Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Violazione dell’art. 6-1; danno morale – risarcimento
QUINTA SEZIONE
CAUSA NENOV C. BULGARIA
( Richiesta no 33738/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Nenov c. Bulgaria,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Rait Maruste, Karel Jungwiert, Renate Jaeger, Marco Villiger, Mirjana Lazarova Trajkovska, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33738/02) diretta contro la Repubblica della Bulgaria e di cui un cittadino di questo Stato, il Sig. I. N. N. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 2 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da Sig. E. e S. S., avvocati a Plovdiv. Il governo bulgaro (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Sig. Kotzeva, del ministero di Giustizia.
3. Il richiedente adduce in particolare che il fatto di non avere beneficiato dei consigli di un avvocato commesso d’ ufficio ha recato offesa al suo diritto ad un processo equo. Avuto riguardo all’oggetto della controversia che è arrivata alla modifica del suo diritto di visita, si lamenta inoltre di un’incomprensione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
4. L’ 11 ottobre 2006, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1955 e ha risieduto a Plovdiv. È titolare di un diploma di studi secondari.
6. Dal 1996, soffre di una schizofrenia di tipo paranoide. Avendogli provocato la sua malattia un’incapacità di lavoro, fu messo in pensione anticipata nel 2000.
7. Nel dicembre 1994, il richiedente e sua moglie, R.K, divorziarono. Il tribunale affidò la custodia dei loro due bambini, nati nel 1989 e nel 1992, alla madre. Fu accordato al richiedente un diritto di visita di un giorno ogni due settimane, dalle 9 alle 18, e di un mese in estate.
8. nel marzo 2002, R.K. investì il tribunale di distretto di Plovdiv di un’istanza che prevede la modifica del diritto di visita del richiedente, al motivo che questo era colpito da una malattia psichica e che il suo comportamento perturbava i bambini. Propose che il diritto di visita dell’interessato venisse fissato a due ore al mese e che gli incontri avvenissero in presenza di un impiegato del servizio regionale di assistenza sociale.
9. Il 3 giugno 2002, il richiedente, informato di questa richiesta, indicò al tribunale che desiderava la designazione di un avvocato commesso d’ ufficio, non essendo i suoi mezzi finanziari sufficienti per assumere un consigliere. Precisò che l’importo della sua pensione mensile era di 56 lev bulgari, circa 32 euro, e che quasi la metà di questa somma era consacrata al pagamento dell’assegno alimentare. All’udienza del 5 giugno 2002, reiterò questa istanza, aggiungendo che non comprendeva la terminologia giuridica e le regole procedurali. Le sue istanze furono respinte al motivo che questa possibilità non era prevista dalla legge pertinente. Peraltro, il tribunale ordinò una perizia psichiatrica del richiedente.
10. Il 7 ottobre 2002, il richiedente investì il tribunale di un’istanza identica, che reiterò all’udienza del 9 ottobre 2002, sostenendo che non conosceva né la giurisprudenza né le regole procedurali applicabili alla controversia. La sua istanza fu respinta di nuovo.
11. Il 3 gennaio 2003, il richiedente depositò alla cancelleria del tribunale un questionario destinato all’esperto psichiatra che l’aveva esaminato. Precisò di avere formulato le domande lui stesso , senza l’aiuto di un consigliere. Le domande riguardavano essenzialmente sulle sue convinzioni filosofiche o ancora sui suoi problemi finanziari. Chiedeva tra l’altro al perito se lo considerava come un essere umano o ancora se pensasse che era possibile rimanere con 71 stotinki, circa 35 centesimi, al giorno.
12. All’udienza del 22 gennaio 2003, il rapporto dell’esperto psichiatra fu versato alla pratica. Indicava che l’interessato soffriva di una malattia mentale dal 1995, che era stato trattato in una struttura psichiatrica a tre riprese che, anche se era in remissione attualmente, si poteva constatare una modifica della sua personalità vicino alla psicopatia e che il suo stato colpiva i suoi rapporti coi suoi bambini. In quanto alle domande formulate dall’interessato e destinate al perito, il tribunale considerò che erano prive di pertinenza e lasciò la sua istanza senza seguito.
13. Peraltro, il tribunale ascoltò quattro testimoni, in particolare due vicine di R.K. ed le sorelle dell’interessato che furono interrogati a proposito delle relazioni tra il richiedente ed i suoi bambini.
14. In seguito, il richiedente depositò alla cancelleria del tribunale un esposto in cui contestava certe conclusioni del perito ed adduceva che non disponeva di nessuna copia del rapporto versato alla pratica all’udienza del 22 gennaio 2003.
15. Un’udienza si tenne il 5 marzo 2003. Il tribunale versò alla pratica il rapporto preparato dal servizio regionale di assistenza sociale in cui gli impiegati avevano interrogato i bambini ed il richiedente. Il rapporto indicava che, interrogato sui suoi rapporti coi bambini, l’interessato aveva insistito sui suoi diritti di genitore, si era mostrato infastidito ed aveva minacciato l’impiegato. In quanto ai bambini, non avrebbero voluto parlare innanzitutto di loro padre. In seguito, il figlio del richiedente avrebbe indicato che li maltrattava spesso; sua sorella avrebbe detto che a suo parere suo padre non l’amava.
16. Con un giudizio del 2 aprile 2003, il tribunale fece diritto alla domanda di R.K. Dopo avere constatato che il richiedente era perturbato psichicamente e che i suoi bambini erano troppo giovani per comprendere le ragioni del comportamento di loro padre, il tribunale decise che il loro interesse comandava una modifica del diritto di visita. Il richiedente disponeva oramai solo di un diritto di visita al mese di due ore, e questo unicamente in presenza della madre.
17. Durante tutto il procedimento dinnanzi al tribunale di distretto, R.K. era rappresentata da un avvocato.
18. Il 30 aprile 2003, l’interessato interpose appello. Il 31 ottobre 2003, depositò un esposto integrativo in cui chiedeva al tribunale regionale di assegnargli un difensore d’ufficio, al motivo che, non essendo giurista, non comprendeva “il lessico giuridico”, e che, peraltro, non disponeva dei mezzi finanziari necessari per assumere un avvocato di sua scelta. L’esposto consisteva in un’esposizione abbastanza confusa su dei problemi relazionali con la sua vecchia moglie, e conteneva parecchi riferimenti a diversi atti del diritto interno ed internazionale, così come ai dieci comandamenti. In conclusione, il richiedente adduceva che i diritti economici dei suoi bambini erano violati.
19. Un’udienza si tenne il 3 novembre 2003; la causa fu messa in deliberazione in camera di consiglio. Con un giudizio dell’ 11 dicembre 2003, il tribunale regionale di Plovdiv confermò il giudizio attaccato, facendo suoi i motivi considerati dal tribunale di distretto.
20. Il 12 febbraio 2004, il richiedente formò un ricorso in cassazione in cui sottolineava che il tribunale regionale non aveva tenuto conto di certi elementi di prova riuniti nella cornice del procedimento, come le deposizioni di certi testimoni che indicavano che trattava molto bene i suoi bambini. Aggiungeva che, anche se altri testimoni avevano indicato che i bambini si erano talvolta mostrati reticenti a rendergli visita, era stabilito che non li aveva mai maltrattati. In conclusione, sottolineava che il diritto di visita accordato, ossia ventiquattro ore all’ anno, non gli sembrava per niente sufficiente per mantenere un legame coi suoi bambini.
21. Il 9 settembre 2004, il richiedente depositò un esposto integrativo in cui si concedeva ad un’analisi dettagliata della Carta internazionale dei diritti dell’uomo delle Nazioni unite ed esponeva le sue riflessioni a proposito di riforme economiche che dovevano essere intraprese dallo stato. Adduceva tra l’altro che negando di assegnargli un difensore d’ufficio i tribunali avevano ignorato i suoi diritti costituzionali.
22. Un’udienza si tenne il 23 settembre 2004, alla conclusione della quale la causa fu messa in deliberazione in camera del consiglio. Con una sentenza del 7 ottobre 2004, la Corte suprema di cassazione annullò il giudizio attaccato, stimando che il diritto di visita del richiedente era stato ristretto indebitamente. Stimò che la salvaguardia degli interessi dei bambini era certo di un’importanza fondamentale, ma che il tribunale regionale doveva tenere anche conto del fatto che un diritto di visita estremamente ristretto avrebbe fatto aggravare solamente l’alienazione parentale. La causa fu rinviata dinnanzi ad un’altra formazione del tribunale regionale.
23. Con un giudizio del 31 maggio 2005, il tribunale regionale di Plovdiv accordò al richiedente un diritto di visita di due ore ogni due settimane.
24. Il 28 giugno 2006, l’interessato formò un ricorso in cassazione in cui adduceva che il tribunale regionale non aveva preso in conto le istruzioni della Corte suprema di cassazione e che aveva ignorato i suoi argomenti, e che il tribunale di distretto aveva negato di trasmettere le sue questioni al perito. Esprimeva anche il parere secondo cui lui e la sua vecchia moglie erano “comproprietari” dei loro bambini e che dovevano beneficiare degli stessi diritti. Accordandogli un diritto di visita ristretto, il tribunale regionale avrebbe violato il suo diritto al rispetto dei suoi beni, garantito dall’articolo 15 della Carta internazionale dei diritti dell’uomo. Si lamentava inoltre di non avere beneficiato dei consigli di un avvocato commesso d’ufficio.
25. Un’udienza si tenne il 25 aprile 2006 all’epoca della quale le parti non comparvero. Con una sentenza del 2 giugno 2006, la Corte suprema di cassazione confermò il giudizio attaccato, stimando che il tribunale regionale aveva preso in conto tutti gli elementi pertinenti e non aveva portato attentato al giusto equilibrio che deve regnare tra gli interessi dei bambini, da una parte, e quelli di loro padre, dall’altra parte.
L’alta giurisdizione osservò:
“Appare [dalle conclusioni dell’esperto psichiatra] che, anche se è attualmente in remissione, il padre non è capace di esercitare pienamente i suoi diritti parentali. I bambini sono perturbati spesso o spaventati dalla sua malattia (vedere il rapporto del servizio sociale, le testimonianze di G. e F. che hanno avuto la possibilità di osservare l’evoluzione della loro relazione e che non sono riguardate personalmente dalla conclusione della controversia). I bambini che hanno testimoniato delle manifestazioni della malattia di loro padre, non si sentono più vicini a lui; vogliono incontrarlo, ma unicamente quando si sente bene e li tratta con affetto.
In queste circostanze, il tribunale regionale ha avuto ragione di concludere che la malattia del padre ed i suoi effetti negativi sulla psiche, il morale e l’equilibrio emozionale dei bambini quando rendono visita a loro padre richiedono una limitazione della durata dei loro incontri.
Modificando il diritto di visita [del padre], il tribunale regionale ha preso in considerazione il fatto che i bambini non sono più in tenera età, conoscono bene loro padre e possono restare soli con lui. Di conseguenza, solo la durata dei loro incontri è stata limitata “
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. Il codice di procedimento civile del 1952
26. Ai termini dell’articolo 16 del codice di procedimento civile di 1952, oramai abrogato, i minori con più di 14 anni e le persone messe sotto curatela sono autorizzati a partecipare ai procedimenti concernenti loro. Tuttavia, agiscono col consenso preliminare dei loro genitori o curatori. Peraltro, l’accordo del tribunale è richiesto in caso di rinuncia, di consenso e di firma di un contratto giudiziario.
27. Il codice contemplava anche che, nella cornice del procedimento dinnanzi all’istanza di cassazione, le parti potevano presentare dei documenti di prova solo in ipotesi molto limitate, in particolare quando si trattava di documenti concernenti le circostanze di recente scoperte (articolo 218°).
2. La legge sull’aiuto giudiziale del 1 gennaio 2006
28. La legge sull’aiuto giudiziale è stata adottata nell’ottobre 2005 e è entrata in vigore il 1 gennaio 2006. Ai termini di questa legge, l’aiuto giudiziario è concesso sia in materia penale che civile (articolo 23, capoverso 2)) purché gli interessi della giustizia impongano la sua concessione e che il richiedente assolva un certo numero di condizioni. In particolare, il tribunale competente di esaminare la causa deve tenere conto dei redditi del giudicabile, della sua situazione finanziaria, del suo stato civile, del suo stato di salute, del suo impiego, della sua età e, all’occorrenza di altre circostanze che potrebbero rivelarsi pertinenti (articolo 23, capoverso 4)).
3. Il codice della famiglia
29. Secondo l’articolo 106, capoverso 5, del codice della famiglia, il tribunale può modificare le misure relative al diritto di custodia ed al diritto di visita in caso di cambiamento delle circostanze che avevano motivato la decisione anteriore presa a questo riguardo.
4. La legge sul foro
Secondo l’articolo 38, capoverso 1 (2), della legge sul foro, gli avvocati possono assistere gratuitamente delle persone che si trovano in una situazione materiale difficile.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
30. Il richiedente adduce una violazione del suo diritto ad un processo equo previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione. Denuncia anche una violazione dell’articolo 13 composto con l’articolo 6 § 1.
31. La Corte ricorda che, quando il diritto rivendicato presenta un carattere civile, l’articolo 6 § 1 costituisce un lex specialis rispetto all’articolo 13 le cui garanzie si trovano assorte da questa (vedere, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 41, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII). Perciò, stima che i motivi di appello del richiedente devono essere esaminati unicamente sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
32. Il Governo considera che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne. Sostiene che l’interessato avrebbe potuto chiedere l’assistenza giudiziale dopo l’adozione della legge sull’aiuto giudiziale nell’ottobre 2005; rileva che dopo questa data avrebbe potuto introdurre anche a sua volta una’istanza di modifica del suo diritto di visita per impegnare un nuovo procedimento civile in cui avrebbe potuto beneficiare dell’assistenza di un avvocato commesso d’ufficio.
33. Peraltro, il Governo considera che il richiedente avrebbe potuto rivolgersi a degli avvocati desiderosi di lavorare a titolo gratuito, nella misura in cui la legislazione interna autorizzava gli avvocati ad assistere gratuitamente le persone indigenti. Aggiunge che si era avvalso di questa possibilità nel 2002 del resto, quando aveva dato un potere ai suoi rappresentanti nella causa dello specifico in vista dell’introduzione della sua richiesta dinnanzi alla Corte. Ora, contrariamente al richiedente nella causa Airey c. Irlanda,( 9 ottobre 1979, §§ 9 e 27, serie A no 32) l’interessato non avrebbe portato la prova che tale assistenza gli fosse stata rifiutata per il procedimento interno.
34. Il richiedente respinge questi argomenti. Per ciò che riguarda la possibilità di chiedere la citazione di un avvocato commesso d’ufficio dopo l’adozione della legge sull’aiuto giudiziale, replica che in quel momento la causa si trovava dinnanzi alla Corte suprema di cassazione e che aveva indicato nel suo ricorso che le giurisdizioni inferiori avevano rifiutato le sue istanze in questo senso. Secondo lui, questa osservazione avrebbe dovuto essere considerata come una richiesta implicita di concessione dell’assistenza giudiziale, ora la giurisdizione suprema non aveva risposto anche a questo argomento. L’interessato considera anche che la suddetta legge non soddisfaceva le esigenze di chiarezza e di prevedibilità.
35. Per ciò che riguarda la possibilità di introdurre una nuova richiesta di modifica del diritto di visita, il richiedente sostiene che non era un ricorso efficace ai sensi della Convenzione, nella misura in cui implicava la necessità di provare un cambiamento delle circostanze che avevano motivato la decisione anteriore, e più particolarmente un miglioramento duraturo del suo stato di salute, da un punto di vista medico impossibile secondo lui. Avanza inoltre che l’esame di tale richiesta avrebbe impiegato un tempo considerevole.
36. Infine, aggiunge che la legislazione interna pertinente permetteva agli avvocati di difendere gratuitamente gli interessi delle persone indigenti, ma che non imponeva loro l’obbligo di aderire alle tali richieste.
37. Per ciò che riguarda il primo ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, relativo alla possibilità che sarebbe esistita per l’interessato di chiedere l’assegnazione di un avvocato commesso d’ufficio dopo il mese di ottobre 2005, la Corte stima che questo ramo si trova legato strettamente alla questione dell’equità del procedimento e dunque in fondo al motivo di appello derivato dalla violazione dell’articolo 6 § 1. Perciò, decide di unirlo al merito.
38. Per ciò che riguarda il secondo ramo dell’eccezione, in particolare la possibilità che avrebbe avuto il richiedente di introdurre una nuova richiesta di modifica del diritto di visita, la Corte ricorda che, in numerose ipotesi, la legislazione interna permette ad un individuo di chiedere, avvalendosi o meno di circostanze nuove, la levata o l’attenuazione di una decisione in vigore, anche giudiziale, senza che la forza di cosa giudicata si opponga. Se esigesse tali iniziative, indefinitamente ripetibili per natura, l’articolo 35 rischierebbe di creare un ostacolo permanente all’immissione nel processo della Corte (vedere, mutatis mutandis, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 80, serie Aa no 39). Conviene dunque allontanare questo secondo ramo dell’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
39. Infine, non si pootrebbe rimproverare al richiedente di non avere cercato o di non avere trovato un avvocato desideroso di difendere gratuitamente i suoi interessi dinnanzi alle giurisdizioni interne, nella misura in cui la legislazione bulgara non imponeva per niente agli avvocati l’obbligo di prendere questo tipo di impegni. Pertanto, il richiedente non disponeva di un “ricorso” ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione, ma di una semplice possibilità, autorizzata dalla legge la cui realizzazione dipendeva dalla buona volontà dei consiglieri che poteva incontrare.
40. La Corte constata peraltro che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
41. Il richiedente sostiene che, senza l’assistenza di un avvocato, non poteva difendere utilmente la sua causa. Si presenta come non avendo né un livello di studi elevati né delle cognizioni giuridiche adeguate, e come sofferente di una malattia psichica grave che sminuirebbe la sua capacità di agire in modo adeguato in situazioni complesse o stressanti. In più, il sistema del contraddittorio in Bulgaria escluderebbe la possibilità per un tribunale civile di dare dei consiglieri alle parti. Essendo molto formali le regole di procedimento, sarebbero difficili da osservare per una persona priva di formazione giuridica dunque. Inoltre, queste regole sarebbero state applicate con rigore dalle giurisdizioni interne che hanno respinto certe richieste sulle prove formulate dall’interessato. Infine, essendo stata rappresentata da un avvocato l’altra parte alla controversia, ciò avrebbe posto il richiedente in una situazione di disuguaglianza.
42. Il Governo combatte questa tesi. Stima che come nella causa McVicar c. Regno Unito (no 46311/99, CEDH 2002-III,) il richiedente ha ricevuto delle istruzioni da parte dei tribunali e che è stato in grado di difendere la sua causa. Peraltro, secondo lui, la causa non era complessa e le autorità competenti hanno preso tutte le misure necessarie per garantire all’interessato il godimento dei suoi diritti. In più, i tribunali che hanno esaminato le domande del richiedente non avrebbero mancato al loro obbligo di motivare le decisioni con cui hanno respinto alcune di esse. Il Governo aggiunge che, in seguito ai ricorsi esercitati dall’interessato, i giudizi che restringono ingiustamente il suo diritto di visita sono stati annullati e che si è visto accordare un diritto di visita più ampio.
43. La Corte ricorda da prima che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti concreti ed effettivi. È essenziale alla nozione di processo equo, tanto al civile che al penale, che una parte in causa si veda offrire la possibilità di difendere utilmente la sua causa dinnanzi al tribunale (Airey c. Irlanda, 9 ottobre 1979, § 24, serie A no 32, e Steel e Morris c. Regno Unito, no 68416/01, §§ 59 e 62, CEDH 2005-II) e che benefici di un’uguaglianza delle armi ragionevole col suo avversario (Di Haes e Gijsels c. Belgio, 24 febbraio 1997, § 53, Raccolta 1997-I; Steel e Morris, precitata, ibidem). Non essendo assoluto il diritto di accesso ai tribunali, può dare luogo a ̀delle limitazioni purché queste inseguano un scopo legittimo e siano proporzionate (Ashingdane c. Regno Unito, 28 maggio 1985, § 57, serie A no 93; Steel e Morris, precitata, § 62).
44. Ricorda poi che la questione di sapere se la concessione di un aiuto giudiziale è necessaria all’equità del procedimento deve essere decisa allo sguardo dei fatti e delle circostanze individuali di ogni specifico e deve dipendere infatti in particolare dalla gravità della posta per il richiedente, dalla complessità ́del diritto e del procedimento applicabile, così come dalla capacità dell’interessato di difendere la sua causa (Airey, precitata, § 26, McVicar, precitata, §§ 48 e 50, P., C. e S. c. Regno Unito, no 56547/00, § 91, CEDH 2002-VI, e Steel and Morris, precitata, § 61).
45. La Corte stima che la controversia dello specifico rivestiva una posta particolarmente importante per il richiedente, nella misura in cui la modifica del diritto di visita poteva avere per effetto di indebolire considerevolmente il legame tra lui ed i suoi bambini, al punto da rendere le loro relazioni teoriche.
46. È vero che il procedimento giudiziale relativo ad una richiesta di modifica del diritto di visita non potrebbe essere considerata normalmente come particolarmente complessa. Tuttavia, le parti ad una causa possono incontrare certi problemi giuridici delicati, come la necessità di raccogliere delle deposizioni di periti, di rispettare dei termini legali, di formulare delle domande e delle obiezioni pertinenti per la conclusione della controversia, di ricercare dei testimoni, di citarli e di interrogarli. In più, le dispute tra coniugi suscitano spesso una passione poco compatibile col grado di obiettività indispensabile per sostenere in giustizia (Airey, precitata, § 24) e questo tanto più quando l’oggetto della controversia riguarda il futuro dei bambini.
47. Per ciò che riguarda la capacità concreta del richiedente di difendere i suoi interessi, la Corte osserva che questo non aveva né una formazione giuridica né un’esperienza solida nell’ambito dei procedimenti giudiziali (vedere, a contrario, McVicar, precitata, §§ 53-55) e che il procedimento di modifica del diritto di visita aveva suscitato in lui delle forti emozioni.
48. La Corte rileva anche che l’interessato soffriva di una malattia psichica grave, fatto bene conosciuto delle giurisdizioni interne, e che le conseguenze della sua malattia sulla sua attitudine ad intrattenere delle relazioni normali coi suoi bambini erano al cuore della causa (vedere, mutatis mutandis, P., C. e S., precitata, § 95). Il suo stato non era apparentemente sufficientemente inquietante affinché venisse assimilato ad una persona incapace (vedere, a contrario, Lacárcel Menéndez c. Spagna, no 41745/02, 15 giugno 2006). Tuttavia, la malattia influenzava visibilmente la sua capacità di agire in modo sufficientemente adeguato, come hanno rivelato il tenore delle domande e dei ricorsi che ha indirizzato sopra alle diverse giurisdizioni (paragrafi 11, 18 e 24), e la sua incapacità di lavoro dichiarata nel 2000 (paragrafo 6 sopra). Infine, avuto riguardo alla natura del suo male, è chiaro che le emozioni suscitate dall’oggetto e dalla posta della controversia non hanno fatto che aggravare le difficoltà provate dal richiedente per sostenere in giustizia.
49. Così, la Corte constata che il richiedente non ha potuto contestare efficacemente le conclusioni del perito o chiedere l’ordinanza di una nuova stima (paragrafi 11 a 14 sopra). Non sembra avere ricevuto neanche a questo riguardo di istruzioni dal tribunale. Di conseguenza, la Corte stima che non ha potuto partecipare ad un grado sufficiente all’esercizio di produzione delle prove che, in dritto bulgaro, ha luogo dinnanzi ai tribunali di prima e seconda istanza (paragrafo 28 sopra).
50. La Corte rileva anche che, nella misura in cui ciò esigeva certe cognizioni mediche, l’interessato non ha saputo, coi suoi propri mezzi, esporre certi argomenti dei fatti a favore della sua tesi secondo la quale era capace, malgrado la sua malattia, di intrattenere delle relazioni normali coi suoi bambini. È del tutto perciò evidente che non ha potuto, da solo, affrontare in modo adeguato il problema giuridico in gioco (paragrafi 18, 21 e 24 sopra).
51. La Corte osserva inoltre che la vecchia moglie del richiedente ha beneficiato dell’assistenza di un avvocato per tutto il procedimento dinnanzi al tribunale di distretto all’epoca di cui sono stati prodotti gli elementi di prova concernenti la controversia. Considera che, visto le circostanze dello specifico, ciò ha posto il richiedente in una situazione di netto svantaggio rispetto all’altra parte alla controversia.
52. Avuto riguardo a queste osservazioni, la Corte è del parere che il fatto di non avere beneficiato di un aiuto giudiziale ha privato il richiedente della possibilità di difendere efficacemente la sua causa e che ha provocato una disuguaglianza delle armi inaccettabile con la madre dei bambini. Osserva che la modifica del diritto di visita chiesta dalla madre dei suoi bambini era di natura tale da indebolire considerevolmente le relazioni tra lui ed i suoi bambini, e dunque di recare offesa ad un elemento essenziale del suo diritto al rispetto della sua vita familiare, garantito dall’articolo 8 della Convenzione. In queste circostanze, il rispetto del diritto del richiedente ad un processo equo costituiva anche una garanzia nei confronti del suo diritto al rispetto della sua vita familiare. Perciò, la Corte considera che l’importanza particolare della posta per l’interessato-la possibilità di tenere un legame reale coi suoi bambini-, combinata alla natura stessa del suo male-una malattia psichica -imponeva la concessione di un aiuto giudiziale (vedere, mutatis mutandis, Megyeri c. Germania, 12 maggio 1992, § 23, serie A no 237-a). In mancanza di questa, l’interessato ha provato delle difficoltà particolarmente importanti che gli hanno impedito al tempo stesso di giocare nel processo decisionale un ruolo sufficiente da garantirgli la protezione richiesta dei suoi interessi e ha compromesso l’equità del procedimento nel suo insieme.
53. Peraltro, la Corte considera che la possibilità, presentata dal Governo, di chiedere l’assegnazione di un avvocato commesso d’ufficio per il procedimento dinnanzi alla Corte suprema di cassazione non avrebbe potuto ovviare a questa situazione,avendo l’alta giurisdizione delle competenze molto ristrette in materia di produzione di prove. Inoltre, la questione della mancanza di rappresentanza dell’interessato dinnanzi alle istanze inferiori è stata sottoposta all’attenzione della Corte suprema di cassazione che non ha dato una risposta esplicita. La Corte stima dunque che c’è luogo di respingere il ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, relativo all’omissione dell’interessato di introdurre una richiesta di aiuto giudiziale dinnanzi alla Corte suprema di cassazione.
54. Pertanto, c’è stata violazione del diritto al processo equo del richiedente, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 8 E DELL’ARTICOLO 13 COMBINATO CON L’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
55. Il richiedente denuncia una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare e si lamenta di non avere disposto in diritto interno di un ricorso suscettibile ad ovviarla. Invoca gli articoli 8 e 13 della Convenzione, così formulati:
Articolo 8
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
56. Il Governo non sottopone osservazioni su questi motivi di appello.
57. Il richiedente stima che, perché non ha beneficiato dell’assistenza di un avvocato commesso d’ufficio, non è stato in grado di difendere efficacemente i suoi diritti parentali all’epoca del procedimento di modifica del diritto di visita. Considera che la violazione del suo diritto ad un processo equo ha provocato l’illegalità dell’ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
58. La Corte, rilevando che questi motivi di appello sono legati a quelli esaminati sopra, considera che devono essere dichiarati dunque allo stesso modo ammissibili.
59. La Corte ricorda che l’esame di ciò che serve per il meglio l’interesse del bambino è sempre di un’importanza cruciale in ogni causa di questo tipo. Così, stima che nello specifico è difficile valutare se la violazione del diritto del richiedente ad un processo equo ha potuto avere o meno un’incidenza sulla conclusione della controversia. Perciò, non è convinta che i fatti denunciati abbiano avuto non solo delle ripercussioni sulla condotta dell’istanza giudiziale alla quale il richiedente era parte, ma anche su “un elemento fondamentale della vita familiare” di questo (vedere, a contrario, McMichael c. Regno Unito, 24 febbraio 1995, § 91, serie A no 307-B). Avuto riguardo a queste considerazioni ed alle sue conclusioni formulate sopra ai paragrafi 45 a 54, la Corte non stima necessario esaminare separatamente queste questioni sotto l’angolo degli articoli 8 e 13 (vedere, mutatis mutandis, Zagaria c. Italia, no 58295/00, § 39, 27 novembre 2007).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
60. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
61. Il richiedente richiede 25 000 euro (EUR, per danno morale).
62. Il Governo non fa commenti.
63. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 5 000 EUR a titolo del danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
B. Oneri e spese
64. Il richiedente chiede anche 3 360 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte (3 290 EUR di parcella di avvocato e 70 EUR di onere di corrispondenza e di segreteria). Produce un conteggio del lavoro effettuato dai suoi avvocati e totalizzante a quarantasette ore, così come il giustificativo corrispondente agli oneri impegnati, e chiede che gli importi assegnati dalla Corte siano versati direttamente ai suoi avvocati.
65. Il Governo non fa commenti.
66. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 3 360 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte da cui conviene dedurre gli importi versati dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, o 850 EUR. Accorda 2 510 EUR a questo titolo dunque, così come ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente.
C. Interessi moratori
67. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al fondo il ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne relativo alla possibilità di chiedere l’aiuto giudiziale per il procedimento dinnanzi alla Corte suprema di cassazione, lo respinge e dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare i motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire in lev bulgari al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 5 000 EUR (cinquemila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 2 510 EUR (duemila cinque cento dieci euro) per oneri e spese, da versare sul conto bancario indicato dagli avvocati del richiedente in Bulgaria, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente