Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Termine ragionevole
SECONDA SEZIONE
CAUSA PACIFICO ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numeri 34389/02, 34390/02, 34392/02 e 34458/02)
SENTENZA
STRASBURGO
15 novembre 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Pacifico ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ineta Ziemele, presidentessa,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, giudici e
da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 ottobre 2012,
Rende la sentenza che ha, adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste, numeri 34389/02, 34390/02, 34392/02 e 34458/02, dirette contro la Repubblica italiana e in cui dei cittadini di questo Stato, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Benevento. I dettagli concernente i richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano nel quadro qui accluso alla presente sentenza.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. I.M. Braguglia ed il suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 3 settembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Siccome lo permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero esaminati l’ammissibilità ed il fondo di queste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti, parti ai procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni competenti al senso della legge “Pinto” per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano delle informazione contenute nel quadro qui accluso alla presente sentenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e le pratica interna pertinenti relativi alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detto “legge Pinto”, figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
9. Il Governo si oppone alla decisione della Corte di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito delle richieste, come previsto all’articolo 29 § 3 della Convenzione. Stima che le richieste non suscitano simile approccio, in ragione delle particolarità legate alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed alla data di deposito delle decisioni “Pinto.”
10. La Corte rileva, da una parte, che il Governo non ha supportato il suo argomento derivato dalle particolarità delle richieste. Osserva, altro parte, che il procedimento di esame congiunge in questione non impedisco un esame attento delle questioni sollevate e degli argomenti invocati dal Governo (vedere, mutatis mutandis, Léo Zappia c. Italia, no 77744/01, §§ 12-14, 29 settembre 2005. Quindi, non c’è luogo di fare seguito all’istanza del Governo.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto.”
12. Il Governo oppone a questa tesi.
13. L’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
14. Il Governo eccepisce della non -esaurimento delle vie di ricorso interne per il fatto che i richiedenti non hanno investito la Corte di cassazione al senso del legge “Pinto.”
15. Nella causa Scordino (, déc.), no 36813/97, CEDH 2003-IV, la Corte aveva stimato da una parte che quando un richiedente si lamenta unicamente dell’importo dell’indennizzo non è tenuto alle fini dell’esaurimento delle vie di ricorso interno di ricorrersi in cassazione contro la decisione della corte di appello e di altra parte che il richiedente può continuare a definirsi “vittima” al senso dell’articolo 34 della Convenzione nella misura in cui anche se la corte di appello ha riconosciuto l’esistenza della durata eccessiva del procedimento, la somma accordata non saprebbe essere considerata come adeguata per riparare il danno e la violazione addotta.
16. Per arrivare a questa conclusione, la Corte si era basata sull’esame di un centinaio di sentenze della Corte di cassazione e non aveva trovato nessuno caso dove la Corte di cassazione aveva preso in considerazione un motivo di appello derivato di ciò che l’importo accordato dalla corte di appello era insufficiente rispetto al danno addotto o inadeguato rispetto alla giurisprudenza di Strasburgo.
17. La Corte ricorda anche che nel gennaio 2004, la Corte di cassazione, con le sentenze nostri 1338, 1339, 1340 e 1341, hanno posto il principio secondo che “la determinazione del danno extrapatrimoniale effettuato dalla corte di appello conformemente all’articolo 2 della legge nº 89/2001, sebbene con natura fondata sull’equità, deve intervenire in un ambiente che è definito dal diritto poiché bisogna riferirsi agli importi assegnati, nelle cause simili, con la Corte di Strasburgo di cui è permesso di allontanarsi ma in modo ragionevole”, vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 24-25. In seguito a questo cambiamento improvviso, la Corte ha considerato che a partire dal 26 luglio 2004, data alla quale queste sentenze, ed in particolare la sentenza no 1340 della Corte di cassazione, non potevano più essere ignorati dal pubblico, doveva essere esatto dei richiedenti che consumano del ricorso in cassazione al senso del legge “Pinto” alle fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, Di Salute c. Italia, déc.), precitata; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 42-44.
18. Nello specifico, la Corte rileva che le decisioni dei corsi di appello “Pinto” sono diventate definitive il 15 novembre 2002, richieste nostri 34390/02, 34392/02 e 34458/02, o allora al più tardi il 20 marzo 2003, richiesta no 34389/02, a sapere molto prima la data del 26 luglio 2004. In queste circostanze, la Corte stima che i richiedenti sono dispensati dell’obbligo di esaurire le vie di ricorso interno e che l’obiezione del Governo non saprebbe essere considerata.
2. Requisito di “vittima”
19. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dei corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
20. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente, vedere Delle Cantina e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98. Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Mancanza di danno importante
21. Nelle sue osservazioni depositate alla cancelleria della Corte il 28 aprile 2009, a sapere in vigore circa un anno prima dell’entrata del Protocollo no 14, il Governo solleva un’eccezione derivata della mancanza di danno importante per i richiedenti, al motivo che i corsi di appello “Pinto” hanno di constatato prima, poi accordato un risarcimento adeguato per le violazioni della Convenzione.
22. Si riferisce al testo dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione, come modificato dal Protocollo no 14 secondo che la Corte può dichiarare una richiesta inammissibile quando “il richiedente non ha subito nessuno danno importante, salvo se il rispetto dei diritti dell’uomo garantito dalla Convenzione ed i suoi Protocolli esigono un esame della richiesta al fondo ed a patto di non respingere per questo motivo nessuna causa che non è stata esaminata debitamente da un tribunale interno.”
23. La Corte osserva al primo colpo che il Protocollo no 14 alla Convenzione è entrato in vigore il 1 giugno 2010.
24. C’è luogo dunque di essere incerto sul punto di sapere se le condizioni di applicazione che si trova enunciata 35 § all’articolo 3 b, della Convenzione nella sua redazione conclusione del Protocollo no 14 sono riuniti.
25. Per ciò che è della nozione di “danno importante”, la Corte tiene a sottolineare che non deriva automaticamente per il fatto che le giurisdizioni interne avrebbero riconosciuto, poi accordato un risarcimento per violazione della Convenzione, che non ci sarebbe “danno” nel capo dei richiedenti, come sembro sostenerlo il Governo convenuto. Difatti, la valutazione a proposito della mancanza di un tale “danno” non si ridursi ad una stima puramente economica.
26. La Corte ricorda che per verificare se la violazione di un diritto raggiunge la soglia minima di gravità, c’è luogo di prendere in particolare in conto i seguenti elementi: la natura del diritto presumibilmente violato, la gravità dell’incidenza della violazione addotta nell’esercizio di un dritto e/o le conseguenze eventuali della violazione sulla situazione personale del richiedente. Nella valutazione di queste conseguenze, la Corte esaminerà, in particolare, la posta del procedimento nazionale o la sua conclusione (vedere, Giusti c. Italia, no 13175/03, § 34, 18 ottobre 2011.
27. La Corte rileva che nello specifico, i richiedenti si lamentavano della durata dei procedimenti civili alle quali erano state partite, cadendo sulla riconoscenza del loro diritto al versamento di certi sussidi di invalidità a carattere fondamentalmente vitalizio, richieste nostri 34389/02, 34390/02, 34392/02, o allora del pagamento di oneri professionali che ammontano a 7 038 315 lire [3 635 euro (EUR)] nel 1978, richiesta no 34458/02, ed essendo stesa si su dei periodi compresi tra cinque anni e sette anni per un grado di giurisdizione, richieste i nostri 34389/02 e 34390/02, o tra quasi sette anni e più di ventitre anni per due gradi di giurisdizione, richieste i nostri 34392/02 e 34458/02. All’evidenza, delle tali durate non saprebbero essere compatibili col principio del termine ragionevole previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione. Secondo la Corte, per valutare la gravità delle conseguenze di questo tipo di affermazione, la posta della causa dinnanzi ai giudici nazionali saprebbe essere determinante solamente nell’ipotesi dove il valore sarebbe debole o irrisorio. Ciò non è il caso nell’occorrenza tenuto conto dell’al naturale e/o del valore dei sussidi e degli oneri in questione (vedere quadro qui accluso).
28. Conviene anche notare che i richiedenti avevano investito la Corte alle date comprese tra i 8 settembre 1999 ed il 26 aprile 2000 adducendo una violazione del diritto al rispetto del termine ragionevole sulla base di una giurisprudenza buona invalsa (vedere, entra altri, Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, CEDH 1999-V. Seguito all’entrata in vigore del legge “Pinto”, i richiedenti hanno investito la corte di appello di Roma in quanto giurisdizione competente ai sensi della legge suddetta. Il 4 settembre 2002, hanno ripreso poi, le loro richieste dinnanzi alla Corte. Ora è evidente che i loro passi sono legati alle debolezze del ricorso “Pinto” (vedere, entra altri, Simaldone c. Italia, no 22644/03, § 82, CEDH 2009 -… (brani)), in particolare per ciò che è della modicità degli importi assegnati dai corsi competenti, in particolare prima del cambiamento improvviso della Corte di cassazione (vedere Di Salute c). Italia, precitata). Tutto ciò ha provocato evidentemente un ritardo molto importante nell’esame delle cause degli interessati, ritardo che non saprebbe essere ignorato dalla Corte quando si tratta di valutare l’importanza del danno subito da questi ultimi.
29. Peraltro, non si saprebbe concludere diversamente per il semplice fatto che l’efficacia del rimedio “Pinto” non è stata fino là rimessa in causa (vedere, entra altri, Delle Cantina e Corrado c. Italia, precitata), tanto più che la Corte ha denunciato chiaramente l’esistenza di un problema nel funzionamento del questo (vedere, Simaldone c. Italia, precitata, § 82.
30. Tenuto conto di ciò che precede, c’è luogo di respingere anche questa eccezione.
4. Conclusione
31. La Corte constata che questi motivi di appello incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
32. La Corte constata che i procedimenti controversi sono durati, rispettivamente:
i. no 34389/02: 7 anni per un grado di giurisdizione;
ii. no 34390/02: 5 anni e 4 mesi per un grado di giurisdizione;
iii. no 34392/02: 6 anni e 11 mesi per due gradi di giurisdizione;
iv. no 34458/02: 23 anni e 1 mese per un grado di giurisdizione.
33. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevano delle questioni simili a queste dei casi di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza buona invalsa (vedere, in primo luogo, Cocchiarella precitata. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per gli stessi motivi.
IV. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
34. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano del non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
35. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cantina e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46, e Simaldone c. Italia (precitata, §§ 71-72, l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
36. I richiedenti si lamentano anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbero state vittime di una discriminazione fondata sulla fortuna, tenuto conto degli oneri incorsi per intentare i procedimenti “Pinto”.
37. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che bene che un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, i richiedenti non hanno chiesto l’aiuto giudiziale. Rileva, inoltre, che hanno potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che i corsi di appello ne hanno fatto parte diritto alle loro domande, accordando loro delle somme a titolo degli oneri di procedimento. Non si saprebbe, pertanto, parlare di ostacoli all’esercizio del diritto ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presente dinnanzi a lei i suoi argomenti. Nessuna apparenza di violazione che non può essere scoperta, la Corte dichiara il motivo di appello che cade sugli oneri di procedimento inammissibile perché manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Nicoletti c. Italia, déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997.
38. I richiedenti si lamentano infine, sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione, della mancanza di equità dei procedimenti “Pinto.” Le giurisdizioni “Pinto” non sarebbero imparziali al motivo che i giudici esercitano un controllo sulla condotta di altri colleghi e che la Corte dei conti è tenuta di iniziare un procedimento in responsabilità contro questi ultimi, nel caso in cui la lunghezza di un procedimento interna sarebbe loro imputabile.
39. La Corte ricorda che l’imparzialità di un giudice deve rivalutarsi secondo un passo soggettivo, provando a determinare la convinzione personale di tale giudice in tale occasione, ed anche secondo un passo obiettivo che porta ad assicurarsi che offriva delle garanzie sufficienti per escludere a questo riguardo ogni dubbio legittimo. In quanto alla prima, l’imparzialità personale di un magistrato si presume fino alla prova del contrario. Ora, nessuno elemento della pratica non dà a pensare che le giurisdizioni “Pinto” avevano dei pregiudizi. In quanto al secondo, conduce a chiedere si se, a prescindere della condotta del giudice, certi fatti verificabili autorizzano a sospettare l’imparzialità di questo ultimo.
40. Nello specifico, il timore di un difetto di imparzialità teneva al fatto che i corsi di appello avrebbero potuto respingere i richiedenti al nome di un “spirito di corpo” che porterebbe i giudici “Pinto” a respingere sistematicamente le domande di soddisfazione equa per difendere la condotta di altri giudici. Ora, da una parte la Corte constata che i corsi di appello “Pinto” ne hanno fatto parte diritto alle domande dei richiedenti. Altra parte, le affermazioni dei richiedenti sono vaghe e non supportate. La Corte respinge questi motivi di appello dunque perché globalmente manifestamente male fondati, al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Padovani c. Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie Ha n 257-B, §§ 25-28.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
41. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
42. I richiedenti richiedono le seguenti somme a titolo del danno morale che avrebbero subito.
No richiesta Pretese a titolo del danno morale
1. 34389/02 6 197,48 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
2. 34390/02 6 197,48 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
3. 34392/02 24 789,93 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
4. 34458/02 5 164,57 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
43. Il Governo adduce che i richiedenti non hanno subito, a causa della lunghezza dei procedimenti, nessun danno se non quello già riconosciuto ed indennizzato a livello interno.
44. Tenuto conto della soluzione adottata nel sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146, e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente la somma indicata sotto nel riquadro, paragonate agli importi che avrebbe concesso nella mancanza di vie di ricorso interni, allo visto dell’oggetto di ogni controversia e dell’esistenza di ritardi imputabili ai richiedenti.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato nella mancanza di vie di ricorso interni Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
1. 34389/02
10 400 EUR
il 19,8%
2 615 EUR
2. 34390/02
6 500 EUR
il 31,7%
860 EUR
3.
34392/02
7 800 EUR
il 26,4%
1 445 EUR
4.
34458/02
21 000 EUR
il 4,9%
5 164,57 EUR, (ne ultra petitum)
B. Oneri e spese
45. Note di parcella in appoggio, gli avvocati dei richiedenti chiedono le seguenti somme a titolo degli oneri e spese relative ai ricorsi “Pinto” ed al procedimento dinnanzi alla Corte.
No richiesta Pretese a titolo degli oneri e spese
1. 34389/02 7 268,46 EUR
2. 34390/02 7 268,46 EUR
3. 34392/02 7 268,46 EUR
4. 34458/02 7 091,29 EUR
46. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
47. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso, Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII.
48. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole assegnare 1 500 EUR per ogni richiesta a titolo degli oneri e spese.
C. Interessi moratori
49. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati della durata eccessiva dei procedimenti, articolo 6 § 1 della Convenzione, ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
– per danno morale:
i. richiesta no 34389/02: 2 615 EUR, duemila sei cento quindici euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
ii. richiesta no 34390/02: 860 EUR, otto cento sessanta euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
iii. richiesta no 34392/02: 1 445 EUR, mille quattro cento quaranta cinque euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
iv. richiesta no 34458/02: 5 164,57 EUR, cinquemila cento sessantaquattro euro e cinquantasette centesimi, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
per oneri e spese:
1 500 EUR, mille cinque cento euro, per ogni richiesta, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta coi richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi sono da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 novembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Ineta Ziemele
Cancelliere Presidentessa
ALLEGATO
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli ricorrenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ci relativa
1. no 34389/02
introdotta il 24 novembre 1999 OMISSIS richiedente originario, (deceduto il 20 novembre 2003,
OMISSIS,
cittadina italiana, nato nel 1975, residente a Montesarchio (Benevento),
Costituita nel procedimento il 10 aprile 2004 in quanto erede Procedimento principale
Oggetto: riconoscenza del suo diritto al versamento dei sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 2479/95, dal 20 marzo 1993 al 6 aprile 2000; 4 rinvii di ufficio.
Procedimento “Pinto”
Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 16 000 000 lire [8 263,31 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: del 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale e 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: al più tardi il 20 marzo 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.
2. no 34390/02
introdotta il 8 settembre 1999
OMISSIS cittadino italiano, nato in 1920, residente a Vitulano (Benevento), Procedimento principale
Oggetto: la riconoscenza del suo diritto ad una pensione di invalido civile, pensione di inabilità, ed ad un sussidio per una persona a domicilio, indennità di accompagnamento,
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 3380/94, dal 11 luglio 1994 al 24 novembre 1999; 2 rinvii di ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 16 000 000 lire [8 263,31 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale; 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.
3. no 34392/02
introdotta il 17 settembre 1999
OMISSIS cittadina italiana, nato in 1944, residente a Torrecuso (Benevento),
Procedimento principale
Oggetto: la riconoscenza del suo diritto ai sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 7830/92, dal 15 dicembre 1992 al 3 aprile 1996.
Seconda istanza: tribunale di Benevento, RG no 131/96, dal 17 aprile 1996 al 13 dicembre 1999.
Procedimento “Pinto”
Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 26 855,75 EUR a titolo di danno patrimoniale e morale.
Decisione: 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale; 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 3 dicembre 2003.
4. no 34458/02
introdotta il 26 aprile 2000 OMISSIS cittadino italiano, nato in 1930, residente a Morcone (Benevento), Procedimento principale
Oggetto: pagamento di oneri professionali.
Prima istanza: tribunale di Benevento, RG no 632/78, dal 19 maggio 1978 al 28 giugno 2001; 11 rinvii di ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introdotto in 2001, somma chiesta 12 000 000 lire [6 197,48 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: 17 dicembre 2001, depositata il 30 gennaio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 000 000 lire [1 032,91 EUR] per danno morale; 1 280 000 lire [661,06 EUR] per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.