Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ÖZBEK C. TURCHIA
(Richiesta no 25327/04)
SENTENZA
STRASBURGO
27 maggio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Özbek c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 maggio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa dat:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25327/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. N. Ö. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 giugno 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. K., avvocato ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente si lamenta, sul fondamento dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni in ragione dell’occupazione secondo lui illecita del suo terreno da parte dell’esercito.
4. Il 5 novembre 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1960 e risiede a Walldorf (Germania). È il proprietario di un terreno (appezzamento no 2503) ubicato a İkitelli (Istanbul).
6. In vista di ottenere un permesso di costruzione sul suo terreno classificato come terreno agricolo, si rivolse al municipio che lo rinviò al ministero della Difesa al motivo che il bene in questione era situato in una zona militare. Il 25 novembre 1998, si rivolse in questo senso al ministero in questione.
7. Il 16 dicembre 1998, l’esercito informò il richiedente che in mancanza in particolare di una copia del piano del suo terreno non poteva trattare la sua istanza.
8. Il 31 agosto 2000, il richiedente reiterò la sua istanza del 25 novembre 1998.
9. Con una lettera indirizzata al richiedente il 27 ottobre 2000, lo Stato Maggiore della terza squadra del commando dell’esercito di terra (“l’esercito”) rispose che il terreno in questione non faceva parte della zona militare.
10. Dopo essersi recato sui luoghi con un funzionario del servizio del catasto, il richiedente constatò che il suo terreno era recintato con filo di ferro spinato e segnalato con un cartello che indicava “zona militare.” Il 16 febbraio 2001, chiese all’esercito di togliere i fili spinati ed il cartello in questione affinché potesse procedere alla delimitazione del suo terreno.
11. Il 20 febbraio 2001, reiterò la sua istanza del 16 febbraio 2001.
12. Il 15 marzo 2001, in risposta all’istanza del 16 febbraio 2001, l’esercito informò il richiedente che il suo terreno era situato all’infuori della zona di sicurezza militare e che i fili di ferro spinato dovevano essere tolti.
13. Il 28 marzo 2001, il richiedente ridomandò all’esercito di togliere i fili spinati che recintavano sempre il suo terreno, ricordando che, dopo parecchi scambi di corrispondenza, l’esercito gli aveva risposto che il suo terreno non faceva più parte della zona di sicurezza militare e che i fili spinati che lo recintavano dovevano essere tolti.
14. Il 4 giugno 2001, rilanciò l’esercito a proposito della sua istanza del 28 marzo 2001.
15. Il 5 giugno 2001, chiese anche al servizio del catasto se il suo terreno era stato escluso della zona militare e se i fili spinati erano stati tolti.
16. In risposta all’istanza del 4 giugno 2001, l’esercito informò il richiedente che il suo terreno non faceva più parte della zona militare e che doveva rivolgersi al servizio del catasto competente per delimitare la sua proprietà.
17. Il 25 luglio 2001, il richiedente reiterò la sua istanza del 28 marzo 2001, ripetuta il 4 giugno 2001.
18. Il 17 gennaio 2002, l’esercito informò il richiedente che i fili spinati erano stati tolti il 7 agosto 2001 e che il suo terreno non era oramai più incluso nella zona di sicurezza militare.
19. Il 6 marzo 2002, il richiedente investì la corte d’appello di Küçükçekmece (“il tribunale”) di un’azione tesa al pagamento di un’indennità, abbinata ad interessi al tasso legale, per risarcimento dell’occupazione illecita del suo terreno per il periodo dal 6 marzo 1997 al 17 gennaio 2002, data in cui era stato informato che i fili spinati che recintavano il suo bene erano stati tolti, o circa cinque anni.
20. Il 20 settembre 2002, il tribunale si recò sul terreno riguardato coi periti.
21. In una data non precisata, fu stabilito un rapporto di perizia. Il rapporto stabiliva che,
-il richiedente aveva dichiarato che il suo terreno era stato archiviato come zona militare e che a partire dal 1998 si era rivolto alle autorità competenti per accedere al suo bene;
-il 17 gennaio 2002, il terreno era stato declassato;
-il ministero della Difesa aveva dichiarato che l’archiviazione del terreno come zona militare era stata il frutto di un errore.
Secondo il rapporto, l’occupazione non era un atto in malafede e nessun profitto ne non era stato tratto; il perito aggiungeva che, in seguito a lavori catastali, era stato constatato che il terreno era recintato con filo di ferro spinato che era stato tolto in seguito. Il rapporto concludeva che,
“secondo l’articolo [995] del codice civile, il possessore in malafede [doveva risarcire] il proprietario. Secondo gli elementi della pratica, i fili di ferro spinato erano stati tolti dall’amministrazione convenuta il 7 agosto 2001. Avuto riguardo al fatto che nessuna affermazione di malafede del ministero era stata avanzata e che questo fatto non era stato stabilito, la richiesta doveva essere respinta per mancanza di fondamento giuridico.”
22. L’ 11 dicembre 2002, il richiedente contestò il rapporto di perizia.
23. Il 23 dicembre 2002, basandosi su questo stesso rapporto, il tribunale respinse la richiesta di indennizzo del richiedente.
24. Il 30 gennaio 2003, il richiedente formò un ricorso in cassazione.
25. Con una sentenza del 24 giugno 2003, la Corte di cassazione confermò il giudizio di prima istanza.
26. Il 4 dicembre 2003, respinse l’istanza di rettifica della sentenza.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
27. Gli articoli 993 e 994 del codice civile contemplano le condizioni di utilizzazione e, all’occorrenza, di indennizzo del possesso di un bene appartenente ad un terzo in buona fede.
28. L’articolo 995 del codice civile contempla le condizioni di utilizzazione e di indennizzo del possesso di un bene che appartiene ad un terzo in malafede.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
29. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni a ragione dell’occupazione, secondo lui illecita, del suo terreno da parte dello stato, del rigetto della sua richiesta di indennizzo da parte delle giurisdizioni nazionali così come delle pressioni che aveva, secondo lui, esercitato l’apparato statale sulle giurisdizioni nazionali che hanno esaminato la sua richiesta.
Avuto riguardo alla sostanza dei motivi di appello sollevati dal richiedente, la Corte stima che conviene esaminarli unicamente sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
30. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
31. Il Governo espone che i fili di ferro spinato controversi sono stati tolti il 7 agosto 2001 che nessuno profitto è stato tolto dal terreno che era stato delimitato così e che è stato per errore che l’appezzamento in causa era stato archiviato come zona militare. Mette in dubbio la buona fede del richiedente in quanto all’impegno della sua azione di indennizzo. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia, senza presentarne però nessuno esempio, ed all’articolo 995 del codice civile, aggiunge che in mancanza di occupazione in malafede, il richiedente non può pretendere alcun indennizzo. Inoltre, secondo il Governo, il terreno in causa che è inedificabile, può essere utilizzato solo come terreno per colture; ora, a suo avviso, siccome il richiedente vive all’estero, non può condurre nessuna attività agricola sul suo terreno. Peraltro, riferendosi alla richiesta del richiedente del 25 novembre 1998, il Governo sostiene che il richiedente ha chiesto all’esercito solamente il 16 febbraio 2001 il ritiro dei fili spinati. Infine, afferma che l’interessato non ha subito nessun danno durante il periodo in cui non ha potuto utilizzare il suo terreno.
32. Il richiedente reitera le sue affermazioni.
33. La Corte nota che la situazione controversa oggetto della presente richiesta dipende dalla prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che enuncia, in modo generale, il principio del rispetto dei beni (Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri c. Portogallo, numeri 29813/96 e 30229/96, §§ 43 e 48, CEDH 2000-I). Quindi, la Corte deve ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra molte altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52).
34. Trattandosi nello specifico dell’argomento del Governo relativo all’applicazione del diritto nazionale, in particolare il modo in cui le giurisdizioni nazionali devono applicare gli articoli 993 a 995 del codice civile, la Corte riafferma che non le spetta di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi ed ai tribunali, interpretare la legislazione interna (Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, 19 febbraio 1998, § 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I, e Yagtzilar ed altri c. Grecia, n 41727/98, § 25, CEDH 2001-XII). Nella presente causa, il ruolo della Corte si limita dunque a verificare la compatibilità con la Convenzione e con i suoi Protocolli della richiesta del richiedente tesa all’ottenimento di un’indennità a ragione dell’occupazione del suo terreno da parte dello stato.
35. La Corte osserva che non è contestato dalle parti che il terreno appartenente al richiedente è stato occupato dall’esercito, archiviato come zona militare e recintato con di ferro spinato, almeno per il periodo dal 6 marzo 1997 al 7 agosto 2001, data in cui i fili spinati sono stati tolti, anche se, per il richiedente, la data di fine di occupazione del suo terreno è più tardiva e corrisponde a quella in cui è stato informato dall’esercito del ritiro dei fili spinati (paragrafo 18 sopra). Lamentandosi dell’occupazione illecita del suo terreno, il richiedente ha introdotto un’azione per danni ed interessi dinnanzi alla giurisdizione interna competente. La Corte stima che il richiedente ha sofferto della confisca dell’esercito sul suo terreno e nota che non ha ottenuto nessun compenso da parte dello stato per questo danno.
36. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che l’occupazione illecita da parte dell’esercito, anche limitata nel tempo, del terreno appartenente al richiedente ha recato offesa al diritto dell’interessato al rispetto dei suoi beni.
Poi, trattandosi dell’argomento del Governo secondo cui la situazione del richiedente, stabilitosi all’estero, gli impediva di condurre un’attività di coltura sul suo terreno archiviato come terreno agricolo, la Corte stima che il fatto di risiedere all’estero non è in sé un ostacolo allo sfruttamento agricolo da parte del suo proprietario di un terreno situato in Turchia. Non è quindi convinta con la pertinenza di questo argomento.
37. Perciò, conclude che la mancanza di ogni indennizzo in compenso dell’occupazione illecita del terreno del richiedente da parte dell’esercito ha rotto, a sfavore di questo, il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione della proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
38. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
40. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli di somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 maggio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa