto in œuvre per dare esecuzione al giudizio di divorzio ed applicare la Convenzione di New York. Il richiedente lei stessa si è messo a più riprese in contatto con l’amministrazione italiana.
25. Secondo gli argomenti del richiedente, il Sig. N. si è risposato in Italia e ha vissuto con la sua nuova sposa ed i loro tre bambini e, dato che la sua nuova sposa sarebbe senza impiego, provvede solo ai bisogni della sua nuova famiglia.
II. IL DIRITTO INTERNO ED INTERNAZIONALE PERTINENTE
26. Le disposizioni pertinenti nello specifico della Convenzione di New York, della legge no 218 del 31 maggio 1995 (riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) e della legge no 89 del 24 marzo 2001, concessione di una soddisfazione equa in caso di mancata osservanza del principio della “durata ragionevole”-qui di seguito, “il legge Pinto”) sono riassunte nel sentenza K. c. Italia (no 38805/97, §§ 18-20, 20 luglio 2004,).
IN DIRITTO
I. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
27. A titolo preliminare, la Corte osserva che, anche se è un tribunale francese che ha accolto la domanda di assegno alimentare formato dal richiedente, le autorità italiane-poiché hanno ratificato la Convenzione di New York-erano tenute di fare eseguire la decisione francese e che, nella cornice di questo obbligo, hanno agito in modo autonomo. Peraltro, la Corte osserva a questo proposito che il procedimento in causa non era sottoposto a nessuno controllo delle autorità francesi e che il richiedente non poteva ottenere risarcimento da parte dello stato francese in caso di negligenza o ritardo eccessivo nell’esecuzione della decisione.
In breve, la Corte constata che i motivi di appello sollevati dal richiedente rilevano della giurisdizione dell’Italia sul terreno della Convenzione, K. c. Italia, precitato, § 21.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
28. Il richiedente si lamenta di un’inoperosità delle autorità italiana faccia alle sue domande che mirano all’ottenimento del versamento dell’assegno alimentare dovuto da suo ex-sposo. Indica essere una ragazza madre, funzionario dello stato francese, e lei affermo dovere rimborsare un prestito immobiliare ed avere dovuto fare appello alla solidarietà familiare per garantire delle condizioni di vita decente al suo bambino.
Nel formulario di richiesta, il richiedente invoca la Convenzione di New York e la Convenzione dell’Aia del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile agli obblighi alimentari, così come l’articolo 5 del Protocollo no 7 alla Convenzione, così formulata,:
“Gli sposi godono dell’uguaglianza di diritti e di responsabilità di carattere civile tra essi e nelle loro relazioni coi loro bambini allo sguardo del matrimonio, durante il matrimonio ed all’epoca del suo scioglimento. Il presente articolo non impedisce gli Stati di prendere le misure necessarie nell’interesse dei bambini. “
29. Nelle sue osservazioni in risposta del 9 dicembre 2013, il richiedente considera inoltre che la sua causa dovrebbe essere esaminata sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il no-versamento dell’assegno alimentare che ha secondo lei recato offesa alla sua vita familiare ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni. In particolare, lo stato convenuto non avrebbe soddisfatto ai suoi obblighi positivi in queste tenute.
Il richiedente stima che la richiesta dovrebbe essere comunicata di nuovo al Governo con l’aggiunta dei motivi di appello derivati di queste due disposizioni che si leggono così:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza .
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
30. Il Governo contesta la tesi del richiedente.
31. La Corte considera che le lamentele del richiedente suscitano innanzitutto un esame sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti nello specifico, è formulato così:
“Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, con un tribunale, chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Sulla questione dell’esaurimento delle vie di ricorso interni
32. Il Governo rileva che ai termini dell’articolo 6 della Convenzione di New York l’istituzione intermedia è chiamata a prendere, al nome del creditore, tutte le misure proprie a garantire il recupero degli alimenti. Segue, per il Governo, che il creditore è il beneficiario del procedimento di esecuzione forzata; in caso di durata eccessiva, suddetto creditore sarebbe il motivo titolare del diritto di introdurre un’azione in risarcimento in virtù del legge Pinto.
33. Il richiedente fa osservare che esisteva alla partenza, dinnanzi alla corte d’appello di Colmar, una disputa tra lei e suoi ex-mariti a proposito dell’assegno alimentare e che è stato deciso dal giudizio del 24 febbraio 1998, paragrafo 8 sopra. Indica che il disputa oggetto della presente richiesta porta, in quanto a lui, sull’esecuzione del giudizio del 24 febbraio 1998 con le autorità italiane. Su questo punto, avanza che, secondo la Convenzione di New York, le autorità italiane erano responsabili del recupero e che di conseguenza lei stessa non era partire a questo procedimento da esecuzione. Il richiedente aggiunge che, nel causa K. c. Italia (precitata, §§ 26-29, un’eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni sollevati dal Governo allo sguardo del legge Pinto ha, secondo lei, stata respinta precisamente per una ragione identica.
34. Nella misura in cui le osservazioni del Governo potrebbero essere interpretate come sollevando un’eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni, la Corte ricorda che, nel causa K. c. Italia precitata, ha osservato che, secondo la Convenzione di New York, le autorità italiane erano responsabili del recupero dei crediti alimentari e che il creditore non era partire al procedimento giudiziale in Italia. Ricorda anche che, nella cornice di questa stessa causa, il Governo non aveva dimostrato che un richiedente che non era partire al procedimento interno, anche se assegnato con questa, poteva introdurre validamente un ricorso sul fondamento del legge Pinto.
35. La Corte constata che, nella cornice della presente richiesta, il Governo non ha fornito nessuno elemento suscettibile di rimettere in questione i conclusioni alle quali è giunta nel causa K. c. Italia precitata. In particolare, il Governo non ha fornito nessuno esempio di cause in che un ricorso fondato sul legge Pinto sarebbe stato tentato con successo rispetto alla durata eccessiva di un procedimento di recupero di un credito alimentare iniziato in virtù della Convenzione di New York.
36. In queste circostanze, l’eccezione di no-esaurimento del Governo non saprebbe essere considerata.
2. Sull’applicabilità dell’articolo 6 § 1 della Convenzione
37. In quanto alla questione di sapere se l’articolo 6 della Convenzione trova ad applicarsi al procedimento in causa, la Corte osserva che, anche se il richiedente non era partire al procedimento giudiziale in Italia, questa era tuttavia determinante per i suoi “diritti ed obblighi di carattere civile” perché le possibilità per l’interessata di ricuperare il suo credito alimentare dipendevano dalla conclusione di questo procedimento (W.K). c. Italia, déc.), no 38805/97, 25 giugno 2002. La Corte nota anche che il Governo non ha contestato l’applicabilità di questa disposizione nello specifico (vedere, mutatis mutandis, K. c. Italia, precitato, §§ 30-31, e Matrakas ed altri c. Polonia e Grecia, no 47268/06, § 149, 7 novembre 2013.
3. Sull’eccezione del Governo derivato del difetto della qualità di vittima del richiedente
38. Nelle sue osservazioni complementari del 19 febbraio 2014, il Governo eccepisce per la prima volta del difetto della qualità di vittima del richiedente. Fa osservare che, secondo un attestato del 21 gennaio 2001 firmato dal richiedente lei stessa, l’interessata riceve da molto della cassa di sussidi familiari dell’Alto-Reno un sussidio di sostegno familiare a titolo di anticipo sulla pensione non versata con suo ex-sposo, ed egli sostiene che, quindi, si sarebbe impegnata a fare pervenire alla cassa di sussidi familiari ogni ordinamento che proviene del debitore. Segue, per il Governo, che la cassa di sussidi familiari, e non il richiedente, disponi del diritto di ricuperare il credito.
39. La Corte rileva che il motivo di appello del richiedente porta sulla durata del procedimento per la riconoscenza in Italia del giudizio della corte d’appello di Colmar del 24 febbraio 1998, e questo in vista del recupero del credito del richiedente. La Corte ha appena peraltro concluso che questo procedimento era determinante per i “diritti ed obblighi di carattere civile” dell’interessata, paragrafo 37 sopra. In queste condizioni, la Corte è di parere che il richiedente è direttamente la persona e personalmente assegnata con la durata in causa, e questo a prescindere per il fatto che delle istituzioni pubbliche francesi gli abbiano potuto versare delle somme di denaro a titolo di assegni mutualistici.
40. Segue che il richiedente può definirsi “vittima”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, dei fatti che denuncia, e che l’eccezione del Governo non saprebbe essere considerata.
4. Altri motivi di inammissibilità
41. Constatando per di più che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza peraltro contro nessuno altro motivo di inammissibilità, la Corte lo dichiara ammissibile.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
42. Il richiedente considera che l’articolo 6 della Convenzione è stato violato per due ragioni. In primo luogo, dichiara che c’è stata un’inadempienza prolungata di un giudizio definitivo reso dalle giurisdizioni francesi. Fa osservare che il Sig. N. era il proprietario della rimessa dove lavorava come meccanico, che possedeva degli immobili situati nei comuni di Polistena e San Giorgio Morgeto ed un terreno riportandogli dei redditi mensili di 530 EUR e che aveva ricevuto circa 35 000 EUR in seguito all’atto notarile di divisione dei beni comuni. Adduce di più di quanto provveda solo ai bisogni della sua famiglia reale che sarebbe composta di quattro membri. Considera di conseguenza che suo ex-marito è in grado di pagare l’assegno alimentare per suo figlio, ammontando a 182,94 EUR con mese, e che l’argomento del Governo secondo che il difetto di esecuzione del giudizio era dovuto ad un’insufficienza dei redditi del Sig. N. non saprebbe essere considerato.
43. Secondo il richiedente, le autorità italiane hanno agito di malafede: avrebbero archiviato la sua causa durante gli anni e non avrebbero iniziato nessuno passo fino alla comunicazione della presente richiesta. Per il richiedente, lo stato italiano aveva l’obbligo positivo di mettere in posto un sistema effettivo che garantisce l’esecuzione delle decisioni giudiziali definitive rese nelle controversie tra persone private. Di più, il richiedente sostiene che le autorità italiane dovevano assistere agendogli nel suo nome e per conto suo, in applicazione della Convenzione di New York, e che non hanno dato a questo riguardo prova di nessuno zelo e non hanno preso in conto la posta della controversia per lei stessa e per suo figlio che era minorenne durante il periodo in causa.
44. In secondo luogo, il richiedente stima che il procedimento di esecuzione è stato eccessivamente lungo. Indica che questa avrebbe cominciato il 10 marzo 2000, quando il ministero francese delle Cause estere ha trasmesso la causa al ministero italiano dell’interno, paragrafo 13 sopra, e che era alla data delle ultime informazione fornite dal Governo-a sapere il 19 febbraio 2014-ancora pendente, paragrafo 23 sopra. Il richiedente considera che la durata globale di questo procedimento non saprebbe passare per ragionevole. Di più, sostenitore che numerosi ritardi si sono prodursi e facendo osservare che non era partire al procedimento, stima che non saprebbe essere tenuta per responsabile di nessuno di questi ritardi. Aggiunge che la causa non avrebbe presentato nessuna complessità e che il suo oggetto avrebbe chiamato una celerità particolare.
b) Il Governo
45. Il Governo fa notare che il problema nello specifico sembra consistere in un’insufficienza dei redditi del Sig. N. che non avrebbe potuto fare a fronte al suo obbligo di contribuire alla manutenzione di suo figlio.
2. Valutazione della Corte
46. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta in funzione delle circostanze particolari della causa. Nello specifico, queste circostanze comandano una valutazione globale, così che la Corte considera che non è utile esaminare la questione in dettaglio (vedere, in particolare, Obermeier c. Austria, 28 giugno 1990, § 72, serie Ha no 179, Ferraro c. Italia, 19 febbraio 1991, § 17, serie Ha no 197-ha, e K. c. Italia, precitato, § 34.
47. La Corte osserva nell’occorrenza che il procedimento in causa ha cominciato il 10 marzo 2000, data alla quale il ministero francese delle Cause estere ha trasmesso al ministero italiano dell’interno la pratica concernente la causa del richiedente, e questo alle fini di attivazione del procedimento nazionale destinato a fornire l’assistenza prevista dalla Convenzione di New York, paragrafo 13 sopra. Difatti, questa trasmissione era il primo passo ad effettuare affinché la causa fosse portata dinnanzi ad una giurisdizione italiana, K. c. Italia, precitato, § 35.
48. La Corte osserva anche che è solamente il 17 febbraio 2005, o più di quattro anni ed undici mesi più tardi, che l’avvocato dello stato è stato incaricato di iniziare un’azione giudiziale che mira all’ottenimento della riconoscenza del giudizio della corte d’appello di Colmar del 24 febbraio 1998, paragrafo 17 sopra. Rileva che questo lungo periodo di inattività rimane senza spiegazione. Inoltre, nota che il procedimento dinnanzi alla corte di appello di Reggio Calabria si è concluso solamente il 27 gennaio 2010, data del pronunziato della sentenza che dichiara che le condizioni necessarie alla riconoscenza in Italia del giudizio del tribunale di Colmar del 24 febbraio 1998 erano assolte, paragrafo 19 sopra,: questo procedimento si è steso su un poco meno di cinque anni dunque, ciò che è manifestamente eccessivo avuto riguardo alla mancanza di complessità della causa ed al fatto che M. N. non aveva opposto alla domanda di riconoscenza del giudizio, paragrafo 17 sopra. Infine, trattandosi del procedimento di esecuzione forzata, la Corte nota che era, alla data delle ultime informazione fornite dal Governo, a sapere il 19 febbraio 2014-paragrafo 23 sopra, ancora pendente.
49. Avuto riguardo a ciò che precede, la Corte stima che una durata globale di tredici anni ed undici mesi non saprebbe nello specifico passare per ragionevole. Questa durata non può essere imputata peraltro, in nessun caso a più riprese al richiedente, questa che ha al contrario, sollecitato presso l’esame della sua causa delle autorità francesi ed italiane.
50. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
51. Questa conclusione dispensa la Corte di esaminare se la disposizione in questione è stata violata anche a causa di inadempimento di un giudizio avendo colato in forza di cosa giudicata.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
52. Siccome indicato più alto, paragrafi 28 e 29 sopra, il richiedente stima che l’impossibilità di ricuperare il suo credito alimentare ha violato anche l’articolo 8 della Convenzione, così come l’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’articolo 5 del Protocollo no 7 alla Convenzione.
53. Avuto riguardo alla sua conclusione sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, paragrafo 50 sopra, la Corte stima che non c’è luogo di esaminare l’ammissibilità et/ou lo scioglie dei motivi di appello derivati dell’articolo 8 della Convenzione, dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 5 del Protocollo no 7 alla Convenzione.
IV. Su L’applicazione Di L’articolo 41 Di La Convenzione
54. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danni
55. Il richiedente richiede 46 714,47 EUR a titolo del danno patrimoniale che dice avere subito. Indica che, avuto riguardo alla sua situazione finanziaria, la posta del procedimento riveste un’importanza estrema per lei, come per suo figlio. Considera che il ritardo nell’esecuzione del giudizio della corte d’appello di Colmar ha privato di oggetto utile la decisione del giudice francese dato che non ha potuto ottenere il versamento dell’assegno alimentare durante quindici anni. Precisa che, questa pensione che ammonta a 182,94 EUR con mese, la somma totale di 33 289,20 EUR gli sarebbe dovuta, somma alla quale verrebbe ad aggiungersi la somma di 13 425,27 EUR a titolo degli interessi legali.
56. Il richiedente chiede anche 20 000 EUR a titolo del danno giuridico che stima avere subito. Sostiene che la situazione denunciata ha suscitato per lei, così come per suo figlio, dei sentimenti di smarrimento e di angoscia.
57. Il Governo fa osservare che ogni somma che può essere ottenuta dal richiedente per danno patrimoniale dovrebbe essere restituita in ogni caso alla cassa di sussidi familiari dell’Alto-Reno. Indica anche che la percezione col richiedente del sussidio di sostegno familiare opporrebbe “anche alle pretese fondate sul ritardo” formulato dall’interessata.
58. La Corte non vede di legame di causalità tra le violazioni constatata ed il danno patrimoniale addotto e respingi di conseguenza questa domanda. Osserva in particolare che il procedimento di esecuzione forzata contro il Sig. N. era, alla data delle ultime informazione fornite dal Governo, ancora pendente e che il richiedente avrà la possibilità di ottenere il versamento dell’assegno alimentare alla conclusione di questa istanza. In compenso, la Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 18 750 EUR a titolo del danno giuridico.
B. Oneri e spese
59. Il richiedente chiede anche 200 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e 2 392 EUR per quegli impegnato dinnanzi alla Corte.
60. Il Governo non ha presentato di osservazioni su questo punto.
61. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, e tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 2 500 EUR ogni onere confuso e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
62. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;

3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare l’ammissibilità et/ou lo scioglie dei motivi di appello derivati dell’articolo 8 della Convenzione, dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 5 del Protocollo no 7 alla Convenzione;

4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 18 750 EUR, diciottomila sette cento cinquanta euros, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno giuridico,
ii, 2 500 EUR, duemila cinque centesimi euros, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per oneri e spese,
b che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;

5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 luglio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion: Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure d’exécution Article 6-1 – Délai raisonnable)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE PANETTA c. ITALIE

(Requête no 38624/07)

ARRÊT

STRASBOURG

15 juillet 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Panetta c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano,
Jon Fridrik Kjølbro, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 24 juin 2014,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 38624/07) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de nationalités française et italienne, OMISSIS (« la requérante »), a saisi la Cour le 24 août 2007 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante a été représentée par OMISSIS, avocat à Strasbourg. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agente, Mme E. Spatafora, et par sa coagente, Mme P. Accardo.
3. La requérante se plaint d’une inaction des autorités italiennes face à ses demandes visant à l’obtention du versement d’une pension alimentaire.
4. Le 18 avril 2013, la requête a été communiquée au Gouvernement.
5. Le gouvernement français, qui a reçu communication de la requête (article 36 § 1 de la Convention et article 44 § 1 a) du règlement de la Cour – « le règlement »), n’a pas souhaité exercer son droit d’intervenir dans la procédure.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. La requérante est née en 1968 et réside à Wickerschwihr (Haut-Rhin).
7. La requérante était mariée à un ressortissant italien, M. N. Le 8 décembre 1994, le couple eut un enfant.
8. Par un jugement du 24 février 1998, le tribunal de grande instance de Colmar prononça le divorce des époux et fixa, à la charge de M. N., une contribution d’entretien mensuelle de 1 200 francs français (environ 182,94 euros – EUR), somme qui devait être indexée sur l’indice des prix à la consommation intitulé « ensemble des ménages (hors tabac) ». Le jugement de divorce fut inscrit dans les registres de l’état civil de la commune de Cinquefondi (Reggio de Calabre), en Italie.
9. Par un acte notarié du 24 mars 1998, les biens communs des époux furent partagés. M. N. obtint 230 000 francs français (environ 35 061 EUR).
10. En avril 1998, M. N. quitta la France et retourna vivre en Italie. À partir de décembre 1998, il cessa de payer la pension alimentaire.
11. La requérante tenta alors de faire exécuter le jugement du 24 février 1998 en s’adressant à la caisse d’allocations familiales du Haut-Rhin. Le dossier fut transmis à la sous-direction de la coopération internationale en droit de la famille et au bureau du recouvrement des créances alimentaires à l’étranger.
12. Le 18 février 1999, la requérante porta plainte contre M. N. pour abandon de famille auprès du parquet de Colmar. L’issue de cette plainte n’est pas connue.
13. Le 10 mars 2000, le ministère français des Affaires étrangères transmit le dossier au ministère italien de l’Intérieur, aux fins d’activation de la procédure nationale destinée à fournir l’assistance prévue par la Convention de New York de 1956 sur le recouvrement des aliments à l’étranger (ci-après, « la Convention de New York »).
14. Le 21 juin 2000, les autorités italiennes informèrent le ministère français des Affaires étrangères qu’elles avaient saisi la préfecture territorialement compétente afin de faire rechercher et d’entendre M. N.
Celui-ci fut convoqué à la préfecture le 8 août 2000. Il indiqua ne pas remettre en cause le jugement rendu par le tribunal de Colmar mais déclara ne pas être en mesure de verser les aliments auxquels il était tenu car, à ses dires, il était sans emploi. Il ajouta qu’il se conformerait à son obligation d’entretien de son fils mineur dès que sa situation financière le permettrait.
15. Le 23 mars 2001, la caisse d’allocations familiales du Haut-Rhin transmit au ministère italien de l’Intérieur une attestation de la créancière et un état actualisé de la dette alimentaire.
16. Par une note du 26 juillet 2004, les carabiniers signalèrent que M. N. exerçait une activité de mécanicien automobile dans un garage dont il était le propriétaire. Les revenus de l’intéressé auraient été très bas. Sur la base de ces nouvelles informations, le 13 août 2004, la préfecture de Reggio de Calabre invita M. N. à se présenter pour des communications urgentes ; cette convocation resta sans suite.
17. Le 17 février 2005, l’avocat de l’État (avvocatura dello Stato) fut chargé d’entamer une action judiciaire visant à l’obtention de la reconnaissance (exequatur) du jugement du tribunal de grande instance de Colmar du 24 février 1998, et ce en vue du recouvrement de la créance de la requérante. M. N. fut convoqué à une audience, fixée au 28 février 2006. Il affirma ne pas s’opposer à la demande de reconnaissance du jugement du tribunal de Colmar mais insista sur son impossibilité de s’y conformer, et ce à cause – selon lui – de la précarité de sa situation financière.
18. Le 6 juin 2008, la brigade financière effectua des contrôles sur le patrimoine de M. N. qui, apparemment, se trouvait dans une situation économique modeste.
19. Par un arrêt du 27 janvier 2010, la cour d’appel de Reggio de Calabre déclara que les conditions nécessaires à la reconnaissance en Italie du jugement du tribunal de Colmar du 24 février 1998 étaient remplies. La cour d’appel précisa que l’action en justice contre M. N. avait été entamée le 9 décembre 2005 par le ministre de l’Intérieur, agissant en qualité d’institution intermédiaire au sens de la Convention de New York.
20. Le Gouvernement indique qu’après avoir obtenu cet arrêt le ministère italien de l’Intérieur a demandé à l’avocat de l’État d’entamer la procédure d’exécution forcée.
21. Selon les enquêtes menées par la police douanière et fiscale italienne, M. N. gérait une activité de réparation mécanique de véhicules automobiles située à Polistena (Reggio de Calabre) et, pour les années 2007, 2008 et 2009, il avait déclaré des revenus nets de 6 896 EUR, 1 558 EUR et 964 EUR respectivement. D’après ces mêmes enquêtes, il était propriétaire d’immeubles (bâtiments et terrains) dans les communes de Polistena et San Giorgio Morgeto et d’un terrain rapportant des revenus d’environ 530 EUR par mois.
22. Selon les informations fournies par la requérante le 28 novembre 2012, à cette date elle n’avait reçu aucun paiement de la part de son ex-mari. Entre-temps, le 16 novembre 2012, le ministère français des Affaires étrangères et européennes (nouvelle dénomination du « ministère français des Affaires étrangères ») avait demandé à la requérante un récapitulatif des sommes dues par le débiteur et lui avait conseillé de porter plainte en Italie pour abandon de famille. La requérante avait déclaré ne pas souhaiter entreprendre cette action judiciaire, faute selon elle de moyens financiers.
23. Selon les informations fournies par le Gouvernement le 19 février 2014, la procédure d’exécution était, à cette date, encore pendante.
24. Tout au long de la procédure, sur sollicitation de la requérante, le ministère français des Affaires étrangères et européennes a demandé des renseignements au ministère italien de l’Intérieur, l’invitant à tout mettre en œuvre pour donner exécution au jugement de divorce et appliquer la Convention de New York. La requérante elle-même a pris contact à plusieurs reprises avec l’administration italienne.
25. Selon les dires de la requérante, M. N. s’est remarié en Italie et vit avec sa nouvelle épouse et leurs trois enfants et, étant donné que sa nouvelle épouse serait sans emploi, il subvient tout seul aux besoins de sa nouvelle famille.
II. LE DROIT INTERNE ET INTERNATIONAL PERTINENT
26. Les dispositions pertinentes en l’espèce de la Convention de New York, de la loi no 218 du 31 mai 1995 (réforme du système italien de droit international privé) et de la loi no 89 du 24 mars 2001 (octroi d’une satisfaction équitable en cas de non-respect du principe de la « durée raisonnable » – ci-après, « la loi Pinto ») sont résumées dans l’arrêt K. c. Italie (no 38805/97, §§ 18-20, 20 juillet 2004).
EN DROIT
I. OBSERVATION PRÉLIMINAIRE
27. À titre liminaire, la Cour observe que, même si c’est un tribunal français qui a accueilli la demande de pension alimentaire formée par la requérante, les autorités italiennes – puisqu’elles ont ratifié la Convention de New York – étaient tenues de faire exécuter la décision française et que, dans le cadre de cette obligation, elles ont agi de manière autonome. Par ailleurs, la Cour observe à ce propos que la procédure en cause n’était soumise à aucun contrôle des autorités françaises et que la requérante ne pouvait obtenir réparation de la part de l’État français en cas de négligence ou retard excessif dans l’exécution de la décision.
En bref, la Cour constate que les griefs soulevés par la requérante relèvent de la juridiction de l’Italie sur le terrain de la Convention (K. c. Italie, précité, § 21).
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
28. La requérante se plaint d’une inaction des autorités italiennes face à ses demandes visant à l’obtention du versement de la pension alimentaire due par son ex-époux. Elle indique être une mère célibataire, fonctionnaire de l’État français, et elle affirme devoir rembourser un prêt immobilier et avoir dû faire appel à la solidarité familiale pour assurer des conditions de vie décentes à son enfant.
Dans le formulaire de requête, la requérante invoque la Convention de New York et la Convention de la Haye du 2 octobre 1973 sur la loi applicable aux obligations alimentaires, ainsi que l’article 5 du Protocole no 7 à la Convention, ainsi libellé :
« Les époux jouissent de l’égalité de droits et de responsabilités de caractère civil entre eux et dans leurs relations avec leurs enfants au regard du mariage, durant le mariage et lors de sa dissolution. Le présent article n’empêche pas les États de prendre les mesures nécessaires dans l’intérêt des enfants. »
29. Dans ses observations en réponse du 9 décembre 2013, la requérante considère en outre que son affaire devrait être examinée sous l’angle de l’article 8 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, le non-versement de la pension alimentaire ayant selon elle porté atteinte à sa vie familiale et à son droit au respect de ses biens. En particulier, l’État défendeur n’aurait pas satisfait à ses obligations positives dans ces domaines.
La requérante estime que la requête devrait être à nouveau communiquée au Gouvernement avec l’ajout des griefs tirés de ces deux dispositions, qui se lisent ainsi :
Article 8 de la Convention
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
Article 1 du Protocole no 1 à la Convention
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
30. Le Gouvernement conteste la thèse de la requérante.
31. La Cour considère que les doléances de la requérante se prêtent à un examen tout d’abord sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, qui, en ses parties pertinentes en l’espèce, est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
1. Sur la question de l’épuisement des voies de recours internes
32. Le Gouvernement relève qu’aux termes de l’article 6 de la Convention de New York l’institution intermédiaire est appelée à prendre, au nom du créancier, toutes les mesures propres à assurer le recouvrement des aliments. Il s’ensuit, pour le Gouvernement, que le créancier est le bénéficiaire de la procédure d’exécution forcée ; en cas de durée excessive, ledit créancier serait le sujet titulaire du droit d’introduire une action en dédommagement en vertu de la loi Pinto.
33. La requérante fait observer qu’il existait au départ, devant le tribunal de grande instance de Colmar, un différend entre elle et son ex-mari au sujet de la pension alimentaire et qu’il a été résolu par le jugement du 24 février 1998 (paragraphe 8 ci-dessus). Elle indique que le différend objet de la présente requête porte, quant à lui, sur l’exécution du jugement du 24 février 1998 par les autorités italiennes. Sur ce point, elle avance que, d’après la Convention de New York, les autorités italiennes étaient responsables du recouvrement et que par conséquent elle-même n’était pas partie à cette procédure d’exécution. La requérante ajoute que, dans l’affaire K. c. Italie (précitée, §§ 26-29), une exception de non-épuisement des voies de recours internes soulevée par le Gouvernement au regard de la loi Pinto a, selon elle, été rejetée précisément pour une raison identique.
34. Dans la mesure où les observations du Gouvernement pourraient être interprétées comme soulevant une exception de non-épuisement des voies de recours internes, la Cour rappelle que, dans l’affaire K. c. Italie précitée, elle a observé que, selon la Convention de New York, les autorités italiennes étaient responsables du recouvrement des créances alimentaires et que le créancier n’était pas partie à la procédure judiciaire en Italie. Elle rappelle aussi que, dans le cadre de cette même affaire, le Gouvernement n’avait pas démontré qu’un requérant qui n’était pas partie à la procédure interne, même si affecté par celle-ci, pouvait valablement introduire un recours sur le fondement de la loi Pinto.
35. La Cour constate que, dans le cadre de la présente requête, le Gouvernement n’a fourni aucun élément susceptible de remettre en question les conclusions auxquelles elle est parvenue dans l’affaire K. c. Italie précitée. En particulier, le Gouvernement n’a fourni aucun exemple d’affaires dans lequel un recours fondé sur la loi Pinto aurait été tenté avec succès par rapport à la durée excessive d’une procédure de recouvrement d’une créance alimentaire entamée en vertu de la Convention de New York.
36. Dans ces circonstances, l’exception de non-épuisement du Gouvernement ne saurait être retenue.
2. Sur l’applicabilité de l’article 6 § 1 de la Convention
37. Quant à la question de savoir si l’article 6 de la Convention trouve à s’appliquer à la procédure en cause, la Cour observe que, même si la requérante n’était pas partie à la procédure judiciaire en Italie, celle-ci était néanmoins déterminante pour ses « droits et obligations de caractère civil » car les possibilités pour l’intéressée de recouvrer sa créance alimentaire dépendaient de l’issue de cette procédure (W.K. c. Italie (déc.), no 38805/97, 25 juin 2002). La Cour note également que le Gouvernement n’a pas contesté l’applicabilité de cette disposition en l’espèce (voir, mutatis mutandis, K. c. Italie, précité, §§ 30-31, et Matrakas et autres c. Pologne et Grèce, no 47268/06, § 149, 7 novembre 2013).
3. Sur l’exception du Gouvernement tirée du défaut de la qualité de victime de la requérante
38. Dans ses observations complémentaires du 19 février 2014, le Gouvernement excipe pour la première fois du défaut de la qualité de victime de la requérante. Il fait observer que, d’après une attestation du 21 janvier 2001 signée par la requérante elle-même, l’intéressée reçoit depuis longtemps de la caisse d’allocations familiales du Haut-Rhin une allocation de soutien familial à titre d’avance sur la pension non versée par son ex-époux, et il soutient que, dès lors, elle se serait engagée à faire parvenir à la caisse d’allocations familiales tout règlement émanant du débiteur. Il s’ensuit, pour le Gouvernement, que la caisse d’allocations familiales, et non la requérante, dispose du droit de recouvrer la créance.
39. La Cour relève que le grief de la requérante porte sur la durée de la procédure pour la reconnaissance en Italie du jugement du tribunal de grande instance de Colmar du 24 février 1998, et ce en vue du recouvrement de la créance de la requérante. La Cour vient par ailleurs de conclure que cette procédure était déterminante pour les « droits et obligations de caractère civil » de l’intéressée (paragraphe 37 ci-dessus). Dans ces conditions, la Cour est d’avis que la requérante est la personne directement et personnellement affectée par la durée en cause, et ce indépendamment du fait que des institutions publiques françaises aient pu lui verser des sommes d’argent à titre de prestations sociales.
40. Il s’ensuit que la requérante peut se prétendre « victime », au sens de l’article 34 de la Convention, des faits qu’elle dénonce, et que l’exception du Gouvernement ne saurait être retenue.
4. Autres motifs d’irrecevabilité
41. Constatant de surcroît que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’il ne se heurte par ailleurs à aucun autre motif d’irrecevabilité, la Cour le déclare recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
a) La requérante
42. La requérante considère que l’article 6 de la Convention a été violé pour deux raisons. En premier lieu, elle déclare qu’il y a eu une inexécution prolongée d’un jugement définitif rendu par les juridictions françaises. Elle fait observer que M. N. était le propriétaire du garage où il travaillait comme mécanicien, qu’il possédait des immeubles situés dans les communes de Polistena et San Giorgio Morgeto et un terrain lui rapportant des revenus mensuels de 530 EUR et qu’il avait reçu environ 35 000 EUR à la suite de l’acte notarié de partage des biens communs. Elle allègue de plus qu’il subvient seul aux besoins de sa famille actuelle qui serait composée de quatre membres. Elle considère par conséquent que son ex-mari est en mesure de payer la pension alimentaire pour son fils, s’élevant à 182,94 EUR par mois, et que l’argument du Gouvernement selon lequel le défaut d’exécution du jugement était dû à une insuffisance des revenus de M. N. ne saurait être retenu.
43. Selon la requérante, les autorités italiennes ont agi de mauvaise foi : elles auraient classé son affaire pendant des années et n’auraient entamé aucune démarche jusqu’à la communication de la présente requête. Pour la requérante, l’État italien avait l’obligation positive de mettre en place un système effectif assurant l’exécution des décisions judiciaires définitives rendues dans les litiges entre personnes privées. De plus, la requérante soutient que les autorités italiennes devaient l’assister en agissant en son nom et pour son compte, en application de la Convention de New York, et qu’elles n’ont fait preuve d’aucune diligence à cet égard et n’ont pas pris en compte l’enjeu du litige pour elle-même et pour son fils qui était mineur pendant la période en cause.
44. En second lieu, la requérante estime que la procédure d’exécution a été excessivement longue. Elle indique que celle-ci aurait commencé le 10 mars 2000, lorsque le ministère français des Affaires étrangères a transmis l’affaire au ministère italien de l’Intérieur (paragraphe 13 ci-dessus), et qu’elle était à la date des dernières informations fournies par le Gouvernement – à savoir le 19 février 2014 – encore pendante (paragraphe 23 ci-dessus). La requérante considère que la durée globale de cette procédure ne saurait passer pour raisonnable. De plus, soutenant que de nombreux retards se sont produits et faisant observer qu’elle n’était pas partie à la procédure, elle estime qu’elle ne saurait être tenue pour responsable d’aucun de ces retards. Elle ajoute que l’affaire n’aurait présenté aucune complexité et que son objet aurait appelé une célérité particulière.
b) Le Gouvernement
45. Le Gouvernement fait remarquer que le problème en l’espèce semble consister en une insuffisance des revenus de M. N., lequel n’aurait pu faire face à son obligation de contribuer à l’entretien de son fils.
2. Appréciation de la Cour
46. La Cour rappelle sa jurisprudence selon laquelle le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie en fonction des circonstances particulières de la cause. En l’espèce, ces circonstances commandent une évaluation globale, de sorte que la Cour considère qu’il n’est pas utile d’examiner la question en détail (voir, notamment, Obermeier c. Autriche, 28 juin 1990, § 72, série A no 179, Ferraro c. Italie, 19 février 1991, § 17, série A no 197-A, et K. c. Italie, précité, § 34).
47. La Cour observe en l’occurrence que la procédure en cause a commencé le 10 mars 2000, date à laquelle le ministère français des Affaires étrangères a transmis au ministère italien de l’Intérieur le dossier concernant l’affaire de la requérante, et ce aux fins d’activation de la procédure nationale destinée à fournir l’assistance prévue par la Convention de New York (paragraphe 13 ci-dessus). En effet, cette transmission était la première démarche à effectuer pour que l’affaire fût portée devant une juridiction italienne (K. c. Italie, précité, § 35).
48. La Cour observe aussi que ce n’est que le 17 février 2005, soit plus de quatre ans et onze mois plus tard, que l’avocat de l’État a été chargé d’entamer une action judiciaire visant à l’obtention de la reconnaissance du jugement du tribunal de grande instance de Colmar du 24 février 1998 (paragraphe 17 ci-dessus). Elle relève que cette longue période d’inactivité demeure sans explication. En outre, elle note que la procédure devant la cour d’appel de Reggio de Calabre ne s’est terminée que le 27 janvier 2010, date du prononcé de l’arrêt déclarant que les conditions nécessaires à la reconnaissance en Italie du jugement du tribunal de Colmar du 24 février 1998 étaient remplies (paragraphe 19 ci-dessus) : cette procédure s’est donc étalée sur un peu moins de cinq ans, ce qui est manifestement excessif eu égard à l’absence de complexité de l’affaire et au fait que M. N. ne s’était pas opposé à la demande de reconnaissance du jugement (paragraphe 17 ci-dessus). Enfin, s’agissant de la procédure d’exécution forcée, la Cour note qu’elle était, à la date des dernières informations fournies par le Gouvernement (à savoir le 19 février 2014 – paragraphe 23 ci-dessus), encore pendante.
49. Eu égard à ce qui précède, la Cour estime qu’une durée globale de treize ans et onze mois ne saurait en l’espèce passer pour raisonnable. Par ailleurs, cette durée ne peut en aucune manière être imputée à la requérante, celle-ci ayant au contraire, à plusieurs reprises, sollicité l’examen de son affaire auprès des autorités françaises et italiennes.
50. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
51. Cette conclusion dispense la Cour d’examiner si la disposition en question a également été violée pour cause de non-exécution d’un jugement ayant coulé en force de chose jugée.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
52. Comme indiqué plus haut (paragraphes 28 et 29 ci-dessus), la requérante estime que l’impossibilité de recouvrer sa créance alimentaire a également violé l’article 8 de la Convention, ainsi que l’article 1 du Protocole no 1 et l’article 5 du Protocole no 7 à la Convention.
53. Eu égard à sa conclusion sur le terrain de l’article 6 § 1 de la Convention (paragraphe 50 ci-dessus), la Cour estime qu’il n’y a pas lieu d’examiner la recevabilité et/ou le fond des griefs tirés de l’article 8 de la Convention, de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 5 du Protocole no 7 à la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
54. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommages
55. La requérante réclame 46 714,47 EUR au titre du préjudice matériel qu’elle dit avoir subi. Elle indique que, eu égard à sa situation financière, l’enjeu de la procédure revêt une importance extrême pour elle, de même que pour son fils. Elle considère que le retard dans l’exécution du jugement du tribunal de grande instance de Colmar a privé d’objet utile la décision du juge français étant donné qu’elle n’a pas pu obtenir le versement de la pension alimentaire pendant quinze ans. Elle précise que, cette pension s’élevant à 182,94 EUR par mois, la somme totale de 33 289,20 EUR lui serait due, somme à laquelle viendrait s’ajouter la somme de 13 425,27 EUR au titre des intérêts légaux.
56. La requérante demande également 20 000 EUR au titre du préjudice moral qu’elle estime avoir subi. Elle soutient que la situation dénoncée a suscité pour elle, ainsi que pour son fils, des sentiments de désarroi et d’angoisse.
57. Le Gouvernement fait observer que toute somme pouvant être obtenue par la requérante pour dommage matériel devrait en tout cas être restituée à la caisse d’allocations familiales du Haut-Rhin. Il indique également que la perception par la requérante de l’allocation de soutien familial s’opposerait « aussi aux prétentions fondées sur le retard » formulées par l’intéressée.
58. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué et rejette par conséquent cette demande. Elle observe notamment que la procédure d’exécution forcée à l’encontre de M. N. était, à la date des dernières informations fournies par le Gouvernement, encore pendante et que la requérante aura la possibilité d’obtenir le versement de la pension alimentaire à l’issue de cette instance. En revanche, la Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer à la requérante 18 750 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
59. La requérante demande également 200 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et 2 392 EUR pour ceux engagés devant la Cour.
60. Le Gouvernement n’a pas présenté d’observations sur ce point.
61. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, et compte tenu des documents dont elle dispose et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 2 500 EUR tous frais confondus et l’accorde à la requérante.
C. Intérêts moratoires
62. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;

3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner la recevabilité et/ou le fond des griefs tirés de l’article 8 de la Convention, de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 5 du Protocole no 7 à la Convention ;

4. Dit
a) que l’État défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 18 750 EUR (dix-huit mille sept cent cinquante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral,
ii) 2 500 EUR (deux mille cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens,
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 15 juillet 2014, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Işıl Karakaş
Greffier Présidente

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