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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PALAMARIU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 17145/04/2010
Stato: Romania
Data: 2010-01-19 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA PALAMARIU C. ROMANIA
( Richiesta no 17145/04)
SENTENZA
STRASBURGO
19 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Palamariu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17145/04) diretta contro la Romania e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. C. P. e la Sig.ra D. P. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 9 marzo 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 aprile 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti, marito e moglie, sono nati rispettivamente nel 1932 e 1940 e risiedono a Bacău.
5. Il 22 dicembre 1995, congiuntamente a tre altre persone, depositarono dinnanzi al tribunale di prima istanza di Bacău una querela con costituzione di parte civile contro D.C., T.D, e B.C, che accusarono di attentato al loro diritto di proprietà, al motivo che avevano occupato dei terreni per cui detenevano dal 1993 dei titoli di proprietà. Chiesero, a titolo di risarcimento, o dei risarcimenti o l’equivalente del raccolto ottenuto sui loro terreni.
6. Durante le ventuno udienze che seguirono, il tribunale affrontò il merito della causa ed accolse l’offerta di prove delle parti in particolare un rapporto di perizia tecnica. Lo scopo del rapporto come stabilito dal tribunale su richiesta delle parti era di stabilire le aree esatte dei terreni per mettere in evidenza quali superfici erano occupate senza dritto degli imputati, così come il valore del raccolto le cui parti lese avrebbero potuto approfittare se fossero state in possesso dei terreni.
A tre riprese, le udienze furono rinviate per i problemi di procedimento. Così, il 5 febbraio 1996 il tribunale rinviò i dibattimenti all’ 11 marzo 1996, dato che il procuratore non era stato convocato, mentre la natura del reato esigeva la sua presenza durante il giudizio. Poi, dal 6 maggio 1996 al 30 settembre 1996, i dibattimenti furono rinviati per irregolarità del procedimento di citazione di una delle parti lese.
7. Il 21 ottobre 1996 il rapporto di perizia fu depositato e fu rimesso alle parti.
Il 2 dicembre 1996 le parti lese presentarono le loro obiezioni al rapporto, contestando l’importo del controvalore del raccolto. Chiesero una controperizia, richiesta che fu accolta dal tribunale. Dal 17 febbraio 1997 al 30 giugno 1997, i dibattimenti furono rinviati in quanto il perito non aveva depositato il rapporto di controperizia.
8. Il 30 giugno 1997 l’avvocato delle parti lese chiese un rinvio al motivo che non poteva presentarsi per ragioni di salute e sollecitò, allo stesso tempo che un nuovo perito sia nominato per redigere la controperizia.
9. Dal 30 giugno 1997 al 30 marzo 1998 i dibattimenti furono rinviati al motivo che il rapporto di controperizia non era stato depositato. All’epoca delle udienze del 10 dicembre 1997 e del 16 marzo 1998, il tribunale inflisse una multa al perito e provò poi a contattarlo telefonicamente.
Il rapporto fu depositato alla fine il 30 marzo 1998.
10. Appellandosi alle conclusioni di questa controperizia, il 6 aprile 1998, l’avvocato delle parti lese chiese affinché altre persone venissero introdotte nel procedimento, dato che secondo la controperizia, queste occupavano una parte dei terreni delle parti lese. I dibattimenti furono rinviati al 13 aprile 1998. In questa ultima data, le parti lese presentarono delle obiezioni alla controperizia e chiesero un supplemento a questo rapporto, al motivo che il perito non aveva precisato bene l’area dei terreni appartenenti a due delle parti lese e che inoltre, non aveva attualizzato il valore dei risarcimenti richiesti. Il tribunale non si pronunciò sulla loro richiesta a questo titolo, rinviando i dibattimenti e poi la pronunzia del giudizio per mancanza di tempo per deliberare rispettivamente il 27 aprile 1998 ed il 4 maggio 1998.
11. Il tribunale rese il suo giudizio l’ 11 maggio 1998. Considerando che le conclusioni della perizia non erano affidabili, il tribunale fondò il suo ragionamento sul rapporto di controperizia che precisava le superfici di terreno effettivamente occupate dagli imputati e prosciolse D.C., T.D, e B.C in virtù dell’articolo 10d, del codice di procedimento penale, che considera che il reato mancava di elemento soggettivo, ossia un’intenzione fraudolenta di abusare del possesso dei terreni e dunque di portare danno. Per questo fare, il tribunale constatò che gli imputati avevano occupato questi terreni avendo la convinzione di avere il diritto di occuparli perché, un tempo questi terreni erano le loro proprietà. Tuttavia, condannò T.D. a lasciare a due delle parti lese il possesso del terreno ed accordò loro dei risarcimenti al civile. I richiedenti e le altre tre parti lese formarono ricorso contro questo giudizio.
12. La causa fu mandata dinnanzi al tribunale dipartimentale di Bacău. Una sola udienza ebbe luogo dinnanzi a questo tribunale, il 22 settembre 1998, quando il tribunale rinviò i dibattimenti al 27 ottobre 1998, per un’irregolarità nel procedimento di citazione a riguardo del richiedente.
13. Con una sentenza del 27 ottobre 1998 il tribunale dipartimentale di Bacău accolse il ricorso delle parti, annullò il giudizio e rinviò la causa dinnanzi al tribunale di prima istanza. Il tribunale constatò che la causa non era stata analizzata al merito a riguardo delle cinque parti lese, e che inoltre, non aveva indicato in che cosa sarebbe consistito il risarcimento al civile dei danni causati da T.D.
14. La causa fu rinviata dinnanzi al tribunale di prima istanza. Durante il procedimento, una delle parti lese decedette ed il loro avvocato chiese affinché i suoi eredi venissero introdotti nel procedimento.
15. Durante le ventinove udienze tenute dinnanzi a questo tribunale, la causa fu affrontata di nuovo al merito ed il tribunale procedette all’ascolto delle parti e dei testimoni così come all’amministrazione di un nuovo rapporto di perizia.
16. All’epoca dell’udienza dell’ 11 febbraio 1999, l’avvocato delle parti lese chiese di nuovo che altre persone venissero introdotte nel procedimento, dato che, secondo le conclusioni del rapporto di controperizia altre persone diverse da quelle che inizialmente erano riguardate dalla querela occupavano i terreni. Il tribunale fece diritto alla sua richiesta e rinviò la pratica dinnanzi alla polizia alla vista di identificare queste persone. Il 25 maggio 1999 la polizia presentò dinnanzi al tribunale un rapporto che indicava il nome di altre persone identificate come occupanti dei terreni in questione. Risulta dalla pratica che a parte le tre persone imputate dalla querela iniziale, dieci altre persone erano state identificate.
17. Il 23 settembre 1999, le parti chiesero un rapporto di perizia tecnica e l’ascolto di un testimone. Il rapporto di perizia fu prodotto dopo due rinvii, il 3 febbraio 2000. Per ciò che riguarda il testimone proposto dai richiedenti e dalle altre parti lese, nonostante i mandati di comparizione e la multa inflitta dal tribunale, il suo ascolto non ebbe luogo, negando il testimone di comparire.
18. Tre nuovi accusati furono interrogati dinnanzi al tribunale. Il procedimento conobbe parecchi periodi di inattività.
Da prima tra il 2 marzo 2000 ed il 6 dicembre 2001, quando le conclusioni sul merito della causa furono presentate, i dibattimenti furono rinviati quattordici volte per periodi rispettivamente di circa un mese e tre mesi, durante il periodo delle vacanze giudiziali, per mancanza di informazioni in quanto ai dati di stato civile degli accusati, o in quanto agli eredi delle parti decedute, in mancanza per le autorità amministrative di avere fornito in tempo queste informazioni, così come per le irregolarità del procedimento di citazione delle diverse parti. Queste informazioni erano necessarie alla vista della citazione delle parti.
Poi, dal 19 aprile 2001 al 31 maggio 2001 i dibattimenti furono rinviati su richiesta del procuratore affinché un’altra pratica che riguardava tre degli accusati fosse unito alla causa, perché riguardava gli stessi fatti e persone.
19. Il 10 dicembre 2001 il tribunale rese il suo giudizio. Appellandosi alle conclusioni di tutte le perizie, giudicò che le superfici che gli imputati occupavano sui terreni delle parti lese non potevano essere precisate concretamente, il che rendeva ancora più difficile la loro identificazione da parte degli imputati che li avevano occupati essendo convinti che si trattava delle vecchie aree ereditate dei loro genitori. Ciò facendo, prosciolse undici accusati, inclusi quelli che non avevano potuto essere citati a comparire, in virtù dell’articolo 10d) del codice di procedura penale, per mancanza di elemento soggettivo.
Concernente gli altri accusati, il tribunale chiuse il processo a loro riguardo a causa di decesso o di mancanza per le parti di avere introdotto una querela penale, dopo le conclusioni del rapporto della polizia.
20. Concernente il risvolto civile, il tribunale giudicò che era nell’impossibilità di decidere, tenuto conto dell’impossibilità di identificare le aree dei terreni, malgrado le perizie, e concluse infine che questo problema avrebbe dovuto essere deciso nella cornice di una controversia civile. La procura e le parti lese formarono ricorso contro questo giudizio.
21. Il tribunale dipartimentale di Bacău fu investito della causa. All’epoca della sola udienza del 5 marzo 2002 rinviò al 2 aprile 2002 i dibattimenti per difetto di citazione di due degli accusati e per investire il foro di Bacău per garantire la difesa d’ufficio di tutti gli accusati.
22. Con una sentenza del 2 aprile 2002, il tribunale accolse i ricorsi ed annullò il giudizio in ragione dell’omissione del tribunale di pronunciarsi sulla richiesta delle parti di ottenere dei risarcimenti o l’equivalente del raccolto. Giudicò peraltro che, sebbene le perizie prodotte durante il procedimento fossero state contraddittorie, non avevano un valore probante assoluto e che il tribunale avrebbe dovuto, alla fine di stabilire l’area dei terreni, confrontare queste perizie alle deposizioni dei testimoni e delle parti. La causa fu rinviata dinnanzi al tribunale di prima istanza.
23. Su dieci udienze che ebbero luogo dinnanzi a questo tribunale dopo la registrazione della causa, nove furono rinviate, tra il 16 maggio 2002 ed il 6 marzo 2003, per le irregolarità del procedimento di citazione delle parti o dei testimoni o per mancanza delle informazioni necessarie per stabilire lo stato civile ed il domicilio degli accusati. Il 6 marzo 2003, i dibattimenti furono rinviati per mancanza di tempo per deliberare.
24. Il giudizio fu reso il 20 marzo 2003. Sul merito della causa, il tribunale constatò che i titoli delle parti lese erano stati rilasciati senza prima di tutto essere messi in possesso e che avevano cominciato ad utilizzare nel 1995, mentre, gli imputati utilizzavano questi terreni dal 1991. Inoltre, constatò che questi terreni erano stati sotto l’amministrazione successiva di parecchi comuni prima di passare sotto l’amministrazione della città di Bacău cosicché , tenuto conto di questa confusione, gli imputati avevano potuto nutrire la convinzione legittima che occupavano le vecchie aree che avevano detenuto un tempo, le aree esatte dei terreni che non erano state esattamente identificate. Per questo motivo preciso, prosciolse undici accusati in virtù dell’articolo 10b) del codice di procedura penale, i fatti in questione che non dipendevano dalla legge penale e chiuse il procedimento a riguardo di due di essi che erano deceduti.
Alla vista del motivo del proscioglimento, in virtù dell’articolo 346.4 del codice di procedura penale non si pronunciò sul risvolto civile. Tutte le parti lese interposero ricorso.
Risulta dalla pratica che tre degli accusati non comparvero mai dinnanzi ai tribunali durante il procedimento.
25. In una data non precisata, il ricorso fu registrato dinnanzi al tribunale dipartimentale di Bacău. Su due udienze che ebbero luogo dinnanzi a questo tribunale, una fu rinviata, il 24 giugno 2003 affinché uno degli accusati potesse impegnare un avvocato e l’ultima il 22 luglio 2003 al motivo che certi membri della formazione di giudizio erano incompatibili, poiché avevano fatto parte della formazione di giudizio che aveva conosciuto prima di tutto la causa.
Con una sentenza del 9 settembre 2003 il tribunale dipartimentale di Bacău che giudicava la fondatezza del giudizio, tanto sotto il risvolto penale che sotto il risvolto civile respinse i loro ricorsi e confermò il giudizio.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
26. Le disposizioni pertinenti del codice di procedura penale si leggono così:
“177. L’imputato o l’accusato è citato all’indirizzo dove abita, e se, questo indirizzo non è conosciuto, al suo posto di lavoro.
177.4. Se l’indirizzo o il posto di lavoro non sono conosciuti, la citazione deve essere affissa alla sede del consiglio locale del luogo del reato. (…)
180. Se la persona ha cambiato indirizzo, l’agente affigge la citazione sulla porta del suo domicilio e prende delle informazione ai fini di trovare il nuovo indirizzo, menzionando nel verbale i dati così ottenuti. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
27. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
28. Il Governo si oppone a questa tesi e stima che la causa rivestiva una complessità particolare tenuto conto del numero delle parti, della complessità delle prove e della necessità di permettere a queste ultime di presentare le loro conclusioni ed obiezioni alla perizia.
29. La Corte ha il dovere di ricordare da prima, trattandosi della durata di un procedimento penale con costituzione di parte civile, che ha giudicato già che questa ultima rientra nel campo di applicazione dell’articolo 6, e che il periodo da considerare comincia nella data in cui il richiedente si è avvalso del suo diritto di carattere civile (Pfleger c. Repubblica ceca, no 58116/00, § 46, 27 luglio 2004) ossia dall’atto di costituzione di parte civile.
30. Nello specifico, il periodo da considerare è cominciato il 22 dicembre 1995 col deposito della querela penale che comprende la costituzione di parte civile dinnanzi al tribunale di prima istanza di Bacău, e si è concluso il 9 settembre 2003 con la sentenza della corte di appello di Bacău. È durato dunque sette anni, otto mesi, e nove giorni per due gradi di giurisdizioni.
A. Sull’ammissibilità
31. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
32. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento dei richiedenti e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII, Hartman c. Repubblica ceca, no 53341/99, § 73, CEDH 2003-VIII,). Ricorda anche che incombe sugli Stati contraenti di organizzare il loro sistema giudiziale in modo tale che le loro giurisdizioni possano garantire a ciascuno il diritto di ottenere una decisione definitiva in un termine ragionevole (Löffler c. Austria, no 30546/96, § 21, 3 ottobre 2000).
33. Per ciò che riguarda la complessità della causa, la Corte stima da prima che la causa non rivestiva, almeno al suo inizio una complessità particolare, vista la natura del reato oggetto della querela (problema di possesso). Supponendo anche che dopo l’introduzione nel procedimento di altre persone, il procedimento si sia potuto complicare col fatto della partecipazione di parecchie parti e delle perizie giudicate necessarie dai tribunali, la Corte osserva che ciò non spiega la durata del procedimento.
34. La Corte rileva tanto più che la causa è stata annullata con rinvio in prima istanza due volte, in ragione delle omissioni imputabili al tribunale di prima istanza di esaminare la querela a riguardo di tutte le parti e poi in ragione dell’omissione di pronunciarsi sulla parte della querela concernente i risarcimenti (vedere §§ 13 e 22). Sebbene la Corte non sia competente per analizzare il modo in cui le giurisdizioni nazionali hanno interpretato ed applicato il diritto interno, vista dinnanzi a questo tribunale la durata importante, rispettivamente circa due anni e circa tre anni dopo la cassazione, ed il numero delle udienze, considera tuttavia che le cassazioni successive per rinvio sono dovute agli errori commessi dalle giurisdizioni inferiori all’epoca dell’esame della causa (Wierciszewska c. Polonia, no 41431/98, 25 novembre 2003, § 46). Inoltre, la ripetizione di tali cassazioni denota una deficienza di funzionamento del sistema giudiziale nazionale (Cârstea e Grecu c. Romania, no 56326/00, § 42, 15 giugno 2006).
35. La Corte rileva inoltre che il procedimento è stato segnato da periodi di inattività dovuti alle irregolarità ripetute del procedimento di citazione delle parti ed alla mancanza di informazioni in quanto allo stato civile degli accusati (vedere in particolare §§ 6, 12, 18, 21 e 23). Queste irregolarità sono all’origine di un ritardo di circa due anni e sei mesi della durata globale del procedimento. Sebbene non possa ignorare le difficoltà che talvolta rallentano l’esame delle controversie che conoscono le giurisdizioni nazionali (Vernillo c. Francia, sentenza del 20 febbraio 1991, serie A no 198, § 38) la Corte stima che questi termini sono imputabili alle autorità e che non apparteneva ai richiedenti di indicare il domicilio degli accusati. Ad ogni modo non risulta dalla pratica che detenevano a questo riguardo delle informazioni, essendo nuovi nel procedimento la maggior parte degli accusati. Può solo constatare inoltre, che, fino alla fine del procedimento, i tribunali non hanno localizzato l’insieme degli accusati.
36. La Corte considera quindi che i tribunali dovevano reagire di fronte alle difficoltà incontrate per localizzare tutte le parti al procedimento e per disciplinare il loro comportamento (vedere mutatis mutandis Kesyan c. Russia, no 36496/02, § 58, 19 ottobre 2006). Apparteneva loro ad ogni modo di fare appello alle autorità amministrative competenti per ottenere le informazioni necessarie, e di assicurarsi della loro collaborazione ai fini della regolarità del procedimento di citazione delle parti (vedere sopra § 18) e di garantire un seguito consolidato di questa (vedere § 26, il diritto interno pertinente,) allo stesso tempo. Peraltro, stima che il diritto di vedere la sua causa esaminata in un termine ragionevole sarebbe privato di ogni senso se i tribunali nazionali ritardassero l’esame di una causa parecchie volte, in ragione delle irregolarità nel procedimento di citazione o per mancanza da parte loro di reagire di fronte al comportamento delle parti, anche se alla fine del procedimento la durata cumulata non sembrava particolarmente eccessiva.
37. La Corte nota peraltro, in particolare un ritardo importante in ragione della controperizia (§§ 7 e 9 sopra). Se è vero che la produzione dei rapporti di perizia può allungare il procedimento, la Corte osserva che i tribunali sono sovrani per respingere le obiezioni delle parti che non stimano pertinenti per evitare un allungamento eccessivo del procedimento. Constata peraltro che tutte le perizie sono state stimate necessarie ai fini di illuminare le circostanze della causa, malgrado l’impossibilità dei tribunali di arrivare ad una constatazione definitiva. Quindi, sebbene il tribunale di prima istanza abbia provato a contattare il perito il 16 marzo 1998, dopo avergli inflitto una multa il 10 dicembre 1997, niente spiega la mancanza di misure effettive fino a questa data. A questo riguardo, la Corte ricorda che il perito, indipendente nella determinazione del suo rapporto, resta tuttavia sottomessi al controllo delle autorità giudiziali, sono tenute a garantire il buon svolgimento della perizia (sentenza Capuano c. Italia del 25 giugno 1987, serie A no 119-1, § 25, Antonov c. Russia, (dec.), 38020/03, 3 novembre 2005).
38. A riguardo infine del comportamento dei richiedenti, a parte la richiesta di rinvio ad una nuova udienza sollecitata dal loro avvocato il 30 giugno 1997 (§30), la Corte non scopre dei ritardi significativi che sarebbero imputabili loro. Peraltro, sebbene la loro insistenza per procedere all’ascolto del testimone abbia potuto contribuire in una certa misura all’allungamento del procedimento, non si potrebbe rimproverare loro di avere provato a difendere la loro causa, ciò tanto più che questi rinvii dovuti alla mancanza del testimone sono coincisi per la maggior parte coi rinvii dovuti alle irregolarità del procedimento di citazione ed alla mancanza di informazioni in quanto allo stato civile degli accusati.
39. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
40. Sulla base dell’articolo 6 § 1 precitato, i richiedenti si lamentano della conclusione del procedimento, in particolare del fatto che i tribunali non hanno interrogato tutto gli accusati prima di pronunciare il loro proscioglimento. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli.
41. I richiedenti si lamentano infine del fatto che la lunghezza del procedimento controverso ha recato offesa al diritto al rispetto dei loro beni come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
42. Avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 6 § 1, § 38 sopra, la Corte stima che c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello ammissibile, ma che non c’è non luogo di deliberare sul merito, se c’è stato, nello specifico, violazione di questa disposizione (vedere mutatis mutandis Zanghì c. Italia, sentenza del 19 febbraio 1991, serie A no 194-C, § 23, Efimenko c. Ucraina, no 55870/00, § 68, 18 luglio 2006, Kovacheva e Hadjiilieva c. Bulgaria, no 57641/00, § 38, 29 marzo 2007).
III SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
43. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
44. I richiedenti chiedono 487 663 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbero subito in ragione dell’impossibilità di godere dei loro terreni così come a titolo di profitto non incassato del raccolto su questi terreni. Richiedono inoltre 38 200 EUR a titolo del danno morale.
45. Il Governo si oppone alle pretese dei richiedenti.
46. La Corte ricorda di avere concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della durata del procedimento. Quindi, non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno patrimoniale addotto e respinge questa richiesta. In compenso, stima che i richiedenti hanno subito un torto morale a causa della durata eccessiva del procedimento. Deliberando in equità, accorda loro congiuntamente 2 400 EUR a questo titolo.
B. Oneri e spese
47. I richiedenti chiedono anche 2 364 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte e producono a questo riguardo certi giustificativi.
48. Il Governo contesta queste pretese.
49. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, accorda in equità 63 EUR ai richiedenti per ogni onere compreso.
C. Interessi moratori
50. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per ciò che riguarda il motivo di appello fondato sulla durata del procedimento, articolo 6 § 1 della Convenzione, e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione le seguenti somme da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento:
i. 2 400 EUR (duemila quattro cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 63 EUR (sessantatre euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza del termine sopra-indicato e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE PALAMARIU c. ROUMANIE
(Requête no 17145/04)
ARRÊT
STRASBOURG
19 janvier 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Palamariu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 15 décembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 17145/04) dirigée contre la Roumanie et dont deux ressortissants de cet État, M. C. P. et Mme D. P. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 9 mars 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 23 avril 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants, mari et femme, sont nés respectivement en 1932 et 1940 et résident à Bacău.
5. Le 22 décembre 1995, conjointement à trois autres personnes, ils déposèrent devant le tribunal de première instance de Bacău une plainte avec constitution de partie civile contre D.C., T.D., et B.C., qu’ils accusèrent d’atteinte à leur droit de propriété, au motif qu’ils avaient occupé des terrains pour lesquels ils détenaient depuis 1993 des titres de propriété. Ils demandèrent, à titre de réparation, soit des dédommagements soit l’équivalent de la récolte obtenue sur leurs terrains.
6. Au cours des vingt et une audiences qui s’ensuivirent, le tribunal aborda le fond de l’affaire et accueillit l’offre de preuves des parties notamment un rapport d’expertise technique. Le but du rapport tel qu’établi par le tribunal sur demande des parties était d’établir les emplacements exacts des terrains afin de mettre en évidence quelles surfaces étaient occupées sans droit par les accusés, ainsi que la valeur de la récolte dont les parties lésées auraient pu profiter si elles avaient été en possession des terrains.
A trois reprises, les audiences furent ajournées pour des problèmes de procédure. Ainsi, le 5 février 1996 le tribunal reporta les débats au 11 mars 1996, étant donné que le procureur n’avait pas été convoqué, alors que la nature de l’infraction exigeait sa présence au cours du jugement. Ensuite, du 6 mai 1996 au 30 septembre 1996, les débats furent ajournés pour des irrégularités de la procédure de citation d’une des parties lésées.
7. Le 21 octobre 1996 le rapport d’expertise fut déposé et remis aux parties.
Le 2 décembre 1996 les parties lésées présentèrent leurs objections au rapport, contestant le montant de la contrevaleur de la récolte. Elles demandèrent une contre-expertise, demande qui fut accueillie par le tribunal. Du 17 février 1997 au 30 juin 1997, les débats furent ajournés faute pour l’expert d’avoir déposé le rapport de contre-expertise.
8. Le 30 juin 1997 l’avocat des parties lésées demanda un ajournement au motif qu’il ne pouvait pas se présenter pour des raisons de santé et sollicita, en même temps, qu’un nouveau expert soit nommé pour rédiger la contre-expertise.
9. Du 30 juin 1997 au 30 mars 1998 les débats furent ajournés au motif que le rapport de contre-expertise n’avait pas été déposé. Lors des audiences du 10 décembre 1997 et 16 mars 1998, le tribunal infligea une amende à l’expert et essaya ensuite de le contacter téléphoniquement.
Le rapport fut finalement déposé le 30 mars 1998.
10. S’appuyant sur les conclusions de cette contre-expertise, le 6 avril 1998, l’avocat des parties lésées demanda à ce que d’autres personnes soient introduites dans la procédure, étant donné que d’après la contre-expertise, celles-ci occupaient une partie des terrains des parties lésées. Les débats furent reportés au 13 avril 1998. A cette dernière date, les parties lésées présentèrent des objections à la contre-expertise et demandèrent un supplément à ce rapport, au motif que l’expert n’avait pas bien précisé l’emplacement des terrains appartenant à deux des parties lésées et qu’en outre, il n’avait pas actualisé la valeur des dédommagements exigés. Le tribunal ne se prononça pas sur leur demande à ce titre, ajournant les débats et ensuite le prononcé du jugement pour manque de temps pour délibérer les 27 avril 1998 et le 4 mai 1998 respectivement.
11. Le tribunal rendit son jugement le 11 mai 1998. Considérant que les conclusions de l’expertise n’étaient pas fiables, le tribunal fonda son raisonnement sur le rapport de contre-expertise qui précisait les surfaces de terrain effectivement occupées par les accusés et acquitta D.C., T.D., et B.C en vertu de l’article 10d) du code de procédure pénale, considérant que l’infraction manquait d’élément subjectif, à savoir une intention frauduleuse d’abuser de la possession des terrains et donc de porter préjudice. Pour ce faire, le tribunal constata que les accusés avaient occupé ces terrains en ayant la conviction qu’ils avaient le droit de les occuper parce que, jadis ces terrains étaient leurs propriétés. Néanmoins, il condamna T.D. à laisser à deux des parties lésées la possession du terrain et leur accorda des dédommagements au civil. Les requérants et les trois autres parties lésées formèrent recours contre ce jugement.
12. L’affaire fut envoyée devant le tribunal départemental de Bacău. Une seule audience eut lieu devant ce tribunal, le 22 septembre 1998, quand le tribunal reporta les débats au 27 octobre 1998, pour une irrégularité dans la procédure de citation à l’égard de la requérante.
13. Par un arrêt du 27 octobre 1998 le tribunal départemental de Bacău accueillit le recours des parties, cassa le jugement et renvoya l’affaire devant le tribunal de première instance. Le tribunal constata que l’affaire n’avait pas été analysée au fond à l’égard des cinq parties lésées, et que de plus, il n’avait pas indiqué en quoi consisterait la réparation au civil des dommages causés par T.D.
14. L’affaire fut renvoyée devant le tribunal de première instance. Au cours de la procédure, une des parties lésées décéda et leur avocat demanda à ce que ses héritiers soient introduits dans la procédure.
15. Au cours des vingt-neuf audiences tenues devant ce tribunal, l’affaire fut de nouveau abordée au fond et le tribunal procéda à l’audition des parties et des témoins ainsi qu’à l’administration d’un nouveau rapport d’expertise.
16. Lors de l’audience du 11 février 1999, l’avocat des parties lésées demanda à nouveau que d’autres personnes soient introduites dans la procédure, étant donné que, d’après les conclusions du rapport de contre-expertise, d’autres personnes que celles initialement visées par la plainte occupaient les terrains. Le tribunal fit droit à sa demande et renvoya le dossier devant la police au vue d’identifier ces personnes. Le 25 mai 1999 la police présenta devant le tribunal un rapport indiquant le nom d’autres personnes identifiées comme occupant les terrains en question. Il ressort du dossier qu’à part les trois personnes accusées par la plainte initiale, dix autres personnes avaient été identifiées.
17. Le 23 septembre 1999, les parties demandèrent un rapport d’expertise technique et l’audition d’un témoin. Le rapport d’expertise fut produit après deux ajournements, le 3 février 2000. Pour ce qui est du témoin proposé par les requérants et les autres parties lésées, nonobstant les mandats de comparution et l’amende infligée par le tribunal, son audition n’eut pas lieu, le témoin refusant de comparaître.
18. Trois nouveaux inculpés furent interrogés devant le tribunal. La procédure connut plusieurs périodes d’inactivité.
D’abord entre le 2 mars 2000 et le 6 décembre 2001, quand les conclusions sur le fond de l’affaire furent présentées, les débats furent ajournés quatorze fois pour des périodes d’environ un mois et trois mois respectivement, pendant la période des vacances judiciaires, pour manque d’informations quant aux données d’état civil des inculpés, ou quant aux héritiers des parties décédées, faute pour les autorités administratives d’avoir fourni ces informations à temps, ainsi que pour des irrégularités de la procédure de citation de diverses parties. Ces informations étaient nécessaires au vue de la citation des parties.
Ensuite, du 19 avril 2001 au 31 mai 2001 les débats furent ajournés sur demande du procureur pour qu’un autre dossier concernant trois des inculpés soit joint à l’affaire, car il portait sur les mêmes faits et personnes.
19. Le 10 décembre 2001 le tribunal rendit son jugement. S’appuyant sur les conclusions de toutes les expertises, il jugea que les surfaces que les accusés occupaient sur les terrains des parties lésées ne pouvaient pas être précisées concrètement, ce qui rendait encore plus difficile leur identification par les accusés qui les avaient occupés en étant convaincus qu’il s’agissait des anciens emplacements hérités de leurs parents. Ce faisant, il acquitta onze inculpés, y inclus ceux qui n’avaient pas pu être cités à comparaître, en vertu de l’article 10d) du code de procédure pénale, faute d’élément subjectif.
Concernant les autres inculpés, le tribunal clôtura le procès à leur égard pour cause de décès ou faute pour les parties d’avoir introduit une plainte pénale, après les conclusions du rapport de la police.
20. Concernant le volet civil, le tribunal jugea qu’il était dans l’impossibilité de trancher, compte tenu de l’impossibilité d’identifier les emplacements des terrains, malgré les expertises, et conclut enfin que ce problème devrait être tranché dans le cadre d’un litige civil. Le parquet et les parties lésées formèrent recours contre ce jugement.
21. Le tribunal départemental de Bacău fut investi de l’affaire. Lors de la seule audience du 5 mars 2002 il reporta au 2 avril 2002 les débats pour défaut de citation de deux des inculpés et pour saisir le barreau de Bacău afin d’assurer la défense d’office de tous les inculpés.
22. Par un arrêt du 2 avril 2002, le tribunal accueillit les recours et cassa le jugement en raison de l’omission du tribunal de se prononcer sur la demande des parties d’obtenir des dédommagements ou l’équivalent de la récolte. Il jugea par ailleurs que, bien que les expertises produites au cours de la procédure aient été contradictoires, elles n’avaient pas une valeur probante absolue et que le tribunal aurait dû, aux fins d’établir l’emplacement des terrains, comparer ces expertises aux dépositions des témoins et des parties. L’affaire fut renvoyée devant le tribunal de première instance.
23. Sur dix audiences qui eurent lieu devant ce tribunal après l’enregistrement de l’affaire, neuf furent ajournées, entre le 16 mai 2002 et le 6 mars 2003, pour des irrégularités de la procédure de citation des parties ou des témoins ou pour manque des renseignements nécessaires afin d’établir l’état civil et le domicile des inculpés. Le 6 mars 2003, les débats furent ajournés pour manque de temps pour délibérer.
24. Le jugement fut rendu le 20 mars 2003. Sur le fond de l’affaire, le tribunal constata que les titres des parties lésées avaient été délivrés sans mise en possession au préalable et qu’ils avaient commencé à les utiliser en 1995, alors que, les accusés utilisaient ces terrains depuis 1991. En outre, il constata que ces terrains avaient été sous l’administration successive de plusieurs communes avant de passer sous l’administration de la ville de Bacău de sorte que, compte tenu de cette confusion, les accusés avaient pu nourrir la conviction légitime qu’ils occupaient les anciens emplacements qu’ils avaient jadis détenus, les emplacements exacts des terrains n’étant pas exactement identifiés. Pour ce motif précis, il acquitta onze inculpés en vertu de l’article 10b) du code de procédure pénale, les faits en question ne relevant pas de la loi pénale et clôtura la procédure à l’égard de deux d’entre eux qui étaient décédés.
Au vu du motif de l’acquittement, en vertu de l’article 346.4 du code de procédure pénale il ne se prononça pas sur le volet civil. Toutes les parties lésées interjetèrent recours.
Il ressort du dossier que trois des inculpés ne comparurent jamais devant les tribunaux au cours de la procédure.
25. A une date non précisée, le recours fut enregistré devant le tribunal départemental de Bacău. Sur deux audiences qui eurent lieu devant ce tribunal, l’une fut ajournée, le 24 juin 2003 pour qu’un des inculpés puisse engager un avocat et la dernière le 22 juillet 2003 au motif que certains membres de la formation de jugement étaient incompatibles, puisqu’ils avaient fait partie de la formation de jugement ayant connu au préalable l’affaire.
Par un arrêt du 9 septembre 2003 le tribunal départemental de Bacău jugeant du bien fondé du jugement, tant sous le volet pénal que sur le volet civil rejeta leurs recours et confirma le jugement.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
26. Les dispositions pertinentes du code de procédure pénale se lisent ainsi :
«177. L’accusé ou l’inculpé est cité à l’adresse où il habite, et si, cette adresse n’est pas connue, à son lieu de travail (…).
177.4. Si l’adresse ou le lieu de travail ne sont pas connus, la citation doit être affichée au siège du conseil local du lieu de l’infraction. (…)
180. Si la personne a changé d’adresse, l’agent affiche la citation sur la porte de son domicile et prend des informations aux fins de trouver la nouvelle adresse, en mentionnant dans le procès-verbal les dates ainsi obtenues. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
27. Les requérants allèguent que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
28. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse et estime que l’affaire revêtait une complexité particulière compte tenu du nombre des parties, de la complexité des preuves et de la nécessité de permettre à ces dernières de présenter leurs conclusions et objections à l’expertise.
29. La Cour se doit de rappeler d’abord, s’agissant de la durée d’une procédure pénale avec constitution de partie civile, qu’elle a déjà jugé que cette dernière entre dans le champ d’application de l’article 6, et que la période à considérer débute à la date à laquelle le requérant s’est prévalu de son droit de caractère civil (Pfleger c. République tchèque, no 58116/00, § 46, 27 juillet 2004) à savoir dès l’acte de constitution de partie civile.
30. En l’espèce, la période à considérer a débuté le 22 décembre 1995 avec le dépôt de la plainte pénale comportant constitution de partie civile devant le tribunal de première instance de Bacău, et s’est terminée le 9 septembre 2003 par l’arrêt de la cour d’appel de Bacău. Elle a donc duré sept ans, huit mois, et neuf jours pour deux degrés de juridictions.
A. Sur la recevabilité
31. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention Elle relève en outre qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
32. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par sa jurisprudence, en particulier la complexité de l’affaire, le comportement des requérants et celui des autorités compétentes ainsi que l’enjeu du litige pour les intéressés (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII, Hartman c. République tchèque, no 53341/99, § 73, CEDH 2003-VIII)). Elle rappelle également qu’il incombe aux États contractants d’organiser leur système judiciaire de telle sorte que leurs juridictions puissent garantir à chacun le droit d’obtenir une décision définitive dans un délai raisonnable (Löffler c. Autriche, no 30546/96, § 21, 3 octobre 2000).
33. Pour ce qui est de la complexité de l’affaire, la Cour estime d’abord que l’affaire ne revêtait pas, du moins à son début une complexité particulière, vu la nature de l’infraction objet de la plainte (trouble de possession). A supposer même qu’après l’introduction dans la procédure d’autres personnes, la procédure ait pu se compliquer par le fait de la participation de plusieurs parties et des expertises jugées nécessaires par les tribunaux, la Cour observe que cela n’explique pas la durée de la procédure.
34. La Cour relève surtout que l’affaire a été cassée avec renvoi en première instance deux fois, en raison des omissions imputables au tribunal de première instance d’examiner la plainte à l’égard de toutes les parties et ensuite en raison de l’omission de se prononcer sur la partie de la plainte concernant les dédommagements (voir §§ 13 et 22). Bien que la Cour ne soit pas compétente pour analyser la manière dont les juridictions nationales ont interprété et appliqué le droit interne, vu la durée importante devant ce tribunal (environ deux ans et environ trois ans respectivement après cassation) et le nombre des audiences, elle considère toutefois que les cassations successives avec renvoi sont dues aux erreurs commises par les juridictions inférieures lors de l’examen de l’affaire (Wierciszewska c. Pologne, no 41431/98, 25 novembre 2003, § 46). En outre, la répétition de telles cassations dénote une déficience de fonctionnement du système judiciaire national (Cârstea et Grecu c. Roumanie, no 56326/00, § 42, 15 juin 2006).
35. La Cour relève en outre que la procédure a été marquée par des périodes d’inactivité dues à des irrégularités répétées de la procédure de citation des parties et au manque d’informations quant à l’état civil des inculpés (voir notamment §§ 6, 12, 18, 21 et 23). Ces irrégularités sont à l’origine d’un retard d’environ deux ans et six mois de la durée globale de la procédure. Bien qu’elle ne puisse pas ignorer les difficultés qui ralentissent parfois l’examen des litiges dont connaissent les juridictions nationales (Vernillo c. France, arrêt du 20 février 1991, série A no 198, § 38), la Cour estime que ces délais sont imputables aux autorités et qu’il n’appartenait pas aux requérants d’indiquer le domicile des inculpés. En tout état de cause il ne ressort pas du dossier qu’ils détenaient des renseignements à cet égard, la plupart des inculpés étant nouveaux dans la procédure. En outre, elle ne peut que constater que, jusqu’à la fin de la procédure, les tribunaux n’ont pas localisé l’ensemble des inculpés.
36. La Cour considère dès lors que les tribunaux devaient réagir face aux difficultés rencontrées pour localiser toutes les parties à la procédure et pour discipliner leur comportement (voir mutatis mutandis Kesyan c. Russie, no 36496/02, § 58, 19 octobre 2006). Il leur appartenait en tout état de cause de faire appel aux autorités administratives compétentes afin d’obtenir les renseignements nécessaires, et de s’assurer de leur collaboration aux fins de la régularité de la procédure de citation des parties (voir § 18 ci-dessus) et d’assurer en même temps un suivi constant de celle-ci (voir § 26, le droit interne pertinent). Par ailleurs, elle estime que le droit de voir sa cause examinée dans un délai raisonnable serait dépourvu de tout sens si les tribunaux nationaux retardaient l’examen d’une affaire plusieurs fois, en raison des irrégularités dans la procédure de citation ou faute pour eux de réagir face au comportement des parties, même si à la fin de la procédure la durée cumulée ne semblait pas particulièrement excessive.
37. Par ailleurs, la Cour note un retard important en raison notamment de la contre-expertise (§§ 7 et 9 ci-dessus). S’il est vrai que la production des rapports d’expertise peut allonger la procédure, la Cour observe que les tribunaux sont souverains pour rejeter les objections des parties qu’ils n’estiment pas pertinentes afin d’éviter un allongement excessif de la procédure. Elle constate par ailleurs que toutes les expertises ont été estimées nécessaires aux fins d’éclairer les circonstances de l’affaire, malgré l’impossibilité des tribunaux d’aboutir à un constat définitif. Dès lors, bien que le tribunal de première instance ait essayé de contacter l’expert le 16 mars 1998, après lui avoir infligé une amende le 10 décembre 1997, rien n’explique l’absence de mesures effectives jusqu’à cette date. A cet égard, la Cour rappelle que l’expert, indépendant dans l’établissement de son rapport, reste néanmoins soumis au contrôle des autorités judiciaires, tenues d’assurer le bon déroulement de l’expertise (arrêt Capuano c. Italie du 25 juin 1987, série A no 119-1, § 25, Antonov c. Russie, (dec.), 38020/03, 3 novembre 2005).
38. Concernant enfin le comportement des requérants, à part la demande de renvoi à une nouvelle audience sollicitée par leur avocat le 30 juin 1997 (§30), la Cour ne décèle pas de retards significatifs qui leur seraient imputables. Par ailleurs, bien que leur insistance pour procéder à l’audition du témoin ait pu participer dans une certaine mesure à l’allongement de la procédure, l’on ne saurait leur reprocher avoir essayé de défendre leur cause, cela d’autant plus que ces ajournements dus à l’absence du témoin coïncident pour la plupart avec les ajournements dus aux irrégularités de la procédure de citation et au manque d’informations quant à l’état civil des inculpés.
39. A la lumière de ce qui précède, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1.
II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION ET DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
40. Sur la base de l’article 6 § 1 précité, les requérants se plaignent de l’issue de la procédure, notamment du fait que les tribunaux n’ont pas interrogé tous les inculpés avant de prononcer leur acquittement. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par la Convention ou ses Protocoles.
41. Les requérants se plaignent enfin de ce que la longueur de la procédure litigieuse a porté atteinte au droit au respect de leurs biens tel que garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
42. Eu égard au constat relatif à l’article 6 § 1 (§ 38 ci-dessus), la Cour estime qu’il y a lieu de déclarer ce grief recevable, mais qu’il n’y pas lieu de statuer sur le fond, s’il y a eu, en l’espèce, violation de cette disposition (voir mutatis mutandis Zanghì c. Italie, arrêt du 19 février 1991, série A no 194-C, § 23, Efimenko c. Ukraine, no 55870/00, § 68, 18 juillet 2006, Kovacheva et Hadjiilieva c. Bulgarie, no 57641/00, § 38, 29 mars 2007).
III SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
43. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
44. Les requérants demandent 487 663 euros (EUR) au titre du dommage matériel qu’ils auraient subi en raison de l’impossibilité de jouir de leurs terrains ainsi qu’au titre de profit non encaissé de la récolte sur ce terrains. Ils réclament en outre 38 200 EUR au titre du dommage moral.
45. Le Gouvernement s’oppose aux prétentions des requérants.
46. La Cour rappelle avoir conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison de la durée de la procédure. Dès lors, elle n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué et rejette cette demande. En revanche, elle estime que les requérants ont subi un tort moral du fait de la durée excessive de la procédure. Statuant en équité, elle leur accorde conjointement 2 400 EUR à ce titre.
B. Frais et dépens
47. Les requérants demandent également 2 364 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour et produisent certains justificatifs à cet égard.
48. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
49. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, elle accorde en équité 63 EUR aux requérants pour tous frais confondus.
C. Intérêts moratoires
50. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable pour ce qui est du grief fondé sur la durée de la procédure (article 6 § 1 de la Convention) et de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 ;
4. Dit
a) que l’État défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention les sommes suivantes à convertir dans la monnaie de l’État défendeur au taux applicable à la date du règlement :
i. 2 400 EUR (deux mille quatre cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 63 EUR (soixante-trois euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration du délai sus-indiqué et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 19 janvier 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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