SECONDA SEZIONE
CAUSA PAK C. TURCHIA
( Richiesta no 21516/04)
SENTENZA
STRASBURGO
26 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Pak c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 21516/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. H. P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 maggio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente adduce una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 7 maggio 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1945 e risiede ad Ordu. Il 20 febbraio 1942, un terreno di 6 108,21 m2 era stato registrato a nome del de cujus del richiedente (numero di riferimento 48, isolato 127, appezzamento 11).
6. Il richiedente diventò proprietario tramite donazione di un terreno di 3 250 m², composto di sei dei settantadue lotti di una superficie totale di 39 000 m2 e situati nel villaggio di Yenisayaca, ad Ulubey (Ordu). Nei due atti di proprietà stabiliti il 9 gennaio 1964 ed il 19 giugno 1970, il suo terreno era qualificato come terreno agricolo.
7. In una data non precisata, la commissione catastale registrò questo terreno sul registro fondiario a nome del richiedente (sotto l’isolato 127, appezzamento 11).
8. Il 24 gennaio 2002, la Direzione generale delle foreste (“la direzione”) investì la corte d’appello di Ulubey di un’azione di annullamento dell’iscrizione da parte della commissione catastale del terreno sul registro fondiario a nome del richiedente e ne chiese la re iscrizione a suo nome al motivo che faceva parte della tenuta forestale.
9. Il 5 novembre 2002, il tribunale ordinò una perizia sui luoghi. Nel rapporto del 14 novembre 2002, l’esperto topografo attestava che la registrazione concernente l’atto di proprietà originaria che era stata stabilita nell’aprile 1909 sotto il numero 164, così come le registrazioni ulteriori del 20 febbraio 1942, del 9 gennaio 1964, del 19 giugno 1970 e del 8 settembre 1970, corrispondevano al terreno controverso. Il perito forestale, in quanto a lui, indicava che il terreno faceva parte della tenuta forestale.
10. Il 22 novembre 2002, il tribunale, basandosi sui rapporti di perizia, fece diritto all’istanza della direzione. Notava che il terreno era stato prima di carattere forestale e che era stato convertito in un sfruttamento di noccioli in seguito, a dispetto delle disposizioni della legge no 6831 secondo la quale i terreni della tenuta forestale non potevano appartenere ad un proprietario privato.
11. Il 28 febbraio 2003, il richiedente ricorse in cassazione. Sosteneva che il terreno controverso era un campo di noccioli, come tutti gli altri terreni attigui, e che era qualificato come tale al registro fondiario da quando ne era diventato proprietario nel 1964 ed anche prima.
12. Con una sentenza del 25 settembre 2003, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato. Questa sentenza fu notificata al richiedente il 5 novembre 2003.
13. Il 22 marzo 2004, la Corte di cassazione rigettò il ricorso per rettifica formato dal richiedente, al motivo che il valore dichiarato della controversia doveva essere superiore a 600 000 000 di lire turche (TRL), mentre nello specifico era solo di 386 527 528 TRL, circa 329 euro al 24 gennaio 2002.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. Il diritto e la pratica interna pertinenti nello specifico sono descritte nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
15. Il richiedente sostiene che l’annullamento del suo titolo di proprietà, in mancanza di un motivo di utilità pubblica e senza il versamento di un’indennità, costituisce un attentato sproporzionato al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
16. Il Governo sostiene in quanto a lui che le vie di ricorso interne non sono state esaurite. Si riferisce ad un giudizio in cui un individuo il cui titolo di proprietà era stato, su richiesta della Direzione generale delle foreste, trasferita al Tesoro pubblico nelle condizioni simili, ha ottenuto risarcimento. Peraltro, sostiene che il richiedente avrebbe dovuto intentare un ricorso di piena giurisdizione dinnanzi ai tribunali amministrativi o chiedere dei danno-interessi in virtù dell’articolo 1007 del codice civile.
17. La Corte ricorda che ha respinto già tale eccezione nelle cause Köktepe c. Turchia (no 35785/03, § 74, 22 luglio 2008), Turgut ed altri (precitata, §§ 76 a 81) e Rimer ed altri c. Turchia (no 18257/04, §§ 25 a 30, 10 marzo 2009). Non rileva nella presente causa nessuna circostanza che possa portarla a scostarsi delle sue precedenti conclusioni. Pertanto, respinge l’eccezione preliminare del Governo.
18. La Corte constata peraltro che il motivo di appello sollevato dal richiedente non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e lei rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
19. Per ciò che riguarda il merito della causa, il Governo, che fa riferimento alla giurisprudenza in materia della Corte (vedere, tra altre, Dağalaş ed altri c. Turchia, (dec.), no 51326/99, 29 settembre 2005, e Özden c. Turchia (no 1), no 11841/02, 3 maggio 2007) sostiene che il richiedente non aveva né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedere concretarsi un qualsiasi credito reale ed esigibile ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Alternativamente, sostiene che nello specifico, l’azione di annullamento dell’iscrizione da parte della commissione catastale del terreno sul registro fondiario non aveva per scopo di annullare il titolo di proprietà del richiedente.
Inoltre, riferendosi alla decisione della Corte nella causa Ansay c. Turchia ( dec.), no 49908/99, 2 marzo 2006, il Governo sostiene che la privazione di proprietà aveva per scopo di proteggere le foreste pubbliche. Aggiunge, ricordando l’articolo 169 della Costituzione, che i terreni facentiparte della tenuta forestale non possono essere oggetto di una proprietà privata.
20. Per i principi generali in materia la Corte rinvia, alla sua sentenza Turgut ed altri (precitata, §§ 86-87).
21. Nello specifico, la Corte non aderisce alla tesi del Governo secondo la quale l’azione per annullamento della registrazione del terreno da parte della commissione catastale non aveva per scopo di annullare il titolo di proprietà del richiedente. Alla vista degli elementi della pratica, nota che non è contestato dalle parti che il richiedente disponeva di un titolo di proprietà. Rileva che l’interessato ha versato alla pratica due titoli di proprietà del 9 gennaio 1964 e del 19 giugno 1970 dimostrando che aveva acquisito tramite donazione sei dei settantadue lotti di un terreno di una superficie totale di 39 000 m2. Osserva inoltre che una perizia ha concluso che le registrazioni che figurano sul registro fondiario, fondamento del titolo di proprietà del richiedente, corrispondevano al terreno controverso (paragrafo 10 sopra). Rileva che l’annullamento da parte del tribunale della registrazione effettuata dalla commissione catastale che si era basata sullo stesso registro fondiario e lo stesso titolo di proprietà del tribunale, ha avuto per risultato di annullare il titolo di proprietà del richiedente; ora questo titolo di proprietà non avrebbe potuto essere invalidato se il terreno controverso non fosse stato considerato come tenuta forestale nella cornice delle disposizioni della legge no 6831 relativo alle foreste ( paragrafo 11 sopra).
22. La Corte osserva poi che, fino all’annullamento della registrazione da parte del tribunale e di conseguenza fino all’invalidazione del titolo di proprietà del richiedente, questo era in pratica il proprietario del bene secondo le disposizioni del diritto interno. Nota che c’è stata ingerenza nell’esercizio del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni a ragione della qualifica di tenuta forestale pubblica assegnata al terreno controverso e che questa ingerenza si analizza in una “privazione” di proprietà al senso della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
23. La Corte ricorda di avere già concluso, dopo esame di un motivo di appello identico a quello presentato dal richiedente, alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, stimando che, senza il versamento di una somma ragionevolmente in rapporto col valore del bene, una privazione di proprietà costituiva normalmente un attentato eccessivo, e che una mancanza totale di indennizzo potrebbe giustificarsi sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo in circostanze eccezionali (Turgut ed altri, precitata, §§ 86-93). Nello specifico, rileva che il richiedente non ha ricevuto in compenso nessun indennizzo del trasferimento di proprietà del suo bene al Tesoro pubblico e che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente (Turgut ed altri, precitata, § 92).
24. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Il richiedente richiede 60 000 TRL, circa 28 570 EUR, per danno patrimoniale. Nessuna altra richiesta è stata formulata.
26. Il Governo invita la Corte a respingere questa richiesta che giudica senza fondamento.
27. Alla luce della sua giurisprudenza in materia, la Corte considera che il richiedente ha subito un danno patrimoniale certo. Stima quindi appropriato fissare una somma forfetaria. Avuto riguardo alle informazione di cui dispone e deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole accordare al richiedente la somma di 10 000 EUR per danno patrimoniale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma, abbinata ad interessi moratori ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea, aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione (10 000 EUR, diecimila euro) per danno patrimoniale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 26 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa