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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE OZBEK c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: P1-1
Numero: 25327/04/2010
Stato: Turchia
Data: 2010-05-27 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ÖZBEK C. TURCHIA
(Richiesta no 25327/04)
SENTENZA

STRASBURGO
27 maggio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Özbek c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 maggio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa dat:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25327/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. N. Ö. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 giugno 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. K., avvocato ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente si lamenta, sul fondamento dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni in ragione dell’occupazione secondo lui illecita del suo terreno da parte dell’esercito.
4. Il 5 novembre 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1960 e risiede a Walldorf (Germania). È il proprietario di un terreno (appezzamento no 2503) ubicato a İkitelli (Istanbul).
6. In vista di ottenere un permesso di costruzione sul suo terreno classificato come terreno agricolo, si rivolse al municipio che lo rinviò al ministero della Difesa al motivo che il bene in questione era situato in una zona militare. Il 25 novembre 1998, si rivolse in questo senso al ministero in questione.
7. Il 16 dicembre 1998, l’esercito informò il richiedente che in mancanza in particolare di una copia del piano del suo terreno non poteva trattare la sua istanza.
8. Il 31 agosto 2000, il richiedente reiterò la sua istanza del 25 novembre 1998.
9. Con una lettera indirizzata al richiedente il 27 ottobre 2000, lo Stato Maggiore della terza squadra del commando dell’esercito di terra (“l’esercito”) rispose che il terreno in questione non faceva parte della zona militare.
10. Dopo essersi recato sui luoghi con un funzionario del servizio del catasto, il richiedente constatò che il suo terreno era recintato con filo di ferro spinato e segnalato con un cartello che indicava “zona militare.” Il 16 febbraio 2001, chiese all’esercito di togliere i fili spinati ed il cartello in questione affinché potesse procedere alla delimitazione del suo terreno.
11. Il 20 febbraio 2001, reiterò la sua istanza del 16 febbraio 2001.
12. Il 15 marzo 2001, in risposta all’istanza del 16 febbraio 2001, l’esercito informò il richiedente che il suo terreno era situato all’infuori della zona di sicurezza militare e che i fili di ferro spinato dovevano essere tolti.
13. Il 28 marzo 2001, il richiedente ridomandò all’esercito di togliere i fili spinati che recintavano sempre il suo terreno, ricordando che, dopo parecchi scambi di corrispondenza, l’esercito gli aveva risposto che il suo terreno non faceva più parte della zona di sicurezza militare e che i fili spinati che lo recintavano dovevano essere tolti.
14. Il 4 giugno 2001, rilanciò l’esercito a proposito della sua istanza del 28 marzo 2001.
15. Il 5 giugno 2001, chiese anche al servizio del catasto se il suo terreno era stato escluso della zona militare e se i fili spinati erano stati tolti.
16. In risposta all’istanza del 4 giugno 2001, l’esercito informò il richiedente che il suo terreno non faceva più parte della zona militare e che doveva rivolgersi al servizio del catasto competente per delimitare la sua proprietà.
17. Il 25 luglio 2001, il richiedente reiterò la sua istanza del 28 marzo 2001, ripetuta il 4 giugno 2001.
18. Il 17 gennaio 2002, l’esercito informò il richiedente che i fili spinati erano stati tolti il 7 agosto 2001 e che il suo terreno non era oramai più incluso nella zona di sicurezza militare.
19. Il 6 marzo 2002, il richiedente investì la corte d’appello di Küçükçekmece (“il tribunale”) di un’azione tesa al pagamento di un’indennità, abbinata ad interessi al tasso legale, per risarcimento dell’occupazione illecita del suo terreno per il periodo dal 6 marzo 1997 al 17 gennaio 2002, data in cui era stato informato che i fili spinati che recintavano il suo bene erano stati tolti, o circa cinque anni.
20. Il 20 settembre 2002, il tribunale si recò sul terreno riguardato coi periti.
21. In una data non precisata, fu stabilito un rapporto di perizia. Il rapporto stabiliva che,
-il richiedente aveva dichiarato che il suo terreno era stato archiviato come zona militare e che a partire dal 1998 si era rivolto alle autorità competenti per accedere al suo bene;
-il 17 gennaio 2002, il terreno era stato declassato;
-il ministero della Difesa aveva dichiarato che l’archiviazione del terreno come zona militare era stata il frutto di un errore.
Secondo il rapporto, l’occupazione non era un atto in malafede e nessun profitto ne non era stato tratto; il perito aggiungeva che, in seguito a lavori catastali, era stato constatato che il terreno era recintato con filo di ferro spinato che era stato tolto in seguito. Il rapporto concludeva che,
“secondo l’articolo [995] del codice civile, il possessore in malafede [doveva risarcire] il proprietario. Secondo gli elementi della pratica, i fili di ferro spinato erano stati tolti dall’amministrazione convenuta il 7 agosto 2001. Avuto riguardo al fatto che nessuna affermazione di malafede del ministero era stata avanzata e che questo fatto non era stato stabilito, la richiesta doveva essere respinta per mancanza di fondamento giuridico.”
22. L’ 11 dicembre 2002, il richiedente contestò il rapporto di perizia.
23. Il 23 dicembre 2002, basandosi su questo stesso rapporto, il tribunale respinse la richiesta di indennizzo del richiedente.
24. Il 30 gennaio 2003, il richiedente formò un ricorso in cassazione.
25. Con una sentenza del 24 giugno 2003, la Corte di cassazione confermò il giudizio di prima istanza.
26. Il 4 dicembre 2003, respinse l’istanza di rettifica della sentenza.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
27. Gli articoli 993 e 994 del codice civile contemplano le condizioni di utilizzazione e, all’occorrenza, di indennizzo del possesso di un bene appartenente ad un terzo in buona fede.
28. L’articolo 995 del codice civile contempla le condizioni di utilizzazione e di indennizzo del possesso di un bene che appartiene ad un terzo in malafede.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
29. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni a ragione dell’occupazione, secondo lui illecita, del suo terreno da parte dello stato, del rigetto della sua richiesta di indennizzo da parte delle giurisdizioni nazionali così come delle pressioni che aveva, secondo lui, esercitato l’apparato statale sulle giurisdizioni nazionali che hanno esaminato la sua richiesta.
Avuto riguardo alla sostanza dei motivi di appello sollevati dal richiedente, la Corte stima che conviene esaminarli unicamente sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
30. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
31. Il Governo espone che i fili di ferro spinato controversi sono stati tolti il 7 agosto 2001 che nessuno profitto è stato tolto dal terreno che era stato delimitato così e che è stato per errore che l’appezzamento in causa era stato archiviato come zona militare. Mette in dubbio la buona fede del richiedente in quanto all’impegno della sua azione di indennizzo. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia, senza presentarne però nessuno esempio, ed all’articolo 995 del codice civile, aggiunge che in mancanza di occupazione in malafede, il richiedente non può pretendere alcun indennizzo. Inoltre, secondo il Governo, il terreno in causa che è inedificabile, può essere utilizzato solo come terreno per colture; ora, a suo avviso, siccome il richiedente vive all’estero, non può condurre nessuna attività agricola sul suo terreno. Peraltro, riferendosi alla richiesta del richiedente del 25 novembre 1998, il Governo sostiene che il richiedente ha chiesto all’esercito solamente il 16 febbraio 2001 il ritiro dei fili spinati. Infine, afferma che l’interessato non ha subito nessun danno durante il periodo in cui non ha potuto utilizzare il suo terreno.
32. Il richiedente reitera le sue affermazioni.
33. La Corte nota che la situazione controversa oggetto della presente richiesta dipende dalla prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che enuncia, in modo generale, il principio del rispetto dei beni (Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri c. Portogallo, numeri 29813/96 e 30229/96, §§ 43 e 48, CEDH 2000-I). Quindi, la Corte deve ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra molte altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52).
34. Trattandosi nello specifico dell’argomento del Governo relativo all’applicazione del diritto nazionale, in particolare il modo in cui le giurisdizioni nazionali devono applicare gli articoli 993 a 995 del codice civile, la Corte riafferma che non le spetta di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi ed ai tribunali, interpretare la legislazione interna (Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, 19 febbraio 1998, § 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I, e Yagtzilar ed altri c. Grecia, n 41727/98, § 25, CEDH 2001-XII). Nella presente causa, il ruolo della Corte si limita dunque a verificare la compatibilità con la Convenzione e con i suoi Protocolli della richiesta del richiedente tesa all’ottenimento di un’indennità a ragione dell’occupazione del suo terreno da parte dello stato.
35. La Corte osserva che non è contestato dalle parti che il terreno appartenente al richiedente è stato occupato dall’esercito, archiviato come zona militare e recintato con di ferro spinato, almeno per il periodo dal 6 marzo 1997 al 7 agosto 2001, data in cui i fili spinati sono stati tolti, anche se, per il richiedente, la data di fine di occupazione del suo terreno è più tardiva e corrisponde a quella in cui è stato informato dall’esercito del ritiro dei fili spinati (paragrafo 18 sopra). Lamentandosi dell’occupazione illecita del suo terreno, il richiedente ha introdotto un’azione per danni ed interessi dinnanzi alla giurisdizione interna competente. La Corte stima che il richiedente ha sofferto della confisca dell’esercito sul suo terreno e nota che non ha ottenuto nessun compenso da parte dello stato per questo danno.
36. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che l’occupazione illecita da parte dell’esercito, anche limitata nel tempo, del terreno appartenente al richiedente ha recato offesa al diritto dell’interessato al rispetto dei suoi beni.
Poi, trattandosi dell’argomento del Governo secondo cui la situazione del richiedente, stabilitosi all’estero, gli impediva di condurre un’attività di coltura sul suo terreno archiviato come terreno agricolo, la Corte stima che il fatto di risiedere all’estero non è in sé un ostacolo allo sfruttamento agricolo da parte del suo proprietario di un terreno situato in Turchia. Non è quindi convinta con la pertinenza di questo argomento.
37. Perciò, conclude che la mancanza di ogni indennizzo in compenso dell’occupazione illecita del terreno del richiedente da parte dell’esercito ha rotto, a sfavore di questo, il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione della proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
38. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
40. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli di somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 maggio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE ÖZBEK c. TURQUIE
(Requête no 25327/04)
ARRÊT

STRASBOURG
27 mai 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Özbek c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 4 mai 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 25327/04) dirigée contre la République de Turquie et dont un ressortissant de cet État, M. N. Ö. (« le requérant »), a saisi la Cour le 4 juin 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me S. K., avocat à Istanbul. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Le requérant se plaint, sur le fondement de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, d’une atteinte à son droit au respect de ses biens à raison de l’occupation selon lui illicite de son terrain par l’armée.
4. Le 5 novembre 2007, la présidente de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1960 et réside à Walldorf (Allemagne). Il est le propriétaire d’un terrain, parcelle no 2503, sise à İkitelli (Istanbul).
6. En vue d’obtenir un permis de construire sur son terrain classé terre agricole, il s’adressa à la mairie qui le renvoya au ministère de la Défense au motif que le bien en question était situé dans une zone militaire. Le 25 novembre 1998, il s’adressa en ce sens au ministère en question.
7. Le 16 décembre 1998, l’armée informa le requérant qu’en l’absence notamment d’une copie du plan de son terrain elle ne pouvait pas traiter sa demande.
8. Le 31 août 2000, le requérant réitéra sa demande du 25 novembre 1998.
9. Par une lettre adressée au requérant le 27 octobre 2000, l’état-major de la troisième brigade du commandement de l’armée de terre (« l’armée ») répondit que le terrain en question ne faisait pas partie de la zone militaire.
10. Après s’être rendu sur les lieux avec un fonctionnaire du service du cadastre, le requérant constata que son terrain était entouré de fils de fer barbelés et signalé par un panneau indiquant « zone militaire ». Le 16 février 2001, il demanda à l’armée d’enlever les barbelés et le panneau en question afin qu’il puisse procéder à la délimitation de son terrain.
11. Le 20 février 2001, il réitéra sa demande du 16 février 2001.
12. Le 15 mars 2001, en réponse à la demande du 16 février 2001, l’armée informa le requérant que son terrain était situé en dehors de la zone de sécurité militaire et que les fils de fer barbelés allaient être enlevés.
13. Le 28 mars 2001, le requérant redemanda à l’armée de retirer les barbelés qui entouraient toujours son terrain, rappelant que, après plusieurs échanges de courrier, l’armée lui avait répondu que son terrain ne faisait plus partie de la zone de sécurité militaire et que les barbelés l’entourant allaient être enlevés.
14. Le 4 juin 2001, il relança l’armée au sujet de sa demande du 28 mars 2001.
15. Le 5 juin 2001, il demanda également au service du cadastre si son terrain avait été exclu de la zone militaire et si les barbelés avaient été retirés.
16. En réponse à la demande du 4 juin 2001, l’armée informa le requérant que son terrain ne faisait plus partie de la zone militaire et qu’il devait s’adresser au service du cadastre compétent pour délimiter sa propriété.
17. Le 25 juillet 2001, le requérant réitéra sa demande du 28 mars 2001, répétée le 4 juin 2001.
18. Le 17 janvier 2002, l’armée informa le requérant que les barbelés avaient été retirés le 7 août 2001 et que son terrain n’était désormais plus inclus dans la zone de sécurité militaire.
19. Le 6 mars 2002, le requérant saisit le tribunal de grande instance de Küçükçekmece (« le tribunal ») d’une action visant au paiement d’une indemnité, assortie d’intérêts au taux légal, en dédommagement de l’occupation illicite de son terrain pour la période du 6 mars 1997 au 17 janvier 2002, date à laquelle il avait été informé que les barbelés entourant son bien avaient été enlevés, soit environ cinq ans.
20. Le 20 septembre 2002, le tribunal se rendit sur le terrain concerné avec les experts.
21. A une date non précisée, un rapport d’expertise fut établi. Le rapport établissait que,
– le requérant avait déclaré que son terrain avait été classé zone militaire et qu’à partir de 1998 il s’était adressé aux autorités compétentes pour accéder à son bien ;
– le 17 janvier 2002, le terrain avait été déclassé ;
– le ministère de la Défense avait déclaré que le classement du terrain en zone militaire avait été le fruit d’une erreur.
Selon le rapport, l’occupation n’était pas un acte de mauvaise foi et aucun profit n’en avait été tiré ; l’expert ajoutait que, à la suite de travaux cadastraux, il avait été constaté que le terrain était entouré de fils de fer barbelés, qui avaient par la suite été enlevés. Le rapport concluait que,
« selon l’article [995] du code civil, le possesseur de mauvaise foi [devait dédommager] le propriétaire. Selon les éléments du dossier, les fils de fer barbelés avaient été enlevés par l’administration défenderesse le 7 août 2001. Eu égard au fait qu’aucune allégation de mauvaise foi du ministère n’avait été avancée et que ce fait n’avait pas été établi, la demande devait être rejetée pour absence de fondement juridique ».
22. Le 11 décembre 2002, le requérant contesta le rapport d’expertise.
23. Le 23 décembre 2002, se fondant sur ce même rapport, le tribunal rejeta la demande d’indemnisation du requérant.
24. Le 30 janvier 2003, le requérant forma un pourvoi en cassation.
25. Par un arrêt du 24 juin 2003, la Cour de cassation confirma le jugement de première instance.
26. Le 4 décembre 2003, elle rejeta la demande en rectification de l’arrêt.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
27. Les articles 993 et 994 du code civil prévoient les conditions d’utilisation et, le cas échéant, d’indemnisation de la possession d’un bien appartenant à un tiers de bonne foi.
28. L’article 995 du code civil prévoit les conditions d’utilisation et d’indemnisation de la possession d’un bien appartenant à un tiers de mauvaise foi.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
29. Le requérant se plaint d’une atteinte à son droit au respect de ses biens à raison de l’occupation, d’après lui illicite, de son terrain par l’État, du rejet de sa demande d’indemnisation par les juridictions nationales ainsi que des pressions qu’avait, selon lui, exercées l’appareil étatique sur les juridictions nationales qui ont examiné sa demande.
Eu égard à la substance des griefs soulevés par le requérant, la Cour estime qu’il convient de les examiner uniquement sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
30. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
31. Le Gouvernement expose que les fils de fer barbelés litigieux ont été enlevés le 7 août 2001, qu’aucun profit n’a été retiré du terrain qui avait été ainsi délimité et que c’est par erreur que la parcelle en cause avait été classée zone militaire. Il met en doute la bonne foi du requérant quant à l’engagement de son action en indemnisation. Se référant à la jurisprudence de la Cour de cassation en la matière, sans cependant en présenter aucun exemple, et à l’article 995 du code civil, il ajoute qu’en l’absence d’occupation de mauvaise foi, le requérant ne peut pas prétendre à une quelconque indemnisation. En outre, selon le Gouvernement, le terrain en cause étant inconstructible, il ne peut être utilisé que comme terrain de culture ; or, à son avis, comme le requérant vit à l’étranger, il ne peut mener aucune activité agricole sur son terrain. Par ailleurs, en se référant à la demande du requérant du 25 novembre 1998, le Gouvernement soutient que le requérant n’a demandé que le 16 février 2001 le retrait des barbelés à l’armée. Enfin, il affirme que l’intéressé n’a subi aucun dommage durant la période où il n’a pas pu utiliser son terrain.
32. Le requérant réitère ses allégations.
33. La Cour note que la situation litigieuse objet de la présente requête relève de la première phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, qui énonce, de manière générale, le principe du respect des biens (Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão et autres c. Portugal, nos 29813/96 et 30229/96, §§ 43 et 48, CEDH 2000-I). Dès lors, la Cour doit rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, parmi beaucoup d’autres, Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 69, série A no 52).
34. S’agissant en l’espèce de l’argument du Gouvernement relatif à l’application du droit national, en particulier la manière dont les juridictions nationales doivent appliquer les articles 993 à 995 du code civil, la Cour réaffirme qu’il ne lui appartient pas de se substituer aux juridictions internes. C’est au premier chef aux autorités nationales, et notamment aux cours et aux tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne (Edificaciones March Gallego S.A. c. Espagne, 19 février 1998, § 33, Recueil des arrêts et décisions 1998-I, et Yagtzilar et autres c. Grèce, n 41727/98, § 25, CEDH 2001-XII). Dans la présente affaire, le rôle de la Cour se limite donc à vérifier la compatibilité avec la Convention et ses Protocoles de la demande du requérant visant à l’obtention d’une indemnité à raison de l’occupation de son terrain par l’État.
35. La Cour observe qu’il n’est pas contesté par les parties que le terrain appartenant au requérant a été occupé par l’armée, classé zone militaire et entouré de fils de fer barbelés, du moins pour la période du 6 mars 1997 au 7 août 2001, date à laquelle les barbelés ont été enlevés, même si, pour le requérant, la date de fin d’occupation de son terrain est plus tardive et correspond à celle à laquelle il a été informé par l’armée du retrait des barbelés (paragraphe 18 ci-dessus). Se plaignant de l’occupation illicite de son terrain, le requérant a introduit une action en dommages et intérêts devant la juridiction interne compétente. La Cour estime que le requérant a souffert de la mainmise de l’armée sur son terrain et note qu’il n’a obtenu aucune compensation de la part de l’État pour ce préjudice.
36. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure que l’occupation illicite par l’armée, même limitée dans le temps, du terrain appartenant au requérant a porté atteinte au droit de l’intéressé au respect de ses biens.
Ensuite, s’agissant de l’argument du Gouvernement selon lequel la situation du requérant, installé à l’étranger, l’empêchait de mener une activité de culture sur son terrain classé terrain agricole, la Cour estime que le fait de résider à l’étranger n’est pas en soi un obstacle à l’exploitation agricole par son propriétaire d’un terrain situé en Turquie. Elle n’est dès lors pas convaincue par la pertinence de cet argument.
37. En conséquence, elle conclut que l’absence de toute indemnisation en contrepartie de l’occupation illicite du terrain du requérant par l’armée a rompu, en la défaveur de celui-ci, le juste équilibre à ménager entre la protection de la propriété et les exigences de l’intérêt général.
38. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
39. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
40. Le requérant n’a présenté aucune demande de satisfaction équitable. Partant, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de lui octroyer de somme à ce titre.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 de la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 27 mai 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 11/12/2024