Conclusione Violazione dell’art. 14+ P1-1; Parzialmente inammissibile; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA MUÑOZ DIAZ C. SPAGNA
( Richiesta no 49151/07)
SENTENZA
STRASBURGO
8 dicembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Muñoz Díaz c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 maggio 2009 e il 17 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 49151/07) diretta contro il Regno della Spagna e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra M. L. M. D. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 29 ottobre 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentato da Me il Sig. Q. d. L. L.-C., avvocato a Madrid. Il governo spagnolo (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, I. Blasco Lozano, capo del servizio giuridico dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia.
3. La richiedente, rom di nazionalità spagnola, si lamentava del rifiuto di versarle una pensione di reversione in seguito al decesso di M.D, anch’egli rom di nazionalità spagnola, al solo motivo che non formavano, agli occhi della legislazione spagnola, una coppia sposata. Adduceva la violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinazione con gli articoli 1 del Protocollo no 1 e 12 della Convenzione.
4. Il 13 maggio 2008, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Le parti hanno presentato le loro osservazioni. Alcune osservazioni sono state ricevute anche dell’Union Romaní che il presidente aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto in qualità di amicus curiae,( articolo 36 § 2 della Convenzione e 44 § 2 dell’ordinamento della Corte).
6. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 26 maggio 2009, articolo 59 § 3 dell’ordinamento.
Sono comparsi:
-per il Governo
Il Sig. Ignacio Blasco Lozano, capo del servizio dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia, agente,
-per la richiedente
OMISSIS.
-per il terza partito
OMISSIS.
La Corte ha ascoltato il Sig. Blasco, Q. d. L. e Me S. nelle loro dichiarazioni così come nelle loro risposte alle domande poste dai giudici L. López Guerra ed E. Myjer. Ha ascoltato anche il Sig. R. H. e la Sig.ra M. D., la richiedente.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. La richiedente è nata nel 1956 e risiede a Madrid.
8. La richiedente ed il Sig. D., appartenenti tutti e due alla comunità rom, si sposarono nel novembre 1971 secondo i riti propri alla loro comunità. Il matrimonio fu celebrato conformemente ai costumi e alle tradizioni culturali rom, e riconosciuti dalla loro comunità. Per la comunità rom, il matrimonio celebrato secondo i suoi costumi provoca gli effetti sociali derivanti dal matrimonio, la riconoscenza pubblica, l’obbligo di vita comune e l’insieme degli altri doveri e diritti che derivano da tale istituzione.
9. La richiedente ebbe sei bambini che furono iscritti sullo stato di famiglia con dati anagrafici rilasciati alla coppia dall’amministrazione spagnola (Registro civile, l’ 11 agosto 1983,).
10. Il 14 ottobre 1986, la richiedente e sua famiglia si videro riconoscere la situazione di famiglia numerosa di prima categoria, sotto il no 28/2220/8, in applicazione della legge 25/1971 del 19 giugno 1971 sulla protezione delle famiglie numerose.
11. Il 24 dicembre 2000, il marito della richiedente decedette. Muratore di professione, al momento del suo decesso, lavorava e si era quotato alla previdenza sociale durante diciannove anni, tre mesi ed otto giorni ed aveva, al suo carico, sua sposa, in quanto tale, ed i suoi sei bambini. Era titolare di una tessera di beneficiario della Previdenza Sociale, timbrata dall’agenzia no 7 di Madrid dell’istituto nazionale di Previdenza Sociale.
12. La richiedente chiese di beneficiare di una pensione di reversione. Con una decisione del 27 marzo 2001, l’istituto nazionale della previdenza sociale (INSS) gliela rifiutò, “nella misura in cui [la richiedente] non era mai la moglie della persona deceduta prima della data del suo decesso, come esige il paragrafo 2 della settima disposizione addizionale della legge 30/1981, del 7 luglio 1981, in vigore al momento dei fatti, composto con l’articolo 174 della legge generale sulla previdenza sociale (LGSS), approvata dal decreto reale legislativo 1/1994 del 20 giugno 1994.”
13. Questa decisione fu confermata da una decisione del 10 maggio 2001 dello stesso Istituto.
14. La richiedente investì allora la giurisdizione del lavoro. Con un giudizio del 30 maggio 2002 del giudice del lavoro no 12 di Madrid, si vide accordare il diritto di percepire una pensione di reversione con una base di 903,29 euro al mese, essendo riconosciuti così degli effetti civili al suo matrimonio rom. La parte pertinente del giudizio era formulata come segue:
“(…) Nel nostro paese, la minoranza rom (etnia gitana) è impiantato da tempi immemorabili ed è conosciuto che questa minoranza celebri il matrimonio secondo i riti e le tradizioni che hanno forza di legge tra le parti. Questi matrimoni non sono considerati come contrari alla morale né all’ordine pubblico e sono riconosciuti socialmente.
(…) L’articolo 61 del codice civile enuncia che il matrimonio ha degli effetti civili fin dalla sua celebrazione ma che l’iscrizione al Registro civile è necessaria affinché questi effetti siano riconosciuti. A questo riguardo, il matrimonio rom non è iscritto al Registro civile, perché non è stato considerato dallo stato come un a componente della cultura etnica che è presente nel nostro paese da secoli.
(…) L’argomento che viene opposto alla richiedente per negare di versarle la pensione di reversione è esclusivamente il mancato riconoscimento degli effetti civili del suo matrimonio con l’avente diritto, attivo di nazionalità spagnola, soggetto ai diritti ed agli obblighi regolati dal diritto interno e comunitario, nonostante il fatto che la Spagna abbia ratificato la Convenzione internazionale dell’ONU del 7 marzo 1966 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
(…) La mancanza di regolamentazione della riconoscenza degli effetti civili del matrimonio rom non potrebbe impedire l’azione protettiva che lo stato si è imposto definendo le norme di previdenza sociale.
(…) La direttiva 2000/43/CE relativa al collocamento in opera del principio dell’uguaglianza di trattamento tra le persone senza distinzione di razza o di origine etnica è applicabile al caso specifico, dove la prestazione rifiutata trova la sua origine nella relazione di lavoro dell’avente diritto, deceduto di causa naturale quando era in attività. (…) L’articolo 4 § 1 del Codice civile enuncia [che] “si procede ad un’applicazione per analogia delle norme quando queste non considerano il caso specifico ma ne mirano un altro, analogo con cui una similitudine di oggetto può essere percepita.” Suddetta applicazione per analogia è applicabile al caso specifico.
(…)
Il matrimonio del richiedente non è iscritto al Registro civile, sebbene ciò non sia escluso espressamente. Non gli sono riconosciuti gli effetti civili, né il godimento della protezione sociale del superstite in caso di decesso di uno dei due congiunti. Il matrimonio rom è ignorato dalla legislazione spagnola, malgrado il radicamento socioculturale che suddetta etnia ha nel nostro paese. Però, siccome è stato detto precedentemente, il matrimonio conforme ai riti e ai costumi religiosi che erano ancora recentemente estranei alla nostra società dispone [bene] di una cornice legale. Sono dei casi analoghi dunque, eccezione fatta che non si tratti di una religione. Hanno una similitudine di oggetto (comunità di culture e costumi che sono presenti in seno allo stato spagnolo). Il rifiuto dell’INSS di concedere alla richiedente una pensione di reversione, con come solo ostacolo il fatto che il matrimonio contratto dall’avente diritto e dalla sua vedova non sono stati riconosciuti, rivela un trattamento discriminatorio a ragione dell’appartenenza etnica, contrario all’articolo 14 della Costituzione spagnola ed alla direttiva 2000/43/CE. “
15. L’INSS fece appello. Con una sentenza del 7 novembre 2002, il tribunale superiore di giustizia di Madrid annullò il giudizio attaccato. La decisione era motivata come segue:
“(…) Conviene segnalare che il principio di uguaglianza e di non discriminazione si fonda sull’idea che le situazioni uguali devono essere oggetto di un trattamento uguale e sull’[idea] che un trattamento uguale applicato alle situazioni che non sono uguali costituisce un’ingiustizia. Ciò suppone anche che non bisogna scostarsi della legge applicabile a tutti in un modo [che permetterebbe di] fare più di eccezioni di quelle contemplata espressamente in suddetta legge.
(…) Bisogna distinguere ciò che dipende dalla legislazione in vigore ed applicabile in ogni momento da ciò che può intendersi come auspicabile da un settore della società.
(…) In conformità con ciò che è previsto dall’articolo 49 del codice civile, ogni Spagnolo, come la richiedente ed avente diritto, può scegliere o un matrimonio civile dinnanzi al giudice, il sindaco o un funzionario pubblico designato [dallo stesso codice], o un matrimonio religioso previsto dalla legge.
(…) Conformemente a tutto ciò, se il matrimonio civile si deve celebrare attraverso delle forme regolamentate, il matrimonio religioso lo deve essere anch’egli, sotto le forme previste da una confessione religiosa- essendo poste queste forme dallo stato, o, a difetto, ammesse dalla legislazione di questo ultimo. [In queste circostanze] il matrimonio produce degli effetti civili.
(…) Il matrimonio celebrato unicamente ed esclusivamente secondo i riti rom non rientra in nessuno dei casi enunciati, perché anche se si tratta di un etnie, le norme o le forme di questa ultima non produce alcun effetto giuridico al di là della sua cornice, e non è consacrato dalla legge che contempla la pensione controversa. [Questo matrimonio] che ha certo un senso e beneficia di una riconoscenza sociale nell’ambiente riguardato, non esclude e non sostituisce attualmente la legge in vigore ed applicabile allo specifico, quando si tratta di un matrimonio tra Spagnoli celebrato in Spagna. Un’etnia, dall’altro parte, costituisce solo un gruppo che si differenzia per un motivo fondato sulla razza(…) ed un rito non è altro che un costume o una cerimonia.
(…) Trattandosi di un costume, questo, secondo l’articolo 1 § 3 del Codice civile dunque, interviene solamente in mancanza di legge applicabile. (…) Non sono rimessi in questione la moralità o la conformità di questo rito all’ordine pubblico, ma unicamente la sua capacità di generare degli obblighi erga omnes, siccome esistono in Spagna delle norme legali che regolano il matrimonio. La risposta, evidentemente, ha il dovere di essere negativa.
(…)
Il matrimonio, per produrre degli effetti civili, può essere solamente quello celebrato civilmente o religiosamente secondo i termini espressi precedentemente. Il matrimonio rom non corrisponde, nella reale configurazione del nostro diritto, alla natura dei matrimoni precitati. L’articolo 174 del LGSS esige la qualità di coniuge del defunto per avere l’utile della pensione di reversione, e la nozione di coniuge è interpretata rigorosamente secondo una giurisprudenza costituzionale ed ordinaria costante, malgrado le voci dissidenti, conformemente alle quali sono esclusi da questa prestazione i concubini di fatto così come molto altri che, in definitiva, non sono sposati in conformità con la legge applicabile. “
16. La richiedente investì allora il Tribunale costituzionale di un ricorso di amparo invocando il principio di non discriminazione fondato sulla razza e la condizione sociale. Con una sentenza del 16 aprile 2007, il Tribunale costituzionale respinse il ricorso, esprimendosi nei seguenti termini,:
(…) Il Tribunale, riunendosi in formazione plenaria, ha reiterato le ragioni che permettono di concludere che limitare la pensione di reversione ai casi di coabitazione istituzionalizzata in quanto marito e moglie, escludendo altre forme di unioni o coabitazioni, non costituisce una discriminazione per ragioni sociali. A questo riguardo, è stato sostenuto che il legislatore dispone di un importante margine di manovra per determinare la configurazione del sistema di previdenza sociale così come per valutare le circostanze socioeconomiche trattandosi di amministrare delle risorse limitate per rispondere ad un gran numero di bisogni sociali, tenuto conto del fatto che il diritto alla pensione di reversione non è rigorosamente condizionato, in un regime contributivo, ad una situazione reale di necessità o di dipendenza economica, o ancora incapacità di lavoro per il coniuge superstite. La Camera plenaria del Tribunale si è espressa ad ogni modo, anche sul fatto che l’estensione, da parte del legislatore, della pensione di reversione ad altre unioni differenti, non è proibita neanche dall’articolo 14 della Costituzione spagnola.
(…)
Una discriminazione supposta per considerazioni sociali è da scartare per le ragioni precitate. (…) Nessuna violazione dell’articolo 14 può derivare a causa della concreta limitazione della pensione di reversione al legame matrimoniale.
Allo stesso modo, non c’è trattamento discriminatorio diretto o indiretto, per ragioni razziali o etniche, derivante dal fatto che l’unione della richiedente, conforme ai riti e ai costumi rom, non sia stata assimilata al legame matrimoniale a riguardo degli effetti di suddetta pensione, e che le sia stato applicato lo stesso regime giuridico di quello delle unioni “more uxorio”.
Da una parte, (…) il Tribunale ha reiterato che “la discriminazione per indifferenziazione ” non risulta dall’articolo 14 della Costituzione spagnola, perché il principio di uguaglianza non consacra un diritto ad un trattamento [differenziato], né non viene a proteggere la mancanza di distinzione tra i differenti casi. Non esiste un diritto soggettivo ad un trattamento normativo differenziato dunque. (…)
Dall’altra parte, l’esigenza legale di un legame matrimoniale come condizione di godimento della pensione di reversione e l’interpretazione risultante dalla decisione attaccata che tiene conto del legame matrimoniale generato dalle forme legalmente riconosciute di accesso al matrimonio e non di altre forme di coabitazione, in particolare le unioni secondo gli usi e i costumi rom – non essendo legata questa esigenza in nessun caso alle considerazioni razziali o etniche, ma al fatto [per gli interessati] di avere preso liberamente la decisione di non formalizzare il matrimonio tramite le vie legali, civili o confessionali riconosciute-non prende mai in considerazione l’appartenenza ad una razza né i costumi di una determinata etnia a scapito degli altri. Perciò, non c’è nessuna forma di discriminazione dissimulata a riguardo dell’etnia rom. (…)
Bisogna respingere infine l’idea che la riconoscenza degli effetti civili al legame matrimoniale che proviene da certi determinati riti religiosi, ma no a quelli celebrati in virtù dei riti e dei costumi rom, ed il rifiuto dell’organo giurisdizionale di procedere ad un’applicazione per analogia, provocano, direttamente o indirettamente, la discriminazione etnica addotta. (…)
Per riassumere, tenuto conto del fatto che la legge stabilisce una possibilità generale, neutra di un punto di vista razziale ed etnico, di aderire ad una forma civile di matrimonio, e che il legislatore, quando ha deciso di legare degli effetti legali ad altre forme di accesso al legame matrimoniale, l’ha fatto sulla base esclusiva di considerazioni religiose e di conseguenza senza invocare nessuna ragione etnicao, nessuno trattamento discriminatorio a connotazione etnica come addotto può essere constatato. “
17. Un’opinione dissidente era unita alla sentenza. Si riferiva alla sentenza 199/2004 in cui il Tribunale costituzionale aveva concluso alla violazione del diritto all’uguaglianza trattandosi del vedovo di una funzionaria, dopo avere constatato l’esistenza di una relazione coniugale ma non di un matrimonio, nella misura in cui non c’era iscrizione al registro civile, i contraenti avendo rifiutato difatti espressamente l’iscrizione della loro relazione coniugale in suddetto registro che era stata celebrata sotto una forma religiosa.
18. Per il magistrato dissidente, questo caso del coniuge superstite di un matrimonio religioso non iscritto era comparabile a quello della richiedente, per il fatto che i due richiedenti rivendicavano una pensione di reversione sul fondamento di ciò che stimavano essere un legame matrimoniale, malgrado la mancanza di iscrizione di questo legame sul registro civile.
19. D’Altra parte, il magistrato dissidente ricordò che, sebbene la Spagna fosse parte alla Convenzione -cornice per la protezione dalle minoranze nazionali, firmata a Strasburgo il 1 febbraio 1995, la giurisprudenza del Tribunale costituzionale non prendeva in conto i riti, le pratiche e i costumi di un’etnia o di un gruppo concreto, o non considerava ancora come validi o suscettibili di protezione costituzionale gli atti di persone appartenenti alle minoranze che richiedevano il rispetto delle loro tradizioni culturali.
20. Secondo il magistrato dissidente, la situazione esposta da questo ricorso amparo dimostrava, per la prima volta, che la protezione delle minoranze aveva molto una portata costituzionale più estesa della semplice risposta ricevuta dalla richiedente. La richiedente non avrebbe dovuto essere costretta ad investire le istanze sovranazionali per ottenere la protezione richiesta. Nei casi di protezione delle minoranze etniche, la garanzia dell’uguaglianza esigeva delle misure di discriminazione positive in favore della minoranza sfavorita e che venisse rispettato, con la sensibilità adeguata, il valore soggettivo che una persona appartenente a suddetta minoranza lega ed esige in quanto al rispetto delle sue tradizioni ed all’eredità della sua identità culturale. Il magistrato dissidente conclude così:
“È sproporzionato che lo stato spagnolo che ha preso in considerazione la richiedente e la sua famiglia rom assegnando loro uno stato di famiglia con dati anagrafici, riconoscendo loro la qualità di famiglia numerosa, accordando a lei ed ai suoi sei figli un’assistenza in materia di salute e avendo percepito delle quote corrispondenti di suo marito rom per diciannove anni, tre mesi ed otto giorni, non volere riconoscere oggi il matrimonio rom in materia di pensione di reversione. “
21. Il 3 dicembre 2008, in applicazione della terza disposizione addizionale della legge 40/2007 del 4 dicembre 2007 relativa a certe misure di previdenza sociale, la richiedente si vide concedere una pensione di reversione a contare dal 1 gennaio 2007, in quanto compagna di M.D.
II. IL DIRITTO INTERNO ED EUROPEO PERTINENTE
22. Le disposizioni costituzionali applicabili sono le seguenti.
Articolo 14.
“Gli Spagnoli sono uguali dinnanzi alla legge; non possono essere oggetto di nessuna discriminazione fondata sulla nascita, la razza, il sesso, la religione, le opinioni o su non importa quale altra condizione o circostanza personale o sociale.”
Articolo 16
“1. La libertà ideologica, religiosa e di culto degli individui e delle comunità è garantita senza altre restrizioni, in quanto alle sue manifestazioni se non quelle che sono necessarie al mantenimento dell’ordine pubblico protetto dalla legge.
2. Nessuno potrà essere obbligato a dichiarare la sua ideologia, la sua religione o le sue credenze.
(…) “
Articolo 32 § 2
“1. L’uomo e la donna hanno il diritto di contrarre matrimonio in piena uguaglianza giuridica.
2. La legge determinerà le forme del matrimonio, l’età e la capacità richiesta per contrarlo, i diritti ed i doveri dei coniugi, le cause di separazione e di scioglimento ed i loro effetti.
23. Le disposizioni pertinenti del codice civile, nella sua versione in vigore nel 1971, si leggono così.
Articolo 42
“La legge riconosce due tipi di matrimonio: il matrimonio canonico ed il matrimonio civile.
Il matrimonio deve essere contratto canonicamente quando almeno uno dei contraenti è di religione cattolica.
Il matrimonio civile è autorizzato quando è provato che nessuno dei contraenti è di religione cattolica.”
24. Le disposizioni applicabili nello specifico dell’ordinamento del Registro civile come in vigore al momento dei fatti (decreto 1138/1969, del 22 maggio 1969) sono formulate così.
Articolo 245
“Le persone che hanno rinunciato alla religione cattolica devono, al più presto, presentare la prova che suddetta rinuncia è stata comunicata dall’interessato al curato del suo domicilio .”
Articolo 246
“(…)
2. Nei casi non contemplati dalla disposizione precedente, la prova di non – appartenenza alla religione cattolica può essere portata o tramite un attestato che certifica l’appartenenza ad un’altra confessione religiosa, rilasciata dal ministro competente o il rappresentante autorizzato dell’associazione confessionale in causa, o tramite una dichiarazione espressa dell’interessato dinnanzi al funzionario del Registro.”
25. Le disposizioni pertinenti del codice civile, nella sua versione attualmente in vigore, sono le seguenti.
Articolo 44
“L’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi conformemente alle disposizioni del presente codificano.”
Articolo 49
“Ogni cittadino spagnolo può sposarsi in Spagna o all’estero:
1. Dinnanzi ad un giudice, un sindaco o un funzionario previsto dal presente codice.
2. Nella forma religiosa legalmente prevista.
[Ogni cittadino spagnolo] può sposarsi anche all’estero conformemente alle forme richieste dalla legge del luogo della celebrazione.”
26. Le disposizioni pertinenti della legge no 30/1981, del 7 luglio 1981, che portano modifica delle disposizioni del codice civile che regolamenta il matrimonio ed il procedimento da seguire per i casi di nullità, separazione e divorzio.
Decima disposizione addizionale
“(…)
2. [Trattandosi delle persone] che non si sono potute sposare in ragione della legislazione in vigore ad oggi ma che hanno vissuto come [una coppia sposata], quando il decesso di uno dei partner sopraggiunge prima dell’entrata della presente legge in vigore, il superstite avrà diritto alle prestazioni mirate al capoverso primo della presente disposizione ed alla pensione corrispondente conformemente al seguente” capoverso.
27. L’articolo 2 della legge 25/1971 del 19 giugno 1971 relativo alla protezione delle famiglie numerose è formulata così.
Articolo 2
“1. È considerata come una famiglia numerosa quella che, riunendo le altre condizioni fissate dalla presente legge, è costituita da:
a) il capofamiglia, il suo coniuge e quattro bambini o più .”
28. L’articolo 174 della legge generale relativa alla previdenza sociale, come in vigore al momento dei fatti, si legge così.
Articolo 174
“1. Il coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversione.
2. (…) In caso di nullità del matrimonio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto al coniuge superstite, proporzionalmente al periodo di coabitazione con al’avente diritto, sotto riserva che non abbia dato prova di malafede e che non si sia risposato “
29. L’articolo 174 della legge generale sulla previdenza sociale, approvata col decreto reale legislativo 1/1994 del 20 giugno 1994, è formulato così.
Articolo 174
“1. Ha diritto ad una pensione di reversione a vita il coniuge superstite quando, al decesso del suo coniuge, questo ultimo lavorava e aveva versato le quote per il periodo fissato dalla legge
2. Nei casi di separazione o di divorzio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto a quello che è o è stato il coniuge legittimo, sotto riserva, in questo ultimo caso, che non sia risposato, proporzionalmente al periodo di coabitazione col coniuge deceduto ed a prescindere dalle cause all’origine della separazione o del divorzio.
In caso di nullità del matrimonio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto al coniuge superstite sotto riserva che non abbia dato prova di malafede e che non si sia risposato, proporzionalmente al periodo di coabitazione con l’avente causa. (…) “
30. La legge 40/2007 del 4 dicembre 2007 su delle misure relative alla previdenza sociale, portavabi modifica della legge generale sulla previdenza sociale.
Terza disposizione addizionale
“Eccezionalmente, il diritto alla pensione di reversione sarà riconosciuto quando il decesso dell’avente diritto ha avuto luogo prima dell’entrata in vigore della presente legge, sotto riserva che le seguenti condizioni siano riunite:
a. al momento del decesso dell’avente diritto, attivo e che versava le quote alla previdenza sociale come previsto dall’articolo 174 del testo semplificato della legge generale sulla previdenza sociale, [il superstite] non ha potuto fare valere il diritto alla pensione di reversione
b. il beneficiario e l’avente diritto ha coabitato in modo ininterrotto in quanto concubini per almeno i sei anni che precedono il decesso di questo ultimo;
c. l’avente diritto ed il beneficiario hanno avuto dei bambini in comune;
d. il beneficiario non ha un diritto riconosciuto a percepire una pensione contributiva della previdenza sociale.
e. per avere accesso alla [presente] pensione, la domanda deve essere fatta in un termine non prorogabile di dodici mesi seguenti l’entrata in vigore di questa legge. La riconoscenza del diritto alla pensione produrrà i suoi effetti a partire dal 1 gennaio 2007, sotto riserva che tutte le condizioni previste da questa disposizione siano riunite”.
31. Diversi accordi di cooperazione sono stati conclusi tra il Governo e delle confessioni religiose: accordo con la Santa Sede (Concordato del 1979), accordo con la Federazione evangelica con la legge no 24/1992 del 10 novembre 1992, accordo con la Commissione islamica con la legge no 26/1992 del 10 novembre 1992 ed accordo con la Federazione israelitica con la legge no 25/1992 del 10 novembre 1992. I matrimoni conclusi secondo i riti di queste confessioni sono riconosciuti di conseguenza dallo stato spagnolo come costituenti una forma di manifestazione del consenso per sposarsi. Producono dunque degli effetti civili in virtù degli accordi passati con lo stato.
32. La giurisprudenza pertinente del Tribunale costituzionale
Le sentenze del Tribunale costituzionale no 260/1988 del 22 dicembre 1988 e 155/1998 del 13 giugno 1998, tra l’altro, riguardano dei diritti alla pensione di reversione nei casi dove il matrimonio canonico non era possibile in ragione dell’impossibilità di divorziare.
La sentenza del Tribunale costituzionale no 180/2001 del 17 settembre 2001 riconosce il diritto all’ indennizzo per decesso del compagno se il matrimonio canonico non fosse possibile in ragione di una contraddizione con la libertà di coscienza e di religione, prima della modifica legislativa operata nel 1981,
La sentenza del Tribunale costituzionale no 199/2004, del 15 novembre 2004 verte un diritto alla pensione di reversione derivato da un matrimonio canonico che non assolveva le condizioni formali poste dalla legge poiché era volontariamente non iscritto sul Registro civile. Il Tribunale costituzionale ha riconosciuto in questo caso il diritto del vedovo a percepire una pensione di reversione.
33. La Convenzione- quadro del Consiglio dell’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, aperta alla firma il 1 febbraio 1995, contiene in particolare le seguenti disposizioni:
Articolo 1
La protezione delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste minoranze fa parte integrante della protezione internazionale dei diritti dell’uomo e, come tale, costituisce un ambito della cooperazione internazionale.
(…)
Articolo 4
1. Le Parti si avviano a garantire ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto all’uguaglianza dinnanzi alla legge ed ad un’uguale protezione della legge. A questo riguardo, ogni discriminazione fondata sull’appartenenza ad una minoranza nazionale è vietata.
2. Le Parti si avviano ad adottare, se c’è luogo, delle misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i campi della vita economica, sociale, politica e culturale, un’uguaglianza piena ed effettiva tra le persone che appartengono ad una minoranza nazionale e quelle che appartengono alla maggioranza. Tengono debitamente conto, a questo riguardo, delle condizioni specifiche delle persone appartenenti alle minoranze nazionali.
3. Le misure adottate conformemente al paragrafo 2 non sono considerate come un atto di discriminazione.
Articolo 5
1. Le Parti si avviano a promuovere le condizioni proprie a permettere alle persone appartenenti alle minoranze nazionali di conservare e sviluppare la loro cultura, così come di preservare gli elementi essenziali della loro identità che sono la loro religione, la loro lingua, le loro tradizioni ed il loro patrimonio culturale.
2. Senza danno delle misure prese nella cornice della loro politica generale di integrazione, le Parti si astengono dai ogni politica o pratica che tende ad un’assimilazione contro la loro volontà delle persone appartenenti alle minoranze nazionali e proteggono queste persone contro ogni azione destinata a tale assimilazione. “
34. La Spagna ha firmato la Convenzione il giorno in cui è stata aperta alla firma e l’ha ratificata il 1 settembre 1995. È entrata in vigore a suo riguardo il 1 febbraio 1998.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATO CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
35. La richiedente si lamenta che il rifiuto di accordarle una pensione di reversione al motivo che il suo matrimonio celebrato secondo i riti del minoranza rom alla quale appartiene è privo di effetti civili porti pregiudizio al principio di non discriminazione riconosciuto dall’articolo 14 della Convenzione, composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Le disposizioni citate sono formulate così:
Articolo 14 della Convenzione
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale (…)”
A. Sull’ammissibilità
36. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) La richiedente
37. La richiedente osserva che il Governo non spiega perché la sua situazione è considerata come una relazione more uxorio e non come un matrimonio nullo in buona fede che sarebbe suscettibile di darle diritto, in quanto coniuge superstite, ad una pensione di reversione. Sottolinea che non aveva nessuna ragione di pensare che i diritti sociali di cui beneficiava durante la vita di suo marito le sarebbero stati tolti all’epoca del decesso di questo ultimo.
38. La richiedente sottolinea che, in altri casi, l’inesistenza di un qualsiasi matrimonio “legittimo” non ha impedito la concessione di tale pensione: così, nella legge generale riguardante la previdenza sociale, il diritto ad una pensione è riconosciuto al coniuge in buona fede in caso di nullità del matrimonio. Inoltre, la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto alla pensione nel caso di unioni non iscritte sul Registro civile quando le parti credevano all’esistenza del matrimonio, o quando la legge impediva il matrimonio in ragione dell’impossibilità di divorziare, o quando il matrimonio era in contraddizione con le credenze degli interessati.
b) Il Governo
39. Il Governo si oppone a questa tesi. Stima che, essendo la legge applicata alla richiedente la stessa per tutti gli Spagnoli, non si deve rilevare nessuna discriminazione fondata sull’etnia o su un’altra ragione, essendo dovuta la differenza di trattamento addotta al fatto che la richiedente non era sposata ma aveva una relazione more uxorio con M.D.
40. Il Governo sottolinea che niente obbliga a trattare allo stesso modo quelli che rispettano le formalità previste dalla legge e quelli che, senza essere impediti, non le rispettano. L’esigenza posta dalla legge dell’esistenza di un legame matrimoniale legale per percepire una pensione di reversione non costituisce una differenza fondata su delle ragioni razziali o etniche. Il rifiuto di accordare suddetta pensione alla richiedente ha per causa la sua libera e volontaria decisione di non conformarsi alle formalità legali del matrimonio che non sono basate sull’appartenenza ad una determinata razza, né sulle tradizioni, usi o costumi di un etnia che fanno torto ad altri. Queste formalità non costituiscono una discriminazione diretta o indiretta dei Rom dunque.
c) La terza parte
41. L’Unión Romaní sottolinea che il matrimonio rom non è differente dagli altri tipi di matrimonio. Spiega che il matrimonio rom esiste appena una moglie ed un uomo esprimono la loro volontà di vivere insieme col desiderio di fondare una famiglia che è il fondamento del comunità rom. Stima sproporzionata il fatto che lo Stato spagnolo, dopo avere fornito alla richiedente ed alla sua famiglia uno stato di famiglia con dati anagrafici, dopo avere riconosciuto loro la situazione di famiglia numerosa, dopo aver accordata un’assistenza in materia di salute all’interessata ed i suoi sei bambini ed incassato le quote di suo marito per più di diciannove anni, ignori oggi la validità del suo matrimonio rom in materia di pensione di reversione.
2. Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1
42. La Corte ricorda che l’articolo 14 della Convenzione non ha esistenza indipendente poiché vale unicamente per il godimento dei diritti e delle libertà garantiti dalle altre clausole normative della Convenzione e dei suoi Protocolli (vedere, tra molte altri, Burden c. Regno Unito [GC], no 13378/05, § 58, 29 aprile 2008). L’applicazione dell’articolo 14 non presuppone necessariamente la violazione di uno dei diritti materiali garantiti dalla Convenzione. Occorre, ma basta, che i fatti della causa ricadano almeno “sotto l’impero” di un degli articoli della Convenzione (vedere, tra molte altre, Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996, § 36, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, Thlimmenos c. Grecia [GC], no 34369/97, § 40, CEDH 2000-IV, Koua Poirrez c. Francia, no 40892/98, § 36, CEDH 2003-X ed Andrejeva c. Lettonia [GC], no 55707/00, § 74, 18 febbraio 2009.) L’interdizione della discriminazione che consacra l’articolo 14 supera dunque il godimento dei diritti e delle libertà che la Convenzione ed i suoi Protocolli impongono ad ogni Stato di garantire. Si applica anche ai diritti addizionali, che dipendono dal campo di applicazione generale di ogni articolo della Convenzione, che lo stato ha deciso volontariamente di proteggere (Stec ed altri c. Regno Unito, déc.) [GC], numeri 65731/01 e 65900/01, § 40 CEDH 2005-X).
43. Conviene quindi determinare se l’interesse della richiedente a percepire dallo stato una pensione di reversione ricada “sotto l’impero” o “nel campo di applicazione” dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
44. La Corte ha affermato che tutti i principi che si applicano generalmente alle cause concernenti l’articolo 1 del Protocollo no 1 mantengono tutta la loro pertinenza nell’ambito dagli assegni mutualistici (Andrejeva c. Lettonia, precitata, § 77). Così, questa disposizione non garantisce, in quanto tale, nessuno diritto di diventare proprietario di un bene (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35 b, CEDH 2004-IX) né, in quanto tale, nessun diritto ad una pensione di un dato importo (vedere, per esempio, Domalewski c. Polonia, (dec.), no 34610/97, CEDH 1999-V, e Janković c. Croazia, (dec.), no 43440/98, CEDH 2000-X). Inoltre, l’articolo 1 non impone nessuna restrizione alla libertà per gli Stati contraenti di decidere di instaurare o meno un regime di protezione sociale o di scegliere il tipo o il livello delle prestazioni che si suppone debbano essere accordate a titolo di simile regime. In compenso, dal momento che un Stato contraente mette in posto una legislazione che contempla il versamento di un assegno mutualistico -che la concessione di questa prestazione dipenda o meno dal versamento preliminare di quote-, questa legislazione deve essere considerata come generante un interesse patrimoniale che dipende dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 per le persone che assolvono le sue condizioni (Stec ed altri, decisione precitata, § 54).
45. Come la Corte ha detto nella decisione Stec ed altri, precitata, “[in] certi casi come quello dello specifico, dove dei richiedenti formulano sul terreno dell’articolo 14 composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1 un motivo di appello ai termini del quale sono stati privati, in tutto o in parte e per un motivo discriminatorio mirato all’articolo 14, di una data prestazione, il criterio pertinente consiste nel ricercare se, non ci fosse stata la condizione di concessione controversa, gli interessati avrebbero avuto un diritto, sanzionabile di fronte ai tribunali interni, a percepire la prestazione in causa. Così [l’articolo 1 del] Protocollo no 1 non comprende un diritto di percepire degli assegni mutualistici, di qualsiasi tipo questi siano, quando un Stato decide di creare un regime di prestazioni, deve farlo in modo compatibile con l’articolo 14” (ibidem, § 55).
46. Tenuto conto di ciò che precede, a causa dell’appartenenza della richiedente al comunità rom e della sua qualità di coniuge di M.D, riconosciuta in certi casi dalle autorità spagnole ma non per ciò che riguarda la pensione di reversione, la Corte stima che gli interessi patrimoniali della richiedente si introducono nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e del diritto al rispetto dei beni che garantisce, ciò che basta per rendere l’articolo 14 della Convenzione applicabile.
3. Sull’osservazione dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1
a) La giurisprudenza della Corte
47. Secondo la giurisprudenza stabilita della Corte, la discriminazione consiste nel trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste in situazioni comparabili. La “mancanza di giustificazione obiettiva e ragionevole” significa che la distinzione controversa non insegue uno “scopo legittimo” o che non c’è “rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto” (D.H. ed altri c. Repubblica ceca [GC], no 57325/00, §§ 175 e 196, CEDH 2007 -…, e la giurisprudenza citata).
48. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e in quale misura delle distinzioni giustificano delle differenze di trattamento tra le situazioni ad altri riguardi analoghe (vedere, in particolare, le sentenze precitate Gaygusuz, § 42, e Thlimmenos, § 40). La superficie di questo margine varia secondo le circostanze, gli ambiti ed il contesto. Così, per esempio, l’articolo 14 non vieta ad un Stato membro di trattare dei gruppi in modo differenziato per correggere delle “disuguaglianze di fatto” tra essi; di fatto, in certe circostanze, è la mancanza di un trattamento differenziato per correggere una disuguaglianza che può, senza giustificazione obiettiva e ragionevole, portare violazione della disposizione in causa (Thlimmenos, § 44, e Stec ed altri c. Regno Unito [GC], no 65731/01, § 51, CEDH 2006 -…, D.H. ed altri, precitata, § 175).
49. Un ampio margine di valutazione è lasciato parimenti, di solito allo stato per prendere delle misure di ordine generale in materia economica o sociale. Grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è di utilità pubblica in materia economica o in materia sociale. La Corte rispetta in principio il modo in cui lo stato concepisce gli imperativi d’utilità pubblica, salvo se il suo giudizio si rivela “manifestamente privo di base ragionevole” (vedere, per esempio, National and Provincial Building Society ed altri c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, Raccolta 1997-VII, § 80, e Stec ed altri, precitato, § 52.
50. Infine, per ciò che riguarda l’onere della prova sul terreno dell’articolo 14 della Convenzione, la Corte ha giudicato già che, quando un richiedente ha stabilito l’esistenza di una differenza di trattamento, incombe sul Governo di dimostrare che questa differenza di trattamento era giustificata (D.H. ed altri, § 177).
b) Applicazione della giurisprudenza alla presente causa
51. In quanto alle circostanze della presente causa, la richiedente si lamenta del rifiuto di accordarle una pensione di reversione in ragione del fatto che non era sposata con M.D, essendo stata considerata la sua unione secondo i riti e tradizioni rom come una relazione more uxorio, una semplice unione di fatto. Per la richiedente, assimilare la sua relazione con M.D. ad una semplice unione di fatto in quanto alla concessione della pensione di reversione, costituisce una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa discriminazione si fonda sul fatto che la sua istanza di pensione di reversione ha ricevuto un trattamento differente rispetto ad altri casi equivalenti in cui il diritto alla concessione della pensione di reversione è stato riconosciuto, in mancanza anche di matrimonio secondo le formalità legalmente stabilite, mentre, nel suo caso, né la sua buona fede né le conseguenze della sua appartenenza alla minoranza rom sono state prese in conto.
52. La Corte constata che la richiedente si è sposata col Sig. D. nel novembre 1971 secondo i riti e le tradizioni proprie alla comunità rom. Da questa unione sono nati sei figli. L’interessata ha vissuto con M.D. fino al decesso di questo ultimo, il 24 dicembre 2000. Il Registro civile ha rilasciato loro uno stato di famiglia con dati anagrafici l’ 11 agosto 1983, dove sono iscritti la coppia ed i suoi figli. Il 14 ottobre 1986, hanno ottenuto il titolo amministrativo di famiglia numerosa per cui la condizione di “coniuge” era richiesta (paragrafo 27 sopra) e hanno beneficiato di tutti i diritti ivi afferenti. Peraltro, M.D. era affiliato alla Previdenza sociale e ha versato le quote per diciannove anni, tre mesi ed otto giorni, ed egli era in possesso di una carta di beneficiario in cui figuravano a suo carico la richiedente, in quanto sposa, ed i suoi sei figli. Per la Corte si tratta di un documento ufficiale nella misura in cui è timbrato dall’agenzia no 7 di Madrid dell’INSS.
53. Concernente il regime relativo alle pensioni di reversione applicabile al momento dei fatti, la Corte osserva che la legge generale sulla previdenza sociale, nella sua versione in vigore all’epoca, riconosceva il diritto ad una pensione di reversione al coniuge superstite. Questa disposizione legale era completata tuttavia e sfumata sia nella legge stessa che nella giurisprudenza dei tribunali interni, ivi compreso quella del Tribunale costituzionale (paragrafo 32 sopra).
La giurisprudenza costituzionale prende in conto difatti, per la riconoscenza di pensioni di reversione, sia l’esistenza della buona fede sia la presenza di circostanze eccezionali che rendono impossibile la celebrazione del matrimonio, anche quando il matrimonio legalmente valido non aveva avuto luogo. La Corte rileva che la decima disposizione addizionale della legge 30/1981 del 7 luglio 1981 che modifica il regime matrimoniale (paragrafo 26 sopra) riconosce il diritto a percepire una pensione di reversione anche in mancanza di matrimonio, in caso di impossibilità di prestazione del consenso tramite rito canonico. Osserva che, secondo l’interpretazione di questa disposizione da parte della giurisprudenza costituzionale, è possibile concedere delle pensioni di reversione in caso di impossibilità a sposarsi, canonicamente, in ragione dell’inesistenza di divorzio, o ancora quando il matrimonio è in contraddizione con le credenze dei coniugi (paragrafo 32 sopra). In quanto alla legge generale riguardante la previdenza sociale come in vigore al momento dei fatti, riconosce, nel suo articolo 174, il diritto del coniuge in buona fede ad una pensione di reversione in caso di matrimonio nullo. Il Tribunale costituzionale ha riconosciuto peraltro, in particolare nella sua sentenza 99/04 (paragrafo 32 qui sopra) un diritto ad una pensione di reversione nel caso di un matrimonio canonico mentre le condizioni legalmente richieste non erano assolte, non essendo stata iscritta l’unione sul Registro civile per motivi di coscienza.
54. Alla vista di ciò che precede, la questione che si pone nella presente causa è quella di sapere se il fatto per la richiedente di essersi vista negare il diritto di percepire una pensione di reversione rivela un trattamento discriminatorio fondato sull’appartenenza dell’interessata alla minoranza rom, rispetto al modo in cui la legislazione e la giurisprudenza trattano delle situazioni analoghe, quando gli interessati credono in buona fede all’esistenza del matrimonio anche se questo non era legalmente valido.
55. La richiedente basa la sua pretesa, da una parte, sulla sua convinzione che la sua unione, celebrata conformemente ai riti e tradizioni rom era valida e, dall’altra parte, sulla condotta delle autorità che gli hanno riconosciuto ufficialmente la qualità di moglie di M.D. e, di conseguenza, hanno ammesso secondo lei la validità del suo matrimonio.
56. La Corte stima che le due questioni sono legate intimamente. Osserva che le autorità nazionali non hanno negato che la richiedente credeva in buona fede alla realtà del suo matrimonio. La convinzione dell’interessata è tanto più credibile in quanto le autorità spagnole le hanno rilasciato parecchi documenti ufficiali che attestavano della sua qualità come moglie di M.D.
Per la Corte, conviene sottolineare l’importanza delle credenze che la richiedente trae dalla sua appartenenza al comunità rom, comunità che ha i suoi propri valori stabiliti e radicati nella società spagnola.
57. La Corte osserva, nello specifico che, quando la richiedente si sposò nel 1971 conformemente ai riti e alle tradizioni rom, non era possibile in Spagna, salvo dichiarazione preliminare di apostasia, sposarsi diversamente se non conformemente ai riti del diritto canonico della chiesa cattolica. La Corte stima che non si poteva esigere dalla richiedente, senza recare offesa al suo diritto alla libertà religiosa, che si sposasse legalmente, ossia secondo il diritto canonico nel 1971, quando espresse il suo consenso per sposarsi secondo i riti rom.
58. Certo, in seguito all’entrata in vigore della Costituzione spagnola del 1978 ed in virtù della legge 30/1981 del 7 luglio 1981 (paragrafo 26 sopra) la richiedente si sarebbe potuta sposare civilmente. La richiedente sostiene che in ogni buona fede, credeva che il matrimonio celebrato conformemente ai riti e alle tradizioni rom provocava tutti gli effetti propri a questa istituzione.
59. Per valutare la buona fede della richiedente, la Corte deve prendere in considerazione l’appartenenza di questa ad una comunità in seno alla quale la validità del matrimonio secondo i suoi propri riti e tradizioni non è stata mai contestata né considerata come contraria all’ordine pubblico dal Governo o dalle autorità nazionali che hanno riconosciuto anche a certi riguardi la qualità di moglie del richiedente. Stima che la forza delle credenze collettive di una comunità culturalmente ben definita non può essere ignorata.
60. La Corte osserva a questo riguardo che un consenso internazionale si fa giorno in seno agli Stati contraenti del Consiglio d’Europa per riconoscere i bisogni particolari delle minoranze e l’obbligo di proteggere la loro sicurezza, la loro identità ed il loro stile di vita, (vedere sopra il paragrafo 33, in particolare la Convenzione- quadro per la protezione delle minoranze) non solo allo scopo di proteggere gli interessi delle minoranze stesse ma anche per preservare la diversità culturale che è di beneficio per la società nel suo insieme ( Chapman c. Regno Unito [GC], no 27238/95, § 93, CEDH 2001-I).
61. La Corte stima che, se l’appartenenza ad una minoranza non dispensa il rispetto delle leggi che regolano il matrimonio, ciò può influire sul modo di applicare queste leggi. La Corte ha avuto già l’occasione di sottolineare nella sentenza Buckley, certo in un contesto differente, che la vulnerabilità dei rom, per il fatto che costituiscono una minoranza, implica di accordare un’attenzione speciale ai loro bisogni ed al loro stile di vita proprio, tanto nella cornice regolamentare valida in materia di pianificazione che all’epoca della presa di decisioni in casi particolari (sentenza Buckley c. Regno Unito, 25 settembre 1996, §§ 76, 80, 84, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, Chapman c. Regno Unito [GC], precitata, § 96, e Connors c. Regno Unito, no 66746/01, § 84, 27 maggio 2004).
62. Nello specifico, la convinzione della richiedente in quanto alla sua condizione di moglie sposata con tutti gli effetti inerenti a questo stato, è stata rinforzata innegabilmente dall’atteggiamento delle autorità che le hanno riconosciuto la qualità di moglie di M.D. e, molto concretamente, col rilascio di certi documenti di previdenza sociale, in particolare il documento di iscrizione al sistema che stabiliva la sua condizione di moglie e madre di una famiglia numerosa, situazione considerata come specialmente degna di aiuto e che esigeva, con applicazione della legge no 25/1971 del 19 giugno 1971, la riconoscenza della qualità di coniuge.
63. Per la Corte, la buona fede della richiedente in quanto alla validità del suo matrimonio, confermata dalla riconoscenza ufficiale della sua situazione dalle autorità, ha generato presso l’interessata l’attesa legittima di essere considerata come la sposa di M.D. e di formare una coppia sposata riconosciuta da questo. Dopo il decesso di M.D. è naturale che la richiedente abbia nutrito la speranza di vedersi riconoscere una pensione di reversione.
64. Di conseguenza, il rifiuto di riconoscere la qualità di coniuge alla richiedente ai fini dell’ottenimento di una pensione di reversione contraddice la riconoscenza preliminare di questa qualità da parte delle autorità. Questo rifiuto ha omesso peraltro di tenere conto delle specificità sociali e culturali della richiedente per valutare la buona fede di questa. A questo riguardo, la Corte ricorda che, conformemente alla Convenzione- quadro per la protezione delle minoranze nazionali (paragrafi 33 e 34 sopra) gli Stati parti a suddetta Convenzione si costringono a tenere debitamente conto delle condizioni specifiche delle persone appartenenti alle minoranze nazionali.
65. La Corte stima che il rifiuto di riconoscere il diritto per la richiedente a percepire una pensione di reversione costituisce una differenza di trattamento rispetto al trattamento dato, dalla legge o dalla giurisprudenza, ad altre situazioni che devono essere ritenute per equivalenti per ciò che riguarda gli effetti della buona fede, come la credenza di buona fede nell’esistenza di un matrimonio nullo (articolo 174 del LGSS) o la situazione esaminata nella sentenza del Tribunale costituzionale no 199/2004, del 15 novembre 2004-paragrafo 32 sopra-che riguardava la non-formalizzazione, per ragioni di coscienza, di un matrimonio canonico. La Corte stima accertato che, tenuto conto delle circostanze dello specifico, questa situazione costituisce una differenza di trattamento sproporzionato nei confronti la richiedente rispetto al trattamento riservato al matrimonio in buona fede.
66. Certo, l’articolo 174 del LGSS, come in vigore al momento dei fatti, riconosceva la pensione di reversione in caso di mancanza di matrimonio legale solo quando il matrimonio era nullo in buona fede. Però, questa disposizione non permette allo stato convenuto di esonerarsi da ogni responsabilità allo sguardo della Convenzione. La Corte osserva a questo riguardo che la legge 40/2007 ha introdotto nel LGSS la possibilità di vedersi concedere una pensione di reversione per i casi di unioni di fatto (paragrafo 30 sopra).
67. La Corte constata che, nel suo giudizio reso il 30 maggio 2002, il giudice del lavoro no 12 di Madrid ha interpretato la legislazione applicabile a favore della richiedente. Ha fatto riferimento all’articolo 4 § 1 del codice civile secondo cui le norme possono essere applicate tramite analogia quando non prevedono il caso di specifico ma un altro, analogo con cui una similitudine oggettiva può essere percepita. Ha interpretato quindi la legislazione applicabile conformemente ai criteri esposti dalla Corte nella sentenza precitata Buckley c. Regno Unito.
68. Questo giudizio è stato tuttavia, annullato dalla sentenza di appello del 7 novembre 2002. Il Tribunale superiore di giustizia di Madrid ha considerato difatti paragrafo 15 sopra, che “il principio di uguaglianza e di non discriminazione si fonda sull’idea che le situazioni uguali devono essere oggetto di un trattamento uguale” e “che un trattamento uguale applicato alle situazioni che non sono uguali costituisce un’ingiustizia.” La Corte rileva che nessuna conclusione è stata tratta dalla giurisdizione d’appello delle specificità della minoranza rom, sebbene il Tribunale abbia riconosciuto che il matrimonio rom ha “certo un senso e beneficia di una riconoscenza sociale nell’ambiente riguardato” e che la moralità o la conformità di questo rito all’ordine pubblico non era messa in causa. Per il Tribunale superiore di giustizia è chiaro che questa situazione non esclude e non sostituisce attualmente la legge in vigore ed applicabile allo specifico.”
69. Alla luce di ciò che precede e tenuto conto delle circostanze specifiche della presente causa, la Corte stima che è sproporzionato che lo stato spagnolo che ha assegnato alla richiedente ed alla sua famiglia rom uno stati di famiglia con dati anagrafici, ha riconosciuto loro lo statuto di famiglia numerosa, ha concesso loro, all’interessata ed ai suoi sei figli, un’assistenza in materia di salute, e che ha percepito le quote di suo marito rom alla previdenza sociale per più di diciannove anni, non volere riconoscere oggi gli effetti del matrimonio rom in materia di pensione di reversione.
70. Infine, la Corte non potrebbe accettare la tesi del Governo secondo la quale sarebbe bastato alla richiedente di sposarsi civilmente per ottenere la pensione richiesta. Difatti, l’interdizione alla discriminazione consacrata dall’articolo 14 della Convenzione ha senso solo se, in ogni caso particolare, la situazione personale del richiedente rispetto ai criteri enumerati in questa disposizione è presa in conto tale quale. Un approccio contrario, che consiste nel respingere la vittima al motivo che avrebbe potuto sfuggire alla discriminazione modificando uno degli elementi controversi per esempio, sposandosi civilmente-svuoterebbe l’articolo 14 della sua sostanza.
71. Perciò, la Corte conclude che c’è stata nella specifico violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 IN COLLEGAMENTO CON L’ARTICOLO 12 DELLA CONVENZIONE
72. La richiedente si lamenta che la mancanza in Spagna di riconoscenza di effetti civili al matrimonio rom- il solo ad avere degli effetti erga omnes in seno alla sua propria comunità-mentre questa minoranza è impiantata in Spagna da almeno cinque cento anni, porta attentato al suo diritto al matrimonio. Invoca l’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 12 che è formulato così:
Articolo 14
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
Articolo 12
“A partire dall’età nubile, l’uomo e la moglie hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di questo diritto. “
73. Il Governo contesta questa tesi. Sostiene che niente impediva alla richiedente di sposarsi civilmente e stima che gli articoli 12 e 14 della Convenzione non possono essere interpretati come obbliganti a trattare su un piano di uguaglianza da una parte i matrimoni che rispettano le formalità legalmente previste e dall’ altra parte ogni altra unione nella quale suddette formalità non sono state rispettate. Si riferisce al margine di valutazione di cui dispongono gli Stati per determinare l’esercizio dei diritti previsti dall’articolo 12 della Convenzione.
74. Per il Governo, il diritto di sposarsi è stato rispettato pienamente nello specifico, nelle stesse condizioni che per ogni altro cittadino. Nessuna discriminazione è da rilevare. La richiedente ha deciso volontariamente di non sposarsi secondo le forme legalmente stabilite. Non si potrebbe rimproverare allo stato spagnolo di non assegnare gli stessi effetti a questa unione di quelli dati ai matrimoni che hanno rispettato i provvedimenti legali dunque. Gli articoli 12 e 14 della Convenzione non possono essere interpretati come costrittivi per lo stato di accettare una forma concreta di prestazione del consenso per sposarsi per il solo fatto dell’ancoraggio sociale o delle tradizioni di una comunità. Non è di conseguenza contrario all’articolo 12 della Convenzione che lo stato imponga delle formalità determinate per la prestazione di un tale consenso.
75. La richiedente fa valere che nel 1971, quando ha sposato M.D. secondo i riti rom, esisteva in Spagna solo il matrimonio religioso, intervenendo il matrimonio civile solamente in casi di apostasia. Si è sposata secondo i riti rom perché erano i soli riti riconosciuti dalla sua comunità e che in tutta buona fede, non era libera di dare diversamente il suo consenso. Perciò, la richiedente insorge contro il fatto di essere stata privata dei diritti sociali sotto il pretesto che non era sposata con M.D di cui rifiuta di essere considerata come la compagna.
76. Per la richiedente, il mancato riconoscimento in diritto spagnolo dei riti rom in quanto forma di espressione del consenso per sposarsi, mentre certi riti religiosi costituiscono delle forme valide di espressione del consenso si analizza, per se, in una violazione dei diritti invocati. La richiedente nota che il matrimonio rom esiste da più di 500 anni nella storia spagnola; si tratta di una forma di prestazione del consenso che non è né civile né religiosa, ma radicata intimamente nella cultura della sua comunità, riconosciuta e beneficiante di effetti erga omnes in seno a questa ultima, per effetto convalidante del costume. La legge spagnola non tiene conto delle specificità del minoranza rom, poiché l’obbliga a sottoporsi ad una forma di espressione del consenso che i membri di questa comunità non riconoscono.
77. L’Union Romani si riferisce al carattere definitivo del consenso dato all’epoca del matrimonio rom e chiede la riconoscenza da parte dello stato della validità dei loro riti. Fa valere che la comunità rom in Spagna mantiene le sue tradizioni dai secoli, ed invita la Corte a dire che il rispetto delle minoranze etniche, delle loro tradizioni e della loro eredità e dell’ identità culturale è parte inerente della Convenzione.
78. La Corte ricorda che l’articolo 12 garantisce il diritto fondamentale, per un uomo ed una donna, di sposarsi e di fondare una famiglia (F. c. Svizzera, sentenza del 18 dicembre 1987, serie A no 128, § 32, e Christine Goodwin c. Regno Unito [GC], no 28957/95, § 98, CEDH 2002-VI). L’esercizio del diritto di sposarsi porta delle conseguenze sociali, personali e giuridiche. Ubbidisce alle leggi nazionali degli Stati contraenti, ma le limitazioni risultanti non devono restringerlo o ridurlo in un modo o ad un grado tale da pregiudicarlo nella sua sostanza stessa (I. c. Regno Unito [GC], no 25680/94, § 79, 11 luglio 2002).
79. La Corte osserva che il matrimonio civile in Spagna come in vigore dal 1981 è aperto a tutti, e stima che la sua regolamentazione non implica alcuna discriminazione per ragioni di ordine religioso o altro. La stessa formula dinnanzi ad un sindaco, un giudice o un altro funzionario designato si applica a tutti allo stesso modo. Non viene richiesta nessuna esigenza di dichiarazione di religione o credenza, o di appartenenza ad un gruppo culturale, linguistico, etnico o altro.
80. È vero che certe forme religiose di prestazione del consenso sono ammesse in diritto spagnolo, ma queste forme religiose (cattolica, protestante, musulmana ed israelita) sono riconosciute in virtù degli accordi intercorsi tra lo stato e queste confessioni, e producono dunque gli stessi effetti del matrimonio civile, mentre altre forme, religiose o tradizionali, non sono riconosciute. La Corte constata tuttavia che si tratta di una differenza derivata dell’appartenenza ad una confessione religiosa, non pertinente nel caso del comunità rom. Ma questa differenza non impedisce o non vieta il matrimonio civile, aperto ai Rom nelle stesse condizioni di uguaglianza delle persone non appartenenti alla comunità rom, e risponde ai motivi che il legislatore deve prendere in conto, e che dipendono, come il Governo sottolinea, del suo margine di valutazione.
81. Pertanto, la Corte stima che il fatto che le unioni rom non hanno effetti civili nel senso auspicato dalla richiedente non costituisce una discriminazione proibita dall’articolo 14. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
82. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
83. La richiedente richiedeva all’inizio 60 959,09 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito. All’epoca dell’udienza del 26 maggio 2009, ha indicato di percepire una pensione di reversione dal 1 gennaio 2007, per applicazione della terza disposizione addizionale della legge no 40/2007 del 4 dicembre 2007, riguardante le misure relative alla Previdenza sociale, in quanto compagna di fatto di M.D. (paragrafo 21 sopra). Ha ridotto quindi le sue pretese per danno patrimoniale alla somma di 53 319,88 EUR. Richiede anche 30 479,54 EUR a titolo del danno morale.
84. Il Governo si oppone a questa tesi.
85. La Corte ricorda poi che il principio che sottostà alla concessione di una soddisfazione equa è ben stabilito: occorre, tanto quanto si può fare, porre l’interessato in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se la violazione dell