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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE NENOV c. BULGARIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 06
Numero: 33738/02/2009
Stato: Bulgaria
Data: 2009-07-16 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Violazione dell’art. 6-1; danno morale – risarcimento
QUINTA SEZIONE
CAUSA NENOV C. BULGARIA
( Richiesta no 33738/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Nenov c. Bulgaria,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Rait Maruste, Karel Jungwiert, Renate Jaeger, Marco Villiger, Mirjana Lazarova Trajkovska, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33738/02) diretta contro la Repubblica della Bulgaria e di cui un cittadino di questo Stato, il Sig. I. N. N. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 2 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente che è stato ammesso a favore dell’assistenza giudiziale, è rappresentato da Sig. E. e S. S., avvocati a Plovdiv. Il governo bulgaro (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Sig. Kotzeva, del ministero di Giustizia.
3. Il richiedente adduce in particolare che il fatto di non avere beneficiato dei consigli di un avvocato commesso d’ ufficio ha recato offesa al suo diritto ad un processo equo. Avuto riguardo all’oggetto della controversia che è arrivata alla modifica del suo diritto di visita, si lamenta inoltre di un’incomprensione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
4. L’ 11 ottobre 2006, il presidente della quinta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1955 e ha risieduto a Plovdiv. È titolare di un diploma di studi secondari.
6. Dal 1996, soffre di una schizofrenia di tipo paranoide. Avendogli provocato la sua malattia un’incapacità di lavoro, fu messo in pensione anticipata nel 2000.
7. Nel dicembre 1994, il richiedente e sua moglie, R.K, divorziarono. Il tribunale affidò la custodia dei loro due bambini, nati nel 1989 e nel 1992, alla madre. Fu accordato al richiedente un diritto di visita di un giorno ogni due settimane, dalle 9 alle 18, e di un mese in estate.
8. nel marzo 2002, R.K. investì il tribunale di distretto di Plovdiv di un’istanza che prevede la modifica del diritto di visita del richiedente, al motivo che questo era colpito da una malattia psichica e che il suo comportamento perturbava i bambini. Propose che il diritto di visita dell’interessato venisse fissato a due ore al mese e che gli incontri avvenissero in presenza di un impiegato del servizio regionale di assistenza sociale.
9. Il 3 giugno 2002, il richiedente, informato di questa richiesta, indicò al tribunale che desiderava la designazione di un avvocato commesso d’ ufficio, non essendo i suoi mezzi finanziari sufficienti per assumere un consigliere. Precisò che l’importo della sua pensione mensile era di 56 lev bulgari, circa 32 euro, e che quasi la metà di questa somma era consacrata al pagamento dell’assegno alimentare. All’udienza del 5 giugno 2002, reiterò questa istanza, aggiungendo che non comprendeva la terminologia giuridica e le regole procedurali. Le sue istanze furono respinte al motivo che questa possibilità non era prevista dalla legge pertinente. Peraltro, il tribunale ordinò una perizia psichiatrica del richiedente.
10. Il 7 ottobre 2002, il richiedente investì il tribunale di un’istanza identica, che reiterò all’udienza del 9 ottobre 2002, sostenendo che non conosceva né la giurisprudenza né le regole procedurali applicabili alla controversia. La sua istanza fu respinta di nuovo.
11. Il 3 gennaio 2003, il richiedente depositò alla cancelleria del tribunale un questionario destinato all’esperto psichiatra che l’aveva esaminato. Precisò di avere formulato le domande lui stesso , senza l’aiuto di un consigliere. Le domande riguardavano essenzialmente sulle sue convinzioni filosofiche o ancora sui suoi problemi finanziari. Chiedeva tra l’altro al perito se lo considerava come un essere umano o ancora se pensasse che era possibile rimanere con 71 stotinki, circa 35 centesimi, al giorno.
12. All’udienza del 22 gennaio 2003, il rapporto dell’esperto psichiatra fu versato alla pratica. Indicava che l’interessato soffriva di una malattia mentale dal 1995, che era stato trattato in una struttura psichiatrica a tre riprese che, anche se era in remissione attualmente, si poteva constatare una modifica della sua personalità vicino alla psicopatia e che il suo stato colpiva i suoi rapporti coi suoi bambini. In quanto alle domande formulate dall’interessato e destinate al perito, il tribunale considerò che erano prive di pertinenza e lasciò la sua istanza senza seguito.
13. Peraltro, il tribunale ascoltò quattro testimoni, in particolare due vicine di R.K. ed le sorelle dell’interessato che furono interrogati a proposito delle relazioni tra il richiedente ed i suoi bambini.
14. In seguito, il richiedente depositò alla cancelleria del tribunale un esposto in cui contestava certe conclusioni del perito ed adduceva che non disponeva di nessuna copia del rapporto versato alla pratica all’udienza del 22 gennaio 2003.
15. Un’udienza si tenne il 5 marzo 2003. Il tribunale versò alla pratica il rapporto preparato dal servizio regionale di assistenza sociale in cui gli impiegati avevano interrogato i bambini ed il richiedente. Il rapporto indicava che, interrogato sui suoi rapporti coi bambini, l’interessato aveva insistito sui suoi diritti di genitore, si era mostrato infastidito ed aveva minacciato l’impiegato. In quanto ai bambini, non avrebbero voluto parlare innanzitutto di loro padre. In seguito, il figlio del richiedente avrebbe indicato che li maltrattava spesso; sua sorella avrebbe detto che a suo parere suo padre non l’amava.
16. Con un giudizio del 2 aprile 2003, il tribunale fece diritto alla domanda di R.K. Dopo avere constatato che il richiedente era perturbato psichicamente e che i suoi bambini erano troppo giovani per comprendere le ragioni del comportamento di loro padre, il tribunale decise che il loro interesse comandava una modifica del diritto di visita. Il richiedente disponeva oramai solo di un diritto di visita al mese di due ore, e questo unicamente in presenza della madre.
17. Durante tutto il procedimento dinnanzi al tribunale di distretto, R.K. era rappresentata da un avvocato.
18. Il 30 aprile 2003, l’interessato interpose appello. Il 31 ottobre 2003, depositò un esposto integrativo in cui chiedeva al tribunale regionale di assegnargli un difensore d’ufficio, al motivo che, non essendo giurista, non comprendeva “il lessico giuridico”, e che, peraltro, non disponeva dei mezzi finanziari necessari per assumere un avvocato di sua scelta. L’esposto consisteva in un’esposizione abbastanza confusa su dei problemi relazionali con la sua vecchia moglie, e conteneva parecchi riferimenti a diversi atti del diritto interno ed internazionale, così come ai dieci comandamenti. In conclusione, il richiedente adduceva che i diritti economici dei suoi bambini erano violati.
19. Un’udienza si tenne il 3 novembre 2003; la causa fu messa in deliberazione in camera di consiglio. Con un giudizio dell’ 11 dicembre 2003, il tribunale regionale di Plovdiv confermò il giudizio attaccato, facendo suoi i motivi considerati dal tribunale di distretto.
20. Il 12 febbraio 2004, il richiedente formò un ricorso in cassazione in cui sottolineava che il tribunale regionale non aveva tenuto conto di certi elementi di prova riuniti nella cornice del procedimento, come le deposizioni di certi testimoni che indicavano che trattava molto bene i suoi bambini. Aggiungeva che, anche se altri testimoni avevano indicato che i bambini si erano talvolta mostrati reticenti a rendergli visita, era stabilito che non li aveva mai maltrattati. In conclusione, sottolineava che il diritto di visita accordato, ossia ventiquattro ore all’ anno, non gli sembrava per niente sufficiente per mantenere un legame coi suoi bambini.
21. Il 9 settembre 2004, il richiedente depositò un esposto integrativo in cui si concedeva ad un’analisi dettagliata della Carta internazionale dei diritti dell’uomo delle Nazioni unite ed esponeva le sue riflessioni a proposito di riforme economiche che dovevano essere intraprese dallo stato. Adduceva tra l’altro che negando di assegnargli un difensore d’ufficio i tribunali avevano ignorato i suoi diritti costituzionali.
22. Un’udienza si tenne il 23 settembre 2004, alla conclusione della quale la causa fu messa in deliberazione in camera del consiglio. Con una sentenza del 7 ottobre 2004, la Corte suprema di cassazione annullò il giudizio attaccato, stimando che il diritto di visita del richiedente era stato ristretto indebitamente. Stimò che la salvaguardia degli interessi dei bambini era certo di un’importanza fondamentale, ma che il tribunale regionale doveva tenere anche conto del fatto che un diritto di visita estremamente ristretto avrebbe fatto aggravare solamente l’alienazione parentale. La causa fu rinviata dinnanzi ad un’altra formazione del tribunale regionale.
23. Con un giudizio del 31 maggio 2005, il tribunale regionale di Plovdiv accordò al richiedente un diritto di visita di due ore ogni due settimane.
24. Il 28 giugno 2006, l’interessato formò un ricorso in cassazione in cui adduceva che il tribunale regionale non aveva preso in conto le istruzioni della Corte suprema di cassazione e che aveva ignorato i suoi argomenti, e che il tribunale di distretto aveva negato di trasmettere le sue questioni al perito. Esprimeva anche il parere secondo cui lui e la sua vecchia moglie erano “comproprietari” dei loro bambini e che dovevano beneficiare degli stessi diritti. Accordandogli un diritto di visita ristretto, il tribunale regionale avrebbe violato il suo diritto al rispetto dei suoi beni, garantito dall’articolo 15 della Carta internazionale dei diritti dell’uomo. Si lamentava inoltre di non avere beneficiato dei consigli di un avvocato commesso d’ufficio.
25. Un’udienza si tenne il 25 aprile 2006 all’epoca della quale le parti non comparvero. Con una sentenza del 2 giugno 2006, la Corte suprema di cassazione confermò il giudizio attaccato, stimando che il tribunale regionale aveva preso in conto tutti gli elementi pertinenti e non aveva portato attentato al giusto equilibrio che deve regnare tra gli interessi dei bambini, da una parte, e quelli di loro padre, dall’altra parte.
L’alta giurisdizione osservò:
“Appare [dalle conclusioni dell’esperto psichiatra] che, anche se è attualmente in remissione, il padre non è capace di esercitare pienamente i suoi diritti parentali. I bambini sono perturbati spesso o spaventati dalla sua malattia (vedere il rapporto del servizio sociale, le testimonianze di G. e F. che hanno avuto la possibilità di osservare l’evoluzione della loro relazione e che non sono riguardate personalmente dalla conclusione della controversia). I bambini che hanno testimoniato delle manifestazioni della malattia di loro padre, non si sentono più vicini a lui; vogliono incontrarlo, ma unicamente quando si sente bene e li tratta con affetto.
In queste circostanze, il tribunale regionale ha avuto ragione di concludere che la malattia del padre ed i suoi effetti negativi sulla psiche, il morale e l’equilibrio emozionale dei bambini quando rendono visita a loro padre richiedono una limitazione della durata dei loro incontri.
Modificando il diritto di visita [del padre], il tribunale regionale ha preso in considerazione il fatto che i bambini non sono più in tenera età, conoscono bene loro padre e possono restare soli con lui. Di conseguenza, solo la durata dei loro incontri è stata limitata “
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. Il codice di procedimento civile del 1952
26. Ai termini dell’articolo 16 del codice di procedimento civile di 1952, oramai abrogato, i minori con più di 14 anni e le persone messe sotto curatela sono autorizzati a partecipare ai procedimenti concernenti loro. Tuttavia, agiscono col consenso preliminare dei loro genitori o curatori. Peraltro, l’accordo del tribunale è richiesto in caso di rinuncia, di consenso e di firma di un contratto giudiziario.
27. Il codice contemplava anche che, nella cornice del procedimento dinnanzi all’istanza di cassazione, le parti potevano presentare dei documenti di prova solo in ipotesi molto limitate, in particolare quando si trattava di documenti concernenti le circostanze di recente scoperte (articolo 218°).
2. La legge sull’aiuto giudiziale del 1 gennaio 2006
28. La legge sull’aiuto giudiziale è stata adottata nell’ottobre 2005 e è entrata in vigore il 1 gennaio 2006. Ai termini di questa legge, l’aiuto giudiziario è concesso sia in materia penale che civile (articolo 23, capoverso 2)) purché gli interessi della giustizia impongano la sua concessione e che il richiedente assolva un certo numero di condizioni. In particolare, il tribunale competente di esaminare la causa deve tenere conto dei redditi del giudicabile, della sua situazione finanziaria, del suo stato civile, del suo stato di salute, del suo impiego, della sua età e, all’occorrenza di altre circostanze che potrebbero rivelarsi pertinenti (articolo 23, capoverso 4)).
3. Il codice della famiglia
29. Secondo l’articolo 106, capoverso 5, del codice della famiglia, il tribunale può modificare le misure relative al diritto di custodia ed al diritto di visita in caso di cambiamento delle circostanze che avevano motivato la decisione anteriore presa a questo riguardo.
4. La legge sul foro
Secondo l’articolo 38, capoverso 1 (2), della legge sul foro, gli avvocati possono assistere gratuitamente delle persone che si trovano in una situazione materiale difficile.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
30. Il richiedente adduce una violazione del suo diritto ad un processo equo previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione. Denuncia anche una violazione dell’articolo 13 composto con l’articolo 6 § 1.
31. La Corte ricorda che, quando il diritto rivendicato presenta un carattere civile, l’articolo 6 § 1 costituisce un lex specialis rispetto all’articolo 13 le cui garanzie si trovano assorte da questa (vedere, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 41, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII). Perciò, stima che i motivi di appello del richiedente devono essere esaminati unicamente sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
32. Il Governo considera che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne. Sostiene che l’interessato avrebbe potuto chiedere l’assistenza giudiziale dopo l’adozione della legge sull’aiuto giudiziale nell’ottobre 2005; rileva che dopo questa data avrebbe potuto introdurre anche a sua volta una’istanza di modifica del suo diritto di visita per impegnare un nuovo procedimento civile in cui avrebbe potuto beneficiare dell’assistenza di un avvocato commesso d’ufficio.
33. Peraltro, il Governo considera che il richiedente avrebbe potuto rivolgersi a degli avvocati desiderosi di lavorare a titolo gratuito, nella misura in cui la legislazione interna autorizzava gli avvocati ad assistere gratuitamente le persone indigenti. Aggiunge che si era avvalso di questa possibilità nel 2002 del resto, quando aveva dato un potere ai suoi rappresentanti nella causa dello specifico in vista dell’introduzione della sua richiesta dinnanzi alla Corte. Ora, contrariamente al richiedente nella causa Airey c. Irlanda,( 9 ottobre 1979, §§ 9 e 27, serie A no 32) l’interessato non avrebbe portato la prova che tale assistenza gli fosse stata rifiutata per il procedimento interno.
34. Il richiedente respinge questi argomenti. Per ciò che riguarda la possibilità di chiedere la citazione di un avvocato commesso d’ufficio dopo l’adozione della legge sull’aiuto giudiziale, replica che in quel momento la causa si trovava dinnanzi alla Corte suprema di cassazione e che aveva indicato nel suo ricorso che le giurisdizioni inferiori avevano rifiutato le sue istanze in questo senso. Secondo lui, questa osservazione avrebbe dovuto essere considerata come una richiesta implicita di concessione dell’assistenza giudiziale, ora la giurisdizione suprema non aveva risposto anche a questo argomento. L’interessato considera anche che la suddetta legge non soddisfaceva le esigenze di chiarezza e di prevedibilità.
35. Per ciò che riguarda la possibilità di introdurre una nuova richiesta di modifica del diritto di visita, il richiedente sostiene che non era un ricorso efficace ai sensi della Convenzione, nella misura in cui implicava la necessità di provare un cambiamento delle circostanze che avevano motivato la decisione anteriore, e più particolarmente un miglioramento duraturo del suo stato di salute, da un punto di vista medico impossibile secondo lui. Avanza inoltre che l’esame di tale richiesta avrebbe impiegato un tempo considerevole.
36. Infine, aggiunge che la legislazione interna pertinente permetteva agli avvocati di difendere gratuitamente gli interessi delle persone indigenti, ma che non imponeva loro l’obbligo di aderire alle tali richieste.
37. Per ciò che riguarda il primo ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, relativo alla possibilità che sarebbe esistita per l’interessato di chiedere l’assegnazione di un avvocato commesso d’ufficio dopo il mese di ottobre 2005, la Corte stima che questo ramo si trova legato strettamente alla questione dell’equità del procedimento e dunque in fondo al motivo di appello derivato dalla violazione dell’articolo 6 § 1. Perciò, decide di unirlo al merito.
38. Per ciò che riguarda il secondo ramo dell’eccezione, in particolare la possibilità che avrebbe avuto il richiedente di introdurre una nuova richiesta di modifica del diritto di visita, la Corte ricorda che, in numerose ipotesi, la legislazione interna permette ad un individuo di chiedere, avvalendosi o meno di circostanze nuove, la levata o l’attenuazione di una decisione in vigore, anche giudiziale, senza che la forza di cosa giudicata si opponga. Se esigesse tali iniziative, indefinitamente ripetibili per natura, l’articolo 35 rischierebbe di creare un ostacolo permanente all’immissione nel processo della Corte (vedere, mutatis mutandis, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 80, serie Aa no 39). Conviene dunque allontanare questo secondo ramo dell’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
39. Infine, non si pootrebbe rimproverare al richiedente di non avere cercato o di non avere trovato un avvocato desideroso di difendere gratuitamente i suoi interessi dinnanzi alle giurisdizioni interne, nella misura in cui la legislazione bulgara non imponeva per niente agli avvocati l’obbligo di prendere questo tipo di impegni. Pertanto, il richiedente non disponeva di un “ricorso” ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione, ma di una semplice possibilità, autorizzata dalla legge la cui realizzazione dipendeva dalla buona volontà dei consiglieri che poteva incontrare.
40. La Corte constata peraltro che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
41. Il richiedente sostiene che, senza l’assistenza di un avvocato, non poteva difendere utilmente la sua causa. Si presenta come non avendo né un livello di studi elevati né delle cognizioni giuridiche adeguate, e come sofferente di una malattia psichica grave che sminuirebbe la sua capacità di agire in modo adeguato in situazioni complesse o stressanti. In più, il sistema del contraddittorio in Bulgaria escluderebbe la possibilità per un tribunale civile di dare dei consiglieri alle parti. Essendo molto formali le regole di procedimento, sarebbero difficili da osservare per una persona priva di formazione giuridica dunque. Inoltre, queste regole sarebbero state applicate con rigore dalle giurisdizioni interne che hanno respinto certe richieste sulle prove formulate dall’interessato. Infine, essendo stata rappresentata da un avvocato l’altra parte alla controversia, ciò avrebbe posto il richiedente in una situazione di disuguaglianza.
42. Il Governo combatte questa tesi. Stima che come nella causa McVicar c. Regno Unito (no 46311/99, CEDH 2002-III,) il richiedente ha ricevuto delle istruzioni da parte dei tribunali e che è stato in grado di difendere la sua causa. Peraltro, secondo lui, la causa non era complessa e le autorità competenti hanno preso tutte le misure necessarie per garantire all’interessato il godimento dei suoi diritti. In più, i tribunali che hanno esaminato le domande del richiedente non avrebbero mancato al loro obbligo di motivare le decisioni con cui hanno respinto alcune di esse. Il Governo aggiunge che, in seguito ai ricorsi esercitati dall’interessato, i giudizi che restringono ingiustamente il suo diritto di visita sono stati annullati e che si è visto accordare un diritto di visita più ampio.
43. La Corte ricorda da prima che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti concreti ed effettivi. È essenziale alla nozione di processo equo, tanto al civile che al penale, che una parte in causa si veda offrire la possibilità di difendere utilmente la sua causa dinnanzi al tribunale (Airey c. Irlanda, 9 ottobre 1979, § 24, serie A no 32, e Steel e Morris c. Regno Unito, no 68416/01, §§ 59 e 62, CEDH 2005-II) e che benefici di un’uguaglianza delle armi ragionevole col suo avversario (Di Haes e Gijsels c. Belgio, 24 febbraio 1997, § 53, Raccolta 1997-I; Steel e Morris, precitata, ibidem). Non essendo assoluto il diritto di accesso ai tribunali, può dare luogo a ̀delle limitazioni purché queste inseguano un scopo legittimo e siano proporzionate (Ashingdane c. Regno Unito, 28 maggio 1985, § 57, serie A no 93; Steel e Morris, precitata, § 62).
44. Ricorda poi che la questione di sapere se la concessione di un aiuto giudiziale è necessaria all’equità del procedimento deve essere decisa allo sguardo dei fatti e delle circostanze individuali di ogni specifico e deve dipendere infatti in particolare dalla gravità della posta per il richiedente, dalla complessità ́del diritto e del procedimento applicabile, così come dalla capacità dell’interessato di difendere la sua causa (Airey, precitata, § 26, McVicar, precitata, §§ 48 e 50, P., C. e S. c. Regno Unito, no 56547/00, § 91, CEDH 2002-VI, e Steel and Morris, precitata, § 61).
45. La Corte stima che la controversia dello specifico rivestiva una posta particolarmente importante per il richiedente, nella misura in cui la modifica del diritto di visita poteva avere per effetto di indebolire considerevolmente il legame tra lui ed i suoi bambini, al punto da rendere le loro relazioni teoriche.
46. È vero che il procedimento giudiziale relativo ad una richiesta di modifica del diritto di visita non potrebbe essere considerata normalmente come particolarmente complessa. Tuttavia, le parti ad una causa possono incontrare certi problemi giuridici delicati, come la necessità di raccogliere delle deposizioni di periti, di rispettare dei termini legali, di formulare delle domande e delle obiezioni pertinenti per la conclusione della controversia, di ricercare dei testimoni, di citarli e di interrogarli. In più, le dispute tra coniugi suscitano spesso una passione poco compatibile col grado di obiettività indispensabile per sostenere in giustizia (Airey, precitata, § 24) e questo tanto più quando l’oggetto della controversia riguarda il futuro dei bambini.
47. Per ciò che riguarda la capacità concreta del richiedente di difendere i suoi interessi, la Corte osserva che questo non aveva né una formazione giuridica né un’esperienza solida nell’ambito dei procedimenti giudiziali (vedere, a contrario, McVicar, precitata, §§ 53-55) e che il procedimento di modifica del diritto di visita aveva suscitato in lui delle forti emozioni.
48. La Corte rileva anche che l’interessato soffriva di una malattia psichica grave, fatto bene conosciuto delle giurisdizioni interne, e che le conseguenze della sua malattia sulla sua attitudine ad intrattenere delle relazioni normali coi suoi bambini erano al cuore della causa (vedere, mutatis mutandis, P., C. e S., precitata, § 95). Il suo stato non era apparentemente sufficientemente inquietante affinché venisse assimilato ad una persona incapace (vedere, a contrario, Lacárcel Menéndez c. Spagna, no 41745/02, 15 giugno 2006). Tuttavia, la malattia influenzava visibilmente la sua capacità di agire in modo sufficientemente adeguato, come hanno rivelato il tenore delle domande e dei ricorsi che ha indirizzato sopra alle diverse giurisdizioni (paragrafi 11, 18 e 24), e la sua incapacità di lavoro dichiarata nel 2000 (paragrafo 6 sopra). Infine, avuto riguardo alla natura del suo male, è chiaro che le emozioni suscitate dall’oggetto e dalla posta della controversia non hanno fatto che aggravare le difficoltà provate dal richiedente per sostenere in giustizia.
49. Così, la Corte constata che il richiedente non ha potuto contestare efficacemente le conclusioni del perito o chiedere l’ordinanza di una nuova stima (paragrafi 11 a 14 sopra). Non sembra avere ricevuto neanche a questo riguardo di istruzioni dal tribunale. Di conseguenza, la Corte stima che non ha potuto partecipare ad un grado sufficiente all’esercizio di produzione delle prove che, in dritto bulgaro, ha luogo dinnanzi ai tribunali di prima e seconda istanza (paragrafo 28 sopra).
50. La Corte rileva anche che, nella misura in cui ciò esigeva certe cognizioni mediche, l’interessato non ha saputo, coi suoi propri mezzi, esporre certi argomenti dei fatti a favore della sua tesi secondo la quale era capace, malgrado la sua malattia, di intrattenere delle relazioni normali coi suoi bambini. È del tutto perciò evidente che non ha potuto, da solo, affrontare in modo adeguato il problema giuridico in gioco (paragrafi 18, 21 e 24 sopra).
51. La Corte osserva inoltre che la vecchia moglie del richiedente ha beneficiato dell’assistenza di un avvocato per tutto il procedimento dinnanzi al tribunale di distretto all’epoca di cui sono stati prodotti gli elementi di prova concernenti la controversia. Considera che, visto le circostanze dello specifico, ciò ha posto il richiedente in una situazione di netto svantaggio rispetto all’altra parte alla controversia.
52. Avuto riguardo a queste osservazioni, la Corte è del parere che il fatto di non avere beneficiato di un aiuto giudiziale ha privato il richiedente della possibilità di difendere efficacemente la sua causa e che ha provocato una disuguaglianza delle armi inaccettabile con la madre dei bambini. Osserva che la modifica del diritto di visita chiesta dalla madre dei suoi bambini era di natura tale da indebolire considerevolmente le relazioni tra lui ed i suoi bambini, e dunque di recare offesa ad un elemento essenziale del suo diritto al rispetto della sua vita familiare, garantito dall’articolo 8 della Convenzione. In queste circostanze, il rispetto del diritto del richiedente ad un processo equo costituiva anche una garanzia nei confronti del suo diritto al rispetto della sua vita familiare. Perciò, la Corte considera che l’importanza particolare della posta per l’interessato-la possibilità di tenere un legame reale coi suoi bambini-, combinata alla natura stessa del suo male-una malattia psichica -imponeva la concessione di un aiuto giudiziale (vedere, mutatis mutandis, Megyeri c. Germania, 12 maggio 1992, § 23, serie A no 237-a). In mancanza di questa, l’interessato ha provato delle difficoltà particolarmente importanti che gli hanno impedito al tempo stesso di giocare nel processo decisionale un ruolo sufficiente da garantirgli la protezione richiesta dei suoi interessi e ha compromesso l’equità del procedimento nel suo insieme.
53. Peraltro, la Corte considera che la possibilità, presentata dal Governo, di chiedere l’assegnazione di un avvocato commesso d’ufficio per il procedimento dinnanzi alla Corte suprema di cassazione non avrebbe potuto ovviare a questa situazione,avendo l’alta giurisdizione delle competenze molto ristrette in materia di produzione di prove. Inoltre, la questione della mancanza di rappresentanza dell’interessato dinnanzi alle istanze inferiori è stata sottoposta all’attenzione della Corte suprema di cassazione che non ha dato una risposta esplicita. La Corte stima dunque che c’è luogo di respingere il ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne, relativo all’omissione dell’interessato di introdurre una richiesta di aiuto giudiziale dinnanzi alla Corte suprema di cassazione.
54. Pertanto, c’è stata violazione del diritto al processo equo del richiedente, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 8 E DELL’ARTICOLO 13 COMBINATO CON L’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
55. Il richiedente denuncia una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare e si lamenta di non avere disposto in diritto interno di un ricorso suscettibile ad ovviarla. Invoca gli articoli 8 e 13 della Convenzione, così formulati:
Articolo 8
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
56. Il Governo non sottopone osservazioni su questi motivi di appello.
57. Il richiedente stima che, perché non ha beneficiato dell’assistenza di un avvocato commesso d’ufficio, non è stato in grado di difendere efficacemente i suoi diritti parentali all’epoca del procedimento di modifica del diritto di visita. Considera che la violazione del suo diritto ad un processo equo ha provocato l’illegalità dell’ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua vita familiare.
58. La Corte, rilevando che questi motivi di appello sono legati a quelli esaminati sopra, considera che devono essere dichiarati dunque allo stesso modo ammissibili.
59. La Corte ricorda che l’esame di ciò che serve per il meglio l’interesse del bambino è sempre di un’importanza cruciale in ogni causa di questo tipo. Così, stima che nello specifico è difficile valutare se la violazione del diritto del richiedente ad un processo equo ha potuto avere o meno un’incidenza sulla conclusione della controversia. Perciò, non è convinta che i fatti denunciati abbiano avuto non solo delle ripercussioni sulla condotta dell’istanza giudiziale alla quale il richiedente era parte, ma anche su “un elemento fondamentale della vita familiare” di questo (vedere, a contrario, McMichael c. Regno Unito, 24 febbraio 1995, § 91, serie A no 307-B). Avuto riguardo a queste considerazioni ed alle sue conclusioni formulate sopra ai paragrafi 45 a 54, la Corte non stima necessario esaminare separatamente queste questioni sotto l’angolo degli articoli 8 e 13 (vedere, mutatis mutandis, Zagaria c. Italia, no 58295/00, § 39, 27 novembre 2007).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
60. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
61. Il richiedente richiede 25 000 euro (EUR, per danno morale).
62. Il Governo non fa commenti.
63. La Corte considera che c’è luogo di concedere al richiedente 5 000 EUR a titolo del danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
B. Oneri e spese
64. Il richiedente chiede anche 3 360 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte (3 290 EUR di parcella di avvocato e 70 EUR di onere di corrispondenza e di segreteria). Produce un conteggio del lavoro effettuato dai suoi avvocati e totalizzante a quarantasette ore, così come il giustificativo corrispondente agli oneri impegnati, e chiede che gli importi assegnati dalla Corte siano versati direttamente ai suoi avvocati.
65. Il Governo non fa commenti.
66. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 3 360 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte da cui conviene dedurre gli importi versati dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, o 850 EUR. Accorda 2 510 EUR a questo titolo dunque, così come ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente.
C. Interessi moratori
67. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al fondo il ramo dell’eccezione derivato dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne relativo alla possibilità di chiedere l’aiuto giudiziale per il procedimento dinnanzi alla Corte suprema di cassazione, lo respinge e dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare i motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire in lev bulgari al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 5 000 EUR (cinquemila euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 2 510 EUR (duemila cinque cento dieci euro) per oneri e spese, da versare sul conto bancario indicato dagli avvocati del richiedente in Bulgaria, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (non-épuisement des voies de recours internes) ; Violation de l’art. 6-1 ; Préjudice moral – réparation
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE NENOV c. BULGARIE
(Requête no 33738/02)
ARRÊT
STRASBOURG
16 juillet 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Nenov c. Bulgarie,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Rait Maruste,
Karel Jungwiert,
Renate Jaeger,
Mark Villiger,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Zdravka Kalaydjieva, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 23 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 33738/02) dirigée contre la République de Bulgarie et dont un ressortissant de cet Etat, M. I. N. N. (« le requérant »), a saisi la Cour le 2 septembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant, qui a été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, est représenté par Mes M. E. et S. S., avocats à Plovdiv. Le gouvernement bulgare (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme M. Kotzeva, du ministère de la Justice.
3. Le requérant allègue en particulier que le fait de n’avoir pas bénéficié des conseils d’un avocat commis d’office a porté atteinte à son droit à un procès équitable. Eu égard à l’objet du litige, qui a abouti à la modification de son droit de visite, il se plaint en outre d’une méconnaissance de son droit au respect de sa vie familiale.
4. Le 11 octobre 2006, le président de la cinquième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1955 et réside à Plovdiv. Il est titulaire d’un diplôme d’études secondaires.
6. Depuis 1996, il souffre d’une schizophrénie de type paranoïde. Sa maladie ayant entraîné une incapacité de travail, il fut mis à la retraite anticipée en 2000.
7. En décembre 1994, le requérant et son épouse, R.K., divorcèrent. Le tribunal confia la garde de leurs deux enfants, nés en 1989 et 1992, à la mère. Un droit de visite d’un jour tous les deux semaines (de 9 heures à 18 heures) et d’un mois en été fut accordé au requérant.
8. En mars 2002, R.K. saisit le tribunal de district de Plovdiv d’une demande visant la modification du droit de visite du requérant, au motif que celui-ci était atteint d’une maladie psychique et que son comportement perturbait les enfants. Elle proposa que le droit de visite de l’intéressé soit fixé à deux heures par mois et que les rencontres aient lieu en présence d’un employé du service régional d’assistance sociale.
9. Le 3 juin 2002, le requérant, informé de cette demande, indiqua au tribunal qu’il souhaitait l’assignation d’un avocat commis d’office, ses moyens financiers n’étant pas suffisants pour engager un conseil. Il précisa que le montant de sa pension mensuelle était de 56 levs bulgares (environ 32 euros) et que presque la moitié de cette somme était consacrée au paiement de la pension alimentaire. A l’audience du 5 juin 2002, il réitéra cette demande, ajoutant qu’il ne comprenait pas la terminologie juridique et les règles procédurales. Ses demandes furent rejetées au motif que cette possibilité n’était pas prévue par la loi pertinente. Par ailleurs, le tribunal ordonna une expertise psychiatrique du requérant.
10. Le 7 octobre 2002, le requérant saisit le tribunal d’une demande identique, qu’il réitéra à l’audience du 9 octobre 2002, argüant qu’il ne connaissait ni la jurisprudence ni les règles procédurales applicables au litige. Sa demande fut de nouveau rejetée.
11. Le 3 janvier 2003, le requérant déposa au greffe du tribunal un questionnaire destiné à l’expert psychiatre qui l’avait examiné. Il précisa avoir formulé les questions lui-même, sans l’aide d’un conseil. Les questions portaient pour l’essentiel sur ses convictions philosophiques ou encore sur ses problèmes financiers. Il demandait entre autres à l’expert s’il le considérait comme un être humain ou encore s’il pensait qu’il était possible de subsister avec 71 stotinki (environ 35 cents) par jour.
12. A l’audience du 22 janvier 2003, le rapport de l’expert psychiatre fut versé au dossier. Il indiquait que l’intéressé souffrait d’une maladie mentale depuis 1995, qu’il avait été traité dans un établissement psychiatrique à trois reprises, que, même s’il était actuellement en rémission, on pouvait constater une modification de sa personnalité proche de la psychopathie et que son état affectait ses rapports avec ses enfants. Quant aux questions formulées par l’intéressé et destinées à l’expert, le tribunal considéra qu’elles étaient dénuées de pertinence et laissa sa demande sans suite.
13. Par ailleurs, le tribunal entendit quatre témoins, notamment deux voisines de R.K. et les sœurs de l’intéressé, qui furent interrogées au sujet des relations entre le requérant et ses enfants.
14. Par la suite, le requérant déposa au greffe du tribunal un mémoire dans lequel il contestait certaines conclusions de l’expert et alléguait qu’il ne disposait d’aucune copie du rapport versé au dossier à l’audience du 22 janvier 2003.
15. Une audience se tint le 5 mars 2003. Le tribunal versa au dossier le rapport préparé par le service régional d’assistance sociale, dont les employés avaient interrogé les enfants et le requérant. Le rapport indiquait que, questionné sur ses rapports avec les enfants, l’intéressé avait insisté sur ses droits de parent, s’était montré agacé et avait menacé l’employé. Quant aux enfants, ils n’auraient tout d’abord pas voulu parler de leur père. Par la suite, le fils du requérant aurait indiqué qu’il les rudoyait souvent ; sa sœur aurait dit qu’à son avis son père ne l’aimait pas.
16. Par un jugement du 2 avril 2003, le tribunal fit droit à la demande de R.K. Après avoir constaté que le requérant était psychiquement perturbé et que ses enfants étaient trop jeunes pour comprendre les raisons du comportement de leur père, le tribunal décida que leur intérêt commandait une modification du droit de visite. Le requérant ne disposa plus désormais que d’un droit de visite de deux heures tous les mois, et ce uniquement en présence de la mère.
17. Pendant toute la procédure devant le tribunal de district, R.K. fut représentée par un avocat.
18. Le 30 avril 2003, l’intéressé interjeta appel. Le 31 octobre 2003, il déposa un mémoire ampliatif dans lequel il demandait au tribunal régional de lui assigner un avocat d’office, au motif que, n’étant pas juriste, il ne comprenait pas « le lexique juridique », et que, par ailleurs, il ne disposait pas des moyens financiers nécessaires pour engager un avocat de son choix. Le mémoire consistait en un exposé assez confus sur des problèmes relationnels avec son ancienne épouse, et contenait plusieurs références à divers actes du droit interne et international, ainsi qu’aux dix commandements. En conclusion, le requérant alléguait que les droits économiques de ses enfants étaient violés.
19. Une audience se tint le 3 novembre 2003 ; l’affaire fut mise en délibéré. Par un jugement du 11 décembre 2003, le tribunal régional de Plovdiv confirma le jugement attaqué, en faisant siens les motifs retenus par le tribunal de district.
20. Le 12 février 2004, le requérant forma un pourvoi en cassation, dans lequel il soulignait que le tribunal régional n’avait pas tenu compte de certains éléments de preuve réunis dans le cadre de la procédure, telles les dépositions de certains témoins indiquant qu’il traitait très bien ses enfants. Il ajoutait que, même si d’autres témoins avaient indiqué que les enfants s’étaient parfois montrés réticents à lui rendre visite, il était établi qu’il ne les avait jamais maltraités. En conclusion, il soulignait que le droit de visite accordé, à savoir vingt-quatre heures par an, ne lui semblait nullement suffisant pour maintenir un lien avec ses enfants.
21. Le 9 septembre 2004, le requérant déposa un mémoire ampliatif dans lequel il se livrait à une analyse détaillée de la Charte internationale des droits de l’homme des Nations unies et exposait ses réflexions au sujet de réformes économiques qui devaient être entreprises par l’Etat. Il alléguait entre autres qu’en refusant de lui assigner un avocat d’office les tribunaux avaient méconnu ses droits constitutionnels.
22. Une audience se tint le 23 septembre 2004, à l’issue de laquelle l’affaire fut mise en délibéré. Par un arrêt du 7 octobre 2004, la Cour suprême de cassation cassa le jugement attaqué, estimant que le droit de visite du requérant avait été indûment restreint. Elle estima que la sauvegarde des intérêts des enfants était certes d’une importance primordiale, mais que le tribunal régional devait également tenir compte du fait qu’un droit de visite extrêmement restreint ne ferait qu’aggraver l’aliénation parentale. L’affaire fut renvoyée devant une autre formation du tribunal régional.
23. Par un jugement du 31 mai 2005, le tribunal régional de Plovdiv accorda au requérant un droit de visite de deux heures toutes les deux semaines.
24. Le 28 juin 2006, l’intéressé forma un pourvoi en cassation, dans lequel il alléguait que le tribunal régional n’avait pas pris en compte les instructions de la Cour suprême de cassation et qu’il avait ignoré ses arguments, et que le tribunal de district avait refusé de transmettre ses questions à l’expert. Il exprimait également l’avis selon lequel lui et son ancienne épouse étaient « copropriétaires » de leurs enfants et qu’ils devaient bénéficier des mêmes droits. En lui accordant un droit de visite restreint, le tribunal régional aurait violé son droit au respect de ses biens, garanti par l’article 15 de la Charte internationale des droits de l’homme. Il se plaignait en outre de n’avoir pas bénéficié des conseils d’un avocat commis d’office.
25. Une audience se tint le 25 avril 2006, lors de laquelle les parties ne comparurent pas. Par un arrêt du 2 juin 2006, la Cour suprême de cassation confirma le jugement attaqué, estimant que le tribunal régional avait pris en compte tous les éléments pertinents et n’avait pas porté atteinte au juste équilibre devant régner entre les intérêts des enfants, d’une part, et ceux de leur père, d’autre part.
La haute juridiction observa :
« Il appert [des conclusions de l’expert psychiatre] que, même s’il est actuellement en rémission, le père n’est pas capable d’exercer pleinement ses droits parentaux. Les enfants sont souvent perturbés ou effrayés par sa maladie (voir le rapport du service social, les témoignages de G. et F. qui ont eu la possibilité d’observer l’évolution de leur relation et qui ne sont pas personnellement concernées par l’issue du litige). Les enfants, qui ont témoigné des manifestations de la maladie de leur père, ne se sentent plus proches de lui ; ils veulent le rencontrer, mais uniquement lorsqu’il se sent bien et les traite avec affection.
Dans ces circonstances, le tribunal régional a eu raison de conclure (…) que la maladie du père et ses effets négatifs sur le psychisme, le moral et l’équilibre émotionnel des enfants lorsqu’ils rendent visite à leur père requièrent une limitation de la durée de leurs rencontres.
En modifiant le droit de visite [du père], le tribunal régional a pris en considération le fait que les enfants ne sont plus en bas âge, connaissent bien leur père et peuvent rester seuls avec lui. Par conséquent, seule la durée de leurs rencontres a été limitée (…) »
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
1. Le code de procédure civile de 1952
26. Aux termes de l’article 16 du code de procédure civile de 1952, désormais abrogé, les mineurs âgés de plus de 14 ans et les personnes mises sous curatelle sont autorisés à participer aux procédures les concernant. Toutefois, ils agissent avec le consentement préalable de leurs parents ou curateurs. Par ailleurs, l’accord du tribunal est requis en cas de désistement, d’acquiescement et de signature d’un contrat judicaire.
27. Le code prévoyait également que, dans le cadre de la procédure devant l’instance de cassation, les parties ne pouvaient présenter des pièces de preuve que dans des hypothèses très limitées, notamment lorsqu’il s’agissait de pièces concernant des circonstances nouvellement découvertes (article 218и).
2. La loi sur l’aide judiciaire du 1er janvier 2006
28. La loi sur l’aide judiciaire a été adoptée en octobre 2005 et est entrée en vigueur le 1er janvier 2006. Aux termes de cette loi, l’aide judicaire est octroyée aussi bien en matière pénale que civile (article 23, alinéa 2), pourvu que les intérêts de la justice imposent son octroi et que le demandeur remplisse un certain nombre de conditions. En particulier, le tribunal compétent pour examiner l’affaire doit tenir compte des revenus du justiciable, de sa situation financière, de son état civil, de son état de santé, de son emploi, de son âge et, le cas échéant, d’autres circonstances qui pourraient s’avérer pertinentes (article 23, alinéa 4).
3. Le code de la famille
29. Selon l’article 106, alinéa 5, du code de la famille, le tribunal peut modifier les mesures relatives au droit de garde et au droit de visite en cas de changement des circonstances ayant motivé la décision antérieure prise à cet égard.
4. La loi sur le barreau
Selon l’article 38, alinéa 1 (2), de la loi sur le barreau, les avocats peuvent assister gratuitement des personnes se trouvant dans une situation matérielle difficile.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
30. Le requérant allègue une violation de son droit à un procès équitable prévu par l’article 6 § 1 de la Convention. Il dénonce également une violation de l’article 13 combiné avec l’article 6 § 1.
31. La Cour rappelle que, lorsque le droit revendiqué présente un caractère civil, l’article 6 § 1 constitue une lex specialis par rapport à l’article 13, dont les garanties se trouvent absorbées par celle-ci (voir, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Espagne, 19 décembre 1997, § 41, Recueil des arrêts et décisions 1997-VIII). En conséquence, elle estime que les griefs du requérant doivent être examinés uniquement sous l’angle de l’article 6 § 1, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
32. Le Gouvernement considère que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes. Il soutient que l’intéressé aurait pu demander l’assistance judiciaire après l’adoption de la loi sur l’aide judiciaire en octobre 2005 ; il relève qu’après cette date il aurait également pu introduire à son tour une demande de modification de son droit de visite afin d’engager une nouvelle procédure civile dans laquelle il aurait pu bénéficier de l’assistance d’un avocat commis d’office.
33. Par ailleurs, le Gouvernement considère que le requérant aurait pu se tourner vers des avocats désireux de travailler à titre gracieux, dans la mesure où la législation interne autorisait les avocats à assister gratuitement les personnes impécunieuses. Il ajoute qu’il avait d’ailleurs usé de cette possibilité en 2002, quand il avait donné un pouvoir à ses représentants dans l’affaire de l’espèce en vue de l’introduction de sa requête devant la Cour. Or, contrairement à la requérante dans l’affaire Airey c. Irlande (9 octobre 1979, §§ 9 et 27, série A no 32), l’intéressé n’aurait pas apporté la preuve qu’une telle assistance lui eût été refusée pour la procédure interne.
34. Le requérant rejette ces arguments. En ce qui concerne la possibilité de demander l’assignation d’un avocat commis d’office après l’adoption de la loi sur l’aide judiciaire, il réplique qu’à ce moment-là l’affaire se trouvait devant la Cour suprême de cassation et qu’il avait indiqué dans son pourvoi que les juridictions inférieures avaient refusé ses demandes en ce sens. D’après lui, cette observation aurait dû être considérée comme une demande implicite d’octroi de l’assistance judiciaire, or la juridiction suprême n’avait même pas répondu à cet argument. L’intéressé considère également que la loi susmentionnée ne répondait pas aux exigences de clarté et de prévisibilité.
35. En ce qui concerne la possibilité d’introduire une nouvelle demande de modification du droit de visite, le requérant soutient qu’elle n’était pas un recours efficace au sens de la Convention, dans la mesure où elle impliquait la nécessité de prouver un changement des circonstances ayant motivé la décision antérieure, et plus particulièrement une amélioration durable de son état de santé, médicalement impossible selon lui. Il avance en outre que l’examen d’une telle demande aurait pris un temps considérable.
36. Enfin, il ajoute que la législation interne pertinente permettait aux avocats de défendre gratuitement les intérêts des personnes impécunieuses, mais qu’elle ne leur imposait pas l’obligation d’accéder à de telles demandes.
37. En ce qui concerne la première branche de l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes, relative à la possibilité qui aurait existé pour l’intéressé de demander l’assignation d’un avocat commis d’office après le mois d’octobre 2005, la Cour estime que cette branche se trouve étroitement liée à la question de l’équité de la procédure et donc au fond du grief tiré de la violation de l’article 6 § 1. En conséquence, elle décide de la joindre au fond.
38. En ce qui concerne la deuxième branche de l’exception, notamment la possibilité qu’aurait eue le requérant d’introduire une nouvelle demande de modification du droit de visite, la Cour rappelle que, dans de nombreuses hypothèses, la législation interne permet à un individu de demander, en se prévalant ou non de circonstances nouvelles, la levée ou l’atténuation d’une décision en vigueur, même judiciaire, sans que la force de chose jugée s’y oppose. S’il exigeait de telles initiatives, indéfiniment répétables par nature, l’article 35 risquerait de créer un obstacle permanent à la saisine de la Cour (voir, mutatis mutandis, Guzzardi c. Italie, 6 novembre 1980, § 80, série A no 39). Il convient donc d’écarter cette deuxième branche de l’exception de non-épuisement des voies de recours internes.
39. Enfin, on ne saurait reprocher au requérant de ne pas avoir cherché ou de ne pas avoir trouvé un avocat désireux de défendre gratuitement ses intérêts devant les juridictions internes, dans la mesure où la législation bulgare n’imposait nullement aux avocats l’obligation de prendre ce type d’engagements. Partant, le requérant ne disposait pas d’un « recours » au sens de l’article 35 de la Convention, mais d’une simple possibilité, autorisée par la loi, dont la réalisation dépendait de la bonne volonté des conseils qu’il pouvait rencontrer.
40. La Cour constate par ailleurs que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et relève qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
41. Le requérant soutient que, sans l’assistance d’un avocat, il ne pouvait pas défendre utilement sa cause. Il se présente comme n’ayant ni un niveau d’études élevé ni des connaissances juridiques appropriées, et comme souffrant d’une maladie psychique grave qui diminuerait sa capacité d’agir de manière adéquate dans des situations complexes ou stressantes. En plus, le système du contradictoire en Bulgarie exclurait la possibilité pour un tribunal civil de donner des conseils aux parties. Les règles de procédure étant très formelles, elles seraient donc difficiles à observer par une personne dépourvue de formation juridique. En outre, ces règles auraient été appliquées avec rigueur par les juridictions internes, qui ont rejeté certaines demandes sur les preuves formulées par l’intéressé. Enfin, l’autre partie au litige ayant été représentée par un avocat, cela aurait placé le requérant dans une situation d’inégalité.
42. Le Gouvernement combat cette thèse. Il estime que, comme dans l’affaire McVicar c. Royaume-Uni (no 46311/99, CEDH 2002-III), le requérant a reçu des instructions de la part des tribunaux et qu’il a été en mesure de défendre sa cause. Par ailleurs, selon lui, l’affaire n’était pas complexe et les autorités compétentes ont pris toutes les mesures nécessaires pour garantir à l’intéressé la jouissance de ses droits. De plus, les tribunaux qui ont examiné les demandes du requérant n’auraient pas manqué à leur obligation de motiver les décisions par lesquelles ils ont rejeté certaines d’entre elles. Le Gouvernement ajoute que, à la suite des recours exercés par l’intéressé, les jugements restreignant injustement son droit de visite ont été annulés et qu’il s’est vu accorder un droit de visite plus ample.
43. La Cour rappelle d’abord que la Convention a pour but de protéger des droits concrets et effectifs. Il est essentiel à la notion de procès équitable, tant au civil qu’au pénal, qu’un plaideur se voie offrir la possibilité de défendre utilement sa cause devant le tribunal (Airey c. Irlande, 9 octobre 1979, § 24, série A no 32, et Steel et Morris c. Royaume-Uni, no 68416/01, §§ 59 et 62, CEDH 2005-II) et qu’il bénéficie d’une égalité des armes raisonnable avec son adversaire (De Haes et Gijsels c. Belgique, 24 février 1997, § 53, Recueil 1997-I ; Steel et Morris, précité, ibidem). Le droit d’accès aux tribunaux n’étant pas absolu, il peut donner lieu à des limitations à condition que celles-ci poursuivent un but légitime et soient proportionnées (Ashingdane c. Royaume-Uni, 28 mai 1985, § 57, série A no 93 ; Steel et Morris, précité, § 62).
44. Elle rappelle ensuite que la question de savoir si l’octroi d’une aide judiciaire est nécessaire à l’équité de la procédure doit être tranchée au regard des faits et circonstances particuliers de chaque espèce et dépend notamment de la gravité de l’enjeu pour le requérant, de la complexité́ du droit et de la procédure applicables, ainsi que de la capacité de l’intéressé de défendre effectivement sa cause (Airey, précité, § 26, McVicar, précité, §§ 48 et 50, P., C. et S. c. Royaume-Uni, no 56547/00, § 91, CEDH 2002-VI, et Steel and Morris, précité, § 61).
45. La Cour estime que le litige de l’espèce revêtait un enjeu particulièrement important pour le requérant, dans la mesure où la modification du droit de visite pouvait avoir pour effet d’affaiblir considérablement le lien entre lui et ses enfants, au point de rendre leurs relations théoriques.
46. Il est vrai que la procédure judiciaire relative à une demande de modification du droit de visite ne saurait normalement être considérée comme particulièrement complexe. Toutefois, les parties à une affaire peuvent se heurter à certains problèmes juridiques délicats, tels que la nécessité de recueillir des dépositions d’experts, de respecter des délais légaux, de formuler des questions et des objections pertinentes pour l’issue du litige, de rechercher des témoins, de les citer et de les interroger. En plus, les différends entre conjoints suscitent souvent une passion peu compatible avec le degré d’objectivité indispensable pour plaider en justice (Airey, précité, § 24), et ce d’autant plus quand l’objet du litige touche à l’avenir d’enfants.
47. En ce qui concerne la capacité concrète du requérant de défendre ses intérêts, la Cour observe que celui-ci n’avait ni une formation juridique ni une expérience solide dans le domaine des procédures judiciaires (voir, a contrario, McVicar, précité, §§ 53-55) et que la procédure de modification du droit de visite avait suscité chez lui de fortes émotions.
48. La Cour relève également que l’intéressé souffrait d’une maladie psychique grave, fait bien connu des juridictions internes, et que les conséquences de sa maladie sur son aptitude à entretenir des relations normales avec ses enfants étaient au cœur de l’affaire (voir, mutatis mutandis, P., C. et S., précité, § 95). Son état n’était apparemment pas suffisamment inquiétant pour qu’il soit assimilé à une personne incapable (voir, a contrario, Lacárcel Menéndez c. Espagne, no 41745/02, 15 juin 2006). Toutefois, la maladie influençait visiblement sa capacité d’agir de manière suffisamment adéquate, comme l’ont révélé la teneur des demandes et des recours qu’il a adressés aux diverses juridictions (paragraphes 11, 18 et 24 ci-dessus), et son incapacité de travail déclarée en 2000 (paragraphe 6 ci-dessus). Enfin, eu égard à la nature de son mal, il est clair que les émotions suscitées par l’objet et par l’enjeu du litige n’ont fait qu’aggraver les difficultés éprouvées par le requérant pour plaider en justice.
49. Ainsi, la Cour constate que le requérant n’a pas pu contester efficacement les conclusions de l’expert ou demander l’ordonnance d’une nouvelle expertise (paragraphes 11 à 14 ci-dessus). Il ne semble pas non plus avoir reçu d’instructions du tribunal à cet égard. Par conséquent, la Cour estime qu’il n’a pas pu participer à un degré suffisant à l’exercice de production des preuves, lequel, en droit bulgare, a lieu devant les tribunaux de première et deuxième instance (paragraphe 28 ci-dessus).
50. La Cour relève également que, dans la mesure où cela exigeait certaines connaissances médicales, l’intéressé n’a pas su, par ses propres moyens, exposer certains arguments factuels en faveur de sa thèse selon laquelle il était capable, malgré sa maladie, d’entretenir des relations normales avec ses enfants. Il est tout aussi évident qu’il n’a pas pu, à lui seul, aborder de manière adéquate le problème juridique en jeu (paragraphes 18, 21 et 24 ci-dessus).
51. La Cour observe en outre que l’ancienne épouse du requérant a bénéficié de l’assistance d’un avocat tout au long de la procédure devant le tribunal de district, lors de laquelle ont été produits les éléments de preuve concernant le litige. Elle considère que, vu les circonstances de l’espèce, cela a placé le requérant dans une situation de net désavantage par rapport à l’autre partie au litige.
52. Eu égard à ces observations, la Cour est d’avis que le fait de ne pas avoir bénéficié d’une aide judiciaire a privé le requérant de la possibilité de défendre efficacement sa cause et qu’il a entraîné une inégalité des armes inacceptable avec la mère des enfants. Elle observe que la modification du droit de visite demandée par la mère de ses enfants était de nature à affaiblir considérablement les relations entre lui et ses enfants, et donc de porter atteinte à un élément essentiel de son droit au respect de sa vie familiale, garanti par l’article 8 de la Convention. Dans ces circonstances, le respect du droit du requérant à un procès équitable constituait également une garantie à l’endroit de son droit au respect de sa vie familiale. En conséquence, la Cour considère que l’importance particulière de l’enjeu pour l’intéressé – la possibilité de garder un lien réel avec ses enfants –, combinée à la nature même de son mal – une maladie psychique – imposait l’octroi d’une aide judiciaire (voir, mutatis mutandis, Megyeri c. Allemagne, 12 mai 1992, § 23, série A no 237-A). En l’absence de celle-ci, l’intéressé a éprouvé des difficultés particulièrement importantes qui l’ont empêché à la fois de jouer dans le processus décisionnel un rôle suffisant pour lui assurer la protection requise de ses intérêts et ont compromis l’équité de la procédure dans son ensemble.
53. Par ailleurs, la Cour considère que la possibilité, présentée par le Gouvernement, de demander l’assignation d’un avocat commis d’office pour la procédure devant la Cour suprême de cassation n’aurait pas pu remédier à cette situation, la haute juridiction ayant des compétences très restreintes en matière de production de preuves. En outre, la question de l’absence de représentation de l’intéressé devant les instances inférieures a été soumise à l’attention de la Cour suprême de cassation, qui n’y a pas donné une réponse explicite. La Cour estime donc qu’il y a lieu de rejeter la branche de l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes, relative à l’omission de l’intéressé d’introduire une demande d’aide judiciaire devant la Cour suprême de cassation.
54. Partant, il y a eu violation du droit au procès équitable du requérant, garanti par l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 8 ET DE L’ARTICLE 13 COMBINE AVEC L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
55. Le requérant dénonce une violation de son droit au respect de sa vie familiale et il se plaint de n’avoir pas disposé en droit interne d’un recours susceptible d’y remédier. Il invoque les articles 8 et 13 de la Convention, ainsi libellés :
Article 8
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
56. Le Gouvernement ne soumet pas d’observations sur ces griefs.
57. Le requérant estime que, parce qu’il n’a pas bénéficié de l’assistance d’un avocat commis d’office, il n’a pas été en mesure de défendre efficacement ses droits parentaux lors de la procédure de modification du droit de visite. Il considère que la violation de son droit à un procès équitable a entraîné l’illégalité de l’ingérence dans son droit au respect de sa vie familiale.
58. La Cour, relevant que ces griefs sont liés à celui examiné ci-dessus, considère qu’ils doivent donc aussi être déclarés recevables.
59. La Cour rappelle que l’examen de ce qui sert au mieux l’intérêt de l’enfant est toujours d’une importance cruciale dans toute affaire de cette sorte. Ainsi, elle estime qu’en l’espèce il est difficile d’apprécier si la violation du droit du requérant à un procès équitable a pu avoir ou non une incidence sur l’issue du litige. En conséquence, elle n’est pas convaincue que les faits dénoncés aient eu des répercussions non seulement sur la conduite de l’instance judiciaire à laquelle le requérant était partie, mais aussi sur « un élément fondamental de la vie familiale » de celui-ci (voir, a contrario, McMichael c. Royaume-Uni, 24 février 1995, § 91, série A no 307-B). Eu égard à ces considérations et à ses conclusions formulées aux paragraphes 45 à 54 ci-dessus, la Cour n’estime pas nécessaire d’examiner ces questions séparément sous l’angle des articles 8 et 13 (voir, mutatis mutandis, Zagaria c. Italie, no 58295/00, § 39, 27 novembre 2007).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
60. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
61. Le requérant réclame 25 000 euros (EUR) pour préjudice moral.
62. Le Gouvernement ne fait pas de commentaires.
63. La Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer au requérant 5 000 EUR au titre du dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt.
B. Frais et dépens
64. Le requérant demande également 3 360 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour (3 290 EUR d’honoraires d’avocat et 70 EUR de frais de courrier et de secrétariat). Il produit un décompte du travail effectué par ses avocats et totalisant quarante-sept heures, ainsi que les justificatifs correspondant aux frais engagés, et demande que les montants alloués par la Cour soient directement versés à ses avocats.
65. Le Gouvernement ne fait pas de commentaires.
66. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 3 360 EUR pour la procédure devant la Cour, dont il convient de déduire les montants versés par le Conseil de l’Europe au titre de l’assistance judiciaire, soit 850 EUR. Elle accorde donc 2 510 EUR à ce titre, ainsi que tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant.
C. Intérêts moratoires
67. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond la branche de l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes relative à la possibilité de demander l’aide judiciaire pour la procédure devant la Cour suprême de cassation, la rejette et déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner les griefs tirés des articles 8 et 13 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes, à convertir en levs bulgares au taux applicable à la date du règlement :
i. 5 000 EUR (cinq mille euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
ii. 2 510 EUR (deux mille cinq cent dix euros) pour frais et dépens, à verser sur le compte bancaire indiqué par les avocats du requérant en Bulgarie, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 16 juillet 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Greffière Président

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