SECONDA SEZIONE
CAUSA NERVEGNA C. ITALIA
(Richiesta no 34573/03)
SENTENZA
STRASBURGO
29 luglio 2008
DEFINITIVO
29/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Nervegna c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e di Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 34573/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. C. N. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 20 ottobre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. R., avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1957 e ha risieduto a Roma.
A. Il procedimento principale
5. Il 14 giugno 1993, il richiedente sporse querela per truffa contro i Sigg. I. e S. Dei perseguimenti furono aperti contro gli accusati.
Con un’ordinanza del 13 settembre 1995, il procuratore di Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata (Napoli) chiese il loro rinvio a giudizio dinnanzi al tribunale della stessa città. Il giudice delle investigazioni preliminari fece diritto a questa domanda e rinviò a giudizio i due imputati (RG. nº 407/96).
6. La prima udienza fu fissata al 16 settembre 1996. Il giorno stesso, il richiedente si costituì parte civile nel procedimento. Delle tredici udienze fissate tra il 17 febbraio 1997 ed il 27 aprile 2001, tre furono rinviati d’ufficio, una per mancanza del richiedente, due per mancanza degli avvocati e quattro riguardavano l’ascolto di testimoni.
7. Con un giudizio del 9 novembre 2001 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 23 novembre 2001, suddetto tribunale pronunciò l’interruzione del procedimento perché i fatti costitutivi della violazione erano prescritti.
B. Il procedimento “Pinto”
8. Il 7 maggio 2002, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali e morali subiti. Chiese in particolare 60 000 euro (EUR) a titolo di danno materiale e morale.
9. Con una decisione del 14 aprile 2003 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 9 maggio 2003, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la domanda relativa al danno materiale al motivo che il richiedente non l’aveva supportata sufficientemente, ed accordò 800 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 350 EUR per oneri e spese Questa decisione fu notificata all’amministrazione il 22 settembre 2003 ed acquisì l’autorità di cosa giudicata il 22 novembre 2003.
Con una lettera del 20 ottobre 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
10. Al 22 marzo 2005, le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto non erano ancora state pagate.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nel sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
12. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto con l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulata,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita, in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
13. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
14. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si sia rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si sia rivelato tardivo (vedere, tra altrr, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
15. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
16. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 16 settembre 1996, giorno in cui il richiedente si costituì parte civile nel procedimento penale, fino al 23 novembre 2001, data del deposito alla cancelleria del tribunale di Torre Annunziata. È durata dunque cinque anni e due mesi per un grado di giurisdizione.
17. La Corte nota anche che, secondo le ultime informazione fornite dal richiedente, al 22 marzo 2005 la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” non era stata ancora versata. In seguito, nessuna informazione a questo motivo è giunta alla cancelleria e questo malgrado l’invito esplicito mandato all’interessato il 3 novembre 2003, indicandogli che “(…) importa che informiate spontaneamente la Corte di ogni sviluppo ulteriore importante in questa causa e le sottoponiate ogni altra decisione interna pertinente .” Di conseguenza, astrazione fatta dei probabili sviluppi sopraggiunti a livello interno, la Corte stima che la data da prendere in considerazione concernente la mancanza di esecuzione della decisione “Pinto” è l’ultima che è stata comunicata alla cancelleria dal richiedente, in particolare il 22 marzo 2005, o poco più di ventidue mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non ha fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà dunque portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 della Convenzione (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
18. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso sia eccessiva e non soddisfi l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
19. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
20. Il richiedente richiede 15 493,71 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
21. Il Governo contesta queste pretese.
22. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 5 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente circa il 16% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 1 450 EUR a questo titolo così come 1 600 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante del ritardo nel versamento degli 800 EUR che non era ancora intervenuto al 22 marzo 2005, o un poco più di ventidue mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
23. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 9 400 EUR per oneri e spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
24. Il Governo contesta queste pretese.
25. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che vengano stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi a lei, stima che, nella cornice della preparazione della presente richiesta,si debba aver sostenuto certi oneri. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
26. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 3 050 EUR (tremila cinquanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Présidente