Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 3, in caso di espulsione verso la Tunisia,; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
SECONDA SEZIONE
CAUSA O. C. ITALIA
( Richiesta no 37257/06)
SENTENZA
STRASBURGO
24 marzo 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa O. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37257/06) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino tunisino, il Sig. O. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 15 settembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il presidente della camera ha aderito alla domanda di non-divulgazione della sua identità formulata dal richiedente (articolo 47 § 3 dell’ordinamento).
2. Il richiedente è rappresentato dal Mio N. Z. ed il Sig. B., avvocati a Bologna. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce in particolare che il collocamento in esecuzione della decisione di espellerlo verso la Tunisia violerebbe gli articoli 3 e 8 della Convenzione e che la convalida di questa decisione non si fondava su dei motivi di sicurezza nazionale.
4. Il 16 ottobre 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità e sul merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1960 e ha risieduto a Bologna.
A. Le investigazioni contro il richiedente in Italia ed il tentativo di espellerlo
6. Il richiedente risiede in Italia dal settembre 1987.
7. Nel 1997, delle investigazioni furono iniziate sull’attività di una rete islamica armata. Riguardavano il richiedente e trentanove altre persone. Con una sentenza del 21 novembre 2000, il giudice delle investigazioni preliminari del tribunale di Bologna prosciolse il richiedente dal capo di appartenenza ad un’associazione terroristica. Il 13 gennaio 2003, il tribunale di Bologna prosciolse in seguito, il richiedente anche dagli capi di appartenenza ad un’associazione di malviventi e dal falso in scritture, e lo condannò ad una pena di sei mesi di detenzione per esercizio arbitrario dei suoi propri diritti con atti di violenza su altri (« esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone », articolo 393 del codice penale).
8. Il 31 ottobre 2005, il prefetto (“Questore”) di Bologna si rifiutò di rinnovare il suo permesso di soggiorno e di lavoro che era scaduto il 13 agosto 2005.
9. Nel febbraio 2006, il richiedente fu arrestato nella cornice di una nuova indagine di polizia riguardante un’associazione di tipo terroristico. L’11 aprile 2006, il giudice delle investigazioni preliminari di Bologna respinse l’istanza di collocamento dell’interessato in detenzione provvisoria presentata dalla procura, alla luce della mancanza di gravi indizi che indicavano che fosse colpevole di terrorismo internazionale. Il 27 giugno 2006, la camera del tribunale di Bologna incaricata di riesaminare le misure di precauzione (“tribunale della libertà e del riesame”) respinse l’appello della procura.
10. Il 1 settembre 2006, il ministro delle Cause interne ordinò l’espulsione del richiedente verso la Tunisia in virtù dell’articolo 3 della legge no 144 del 2005 (intitolata “Misure urgenti per combattere il terrorismo internazionale”).
11. Osservando che risultava dalla pratica che il richiedente aveva giocato un ruolo significativo nelle organizzazioni implicate nella concezione di progetti sovversivi e che aveva agito allo scopo di raggiungere gli obiettivi di suddette organizzazioni, il ministro concluse che questo suo comportamento con cui il richiedente prestava assistenza al terrorismo islamico, costituiva un’agitazione all’ordine pubblico ed un pericolo per la sicurezza nazionale.
12. Il 12 settembre 2006, il richiedente fu trasferito al centro di ritenzione provvisoria (Centro di Permanenza Temporanea) di Ponte Galeria, a Roma.
13. Il 14 settembre 2006, chiese la concessione dello statuto di profugo. Il 22 settembre 2006, fu sentito dalla Commissione per i profughi competente per decidere della sua istanza. In questa occasione, dichiarò di essere sospettato di terrorismo dalle autorità del suo paese di origine in ragione dei procedimenti penali aperti contro di lui in Italia. Valevano come prova il rifiuto delle autorità consolari della Tunisia di rinnovare il suo passaporto, che aveva smarrito nel 1999, e l’iscrizione del suo nome sugli elenchi delle persone sospettate di terrorismo internazionale redatto in seguito agli attentati perpetrati nel settembre 2001 negli Stati Uniti. Stimava dunque di rischiare di essere incarcerato e torturato fin dal suo arrivo in Tunisia, conformemente alla pratica delle autorità tunisine verso le persone sospettate di appartenere ai movimenti islamici, ed adduceva che anche i membri della sua famiglia erano minacciati.
14. Con una decisione del 21 settembre 2006, la Commissione per i profughi respinse l’istanza del richiedente, considerando che rappresentava un pericolo per la sicurezza dello stato.
15. Il 15 settembre 2006, la decisione del ministro delle Cause interne di espellere il richiedente fu convalidata nel frattempo, dal giudice conciliatore di Roma, dopo che questo ne ebbe esaminato la legalità.
16. Su richiesta del richiedente, il presidente della terza sezione ha deciso, il 5 ottobre 2006, di indicare al governo italiano, in applicazione dell’articolo 39 precitato, che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del buon svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di non espellere il richiedente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. Ha chiamato l’attenzione del Governo sul fatto che, quando uno Stato contraente non si conforma ad una misura indicata a titolo dell’articolo 39 dell’ordinamento, ciò può provocare una violazione dell’articolo 34 della Convenzione (vedere Mamatkoulov ed Askarov c. Turchia [GC], numeri 46827/99 e 46951/99, §§ 128-129 e spunta 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).
B. Le assicurazioni diplomatiche ottenute dalle autorità italiane
17. Il 29 agosto 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi indirizzò al ministero tunisino delle Cause estere la nota verbale (no 3124) seguente:
“L’ambasciata dell’Italia presenta i suoi complimenti al ministero delle Cause Estere e si riferisce alle sue proprie note verbali no 2738 del 21 luglio e no 2911 del 6 agosto scorsi ed alla visita in Tunisia della delegazione tecnica dei rappresentanti dei ministeri italiani dell’interno e della Giustizia, tenutasi il 24 luglio scorso, concernente un esame dei procedimenti da seguire a proposito dei ricorsi pendenti della Corte europea dei diritti dell’uomo, presentato dai cittadini tunisini, che sono stati o che potrebbero essere oggetto di decreti di espulsione.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia il ministero delle Cause Estere per la nota verbale DGAC no 011998 del 26 agosto scorso e tramite questo il ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per la concreta collaborazione espressa per il caso del Sig. E. S. B. K..
Conformemente a ciò che era stato convenuto all’epoca della riunione del 24 luglio, le autorità italiane hanno l’onore di sottoporre qui di seguito tramite via diplomatica la loro richiesta di elementi addizionali specifici che si rivelano necessari nel contenzioso in corso dinnanzi alla Corte di Strasburgo tra l’Italia ed i cittadini tunisine citati qui sotto: (…)
A questo effetto, l’ambasciata dell’Italia ha l’onore di chiedere al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente investire le autorità tunisine competenti affinché possano fornire tramite via diplomatica le assicurazioni specifiche su ciascuno di questi ricorrenti che si riferiscono ai seguenti argomenti:
– in caso di espulsione verso la Tunisia del ricorrente le cui generalità saranno specificate, non sarà sottomesso a torture né a pene o trattamenti disumani o degradanti;
– che possa essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale, secondo i procedimenti che, nell’insieme, saranno conformi ai principi di un processo equo e pubblico;
– che possa, durante la sua detenzione, ricevere le visite dei suoi avvocati ivi compreso quello italiano che lo rappresenta nel processo dinnanzi alla Corte di Strasburgo, così come dei membri della sua famiglia e di un medico.
Poiché la scadenza per la presentazione delle osservazioni del governo italiano a Strasburgo per suddetto caso è fissata al 19 settembre prossimo, l’ambasciata dell’Italia sarebbe grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente farle giungere al più presto gli elementi richiesti, fondamentali per la strategia della difesa del governo italiano e suggerisce che la Sig.ra C., primo segretario [dell’] ambasciata, possa recarsi al ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per fornire ogni delucidazione opportuna.
L’ambasciata dell’Italia sarebbe inoltre grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente verificare se le autorità tunisine competenti giudicano opportuno che il governo tunisino partecipi, per suddetto ricorso, ai procedimenti dinnanzi alla Corte di Strasburgo, in quanto terzo, e questo, conformemente agli articoli 36 [della Convenzione], 44 dell’ordinamento della Corte [e] A1 paragrafo 2 dell’allegato all’ordinamento.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia in anticipo il ministero delle Cause Estere per l’attenzione che sarà riservata alla presente nota ed coglie l’occasione per rinnovargli le assicurazioni della sua alta considerazione. ”
18. Il 5 novembre 2008, le autorità tunisine fecero pervenire la loro risposta, firmata dall’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali. Nelle sue parti pertinenti, questa risposta si legge come segue:
“Nella sua nota verbale in data del 29 agosto 2008, come completata dalla sua nota verbale datata del 4 settembre 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi ha sollecitato, dalle autorità tunisine, le assicurazioni, qui di seguito enumerate, concernente i cittadini tunisino O. [ed altri] nel caso dovessero essere espulsi verso la Tunisia.
(…)
III. Concernente i denominati O., conviene, prima di tutto, precisare che sono oggetto di giudizi in contumacia per violazioni terroristiche.
Se gli interessati [vengono] espulsi verso la Tunisia, saranno, fin dal loro arrivo in Tunisia, presentati ad un giudice. Potranno esercitare allora il loro diritto di opposizione, essendo sentito che l’ammissibilità dell’opposizione nella forma ha per conseguenza, in applicazione dell’articolo 182 del codice di procura penale, di annientare i giudizi attaccati e di permettere loro di essere giudicati di nuovo e di presentare i mezzi di difesa che giudicano utili.
All’epoca della loro comparizione dinnanzi al giudice, gli interessati beneficeranno obbligatoriamente dell’assistenza di avvocati di loro scelta. Se si rivela che non ne hanno i mezzi, degli avvocati saranno commessi loro d’ufficio a spese dello stato. Il giudice ordinerà in seguito o la liberazione degli imputati o il loro arresto. Godranno, per tutto il loro processo, dell’insieme delle seguente garanzie:
1. La garanzia del rispetto della dignità degli interessati:
Il rispetto della dignità degli interessati è garantito, la sua origine risiede nel principio del rispetto della dignità di ogni persona qualunque sia lo stato in cui si trova, principio fondamentale riconosciuto dal diritto tunisino e garantito per ogni persona e più particolarmente per i detenuti il cui statuto è regolamentato minuziosamente.
È a questo riguardo utile ricordare che l’articolo 13 della Costituzione tunisina dispone nel suo capoverso 2 che “ogni individuo che ha perso la sua libertà è trattato umanamente, nel rispetto della sua dignità.”
La Tunisia ha ratificato peraltro senza nessuna riserva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ha riconosciuto così la competenza del comitato contro la tortura per ricevere ed esaminare le comunicazioni presentate da o per conto di individui che dipendono dalla sua giurisdizione che pretendono essere vittime di violazione delle disposizioni della Convenzione (ratifica con la legge no 88-79 del 11 luglio 1988. Gazzetta ufficiale della Repubblica tunisina no 48 del 12-15 luglio 1988 (pagina 1035).
Le disposizioni di suddetta Convenzione sono state trasposte in diritto interno, l’articolo 101 bis del codice penale definisce la tortura come “ogni atto con cui un dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, sono inflitte intenzionalmente in particolare ad una persona ai fini di ottenere da lei o da una terza persona delle informazioni o delle confessioni, di punirla di un atto che lei o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, di intimidirla o di fare pressione su una terza persona, o quando il dolore o le sofferenze acute sono inflitte per ogni altro motivo fondato su una forma di discriminazione [qualunque] sia.”
Il legislatore ha contemplato delle pene severe per questo genere di violazioni, così l’articolo 101 bis sopra citato dispone che è punito con una detenzione di otto anni il funzionario o assimilato che sottopone una persona alla tortura e questo, nell’esercizio o in occasione dell’esercizio delle sue funzioni.”
È da segnalare che la custodia preventiva è, secondo l’articolo 12 della Costituzione, sottoposta al controllo giudiziale e che si può procedere al carcere preventivo solo su ordine giurisdizionale. È vietato sottoporre chiunque ad una detenzione arbitraria. Parecchi garanzie accompagnano il procedimento della custodia preventiva e tendono a garantire il rispetto dell’integrità fisica e morale del detenuto tra cui in particolare:
– Il diritto della persona in custodia preventiva di informare, fin dal suo arresto, i membri della sua famiglia.
– Il diritto di chiedere durante il termine della custodia preventiva o alla sua scadenza di essere sottomessi ad un esame medico. Questo diritto può essere esercitato all’occorrenza dai membri della famiglia.
– La durata del carcere preventivo è regolamentata, il suo prolungamento è eccezionale e deve essere motivato dal giudice.
C’è luogo anche di notare che [la] legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni dispone nel suo articolo primo che ha per obiettivo di regolare “le condizioni di detenzione nelle prigioni preventiva di garantire l’integrità fisica e morale del detenuto, di prepararlo alla vita libera e di aiutare al suo reinserimento. “
Questo dispositivo legislativo è rinforzato dal collocamento in posto di un sistema di controllo destinato a garantire il rispetto effettivo della dignità dei detenuti. Si tratta di parecchi tipi di controlli effettuati da diversi organi ed istituzioni:
– C’è da prima un controllo giudiziale assicurato dal giudice di esecuzione delle pene tenuto, secondo i termini dell’articolo 342-3 del codice di procedura penale tunisino, [a] visitare la struttura penitenziaria che dipende dalla sua giurisdizione per prendere cognizione delle condizioni dei detenuti, queste visite sono in pratica effettuate in media nell’ordine di due volte alla settimana.
– C’è poi il controllo effettuato dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il presidente di questa istituzione nazionale indipendente può effettuare delle visite inopinate alle strutture penitenziarie per informarsi dello stato e delle condizioni dei detenuti.
– C’è anche il controllo amministrativo interno effettuato dai servizi dell’ispezione generale del ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo e l’ispezione generale che dipende dalla direzione generale delle prigioni e della rieducazione. È da notare in questa cornice che l’amministrazione penitenziaria dipende dal ministero della Giustizia e che gli ispettori di suddetto ministero sono dei magistrati di formazione il che costituisce una garanzia supplementare di un controllo rigoroso delle condizioni di detenzione.
– Bisogna segnalare infine che il comitato internazionale della Croce Rossa è abilitato dal 2005 ad effettuare delle visite nei luoghi di detenzione, prigioni e locali della polizia abilitati ad accogliere dei detenuti tenuti in custodia preventiva. Al termine di queste visite dei rapporti dettagliati vengono stabiliti e degli incontri vengono organizzati dai servizi riguardati per mettere in opera le raccomandazioni formulate dal comitato sullo stato dei detenuti.
Le autorità tunisine ricordano che non esitano ad indagare su tutte le affermazioni di tortura ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che un atto di maltrattamenti è stato commesso. Si citeranno a delucidazione due esempi: il primo riguarda tre agenti dell’amministrazione penitenziaria che hanno maltrattato un detenuto, a seguito di un’inchiesta aperta per questo motivo i tre agenti sono stati deferiti dinnanzi alla giustizia e sono stati condannati ciascuno a quattro anni di detenzione con una sentenza della corte di appello di Tunisi resa il 25 gennaio 2002.
-Il secondo esempio riguarda un agente di polizia che è stato perseguito per percosse e lesioni volontarie e che è stato condannato a 15 anni di detenzione con una sentenza resa dalla corte di appello di Tunisi il 2 aprile 2002.
In conclusione, è evidente che:
– Se O. [e le altre persone riguardate vengono] espulsi verso la Tunisia, saranno presentati ad un giudice e beneficeranno dell’assistenza di un avvocato.
– Gli interessati potranno esercitare il loro diritto di opposizione contro i giudizi resi a loro carico. L’ammissibilità dell’opposizione ha per effetto di annientare tutti gli effetti dei giudizi e le cause saranno giudicate di nuovo.
– L’autorità giudiziaria competente o la liberazione o l’arresto degli interessati..
– Ad ogni modo, gli interessati beneficeranno di tutte le garanzie offerte loro dalla legislazione tunisina di natura tale da conferire loro tutta la protezione necessaria contro ogni forma di abuso.
2. La garanzia di un processo equo agli interessati:
Se essi [vengono] espulsi in Tunisia, gli interessati beneficeranno in particolare di procedimenti di perseguimento, di istruzione e di giudizio che offrono tutte le garanzie necessarie ad un processo equo,:
– Il rispetto del principio della separazione tra le autorità di perseguimento, di istruzione e di giudizio.
– L’istruzione in materia di crimini è obbligatoria. Ubbidisce al principio del doppio grado di giurisdizione (giudice istruttore e camera di accusa).
– Le udienze di giudizio sono pubbliche e rispettano il principio del contraddittorio.
– Ogni persona sospettata di crimine ha obbligatoriamente diritto all’assistenza di uno o parecchi avvocati. Gliene viene, all’occorrenza, commesso uno d’ufficio e gli oneri sono sopportati dallo stato. L’assistenza dell’avvocato prosegue durante tutte le tappe del procedimento: istruzione preparatoria e fase di giudizio.
– L’esame dei crimini è di competenza dei corsi criminali che sono formati dai cinque magistrati, questa formazione allargata rinforza le garanzie dell’imputato.
– Il principio del doppio grado di giurisdizione in materia criminale è consacrato dal diritto tunisino. Il diritto di fare appello ai giudizi di condanna è dunque un diritto fondamentale per l’imputato.
– Nessuna condanna può essere resa se non sulla base di prove solide che sono state oggetto di dibattimenti contraddittori dinnanzi alla giurisdizione competente. Anche la confessione dell’imputato non è considerata come una prova determinante. Questa posizione è stata confermata dalla sentenza della Corte di cassazione tunisina no 12150 del 26 gennaio 2005 con cui la Corte ha affermato che la confessione estorta con violenza è nulla e non avvenuta e questo, in applicazione dell’articolo 152 del codice di procedura penale che dispone che: “la confessione, come ogni elemento di prova, è lasciata alla libera valutazione dei giudici.” Il giudice deve dunque valutare tutte le prove che gli sono presentate per decidere della forza probante da conferire a dette prove secondo la sua intima convinzione.
3. La garanzia del diritto di ricevere delle visite:
Se l’arresto degli interessati [viene] decisa dall’autorità giudiziale competente, beneficeranno dei diritti garantiti ai detenuti dalla legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni. Questa legge consacra il diritto di ogni prevenuto a ricevere la visita dell’avvocato incaricato della sua difesa, senza la presenza di un agente della prigione così come la visita dei membri delle loro famiglie. Se il loro arresto [viene] deciso, gli interessati godranno di questo diritto conformemente alla regolamentazione, in vigore e senza restrizione nessuna.
Concernente la domanda di visita degli interessati da parte degli avvocati che li rappresentano nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, le autorità tunisine osservano che tale visita non può essere autorizzata in mancanza di convenzione o di cornice legale interna che l’autorizzi.
Difatti la legge relativa alle prigioni determina le persone abilitate ad esercitare questo diritto: si tratta in particolare dei membri della famiglia del detenuto e del suo avvocato tunisino.
La Convenzione di aiuto giudiziale concluso tra la Tunisia e l’Italia il 15 novembre 1967 non contempla la possibilità per gli avvocati italiani di rendere visita ai detenuti tunisini. Tuttavia gli interessati potranno, se lo desiderano, incaricare degli avvocati tunisini di loro scelta [di] rendere loro visita e di procedere, coi loro omologhi italiani, al coordinamento delle loro azioni nella preparazione degli elementi della loro difesa dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
4. La garanzia del diritto di beneficiare delle cure mediche:
La legge precitata relativa all’organizzazione delle prigioni dispone che ogni detenuto ha diritto alla gratuità delle cure e dei medicinali dentro alle prigioni e, a difetto, nella struttura ospedaliera. Inoltre, l’articolo 336 del codice di procedura penale autorizza il giudice di esecuzione delle pene a sottoporre il condannato ad esame medico.
Se l’arresto degli interessati [viene] deciso, saranno sottoposti ad esame medico fin dalla loro ammissione nell’unità penitenziaria. Potranno, d’altra parte, beneficiare ulteriormente di un seguito medico nella cornice di esami periodici. In conclusione, gli interessati beneficeranno di un seguito medico regolare come ogni detenuto e non c’è luogo per questo fatto di autorizzare il loro esame da parte di un altro medico.
Le autorità tunisine reiterano la loro volontà di cooperare pienamente con la parte italiana fornendole tutte le informazione ed i dati utili alla sua difesa nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.”
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. I ricorsi che è possibile formare contro un’ordinanza di espulsione in Italia e le regole che disciplinano la riapertura di un processo in contumacia in Tunisia sono descritti in Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 febbraio 2008).
III. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
20. Si trova nella sentenza Saadi precitata una descrizione dei testi, documenti internazionali e sorgenti delle seguenti informazioni: l’accordo di cooperazione in materia di lotta contro la criminalità firmato dall’Italia e Tunisia e l’accordo di associazione tra la Tunisia, l’unione europea ed i suoi Stati membri, (§§ 61-62),; gli articoli 1, 32 e 33 della Convenzione delle Nazioni unite del 1951 relativi allo statuto dei profughi (§ 63); le linee direttive del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa (§ 64); i rapporti relativi alla Tunisia di Amnesty Internazionale (§§ 65-72) e di Human Rights Watch (§§ 73-79); le attività del Comitato internazionale della Croce Rossa (§§ 80-81); il rapporto del Dipartimento di stato americano relativo ai diritti dell’uomo in Tunisia (§§ 82-93); le altre sorgenti di informazione relative al rispetto dei diritti dell’uomo in Tunisia (§ 94).
21. Dopo l’adozione della sentenza Saadi, Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto annuo 2008. Le parti pertinenti della sezione di questo rapporto consacrato alla Tunisia sono riferite in Ben Khemais c. Italia, no 246/07, § 34,… 2009.
22. Nella sua risoluzione 1433(2005) relativa alla legalità della detenzione di persone da parte degli Stati Uniti a Guantanamo Bay, l’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa ha chiesto al governo americano, tra l’altro, “di non rinviare o trasferire i detenuti basandosi su delle “assicurazioni diplomatiche” di paesi conosciuti per ricorrere sistematicamente alla tortura ed in ogni caso se la mancanza di rischio di maltrattamento non è fermamente stabilita.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il richiedente considera che l’esecuzione del suo sfratto l’esporrebbe ad un rischio di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione. Questa disposizione si legge come segue:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
25. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) Il richiedente
26. Il richiedente rinvia alle inchieste condotte da Amnesty International e dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti dell’America che dimostrerebbero che in caso di sfratto verso la Tunisia, sarebbe esposto ad un rischio concreto e serio di violazione dei diritti garantiti dagli articoli 2 e 3 della Convenzione. Riporta anche che l’associazione internazionale di sostegno ai prigionieri politici ha riferito il caso di un giovane uomo, il Sig. M. H. B. S. B. F che, il 10 ottobre 2006, si sarebbe gettato dalla finestra di un commissariato poco prima di un interrogatorio. L’avvocato di M. B. F. avrebbe spiegato che il suo cliente era stato detenuto per venticinque giorni nelle unità del ministero delle Cause interne a Tunisi, dove era stato torturato selvaggiamente. Infine, il richiedente sottolinea che numerosi articoli di stampa denunciano la condizione dei detenuti politici e delle loro famiglie. Afferma che tutti i tunisini accusati in Italia di attività terroristiche hanno subito delle violenze e delle torture dopo il loro rimpatrio.
27. Il richiedente considera che di fronte ai rischi seri ai quali sarebbe esposto in caso di espulsione, il semplice richiamo dei trattati che ha sottoscritto la Tunisia non potrebbe bastare. Sostiene che il rifiuto delle autorità tunisine di rinnovare il suo passaporto dimostra che è sospettato di terrorismo dal suo paese di origine. Dichiara anche che la sua famiglia ha ricevuto parecchie visite della polizia e che è stata oggetto di minacce e di provocazioni continue.
b) Il Governo,
28. Il Governo sottolinea che la Tunisia ha ratificato i principali strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti dell’uomo, ivi compreso il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ricorda anche che nel 1995, la Tunisia ha firmato con l’unione europea un accordo di associazione in virtù del quale la questione del rispetto delle libertà fondamentali e dei principi democratici è un elemento del dialogo politico tra i firmatari. Sottolinea peraltro che le autorità tunisine permettono alla Croce Rossa internazionale di visitare le prigioni.
29. Secondo il Governo, si può presumere che la Tunisia non si scosterà dagli obblighi che gli spettano in virtù dei trattati internazionali.
30. In più, il sistema giuridico italiano contemplerebbe delle garanzie per l’individuo-ivi compresa la possibilità di ottenere lo statuto di profugo-che renderebbero “praticamente impossibile una repressione contraria alle esigenze della Convenzione.”
31. Il Governo arguisce comunque che le affermazioni relative ad un pericolo di morte o al rischio di essere esposto a tortura o a trattamenti disumani e degradanti deve essere supportato da elementi di prova adeguati; e che nello specifico, il richiedente non ha né prodotto elementi precisi a questo riguardo né fornito spiegazioni dettagliate, ma che si è limitato a descrivere una situazione falsamente generalizzata in Tunisia. Le “sorgenti internazionali” citate dal richiedente sarebbero vaghe e non pertinenti, come gli articoli di stampa prodotti dall’interessato.
32. Il Governo rinvia alle assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine, in cui vede il risultato di un dialogo intergovernativo molto fruttuoso. Queste assicurazioni garantirebbero una protezione adeguata del richiedente contro il rischio di subire, in Tunisia, dei trattamenti vietati dalla Convenzione.
33. Sottolinea che le autorità tunisine hanno corredato suddette assicurazioni con una “lunga e rassicurante spiegazione, in fatto ed in diritto, delle ragioni per cui bisogna credere loro”, e stima che la loro buona fede non dovrebbe essere messa in dubbio. Aggiunge che si è potuto verificare il rispetto effettivo di queste assicurazioni all’epoca dei controlli del Comitato superiore dei diritti dell’uomo e della Croce Rossa, così come delle visite degli avvocati e dei prossimi del richiedente.
34. Secondo il Governo, l’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di visitare il suo cliente se incarcerato in Tunisia si spiega col fatto che questo Stato non ha aderito alla Convenzione. Sarebbe dunque ragionevole non permettere le visite di avvocati esteri che operano fuori dalla cornice nazionale ed internazionale in cui si iscrive la Tunisia. A questo riguardo, il Governo osserva che l’interessato potrà, se lo desidera, dare mandato agli avvocati tunisini di sua scelta affinché procedano, in collaborazione con gli omologhi italiani, alla preparazione della sua difesa dinnanzi alla Corte.
35. Secondo il Governo, le assicurazioni date dalla Tunisia sono rassicuranti per ciò che riguarda la sicurezza ed il benessere del richiedente così come il rispetto del suo diritto ad un processo equo. Sottolineando che nella causa Saadi precitata, avendo la Corte stessa chiesto se tali assicurazioni erano state sollecitate ed ottenute, il Governo stima che, senza che ci sia questione di rimetterli in causa, i principi affermati dalla Grande Camera devono essere adattati alle particolari circostanze di fatto del caso specifico.
2. Valutazione della Corte
36. I principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contraenti in caso di espulsione, agli elementi da considerare per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione ed alla nozione di “tortura” e di “trattamenti disumani e degradanti” è riassunta nella sentenza Saadi (precitata, §§ 124-136) in cui la Corte ha riaffermato anche l’impossibilità di mettere sulla bilancia il rischio di maltrattamenti ed i motivi invocati per l’espulsione per determinare se la responsabilità di un Stato è impegnata sul terreno dell’articolo 3 (§§ 137-141).
37. La Corte ricorda le conclusioni a cui è giunta nella causa Saadi precitata (§§ 143-146) che erano le seguenti:
– i testi internazionali pertinenti fanno stato di numerosi casi regolari di tortura e di maltrattamenti inflitti in Tunisia a persone sospettate o riconosciute colpevoli di terrorismo;
– questi testi descrivono una situazione preoccupante;
– le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa nei luoghi di detenzione tunisina non possono dissipare il rischio di sottomissione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
38. La Corte non vede nello specifico nessuna ragione di ritornare su queste conclusioni che si trovano del resto confermate dal rapporto 2008 di Amnesty Internazionale relativo alla Tunisia (vedere sopra il paragrafo 20). Nota per di più che in Italia, il richiedente è stato accusato a due riprese di appartenere ad un’organizzazione terroristica integralista (vedere sopra i paragrafi7 e 9). Inoltre, risulta dalle informazione fornite dalle autorità tunisine che il richiedente è stato condannato in Tunisia per appartenenza, in tempo di pace, ad un’organizzazione terroristica (vedere sopra il paragrafo 18).
39. In queste condizioni, la Corte stima che nello specifico, dei fatti seri ed accertati giustifichino di concludere ad un rischio reale di vedere il richiedente subire dei trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione se venisse espulso verso la Tunisia (vedere, mutatis mutandis, Saadi, precitata, § 146. Resta da verificare se le assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine bastano ad allontanare questo rischio.
40. A questo riguardo, la Corte ricorda, primariamente, che l’esistenza di testi interni e l’accettazione di trattati internazionali che garantiscono, in principio, il rispetto dei diritti fondamentali non basta, da sola, a garantire una protezione adeguata contro il rischio di maltrattamenti quando, come nello specifico, delle sorgenti affidabili fanno stato di pratiche delle autorità-o tollerate o da queste -manifestamente contrarie ai principi della Convenzione (Saadi, precitata, § 147 in fine). Secondariamente, appartiene alla Corte esaminare se le assicurazioni date dallo stato di destinazione forniscono, nella loro applicazione effettiva, una garanzia sufficiente in quanto alla protezione del richiedente contro il rischio di trattamenti vietati dalla Convenzione (Chahal c. Regno Unito, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 105, 15 novembre 1996). Il peso da accordare alle assicurazioni che provengono dallo stato di destinazione dipende difatti, in ogni caso, dalle circostanze che prevalgono all’epoca considerata (Saadi, precitata, § 148 in fine).
41. Nel presente caso, l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali ha garantito che la dignità umana del richiedente sarebbe rispettata in Tunisia, che non sarebbe sottomesso a tortura, a trattamenti disumani o degradanti o ad una detenzione arbitraria, che beneficerebbe di cure mediche adeguate e che potrebbe ricevere delle visite dal suo avvocato e dai membri della sua famiglia. Oltre le leggi tunisine pertinenti ed i trattati internazionali firmati dalla Tunisia, queste assicurazioni si fondano sui seguenti elementi:
– i controlli praticati dal giudice di esecuzione delle pene, dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (istituzione nazionale indipendente) e dai servizi dell’ispezione generale del ministero della Giustizia e dei Diritti dell’uomo;
– due casi di condanna di agenti dell’amministrazione penitenziaria e di un agente di polizia per maltrattamenti;
– la giurisprudenza interna, ai termini della quale una confessione estorta sotto la costrizione è nulla e non avvenuta
42. La Corte nota, però, che non è stabilito che l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali fosse competente per dare queste assicurazioni a nome dello stato (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ucraina, no 2440/07, § 73, 23 ottobre 2008.) In più, tenuto conto del fatto che delle sorgenti internazionali serie ed affidabili hanno indicato che le affermazioni di maltrattamenti non erano esaminate dalle autorità tunisine competenti (Saadi, precitata, § 143) il semplice richiamo di due casi di condanna di agenti dello stato per percosse e lesioni su dei detenuti non potrebbe bastare ad allontanare il rischio di tali trattamenti né a convincere la Corte dell’esistenza di un sistema effettivo di protezione contro la tortura, in mancanza di cui è difficile verificare che le assicurazioni date verranno rispettate. A questo riguardo, la Corte ricorda che nel suo rapporto del 2008 relativo alla Tunisia, Amnesty International ha precisato in particolare che, sebbene numerosi detenuti si siano lamentati di essere stati torturati durante la loro custodia provvisoria, “le autorità non hanno condotto praticamente mai alcuna inchiesta né preso una qualsiasi misura per tradurre in giustizia i presunti torturatori ”
43. In più, nella sentenza Saadi precitata (§ 146), la Corte ha constatato una reticenza delle autorità tunisine a cooperare con le organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti dell’uomo, come Human Rights Watch. Nel suo rapporto 2008 precitato, Amnesty International ha notato peraltro che, sebbene il numero di membri del comitato superiore dei diritti dell’uomo sia stato aumentato, questo non includeva organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti fondamentali.” L’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di rendere visita al suo cliente nel caso fosse stato incarcerato in Tunisia conferma anche la difficoltà di accesso dei prigionieri tunisini ai consiglieri stranieri indipendenti quando sono parti ai procedimenti giudiziali dinnanzi a delle giurisdizioni internazionali. Questi ultimi rischiano dunque, una volta un richiedente viene espulso in Tunisia, di trovarsi nell’impossibilità di verificare la sua situazione e di conoscere degli eventuali motivi di appello che potrebbe sollevare in quanto ai trattamenti ai quali viene sottoposto (Ben Khemais, precitata, § 63).
44. In queste circostanze, la Corte non potrebbe aderire alla tesi del Governo secondo cui le assicurazioni date nel presente genere offrono una protezione efficace contro il rischio serio che corre il richiedente di essere sottomesso a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko precitata, §§ 73-74). Ricorda al contrario il principio affermato dall’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa nella sua risoluzione 1433(2005) secondo cui le assicurazioni diplomatiche non possono bastare quando la mancanza di pericolo di maltrattamento non è fermamente stabilita (vedere sopra il paragrafo 22).
45. Pertanto, la decisione di espellere l’interessato verso la Tunisia violerebbe l’articolo 3 della Convenzione se fosse messa ad esecuzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
46. Il richiedente adduce che la sua espulsione verso la Tunisia lo priverebbe dei legami affettivi instaurati durante i numerosi anni che ha passato in Italia. Invoca l’articolo 8 della Convenzione che è formulata così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
47. Il Governo considera che questo motivo di appello non potrebbe essere considerato.
48. La Corte considera che questo motivo di appello è ammissibile (Saadi, precitata, § 163). Però, avendo constatato che l’espulsione del richiedente verso la Tunisia costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere sopra il paragrafo 45) e non avendo nessun motivo di dubitare che il governo convenuto si conformerà alla presente sentenza, non stima necessario decidere la questione ipotetica di sapere se, in caso di espulsione verso la Tunisia, ci sarebbe anche violazione dell’articolo 8 della Convenzione (Saadi, precitata, § 170).
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 1 DEL PROTOCOLLO NO 7 E 13 DELLA CONVENZIONE
49. Il richiedente ricorda essere uno “straniero che risiede regolarmente” in Italia ed adduce che il collocamento in esecuzione della decisione di espellerlo violerebbe l’articolo 1 del Protocollo no 7. Invocando anche l’articolo 13 della Convenzione, considera che non ha beneficiato della possibilità di fare valere le ragioni che militano contro la sua espulsione. Queste disposizioni sono formulate così:
Articolo 1 del Protocollo no 7
“1. Uno straniero che risiede regolarmente sul territorio di un Stato può essere espulso solo in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve potere:
a) fare valere le ragioni che militano contro la sua espulsione,
b) fare esaminare il suo caso, e
c) farsi rappresentare a questo fine dinnanzi all’autorità competente o una o parecchie persone nominate da questa autorità.
2. Uno straniero può essere espulso prima dell’esercizio dei diritti enumerati al paragrafo 1 a) b) e c) di questo articolo quando questa espulsione è necessaria nell’interesse dell’ordine pubblico o è basata su dei motivi di sicurezza nazionale. “
Articolo 13
“ogni persona di cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione sarebbe stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
50. Il Governo contesta questa tesi. Sostiene che il richiedente ha beneficiato delle garanzie procedurali richieste dal Protocollo no 7 nella misura in cui è stato rappresentato da un consigliere di sua scelta che ha potuto fare valere dinnanzi al giudice conciliatore le ragioni militanti contro l’espulsione. Aggiunge che l’espulsione in questione si fondava su dei motivi di sicurezza nazionale e di ordine pubblico.
51. La Corte osserva che l’espulsione del richiedente, ordinata dal ministro delle Cause interne, è stata esaminata dal giudice conciliatore di Roma che poteva o annullarla o convalidarla (vedere sopra il paragrafo 15). Dinnanzi a questa giurisdizione, l’interessato ha goduto di garanzie procedurali sufficienti e ha avuto la possibilità di presentare tutti gli argomenti militanti contro la sua espulsione.
52. La Corte ricorda inoltre che il diritto ad un ricorso efficace ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione non potrebbe essere interpretato come dando diritto affinché un’istanza venga accolta nel senso in cui intende l’interessato (Surmeli c. Germania [GC], no 75529/01, § 98, 8 giugno 2006).
53. In queste circostanze, nessuna apparenza di violazione degli articoli 1 del Protocollo no 7 e 13 della Convenzione potrebbe essere scoperta.
54. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
55. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
56. Il richiedente sollecita un indennizzo per il danno morale che stima avere subito in ragione della violazione, senza valutare tuttavia le sue pretese.
57. Il Governo si oppone.
58. La Corte stima che la constatazione che l’espulsione, se condotta all’ esecuzione, costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente (Saadi precitata, § 188,).
B. Oneri e spese
59. Il richiedente non ha fatto domanda di rimborso a titolo di oneri e spese. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli di somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 3 e 8 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che, nell’eventualità del collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia, ci sarebbe violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare anche se il collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia violerebbe anche l’articolo 8 della Convenzione;
4. Stabilisce che la constatazione di una violazione costituisce una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale subito dal richiedente;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 marzo 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa