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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE PACIFICO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 06
Numero: 34389/02/2012
Stato: Italia
Data: 2012-11-15 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Termine ragionevole

SECONDA SEZIONE

CAUSA PACIFICO ED ALTRI C. ITALIA

( Richieste numeri 34389/02, 34390/02, 34392/02 e 34458/02)

SENTENZA

STRASBURGO

15 novembre 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Pacifico ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ineta Ziemele, presidentessa,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, giudici e
da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 ottobre 2012,
Rende la sentenza che ha, adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano quattro richieste, numeri 34389/02, 34390/02, 34392/02 e 34458/02, dirette contro la Repubblica italiana e in cui dei cittadini di questo Stato, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocati a Benevento. I dettagli concernente i richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano nel quadro qui accluso alla presente sentenza.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente, il Sig. I.M. Braguglia ed il suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 3 settembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Siccome lo permetteva il paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, aveva deciso inoltre che sarebbero esaminati l’ammissibilità ed il fondo di queste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti, parti ai procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni competenti al senso della legge “Pinto” per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano delle informazione contenute nel quadro qui accluso alla presente sentenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e le pratica interna pertinenti relativi alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detto “legge Pinto”, figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
9. Il Governo si oppone alla decisione della Corte di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito delle richieste, come previsto all’articolo 29 § 3 della Convenzione. Stima che le richieste non suscitano simile approccio, in ragione delle particolarità legate alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed alla data di deposito delle decisioni “Pinto.”
10. La Corte rileva, da una parte, che il Governo non ha supportato il suo argomento derivato dalle particolarità delle richieste. Osserva, altro parte, che il procedimento di esame congiunge in questione non impedisco un esame attento delle questioni sollevate e degli argomenti invocati dal Governo (vedere, mutatis mutandis, Léo Zappia c. Italia, no 77744/01, §§ 12-14, 29 settembre 2005. Quindi, non c’è luogo di fare seguito all’istanza del Governo.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto.”
12. Il Governo oppone a questa tesi.
13. L’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
14. Il Governo eccepisce della non -esaurimento delle vie di ricorso interne per il fatto che i richiedenti non hanno investito la Corte di cassazione al senso del legge “Pinto.”
15. Nella causa Scordino (, déc.), no 36813/97, CEDH 2003-IV, la Corte aveva stimato da una parte che quando un richiedente si lamenta unicamente dell’importo dell’indennizzo non è tenuto alle fini dell’esaurimento delle vie di ricorso interno di ricorrersi in cassazione contro la decisione della corte di appello e di altra parte che il richiedente può continuare a definirsi “vittima” al senso dell’articolo 34 della Convenzione nella misura in cui anche se la corte di appello ha riconosciuto l’esistenza della durata eccessiva del procedimento, la somma accordata non saprebbe essere considerata come adeguata per riparare il danno e la violazione addotta.
16. Per arrivare a questa conclusione, la Corte si era basata sull’esame di un centinaio di sentenze della Corte di cassazione e non aveva trovato nessuno caso dove la Corte di cassazione aveva preso in considerazione un motivo di appello derivato di ciò che l’importo accordato dalla corte di appello era insufficiente rispetto al danno addotto o inadeguato rispetto alla giurisprudenza di Strasburgo.
17. La Corte ricorda anche che nel gennaio 2004, la Corte di cassazione, con le sentenze nostri 1338, 1339, 1340 e 1341, hanno posto il principio secondo che “la determinazione del danno extrapatrimoniale effettuato dalla corte di appello conformemente all’articolo 2 della legge nº 89/2001, sebbene con natura fondata sull’equità, deve intervenire in un ambiente che è definito dal diritto poiché bisogna riferirsi agli importi assegnati, nelle cause simili, con la Corte di Strasburgo di cui è permesso di allontanarsi ma in modo ragionevole”, vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 24-25. In seguito a questo cambiamento improvviso, la Corte ha considerato che a partire dal 26 luglio 2004, data alla quale queste sentenze, ed in particolare la sentenza no 1340 della Corte di cassazione, non potevano più essere ignorati dal pubblico, doveva essere esatto dei richiedenti che consumano del ricorso in cassazione al senso del legge “Pinto” alle fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, Di Salute c. Italia, déc.), precitata; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 42-44.
18. Nello specifico, la Corte rileva che le decisioni dei corsi di appello “Pinto” sono diventate definitive il 15 novembre 2002, richieste nostri 34390/02, 34392/02 e 34458/02, o allora al più tardi il 20 marzo 2003, richiesta no 34389/02, a sapere molto prima la data del 26 luglio 2004. In queste circostanze, la Corte stima che i richiedenti sono dispensati dell’obbligo di esaurire le vie di ricorso interno e che l’obiezione del Governo non saprebbe essere considerata.
2. Requisito di “vittima”
19. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dei corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
20. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente, vedere Delle Cantina e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98. Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, al senso dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Mancanza di danno importante
21. Nelle sue osservazioni depositate alla cancelleria della Corte il 28 aprile 2009, a sapere in vigore circa un anno prima dell’entrata del Protocollo no 14, il Governo solleva un’eccezione derivata della mancanza di danno importante per i richiedenti, al motivo che i corsi di appello “Pinto” hanno di constatato prima, poi accordato un risarcimento adeguato per le violazioni della Convenzione.
22. Si riferisce al testo dell’articolo 35 § 3 b, della Convenzione, come modificato dal Protocollo no 14 secondo che la Corte può dichiarare una richiesta inammissibile quando “il richiedente non ha subito nessuno danno importante, salvo se il rispetto dei diritti dell’uomo garantito dalla Convenzione ed i suoi Protocolli esigono un esame della richiesta al fondo ed a patto di non respingere per questo motivo nessuna causa che non è stata esaminata debitamente da un tribunale interno.”
23. La Corte osserva al primo colpo che il Protocollo no 14 alla Convenzione è entrato in vigore il 1 giugno 2010.
24. C’è luogo dunque di essere incerto sul punto di sapere se le condizioni di applicazione che si trova enunciata 35 § all’articolo 3 b, della Convenzione nella sua redazione conclusione del Protocollo no 14 sono riuniti.
25. Per ciò che è della nozione di “danno importante”, la Corte tiene a sottolineare che non deriva automaticamente per il fatto che le giurisdizioni interne avrebbero riconosciuto, poi accordato un risarcimento per violazione della Convenzione, che non ci sarebbe “danno” nel capo dei richiedenti, come sembro sostenerlo il Governo convenuto. Difatti, la valutazione a proposito della mancanza di un tale “danno” non si ridursi ad una stima puramente economica.
26. La Corte ricorda che per verificare se la violazione di un diritto raggiunge la soglia minima di gravità, c’è luogo di prendere in particolare in conto i seguenti elementi: la natura del diritto presumibilmente violato, la gravità dell’incidenza della violazione addotta nell’esercizio di un dritto e/o le conseguenze eventuali della violazione sulla situazione personale del richiedente. Nella valutazione di queste conseguenze, la Corte esaminerà, in particolare, la posta del procedimento nazionale o la sua conclusione (vedere, Giusti c. Italia, no 13175/03, § 34, 18 ottobre 2011.
27. La Corte rileva che nello specifico, i richiedenti si lamentavano della durata dei procedimenti civili alle quali erano state partite, cadendo sulla riconoscenza del loro diritto al versamento di certi sussidi di invalidità a carattere fondamentalmente vitalizio, richieste nostri 34389/02, 34390/02, 34392/02, o allora del pagamento di oneri professionali che ammontano a 7 038 315 lire [3 635 euro (EUR)] nel 1978, richiesta no 34458/02, ed essendo stesa si su dei periodi compresi tra cinque anni e sette anni per un grado di giurisdizione, richieste i nostri 34389/02 e 34390/02, o tra quasi sette anni e più di ventitre anni per due gradi di giurisdizione, richieste i nostri 34392/02 e 34458/02. All’evidenza, delle tali durate non saprebbero essere compatibili col principio del termine ragionevole previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione. Secondo la Corte, per valutare la gravità delle conseguenze di questo tipo di affermazione, la posta della causa dinnanzi ai giudici nazionali saprebbe essere determinante solamente nell’ipotesi dove il valore sarebbe debole o irrisorio. Ciò non è il caso nell’occorrenza tenuto conto dell’al naturale e/o del valore dei sussidi e degli oneri in questione (vedere quadro qui accluso).
28. Conviene anche notare che i richiedenti avevano investito la Corte alle date comprese tra i 8 settembre 1999 ed il 26 aprile 2000 adducendo una violazione del diritto al rispetto del termine ragionevole sulla base di una giurisprudenza buona invalsa (vedere, entra altri, Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, CEDH 1999-V. Seguito all’entrata in vigore del legge “Pinto”, i richiedenti hanno investito la corte di appello di Roma in quanto giurisdizione competente ai sensi della legge suddetta. Il 4 settembre 2002, hanno ripreso poi, le loro richieste dinnanzi alla Corte. Ora è evidente che i loro passi sono legati alle debolezze del ricorso “Pinto” (vedere, entra altri, Simaldone c. Italia, no 22644/03, § 82, CEDH 2009 -… (brani)), in particolare per ciò che è della modicità degli importi assegnati dai corsi competenti, in particolare prima del cambiamento improvviso della Corte di cassazione (vedere Di Salute c). Italia, precitata). Tutto ciò ha provocato evidentemente un ritardo molto importante nell’esame delle cause degli interessati, ritardo che non saprebbe essere ignorato dalla Corte quando si tratta di valutare l’importanza del danno subito da questi ultimi.
29. Peraltro, non si saprebbe concludere diversamente per il semplice fatto che l’efficacia del rimedio “Pinto” non è stata fino là rimessa in causa (vedere, entra altri, Delle Cantina e Corrado c. Italia, precitata), tanto più che la Corte ha denunciato chiaramente l’esistenza di un problema nel funzionamento del questo (vedere, Simaldone c. Italia, precitata, § 82.
30. Tenuto conto di ciò che precede, c’è luogo di respingere anche questa eccezione.
4. Conclusione
31. La Corte constata che questi motivi di appello incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara allo stesso modo ammissibili.
B. Sul merito
32. La Corte constata che i procedimenti controversi sono durati, rispettivamente:
i. no 34389/02: 7 anni per un grado di giurisdizione;
ii. no 34390/02: 5 anni e 4 mesi per un grado di giurisdizione;
iii. no 34392/02: 6 anni e 11 mesi per due gradi di giurisdizione;
iv. no 34458/02: 23 anni e 1 mese per un grado di giurisdizione.
33. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevano delle questioni simili a queste dei casi di specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza buona invalsa (vedere, in primo luogo, Cocchiarella precitata. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare, in ogni richiesta, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per gli stessi motivi.
IV. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
34. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano del non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
35. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cantina e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46, e Simaldone c. Italia (precitata, §§ 71-72, l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
36. I richiedenti si lamentano anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbero state vittime di una discriminazione fondata sulla fortuna, tenuto conto degli oneri incorsi per intentare i procedimenti “Pinto”.
37. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che bene che un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, i richiedenti non hanno chiesto l’aiuto giudiziale. Rileva, inoltre, che hanno potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che i corsi di appello ne hanno fatto parte diritto alle loro domande, accordando loro delle somme a titolo degli oneri di procedimento. Non si saprebbe, pertanto, parlare di ostacoli all’esercizio del diritto ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presente dinnanzi a lei i suoi argomenti. Nessuna apparenza di violazione che non può essere scoperta, la Corte dichiara il motivo di appello che cade sugli oneri di procedimento inammissibile perché manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Nicoletti c. Italia, déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997.
38. I richiedenti si lamentano infine, sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione, della mancanza di equità dei procedimenti “Pinto.” Le giurisdizioni “Pinto” non sarebbero imparziali al motivo che i giudici esercitano un controllo sulla condotta di altri colleghi e che la Corte dei conti è tenuta di iniziare un procedimento in responsabilità contro questi ultimi, nel caso in cui la lunghezza di un procedimento interna sarebbe loro imputabile.
39. La Corte ricorda che l’imparzialità di un giudice deve rivalutarsi secondo un passo soggettivo, provando a determinare la convinzione personale di tale giudice in tale occasione, ed anche secondo un passo obiettivo che porta ad assicurarsi che offriva delle garanzie sufficienti per escludere a questo riguardo ogni dubbio legittimo. In quanto alla prima, l’imparzialità personale di un magistrato si presume fino alla prova del contrario. Ora, nessuno elemento della pratica non dà a pensare che le giurisdizioni “Pinto” avevano dei pregiudizi. In quanto al secondo, conduce a chiedere si se, a prescindere della condotta del giudice, certi fatti verificabili autorizzano a sospettare l’imparzialità di questo ultimo.
40. Nello specifico, il timore di un difetto di imparzialità teneva al fatto che i corsi di appello avrebbero potuto respingere i richiedenti al nome di un “spirito di corpo” che porterebbe i giudici “Pinto” a respingere sistematicamente le domande di soddisfazione equa per difendere la condotta di altri giudici. Ora, da una parte la Corte constata che i corsi di appello “Pinto” ne hanno fatto parte diritto alle domande dei richiedenti. Altra parte, le affermazioni dei richiedenti sono vaghe e non supportate. La Corte respinge questi motivi di appello dunque perché globalmente manifestamente male fondati, al senso dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Padovani c. Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie Ha n 257-B, §§ 25-28.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
41. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
42. I richiedenti richiedono le seguenti somme a titolo del danno morale che avrebbero subito.
No richiesta Pretese a titolo del danno morale
1. 34389/02 6 197,48 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
2. 34390/02 6 197,48 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
3. 34392/02 24 789,93 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,
4. 34458/02 5 164,57 EUR, per la violazione addotta dell’articolo 6, + 3 000 EUR, per le violazioni addotte degli articoli 14, 17 e 34,

43. Il Governo adduce che i richiedenti non hanno subito, a causa della lunghezza dei procedimenti, nessun danno se non quello già riconosciuto ed indennizzato a livello interno.
44. Tenuto conto della soluzione adottata nel sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146, e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente la somma indicata sotto nel riquadro, paragonate agli importi che avrebbe concesso nella mancanza di vie di ricorso interni, allo visto dell’oggetto di ogni controversia e dell’esistenza di ritardi imputabili ai richiedenti.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato nella mancanza di vie di ricorso interni Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale

1. 34389/02

10 400 EUR
il 19,8%
2 615 EUR

2. 34390/02
6 500 EUR
il 31,7%
860 EUR

3.
34392/02
7 800 EUR
il 26,4%
1 445 EUR

4.
34458/02
21 000 EUR
il 4,9%
5 164,57 EUR, (ne ultra petitum)

B. Oneri e spese
45. Note di parcella in appoggio, gli avvocati dei richiedenti chiedono le seguenti somme a titolo degli oneri e spese relative ai ricorsi “Pinto” ed al procedimento dinnanzi alla Corte.
No richiesta Pretese a titolo degli oneri e spese
1. 34389/02 7 268,46 EUR
2. 34390/02 7 268,46 EUR
3. 34392/02 7 268,46 EUR
4. 34458/02 7 091,29 EUR

46. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
47. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso, Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII.
48. Nello specifico e tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole assegnare 1 500 EUR per ogni richiesta a titolo degli oneri e spese.
C. Interessi moratori
49. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza

2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati della durata eccessiva dei procedimenti, articolo 6 § 1 della Convenzione, ed inammissibili per il surplus;

3. Stabilisce, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;

4. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:

– per danno morale:

i. richiesta no 34389/02: 2 615 EUR, duemila sei cento quindici euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
ii. richiesta no 34390/02: 860 EUR, otto cento sessanta euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
iii. richiesta no 34392/02: 1 445 EUR, mille quattro cento quaranta cinque euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
iv. richiesta no 34458/02: 5 164,57 EUR, cinquemila cento sessantaquattro euro e cinquantasette centesimi, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;

 per oneri e spese:

1 500 EUR, mille cinque cento euro, per ogni richiesta, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta coi richiedenti;

b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi sono da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;

5. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 novembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Ineta Ziemele
Cancelliere Presidentessa
ALLEGATO
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli ricorrenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ci relativa

1. no 34389/02
introdotta il 24 novembre 1999 OMISSIS richiedente originario, (deceduto il 20 novembre 2003,
OMISSIS,
cittadina italiana, nato nel 1975, residente a Montesarchio (Benevento),
Costituita nel procedimento il 10 aprile 2004 in quanto erede Procedimento principale
Oggetto: riconoscenza del suo diritto al versamento dei sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 2479/95, dal 20 marzo 1993 al 6 aprile 2000; 4 rinvii di ufficio.
Procedimento “Pinto”
Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 16 000 000 lire [8 263,31 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: del 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale e 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: al più tardi il 20 marzo 2003.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.

2. no 34390/02
introdotta il 8 settembre 1999
OMISSIS cittadino italiano, nato in 1920, residente a Vitulano (Benevento), Procedimento principale
Oggetto: la riconoscenza del suo diritto ad una pensione di invalido civile, pensione di inabilità, ed ad un sussidio per una persona a domicilio, indennità di accompagnamento,
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 3380/94, dal 11 luglio 1994 al 24 novembre 1999; 2 rinvii di ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 16 000 000 lire [8 263,31 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale; 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.
3. no 34392/02
introdotta il 17 settembre 1999
OMISSIS cittadina italiana, nato in 1944, residente a Torrecuso (Benevento),
Procedimento principale
Oggetto: la riconoscenza del suo diritto ai sussidi di invalidità (“assegno di invalidità”).
Prima istanza: giudice di istanza di Benevento, RG no 7830/92, dal 15 dicembre 1992 al 3 aprile 1996.
Seconda istanza: tribunale di Benevento, RG no 131/96, dal 17 aprile 1996 al 13 dicembre 1999.
Procedimento “Pinto”
Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introduce in 2001, somma chiesta 26 855,75 EUR a titolo di danno patrimoniale e morale.
Decisione: 13 dicembre 2001, depositata il 6 febbraio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 065,83 EUR per danno morale; 500 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 3 dicembre 2003.

4. no 34458/02
introdotta il 26 aprile 2000 OMISSIS cittadino italiano, nato in 1930, residente a Morcone (Benevento), Procedimento principale
Oggetto: pagamento di oneri professionali.
Prima istanza: tribunale di Benevento, RG no 632/78, dal 19 maggio 1978 al 28 giugno 2001; 11 rinvii di ufficio. Procedimento “Pinto”Autorità investita: corte di appello di Roma, ricorso introdotto in 2001, somma chiesta 12 000 000 lire [6 197,48 euro (EUR)] per danno morale.
Decisione: 17 dicembre 2001, depositata il 30 gennaio 2002; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 000 000 lire [1 032,91 EUR] per danno morale; 1 280 000 lire [661,06 EUR] per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 15 novembre 2002.
Data comunicazione alla Corte del risultato del procedimento nazionale: 4 settembre 2002.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 30 giugno 2003.

Testo Tradotto

Conclusions : Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure civile Article 6-1 – Délai raisonnable)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE PACIFICO ET AUTRES c. ITALIE

(Requêtes nos 34389/02, 34390/02, 34392/02 et 34458/02)

ARRÊT

STRASBOURG

15 novembre 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Pacifico et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Ineta Ziemele, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 16 octobre 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent quatre requêtes (nos 34389/02, 34390/02, 34392/02 et 34458/02) dirigées contre la République italienne et dont des ressortissants de cet Etat, (« les requérants »), ont saisi la Cour en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par OMISSIS, avocats à Bénévent. Les détails concernant les requérants et les dates d’introduction des requêtes figurent dans le tableau en annexe au présent arrêt.
3. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son ancien agent, M. I.M. Braguglia et son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
4. Le 3 septembre 2004, la Cour a décidé de communiquer les requêtes au Gouvernement. Comme le permettait le paragraphe 3 de l’article 29 de la Convention, en vigueur à l’époque, elle avait en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de celles-ci.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants, parties à des procédures judiciaires, ont saisi les juridictions compétentes au sens de la loi « Pinto » afin de se plaindre de la durée de ces procédures.
6. Les faits essentiels des requêtes ressortent des informations contenues dans le tableau en annexe au présent arrêt.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
7. Le droit et la pratique internes pertinents relatifs à la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. SUR LA JONCTION DES REQUÊTES
8. Compte tenu de la similitude des requêtes quant aux faits et au problème de fond qu’elles posent, la Cour estime nécessaire de les joindre et décide de les examiner conjointement dans un seul arrêt.
II. OBSERVATION LIMINAIRE
9. Le Gouvernement s’oppose à la décision de la Cour d’examiner conjointement la recevabilité et le fond des requêtes, comme prévu à l’article 29 § 3 de la Convention. Il estime que les requêtes ne se prêtent pas à pareille approche, en raison des particularités liées aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et à la date de dépôt des décisions « Pinto ».
10. La Cour relève, d’une part, que le Gouvernement n’a pas étayé son argument tiré des particularités des requêtes. Elle observe, d’autre part, que la procédure d’examen conjoint en question n’empêche pas un examen attentif des questions soulevées et des arguments invoqués par le Gouvernement (voir, mutatis mutandis, Leo Zappia c. Italie, no 77744/01, §§ 12-14, 29 septembre 2005). Dès lors, il n’y pas lieu de faire droit à la demande du Gouvernement.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
11. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants se plaignent de la durée des procédures principales et de l’insuffisance des indemnisations « Pinto ».
12. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
13. L’article 6 § 1 de la Convention est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
1. Non-épuisement des voies de recours internes
14. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes en ce que les requérants n’ont pas saisi la Cour de cassation au sens de la loi « Pinto ».
15. Dans l’affaire Scordino ((déc.), no 36813/97, CEDH 2003 IV) la Cour avait estimé d’une part que lorsqu’un requérant se plaint uniquement du montant de l’indemnisation il n’est pas tenu aux fins de l’épuisement des voies de recours interne de se pourvoir en cassation contre la décision de la cour d’appel et d’autre part que le requérant peut continuer à se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention dans la mesure où même si la cour d’appel a reconnu l’existence de la durée excessive de la procédure, la somme accordée ne saurait être considérée comme adéquate pour réparer le préjudice et la violation allégués.
16. Pour arriver à cette conclusion, la Cour s’était basée sur l’examen d’une centaine d’arrêts de la Cour de cassation et n’avait trouvé aucun cas où la Cour de cassation avait pris en considération un grief tiré de ce que le montant accordé par la cour d’appel était insuffisant par rapport au préjudice allégué ou inadéquat par rapport à la jurisprudence de Strasbourg.
17. La Cour rappelle aussi qu’en janvier 2004, la Cour de cassation, par les arrêts nos 1338, 1339, 1340 et 1341, a posé le principe selon lequel « la détermination du dommage extrapatrimonial effectuée par la cour d’appel conformément à l’article 2 de la loi nº 89/2001, bien que par nature fondée sur l’équité, doit intervenir dans un environnement qui est défini par le droit puisqu’il faut se référer aux montants alloués, dans des affaires similaires, par la Cour de Strasbourg, dont il est permis de s’éloigner mais de façon raisonnable » (voir Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 24-25). A la suite de ce revirement, la Cour a considéré qu’à partir du 26 juillet 2004, date à laquelle ces arrêts, et notamment l’arrêt no 1340 de la Cour de cassation, ne pouvaient plus être ignorés du public, il devait être exigé des requérants qu’ils usent du recours en cassation au sens de la loi « Pinto » aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention (Di Sante c. Italie (déc.), précité ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 42-44).
18. En l’espèce, la Cour relève que les décisions des cours d’appel « Pinto » sont devenues définitives le 15 novembre 2002 (requêtes nos 34390/02, 34392/02 et 34458/02) ou alors au plus tard le 20 mars 2003 (requête no 34389/02), à savoir bien avant la date du 26 juillet 2004. Dans ces circonstances, la Cour estime que les requérants sont dispensés de l’obligation d’épuiser les voies de recours interne et que l’objection du Gouvernement ne saurait être retenue.
2. Qualité de « victime »
19. Le Gouvernement soutient que les requérants ne peuvent plus se prétendre « victimes » de la violation de l’article 6 § 1 car ils ont obtenu des cours d’appel « Pinto » un constat de violation et un redressement approprié et suffisant.
20. La Cour, après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, considère que le redressement s’est révélé insuffisant (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 69-98). Partant, les requérants peuvent toujours se prétendre « victimes », au sens de l’article 34 de la Convention.
3. Absence de préjudice important
21. Dans ses observations déposées au greffe de la Cour le 28 avril 2009, à savoir environ un an avant l’entrée en vigueur du Protocole no 14, le Gouvernement soulève une exception tirée de l’absence de préjudice important pour les requérants, au motif que les cours d’appel « Pinto » ont d’abord constaté, puis accordé une réparation appropriée pour les violations de la Convention.
22. Il se réfère au texte de l’article 35 § 3 b) de la Convention, tel que modifié par le Protocole no 14, selon lequel la Cour peut déclarer une requête irrecevable lorsque « le requérant n’a subi aucun préjudice important, sauf si le respect des droits de l’homme garantis par la Convention et ses Protocoles exige un examen de la requête au fond et à condition de ne rejeter pour ce motif aucune affaire qui n’a pas été dûment examinée par un tribunal interne ».
23. La Cour observe d’emblée que le Protocole no 14 à la Convention est entré en vigueur le 1er juin 2010.
24. Il y a donc lieu de s’interroger sur le point de savoir si les conditions d’application qui se trouvent énoncées à l’article 35 § 3 b) de la Convention dans sa rédaction issue du Protocole no 14 sont réunies.
25. Pour ce qui est de la notion de « préjudice important », la Cour tient à souligner qu’il ne découle pas automatiquement du fait que les juridictions internes auraient reconnu, puis accordé une réparation pour violation de la Convention, qu’il n’y aurait pas de « préjudice » dans le chef des requérants, comme semble le soutenir le Gouvernement défendeur. En effet, l’évaluation au sujet de l’absence d’un tel « préjudice » ne se réduit pas à une estimation purement économique.
26. La Cour rappelle qu’afin de vérifier si la violation d’un droit atteint le seuil minimum de gravité, il y a lieu de prendre en compte notamment les éléments suivants : la nature du droit prétendument violé, la gravité de l’incidence de la violation alléguée dans l’exercice d’un droit et/ou les conséquences éventuelles de la violation sur la situation personnelle du requérant. Dans l’évaluation de ces conséquences, la Cour examinera, en particulier, l’enjeu de la procédure nationale ou son issue (voir, Giusti c. Italie, no 13175/03, § 34, 18 octobre 2011.
27. La Cour relève qu’en l’espèce, les requérants se plaignaient de la durée des procédures civiles auxquelles ils avaient été parties, portant sur la reconnaissance de leur droit au versement de certaines allocations d’invalidité à caractère fondamentalement viager (requêtes nos 34389/02, 34390/02, 34392/02) ou alors du paiement de frais professionnels s’élevant à 7 038 315 lires [3 635 euros (EUR)] en 1978 (requête no 34458/02) et s’étant étalées sur des périodes comprises entre cinq ans et sept ans pour un degré de juridiction (requêtes nos 34389/02 et 34390/02) ou bien entre presque sept ans et plus de vingt-trois ans pour deux degrés de juridiction (requêtes nos 34392/02 et 34458/02). A l’évidence, de telles durées ne sauraient être compatibles avec le principe du délai raisonnable prévu par l’article 6 § 1 de la Convention. Selon la Cour, afin d’évaluer la gravité des conséquences de ce type d’allégation, l’enjeu de l’affaire devant les juges nationaux ne saurait être déterminant que dans l’hypothèse où la valeur serait faible ou dérisoire. Cela n’est pas le cas en l’occurrence compte tenu de la nature et/ou de la valeur des allocations et des frais en question (voir tableau en annexe).
28. Il convient également de remarquer que les requérants avaient saisi la Cour à des dates comprises entre le 8 septembre 1999 et le 26 avril 2000 alléguant une violation du droit au respect du délai raisonnable sur la base d’une jurisprudence bien établie (voir, entre autres, Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, CEDH 1999 V). Suite à l’entrée en vigueur de la loi « Pinto », les requérants ont saisi la cour d’appel de Rome en tant que juridiction compétente aux sens de la loi susmentionnée. Ensuite, le 4 septembre 2002, ils ont repris leurs requêtes devant la Cour. Or il est évident que leurs démarches sont liées aux faiblesses du recours « Pinto » (voir, entre autres, Simaldone c. Italie, no 22644/03, § 82, CEDH 2009 … (extraits)), notamment pour ce qui est de la modicité des montants alloués par les cours compétentes, en particulier avant le revirement de la Cour de cassation (voir Di Sante c. Italie, précité). Tout cela a évidemment entraîné un retard très important dans l’examen des affaires des intéressés, retard qui ne saurait pas être ignoré par la Cour lorsqu’il s’agit d’apprécier l’importance du préjudice subi par ces derniers.
29. Par ailleurs, on ne saurait conclure autrement pour le simple fait que l’efficacité du remède « Pinto » n’a pas été jusque-là remise en cause (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, précité), d’autant plus que la Cour a dénoncé clairement l’existence d’un problème dans le fonctionnement du celui-ci (voir, Simaldone c. Italie, précité, § 82).
30. Compte tenu de ce qui précède, il y a lieu de rejeter aussi cette exception.
4. Conclusion
31. La Cour constate que ces griefs ne se heurtent à aucun autre des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi, les déclare-t-elle recevables.
B. Sur le fond
32. La Cour constate que les procédures litigieuses ont duré, respectivement :
i. no 34389/02 : 7 ans pour un degré de juridiction ;
ii. no 34390/02 : 5 ans et 4 mois pour un degré de juridiction ;
iii. no 34392/02 : 6 ans et 11 mois pour deux degrés de juridiction ;
iv. no 34458/02 : 23 ans et 1 mois pour un degré de juridiction.
33. La Cour a traité à maintes reprises des requêtes soulevant des questions semblables à celles des cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater, dans chaque requête, une violation de l’article 6 § 1 de la Convention pour les mêmes motifs.
IV. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
34. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérants se plaignent de l’ineffectivité du remède « Pinto » en raison de l’insuffisance de la réparation octroyée par les cours d’appel « Pinto ».
35. La Cour rappelle que, selon la jurisprudence Delle Cave et Corrado c. Italie (précité, §§ 43-46) et Simaldone c. Italie (précité, §§ 71 72), l’insuffisance de l’indemnisation « Pinto » ne remet pas en cause l’effectivité de cette voie de recours. Partant, il y a lieu de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
36. Les requérants se plaignent également de la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif qu’ils auraient été victimes d’une discrimination fondée sur la fortune, compte tenu des frais encourus pour intenter les procédures « Pinto ».
37. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs sous l’angle du droit à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, les requérants n’ont pas demandé l’aide judiciaire. Elle relève, en outre, qu’ils ont pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que les cours d’appel ont fait en partie droit à leur demandes, leur accordant des sommes au titre des frais de procédure. On ne saurait, partant, parler d’entraves à l’exercice du droit à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour déclare le grief portant sur les frais de procédure irrecevable car manifestement mal fondé au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
38. Les requérants se plaignent enfin, sous l’angle de l’article 6 de la Convention, du manque d’équité des procédures « Pinto ». Les juridictions « Pinto » ne seraient pas impartiales au motif que des juges exercent un contrôle sur la conduite d’autres collègues et que la Cour des comptes est tenue d’entamer une procédure en responsabilité à l’encontre de ces derniers, au cas où la longueur d’une procédure interne leur serait imputable.
39. La Cour rappelle que l’impartialité d’un juge doit s’apprécier selon une démarche subjective, essayant de déterminer la conviction personnelle de tel juge en telle occasion, et aussi selon une démarche objective amenant à s’assurer qu’il offrait des garanties suffisantes pour exclure à cet égard tout doute légitime. Quant à la première, l’impartialité personnelle d’un magistrat se présume jusqu’à la preuve du contraire. Or, aucun élément du dossier ne donne à penser que les juridictions « Pinto » avaient des préjugés. Quant à la seconde, elle conduit à se demander si, indépendamment de la conduite du juge, certains faits vérifiables autorisent à suspecter l’impartialité de ce dernier.
40. En l’espèce, la crainte d’un défaut d’impartialité tenait au fait que les cours d’appel auraient pu débouter les requérants au nom d’un « esprit de corps » qui amènerait les juges « Pinto » à rejeter systématiquement les demandes de satisfaction équitable pour défendre la conduite d’autres juges. Or, d’une part la Cour constate que les cours d’appel « Pinto » ont fait en partie droit aux demandes des requérants. D’autre part, les allégations des requérants sont vagues et non étayées. La Cour rejette donc ces griefs car globalement manifestement mal fondés, au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Padovani c. Italie, arrêt du 26 février 1993, série A n 257 B, §§ 25-28).
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
41. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
42. Les requérants réclament les sommes suivantes au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.

No requête Prétentions au titre du préjudice moral
1. 34389/02 6 197,48 EUR (pour la violation alléguée de l’article 6) + 3 000 EUR (pour les violations alléguées des articles 14, 17 et 34)
2. 34390/02 6 197,48 EUR (pour la violation alléguée de l’article 6) + 3 000 EUR (pour les violations alléguées des articles 14, 17 et 34)
3. 34392/02 24 789,93 EUR (pour la violation alléguée de l’article 6) + 3 000 EUR (pour les violations alléguées des articles 14, 17 et 34)
4. 34458/02 5 164,57 EUR (pour la violation alléguée de l’article 6) + 3 000 EUR (pour les violations alléguées des articles 14, 17 et 34)

43. Le Gouvernement allègue que les requérantes n’ont subi, du fait de la longueur des procédures, aucun préjudice autre que celui déjà reconnu et indemnisé à niveau interne.
44. Compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, la Cour alloue à chaque requérant les sommes indiquées dans le tableau ci-dessous, comparées aux montants qu’elle aurait octroyés en l’absence de voies de recours internes, au vu de l’objet de chaque litige et de l’existence de retards imputables aux requérants.

No requête Somme que la Cour aurait accordée en l’absence de voies de recours internes Pourcentage alloué par la juridiction « Pinto » Somme accordée pour dommage moral

1.
34389/02

10 400 EUR
19,8 %
2 615 EUR

2.
34390/02

6 500 EUR
31,7 %
860 EUR

3.
34392/02
7 800 EUR
26,4 %
1 445 EUR

4.
34458/02
21 000 EUR
4,9 %
5 164,57 EUR (ne ultra petitum)

B. Frais et dépens
45. Notes d’honoraires à l’appui, les avocats des requérants demandent les sommes suivantes au titre des frais et dépens relatifs aux recours « Pinto » et à la procédure devant la Cour.

No requête Prétentions au titre des frais et dépens
1. 34389/02 7 268,46 EUR
2. 34390/02 7 268,46 EUR
3. 34392/02 7 268,46 EUR
4. 34458/02 7 091,29 EUR

46. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard.
47. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, § 22, 24 janvier 2008). En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002 ; Sahin c. Allemagne [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003 VIII).
48. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable d’allouer 1 500 EUR pour chaque requête au titre des frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
49. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Décide de joindre les requêtes et de les examiner conjointement dans un seul arrêt ;

2. Déclare les requêtes recevables quant aux griefs tirés de la durée excessive des procédures (article 6 § 1 de la Convention) et irrecevables pour le surplus ;

3. Dit, qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;

4. Dit,
a) que l’Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :

– pour dommage moral :

i. requête no 34389/02 : 2 615 EUR (deux mille six cent quinze euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
ii. requête no 34390/02 : 860 EUR (huit cent soixante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
iii. requête no 34392/02 : 1 445 EUR (mille quatre cent quarante cinq euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
iv. requête no 34458/02 : 5 164,57 EUR (cinq mille cent soixante-quatre euros et cinquante-sept centimes), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;

– pour frais et dépens :

1 500 EUR (mille cinq cents euros) pour chaque requête, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants ;

b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants sont à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 15 novembre 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Ineta Ziemele
Greffier Présidente
ANNEXE
Numéro de requête et date d’introduction Détails requérant(s) Procédure principale et procédure « Pinto » y relative

1. no 34389/02
introduite le 24 novembre 1999 OMISSIS, requérant originaire, (décédé le 20 novembre 2003)
OMISSIS,
ressortissante italienne, née en 1975, résidant à Montesarchio (Bénévent)
Constituée dans la procédure le 10 avril 2004 en tant qu’héritière Procédure principale
Objet : reconnaissance de son droit au versement des allocations d’invalidité (« assegno di invalidità »).
Première instance : juge d’instance de Bénévent (RG no 2479/95), du 20 mars 1993 au 6 avril 2000 ; 4 renvois d’office.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Rome, recours introduit en 2001, somme demandée 16 000 000 lires [8 263,31 euros (EUR)] pour dommage moral.
Décision : du 13 décembre 2001, déposée le 6 février 2002 ; constat du dépassement d’une durée raisonnable ; 2 065,83 EUR pour dommage moral et 500 EUR pour frais et dépens.
Date décision définitive : au plus tard le 20 mars 2003.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 4 septembre 2002.
Date paiement indemnisation « Pinto » : 30 juin 2003.

2. no 34390/02
introduite le 8 septembre 1999
OMISSIS ressortissant italien, né en 1920, résidant à Vitulano (Bénévent) Procédure principale
Objet : la reconnaissance de son droit à une pension d’invalide civil (pensione di inabilità) et à une allocation pour une personne à domicile (indennità di accompagnamento)
Première instance : juge d’instance de Bénévent (RG no 3380/94), du 11 juillet 1994 au 24 novembre 1999 ; 2 renvois d’office.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Rome, recours introduit en 2001, somme demandée 16 000 000 lires [8 263,31 euros (EUR)] pour dommage moral.
Décision : 13 décembre 2001, déposée le 6 février 2002 ; constat du dépassement d’une durée raisonnable ; 2 065,83 EUR pour dommage moral ; 500 EUR pour frais et dépens.
Date décision définitive : 15 novembre 2002.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 4 septembre 2002.
Date paiement indemnisation « Pinto » : 30 juin 2003.
3. no 34392/02
introduite le 17 septembre 1999
OMISSIS ressortissante italienne, née en 1944, résidant à Torrecuso (Bénévent)
Procédure principale
Objet : la reconnaissance de son droit à des allocations d’invalidité (« assegno di invalidità »).
Première instance : juge d’instance de Bénévent (RG no 7830/92), du 15 décembre 1992 au 3 avril 1996.
Deuxième instance : tribunal de Bénévent (RG no 131/96), du 17 avril 1996 au 13 décembre 1999.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Rome, recours introduit en 2001, somme demandée 26 855,75 EUR à titre de dommage matériel et moral.
Décision : 13 décembre 2001, déposée le 6 février 2002 ; constat du dépassement d’une durée raisonnable ; 2 065,83 EUR pour dommage moral ; 500 EUR pour frais et dépens.
Date décision définitive : 15 novembre 2002.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 4 septembre 2002.
Date paiement indemnisation « Pinto » : 3 décembre 2003.

4. no 34458/02
introduite le 26 avril 2000 OMISSIS ressortissant italien, né en 1930, résidant à Morcone (Bénévent) Procédure principale
Objet : paiement de frais professionnels.
Première instance : tribunal de Bénévent (RG no 632/78), du 19 mai 1978 au 28 juin 2001 ; 11 renvois d’office.
Procédure « Pinto »
Autorité saisie : cour d’appel de Rome, recours introduit en 2001, somme demandée 12 000 000 lires [6 197,48 euros (EUR)] pour dommage moral.
Décision : 17 décembre 2001, déposée le 30 janvier 2002 ; constat du dépassement d’une durée raisonnable ; 2 000 000 lires [1 032,91 EUR] pour dommage moral ; 1 280 000 lires [661,06 EUR] pour frais et dépens.
Date décision définitive : 15 novembre 2002.
Date communication à la Cour du résultat de la procédure nationale : 4 septembre 2002.
Date paiement indemnisation « Pinto » : 30 juin 2003.

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 06/10/2024