SECONDA SEZIONE
CAUSA NANE ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 41192/04)
SENTENZA
STRASBURGO
24 novembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Nane ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, Kristina Pardalos, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 41192/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui tredici cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 10 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dai Miei İ. G. e Ş. E., avvocati a Mersin. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti adducevano la violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 5 novembre 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Con una lettera del 4 gennaio 2008, la cancelleria è stata informata del decesso della Sig.ra H. G. N., sopraggiunto il 13 marzo 2006. I suoi eredi, ossia A. N., M. N., İ. N. e S. T., ha fatto comunicato la loro decisione di proseguire la richiesta e di essere rappresentati dallo stesso avvocato. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare H. G. N. la “richiedente” benché occorra assegnare oggi questa qualità ai suoi eredi (vedere Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, ed Ari ed altri c. Turchia, no 65508/01, § 4, 3 aprile 2007).
6. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1924, 1944, 1946, 1927, 1934, 1959, 1941, 1941, 1968, 1974, 1976, 1938 e 1963, e risiedono a Mersin, Adana, Izmir Erdemli ed Istanbul.
8. Il 4 gennaio 1960, M. Z. Ş. e gli eredi di A. C. intentarono un’azione per cessazione di occupazione illegale (elatmanın önlenmesi) contro terzi dinnanzi alla corte d’appello (TGI) di Erdemli (no pratica 1960/1 E.). Nella loro istanza, si riferirono ai confini del terreno senza precisarne la superficie.
9. L’ 8 dicembre 1960, mentre il procedimento era pendente, la commissione catastale registrò gli appezzamenti numeri 376, 380 e 381, di una superficie totale di 166 920 m², a nome di M. Z. Şı., A. C. ed A. H. S.. Nel verbale emesso a questo riguardo, sotto la voce “ragione di acquisizione”, la commissione emise delle osservazioni in quanto all’origine del diritto di proprietà degli interessati. Constatò, riferendosi ai registri fondiari del marzo 1954 e del 27 novembre 1956, che una parte dei 9/12 del terreno apparteneva anticamente a tre persone, ossia A. C., A. H. S. e Z. Ş., e che i 3/12 restanti erano stati trasferiti loro più tardi. Peraltro, notò che i registri del 1883 corrispondevano parzialmente al terreno controverso. Notò infine che i confini tracciati nel titolo di proprietà del 1890 appartenenti ad un certo H. A. corrispondevano al diritto in questione, ma che una controversia a questo motivo era pendente dinnanzi al tribunale.
10. L’ 8 febbraio 1961, il tribunale si dichiarò incompetente ratione materiae. La causa fu trasferita al tribunale catastale di Erdemli.
11. In uno scritto del 20 aprile 1962, indirizzato al tribunale catastale, firmato dal direttore della Direzione dei beni pubblici e dal rappresentante del Tesoro pubblico, fu indicato che gli appezzamenti 376, 380 e 381, di una superficie di 207 240 m², erano stati registrati a nome di Z. Ş. ed altri sulla base del titolo di proprietà no 15 di marzo 1954 che indicava una superficie di 36 760 m².
12. Nel 1963, il Tesoro pubblico intentò, dinnanzi al tribunale catastale di Erdemli, un’azione per opposizione alla decisione della commissione catastale che aveva identificato i discendenti dei richiedenti come proprietari del terreno in questione, al motivo che, secondo i registri fondiari dell’anno 1890, era registrato a nome di un certo H. A., scomparso senza lasciare eredi. Pertanto, il diritto di proprietà doveva spettare al Tesoro pubblico. Sempre nel 1963, il ministero delle Foreste intentò a sua volta un’azione per opposizione alla decisione della commissione catastale dinnanzi al tribunale catastale, che mirava alla registrazione del terreno a nome del Tesoro pubblico sul registro fondiario al motivo che faceva parte della tenuta forestale. Le istanze furono registrate sotto il numero 1963/214 E. e vi fu unita la causa no 1960/1 E..
13. Durante il procedimento, certi terzi formularono delle istanze incidentali di intervento volontario e, pretendendo di detenere degli atti di proprietà stabiliti nel 1873 o 1906, richiesero la registrazione del terreno controverso a loro nome. Il tribunale accettò le loro istanze incidentali di intervento volontario.
14. Il 25 aprile 1989 e il 1 novembre 1993, il tribunale catastale effettuò due perizie in presenza sul posto delle parti, di periti, di testimoni e di specialisti locali.
15. Il 18 ottobre 1994, il tribunale catastale fece parzialmente dritto alle istanze del Tesoro pubblico e del ministero delle Foreste; decise di registrare a nome del primo una superficie di 130 160 m2 su 166 920 m². Basandosi sull’insieme degli elementi raccolti, ossia il rapporto del perito tecnico del 23 novembre 1993, il rapporto del perito agricolo del 24 dicembre 1993, il rapporto dei periti forestali del 22 novembre 1993, e le testimonianze ascoltate all’epoca delle udienze, constatò che la superficie indicata sui registri fondiari originari stabiliti nel 1972, nel 1890, 1905 e 1945 non corrispondeva alla superficie determinata dalla commissione catastale. Solo una superficie di 36 760 m2 corrispondeva a quella indicata nei registri fondiari stabiliti nel 1954 e nel 1956. Notò che gli indizi naturali dei confini del terreno erano variabili; il terreno era al margine della tenuta forestale. La superficie al di là dei 36 760 m² era stata aggiunta dalla tenuta forestale. Il tribunale affermò che non era vincolato dai pareri dei periti secondo cui il terreno non faceva parte della tenuta forestale; né dal fatto che in seguito al procedimento la natura del terreno era cambiata e aveva perso il suo carattere forestale. Il terreno di 130 160 m2 doveva essere considerato come in aggiunta alla superficie indicata nell’atto di proprietà. Questa parte del terreno in questione faceva parre della tenuta forestale e non poteva essere proprietà di persone private. Il tribunale respinse il resto delle istanze.
16. Il 7 ottobre 2003, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato.
17. Il 15 marzo 2004, respinse il ricorso per rettifica di sentenza.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. Il diritto e le pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
19. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni in ragione delle decisioni dei tribunali che concludono alla registrazione di una parte di 130 160 m2 del loro terreno a nome del Tesoro pubblico. Stimano di essere stato privati del loro bene senza versamento di indennità, e vedono una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
20. Il Governo sostiene da prima che il motivo di appello dei richiedenti è incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione. Peraltro, sostiene che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne disponibili. Da ultimo, riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che i richiedenti non avevano né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile, suscettibile con ciò di essere considerato come un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
21. I richiedenti contestano le tesi del Governo.
22. La Corte nota che la controversia porta sulle decisioni giudiziali che hanno invalidato parzialmente la decisione della commissione catastale che aveva registrato un terreno di 166 920 m² a nome dei richiedenti, decisioni che si fondano principalmente su due ragioni,: i registri fondiari originari su cui si era basata la commissione catastale non corrispondevano alla superficie del terreno, e la superficie di 130 160 m² faceva prima parte della tenuta forestale.
23. A questo riguardo, la Corte tiene a ricordare che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire dei beni (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 52, CEDH 2007 -… (brani), Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX, Van der Mussele c. Belgio, 23 novembre 1983, § 48, serie A no 70, e Slivenko ed altri c. Lettonia,( dec.) [GC], no 48321/99, § 121, CEDH 2002-II (brani)). Un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire sia dei “beni reali” che dei valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali il richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Kopecký c. Slovacchia [GC], precitata, § 35).
24. Peraltro, la Corte ha trattato molte volte questioni legate alla protezione dell’ambiente e ha sottolineato l’importanza della materia (vedere, per esempio, Taşkın ed altri c. Turchia, no 46117/99, CEDH 2004-X, Moreno Gómez c. Spagna, no 4143/02, CEDH 2004-X, Fadeïeva c. Russia, no 55723/00, CEDH 2005-IV, e Giacomelli c. Italia, no 59909/00, CEDH 2006-…). La protezione della natura e delle foreste e più generalmente dell’ambiente costituisce un valore la cui la difesa suscita nell’opinione pubblica, e di conseguenza presso i poteri pubblici, un interesse consolidato e sostenuto. Degli imperativi economici ed anche certi diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, non dovrebbero vedersi accordare il primato di fronte alle considerazioni relative alla protezione dell’ambiente, in particolare quando lo stato ha legiferato in materia (Hamer c. Belgio, no 21861/03, § 79, CEDH 2007-… (brani)).
25. Nell’occorrenza, la Corte constata che il tribunale catastale ha deciso la controversia concernente le conclusioni della commissione catastale che aveva registrato il terreno a nome dei discendenti dei richiedenti. È da precisare che la commissione catastale aveva lei stessa notato nelle sue conclusioni che c’era una controversia a questo motivo. Detto diversamente, nessuna giurisdizione interna ha riconosciuto ai richiedenti il diritto di proprietà sulla parte controversa del terreno controverso. Ne segue che i richiedenti non hanno un “bene reale” ai sensi della giurisprudenza citata.
26. Per ciò che riguarda la questione di sapere se i richiedenti avevano almeno una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile, la Corte constata che, secondo i tribunali interni, gli elementi della pratica dimostravano che i richiedenti detenevano dei titoli di proprietà unicamente per una parte di 36 760 m² del terreno registrato a loro nome dalla commissione catastale. A questo motivo, la Corte ricorda che un credito può essere considerato come un “valore patrimoniale” solo quando ha una base sufficiente in diritto interno. Ora, nella presente causa, i richiedenti non potevano appellarsi su una base legale sufficiente in diritto interno affinché si potesse qualificare il loro credito come “valore patrimoniale” ai fini dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nella misura in cui, come hanno sottolineato le giurisdizioni nazionali, il diritto interno applicabile in materia dispone espressamente che i terreni che dipendono dalla tenuta forestale non possono essere oggetto di nessuno prescrizione acquisitiva (vedere Kadir Gündüz c. Turchia, no 50253/99, [déc.], 18 ottobre 2007).
27. Alla vista degli elementi sopra e considerando che può solamente in modo limitato conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi dalle giurisdizioni interne alle quali spetta al primo capo di interpretare e di applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I, e Kopp c. Svizzera, 25 marzo 1998, § 59, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-II) la Corte non vede nessuna apparenza di arbitrarietà nel modo in cui i tribunali interni hanno deliberato sulla questione della superficie del terreno dei richiedenti. Niente permette dunque alla Corte di scostarsi dalla conclusione di suddette giurisdizioni (vedere, mutatis mutandis, Şerefli ed altri c. Turchia, no 1533/03, [dec.], 2 ottobre 2007, Dağalaş ed altri c. Turchia, no 51326/99, [déc.], 29 settembre 2005 e Sarıaslan ed altri c. Turchia, no 32554/96, [dec.], 23 marzo 1999).
28. Perciò, alla vista di ciò che precede, la Corte stima che i richiedenti non avevano un “bene”, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Quindi, le garanzie di questa disposizione non si trovano a applicare nello specifico. Ne segue che questo motivo di appello è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 § 4.
29. Alla vista di ciò che precede, non stima necessario pronunciarsi sul resto delle obiezioni del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Equità del procedimento
30. I richiedenti si lamentano del difetto di equità del procedimento. Sostengono che i tribunali interni hanno ignorato i rapporti scientifici, le testimonianze e le altre prove, e hanno deciso arbitrariamente, senza nessuno argomento, che il terreno faceva parte della tenuta forestale. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
31. Tenuto conto della formulazione del motivo di appello, la Corte constata che i richiedenti rimettono essenzialmente in causa il modo in cui le giurisdizioni nazionali hanno valutato le prove. Osserva che il tribunale catastale ha reso il suo giudizio alla luce dei differenti rapporti di perizia così come di altri elementi raccolti in modo obiettivo (paragrafo 15 sopra).
32. Ad ogni modo, nella misura in cui i richiedenti contestano in sostanza la soluzione adottata dai tribunali nazionali, la Corte ricorda che non le appartiene valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione ad adottare tale decisione piuttosto che tal’ altra, se no si erigerebbe a giudice di terza o quarta istanza (Kemmache c. Francia (no 3), sentenza del 24 novembre 1994, serie A no 296-C, § 44).
33. Ne segue che il motivo di appello derivato dalla mancanza di equità è manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Durata del procedimento
34. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
35. Il Governo si oppone a questa tesi. Reitera le sue obiezioni preliminari formulate per l’articolo 1 del Protocollo no 1 e sostiene che la causa è molto complicata.
36. Tuttavia, la Corte constata al primo colpo che il motivo di appello di cui si tratta non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Perciò lo dichiara ammissibile.
37. In quanto al merito, nota che il procedimento di cui i richiedenti si lamentano è cominciato il 4 gennaio 1960 e è finito il 15 marzo 2004. A partire dal 28 gennaio 1987, data di presa di effetto della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Turchia, fino al 15 marzo 2004, più di diciassette anni sono trascorsi, per due gradi di giurisdizione, essendo sentito che fino ad allora più di ventisette anni erano già trascorsi. Ora, la Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati dalla sua giurisprudenza in materia ben stabilita (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII e Cankoçak c. Turchia, numeri 25182/94 e 26956/95, § 25, 20 febbraio 2001).
38. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. I richiedenti richiedono 2 990 182,5 euro (EUR) per il danno materiale che avrebbero subito in ragione delle decisioni dei tribunali interni e dell’iniquità del procedimento. Basandosi sulle tariffe del foro di Mersin, chiedono il 15% di questo importo per la parcella della rappresentanza (o 448 527,37 EUR).
Non formulano nessuna domanda a titolo del danno morale.
40. Alla vista di ciò che precede, la Corte respinge la richiesta dei richiedenti a titolo del danno materiale. In quanto alla richiesta relativa alla parcella, tenuto conto della sua giurisprudenza, la Corte la respinge anche.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata del procedimento (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 novembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa