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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE NICOLÒ SANTILLI c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 13, 08
Numero: 51930/10/2013
Stato: Italia
Data: 2013-12-17 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare, No-violazione dell’articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo,

SECONDA SEZIONE

CAUSA NICOLÒ SANTILLI C. ITALIA

(Richiesta no 51930/10)

SENTENZA

STRASBURGO

17 dicembre 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Nicolò Santilli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 novembre 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 51930/10) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 12 luglio 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato ad Urbino. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Nella sua richiesta, il richiedente si lamentava in particolare di una violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare, garantito con l’articolo 8 della Convenzione.
4. Il 25 agosto 2011, la richiesta è stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente, OMISSIS, è nato nel 1975 e ha risieduto ad Urbino. Dinnanzi alla Corte, indica agire anche al nome di suo figlio, Y.S. (qui di seguito, il secondo richiedente, nato il 12 agosto 2001.
6. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
7. Della relazione del richiedente con A.B. nasce un bambino, Y., il 12 agosto 2001. Ad una data non precisata, in ragione dei conflitti incessanti che lacerano la coppia, A.B. lascia il richiedente e la città di Ancona per tornare vivere presso della sua famiglia a Foligno.
8. I due genitori chiesero al tribunale per bambini la guardia di Y. Con un decreto del 15 febbraio 2006, il tribunale per bambini di Foligno assegnò la guardia del bambino ad A.B, con un diritto di visita per il richiedente a ragione di un giorno con settimana e di quindici giorni durante le vacanze di estate. Il tribunale incaricò i servizi sociali di stabilire un rapporto sulla situazione della famiglia.
9. Il rapporto dei servizi sociali del comune di Foligno rilevò che c’erano delle difficoltà nell’esercizio del diritto di visita del richiedente in ragione dell’opposizione di A.B. Il richiedente non aveva, difatti, non potuto esercitare il suo diritto di visita come ordinata col tribunale.
10. Il 24 maggio 2006, il richiedente investe il giudice delle tutele. Risulta della pratica che il richiedente ha depositato parecchie memorie dinnanzi al giudice delle tutele (in particolare, il 23 gennaio 2008, il 8 marzo 2008, il 9 aprile 2008, il 18 giugno 2008, il 25 settembre 2008 ed il 21 febbraio 2009, facendo valere sempre che le decisioni del tribunale concernente il diritto di visita non erano rispettate. Il richiedente afferma non avere ricevuto nessuna risposta da parte del giudice delle tutele.
11. Con un decreto del 20 ottobre 2006, il tribunale di Foligno, tenuto conto del rapporto depositato dai servizi sociali, ingiunse ad A.B di permettere al richiedente di esercitare il suo diritto di visita. Ordinò ai servizi sociali di mettere in opera un sostegno psicologico per Y. così come un procedimento di mediazione per i due genitori.
12. Secondo il richiedente, un solo incontro ebbe luogo tra settembre 2006 e giugni 2007, precisamente il 26 giugno 2007, in presenza della madre. Il 10 maggio 2007, un’assistente dei servizi sociali propose al tribunale che il richiedente incontra Y. due volte con mese nella presenza di un’ausiliare dei servizi sociali, senza la presenza della madre. L’avvocato di A.B. dichiara che la sua cliente era disponibile ad accettare questa proposta.
13. Tra ottobre e dicembri 2007, il richiedente non poté incontrare suo figlio che tre volte.
14. Ad una data non precisata, il psicologo depositò il suo primo rapporto sulla situazione del bambino. Il rapporto metteva in evidenza l’incapacità dei due genitori ad esercitare “tutte le funzioni di un genitore.” La madre provava ad addestrare il bambino contro suo padre ed impediva i contatti tra i due ed il padre aveva un atteggiamento passiva faccia a questa situazione. Di conseguenza, l’equilibrio psicologico del bambino era precario.
15. Tra dicembre 2007 e marzi 2008, il richiedente non incontrò il suo bambino.
16. Con un decreto del 11 aprile 2008, il tribunale per bambini, tenuto conto del rapporto di perizia, affidò la guardia del bambino ai servizi sociali di Foligno con mantenimento del collocamento del bambino al domicilio della madre. Ingiunse ad A.B. di permettere al richiedente di esercitare il suo diritto di visita, e l’invitò a conformarsi a questo obbligo. A questo riguardo, il tribunale sottolineò l’importanza di un approccio ragionevole e cooperativa dei due genitori. Il tribunale ordinò ai servizi sociali di depositare un rapporto sulla situazione del bambino nei quattro mesi.
17. Il 15 ottobre 2008, il richiedente investe di nuovo il tribunale per bambini. Fece valere che tra marzo 2008 e settembre 2008, solamente sette incontri furono organizzati al posto dei quattordici contemplati. Durante questi incontri, la madre era o presente, o al telefono col bambino e questo era molto aggressivo col richiedente. Il richiedente faceva valere dinnanzi al tribunale che A.B. negava di permettergli di vedere suo figlio.
18. Con un decreto del 21 novembre 2008, il tribunale per bambini, tenuto conto di ciò che il richiedente aveva seguito presso un percorso psicologico dei servizi sociali mentre A.B. non aveva finito ancora suddetto percorso, di ciò che nessuno rapporto sullo stato psicologico di Y. non era stato depositato e per il fatto che il bambino aveva cominciato a rifiutare ogni contatto con suo padre, designò un neuropsichiatra per valutare se il bambino aveva sviluppato una sindrome di alienazione parentale, se i genitori erano in grado di esercitare la loro funzione di genitori e di considerare anche degli interventi per proteggere il bambino. Il tribunale nominò un curatore per difendere gli interessi del bambino.
19. Nel luglio 2009, una perizia sulla situazione psicologica del bambino fu depositata. Il neuropsichiatra affermò che la sindrome di alienazione parentale non era riconosciuta e conclude che era necessario per il bambino effettuare un percorso terapeutico.
20. Durante l’udienza del 18 novembre 2009, il giudice ingiunse ad A.B. di permettere al richiedente di esercitare il suo diritto di visita, e l’invitò a non intervenire durante gli incontri.
21. Secondo il richiedente, l’incontro del 19 novembre 2009 fu interrotta da A.B, dopo alcuni minuti.
22. Con un decreto del 10 marzo 2010, il tribunale per bambini incaricò i servizi sociali di mettere in opera un percorso terapeutico per Y. ed un procedimento di mediazione per i genitori. Autorizzò il richiedente ad incontrare il suo bambino in presenza degli assistenti sociali secondo le modalità stabilite dagli stessi servizi sociali.
23. Il 10 maggio 2009, il richiedente depositò nel frattempo, un lamento penale contro i servizi sociali. Faceva valere che c’erano delle pressioni sulle assistenti sociali. La conclusione di questo procedimento non è conosciuta.
24. Il 25 ottobre 2010, i servizi sociali depositarono un rapporto sulla situazione del bambino. Sottolinearono l’atteggiamento di rigetto che questo ultimo esprimeva nei confronti suo padre ed espressero la loro preoccupazione per la situazione della bambino faccia alle incomprensioni dei genitori.
25. Il 5 aprile 2011, la psicologa affermò che a causa delle numerose mancanze del bambino, nessuno percorso terapeutico era potuto arrivare.
26. Il 20 aprile 2011, i servizi sociali depositarono un nuovo rapporto sulla situazione del bambino. Il rapporto metteva in evidenza che il richiedente non aveva potuto effettuare di incontri regolari con Y. per le “ragioni imputabili ai servizi sociali” così come a causa dell’atteggiamento del bambino che rifiutava ogni contatto con suo padre. I servizi sociali sottolinearono la condizione di “sofferenza crescente” del bambino, il cattivo atteggiamento di A.B. chi interveniva durante gli incontri ed affermarono che le notizie modalità di effettuare di incontri dovevano essere messe a posto.
27. I due genitori ed il curatore del bambino dichiararono che erano disponibili agli incontri tra il richiedente ed i bambini senza la presenza della madre né degli assistenti sociali.
28. Il 19 luglio 2011, i servizi sociali informarono il tribunale che gli incontri erano stati contemplati ogni due settimane e che il calendario era stato rispettato. I servizi sociali affermarono che il richiedente aveva negato di partecipare al feste di fine anno della scuola di Y. così come alla sua festa di compleanno. Il rifiuto di partecipare fu giustificato dal richiedente col fatto di volere evitare di discutere con A.B. in presenza del bambino.
29. Il 11 ottobre 2011, il tribunale per bambini, tenuto conto delle gravi incomprensioni tra i genitori e dei loro comportamenti, confermò l’attribuzione della guardia del bambino ai servizi sociali con collocamento di Y. a casa sua madre. Dopo avere inteso Y. che chiedeva espressamente la presenza della madre all’epoca degli incontri, ordinò ai servizi sociali di stabilire un calendario di incontri ogni due settimane e stabilisce che i primi due incontri dovevano essere effettuati in presenza della madre. I servizi sociali fissarono quattro incontri per il mese di ottobre e nove incontri per il mese di novembre, a sapere due dopo-mezzogiorni con settimana.
30. Il 29 novembre 2011, i servizi sociali depositarono alla cancelleria del tribunale un rapporto che cade sullo svolgimento degli incontri. Affermarono che A.B. aveva annullato due incontri, per le ragioni di lavoro, e che il richiedente aveva annullato dieci incontri. Il richiedente affermò che era molto difficile per lui partecipare agli incontri durante la settimana, al motivo che abitava e lavorava in un’altra città, a più di cento chilometri di distanza.
31. Il 16 gennaio 2012, i servizi sociali informarono il tribunale che il 6 dicembre 2011, A.B. e Y. avevano avuto un incidente di automobile, che erano stati feriti, e che da questa data gli incontri erano stati interrotti. Secondo essi, il richiedente aveva reso visita a suo figlio il 15 dicembre 2011, accompagnato dagli assistenti sociali, e dopo questa data aveva negato di incontrarlo e di contattarlo con telefono. I servizi sociali affermarono che all’incontro del 6 gennaio 2012, il richiedente aveva comunicato la sua volontà di sospendere gli incontri, per proteggere l’interesse del bambino che negava di vedere egli.
32. Il 15 marzo 2012, il tribunale ordinò il collocamento in posto di un percorso di psicoterapia per Y., A.B. ed il richiedente, ingiunse ai due genitori di seguire le indicazioni del tribunale ed autorizzò il richiedente ad incontrare Y. una volta con settimana, nella presenza dei servizi sociali.
33. Il 18 giugno 2012, la psicologa incaricata di seguire Y. informò il tribunale che il bambino non aveva seguito il percorso terapeutico, in ragione del comportamento della madre e del rifiuto del bambino di partecipare alle sedute. I psicologi affermarono che il problema principale per il bambino era la mancanza di contatti con suo padre e suggerirono al tribunale di incaricare degli assistenti sociali specializzati di organizzare gli incontri tra Y. ed i richiedenti.
34. Il 23 agosto 2012, i servizi sociali informarono il tribunale che il richiedente non dava più di notizie ai servizi sociali, non chiedeva nessuna informazione su suo figlio ed aveva rifiutato di partecipare agli incontri al motivo che la madre del bambino era sempre presente.
35. Il 26 novembre 2012, il richiedente depositò un esposto al tribunale in che si lamentava per il fatto che il bambino rifiutava gli incontri, che non aveva seguito il percorso terapeutico ordinato col tribunale e che i servizi sociali non avevano fatto niente per mettere in opera un percorso di avvicinamento tra il bambino e suoi padri. Tenuto conto di questi elementi, così come per il fatto che la madre di Y. era sempre presente all’epoca degli incontri, il richiedente chiese un intervento del tribunale ed affermò volere sospendere gli incontri finché il tribunale non abbia garantito lo svolgimento di queste in modo compatibile con l’equilibrio emotivo e la salute psichica del bambino. Il richiedente informò anche il tribunale per il fatto che negava di contattare gli assistenti sociali per avere delle notizie del bambino al motivo che i servizi sociali gli davano delle risposte standardizzate e molto vaghi.
36. Il 7 dicembre 2012, la procura chiese al tribunale una misura che “conferma il decreto precedente con gli adeguamenti concernente gli incontri.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
37. Sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, il richiedente adduce una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita di famiglia che deriva per il fatto che, malgrado l’esistenza di parecchie decisioni del tribunale per bambini che fissano le condizioni di esercizio del suo diritto di visita, non ha potuto esercitare pienamente questo diritto dal 2006. Stima che i servizi sociali hanno sostenuto un ruolo troppo autonomo nel collocamento in œuvre delle decisioni del tribunale per bambini e che questo ultimo non ha esercitato il suo dovere di vigilanza consolidata sul lavoro dei servizi sociali affinché il comportamento di questi non faccia fallimento alle decisioni del tribunale. Denuncia, inoltre, l’inerzia dell’autorità faccia al comportamento di A.B., adducendo che non hanno esposto di sforzi né preso di misure provvisorie per permettergli di esercitare il suo diritto di visita. Il richiedente adduce, inoltre, avere subito una discriminazione in ragione del sesso, contrario all’articolo 14 composto con l’articolo 8 della Convenzione.
38. Padrona della qualifica giuridica dei fatti della causa, la Corte stima appropriata di esaminare i motivi di appello sollevati unicamente dal richiedente sotto l’angolo dell’articolo 8 che esige che il processo decisionale che sbuca su delle misure di ingerenza sia equo e rispetta, siccome si deve, gli interessi protetti da questa disposizione, Moretti e Benedetti c. Italia, no 16318/07, § 27, 27 aprile 2010; Havelka ed altri c. Repubblica ceca, no 23499/06, §§ 34-35, 21 giugno 2007; Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I; Wallová e Walla c. Repubblica ceca, no 23848/04, § 47, 26 ottobre 2006.
L’articolo 8 della Convenzione dispone così nelle sue parti pertinenti:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita familiare, (…).
2. Non può avere ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto che per quanto questa ingerenza è prevista dalla legge e che costituisce una misura che, in una società democratica, è necessario alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al bene essere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione dei reati penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà di altrui. “
39. Il Governo combatte la tesi del richiedente.
A. Sull’ammissibilità
40. Il Governo sostiene che la presente richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interni al motivo che il richiedente avrebbe dovuto investire il giudice delle tutele. Questo sarebbe specializzato nell’esecuzione delle misure per la protezione della famiglia e potrebbe, in caso di ostacolo all’esercizio del diritto di visita, chiedere l’intervento di ogni organo o istituzione apparendo come necessario all’esecuzione della misura.
41. Di più, il Governo adduce che le azioni giudiziali impegnate al livello interno non sono finite e sono sempre in corso. Per questo motivo, il Governo stima che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interni disponibili per fare valere i suoi diritti.
42. Il richiedente replica che ha investito a più riprese il giudice delle tutele, senza avere ottenuto nessuna risposta. All’appoggio delle sue affermazioni, il richiedente ha prodotto i documenti pertinenti, qui accluso alle sue osservazioni.
43. Il richiedente afferma infine che nessuno altro ricorso interno che permette di fare valere i suoi diritti non esisteva nello specifico.
44. Trattandosi del primo risvolto dell’eccezione sollevata dal Governo, la Corte nota innanzitutto che il richiedente si è rivolto a più riprese al giudice delle tutele (vedere sopra paragrafo 10). Ad ogni modo, la Corte considera che il Governo non ha indicato quale misura “necessaria” lo giudico delle tutele avrebbe potuto adottare per fare rispettare il diritto di visita del richiedente.
45. La Corte ricorda infine che ha respinto già un’eccezione simile nel causa Lombardo, Lombardo c. Italia, no 25704/11, § 62, 29 gennaio 2013, e lei non vedono nessuno motivo di derogare alla sua precedente conclusione. Per questi motivi, la Corte stima che questo primo risvolto dell’eccezione deve essere respinto.
46. Trattandosi del secondo risvolto dell’eccezione, la Corte ricorda che le decisioni del tribunale per bambini che cadono in particolare sul diritto di visita non rivestono un carattere definitivo e che possono, quindi, essere modificate ogni momento in funzione degli avvenimenti legati alla situazione controversa. L’evoluzione del procedimento interno è la conseguenza del carattere no-definitivo delle decisioni del tribunale per bambini che cadono sul diritto di visita. Peraltro, la Corte nota che il richiedente non può esercitare il suo diritto di visita dal 15 febbraio 2006 e che ha investito la Corte il 12 luglio 2010, dopo avere investito a più riprese il tribunale per bambini che si è pronunciato sopra sul diritto del richiedente (vedere paragrafi 10) 17 e 22.
47. Tenuto conto di questi elementi, la Corte stima che il richiedente ha esaurito le vie di ricorsi disponibili e che c’è luogo di respingere l’eccezione sollevata dal Governo.
48. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Le tesi delle parti
a) Il richiedente
49. Il richiedente ricorda che non ha potuto esercitare il suo diritto di visita, come ordinato col tribunale per bambini, a causa del comportamento della madre di Y. ed a causa dell’inerzia dell’autorità faccia al comportamento di questa. Osserva che i servizi sociali ed il tribunale erano informati del comportamento di A.B. e delle conseguenze che il suo comportamento aveva sulle relazioni tra il bambino e suoi padri. A questo proposito, il richiedente cita una parte del decreto del tribunale del 11 aprile 2008, vedere sopra paragrafi 14-16 in che il giudice, appellandosi sul rapporto dei servizi sociali, affermava che “il comportamento di Y. che nega di vedere suo padre, è la conseguenza della mancanza di cooperazione di A.B, dei suoi interventi all’epoca degli incontri e delle ingerenze nella relazione padre-bambino.”
50. Il richiedente sottolinea che il tribunale per bambini ingiungè ad A.B, a più riprese, di permettere l’esercizio del diritto di visita e di astenersi da intervenire all’epoca degli incontri; tuttavia, faccia al rifiuto di A.B. di collaborare, le autorità interne non hanno preso nessuna misura per permettere la ripresa dei rapporti regolari tra il bambino e suoi padri e non hanno modificato l’attribuzione della guardia del bambino, sempre affidato alla madre. Secondo il richiedente, queste decisioni del tribunale dimostrerebbero una preferenza assoluta per la figura materna ed un carattere discriminatorio.
51. Il richiedente nota, inoltre che A.B. non si è conformata alle decisioni del tribunale che ordina un percorso psicologico per lei e per il bambino ed osserva che le autorità interne non hanno preso a questo riguardo nessuna misura.
52. Il richiedente afferma che l’inoperosità delle autorità competenti che non hanno adottato le misure necessarie per imporre ad A.B. di conformarsi alle decisioni del tribunale, ha impedito lo svolgimento degli incontri conformemente alle prescrizioni del tribunale e ha impedito Y. di beneficiare di un sostegno psicologico per ristabilire dei rapporti familiari regolari con suo padre.
53. In ciò che riguarda gli sviluppi recenti della situazione, il richiedente osserva che il tribunale ed i servizi sociali hanno constatato una “sofferenza crescente” del bambino e sono intervenuti per permettere lo svolgimento degli incontri. Contesta tuttavia le modalità degli incontri fissati dai servizi sociali. Nota che la madre continua ad intervenire all’epoca degli incontri ed osserva che gli incontri sono stati fissati durante la settimana, nel pomeriggio, ciò che rende quasi impossibile la sua partecipazione in ragione per il fatto che abita e lavori a più di cento chilometri dell’abitazione di A.B. e Y.
Il richiedente sottolinea che a causa del rifiuto della madre, Y. non ha seguito il percorso di sostegno psicologico ordinato col tribunale. A sostegno delle sue affermazioni, il richiedente si riferisce al rapporto del 18 giugno 2012 della psicologa incaricata dal tribunale di seguire Y. (vedere qui sopra paragrafo 33).
54. Il richiedente afferma infine che il fatto che le autorità non abbiano adottato le misure necessarie per garantire lo svolgimento degli incontri ed il collocamento in posto di un percorso di sostegno psicologico per Y., conformemente alle prescrizioni del tribunale, ha avuto delle conseguenze molto nefaste sulla rapporti padre-bambino. A questo giorno, il bambino nega di vedere egli e vive una situazione di stress all’epoca degli incontri e per queste ragioni ha deciso di sospendere gli incontri.
55. Il richiedente tiene a sottolineare che la sua decisione di sospendere gli incontri è motivata dall’esigenza di proteggere l’interesse del bambino ed insiste sulla necessità del collocamento in posto di un percorso psicologico per ristabilire le condizioni indispensabili per un rapporto equilibrata padre-bambino.
b, Il Governo,
56. Il Governo rileva innanzitutto che la situazione è complessa, sempre in evoluzione e deve pertanto essere esaminata nel suo insieme.
57. Il Governo sottolinea che la situazione di fatto ha cambiato molto seguito all’introduzione la richiesta. In particolare, fa valere che a partire da 2010, le difficoltà ad organizzare gli incontri derivavano della mancanza di disponibilità del richiedente e dell’atteggiamento del bambino che chiedeva espressamente la presenza di sua madre. A questo riguardo, il Governo si riferisce al decreto del tribunale del 11 ottobre 2011 ed al rapporto dei servizi sociali di luglio 2011 (vedere qui sopra 28 e 29 paragrafi).
58. Il Governo espone poi che un procedimento articolato e complesso come quella dello specifico mirava a ricostruire, nell’interesse superiore del bambino, dei legami familiari che non sarebbero stati distrutti dallo stato, ma che sarebbero stati influenzati negativamente dalle difficoltà relazionali dei genitori del bambino tra essi. A questo riguardo, menziona che i giudici hanno chiesto l’aiuto dei servizi sociali e dei periti psicologi per studiare la situazione, di intendere i genitori ed il bambino e di trovare la soluzione più atta a fornire il migliore contesto relazionale al bambino in che vivere e crescere. Dopo avere preso cognizione dei rapporti dei periti, i giudici hanno adottato parecchie decisioni badando a prendere le misure meno traumatizzanti per il bambino
59. Secondo il Governo, la Corte non può sostituirsi alle autorità interne per valutare ciò che invita meglio il per un bambino senza sconfinare in modo eccessiva sul margine di valutazione dello stato. Nella presente causa, la posta risiederebbe non solo nella ricerca di un giusto equilibro tra gli interessi menzionati, ma anche nei limiti del controllo della Corte sulle sentenze del giudice nazionale. La Corte avrebbe certo il potere di controllare che le decisioni sottoposte al suo esame siano motivate di un modo che non sia né manifestamente irragionevole né arbitrario. In compenso, non potrebbe formulare la sua propria ipotesi e procedere ad una ricostruzione dei fatti o proporre i suoi propri criteri sostituendo la sua propria convinzione a quella del giudice nazionale.
60. A questo riguardo, il Governo difende la legittimità e l’utilità delle misure preso. Le autorità competenti avrebbero esercitato una vigilanza consolidata nell’interesse del bambino ed in quello dei suoi genitori. Tutte le misure adottate nello specifico sarebbero state giustificate dalla necessità per le autorità nazionali di adottare un atteggiamento equidistante verso i due genitori, e questo nell’interesse esclusivo del bambino.
61. In quanto agli sviluppi recenti del procedimento, il Governo sottolinea che le misure sono state messe in œuvre per garantire la regolarità degli incontri tra il richiedente e suoi figli: la modifica delle modalità della guardia, il collocamento a disposizione di operatori specializzati, l’intervento continuo dei servizi sociali attraverso le azioni di mediazione, le manutenzioni coi genitori, i controlli all’epoca degli incontri tra il richiedente ed i bambini, il programma di sostegno psicologico che sarebbe stato messo a posto per tutti i membri della famiglia. Secondo il Governo, delle misure più draconiane avrebbero rischiato di traumatizzare il bambino allontanandolo da sua madre.
62. Il Governo nota, infine, che risulta del rapporto dei servizi sociali del 23 agosto 2012 che il richiedente, contravvenendo alle disposizioni del decreto di marzo 2012, non partecipava più agli incontri programmati col figlio al motivo che “questi incontri in presenza della madre erano un motivo di stress per il bambino”; non dava più di notizie ai servizi sociali e non chiedeva più di informazione su suo figlio (vedere sopra paragrafo 34).
63. Agli occhi del Governo, le autorità interne hanno agito con zelo, prontezza ed imparzialità e hanno preso tutte le misure necessarie per garantire l’interesse del bambino e dei genitori.
2. La valutazione della Corte
ha, Principi generali
64. Come la Corte l’ha ricordato a più riprese, se l’articolo 8 ha essenzialmente per oggetto di premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, non si accontenta di comandare allo stato di astenersi delle uguali ingerenze: degli obblighi positivi inerenti possono aggiungersi a questo impegno piuttosto negativo ad un rispetto effettivo della vita privata o familiare. Possono implicare l’adozione di misure che mirano al rispetto della vita familiare fino nelle relazioni degli individui tra essi di cui il collocamento in posto di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per garantire i diritti legittimi degli interessati così come il rispetto delle decisioni giudiziali, o delle misure specifiche adeguate (vedere, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, nº 48542/99, § 53, 23 giugno 2005. Questo arsenale deve permettere allo stato di adottare delle misure proprie a riunire il genitore ed il suo bambino, ivi compreso in caso di conflitto che oppone i due genitori (vedere, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide c. Romania, no 31679/96, § 108, CEDH 2000 I, Sylvester c. Austria, i nostri 36812/97 e 40104/98, § 68, 24 aprile 2003, Zavel řc,. Repubblica ceca, no 14044/05, § 47, 18 gennaio 2007, e Mihailova c. Bulgaria, no 35978/02, § 80, 12 gennaio 2006. Ricorda anche che gli obblighi positivi non si limitano a badare a ciò che il bambino possa raggiungere suo genitore o avere un contatto con lui, ma che inglobano anche l’insieme delle misure preparatorie che permettono di giungere a questo risultato (vedere, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grecia, no 60457/00, § 45, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c,. Romania, no 4023/04, § 95, 26 maggio 2009, Ignaccolo-Zenide, precitata, §§ 105 e 112, e Sylvester, precitata, § 70.
65. Per essere adeguate, le misure che mirano a riunire il genitore ed il suo bambino devono essere messi velocemente a posto, perché lo scorrimento del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili per le relazioni tra i bambini e quello dei genitori che non vive con lui (vedere, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide, precitata, § 102, Sindaco c. Portogallo, no 48206/99, § 74, CEDH 2003 VII, Pini ed altri c. Romania, i nostri 78028/01 e 78030/01, § 175, CEDH 2004 V (brani), Bianchi c. Svizzera, no 7548/04, § 85, 22 giugno 2006, e Mincheva c. Bulgaria, no 21558/03, § 84, 2 settembre 2010.
66. Dedicandosi sulla presente causa, la Corte nota innanzitutto che al momento della loro separazione, il richiedente e la madre del bambino non erano giunte ad un accordo sulle modalità del diritto di visita paterna. Osserva che la madre del bambino si è molto presto oppositore al diritto di visita del richiedente.
Faccia a questa situazione, il tribunale, in un primo tempo, si limitò ad ordinare alla madre del bambino ed ai servizi sociali di conformarsi alle decisioni giudiziali, il 11 aprile 2008, il 21 novembre 2008, il 18 novembre 2009 ed il 10 marzo 2010, vedere sopra paragrafi 16-22. Poi, tenuto conto di per il fatto che, malgrado le ingiunzioni, la madre non rispettava le sue prescrizioni, il 11 novembre 2008, il tribunale affidò la guardia di Y. ai servizi sociali ed il 21 novembre 2008 nominò un curatore per difendere gli interessi del bambino (vedere sopra 16 e 18 paragrafi).
A partire da 2011, i servizi sociali reagirono qui sopra alle ingiunzioni del tribunale (vedere la relazione di servizi sociali del 19 luglio 2011) § 28, garantendo lo svolgimento degli incontri secondo le modalità previste, ed il richiedente, in compenso, annullò parecchi incontri e rifiutò di partecipare al feste di fine anno ed a quella di compleanno del bambino.
A questo riguardo, il richiedente osserva che il suo comportamento era giustificato dall’esigenza di proteggere l’interesse di suo figlio che rifiutava gli incontri. Peraltro, sottolinea che il comportamento del bambino era la conseguenza per il fatto che, durante parecchi anni, le prescrizioni del tribunale concernente il diritto di visita ed ordinando un percorso terapeutico non era stato rispettato. Al contrario, il Governo adduce che l’evoluzione della situazione dimostra che le autorità interne hanno esposto tutti gli sforzi necessari per proteggere l’interesse del bambino e dei due genitori.
67. La Corte ricorda che il fatto che gli sforzi delle autorità sono stati vani non conduce automaticamente alla conclusione che lo stato ha mancato agli obblighi positivi che derivano per lui dell’articolo 8 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Mihailova, precitata, § 82. Difatti, l’obbligo per le autorità nazionali di prendere delle misure per riunire il bambino ed il genitore con che non vive non è assoluto, e la comprensione e la cooperazione dell’insieme delle persone riguardate costituiscono sempre un fattore importante. Se le autorità nazionali devono sforzarsi di facilitare uguale collaborazione, un obbligo per esse di ricorrere in materia alla coercizione saprebbe essere limitata solamente: occorre loro tenere conto degli interessi e dei diritti e libertà di queste stesse persone, e, in particolare, degli interessi superiori del bambino e dei diritti che gli conferisce l’articolo 8 della Convenzione, Voleský c. Repubblica ceca, no 63267/00, § 118, 29 giugno 2004. Come la giurisprudenza della Corte lo riconosce in modo costante, la più grande prudenza si imporsi quando si tratta di ricorrere alla coercizione in questa tenuta delicata, Reigado Ramos c. Portogallo, no 73229/01, § 53, 22 novembre 2005, e l’articolo 8 della Convenzione non saprebbero autorizzare il genitore a fare prendere delle misure pregiudizievoli alla salute ed allo sviluppo del bambino, Elsholz c. Germania [GC], nº 25735/94, §§ 49 50, CEDH 2000 VIII. Il punto decisivo consiste in sapere dunque se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare le visite, tutte le misure necessarie che si poteva esigere ragionevolmente di esse, Nuutinen c. Finlandia, nº 32842/96, § 128, CEDH 2000 VIII.
b, Applicazione di questi principi al caso di specifico
68. La Corte stima che, dinnanzi alle circostanze che gli sono sottoposte, il suo compito consiste in esaminare se la risposta delle autorità italiane alla necessità di prendere delle misure proprie a mantenere i legami tra il richiedente ed i suoi bambini durante il procedimento è stata conforme ai loro obblighi positivi che derivano dell’articolo 8 della Convenzione.
69. Nello specifico, la Corte rileva che, entra settembre 2006 e settembre 2008, il richiedente non ha potuto esercitare il suo diritto di visita che in modo molto limitata e la maggior parte degli incontri autorizzati non furono organizzati (vedere paragrafi 12) 13 e 17 sopra. Confrontato all’impossibilità di esercitare il suo diritto di visita, il richiedente investe a più riprese il tribunale ed il 15 ottobre 2008, segnalò che il bambino era diventato aggressivo e che non era più disposto ad incontrarlo (vedere sopra paragrafo 17). La Corte stima che una reazione veloce a questa situazione sarebbe stata necessaria, tenuto conto di per il fatto che lo scorrimento del tempo può avere degli effetti negativi in quanto alla possibilità per il richiedente di riannodare una relazione con suo figlio.
70. Con un decreto del 21 novembre 2008, il tribunale ordinò una perizia psicologica e nominò un curatore per difendere gli interessi del bambino. Il 10 marzo 2010, ordinò ai servizi sociali di mettere in posto un sostegno psicologico per il bambino. Tuttavia, sebbene i servizi sociali avessero espresso la loro preoccupazione per il comportamento del bambino che rifiutava gli incontri (vedere sopra 24 e 26 paragrafi) e che i psicologi avessero affermato che a causa dell’atteggiamento di A.B. nessuno percorso terapeutico era potuto arrivare, il tribunale si limitò a prendere nota della situazione del bambino ed ad ordinare alle parti ed ai servizi sociali di dare esecuzione alle sue decisioni. Alcune misure pratiche per garantire il diritto di visita del richiedente non furono adottate dai servizi sociali che a partire da 2011, le prescrizioni che ordinano un percorso terapeutico per il bambino rimangono tuttavia ineseguite. Gli ultimi sviluppi del procedimento mostrano anche un atteggiamento negativo di no-collaborazione del richiedente che ha rinunciato agli incontri.
71. Conviene ricordare che, in una causa di questo tipo, il carattere adeguato di una misura si giudica alla rapidità del suo collocamento in œuvre (Lombardo, precitata, § 89 e Piazzi c. Italia, no 36168/09, § 78, 2 novembre 2010. Nello specifico la Corte nota che, secondo il richiedente, l’inerzia delle autorità competenti ha avuto delle conseguenze irreparabili sulla relazione con suo figlio. Invece, il Governo osserva che le giurisdizioni interne si sempre sono pronunciate sulla domanda del richiedente e hanno preso le misure necessarie per favorire i contatti tra il richiedente e Y., senza traumatizzare tuttavia il bambino e rispettando la sua volontà.
72. La Corte ricorda che non gli ritorna da sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali competenti in quanto alle misure che sarebbero dovute essere prese, perché queste autorità sono in principio più meglio posto per procedere ad una tale valutazione, in particolare perché sono in contatto diretto col contesto della causa e le parti implicate, Reigado Ramos, precitata, § 53. Per tanto, non può nello specifico passare oltre al fatto che, a più riprese, il tribunale ha rilevato che l’inadempimento del diritto di visita del richiedente era imputabile al comportamento della madre e che il percorso di sostegno psicologico per il bambino non era arrivato, sempre a causa dell’atteggiamento di questa. Di più, osserva che il tribunale aveva cognizione della situazione psicologica del bambino che rifiutava ogni contatto con suo padre e che nessuna misura pratica è stata presa a questo riguardo. Rileva peraltro che, la decisione del richiedente di sospendere gli incontri era motivata dall’esigenza di proteggere l’interesse del bambino che vive una situazione di stress all’epoca degli incontri, ed una reazione al fatto che le autorità competenti non hanno preso incaricate la situazione psicologica del bambino per ristabilire la relazioni genitore-bambino.
Trattandosi di misure suscettibili di permettere il ristabilimento del legame familiare tra il richiedente e suoi figli, la Corte ricorda che, si delle misure coercitive al riguardo dei bambini non sono augurabili in questa tenuta delicata, il ricorso alle sanzioni non deve essere allontanato in caso di comportamento manifestamente illegale del genitore con che vive il bambino (vedere, in particolare, Sindaco c. Portogallo, precitata § 76. Ora, nello specifico, le giurisdizioni nazionali sembrano avere fatto l’economia delle tali misure vite a-vite della madre del bambino.
73. Ciò che è, la Corte riconosce che le autorità facevano nella specifico faccia ad una situazione molto difficile che era dovuta in particolare alle tensioni che esistono tra i genitori del bambino. Stima mentre una mancanza di cooperazione tra i genitori separati non può dispensare le autorità competenti di mettere in œuvre tutti i mezzi suscettibili di permettere il mantenimento del legame familiare, vedere § 91 Lombardo, precitata, e, mutatis mutandis, Reigado Ramos, precitata, § 55. Nello specifico, le autorità nazionali sono restate di ciò che si poteva aspettare ragionevolmente di esse in-di qua dal momento che il tribunale si è limitato ad ingiungere alle parti di collaborare e di eseguire le sue decisioni. Sono mancate così al loro dovere di prendere delle misure pratiche in vista di incitare gli interessati ad una migliore cooperazione, pure avendo in mente l’interesse superiore del bambino (Zawadka, precitata, § 67. In particolare non hanno garantito un seguito psicologico del bambino e hanno mancato così all’obbligo di ristabilire delle relazioni tra il padre ed i suoi bambini.
74. La Corte nota, inoltre, che lo svolgimento del procedimento dinnanzi al tribunale fa apparire piuttosto una serie di misure automatiche e stereotipate, come le ingiunzioni a dare esecuzione alle sue decisioni (Piazzi, precitata, § 61. Sebbene la Corte sia cosciente degli ultimi sviluppi del procedimento che mostra un’azione più efficace delle autorità competenti per fare rispettare il diritto di visita del richiedente ed un comportamento non cooperativo di questo, nota che queste misure sono state prese sei anni dopo l’inizio del procedimento, quando il bambino era già vecchio di dieci anni, e che ciò ha avuto delle conseguenze molto gravi per le relazioni tra il bambino ed i richiedenti. Nota, di più, che le misure preso rimangono insufficienti tenuto conto di per il fatto che il bambino non beneficia ancora sostegno psicologico che mira ad un percorso di avvicinamento con suo padre.
75. Le autorità hanno lasciato consolidarsi così una situazione di fatto installato al disprezzo delle decisioni giudiziali, allora stesso che lo scorrimento del tempo aveva a lui solo delle conseguenze sulla relazione del padre col suo bambino (Lombardo, precitata, § 92. La Corte constata che l’esistenza di tensioni gravi tra i genitori del bambino, seguito di un diritto di visita limitata a causa del no-svolgimento degli incontri programmati secondo le modalità previste e dell’inadempimento delle decisioni che ordinano un percorso terapeutico per il bambino, ha reso impossibile per il richiedente la costruzione di una relazione stabile con Y.
76. Avuto riguardo a ciò che precede e nonostante il margine di valutazione dello stato convenuto in materia, la Corte considera che le autorità nazionali non hanno esposto gli sforzi adeguati e sufficienti per fare rispettare il diritto di visita del richiedente e che hanno ignorato il diritto dell’interessato al rispetto della sua vita familiare garantita con l’articolo 8 della Convenzione.
77. Pertanto c’è stata violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
78. Il richiedente si lamenta infine della mancanza di ricorsi effettivi allo sguardo dei motivi di appello precitati. Invoca l’articolo 13 della Convenzione che è formulata così:
“Tutto nessuno di cui i diritti e libertà riconobbero nel Convenzione è stata violata, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, allora stesso che la violazione sarebbe stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
79. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
80. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
81. L’articolo 13 della Convenzione garantisce l’esistenza in dritta interno di un ricorso che permette di avvalersi dei diritti e libertà della Convenzione come sono consacrati. Ha per conseguenza di esigere un ricorso interno che abilita ad esaminare il contenuto di un “motivo di appello difendibile” fondato sulla Convenzione dunque ed ad offrire la correzione appropriata, Di Souza Ribeiro c. Francia [GC], no 22689/07, § 78, 13 dicembre 2012.
82. Nello specifico, la Corte ha appena concluso che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione, paragrafo 78 sopra. Segue che il richiedente era titolare di un motivo di appello difendibile sotto l’angolo di questa disposizione, e che l’articolo 13 trova ad applicarsi nello specifico.
83. Resta a determinare se il richiedente aveva, in dritto italiano, un ricorso effettivo al difetto del quale avrebbe potuto denunciare la violazione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
84. La portata dell’obbligo che l’articolo 13 fatto pesare sugli Stati contraenti varia in funzione della natura del motivo di appello del richiedente. Gli Stati godono di un certo margine di valutazione in quanto al modo di conformarsi agli obblighi che impongono loro questa disposizione, Jabari c, difatti. Turchia, no 40035/98, § 48, CEDH 2000 VIII. Tuttavia, il ricorso esatto dall’articolo 13 deve essere “effettivo” in pratica come in diritto, Kuda łc. Polonia [GC], no 30210/96, § 157, CEDH 2000 XI.
85. L’effettività di un ricorso al senso dell’articolo 13 non dipende dalla certezza di una conclusione favorevole per il richiedente. Parimenti, l ‘ “istanza” di cui parla questa disposizione non è necessariamente giurisdizionale. Però, i suoi poteri e le garanzie procedurali che presenta entrano in fila di conto per determinare se il ricorso è effettivo, Klass ed altri c. Germania, 6 settembre 1978, § 67, serie Ha no 28. Inoltre, l’insieme dei ricorsi offerti dal diritto interno può assolvere le esigenze dell’articolo 13, anche se nessuno di essi risponde non ci per intero solo a lui, Rotaru c. Romania [GC], no 28341/95, § 69, CEDH 2000 V, e Di Souza Ribeiro, precitata, § 79.
86. Nello specifico, il richiedente ha potuto sottoporre al tribunale per bambini ed al giudice delle tutele le sue lamentele concernente il mancata osservanza del diritto di visita. Tra 2006 e 2012, il tribunale per bambini si è pronunciato a più riprese sulle domande del richiedente e delle misure sono state messe in œuvre per garantire la regolarità degli incontri tra il richiedente e suoi figli. La circostanza che la risposta data dalle autorità giudiziali nello specifico non sia stata sufficiente per risanare il motivo di appello del richiedente sotto l’angolo dell’articolo 8 non notifica che questo ultimo non disponeva, in dritto italiano, di un ricorso effettivo al senso dell’articolo 13 della Convenzione.
87. Segue che non c’è stata violazione di questa disposizione.
III. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
88. Il richiedente denuncia la durata del procedimento penale. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, con un tribunale, chi deciderà della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. “
89. La Corte rileva che il richiedente non ha indicato avere introdotto un ricorso ai termini del legge “Pinto”, legge no 89 di 2001, per ottenere presumibilmente risarcimento per la durata eccessiva del procedimento in questione. Ora, un tale ricorso è stato considerato dalla Corte come essendo accessibile ed in principio efficace per denunciare, al livello interno, la lentezza della giustizia (vedere, tra molto altri, Brusco c. Italia, déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, e Pacifico c. Italia (no 2), no 17995/08, § 67, 20 novembre 2012.
90. Segue che questo motivo di appello deve essere respinto per no-esaurimento delle vie di ricorso interni, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
91. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
92. Il richiedente richiede il risarcimento di un danno giuridico a causa dell’impossibilità di annodare una relazione con suo figlio e dell’angoscia provata. Chiede la somma di 542 000 EUR.
93. Il Governo si oppone a questa domanda.
94. Tenendo conto delle circostanze dello specifico e della constatazione secondo che il richiedente ha cozzato contro l’impossibilità di costruire una relazione stabile con suo figlio, la Corte considera che l’interessato ha subito un danno giuridico che non saprebbe essere riparato dalla sola constatazione di violazione dell’articolo 8 della Convenzione. Stima tuttavia che la somma richiesta a questo titolo è eccessiva. Avuto riguardo all’insieme degli elementi di cui dispone e deliberando in equità, siccome lo vuole l’articolo 41 della Convenzione, assegna all’interessato 10 000 EUR di questo capo.
B. Oneri e spese
95. Il richiedente chiede anche 49 258,89 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne.
96. Il Governo oppone a questa domanda.
97. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti di cui dispone ed alla luce della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole di assegnare al richiedente l’intimo di 5 000 EUR per l’insieme di oneri esposti.
C. Interessi moratori
98. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
Per QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL’UNANIMITÀ
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Stabilisce che ha avuto non ci non violazione dell’articolo 13 della Convenzione;

4. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno giuridico,;
ii, 5 000 EUR, cinquemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per oneri e spese,;
b che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale,;

5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 17 dicembre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusions: Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie familiale) Non-violation de l’article 13 – Droit à un recours effectif (Article 13 – Recours effectif)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE NICOLÒ SANTILLI c. ITALIE

(Requête no 51930/10)

ARRÊT

STRASBOURG

17 décembre 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Nicolò Santilli c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 26 novembre 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 51930/10) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 12 juillet 2010 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocat à Urbino. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et par son coagent, Mme P. Accardo.
3. Dans sa requête, le requérant se plaignait en particulier d’une violation de son droit au respect de la vie familiale, garanti par l’article 8 de la Convention.
4. Le 25 août 2011, la requête a été communiquée au Gouvernement.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant, OMISSIS, est né en 1975 et réside à Urbino. Devant la Cour, il indique agir aussi au nom de son fils, Y.S. (ci-après, le deuxième requérant), né le 12 août 2001.
6. Les faits de la cause, tels qu’ils ont été exposés par les parties, peuvent se résumer comme suit.
7. De la relation du requérant avec A.B. naquit un enfant, Y., le 12 août 2001. À une date non précisée, en raison des conflits incessants déchirant le couple, A.B. quitta le requérant et la ville d’Ancône pour retourner vivre auprès de sa famille à Foligno.
8. Les deux parents demandèrent au tribunal pour enfants la garde de Y. Par un décret du 15 février 2006, le tribunal pour enfants de Foligno attribua la garde de l’enfant à A.B., avec un droit de visite pour le requérant à raison d’un jour par semaine et de quinze jours pendant les vacances d’été. Le tribunal chargea les services sociaux d’établir un rapport sur la situation de la famille.
9. Le rapport des services sociaux de la commune de Foligno releva qu’il y avait des difficultés dans l’exercice du droit de visite du requérant en raison de l’opposition de A.B. Le requérant n’avait, en effet, pas pu exercer son droit de visite comme ordonné par le tribunal.
10. Le 24 mai 2006, le requérant saisit le juge des tutelles. Il ressort du dossier que le requérant a déposé plusieurs mémoires devant le juge des tutelles (en particulier, le 23 janvier 2008, le 8 mars 2008, le 9 avril 2008, le 18 juin 2008, le 25 septembre 2008 et le 21 février 2009), faisant toujours valoir que les décisions du tribunal concernant le droit de visite n’étaient pas respectées. Le requérant affirme n’avoir reçu aucune réponse de la part du juge des tutelles.
11. Par un décret du 20 octobre 2006, le tribunal de Foligno, compte tenu du rapport déposé par les services sociaux, enjoignit à A.B de permettre au requérant d’exercer son droit de visite. Il ordonna aux services sociaux de mettre en place un soutien psychologique pour Y. ainsi qu’une procédure de médiation pour les deux parents.
12. Selon le requérant, une seule rencontre eut lieu entre septembre 2006 et juin 2007, précisément le 26 juin 2007, en présence de la mère. Le 10 mai 2007, une assistante des services sociaux proposa au tribunal que le requérant rencontre Y. deux fois par mois en la présence d’un auxiliaire des services sociaux, sans la présence de la mère. L’avocat de A.B. déclara que sa cliente était disponible à accepter cette proposition.
13. Entre octobre et décembre 2007, le requérant ne put rencontrer son fils que trois fois.
14. À une date non précisée, le psychologue déposa son premier rapport sur la situation de l’enfant. Le rapport mettait en évidence l’incapacité des deux parents à exercer « toutes les fonctions d’un parent ». La mère essayait de dresser l’enfant contre son père et empêchait les contacts entre les deux et le père avait une attitude passive face à cette situation. Par conséquent, l’équilibre psychologique de l’enfant était précaire.
15. Entre décembre 2007 et mars 2008, le requérant ne rencontra pas son enfant.
16. Par un décret du 11 avril 2008, le tribunal pour enfants, compte tenu du rapport d’expertise, confia la garde de l’enfant aux services sociaux de Foligno avec maintien du placement de l’enfant au domicile de la mère. Il enjoignit à A.B. de permettre au requérant d’exercer son droit de visite, et l’invita à se conformer à cette obligation. À cet égard, le tribunal souligna l’importance d’une approche raisonnable et coopérative des deux parents. Le tribunal ordonna aux services sociaux de déposer un rapport sur la situation de l’enfant dans les quatre mois.
17. Le 15 octobre 2008, le requérant saisit à nouveau le tribunal pour enfants. Il fit valoir qu’entre mars 2008 et septembre 2008, seulement sept rencontres furent organisées au lieu des quatorze prévues. Au cours de ces rencontres, la mère était soit présente, soit au téléphone avec l’enfant et celui-ci était très agressif avec le requérant. Le requérant faisait valoir devant le tribunal que A.B. refusait de lui permettre de voir son fils.
18. Par un décret du 21 novembre 2008, le tribunal pour enfants, compte tenu de ce que le requérant avait suivi un parcours psychologique auprès des services sociaux alors que A.B. n’avait pas encore terminé ledit parcours, de ce qu’aucun rapport sur l’état psychologique de Y. n’avait été déposé et du fait que l’enfant avait commencé à refuser tout contact avec son père, désigna un neuropsychiatre afin d’évaluer si l’enfant avait développé un syndrome d’aliénation parentale, si les parents étaient en mesure d’exercer leur fonction de parents et d’envisager également des interventions afin de protéger l’enfant. Le tribunal nomma un curateur pour défendre les intérêts de l’enfant.
19. En juillet 2009, une expertise sur la situation psychologique de l’enfant fut déposée. Le neuropsychiatre affirma que le syndrome d’aliénation parentale n’était pas reconnu et conclut qu’il était nécessaire pour l’enfant d’effectuer un parcours thérapeutique.
20. Pendant l’audience du 18 novembre 2009, le juge enjoignit à A.B. de permettre au requérant d’exercer son droit de visite, et l’invita à ne pas intervenir durant les rencontres.
21. Selon le requérant, la rencontre du 19 novembre 2009 fut interrompue par A.B., après quelques minutes.
22. Par un décret du 10 mars 2010, le tribunal pour enfants chargea les services sociaux de mettre en place un parcours thérapeutique pour Y. et une procédure de médiation pour les parents. Il autorisa le requérant à rencontrer son enfant en présence des assistants sociaux selon des modalités établies par les mêmes services sociaux.
23. Entre-temps, le 10 mai 2009, le requérant déposa une plainte pénale contre les services sociaux. Il faisait valoir qu’il y avait des pressions sur les assistantes sociales. L’issue de cette procédure n’est pas connue.
24. Le 25 octobre 2010, les services sociaux déposèrent un rapport sur la situation de l’enfant. Ils soulignèrent l’attitude de rejet que ce dernier manifestait vis-à-vis de son père et exprimèrent leur préoccupation pour la situation de l’enfant face aux incompréhensions des parents.
25. Le 5 avril 2011, la psychologue affirma qu’à cause des nombreuses absences de l’enfant, aucun parcours thérapeutique n’avait pu aboutir.
26. Le 20 avril 2011, les services sociaux déposèrent un nouveau rapport sur la situation de l’enfant. Le rapport mettait en évidence que le requérant n’avait pas pu effectuer de rencontres régulières avec Y. pour des « raisons imputables aux services sociaux » ainsi qu’à cause de l’attitude de l’enfant qui refusait tout contact avec son père. Les services sociaux soulignèrent la condition de « souffrance croissante » de l’enfant, la mauvaise attitude de A.B. qui intervenait durant les rencontres et ils affirmèrent que de nouvelles modalités d’effectuer de rencontres devaient être mises en place.
27. Les deux parents et le curateur de l’enfant déclarèrent qu’ils étaient disponibles à des rencontres entre le requérant et l’enfant sans la présence de la mère ni des assistants sociaux.
28. Le 19 juillet 2011, les services sociaux informèrent le tribunal que des rencontres avaient été prévues toutes les deux semaines et que le calendrier avait été respecté. Les services sociaux affirmèrent que le requérant avait refusé de participer à la fête de fin d’année de l’école de Y. ainsi qu’à sa fête d’anniversaire. Le refus de participer fut justifié par le requérant par le fait de vouloir éviter de discuter avec A.B. en présence de l’enfant.
29. Le 11 octobre 2011, le tribunal pour enfants, compte tenu des graves incompréhensions entre les parents et de leurs comportements, confirma l’attribution de la garde de l’enfant aux services sociaux avec placement de Y. chez sa mère. Après avoir entendu Y., qui demandait expressément la présence de la mère lors des rencontres, il ordonna aux services sociaux d’établir un calendrier de rencontres toutes les deux semaines et établit que les deux premières rencontres devaient être effectuées en présence de la mère. Les services sociaux fixèrent quatre rencontres pour le mois d’octobre et neuf rencontres pour le mois de novembre, à savoir deux après-midis par semaine.
30. Le 29 novembre 2011, les services sociaux déposèrent au greffe du tribunal un rapport portant sur le déroulement des rencontres. Ils affirmèrent que A.B. avait annulé deux rencontres, pour des raisons de travail, et que le requérant avait annulé dix rencontres. Le requérant affirma qu’il était très difficile pour lui de participer aux rencontres pendant la semaine, au motif qu’il habitait et travaillait dans une autre ville, à plus de cent kilomètres de distance.
31. Le 16 janvier 2012, les services sociaux informèrent le tribunal que le 6 décembre 2011, A.B. et Y. avaient eu un accident de voiture, qu’ils avaient été blessés, et que depuis cette date les rencontres avaient été interrompues. Selon eux, le requérant avait rendu visite à son fils le 15 décembre 2011, accompagné par les assistants sociaux, et après cette date il avait refusé de le rencontrer et de le contacter par téléphone. Les services sociaux affirmèrent qu’à la rencontre du 6 janvier 2012, le requérant avait communiqué sa volonté de suspendre les rencontres, afin de protéger l’intérêt de l’enfant qui refusait de le voir.
32. Le 15 mars 2012, le tribunal ordonna la mise en place d’un parcours de psychothérapie pour Y., A.B. et le requérant, enjoignit aux deux parents de suivre les indications du tribunal et autorisa le requérant à rencontrer Y. une fois par semaine, en la présence des services sociaux.
33. Le 18 juin 2012, la psychologue chargée de suivre Y. informa le tribunal que l’enfant n’avait pas suivi le parcours thérapeutique, en raison du comportement de la mère et du refus de l’enfant de participer aux séances. Les psychologues affirmèrent que le problème principal pour l’enfant était le manque de contacts avec son père et ils suggérèrent au tribunal de charger des assistants sociaux spécialisés d’organiser les rencontres entre Y. et le requérant.
34. Le 23 août 2012, les services sociaux informèrent le tribunal que le requérant ne donnait plus de nouvelles aux services sociaux, ne demandait aucune information sur son fils et avait refusé de participer aux rencontres au motif que la mère de l’enfant était toujours présente.
35. Le 26 novembre 2012, le requérant déposa un mémoire au tribunal dans lequel il se plaignait du fait que l’enfant refusait les rencontres, qu’il n’avait pas suivi le parcours thérapeutique ordonné par le tribunal et que les services sociaux n’avaient rien fait pour mettre en place un parcours de rapprochement entre l’enfant et son père. Compte tenu de ces éléments, ainsi que du fait que la mère de Y. était toujours présente lors des rencontres, le requérant demanda une intervention du tribunal et affirma vouloir suspendre les rencontres jusqu’à ce que le tribunal n’ait assuré le déroulement de celles-ci de manière compatible avec l’équilibre émotif et la santé psychique de l’enfant. Le requérant informa aussi le tribunal du fait qu’il refusait de contacter les assistants sociaux pour avoir des nouvelles de l’enfant au motif que les services sociaux lui donnaient des réponses standardisées et très vagues.
36. Le 7 décembre 2012, le parquet demanda au tribunal une mesure « confirmant le décret précédent avec des ajustements concernant les rencontres ».
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
37. Sous l’angle de l’article 8 de la Convention, le requérant allègue une violation de son droit au respect de sa vie de famille découlant du fait que, malgré l’existence de plusieurs décisions du tribunal pour enfants fixant les conditions d’exercice de son droit de visite, il n’a pas pu exercer pleinement ce droit depuis 2006. Il estime que les services sociaux ont joué un rôle trop autonome dans la mise en œuvre des décisions du tribunal pour enfants et que ce dernier n’a pas exercé son devoir de vigilance constante sur le travail des services sociaux afin que le comportement de ceux-ci ne fasse pas échec aux décisions du tribunal. Il dénonce, en outre, l’inertie des autorités face au comportement d’A.B., alléguant qu’elles n’ont pas déployé d’efforts ni pris de mesures provisoires pour lui permettre d’exercer son droit de visite. Le requérant allègue, en outre, avoir subi une discrimination en raison du sexe, contraire à l’article 14 combiné avec l’article 8 de la Convention.
38. Maîtresse de la qualification juridique des faits de la cause, la Cour estime approprié d’examiner les griefs soulevés par le requérant uniquement sous l’angle de l’article 8, lequel exige que le processus décisionnel débouchant sur des mesures d’ingérence soit équitable et respecte, comme il se doit, les intérêts protégés par cette disposition (Moretti et Benedetti c. Italie, no 16318/07, § 27, 27 avril 2010 ; Havelka et autres c. République tchèque, no 23499/06, §§ 34-35, 21 juin 2007 ; Kutzner c. Allemagne, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I ; Wallová et Walla c. République tchèque, no 23848/04, § 47, 26 octobre 2006).
L’article 8 de la Convention dispose ainsi dans ses parties pertinentes :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie (…) familiale, (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
39. Le Gouvernement combat la thèse du requérant.
A. Sur la recevabilité
40. Le Gouvernement soutient que la présente requête est irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes au motif que le requérant aurait dû saisir le juge des tutelles. Celui-ci serait spécialisé dans l’exécution des mesures pour la protection de la famille et pourrait, en cas d’obstacle à l’exercice du droit de visite, demander l’intervention de tout organe ou institution apparaissant comme nécessaire à l’exécution de la mesure.
41. De plus, le Gouvernement allègue que les actions judiciaires engagées au niveau interne ne sont pas terminées et sont toujours en cours. Pour ce motif, le Gouvernement estime que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes disponibles pour faire valoir ses droits.
42. Le requérant réplique qu’il a saisi à plusieurs reprises le juge des tutelles, sans avoir obtenu aucune réponse. A l’appui de ses affirmations, le requérant a produit les documents pertinents, en annexe à ses observations.
43. Le requérant affirme enfin qu’aucun autre recours interne permettant de faire valoir ses droits n’existait en l’espèce.
44. S’agissant du premier volet de l’exception soulevée par le Gouvernement, la Cour note tout d’abord que le requérant s’est adressé à plusieurs reprises au juge des tutelles (voir paragraphe 10 ci-dessus). En tout état de cause, la Cour considère que le Gouvernement n’a pas indiqué quelle mesure « nécessaire » le juge des tutelles aurait pu adopter pour faire respecter le droit de visite du requérant.
45. La Cour rappelle enfin qu’elle a déjà rejeté une exception semblable dans l’affaire Lombardo (Lombardo c. Italie, no 25704/11, § 62, 29 janvier 2013) et elle ne voit aucun motif de déroger à sa précédente conclusion. Pour ces motifs, la Cour estime que ce premier volet de l’exception doit être rejeté.
46. S’agissant du deuxième volet de l’exception, la Cour rappelle que les décisions du tribunal pour enfants portant notamment sur le droit de visite ne revêtent pas un caractère définitif et qu’elles peuvent, dès lors, être modifiées à tout moment en fonction des événements liés à la situation litigieuse. L’évolution de la procédure interne est la conséquence du caractère non-définitif des décisions du tribunal pour enfants portant sur le droit de visite. Par ailleurs, la Cour note que le requérant ne peut exercer son droit de visite depuis le 15 février 2006 et qu’il a saisi la Cour le 12 juillet 2010, après avoir saisi à plusieurs reprises le tribunal pour enfants qui s’est prononcé sur le droit du requérant (voir paragraphes 10, 17 et 22 ci-dessus).
47. Compte tenu de ces éléments, la Cour estime que le requérant a épuisé les voies de recours disponibles et qu’il y a lieu de rejeter l’exception soulevée par le Gouvernement.
48. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Les thèses des parties
a) Le requérant
49. Le requérant rappelle qu’il n’a pas pu exercer son droit de visite, comme ordonné par le tribunal pour enfants, à cause du comportement de la mère de Y. et à cause de l’inertie des autorités face au comportement de celle-ci. Il observe que les services sociaux et le tribunal étaient au courant du comportement de A.B. et des conséquences que son comportement avait sur les relations entre l’enfant et son père. À ce propos, le requérant cite une partie du décret du tribunal du 11 avril 2008 (voir paragraphes 14-16 ci-dessus), dans lequel le juge, s’appuyant sur le rapport des services sociaux, affirmait que « le comportement de Y., qui refuse de voir son père, est la conséquence du manque de coopération de A.B., de ses interventions lors des rencontres et des ingérences dans la relation père-enfant ».
50. Le requérant souligne que le tribunal pour enfants enjoignit à A.B, à plusieurs reprises, de permettre l’exercice du droit de visite et de s’abstenir d’intervenir lors des rencontres ; toutefois, face au refus de A.B. de collaborer, les autorités internes n’ont pris aucune mesure pour permettre la reprise des rapports réguliers entre l’enfant et son père et n’ont pas modifié l’attribution de la garde de l’enfant, toujours confié à la mère. Selon le requérant, ces décisions du tribunal démontreraient une préférence absolue pour la figure maternelle et un caractère discriminatoire.
51. Le requérant note, en outre, que A.B. ne s’est pas conformée aux décisions du tribunal ordonnant un parcours psychologique pour elle et pour l’enfant et observe que les autorités internes n’ont pris aucune mesure à cet égard.
52. Le requérant affirme que l’inaction des autorités compétentes, qui n’ont pas adopté les mesures nécessaires pour imposer à A.B. de se conformer aux décisions du tribunal, a empêché le déroulement des rencontres conformément aux prescriptions du tribunal et a empêché Y. de bénéficier d’un soutien psychologique pour rétablir des rapports familiaux réguliers avec son père.
53. En ce qui concerne les développements récents de la situation, le requérant observe que le tribunal et les services sociaux ont constaté une « souffrance croissante » de l’enfant et sont intervenus afin de permettre le déroulement des rencontres. Il conteste toutefois les modalités des rencontres fixées par les services sociaux. Il note que la mère continue à intervenir lors des rencontres et observe que les rencontres ont été fixées pendant la semaine, dans l’après-midi, ce qui rend presque impossible sa participation en raison du fait qu’il habite et travaille à plus de cent kilomètres de l’habitation de A.B. et Y.
Le requérant souligne qu’à cause du refus de la mère, Y. n’a pas suivi le parcours de soutien psychologique ordonné par le tribunal. À l’appui de ses affirmations, le requérant se réfère au rapport du 18 juin 2012 de la psychologue chargée par le tribunal de suivre Y. (voir paragraphe 33 ci dessus).
54. Le requérant affirme enfin que le fait que les autorités n’aient pas adopté les mesures nécessaires pour garantir le déroulement des rencontres et la mise en place d’un parcours de soutien psychologique pour Y., conformément aux prescriptions du tribunal, a eu des conséquences très néfastes sur les rapports père-enfant. A ce jour, l’enfant refuse de le voir et vit une situation de stress lors des rencontres et pour ces raisons il a décidé de suspendre les rencontres.
55. Le requérant tient à souligner que sa décision de suspendre les rencontres est motivée par l’exigence de protéger l’intérêt de l’enfant et il insiste sur la nécessité de la mise en place d’un parcours psychologique afin de rétablir les conditions indispensables pour un rapport équilibré père-enfant.
b) Le Gouvernement
56. Le Gouvernement relève tout d’abord que la situation est complexe, toujours en évolution et doit partant être examinée dans son ensemble.
57. Le Gouvernement souligne que la situation de fait a beaucoup changé suite à l’introduction de la requête. En particulier, il fait valoir qu’à partir de 2010, les difficultés à organiser les rencontres découlaient du manque de disponibilité du requérant et de l’attitude de l’enfant, qui demandait expressément la présence de sa mère. À cet égard, le Gouvernement se réfère au décret du tribunal du 11 octobre 2011 et au rapport des services sociaux de juillet 2011 (voir paragraphes 28 et 29 ci dessus).
58. Le Gouvernement expose ensuite qu’une procédure articulée et complexe comme celle de l’espèce visait à reconstruire, dans l’intérêt supérieur de l’enfant, des liens familiaux qui n’auraient pas été détruits par l’Etat, mais qui auraient été influencés négativement par les difficultés relationnelles des parents de l’enfant entre eux. A cet égard, il mentionne que les juges ont demandé l’aide des services sociaux et d’experts psychologues afin d’étudier la situation, d’entendre les parents et l’enfant et de trouver la solution la plus apte à fournir à l’enfant le meilleur contexte relationnel dans lequel vivre et grandir. Après avoir pris connaissance des rapports des experts, les juges ont adopté plusieurs décisions en veillant à prendre les mesures les moins traumatisantes pour l’enfant
59. Selon le Gouvernement, la Cour ne peut se substituer aux autorités internes pour apprécier ce qui convient le mieux pour un enfant sans empiéter de manière excessive sur la marge d’appréciation de l’Etat. Dans la présente affaire, l’enjeu résiderait non seulement dans la recherche d’un juste équilibre entre les intérêts mentionnés, mais aussi dans les limites du contrôle de la Cour sur les arrêts du juge national. La Cour aurait certes le pouvoir de contrôler que les décisions soumises à son examen soient motivées d’une manière qui ne soit ni manifestement déraisonnable ni arbitraire. En revanche, elle ne pourrait formuler sa propre hypothèse et procéder à une reconstruction des faits ou proposer ses propres critères en substituant sa propre conviction à celle du juge national.
60. A cet égard, le Gouvernement défend la légitimité et l’utilité des mesures prises. Les autorités compétentes auraient exercé une vigilance constante dans l’intérêt de l’enfant et dans celui de ses parents. Toutes les mesures adoptées en l’espèce auraient été justifiées par la nécessité pour les autorités nationales d’adopter une attitude équidistante envers les deux parents, et ce dans l’intérêt exclusif de l’enfant.
61. Quant aux développements récents de la procédure, le Gouvernement souligne que des mesures ont été mises en œuvre pour assurer la régularité des rencontres entre le requérant et son fils : la modification des modalités de la garde, la mise à disposition d’opérateurs spécialisés, l’intervention continue des services sociaux à travers des actions de médiation, les entretiens avec les parents, les contrôles lors des rencontres entre le requérant et l’enfant, le programme de soutien psychologique qui aurait été mis en place pour tous les membres de la famille. Selon le Gouvernement, des mesures plus draconiennes auraient risqué de traumatiser l’enfant en l’éloignant de sa mère.
62. Le Gouvernement note, enfin, qu’il ressort du rapport des services sociaux du 23 août 2012 que le requérant, en contrevenant aux dispositions du décret de mars 2012, ne participait plus aux rencontres programmées avec le fils au motif que « ces rencontres en présence de la mère étaient un motif de stress pour l’enfant » ; il ne donnait plus de nouvelles aux services sociaux et ne demandait plus d’informations sur son fils (voir paragraphe 34 ci-dessus).
63. Aux yeux du Gouvernement, les autorités internes ont agi avec diligence, promptitude et impartialité et ont pris toutes les mesures nécessaires pour garantir l’intérêt de l’enfant et des parents.
2. L’appréciation de la Cour
a) Principes généraux
64. Comme la Cour l’a rappelé à maintes reprises, si l’article 8 a essentiellement pour objet de prémunir l’individu contre les ingérences arbitraires des pouvoirs publics, il ne se contente pas de commander à l’État de s’abstenir de pareilles ingérences : à cet engagement plutôt négatif peuvent s’ajouter des obligations positives inhérentes à un respect effectif de la vie privée ou familiale. Elles peuvent impliquer l’adoption de mesures visant au respect de la vie familiale jusque dans les relations des individus entre eux, dont la mise en place d’un arsenal juridique adéquat et suffisant pour assurer les droits légitimes des intéressés ainsi que le respect des décisions judiciaires, ou des mesures spécifiques appropriées (voir, mutatis mutandis, Zawadka c. Pologne, nº 48542/99, § 53, 23 juin 2005). Cet arsenal doit permettre à l’État d’adopter des mesures propres à réunir le parent et son enfant, y compris en cas de conflit opposant les deux parents (voir, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide c. Roumanie, no 31679/96, § 108, CEDH 2000 I, Sylvester c. Autriche, nos 36812/97 et 40104/98, § 68, 24 avril 2003, Zavřel c. République tchèque, no 14044/05, § 47, 18 janvier 2007, et Mihailova c. Bulgarie, no 35978/02, § 80, 12 janvier 2006). Elle rappelle aussi que les obligations positives ne se limitent pas à veiller à ce que l’enfant puisse rejoindre son parent ou avoir un contact avec lui, mais qu’elles englobent également l’ensemble des mesures préparatoires permettant de parvenir à ce résultat (voir, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grèce, no 60457/00, § 45, 5 février 2004, Amanalachioai c. Roumanie, no 4023/04, § 95, 26 mai 2009, Ignaccolo-Zenide, précité, §§ 105 et 112, et Sylvester, précité, § 70).
65. Pour être adéquates, les mesures visant à réunir le parent et son enfant doivent être mises en place rapidement, car l’écoulement du temps peut avoir des conséquences irrémédiables pour les relations entre l’enfant et celui des parents qui ne vit pas avec lui (voir, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide, précité, § 102, Maire c. Portugal, no 48206/99, § 74, CEDH 2003 VII, Pini et autres c. Roumanie, nos 78028/01 et 78030/01, § 175, CEDH 2004 V (extraits), Bianchi c. Suisse, no 7548/04, § 85, 22 juin 2006, et Mincheva c. Bulgarie, no 21558/03, § 84, 2 septembre 2010).
66. Se penchant sur la présente affaire, la Cour note tout d’abord qu’au moment de leur séparation, le requérant et la mère de l’enfant n’étaient pas parvenus à un accord sur les modalités du droit de visite paternel. Elle observe que la mère de l’enfant s’est très tôt opposée au droit de visite du requérant.
Face à cette situation, le tribunal, dans un premier temps, se limita à ordonner à la mère de l’enfant et aux services sociaux de se conformer aux décisions judiciaires (le 11 avril 2008, le 21 novembre 2008, le 18 novembre 2009 et le 10 mars 2010, voir paragraphes 16-22 ci-dessus). Ensuite, compte tenu du fait que, malgré les injonctions, la mère ne respectait pas ses prescriptions, le 11 novembre 2008, le tribunal confia la garde de Y. aux services sociaux et le 21 novembre 2008 il nomma un curateur pour défendre les intérêts de l’enfant (voir paragraphes 16 et 18 ci-dessus).
À partir de 2011, les services sociaux réagirent aux injonctions du tribunal (voir la relation de services sociaux du 19 juillet 2011, § 28 ci dessus) en assurant le déroulement des rencontres selon les modalités prévues, et le requérant, en revanche, annula plusieurs rencontres et refusa de participer à la fête de fin d’année et à celle d’anniversaire de l’enfant.
A cet égard, le requérant observe que son comportement était justifié par l’exigence de protéger l’intérêt de son fils qui refusait les rencontres. Par ailleurs, il souligne que le comportement de l’enfant était la conséquence du fait que, pendant plusieurs années, les prescriptions du tribunal concernant le droit de visite et ordonnant un parcours thérapeutique n’avaient pas été respectées. Au contraire, le Gouvernement allègue que l’évolution de la situation démontre que les autorités internes ont déployé tous les efforts nécessaires pour protéger l’intérêt de l’enfant et des deux parents.
67. La Cour rappelle que le fait que les efforts des autorités ont été vains ne mène pas automatiquement à la conclusion que l’État a manqué aux obligations positives qui découlent pour lui de l’article 8 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Mihailova, précité, § 82). En effet, l’obligation pour les autorités nationales de prendre des mesures afin de réunir l’enfant et le parent avec lequel il ne vit pas n’est pas absolue, et la compréhension et la coopération de l’ensemble des personnes concernées constituent toujours un facteur important. Si les autorités nationales doivent s’efforcer de faciliter pareille collaboration, une obligation pour elles de recourir à la coercition en la matière ne saurait être que limitée : il leur faut tenir compte des intérêts et des droits et libertés de ces mêmes personnes, et, notamment, des intérêts supérieurs de l’enfant et des droits que lui confère l’article 8 de la Convention (Voleský c. République tchèque, no 63267/00, § 118, 29 juin 2004). Comme la jurisprudence de la Cour le reconnaît de manière constante, la plus grande prudence s’impose lorsqu’il s’agit de recourir à la coercition en ce domaine délicat (Reigado Ramos c. Portugal, no 73229/01, § 53, 22 novembre 2005) et l’article 8 de la Convention ne saurait autoriser le parent à faire prendre des mesures préjudiciables à la santé et au développement de l’enfant (Elsholz c. Allemagne [GC], nº 25735/94, §§ 49 50, CEDH 2000 VIII). Le point décisif consiste donc à savoir si les autorités nationales ont pris, pour faciliter les visites, toutes les mesures nécessaires que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles (Nuutinen c. Finlande, nº 32842/96, § 128, CEDH 2000 VIII).
b) Application de ces principes au cas d’espèce
68. La Cour estime que, devant les circonstances qui lui sont soumises, sa tâche consiste à examiner si la réponse des autorités italiennes à la nécessité de prendre des mesures propres à maintenir les liens entre le requérant et son enfant au cours de la procédure a été conforme à leurs obligations positives découlant de l’article 8 de la Convention.
69. En l’espèce, la Cour relève que, entre septembre 2006 et septembre 2008, le requérant n’a pu exercer son droit de visite que de manière très limitée et la plupart des rencontres autorisées ne furent pas organisées (voir paragraphes 12, 13 et 17 ci-dessus). Confronté à l’impossibilité d’exercer son droit de visite, le requérant saisit à plusieurs reprises le tribunal et le 15 octobre 2008, il signala que l’enfant était devenu agressif et qu’il n’était plus disposé à le rencontrer (voir paragraphe 17 ci-dessus). La Cour estime qu’une réaction rapide à cette situation aurait été nécessaire, compte tenu du fait que l’écoulement du temps peut avoir des effets négatifs quant à la possibilité pour le requérant de renouer une relation avec son fils.
70. Par un décret du 21 novembre 2008, le tribunal ordonna une expertise psychologique et nomma un curateur pour défendre les intérêts de l’enfant. Le 10 mars 2010, il ordonna aux services sociaux de mettre en place un soutien psychologique pour l’enfant. Toutefois, bien que les services sociaux eussent exprimé leur préoccupation pour le comportement de l’enfant qui refusait les rencontres (voir paragraphes 24 et 26 ci-dessus) et que les psychologues eussent affirmé qu’à cause de l’attitude de A.B. aucun parcours thérapeutique n’avait pu aboutir, le tribunal se limita à prendre note de la situation de l’enfant et à ordonner aux parties et aux services sociaux de donner exécution à ses décisions. Des mesures pratiques pour garantir le droit de visite du requérant ne furent adoptées par les services sociaux qu’à partir de 2011, les prescriptions ordonnant un parcours thérapeutique pour l’enfant demeurent toutefois inexécutées. Les derniers développements de la procédure montrent aussi une attitude négative de non-collaboration du requérant, qui a renoncé aux rencontres.
71. Il convient de rappeler que, dans une affaire de ce type, le caractère adéquat d’une mesure se juge à la rapidité de sa mise en œuvre (Lombardo, précité, § 89 et Piazzi c. Italie, no 36168/09, § 78, 2 novembre 2010). En l’espèce la Cour note que, selon le requérant, l’inertie des autorités compétentes a eu des conséquences irréparables sur la relation avec son fils. Par contre, le Gouvernement observe que les juridictions internes se sont toujours prononcées sur la demande du requérant et ont pris les mesures nécessaires pour favoriser les contacts entre le requérant et Y., sans toutefois traumatiser l’enfant et en respectant sa volonté.
72. La Cour rappelle qu’il ne lui revient pas de substituer son appréciation à celle des autorités nationales compétentes quant aux mesures qui auraient dû être prises, car ces autorités sont en principe mieux placées pour procéder à une telle évaluation, en particulier parce qu’elles sont en contact direct avec le contexte de l’affaire et les parties impliquées (Reigado Ramos, précité, § 53). Pour autant, elle ne peut en l’espèce passer outre au fait que, à plusieurs reprises, le tribunal a relevé que la non-exécution du droit de visite du requérant était imputable au comportement de la mère et que le parcours de soutien psychologique pour l’enfant n’avait pas abouti, toujours à cause de l’attitude de celle-ci. De plus, elle observe que le tribunal avait connaissance de la situation psychologique de l’enfant qui refusait tout contact avec son père et qu’aucune mesure pratique n’a été prise à cet égard. Elle relève par ailleurs que, la décision du requérant de suspendre les rencontres était motivée par l’exigence de protéger l’intérêt de l’enfant qui vit une situation de stress lors des rencontres, et une réaction au fait que les autorités compétentes n’ont pas pris en charge la situation psychologique de l’enfant afin de rétablir les relations parent-enfant.
S’agissant de mesures susceptibles de permettre le rétablissement du lien familial entre le requérant et son fils, la Cour rappelle que, si des mesures coercitives à l’égard des enfants ne sont pas souhaitables dans ce domaine délicat, le recours à des sanctions ne doit pas être écarté en cas de comportement manifestement illégal du parent avec lequel vit l’enfant (voir, notamment, Maire c. Portugal, précité § 76). Or, en l’espèce, les juridictions nationales semblent avoir fait l’économie de telles mesures vis à-vis de la mère de l’enfant.
73. Cela étant, la Cour reconnaît que les autorités faisaient en l’espèce face à une situation très difficile qui était due notamment aux tensions existant entre les parents de l’enfant. Elle estime cependant qu’un manque de coopération entre les parents séparés ne peut dispenser les autorités compétentes de mettre en œuvre tous les moyens susceptibles de permettre le maintien du lien familial (voir Lombardo, précité, § 91 et, mutatis mutandis, Reigado Ramos, précité, § 55). En l’espèce, les autorités nationales sont restées en-deçà de ce qu’on pouvait raisonnablement attendre d’elles dès lors que le tribunal s’est limité à enjoindre aux parties de collaborer et d’exécuter ses décisions. Elles ont ainsi failli à leur devoir de prendre des mesures pratiques en vue d’inciter les intéressés à une meilleure coopération, tout en ayant à l’esprit l’intérêt supérieur de l’enfant (Zawadka, précité, § 67). En particulier elles n’ont pas assuré un suivi psychologique de l’enfant et ont ainsi manqué à l’obligation de rétablir des relations entre le père et son enfant.
74. La Cour note, en outre, que le déroulement de la procédure devant le tribunal fait plutôt apparaître une série de mesures automatiques et stéréotypées, telles que les injonctions à donner exécution à ses décisions (Piazzi, précité, § 61). Bien que la Cour soit consciente des derniers développements de la procédure montrant une action plus efficace des autorités compétentes pour faire respecter le droit de visite du requérant et un comportement non coopératif de celui-ci, elle note que ces mesures ont été prises six ans après le début de la procédure, quand l’enfant était déjà âgé de dix ans, et que cela a eu des conséquences très graves pour les relations entre l’enfant et le requérant. Elle note, de plus, que les mesures prises demeurent insuffisantes compte tenu du fait que l’enfant ne bénéficie pas encore d’un soutien psychologique visant à un parcours de rapprochement avec son père.
75. Les autorités ont ainsi laissé se consolider une situation de fait installée au mépris des décisions judiciaires, alors même que l’écoulement du temps avait à lui seul des conséquences sur la relation du père avec son enfant (Lombardo, précité, § 92). La Cour constate que l’existence de tensions graves entre les parents de l’enfant, suivie d’un droit de visite limité du fait du non-déroulement des rencontres programmées selon les modalités prévues et de la non-exécution des décisions ordonnant un parcours thérapeutique pour l’enfant, a rendu impossible pour le requérant la construction d’une relation stable avec Y.
76. Eu égard à ce qui précède et nonobstant la marge d’appréciation de l’État défendeur en la matière, la Cour considère que les autorités nationales n’ont pas déployé les efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit de visite du requérant et qu’elles ont méconnu le droit de l’intéressé au respect de sa vie familiale garanti par l’article 8 de la Convention.
77. Partant il y a eu violation de cette disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
78. Le requérant se plaint enfin de l’absence de recours effectifs au regard des griefs précités. Il invoque l’article 13 de la Convention qui est ainsi libellé :
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
79. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
80. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
81. L’article 13 de la Convention garantit l’existence en droit interne d’un recours permettant de se prévaloir des droits et libertés de la Convention tels qu’ils y sont consacrés. Elle a donc pour conséquence d’exiger un recours interne habilitant à examiner le contenu d’un « grief défendable » fondé sur la Convention et à offrir le redressement approprié (De Souza Ribeiro c. France [GC], no 22689/07, § 78, 13 décembre 2012).
82. En l’espèce, la Cour vient de conclure qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention (paragraphe 78 ci-dessus). Il s’ensuit que le requérant était titulaire d’un grief défendable sous l’angle de cette disposition, et que l’article 13 trouve à s’appliquer en l’espèce.
83. Il reste à déterminer si le requérant avait, en droit italien, un recours effectif au travers duquel il aurait pu dénoncer la violation de son droit au respect de sa vie familiale.
84. La portée de l’obligation que l’article 13 fait peser sur les Etats contractants varie en fonction de la nature du grief du requérant. Les Etats jouissent en effet d’une certaine marge d’appréciation quant à la manière de se conformer aux obligations que leur impose cette disposition (Jabari c. Turquie, no 40035/98, § 48, CEDH 2000 VIII). Toutefois, le recours exigé par l’article 13 doit être « effectif » en pratique comme en droit (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 157, CEDH 2000 XI).
85. L’effectivité d’un recours au sens de l’article 13 ne dépend pas de la certitude d’une issue favorable pour le requérant. De même, l’« instance » dont parle cette disposition n’est pas nécessairement juridictionnelle. Cependant, ses pouvoirs et les garanties procédurales qu’elle présente entrent en ligne de compte pour déterminer si le recours est effectif (Klass et autres c. Allemagne, 6 septembre 1978, § 67, série A no 28). En outre, l’ensemble des recours offerts par le droit interne peut remplir les exigences de l’article 13, même si aucun d’eux n’y répond en entier à lui seul (Rotaru c. Roumanie [GC], no 28341/95, § 69, CEDH 2000 V, et De Souza Ribeiro, précité, § 79).
86. En l’espèce, le requérant a pu soumettre au tribunal pour enfants et au juge des tutelles ses doléances concernant le non-respect du droit de visite. Entre 2006 et 2012, le tribunal pour enfants s’est prononcé à plusieurs reprises sur les demandes du requérant et des mesures ont été mises en œuvre pour assurer la régularité des rencontres entre le requérant et son fils. La circonstance que la réponse donnée par les autorités judiciaires en l’espèce n’ait pas été suffisante pour redresser le grief du requérant sous l’angle de l’article 8 ne signifie pas que ce dernier ne disposait pas, en droit italien, d’un recours effectif au sens de l’article 13 de la Convention.
87. Il s’ensuit qu’il n’y a pas eu violation de cette disposition.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
88. Le requérant dénonce la durée de la procédure pénale. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention qui, en ses parties pertinentes, est ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) du bien-fondé de toute accusation en matière pénale dirigée contre elle. »
89. La Cour relève que le requérant n’a pas indiqué avoir introduit un recours aux termes de la loi « Pinto » (loi no 89 de 2001) afin d’obtenir réparation pour la durée prétendument excessive de la procédure en question. Or, un tel recours a été considéré par la Cour comme étant accessible et en principe efficace pour dénoncer, au niveau interne, la lenteur de la justice (voir, parmi beaucoup d’autres, Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, et Pacifico c. Italie (no 2), no 17995/08, § 67, 20 novembre 2012).
90. Il s’ensuit que ce grief doit être rejeté pour non-épuisement des voies de recours internes, en application de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
91. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
92. Le requérant réclame la réparation d’un préjudice moral du fait de l’impossibilité de nouer une relation avec son fils et de l’angoisse éprouvée. Il demande la somme de 542 000 EUR.
93. Le Gouvernement s’oppose à cette demande.
94. En tenant compte des circonstances de l’espèce et du constat selon lequel le requérant s’est heurté à l’impossibilité de construire une relation stable avec son fils, la Cour considère que l’intéressé a subi un préjudice moral qui ne saurait être réparé par le seul constat de violation de l’article 8 de la Convention. Elle estime toutefois que la somme réclamée à ce titre est excessive. Eu égard à l’ensemble des éléments dont elle dispose et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, elle alloue à l’intéressé 10 000 EUR de ce chef.
B. Frais et dépens
95. Le requérant demande également 49 258,89 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes.
96. Le Gouvernement s’oppose à cette demande.
97. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des documents dont elle dispose et à la lumière de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable d’allouer au requérant la somme de 5 000 EUR pour l’ensemble de frais exposés.
C. Intérêts moratoires
98. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR À L’UNANIMITÉ
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 8 et 13 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;

3. Dit qu’il n’y pas a eu violation de l’article 13 de la Convention ;

4. Dit,
a) que l’État défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 5 000 EUR (cinq mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 17 décembre 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Işıl Karakaş
Greffier Présidente

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