Conclusione Violazione dell’art. 8; violazione dell’art. 14+8; violazione dell’art. 6; violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA NEGREPONTIS-GIANNISIS C. GRECIA
( Richiesta no 56759/08)
SENTENZA
(Fondo)
STRASBURGO
3 maggio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Negrepontis-Giannisis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Peer Lorenzen, Khanlar Hajiyev, George Nicolaou, Mirjana Lazarova Trajkovska, Julia Laffranque, giudici,
e da André Wampach, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 aprile 2011,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 56759/08) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 novembre 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati del suo agente, il Sig. Sig. Apessos, consigliare presso il Consulente legale dello stato, il Sig. K. Georgiadis, assessore del Consulente legale dello stato, e la Sig.ra Sig. Yermani, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce in particolare una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, garantito dall’articolo 8 della Convenzione.
4. Il 6 novembre 2009, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1964 e risiede ad Atene.
6. Il richiedente intratteneva dalla sua infanzia dei rapporti molto stretti con suo zio, il fratello di sua madre e membro del clero che portava prima del suo ordinamento il nome di OMISSIS, ribattezzato “Timothéos” dal suo ordinante. In ragione della sua moralità e del suo ruolo spirituale, OMISSIS era sempre stato un modello per il richiedente.
7. Nel 1981, all’età di diciassette anni, il richiedente andò a fare i suoi studi negli Stati Uniti, all’università dello stato di Wayne, dove rimase fino nel 1985. Durante tutti i suoi studi, il richiedente risedette presso domicilio di suo zio, a Detroit nel Michigan, dove OMISSIS era stato nominato vescovo.
8. Durante la loro vita comune negli Stati Uniti, un potente legame filiale si sviluppò tra il richiedente e suoi zii che vollero sigillare con una misura di adozione.
9. L’ 8 maggio 1984, il richiedente, dell’età di vent’ anni, e suo zio, di sessant’anni, depositarono al tribunale di Wayne delle memorie-dichiarazioni con cui motivavano la loro decisione ed il richiedente esprimeva il suo consenso. Suo zio firmò questa dichiarazione nella sua qualità di vescovo.
10. OMISSIS dichiarava la sua volontà di adottare il richiedente per avere un figlio legittimo che avrebbe ereditato la sua fortuna, le sue memorie, la sua grande collezione di manoscritti e di testi religiosi e poetici. Desiderava garantire la perennità del suo cognome dotato di una grande tradizione e di onore nella storia greca e mondiale. Da parte sua, il richiedente dichiarava di volere rinforzare il legame affettivo che lo legava a suo zio e di prendersi cura di lui nella sua vecchiaia. Affermava che era molto onorato di portare e perpetuare il nome di suo padre adottivo.
11. Il giudice Y.G.B. affidò ad un’assistente sociale la tenuta di un’inchiesta sull’opportunità di tale adozione, come previsto dalla legislazione americana in materia.
12. Il 9 maggio 1984, il richiedente e suo padre adottivo si presentarono dinnanzi al giudice incaricato a questo effetto per testimoniare e rispondere alle sue questioni sull’adozione. Lo stesso giorno, il richiedente firmò davanti al giudice la dichiarazione di consenso alla sua adozione con suo zio. Al termine di questo procedimento, il 28 giugno 1984, il giudice Y.G.B. prese la decisione di adozione no 60318. Il verbale di adozione e l’ordinanza di adozione fu stabilito lo stesso giorno. Non essendo stata colpita d’ appello, la decisione no 60318 diventò irrevocabile.
13. Giusto dopo l’adozione, il 28 giugno 1984, il Servizio di salute pubblica del Michigan stabilì un atto di nascita che aggiungeva al cognome del richiedente, il nome di suo padre adottivo.
14. Dal ritorno del richiedente in Grecia nel 1985, e fino nel 1996 all’epoca del ritorno definitivo di suo padre adottivo in Grecia, il richiedente gli rendeva regolarmente visita negli Stati Uniti. Il padre adottivo veniva parimenti ogni anno in Grecia per rendere visita al richiedente, in particolare per condividere con lui i due mesi d’ estate. Nel 1997, il padre adottivo del richiedente benedice il suo matrimonio officiandone la cerimonia.
15. Il padre adottivo del richiedente decedette l’ 11 dicembre 1998 ad Atene.
16. Con un giudizio reso ad una data non precisato nel 1999, la corte d’appello di Syros, investita dalla Sig.ra E.M, sorella del padre adottivo del richiedente, riconobbe che i suoi eredi erano suo tre fratello e sorelle in comunione e stabiliscono un certificato di erede a loro favore. Due dei tre eredi dichiararono di accettare la successione e questa accettazione fu registrata nei libri dell’ufficio delle ipoteche dell’isola di Paros.
17. Il 24 dicembre 1999, su richiesta del richiedente, la corte d’appello di Atene rese un giudizio (no 7256/1999) riconoscente che la decisione americano no 60318 relativo all’adozione aveva forza di cosa giudicata in Grecia e che produceva pienamente i suoi effetti sul suo territorio. Il tribunale precisò che non esisteva nessuna ragione di rifiutare una tale riconoscenza perché la decisione americana non era contraria all’ordine pubblico greco ed ai buoni costumi. In seguito al giudizio precitato, il richiedente iniziò un procedimento di cambiamento di nome- di OMISSIS- ciò che fu effettuato da una decisione del prefetto di Atene del 4 agosto 2001. In seguito ed alla richiesta del richiedente, lo stato gli rilasciò, il 10 settembre 2003, una carta di identità sulla quale figurava il cognome “OMISSIS”, precedendo il nome “OMISSIS” il cognome di suo padre biologico. Peraltro, sul suo documento di identità OMISSIS era indicato come essendo suo padre.
18. Il 26 giugno 2000, il fratello e le sorelle di OMISSIS, eccetto la madre del richiedente, formarono una terza opposizione contro il giudizio no 7256/1999. Il richiedente ricevette una copia di questa opposizione il 3 e il 13 luglio 2000. Con un giudizio dell’ 8 maggio 2001, la corte d’appello di Atene accolse parzialmente la terza opposizione ed annullò questo giudizio. La corte d’appello rilevò che la decisione americana che regolava una questione di adozione, era valida in Grecia senza nessuna altra formalità o procedimento. Però nel caso in cui l’applicazione di questa decisione e gli effetti che produceva aveva un’incidenza sui diritti di quelli che formava la terza opposizione, tali i diritti di successione, la questione doveva essere decisa nella cornice di un’azione declaratoria per verificare se le condizioni dell’articolo 780 del codice di procedimento civile erano riunite. Il tribunale conclude che l’opposizione doveva essere accolta nella misura in cui mirava il giudizio no 7256/1999 che era stato adottato senza che i richiedenti abbiano potuto partecipare in quanto parti mentre avevano un interesse legale. Respinse la terza opposizione nella misura in cui mirava ad ottenere che questa constatasse che le condizioni dell’articolo 780 del codice di procedimento civile non erano riunite nello specifico, ed affermò che questa questione doveva essere esaminata nella cornice di un’azione declaratoria.
19. Il 29 maggio 2000, il richiedente notificò a sua zia, la Sig.ra E.M, un documento che l’informava della decisione del giudice americano Y.G.B. ed in quanto pretendeva di essere il solo erede ab intestato di suo padre adottivo. Il 3 giugno 2000, il richiedente chiese alla corte d’appello di Syros di revocare il certificato di erede riconoscente come eredi i tre fratelli e sorelle di suo padre adottivo e di attestare che era egli l’unico erede. Il tribunale ordinò provvisoriamente l’interdizione dell’uso di questo certificato da parte del fratello e delle sorelle. Sospese il procedimento principale nell’attesa della decisione sull’azione introdotta dalla Sig.ra E.M. il 31 maggio 2001, paragrafo 20 sotto.
20. Il 31 maggio 2001, la Sig.ra E.M. introdusse un’azione di giustizia presso la corte d’appello di Atene tesa a riconoscere che la decisione no 60318 del tribunale americano non aveva autorità di cosa giudicata in Grecia. La Sig.ra E.M. sosteneva che il padre adottivo del richiedente aveva ricevuto la tonsura monastica il 7 marzo 1950 e che in ragione di questo stato, non aveva la capacità di adottare il richiedente. Sosteneva, inoltre, che suo fratello e sua sorella erano, con lei, i soli eredi del defunto.
21. Con un giudizio del 25 aprile 2002, la corte d’appello respinse la Sig.ra E.M, considerando che l’adozione da parte di un monaco non era vietata dal diritto greco. Il tribunale deliberò così:
“(…) i monaci della chiesa Ortodosso orientale sono capaci di adozione, dato che nessuna disposizione del codice civile o di altra legge specifica non lo vieta. Dopo l’abrogazione dell’impedimento di matrimonio dei monaci ortodosso, vecchio articolo 1364 del codice civile, i monaci sono oramai capaci di contrarre matrimonio, di fondare una famiglia, ivi compreso con adozione, e mantengono dunque la loro capacità di compiere degli atti giuridici. Non è concepibile avere la capacità di fondare una famiglia col matrimonio e di vietarlo con l’adozione.
(…)
Le conseguenze di questa decisione controversa per mezzo della quale l’adottante, vescovo tonsurato monaco, ha adottato il convenuto, il figlio di sua sorella, non possono essere considerate, secondo il tribunale, contrari ai principi e regole di ordine pubblico in vigore in Grecia; è ammesso, secondo ciò che precede che anche in caso di applicazione del diritto materiale greco, il convenuto sarebbe stato adottato dal vescovo, suo zio, in America, tonsurata monaco, Timothéos,. Questo punto di vista è corroborato anche dal fatto che lo stato personale dell’individuo deve essere stabile, che deve essere lo stesso nel più grande numero di paesi. “
22. La Sig.ra E.M. interpose appello contro questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Atene.
23. Con una sentenza del 18 dicembre 2003, la corte di appello diede guadagno di causa alla Sig.ra E.M. Giudicò che era vietato ad un monaco effettuare degli atti giuridici aventi un rapporto con attività secolari, come l’adozione, perché questa era incompatibile con la vita monacale e contraria ai principi di ordine pubblico greco. Più precisamente, si espresse così:
“(…) all’epoca della tonsura monacale, il monaco della chiesa Ortodosso orientale fa la sua promessa o la sua confessione monastica comprendenti i voti di castità, di ubbidienza e di povertà. Questi voti seguono il monaco durante tutta la sua vita, dato che, eccetto il caso di cambiamento di dogma o di religione, lo stato di monaco non può essere annullato, neanche sotto forma di sanzione pronunciata da un tribunale ecclesiastico. La tonsura assimila il monaco ad un defunto, a partire da ciò la sua successione è aperta e, in virtù di disposizioni specifiche del diritto ecclesiastico, gli è vietato assumere delle funzioni secolari. Inoltre, l’incapacità del monaco a compiere i suoi obblighi finanziari, addirittura gli obblighi giuridici provenienti dall’autorità parentale, in ragione del suo stato e dei compiti che questo stato genera, abbinato al fatto che deve astenersi dei compiti temporali, sostegno a favore del punto di vista secondo cui gli è proibito adottare. Ad ogni modo, l’adozione realizzata da un monaco della chiesa Ortodosso orientale è contraria all’ordine pubblico greco, opponendosi ai principi e delle concezioni di ordine pubblico che regolano la vita in Grecia. “
24. Il 2 maggio 2004, il richiedente ricorse in cassazione.
25. Nelle sue osservazioni, tra l’altro, contestava i diritti successori del fratello e sorelle di suo padre adottivo ed invocava la questione della successione di suo padre.
26. Con una sentenza del 22 febbraio 2006, la settima camera della Corte di cassazione respinse il ricorso. Sottolineò, tra l’altro, che la riconoscenza o meno della decisione di adozione avrebbe delle incidenze sulla questione dei diritti successori delle parti. Rinviò però alla formazione plenaria di questa la questione di sapere se l’adozione da parte di un monaco si opponeva all’ordine pubblico greco.
27. Nelle sue osservazioni dinnanzi alla formazione plenaria, il richiedente sosteneva che una decisione giudiziale che avrebbe allontanato la validità di un’adozione al motivo che era contraria all’ordine pubblico, sarebbe stara in contraddizione con l’articolo 8 della Convenzione. Come dinnanzi alle giurisdizioni inferiori, il richiedente sottolineava che il rispetto del principio dell’autorità della cosa giudicata della decisione di adozione impediva di venire attaccata dopo tutti questi anni.
28. Con una sentenza del 15 maggio 2008, per sedici voci contro otto, la formazione plenaria della Corte di cassazione rispose affermativamente a questa questione, in questi termini,:
“(…) conformemente al 6° cannone apostolico, al 3 cannone del Settimo concilio ecumenico ed all’ 11° cannone del concilio primo – secondo così come alle tradizioni sacre, i monaci non possono adottare di bambino, perché l’adozione provoca la presa in carico di compiti temporali, espressamente vietati dal 3° cannone fondamentale del 4° concilio ecumenico di Chalcidone, i cannoni apostolici 6, 81 e 83 ed il 45 cannone del concilio quini sexte. Secondo questi cannoni, coloro che hanno acquisito lo stato di monaco, così come coloro di loro che appartengono ad un qualsiasi grado dell’ordine clericale, sono allontanati totalmente di ogni compito temporale, poiché i “monaci non hanno legame sulla terra, aspirando alla vita dei cieli”, avendo abbandonato “il mondo ed i suoi beni.” (…) Risulta da ciò che precede che l’interdizione di adozione per un monaco, fondato sui cannoni apostolici e le tradizioni sacre, riguardi anche il monaco ordinato chierico e consacrato vescovo. Avuto riguardo al contenuto dei voti monastici, i cannoni apostolici e sinodo così come le tradizioni che vietano ai monaci ed ai monaci ordinati chierici di assumere dei compiti temporali, costituiscono, secondo le concezioni religiose e giuridiche della religione della chiesa Ortodosso orientale del Cristo, delle regole di ordine pubblico. La riconoscenza dunque della forza di cosa giudicata o dell’autorità di un giudizio estero in Grecia che ammette l’adozione realizzata da un monaco o un vescovo, generati dell’ordine monacale, urtati all’ordine pubblico internazionale dell’articolo 33 del codice civile e non è autorizzata. “
I testi dei cannoni apostolici sopra menzionati risalgono ai secoli 7° e 9°.
29. Secondo i giudici dissidenti, non esisteva nessuna disposizione di legge nazionale che vieta ad un monaco o ad un membro del clero, ogni grado confuso, e di conseguenza, ad un vescovo, di procedere ad un’adozione. L’adozione realizzata da un vescovo, anche se questo è generato dall’ordine monacale, non può essere considerata come contraria all’ordine pubblico greco, perché il parere secondo cui tale adozione sarebbe impossibile non si basava su una disposizione di legge esplicita. Peraltro, questa questione dava adito a forti dissensi in seno alla comunità giuridica, i due punti di vista essendo difesi, e non si urtava di conseguenza ad una regola o ad un principio di un’importanza fondamentale maggiore e riflettendo una convinzione sociale e religiosa ferma che regolassero la vita in Grecia. Le relazioni evolute all’estero, fuori dalla cornice dell’ordine giuridico nazionale, potevano recare inoltre, raramente offesa alle convinzioni fondamentali nazionali. L’applicazione di un lex causae estero poteva essere impedita solamente in casi eccezionali. Trattandosi delle questioni che riguardavano la vita privata di un individuo, bisognava tenere conto tanto dell’articolo 8 della Convenzione, che dell’articolo 3 della Costituzione che proclama che la religione dominante in Grecia è quella della chiesa ortodossa orientale, e dei suoi articoli 5 e 13 che garantiscono rispettivamente il diritto di sviluppare liberamente la sua personalità e la libertà di coscienza religiosa.
30. La formazione plenaria della Corte di cassazione rinviò la causa dinnanzi alla seconda camera di questa affinché deliberasse sul quarto mezzo del ricorso del richiedente, tirato dal difetto di presa in conto dell’argomento secondo cui il padre adottivo del richiedente aveva rinunciato all’ordine monacale.
31. Con una sentenza del 4 agosto 2009, la seconda camera respinse il mezzo col seguente motivo:
“(…) poiché la corte di appello ha ammesso che il padre adottivo del richiedente faceva il monaco e che la formazione plenaria ha giudicato che l’adozione effettuata da un monaco è contraria all’ordine pubblico, anche se questo ha rinunciato dell’ordine monacale, il mezzo in questione è respinto come inoperante e è per questo fatto inammissibile. “
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
32. L’articolo 780 del codice di procedimento civile dispone:
“(…) una decisione di un tribunale estero ha, in Grecia, senza nessuno altro procedimento, l’effetto che le riconosce il diritto dello stato del tribunale che l’ha resa, quando il seguente condizioni sono riunite:
1) se la decisione ha applicato la legge che doveva essere applicata in virtù del diritto greco ed è stata resa dal tribunale competente secondo il diritto dello stato.
2) se non è contraria ai buoni costumi o all’ordine pubblico. “
33. Il vecchio articolo 1364 del codice civile era formulato così:
È proibito il matrimonio dei membri del clero di ogni posto e dei monaci della chiesa Ortodosso orientale. “
34. L’articolo 3 della legge no 1250/1982 che istituisce il matrimonio civile ha annullato, tra l’altro, l’articolo 1364.
35. Il rapporto esplicativo di questa legge precisava che l’istituzione del matrimonio civile imponeva la soppressione di certi impedimenti che erano legati esclusivamente al dogma della chiesa Ortodosso orientale e non corrispondevano a nessun bisogno sociale. Questi impedimenti non potevano essere più validi nei confronti dello stato. La questione di sapere se il matrimonio era o meno permesso per i membri del clero ed i monaci dipendevano dalla competenza esclusiva della chiesa.
36. Gli articoli pertinenti del codice civile in materia di successione si leggono così:
Articolo 1193
È trascritta anche all’ufficio delle trascrizioni della regione dove è situato il bene ogni accettazione di successione o di eredità quando, in virtù di questa accettazione, l’erede o il legatario acquisiscono un immobile che dipende dalla successione. “
Articolo 1198
“A difetto di trascrizione, in casi dove questa è richiesta secondo gli articoli 1192 e 1193, il trasferimento della proprietà dell’immobile, così come la costituzione, il trasferimento o la soppressione di un diritto reale su questo, non si operano. “
Articolo 1846
“L’erede acquisisce la successione di pieno dritto fin dal momento della sua devoluzione, sotto riserva della disposizione dell’articolo 1198. “
Articolo 1871
“L’erede ha il diritto di esigere da quello che detiene, a titolo di erede, degli oggetti appartenenti alla successione, la riconoscenza del suo diritto successorio e la restituzione dell’eredità o di un oggetto di questo. “
IN DIRITTO
37. Il richiedente si lamenta della violazione degli articoli 6, 8 e 14 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 a causa della non riconoscenza della decisione di adozione.
I. SULL’OBIEZIONE DI NON-ESAURIMENTO DELLE VIE DI RICORSO INTERNE
38. A titolo principale, il Governo eccepisce del no-esaurimento delle vie di ricorso interne. Sostiene che risulta dalle osservazioni del richiedente dinnanzi alle giurisdizioni nazionali che a nessuno stadio del procedimento questo si è riferito, anche in modo generale ed astratto, ai diritti garantiti dalla Convenzione che invoca dinnanzi alla Corte adesso. Le affermazioni del richiedente erano fondate sul diritto interno e per niente agli articoli 6, 8 e 14 della Convenzione ed all’articolo 1 del Protocollo no 1. Il fatto che il richiedente si riferiva nelle sue osservazioni a “Timothéos” come “mio padre adottivo”, il richiamo delle disposizioni relative alla successione di monaci e la contestazione della decisione della corte di appello in quanto alla questione di sapere se l’ordine giuridico greco permettesse l’adozione da parte di un monaco, non possono costituire in nessun caso un’invocazione dei diritti protetti dalla Convenzione.
39. Supponendo anche che le giurisdizioni greche abbiano potuto, dovuto addirittura, esaminare d’ufficio la controversia sotto l’angolo della Convenzione, ciò non potrebbe dispensare il richiedente di appellarsi dinnanzi ad esse su questo trattato o di presentare loro dei mezzi di effetto equivalente simile ed attirare così la loro attenzione sul problema di cui intendeva investire dopo,o all’occorrenza, alla Corte.
40. Il Governo sostiene, inoltre, che il richiedente non ha esercitato dinnanzi alle giurisdizioni greche le vie di ricorso adeguate che avrebbero permesso di esaminare, a prescindere dalla validità della decisione americana, se esistevano tra il richiedente e suo zio un relazione padre e figlio o di dedicarsi su delle questioni di successione. In particolare, sottolinea che il richiedente non ha sottomesso alle giurisdizioni greche i fatti necessari per provare che un legame che meritava protezione sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione si era sviluppato tra egli e suo zio. Il parere della minoranza della Corte di cassazione fa un semplice riferimento a questo articolo e non dice che è stato violato, perché comunque l’alta giurisdizione non poteva esaminare delle questioni legate ai fatti della causa. In più, sul terreno dell’articolo 1 del Protocollo no 1, il riferimento alla successione di OMISSIS è fatto nella cornice dell’esame dell’azione di sua sorella. Le giurisdizioni greche non sono state investite dal richiedente di un’azione fondata sull’articolo 1871 del codice civile, ciò che avrebbe, tra l’altro, permesso di esaminare se il richiedente avesse una speranza legittima in quanto alla successione di OMISSIS.
41. Il richiedente sostiene che ha sollevato sistematicamente in sostanza dinnanzi alle giurisdizioni interni i motivi di appello che ha presentato dinnanzi alla Corte in seguito. Precisa che l’oggetto della controversia l’oppositore alla Sig.ra E.M. riguardava l’esecuzione in Grecia della decisione americana di adozione. Di conseguenza, era obbligato a presentare i suoi motivi di appello nei limiti della controversia in questione. Pure restante nell’oggetto della controversia, ha sollevato a più riprese dinnanzi a tutte le giurisdizioni interne, o espressamente o in sostanza, tutti i motivi di appello relativi alla Convenzione.
42. La Corte ricorda che la regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne si deve applicare con una certa flessibilità e senza formalismo eccessivo, ma non esige solamente l’immissione nel processo delle giurisdizioni nazionali competenti e l’esercizio di ricorsi destinati a combattere una decisione controversa già resa che viola presumibilmente un diritto garantito dalla Convenzione: obbliga anche, in principio, a sollevare dinnanzi a queste stesse giurisdizioni, almeno in sostanza e nelle forme e termini prescritti dal diritto interno, i motivi di appello che si intende formulare a livello internazionale in seguito (vedere, tra molto altri, Fressoz e Roire c. Francia [GC], no 29183/95, § 37, CEDH 1999-I; Azinas c. Cipro [GC], no 56679/00, § 38, CEDH 2004-III.
43. Per ciò che riguarda il motivo di appello relativo all’articolo 8, la Corte nota di entrata che il procedimento controverso teso a fare dichiarare l’adozione del richiedente contrario ai buoni costumi ed all’ordine pubblico ha un legame diretto con questo articolo. In più, il richiedente l’ha invocato espressamente dinnanzi alla formazione plenaria della Corte di cassazione. Se questa giurisdizione non ha avuto bisogno di riferirvisi per i bisogni della motivazione della sua sentenza, nella sua opinione dissidente, la minoranza l’ha fatto. Parimenti, concernente la questione della discriminazione addotta in quanto bambino adottivo, il richiedente ha sollevato in sostanza questo motivo di appello dinnanzi alle giurisdizioni interne. La Corte rileva a questo riguardo che la corte d’appello ha giudicato che poiché l’ordine giuridico greco riconosce il legame parentale tra un monaco ed i suoi bambini naturali, non saprebbe negare di farlo per lo stesso legame generato di un atto di adozione.
44. In quanto al motivo di appello relativo all’articolo 6, la questione dell’esecuzione in Grecia della decisione americana di adozione costituiva l’oggetto stesso della controversia dinnanzi al giudice interno ed il richiedente ha sostenuto che il rispetto del principio dell’autorità della cosa giudicata della decisione di adozione impediva che questa sia messo in causa dopo tutti questi anni.
45. Infine, a proposito del motivo di appello derivato della violazione del suo diritto al rispetto dei beni, la Corte nota che il richiedente ha legato la sorte della controversia concernente l’esecuzione della decisione di adozione alla riconoscenza dei suoi diritti successori, ha contestato i diritti successori del fratello e sorelle di suo padre adottivo e ha invocato la questione della successione di OMISSIS nella cornice della discussione sulla sua qualità di monaco. L’azione dell’articolo 1871 invocato dal Governo riguarda, secondo la sua formula, l’erede di una persona, requisito che il richiedente non poteva avere finché la decisione di adozione non era riconosciuta in Grecia. A questo riguardo, la Corte ricorda che nella sentenza Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie A no 31, § 52, ha giudicato che la tenuta delle successioni – e delle liberalità – entro parenti stretti appare intimamente socio alla vita familiare. Questa non comprende unicamente delle relazioni di carattere sociale, morale o culturale, ma ingloba anche degli interessi patrimoniali (vedere anche Pla e Puncernau c). Andorra, no 69498/01, § 60, ECHR 2004-VIII.
46. Così, la Corte stima che nella cornice della controversia come si è svolto dinnanzi alle giurisdizioni greche, il richiedente ha reso queste attente agli imperativi di sicurezza giuridica e di non discriminazione che si riflettono anche nella Convenzione. Senza appellarsi in termini espressi a questa ultima, attinse nel diritto interno del suo paese degli argomenti che equivalevano a denunciare, in sostanza, un attentato ai diritti garantiti dagli articoli 6, 8 e 14 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1; ha dato loro allora l’occasione di evitare o di risanare le violazioni addotte, conformemente alla finalità dell’articolo 35 § 1.
Pertanto, conviene respingere l’eccezione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
47. Il richiedente si lamenta di una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Messi da parte l’aspetto legale dell’adozione, sostiene avere creato dei legami familiari molto forti con suo padre adottivo che meritano di essere protetti dall’articolo 8. Oltre la privazione dei suoi diritti successori, il rifiuto della riconoscenza della sua adozione coi tribunali greci ha condotto alla negazione ed all’annullamento del suo statuto di figlio di suo padre adottivo, ciò che sconvolge la sua vita personale e sociale condotta durante 24 anni. Ciò provoca anche la negazione del suo diritto di portare il cognome di suo padre adottivo che utilizza in tutte le sue relazioni sociali e professionali; questo nome è anche quell’utilizzato dai suoi bambini ai quali farà fatica a spiegare la modifica della loro situazione personale che potrebbe risultare dalla sentenza della Corte di cassazione. Il richiedente invoca l’articolo 8 della Convenzione, così formulato:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. Sull’ammissibilità
48. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
49. Il Governo contesta l’esistenza di un legame figlio-padre tra il richiedente ed OMISSIS ed adduce che non superano i legami che esistono tra uno zio e suoi nipoti. Non hanno tentato né l’uno né l’altro di fare riconoscere in Grecia la decisione americana di adozione durante gli anni, ciò che notifica che non si interessavano a fare conoscere il legame familiare che risulta dall’adozione. Il richiedente ha espresso un tale interesse quando è sorto la questione della successione. Il Governo adduce anche che la relazione del richiedente con OMISSIS non era apparente a terzi, poiché sua zia e suo zio si sono considerati loro stessi eredi di suo padre adottivo. I danni addotti del richiedente sarebbero dei pretesti e questo avrebbe modificato volontariamente il suo nome cercando di creare dei fatti compiuti. In quanto al nome dei suoi bambini, non può essere modificato secondo la legislazione greca che con l’accordo dei loro due genitori.
50. Più particolarmente, il Governo sostiene che il richiedente non prova che esistevano tra egli ed OMISSIS dei legami familiari stretti e, ancora meno, un legame padre-figlio. Il richiedente non dimostra che dopo 1984, i legami coi suoi genitori biologici erano tagliati, né che l’interesse ed i sentimenti che nutrivano al suo riguardo suo padre adottivo erano più bravi di quelli di questo aveva in quanto zio. Nessuno ha tentato finora di modificare il nome del richiedente che fa togliere quello di “OMISSIS.” Il richiedente ha proceduto alla modifica del suo nome dopo il decesso di suo padre adottivo, mentre il contenzioso con sua zia era durante. Comunque, il richiedente ha provato a creare un fatto compiuto facendosi stabilire una nuova carta di identità nel 2003 al nome di ” OMISSIS “, mentre il giudizio che riconosce l’adozione era stato annullato già. Se il richiedente fosse preoccupato talmente di fare uso del nome ” OMISSIS “, avrebbe tentato di fare riconoscere molto più presto la decisione americana e non nel momento in cui la questione della successione di suo zio si è porsi.
51. Infine, il Governo sostiene che il danno del richiedente che riguarda i suoi bambini è solamente un pretesto. I suoi bambini non hanno conosciuto mai OMISSIS, deceduto prima della loro nascita, e non hanno potuto sviluppare con lui delle relazioni di nipoti e nonno. Il solo nonno che conoscevano era il padre biologico del richiedente con che i legami non erano tagliati. In quanto al danno addotto dal richiedente in caso di nascita di un terzo bambino che porterebbe un nome differente degli altri bambini, si riferisce ad un avvenimento incerto.
52. Il richiedente sottolinea che il criterio per l’esistenza di un relazione padre e figlio non sono quantitativi, siccome lo pretende il Governo, ma qualitativo. Difatti, esisteva un vero relazione padre-figlio tra il richiedente e suoi padri adottivi che andava al di là dell’interesse normale di un zio per suo nipote. Di più, questa relazione non condiziona l’interruzione dei legami tra il richiedente ed i suoi genitori biologici. Il richiedente è stato adottato in quanto adulto con suo padre adottivo e l’interruzione dei legami coi suoi genitori biologici non era necessario per la determinazione di relazione padre-figlio con suo padre adottivo.
53. Il richiedente sostiene, inoltre, che il cambiamento del suo nome è stato effettuato nello stesso momento in cui la sua adozione, il 28 giugno 1984, dal Servizio di salute pubblica del Michigan. In Grecia, ha iniziato i procedimenti del cambiamento giusto dopo la riconoscenza della decisione americana di adozione e molto prima la contestazione della sua adozione da parte di sua zia l’ 11 giugno 2001. Infine, anche se il nome dei suoi bambini non cambierà, questi saranno defraudati e subiranno un danno giuridico col fatto che quello che avevano considerato dalla loro nascita come loro nonno, non potrà più essere considerato come tale.
54. La Corte ricorda che l’articolo 8 della Convenzione tende per l’essenziale a premunire l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici; genera per di più degli obblighi positivi inerenti ad un “rispetto” effettivo della vita familiare. In un caso come nell’altro, bisogna avere esattamente riguardo equilibrio a predisporre tra gli interessi concorrenti dell’individuo e della società nel suo insieme; parimenti, nelle due ipotesi, lo stato gode di un certo margine di valutazione, Pini ed altri c. Romania, i nostri 78028/01 e 78030/01, § 149, CEDH 2004-V (brani)).
55. La Corte ricorda, inoltre che in questo sentenza Pini, §§ 140 e 142, ha giudicato che bene che il diritto di adottare non raffigura in quanto tale al numero dei diritti garantiti dalla Convenzione, le relazioni tra un adottanti ed un adottato sono parimenti in principio al naturale che le relazioni familiari protette con l’articolo 8. L’adozione conferisce gli stessi diritti ed obblighi all’adottante al riguardo dello adottato che quelli di un padre o di una madre al riguardo del suo bambino legittimo. La Corte nota anche che i diritti successori tra bambino ed affini sono legati così strettamente alla vita familiare che cadono sotto l’impero dell’articolo 8, Marckx c. Belgio, 13 giugno 1979, § 51. Infine, il nome di una persona – come mezzo di identificazione personale e di legame con una famiglia-costituisce un elemento della sua vita privata e familiare, Znamenskaya c. Russia (no 77785/01, 2 giugno 2005, § 23,).
56. La Corte nota che nello specifico, è in presenza di un atto di adozione che riflette la volontà dei due adulti, espresso per iscritto da ciascuno di essi, paragrafo 10 sopra, ed che ha impegnato un procedimento in ogni cognizione di causa. Le loro dichiarazioni dinnanzi al giudice del tribunale di Wayne così come l’inchiesta condotta dall’assistente sociale, alla domanda del giudice ha convinto questo della realtà del legame che univa il richiedente a suo zio e dell’opportunità di pronunciare il dichiarante legato da adozione una decisione. La Corte non vede nessuna ragione di non ammettere la realtà di una vita familiare tra il richiedente e suoi padri adottivi e che ha provocato delle conseguenze nella vita del richiedente stesso e della sua famiglia. Non appartiene alla Corte esaminare lei stessa se una vera relazione padre-figlio esisteva tra il richiedente e suo zio, ciò che il Governo sembra mettere in dubbio in mancanza di una decisione delle giurisdizioni greche su questo punto. Ai fini della presente causa, gli basta constatare che le autorità giudiziali americane avevano emesso un atto di adozione e questo atto era supposto produrre degli effetti nella vita quotidiana del richiedente e della sua famiglia. In più, non mai è stato rimesso in causa dallo zio del richiedente.
57. Questo atto di adozione aveva delle incidenze sullo stato civile del richiedente perché riguardava la sua situazione nella sua famiglia stessa, ma anche nella società. Le decisioni giudiziali controverse hanno messo in causa una relazione che due persone adulte ed acconsentiamo avevano creato per regolare la loro sfera di vita privata e familiare.
58. Ora, non fa dubbio che la vita privata e familiare del richiedente è stata perturbata dai rifiuti delle giurisdizioni greche di riconoscere la sua adozione, ciò che ha costituito, del parere della Corte, un’ingerenza incontestabile nel diritto protetto dall’articolo 8. Il fatto che il richiedente e suo padre adottivo non hanno iniziato in comuni un procedimento di riconoscenza in Grecia dell’adozione prima del decesso di questo ultimo e che il fratello e sorelle del defunto non sono potuti essere informati durante un periodo di questa adozione non può avere nessuna influenza sul legame giuridico ed effettivo di questa.
59. Inoltre, la Corte non stima dovere derivare nessuna conclusione, siccome invitalo il Governo, della cronologia dei passi per ottenere la decisione del prefetto che modifica il nome OMISSIS a OMISSIS, il 4 aprile 2001, o per ottenere una nuova carta di identità, il 10 settembre 2003 che avrebbe menzionato i due nomi. Il cambiamento del nome del richiedente non poteva avere nessuna incidenza sulle questioni di successione di OMISSIS che, secondo il Governo, sarebbero stati al cuore delle preoccupazioni del richiedente.
60. La Corte ricorda infine, anche che nel sentenza Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo, no 76240/01, 28 giugno 2007, § 123, ha affermato che il rifiuto coi tribunali del Lussemburgo di accordare l’exequatur di un giudizio estero di adozione costituiva un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare.
2. Sulla giustificazione dell’ingerenza
61. Uguale ingerenza ignora l’articolo 8 salvo si, “previsto dalla legge”, insegue uno o degli scopi legittimi allo sguardo del secondo paragrafo di questa disposizione e è “necessario in una società democratica” per l’attentato. La nozione di “necessità” implica un’ingerenza fondata su un bisogno sociale imperioso e, in particolare, proporzionata allo scopo legittimo ricercato.
62. Il Governo sostiene che l’ingerenza era “prevista dalla legge” (articoli del codice di procedimento civile relativo alla riconoscenza delle sentenze dei tribunali esteri) articolo 33 del codice civile sul non applicazione delle disposizioni di dritto estero contrari ai buoni costumi o l’ordine pubblico, articolo 3 della Costituzione sul carattere dominante della religione ortodossa, e necessaria in una società democratica per non recare offesa a certe regole fondamentali che esistono in Grecia e che riflettono le concezioni sociali, economiche, politiche, religiose e giuridiche e che costituiscono un ostacolo all’applicazione in Grecia delle regole del diritto estero.
63. Il Governo sottolinea che se il diritto interno che regola le questioni relative alla vita di monaci ed alla successione di questi sembro severo, è in armonia col giuramento che i monaci prestano quando decidono di seguire la vita monacale. Lo stato non impone delle limitazioni alla vita privata e familiare di chi che sia ma adatta la sua legislazione agli imperativi della religione ortodossa che è la religione dominante in Grecia. Il padre adottivo del richiedente che ha durante tutta la sua vita servita la vita ecclesiastico occupante delle alte funzioni conosceva sicuramente gli imperativi di questa vita e non aveva chiesto mai sé la riconoscenza in Grecia della decisione americana.
64. Infine, il Governo sostiene che il no riconoscenza della decisione americana mirava a preservare la sicurezza delle transazioni. Siccome non sono stati informati dell’esistenza dell’adozione e come né il richiedente né suo zio non hanno tentato di fare riconoscere durante ventiquattro anni questa adozione in Grecia, il fratello e sorelle dello zio del richiedente avevano la speranza legittima di ereditare loro fratello e questa speranza era fondata tanto sulla realtà biologica che sulla mancanza di zelo del richiedente e di suo zio durante periodo così lungo.
65. Il richiedente sostiene che le regole ecclesiastiche invocate dal Governo ed interpretate con la Corte di cassazione non può essere considerata come una “legge” al senso della Convenzione. Inoltre, non assolvono i criteri di chiarezza, di precisione e di prevedibilità. Il richiedente aggiunge che il rifiuto della Corte di cassazione non era giustificato da nessuno “bisogno sociale imperioso”, se no lo stato avrebbe rifiutato la riconoscenza anteriore stesso che il fratello e sorelle di suo padre adottivo investono la giustizia per i motivi puramente finanziari. Il richiedente sottolinea che suo padre adottivo non era un monaco né non si considerava come tale. Non ha scelto mai la vita monacale e ha espresso chiaramente, adottando il richiedente, la sua volontà di avere una famiglia. In ogni caso, l’ingerenza è manifestamente sproporzionata, perché ventiquattro anni dopo l’adozione, lo stato priva il richiedente del suo statuto di figlio adottivo, del suo nome e dei suoi diritti successori e ciò fondato sull’affermazione che suo padre adottivo, rimanendo solamente durante due giorni in un monastero, è diventato automaticamente monaco per tutta la sua vita contro la sua propria volontà.
66. La Corte nota che la Corte di cassazione ha fondato il suo rifiuto di riconoscere la forza di cosa giudicata della decisione di adozione americana sugli articoli 323 § 5, 780 § 2 e 905 §§ 3 e 4 del codice di procedimento civile che riconosce la forza di cosa giudicata e la forza esecutiva di una decisione giudiziale estera se non è contraria all’ordine pubblico ed i buoni costumi, così come l’articolo 33 del codice civile che contempla che una disposizione del diritto estero non è applicabile in Grecia se cozza contro i buoni costumi ed all’ordine pubblico.
67. La Corte non saprebbe mettere neanche in causa lo fa che il rifiuto precitato della Corte di cassazione era motivato dalla preoccupazione di proteggere l’ordine pubblico ed i buoni costumi, ciò che costituiva già l’oggetto del rinvio dinnanzi alla formazione plenaria di questa. Deve concludere dunque che l’ingerenza era “prevista dalla legge” ed inseguiva uno “scopo legittimo.”
68. Per valutare la “necessità” delle misure controverse “in una società democratica”, la Corte esaminerà, alla luce dell’insieme della causa, se i motivi invocati per giustificare li sono pertinenti e sufficienti alle fini del paragrafo 2 dell’articolo 8 (vedere, tra altri, Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 65, CEDH 2002-I.
69. La Corte ricorda al primo colpo che nella tenuta in controversia gli Stati contraenti godono di un larghi margino di valutazione (vedere, mutatis mutandis, Stjerna c. Finlandia, sentenza del 25 novembre 1994, serie Ha no 299-B, § 39. Inoltre, la Corte non ha per compito di sostituirsi alle autorità greche competenti per definire la politica più opportuna in materia di regolamentazione di adozione, ma di valutare sotto l’angolo della Convenzione le decisioni che hanno reso nell’esercizio del loro potere di valutazione (vedere, entra altri, Hokkanen c. Finlandia, sentenza del 23 settembre 1994, serie Ha no 299-ha, § 55, e Stjerna, precitato, § 39. La superficie del margine di valutazione varia secondo le circostanze, le tenute ed il contesto; la presenza o mancanza di un denominatore comune ai sistemi giuridici degli Stati contraenti può costituire a questo riguardo un fattore pertinente (vedere, mutatis mutandis, Rasmussen c. Danimarca, sentenza del 28 novembre 1984, serie Ha no 87, § 40.
70. Nello specifico, la Corte non stima necessaria di pronunciarsi sulla questione di sapere se OMISSIS era stato o non tonsurato monaco. Questa questione di fatto gli sembra secondario nell’occorrenza per prendere la sua decisione.
71. La Corte lega molta importanza alla natura delle regole su che si è basata la formazione plenaria della Corte di cassazione per dichiarare che l’adozione con un monaco opponeva all’ordine pubblico: il 6 cannone apostolico, il 3 cannone del Settimo concilio ecumenico, il 11 cannone del concilio premio-secondo, il 3 cannone fondamentale del 4 concilio ecumenico di Chalcidone, i cannoni apostolici 6, 81 e 83 ed il 45 cannone del concilio quini sexte. Come sostiene il richiedente, queste regole non permettono che i monaci assumano delle “cure secolari” ed a contare dalla loro tonsura, sono considerati come defunti e non possono adottare.
72. La Corte nota che queste regole sono tutte di al naturale ecclesiastico e datano dei settimo e nono secoli. La formazione plenaria della Corte di cassazione ha fatto applicazione di queste regole, mentre l’articolo 3 della legge 1250/1982 che abroga l’articolo 1364 del vecchio codice civile greco che vietava ai monaci sposarsi, autorizza oramai in modo espressa il loro diritto al matrimonio. Nei lavori preparatori di questa legge, era menzionato che certi impedimenti al matrimonio di cui l’interdizione del matrimonio di monaci, non inseguivano nessuna necessità sociale e non potevano applicarsi nell’ordine giuridico. Il Costo nota, inoltre, che nello specifico l’adozione è intervenuta in vigore dopo l’entrata di questa legge.
73. A questo riguardo, la Corte rileva anche l’opinione dei giudici dissidenti della Corte di cassazione secondo la quale non esisteva nessuna disposizione di legge nazionale che vieta ad un monaco o ad un membro del clero, ogni grado confuso, e di conseguenza, ad un vescovo, di procedere ad un’adozione. L’adozione realizzata da un vescovo, anche se questo era generato dell’ordine monacale, non poteva essere considerata come essendo contrario all’ordine pubblico greco, perché il parere secondo che una tale adozione sarebbe impossibile non si basava su una disposizione di legge esplicita. Questi giudici hanno, peraltro, sottolineato che la questione aveva dato adito a forti dissensi in seno alla comunità giuridica e non aveva cozzato contro una regola o ad un principio di un’importanza fondamentale maggiore e riflettendo una convinzione sociale e religiosa ferma in Grecia.
74. La Corte ricorda anche che in una causa di adozione all’estero ma coi fatti differenti di quelli dello specifico, ha concluso che i giudici nazionali non potevano ragionevolmente passare oltre allo statuto giuridico creato validamente all’estero e corrispondente ad una vita familiare al senso dell’articolo 8 della Convenzione, né rifiutare la riconoscenza dei legami familiari che preesistevano di facto e dispensarsi da un esame concreto della situazione, Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo, no 76240/01, §§ 133 e 135, 28 giugno 2007.
75. Oltre gli elementi sopra menzionati, la Corte rileva che l’adozione controversa ha avuto luogo nel 1984, mentre il richiedente aveva raggiunto l’età adulta e che è durata ventiquattro anni prima che la Corte di cassazione metta non c’un termine con le sue sentenze. Le parti non hanno fornito peraltro nessuno elemento che tende a dimostrare che la realtà dei legami tra i richiedenti e suo padre adottivo siano stati messi in causa prima che la questione della successione non si porsi. A questo riguardo, la Corte constata sebbene, nella sua dichiarazione dinnanzi al tribunale americano, OMISSIS aveva espresso la sua volontà di adottare il richiedente per avere un figlio legittimo che avrebbe ereditato la sua fortuna, le sue memorie, la sua grande collezione di manoscritti e di testi religiosi e poetici, paragrafo 10 sopra.
76. La Corte considera che i motivi avanzati dalla Corte di cassazione per negare di riconoscere l’adozione del richiedente non rispondono ad un bisogno sociale imperioso. Non sono dunque proporzionati allo scopo legittimo perseguito per il fatto che hanno avuto per effetto la negazione dello statuto di figlio adottivo del richiedente.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SU LA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 COMBINATO CON L’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE
77. Il richiedente sostiene che in ragione del suo statuto di bambino adottivo, è stato oggetto di una discriminazione ingiustificata rispetto ad un bambino biologico di un membro del clero o anche di un monaco della chiesa Ortodosso orientale. Precisa che se era stato in fatto il bambino biologico di suo zio, generati di un matrimonio in accordo con la legislazione americana, o anche fuori matrimonio ma riconosciuto con suo padre, i tribunali greci non sarebbero passati oltre la realtà sociale ed i rapporti di facto tra padre e figli, soprattutto dopo la riconoscenza espressa con la legge della possibilità per i monaci di sposarsi. Adduce una violazione degli articoli 8 e 14 combinati. Questo ultimo articolo dispone:
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
78. Il Governo adduce che le giurisdizioni interne hanno fondato la loro valutazione unicamente sul fatto che il contenuto della decisione estera era contrario all’ordine pubblico senza essere influenzate dalla qualità del richiedente in quanto bambino adottivo. In più, pretende che non è permesso ai monaci ed agli alti membri del clero di sposarsi. Fa valere che questo è provato da una dichiarazione del padre adottivo sé dinnanzi alle autorità americane secondo la quale della funzione che occupava in seno alla chiesa ortodossa ellenica, era restato celibe e non ha avuto dei bambini a lui.
79. Il Governo sostiene, inoltre, che il richiedente non è stato oggetto di nessuno trattamento discriminatorio in ragione della sua qualità di bambino adottato, ma perché l’adozione non è stato convalidato e non è stata riconosciuta nell’ordine giuridico greco.
80. Nello specifico, la Corte ha dichiarato l’articolo 8 della Convenzione applicabile e ha concluso anche ad una violazione di suddetta disposizione. Quindi, i fatti dipendono dall’articolo 8 della Convenzione e dall’articolo 14 della Convenzione può applicarsi in combinazione con lui (vedere, mutatis mutandis, Mizzi c. Malta, no 26111/02, §§ 127 e 128, CEDH 2006 -… (brani)) ed il presente motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile.
81. Allo sguardo dell’articolo 14 della Convenzione, una distinzione è discriminatoria se “manca di giustificazione obiettiva e ragionevole”, cioè se non insegue un “scopo legittimo” o se non c’è “rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto” (vedere, in particolare, Karlheinz Schmidt c. Germania, sentenza del 18 luglio 1994, serie A no 291-B, § 24.
82. La Corte ricorda che nella sentenza Pla e Puncernau c. Andorra, precitata, § 61, ha giudicato che un bambino essendo stato oggetto di un’adozione si trovava nella stessa posizione giuridica che se fosse stato il bambino biologico dei suoi genitori, e ciò sotto ogni riguardo: relazioni e conseguenze legate alla sua vita di famiglia e diritti patrimoniali che ne derivavano.
83. La Corte stima, per le ragioni esposte più alto, che non può essere escluso che lo scopo invocato dal Governo possa essere considerato come legittimo.
84. In quanto al rapporto ragionevole di proporzionalità, la Corte rileva che l’articolo 3 della legge 1250/1982 che abroga l’articolo 1364 del codice civile che vietava fino nel 1982, dunque prima dell’atto di adozione del richiedente, ai monaci di sposarsi autorizza in modo espressa il loro diritto al matrimonio. Il padre adottivo del richiedente avrebbe potuto dunque, in virtù di questa legge, sposarsi e fondare una famiglia e questo, anteriormente all’atto di adozione conclusa col richiedente nel 1984. Così, un bambino biologico di OMISSIS non avrebbe potuto essere privato dei suoi diritti filiali, con tutto ciò che provoca in materia di diritto di successione, di diritto al nome e di diritto a vivere, tutto sommato, nella società con un’identità diversa da quella che risulta dal rifiuto di riconoscenza dell’adozione.
C’è stato, quindi, violazione degli articoli 8 e 14 combinati.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
85. Il richiedente si lamenta anche di una violazione del suo diritto ad un processo equo, in ragione del rifiuto delle giurisdizioni greche di riconoscere la forza esecutiva della decisione di giustizia americana. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione di cui la parte pertinente si legge così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
86. Il Governo contesta questa tesi. Pretende che la sentenza della Corte di cassazione non ha recato offesa al diritto del richiedente ad un processo equo e non ha mancato al suo dovere di proteggere questo diritto, perché questa protezione presupponeva la no-opposizione del contenuto della decisione estera all’ordine pubblico greco. In più, l’articolo 6 § 1 non impongono agli Stati la riconoscenza incondizionata delle decisioni giudiziali estere e le autorità nazionali devono beneficiare di un larghe margino di valutazione in ciò che riguarda l’interpretazione della nozione dell’ordine pubblico e dei buoni costumi.
87. Il richiedente ribatte che l’interpretazione da parte delle giurisdizioni interne delle nozioni suddette non deve essere diventata in modo arbitrario e sproporzionata, ma deve fondarsi su dei criteri precisi, tenendo conto delle condizioni e dei valori sociali di ogni epoca.
A. Sull’ammissibilità
88. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
89. La Corte ricorda che ha giudicato già che in materia di contestazione di cui la conclusione è determinante per i diritti di carattere civile, l’articolo 6 della Convenzione si applica anche all’esecuzione dei giudizi nazionali, Hornsby c. Grecia, sentenza del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II che all’esecuzione dei giudizi esteri, Pellegrini c. Italia, no 30882/96, CEDH 2001-VIII.
90. Nello specifico, la Corte nota che il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni portava sui diritti di carattere civile del richiedente al senso dell’articolo 6, ossia il suo statuto di bambino adottivo. La Corte stima che la sentenza della Corte di cassazione non saprebbe essere assimilato ad un rifiuto di accordare l’exequatur ad un giudizio estero. Questa era stato accordato da un giudizio della corte d’appello di Atene indipendente al procedimento che si è concluso con la sentenza della corte di appello. Tuttavia, questa sentenza ha reso il perseguimento del procedimento di exequatur privo di ogni fortuna di successo. L’articolo 780 del codice di procedimento civile contempla un certo numero di condizioni che devono essere assolte affinché lo stato greco riconosca la forza esecutiva dei giudizi esteri nell’ordine giuridico interno tra che la condizione del rispetto dell’ordine pubblico. Tuttavia, l’interpretazione da parte del giudice greco della nozione di ordine pubblico non deve essere diventata in modo arbitrario e sproporzionata.
91. Tenuto conto dei testi su che si sono basati la Corte di cassazione per negare di dare effetto alla decisione di adozione, e delle conclusioni della Corte a questo riguardo sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, la Corte considera che il principio di proporzionalità non è stato rispettato neanche sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
92. Quindi, c’è stata violazione di questo articolo.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
93. Il richiedente sostiene che il rifiuto della Corte di cassazione di riconoscere lo statuto di figlio adottivo, e di conseguenza i suoi diritti successori, ha costituito un’ingerenza sproporzionata nel suo diritto al rispetto dei beni. Adduce così una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 formula:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
94. Il Governo pretende che non c’è stata violazione di questo articolo, perché la successione del vescovo Timothéos non è mai diventata il patrimonio del richiedente. La speranza di questo ultimo di diventare l’erede del primo non costituire un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 perché nessuna giurisdizione interna l’ha riconosciuto come erede del defunto, mancanza di un’adozione conforme all’ordine pubblico greco. In più, il richiedente sapeva che poiché il vescovo aveva del fratello e sorelle, ogni pretesa da parte sua sull’eredità di questo ultimo era esclusa, se la decisione di adozione non era riconosciuta. In breve, il richiedente aveva un diritto condizionale e ne era cosciente.
95. Il richiedente ribatte che aveva una speranza legittima di ereditare da suo padre adottivo che sarebbe stata fondata sul fatto che per più di una ventina di anni nessuno aveva contestato la sua adozione, sul diritto successorio greco secondo che aveva acquisito automaticamente dei diritti successori fin dalla morte di suo padre adottivo e sul comportamento delle autorità greche che avevano riconosciuto la sua adozione, col giudizio no 7256/1999 della corte d’appello, e gli aveva rilasciato una carta di identità sulla quale raffigurava il nome del padre adottivo.
96. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” al senso di questa disposizione. La nozione di “beni” previsti dalla prima parte dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ha una portata autonoma che è indipendente rispetto alle qualifiche formali del diritto interno, Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 100, CEDH 2000-I. Tuttavia, l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire la proprietà tramite successione ab intestato o di liberalità, Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie A no 31, § 50, ed Inze c. Austria, sentenza del 28 ottobre 1987, serie Ha no 126, § 37.
A. Sull’ammissibilità
97. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
98. Nello specifico, la Corte rileva che il 3 giugno 2000, il richiedente ha chiesto alla corte d’appello di Syros di revocare il certificato di erede riconoscente come eredi il tre fratello e sorelle di suo padre adottivo e di attestare che era egli l’unico erede. Il tribunale ha ordinato provvisoriamente l’interdizione dell’uso di questo certificato col fratello e sorelle. Ha sospeso il procedimento principale nell’attesa della decisione sull’azione introdotta dalla Sig.ra E.M. il 31 maggio 2001 di Atene che tende a riconoscere che la decisione no 60318 del tribunale americano non aveva autorità di cosa giudicata in Grecia.
99. La Corte nota che il richiedente è stato adottato nel 1984 in virtù di una decisione di giustizia americana che ha ricevuto inizialmente l’exequatur in Grecia con giudizio della corte d’appello di Atene del 24 dicembre 1999. Avvalendosi così della sua qualità di erede seguito al decesso di suo padre adottivo, il richiedente ha chiesto alla corte d’appello di Syros di revocare una decisione che riconosce il fratello e sorelle di suo padre adottivo come eredi e di attestare che era egli l’unico erede. Il tribunale ha rinviato il procedimento nell’attesa di una decisione in un altro procedimento nella quale la sorella del vescovo Timothéos contestava la validità in Grecia dell’atto di adozione.
100. La Corte rileva che la Corte di cassazione ha sottolineato che la decisione concernente la riconoscenza dell’adozione doveva decidere anche la questione dei diritti successori delle parti. La corte d’appello di Atene aveva, in modo più precisa, sottolineato questo nel suo giudizio del 8 maggio 2001, considerando che al caso dove l’applicazione della decisione di adozione e dei suoi effetti aveva un’incidenza sui diritti successori delle persone riguardate, la questione di sapere se l’adozione urtava l’ordine pubblico doveva essere decisa nella cornice di un’azione declaratoria.
101. La Corte ricorda che non è chiamata, in principio, a regolare delle dispute puramente private. Ciò essendo, nell’esercizio del controllo europeo che gli spetta, non saprebbe restare inerte quando l’interpretazione fatta da una giurisdizione nazionale di un atto giuridico, che si trattasse di una clausola testamentaria, di un contratto privato, di un documento pubblico, di una disposizione legale o ancora pratica amministrativa, appare come essendo irragionevole, arbitrario o, siccome nello specifico, in flagrante contraddizione coi principi sottostanti alla Convenzione, Larkos c. Cipro [GC], no 29515/95, §§ 30-31, CEDH 1999-I e Pla e Puncernau c. Andorra, precitato, § 59.
102. Ora, come la Corte ha constatato esaminando la violazione addotta dell’articolo 8, la Corte di cassazione ha concluso che la decisione di adozione urtava l’ordine pubblico greco che saprebbe ammettere solamente un uomo di chiesa possa procedere ad un’adozione. La Corte ha considerato allora che i testi su cui la Corte di cassazione si era basata erano di natura ecclesiastica, datavano 7 e 9 secolo ed erano interpretati dalla Corte di cassazione di un modo che non corrispondeva al diritto positivo che esiste al momento dei fatti e riflesso dall’articolo 3 della legge 1250/1982. Questa disposizione abrogava un articolo del codice civile che vietava ai monaci sposarsi. Di conseguenza, ed supponendo anche che il padre adottivo del richiedente potesse essere considerato come avente avuto lo statuto di monaco, niente impediva, in teoria e nei fatti, a questo ultimo di adottare nel 1984 negli Stati Uniti o in Grecia ed al richiedente di rivendicare i diritti che risultavano dall’atto di adozione. A questo proposito, la Corte constata che nella dichiarazione fatta in vista della determinazione dell’atto di adozione, OMISSIS aveva dichiarato la sua volontà di adottare il richiedente per avere un figlio legittimo che avrebbe ereditato i suoi beni.
103. Ora, l’interpretazione e l’applicazione del diritto interno, fatta dalle giurisdizioni greche ed in particolare dalla Corte di cassazione nello specifico, ha avuto per effetto di privare il richiedente del suo diritto alla successione di suo padre adottivo. La Corte reitera che un bambino che è stato oggetto di un’adozione-che è più di un’adozione plenaria – si trova nella stessa posizione giuridica che se fosse statao il bambino biologico dei suoi genitori, e ciò ad ogni riguardo: relazioni e conseguenze legate alla sua vita di famiglia e diritti patrimoniali che ne derivano, Pla e Puncernau c. Andorra, precitata, § 61.
104. La Corte stima così come il rifiuto delle giurisdizioni interne di riconoscere la validità dell’adozione in Grecia e dunque la qualità di erede che ne derivava, costituisce un’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei beni che, tenuto conto della conclusione alla quale è arrivata sul terreno dell’articolo 8, paragrafo 76 sopra, è anche incompatibile con questo diritto. Tale conclusione la dispensa dal ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell