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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE NANE ET AUTRES c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 41192/04/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-11-24 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA NANE ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 41192/04)
SENTENZA
STRASBURGO
24 novembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Nane ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, Kristina Pardalos, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 3 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 41192/04) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui tredici cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 10 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dai Miei İ. G. e Ş. E., avvocati a Mersin. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti adducevano la violazione degli articoli 1 del Protocollo no 1 e 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 5 novembre 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Con una lettera del 4 gennaio 2008, la cancelleria è stata informata del decesso della Sig.ra H. G. N., sopraggiunto il 13 marzo 2006. I suoi eredi, ossia A. N., M. N., İ. N. e S. T., ha fatto comunicato la loro decisione di proseguire la richiesta e di essere rappresentati dallo stesso avvocato. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a chiamare H. G. N. la “richiedente” benché occorra assegnare oggi questa qualità ai suoi eredi (vedere Dalban c. Romania [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, ed Ari ed altri c. Turchia, no 65508/01, § 4, 3 aprile 2007).
6. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1924, 1944, 1946, 1927, 1934, 1959, 1941, 1941, 1968, 1974, 1976, 1938 e 1963, e risiedono a Mersin, Adana, Izmir Erdemli ed Istanbul.
8. Il 4 gennaio 1960, M. Z. Ş. e gli eredi di A. C. intentarono un’azione per cessazione di occupazione illegale (elatmanın önlenmesi) contro terzi dinnanzi alla corte d’appello (TGI) di Erdemli (no pratica 1960/1 E.). Nella loro istanza, si riferirono ai confini del terreno senza precisarne la superficie.
9. L’ 8 dicembre 1960, mentre il procedimento era pendente, la commissione catastale registrò gli appezzamenti numeri 376, 380 e 381, di una superficie totale di 166 920 m², a nome di M. Z. Şı., A. C. ed A. H. S.. Nel verbale emesso a questo riguardo, sotto la voce “ragione di acquisizione”, la commissione emise delle osservazioni in quanto all’origine del diritto di proprietà degli interessati. Constatò, riferendosi ai registri fondiari del marzo 1954 e del 27 novembre 1956, che una parte dei 9/12 del terreno apparteneva anticamente a tre persone, ossia A. C., A. H. S. e Z. Ş., e che i 3/12 restanti erano stati trasferiti loro più tardi. Peraltro, notò che i registri del 1883 corrispondevano parzialmente al terreno controverso. Notò infine che i confini tracciati nel titolo di proprietà del 1890 appartenenti ad un certo H. A. corrispondevano al diritto in questione, ma che una controversia a questo motivo era pendente dinnanzi al tribunale.
10. L’ 8 febbraio 1961, il tribunale si dichiarò incompetente ratione materiae. La causa fu trasferita al tribunale catastale di Erdemli.
11. In uno scritto del 20 aprile 1962, indirizzato al tribunale catastale, firmato dal direttore della Direzione dei beni pubblici e dal rappresentante del Tesoro pubblico, fu indicato che gli appezzamenti 376, 380 e 381, di una superficie di 207 240 m², erano stati registrati a nome di Z. Ş. ed altri sulla base del titolo di proprietà no 15 di marzo 1954 che indicava una superficie di 36 760 m².
12. Nel 1963, il Tesoro pubblico intentò, dinnanzi al tribunale catastale di Erdemli, un’azione per opposizione alla decisione della commissione catastale che aveva identificato i discendenti dei richiedenti come proprietari del terreno in questione, al motivo che, secondo i registri fondiari dell’anno 1890, era registrato a nome di un certo H. A., scomparso senza lasciare eredi. Pertanto, il diritto di proprietà doveva spettare al Tesoro pubblico. Sempre nel 1963, il ministero delle Foreste intentò a sua volta un’azione per opposizione alla decisione della commissione catastale dinnanzi al tribunale catastale, che mirava alla registrazione del terreno a nome del Tesoro pubblico sul registro fondiario al motivo che faceva parte della tenuta forestale. Le istanze furono registrate sotto il numero 1963/214 E. e vi fu unita la causa no 1960/1 E..
13. Durante il procedimento, certi terzi formularono delle istanze incidentali di intervento volontario e, pretendendo di detenere degli atti di proprietà stabiliti nel 1873 o 1906, richiesero la registrazione del terreno controverso a loro nome. Il tribunale accettò le loro istanze incidentali di intervento volontario.
14. Il 25 aprile 1989 e il 1 novembre 1993, il tribunale catastale effettuò due perizie in presenza sul posto delle parti, di periti, di testimoni e di specialisti locali.
15. Il 18 ottobre 1994, il tribunale catastale fece parzialmente dritto alle istanze del Tesoro pubblico e del ministero delle Foreste; decise di registrare a nome del primo una superficie di 130 160 m2 su 166 920 m². Basandosi sull’insieme degli elementi raccolti, ossia il rapporto del perito tecnico del 23 novembre 1993, il rapporto del perito agricolo del 24 dicembre 1993, il rapporto dei periti forestali del 22 novembre 1993, e le testimonianze ascoltate all’epoca delle udienze, constatò che la superficie indicata sui registri fondiari originari stabiliti nel 1972, nel 1890, 1905 e 1945 non corrispondeva alla superficie determinata dalla commissione catastale. Solo una superficie di 36 760 m2 corrispondeva a quella indicata nei registri fondiari stabiliti nel 1954 e nel 1956. Notò che gli indizi naturali dei confini del terreno erano variabili; il terreno era al margine della tenuta forestale. La superficie al di là dei 36 760 m² era stata aggiunta dalla tenuta forestale. Il tribunale affermò che non era vincolato dai pareri dei periti secondo cui il terreno non faceva parte della tenuta forestale; né dal fatto che in seguito al procedimento la natura del terreno era cambiata e aveva perso il suo carattere forestale. Il terreno di 130 160 m2 doveva essere considerato come in aggiunta alla superficie indicata nell’atto di proprietà. Questa parte del terreno in questione faceva parre della tenuta forestale e non poteva essere proprietà di persone private. Il tribunale respinse il resto delle istanze.
16. Il 7 ottobre 2003, la Corte di cassazione confermò il giudizio attaccato.
17. Il 15 marzo 2004, respinse il ricorso per rettifica di sentenza.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. Il diritto e le pratica interna pertinenti sono descritti nella sentenza Turgut ed altri c. Turchia (no 1411/03, §§ 41-67, 8 luglio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
19. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni in ragione delle decisioni dei tribunali che concludono alla registrazione di una parte di 130 160 m2 del loro terreno a nome del Tesoro pubblico. Stimano di essere stato privati del loro bene senza versamento di indennità, e vedono una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
20. Il Governo sostiene da prima che il motivo di appello dei richiedenti è incompatibile ratione temporis con le disposizioni della Convenzione. Peraltro, sostiene che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interne disponibili. Da ultimo, riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che i richiedenti non avevano né un “bene reale”, né una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile, suscettibile con ciò di essere considerato come un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
21. I richiedenti contestano le tesi del Governo.
22. La Corte nota che la controversia porta sulle decisioni giudiziali che hanno invalidato parzialmente la decisione della commissione catastale che aveva registrato un terreno di 166 920 m² a nome dei richiedenti, decisioni che si fondano principalmente su due ragioni,: i registri fondiari originari su cui si era basata la commissione catastale non corrispondevano alla superficie del terreno, e la superficie di 130 160 m² faceva prima parte della tenuta forestale.
23. A questo riguardo, la Corte tiene a ricordare che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non garantisce il diritto di acquisire dei beni (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turchia, no 34478/97, § 52, CEDH 2007 -… (brani), Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX, Van der Mussele c. Belgio, 23 novembre 1983, § 48, serie A no 70, e Slivenko ed altri c. Lettonia,( dec.) [GC], no 48321/99, § 121, CEDH 2002-II (brani)). Un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire sia dei “beni reali” che dei valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali il richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Kopecký c. Slovacchia [GC], precitata, § 35).
24. Peraltro, la Corte ha trattato molte volte questioni legate alla protezione dell’ambiente e ha sottolineato l’importanza della materia (vedere, per esempio, Taşkın ed altri c. Turchia, no 46117/99, CEDH 2004-X, Moreno Gómez c. Spagna, no 4143/02, CEDH 2004-X, Fadeïeva c. Russia, no 55723/00, CEDH 2005-IV, e Giacomelli c. Italia, no 59909/00, CEDH 2006-…). La protezione della natura e delle foreste e più generalmente dell’ambiente costituisce un valore la cui la difesa suscita nell’opinione pubblica, e di conseguenza presso i poteri pubblici, un interesse consolidato e sostenuto. Degli imperativi economici ed anche certi diritti fondamentali, come il diritto di proprietà, non dovrebbero vedersi accordare il primato di fronte alle considerazioni relative alla protezione dell’ambiente, in particolare quando lo stato ha legiferato in materia (Hamer c. Belgio, no 21861/03, § 79, CEDH 2007-… (brani)).
25. Nell’occorrenza, la Corte constata che il tribunale catastale ha deciso la controversia concernente le conclusioni della commissione catastale che aveva registrato il terreno a nome dei discendenti dei richiedenti. È da precisare che la commissione catastale aveva lei stessa notato nelle sue conclusioni che c’era una controversia a questo motivo. Detto diversamente, nessuna giurisdizione interna ha riconosciuto ai richiedenti il diritto di proprietà sulla parte controversa del terreno controverso. Ne segue che i richiedenti non hanno un “bene reale” ai sensi della giurisprudenza citata.
26. Per ciò che riguarda la questione di sapere se i richiedenti avevano almeno una “speranza legittima” di vedersi concretare un qualsiasi credito reale ed esigibile, la Corte constata che, secondo i tribunali interni, gli elementi della pratica dimostravano che i richiedenti detenevano dei titoli di proprietà unicamente per una parte di 36 760 m² del terreno registrato a loro nome dalla commissione catastale. A questo motivo, la Corte ricorda che un credito può essere considerato come un “valore patrimoniale” solo quando ha una base sufficiente in diritto interno. Ora, nella presente causa, i richiedenti non potevano appellarsi su una base legale sufficiente in diritto interno affinché si potesse qualificare il loro credito come “valore patrimoniale” ai fini dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nella misura in cui, come hanno sottolineato le giurisdizioni nazionali, il diritto interno applicabile in materia dispone espressamente che i terreni che dipendono dalla tenuta forestale non possono essere oggetto di nessuno prescrizione acquisitiva (vedere Kadir Gündüz c. Turchia, no 50253/99, [déc.], 18 ottobre 2007).
27. Alla vista degli elementi sopra e considerando che può solamente in modo limitato conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi dalle giurisdizioni interne alle quali spetta al primo capo di interpretare e di applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I, e Kopp c. Svizzera, 25 marzo 1998, § 59, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-II) la Corte non vede nessuna apparenza di arbitrarietà nel modo in cui i tribunali interni hanno deliberato sulla questione della superficie del terreno dei richiedenti. Niente permette dunque alla Corte di scostarsi dalla conclusione di suddette giurisdizioni (vedere, mutatis mutandis, Şerefli ed altri c. Turchia, no 1533/03, [dec.], 2 ottobre 2007, Dağalaş ed altri c. Turchia, no 51326/99, [déc.], 29 settembre 2005 e Sarıaslan ed altri c. Turchia, no 32554/96, [dec.], 23 marzo 1999).
28. Perciò, alla vista di ciò che precede, la Corte stima che i richiedenti non avevano un “bene”, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Quindi, le garanzie di questa disposizione non si trovano a applicare nello specifico. Ne segue che questo motivo di appello è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 § 4.
29. Alla vista di ciò che precede, non stima necessario pronunciarsi sul resto delle obiezioni del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Equità del procedimento
30. I richiedenti si lamentano del difetto di equità del procedimento. Sostengono che i tribunali interni hanno ignorato i rapporti scientifici, le testimonianze e le altre prove, e hanno deciso arbitrariamente, senza nessuno argomento, che il terreno faceva parte della tenuta forestale. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
31. Tenuto conto della formulazione del motivo di appello, la Corte constata che i richiedenti rimettono essenzialmente in causa il modo in cui le giurisdizioni nazionali hanno valutato le prove. Osserva che il tribunale catastale ha reso il suo giudizio alla luce dei differenti rapporti di perizia così come di altri elementi raccolti in modo obiettivo (paragrafo 15 sopra).
32. Ad ogni modo, nella misura in cui i richiedenti contestano in sostanza la soluzione adottata dai tribunali nazionali, la Corte ricorda che non le appartiene valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione ad adottare tale decisione piuttosto che tal’ altra, se no si erigerebbe a giudice di terza o quarta istanza (Kemmache c. Francia (no 3), sentenza del 24 novembre 1994, serie A no 296-C, § 44).
33. Ne segue che il motivo di appello derivato dalla mancanza di equità è manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
B. Durata del procedimento
34. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
35. Il Governo si oppone a questa tesi. Reitera le sue obiezioni preliminari formulate per l’articolo 1 del Protocollo no 1 e sostiene che la causa è molto complicata.
36. Tuttavia, la Corte constata al primo colpo che il motivo di appello di cui si tratta non incontra nessuno dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Perciò lo dichiara ammissibile.
37. In quanto al merito, nota che il procedimento di cui i richiedenti si lamentano è cominciato il 4 gennaio 1960 e è finito il 15 marzo 2004. A partire dal 28 gennaio 1987, data di presa di effetto della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Turchia, fino al 15 marzo 2004, più di diciassette anni sono trascorsi, per due gradi di giurisdizione, essendo sentito che fino ad allora più di ventisette anni erano già trascorsi. Ora, la Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati dalla sua giurisprudenza in materia ben stabilita (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII e Cankoçak c. Turchia, numeri 25182/94 e 26956/95, § 25, 20 febbraio 2001).
38. Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. I richiedenti richiedono 2 990 182,5 euro (EUR) per il danno materiale che avrebbero subito in ragione delle decisioni dei tribunali interni e dell’iniquità del procedimento. Basandosi sulle tariffe del foro di Mersin, chiedono il 15% di questo importo per la parcella della rappresentanza (o 448 527,37 EUR).
Non formulano nessuna domanda a titolo del danno morale.
40. Alla vista di ciò che precede, la Corte respinge la richiesta dei richiedenti a titolo del danno materiale. In quanto alla richiesta relativa alla parcella, tenuto conto della sua giurisprudenza, la Corte la respinge anche.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata del procedimento (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 24 novembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE NANE ET AUTRES c. TURQUIE
(Requête no 41192/04)
ARRÊT
STRASBOURG
24 novembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Nane et autres c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Dragoljub Popović,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş,
Kristina Pardalos, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 3 novembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 41192/04) dirigée contre la République de Turquie et dont treize ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 10 septembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Mes İ. G. et Ş. E., avocats à Mersin. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Les requérants alléguaient la violation des articles 1 du Protocole no 1 et 6 § 1 de la Convention.
4. Le 5 novembre 2007, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
5. Par une lettre du 4 janvier 2008, le greffe a été informé du décès de Mme H. L. N., survenu le 13 mars 2006. Ses héritiers, à savoir A. N., M. N., İ. N. et S.T., ont fait part de leur décision de poursuivre la requête et d’être représentés par le même avocat. Pour des raisons d’ordre pratique, le présent arrêt continuera d’appeler H. L. N. la « requérante » bien qu’il faille aujourd’hui attribuer cette qualité à ses héritiers (voir Dalban c. Roumanie [GC], no 28114/95, § 1, CEDH 1999-VI, et Ari et autres c. Turquie, no 65508/01, § 4, 3 avril 2007).
6. Tant le requérant que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
7. Les requérants sont nés respectivement en 1924, 1944, 1946, 1927, 1934, 1959, 1941, 1941, 1968, 1974, 1976, 1938 et 1963, et résident à Mersin, Adana, Izmir Erdemli et Istanbul.
8. Le 4 janvier 1960, M. Z. Şı. et les héritiers d’A. C. intentèrent une action en cessation d’occupation illégale (elatmanın önlenmesi) contre des tiers devant le tribunal de grande instance (TGI) d’Erdemli (no dossier 1960/1 E.). Dans leur demande, ils se référèrent aux frontières du terrain sans préciser la superficie.
9. Le 8 décembre 1960, alors que la procédure était pendante, la commission cadastrale enregistra les parcelles numéros 376, 380 et 381, d’une superficie totale de 166 920 m², au nom de Mehmet Z. Ş., A. C. et A. H. S.. Dans le procès-verbal dressé à cet égard, sous la rubrique « raison d’acquisition », la commission émit des observations quant à l’origine du droit de propriété des intéressés. Elle constata, en se référant aux registres fonciers de mars 1954 et du 27 novembre 1956, qu’une part de 9/12èmes du terrain appartenait anciennement à trois personnes, à savoir A. C., A. H. S. et Z. Ş., et que les 3/12èmes restants leur avaient été transférés plus tard. Par ailleurs, elle nota que les registres de 1883 correspondaient partiellement au terrain litigieux. Elle nota enfin que les frontières tracées dans le titre de propriété de 1890 appartenant à un certain H.A. correspondaient à l’endroit en question, mais qu’un litige à ce sujet était pendant devant le tribunal.
10. Le 8 février 1961, le tribunal se déclara incompétent ratione materiae. L’affaire fut transférée au tribunal cadastral d’Erdemli.
11. Dans un écrit du 20 avril 1962, adressé au tribunal cadastral, signé par le directeur de la Direction des biens publics et le représentant du Trésor public, il fut indiqué que les parcelles 376, 380 et 381, d’une superficie de 207 240 m², avaient été enregistrées au nom de Z. Ş. et autres sur la base du titre de propriété no 15 de mars 1954 indiquant une superficie de 36 760 m².
12. En 1963, le Trésor public intenta, devant le tribunal cadastral d’Erdemli, une action en opposition à la décision de la commission cadastrale qui avait identifié les ascendants des requérants comme propriétaires du terrain en question, au motif que, selon les registres fonciers de l’année 1890, il était enregistré au nom d’un certain H. A., disparu depuis sans laisser d’héritier. Partant, le droit de propriété devait revenir au Trésor public. Toujours en 1963, le ministère des Forêts intenta à son tour une action en opposition à la décision de la commission cadastrale devant le tribunal cadastral, visant à l’enregistrement du terrain au nom du Trésor public sur le registre foncier au motif qu’il faisait partie du domaine forestier. Les demandes furent enregistrées sous le numéro 1963/214 E. et l’affaire no 1960/1 E. y fut jointe.
13. Au cours de la procédure, certains tiers formulèrent des demandes incidentes d’intervention volontaire et, prétendant détenir des actes de propriété établis en 1873 ou 1906, réclamèrent l’enregistrement du terrain litigieux à leur nom. Le tribunal accepta leurs demandes incidentes d’intervention volontaire.
14. Les 25 avril 1989 et 1er novembre 1993, le tribunal cadastral effectua deux expertises sur place en présence des parties, d’experts, de témoins et de spécialistes locaux.
15. Le 18 octobre 1994, le tribunal cadastral fit partiellement droit aux demandes du Trésor public et du ministère des Forêts ; il décida d’enregistrer au nom du premier une superficie de 130 160 m2 sur 166 920 m². En se fondant sur l’ensemble d’éléments récuillis, à savoir le rapport de l’expert technique du 23 novembre 1993, le rapport de l’expert agricole du 24 décembre 1993, le rapport des experts forestiers du 22 novembre 1993, et les témoignages entendus lors des audiences, il constata que la superficie indiquée sur les registres fonciers originels établis en 1972, en 1890, 1905 et 1945 ne correspondait pas à la superficie déterminée par la commission cadastrale. Seule une superficie de 36 760 m2 correspondait à celle indiquée dans les registres fonciers établis en 1954 et en 1956. Il nota que les indices naturels des frontières du terrain étaient variables ; le terrain était en marge du domaine forestier. La superficie au-delà des 36 760 m² avait été ajoutée depuis le domaine forestier. Le tribunal affirma qu’il n’était pas lié par les avis des experts selon lesquels le terrain ne faisait pas partie du domaine forestier ; ni par le fait qu’au cours de la procédure la nature du terrain ait changé et qu’il ait perdu son caractère forestier. Le terrain de 130 160 m2 devait être considéré comme venant en sus de la superficie indiquée dans l’acte de propriété. Cette partie du terrain en question faisait partie du domaine forestier et ne pouvait être la propriété de personnes privées. Le tribunal rejeta le reste des demandes.
16. Le 7 octobre 2003, la Cour de cassation confirma le jugement attaqué.
17. Le 15 mars 2004, elle rejeta le recours en rectification d’arrêt.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
18. Le droit et la pratique internes pertinents sont décrits dans l’arrêt Turgut et autres c. Turquie (no 1411/03, §§ 41-67, 8 juillet 2008).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
19. Les requérants se plaignent d’une atteinte à leur droit au respect de leurs biens en raison des décisions des tribunaux concluant à l’enregistrement d’une partie de 130 160 m2 de leur terrain au nom du Trésor public. Ils estiment avoir été privés de leur bien sans versement d’indemnité, et y voient une violation de l’article 1 du Protocole no 1.
20. Le Gouvernement soutient d’abord que le grief des requérants est incompatible ratione temporis avec les dispositions de la Convention. Par ailleurs, il soutient que les requérants n’ont pas épuisé les voies de recours internes disponibles. En dernier lieu, se référant à la jurisprudence de la Cour en la matière, le Gouvernement soutient que les requérants n’avaient ni un « bien actuel », ni une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible, susceptible par là d’être considérée comme un bien au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
21. Les requérants contestent les thèses du Gouvernement.
22. La Cour note que le litige porte sur les décisions judiciaires qui ont invalidé partiellement la décision de la commission cadastrale qui avaient enregistré un terrain de 166 920 m² au nom des requérants, décisions reposant principalement sur deux raisons : les registres fonciers originels sur lesquels s’étaient basés la commission cadastrale ne correspondaient pas à la superficie du terrain, et la superficie de 130 160 m² faisait auparavant partie du domaine forestier.
23. A cet égard, la Cour tient à rappeler que l’article 1 du Protocole no 1 ne garantit pas de droit à acquérir des biens (Fener Rum Erkek Lisesi Vakfı c. Turquie, no 34478/97, § 52, CEDH 2007-… (extraits), Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, CEDH 2004-IX, Van der Mussele c. Belgique, 23 novembre 1983, § 48, série A no 70, et Slivenko et autres c. Lettonie (déc.) [GC], no 48321/99, § 121, CEDH 2002-II (extraits)). Un requérant ne peut alléguer une violation de l’article 1 du Protocole no 1 que dans la mesure où les décisions qu’il incrimine se rapportent à ses « biens » au sens de cette disposition. La notion de « biens » peut recouvrir tant des « biens actuels » que des valeurs patrimoniales, y compris des créances, en vertu desquelles le requérant peut prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un droit de propriété (Kopecký c. Slovaquie [GC], précité, § 35).
24. Par ailleurs, la Cour a traité maintes fois de questions liées à la protection de l’environnement et souligné l’importance de la matière (voir, par exemple, Taşkın et autres c. Turquie, no 46117/99, CEDH 2004-X, Moreno Gómez c. Espagne, no 4143/02, CEDH 2004-X, Fadeïeva c. Russie, no 55723/00, CEDH 2005-IV, et Giacomelli c. Italie, no 59909/00, CEDH 2006–…). La protection de la nature et des forêts et plus généralement de l’environnement constitue une valeur dont la défense suscite dans l’opinion publique, et par conséquent auprès des pouvoirs publics, un intérêt constant et soutenu. Des impératifs économiques et même certains droits fondamentaux, comme le droit de propriété, ne devraient pas se voir accorder la primauté face à des considérations relatives à la protection de l’environnement, en particulier lorsque l’Etat a légiféré en la matière (Hamer c. Belgique, no 21861/03, § 79, CEDH 2007–… (extraits)).
25. En l’occurrence, la Cour constate que le tribunal cadastral a tranché le litige concernant les conclusions de la commission cadastrale qui avait enregistré le terrain au nom des ascendants des requérants. Il est à préciser que la commission cadastrale avait elle-même noté dans ses conclusions qu’il y avait un litige à ce sujet. Autrement dit, aucune juridiction interne n’a reconnu aux requérants le droit de propriété sur la partie controversée du terrain litigieux. Il s’ensuit que les requérants n’ont pas de « bien actuel » au sens de la jurisprudence citée.
26. En ce qui concerne la question de savoir si les requérants avaient au moins une « espérance légitime » de voir se concrétiser une quelconque créance actuelle et exigible, la Cour constate que, selon les tribunaux internes, les éléments du dossier démontraient que les requérants détenaient des titres de propriété uniquement pour une partie de 36 760 m² du terrain enregistré à leur nom par la commission cadastrale. A ce sujet, la Cour rappelle qu’une créance ne peut être considérée comme une « valeur patrimoniale » que lorsqu’elle a une base suffisante en droit interne. Or, dans la présente affaire, les requérants ne pouvaient s’appuyer sur une base légale suffisante en droit interne pour que l’on puisse qualifier leur créance de « valeur patrimoniale » aux fins de l’article 1 du Protocole no 1 dans la mesure où, comme l’ont souligné les juridictions nationales, le droit interne applicable en la matière dispose expressément que les terrains relevant du domaine forestier ne peuvent faire l’objet d’aucune prescription acquisitive (voir Kadir Gündüz c. Turquie, no 50253/99, [déc.], 18 octobre 2007).
27. Au vu des éléments ci-dessus et considérant qu’elle ne peut que de façon limitée connaître des erreurs de fait ou de droit prétendument commises par les juridictions internes, auxquelles il revient au premier chef d’interpréter et d’appliquer le droit interne (García Ruiz c. Espagne [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I, et Kopp c. Suisse, 25 mars 1998, § 59, Recueil des arrêts et décisions 1998-II), la Cour n’aperçoit aucune apparence d’arbitraire dans la manière dont les tribunaux internes ont statué sur la question de la superficie du terrain des requérants. Rien ne permet donc à la Cour de s’écarter de la conclusion desdites juridictions (voir, mutatis mutandis, Şerefli et autres c. Turquie, no 1533/03, [déc.], 2 octobre 2007, Dağalaş et autres c. Turquie, no 51326/99, [déc.], 29 septembre 2005 et Sarıaslan et autres c. Turquie, no 32554/96, [déc.], 23 mars 1999).
28. En conséquence, au vu de ce qui précède, la Cour estime que les requérants n’avaient pas un « bien », au sens de la première phrase de l’article 1 du Protocole no 1. Dès lors, les garanties de cette disposition ne trouvent pas à s’appliquer en l’espèce. Il s’ensuit que ce grief est incompatible ratione materiae avec les dispositions de la Convention au sens de l’article 35 § 3 et doit être rejeté en application de l’article 35 § 4.
29. Au vu de ce qui précède, elle n’estime pas nécessaire de se prononcer sur le reste des objections du Gouvernement.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
A. Équité de la procédure
30. Les requérants se plaignent du défaut d’équité de la procédure. Ils soutiennent que les tribunaux internes ont ignoré les rapports scientifiques, les témoignages et les autres preuves, et ont arbitrairement décidé, sans aucun argument, que le terrain faisait partie du domaine forestier. Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention.
31. Compte tenu de la formulation du grief, la Cour constate que les requérants remettent en cause essentiellement la manière dont les juridictions nationales ont apprécié les preuves. Elle observe que le tribunal cadastral a rendu son jugement à la lumière des différents rapports d’expertise ainsi que d’autres éléments recueillis de façon objective (paragraphe 15 ci-dessus).
32. En tout état de cause, dans la mesure où les requérants contestent en substance la solution adoptée par les tribunaux nationaux, la Cour rappelle qu’il ne lui appartient pas d’apprécier elle-même les éléments de fait ayant conduit une juridiction à adopter telle décision plutôt que telle autre, sinon elle s’érigerait en juge de troisième ou quatrième instance (Kemmache c. France (no 3), arrêt du 24 novembre 1994, série A no 296-C, § 44).
33. Il s’ensuit que le grief tiré de l’absence d’équité est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
B. Durée de la procédure
34. Les requérants allèguent que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » prévu par l’article 6 § 1 de la Convention.
35. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse. Il réitère ses objections préliminaires formulées pour l’article 1 du Protocole no 1 et soutient que l’affaire est très compliquée.
36. Toutefois, la Cour constate d’emblée que le grief dont il s’agit ne se heurte à aucun des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi le déclare-t-elle recevable.
37. Quant au fond, elle note que la procédure dont les requérants se plaignent a débuté le 4 janvier 1960 et a pris fin le 15 mars 2004. A partir du 28 janvier 1987, date de prise d’effet de la reconnaissance du droit de recours individuel par la Turquie, jusqu’au 15 mars 2004, plus de dix-sept ans se sont écoulés, pour deux degrés de juridiction, étant entendu que jusqu’alors plus de vingt-sept ans s’étaient déjà écoulés. Or, la Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, §§ 43-45, CEDH 2000-VII et Cankoçak c. Turquie, nos 25182/94 et 26956/95, § 25, 20 février 2001).
38. N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, pour les mêmes motifs.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
39. Les requérants réclament 2 990 182,5 euros (EUR) pour le dommage matériel qu’ils auraient subi en raison des décisions des tribunaux internes et de l’iniquité de la procédure. En se fondant sur les tarifs du barreau de Mersin, ils demandent 15 % de ce montant pour les honoraires de la représentation, soit 448 527,37 EUR.
Ils ne formulent aucune demande au titre du dommage moral.
40. Au vu de ce qui précède, la Cour rejette la demande des requérants au titre du dommage matériel. Quant à la demande relative aux honoraires, compte tenu de sa jurisprudence, la Cour la rejette également.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée de la procédure (article 6 § 1 de la Convention) et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 24 novembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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