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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE MUNOZ DIAZ c. ESPAGNE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 12, 14, P1-1
Numero: 49151/07/2009
Stato: Spagna
Data: 2009-12-08 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 14+ P1-1; Parzialmente inammissibile; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA MUÑOZ DIAZ C. SPAGNA
( Richiesta no 49151/07)
SENTENZA
STRASBURGO
8 dicembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Muñoz Díaz c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 maggio 2009 e il 17 novembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 49151/07) diretta contro il Regno della Spagna e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra M. L. M. D. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 29 ottobre 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentato da Me il Sig. Q. d. L. L.-C., avvocato a Madrid. Il governo spagnolo (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, I. Blasco Lozano, capo del servizio giuridico dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia.
3. La richiedente, rom di nazionalità spagnola, si lamentava del rifiuto di versarle una pensione di reversione in seguito al decesso di M.D, anch’egli rom di nazionalità spagnola, al solo motivo che non formavano, agli occhi della legislazione spagnola, una coppia sposata. Adduceva la violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinazione con gli articoli 1 del Protocollo no 1 e 12 della Convenzione.
4. Il 13 maggio 2008, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
5. Le parti hanno presentato le loro osservazioni. Alcune osservazioni sono state ricevute anche dell’Union Romaní che il presidente aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto in qualità di amicus curiae,( articolo 36 § 2 della Convenzione e 44 § 2 dell’ordinamento della Corte).
6. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 26 maggio 2009, articolo 59 § 3 dell’ordinamento.
Sono comparsi:
-per il Governo
Il Sig. Ignacio Blasco Lozano, capo del servizio dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia, agente,
-per la richiedente
OMISSIS.
-per il terza partito
OMISSIS.
La Corte ha ascoltato il Sig. Blasco, Q. d. L. e Me S. nelle loro dichiarazioni così come nelle loro risposte alle domande poste dai giudici L. López Guerra ed E. Myjer. Ha ascoltato anche il Sig. R. H. e la Sig.ra M. D., la richiedente.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. La richiedente è nata nel 1956 e risiede a Madrid.
8. La richiedente ed il Sig. D., appartenenti tutti e due alla comunità rom, si sposarono nel novembre 1971 secondo i riti propri alla loro comunità. Il matrimonio fu celebrato conformemente ai costumi e alle tradizioni culturali rom, e riconosciuti dalla loro comunità. Per la comunità rom, il matrimonio celebrato secondo i suoi costumi provoca gli effetti sociali derivanti dal matrimonio, la riconoscenza pubblica, l’obbligo di vita comune e l’insieme degli altri doveri e diritti che derivano da tale istituzione.
9. La richiedente ebbe sei bambini che furono iscritti sullo stato di famiglia con dati anagrafici rilasciati alla coppia dall’amministrazione spagnola (Registro civile, l’ 11 agosto 1983,).
10. Il 14 ottobre 1986, la richiedente e sua famiglia si videro riconoscere la situazione di famiglia numerosa di prima categoria, sotto il no 28/2220/8, in applicazione della legge 25/1971 del 19 giugno 1971 sulla protezione delle famiglie numerose.
11. Il 24 dicembre 2000, il marito della richiedente decedette. Muratore di professione, al momento del suo decesso, lavorava e si era quotato alla previdenza sociale durante diciannove anni, tre mesi ed otto giorni ed aveva, al suo carico, sua sposa, in quanto tale, ed i suoi sei bambini. Era titolare di una tessera di beneficiario della Previdenza Sociale, timbrata dall’agenzia no 7 di Madrid dell’istituto nazionale di Previdenza Sociale.
12. La richiedente chiese di beneficiare di una pensione di reversione. Con una decisione del 27 marzo 2001, l’istituto nazionale della previdenza sociale (INSS) gliela rifiutò, “nella misura in cui [la richiedente] non era mai la moglie della persona deceduta prima della data del suo decesso, come esige il paragrafo 2 della settima disposizione addizionale della legge 30/1981, del 7 luglio 1981, in vigore al momento dei fatti, composto con l’articolo 174 della legge generale sulla previdenza sociale (LGSS), approvata dal decreto reale legislativo 1/1994 del 20 giugno 1994.”
13. Questa decisione fu confermata da una decisione del 10 maggio 2001 dello stesso Istituto.
14. La richiedente investì allora la giurisdizione del lavoro. Con un giudizio del 30 maggio 2002 del giudice del lavoro no 12 di Madrid, si vide accordare il diritto di percepire una pensione di reversione con una base di 903,29 euro al mese, essendo riconosciuti così degli effetti civili al suo matrimonio rom. La parte pertinente del giudizio era formulata come segue:
“(…) Nel nostro paese, la minoranza rom (etnia gitana) è impiantato da tempi immemorabili ed è conosciuto che questa minoranza celebri il matrimonio secondo i riti e le tradizioni che hanno forza di legge tra le parti. Questi matrimoni non sono considerati come contrari alla morale né all’ordine pubblico e sono riconosciuti socialmente.
(…) L’articolo 61 del codice civile enuncia che il matrimonio ha degli effetti civili fin dalla sua celebrazione ma che l’iscrizione al Registro civile è necessaria affinché questi effetti siano riconosciuti. A questo riguardo, il matrimonio rom non è iscritto al Registro civile, perché non è stato considerato dallo stato come un a componente della cultura etnica che è presente nel nostro paese da secoli.
(…) L’argomento che viene opposto alla richiedente per negare di versarle la pensione di reversione è esclusivamente il mancato riconoscimento degli effetti civili del suo matrimonio con l’avente diritto, attivo di nazionalità spagnola, soggetto ai diritti ed agli obblighi regolati dal diritto interno e comunitario, nonostante il fatto che la Spagna abbia ratificato la Convenzione internazionale dell’ONU del 7 marzo 1966 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
(…) La mancanza di regolamentazione della riconoscenza degli effetti civili del matrimonio rom non potrebbe impedire l’azione protettiva che lo stato si è imposto definendo le norme di previdenza sociale.
(…) La direttiva 2000/43/CE relativa al collocamento in opera del principio dell’uguaglianza di trattamento tra le persone senza distinzione di razza o di origine etnica è applicabile al caso specifico, dove la prestazione rifiutata trova la sua origine nella relazione di lavoro dell’avente diritto, deceduto di causa naturale quando era in attività. (…) L’articolo 4 § 1 del Codice civile enuncia [che] “si procede ad un’applicazione per analogia delle norme quando queste non considerano il caso specifico ma ne mirano un altro, analogo con cui una similitudine di oggetto può essere percepita.” Suddetta applicazione per analogia è applicabile al caso specifico.
(…)
Il matrimonio del richiedente non è iscritto al Registro civile, sebbene ciò non sia escluso espressamente. Non gli sono riconosciuti gli effetti civili, né il godimento della protezione sociale del superstite in caso di decesso di uno dei due congiunti. Il matrimonio rom è ignorato dalla legislazione spagnola, malgrado il radicamento socioculturale che suddetta etnia ha nel nostro paese. Però, siccome è stato detto precedentemente, il matrimonio conforme ai riti e ai costumi religiosi che erano ancora recentemente estranei alla nostra società dispone [bene] di una cornice legale. Sono dei casi analoghi dunque, eccezione fatta che non si tratti di una religione. Hanno una similitudine di oggetto (comunità di culture e costumi che sono presenti in seno allo stato spagnolo). Il rifiuto dell’INSS di concedere alla richiedente una pensione di reversione, con come solo ostacolo il fatto che il matrimonio contratto dall’avente diritto e dalla sua vedova non sono stati riconosciuti, rivela un trattamento discriminatorio a ragione dell’appartenenza etnica, contrario all’articolo 14 della Costituzione spagnola ed alla direttiva 2000/43/CE. “
15. L’INSS fece appello. Con una sentenza del 7 novembre 2002, il tribunale superiore di giustizia di Madrid annullò il giudizio attaccato. La decisione era motivata come segue:
“(…) Conviene segnalare che il principio di uguaglianza e di non discriminazione si fonda sull’idea che le situazioni uguali devono essere oggetto di un trattamento uguale e sull’[idea] che un trattamento uguale applicato alle situazioni che non sono uguali costituisce un’ingiustizia. Ciò suppone anche che non bisogna scostarsi della legge applicabile a tutti in un modo [che permetterebbe di] fare più di eccezioni di quelle contemplata espressamente in suddetta legge.
(…) Bisogna distinguere ciò che dipende dalla legislazione in vigore ed applicabile in ogni momento da ciò che può intendersi come auspicabile da un settore della società.
(…) In conformità con ciò che è previsto dall’articolo 49 del codice civile, ogni Spagnolo, come la richiedente ed avente diritto, può scegliere o un matrimonio civile dinnanzi al giudice, il sindaco o un funzionario pubblico designato [dallo stesso codice], o un matrimonio religioso previsto dalla legge.
(…) Conformemente a tutto ciò, se il matrimonio civile si deve celebrare attraverso delle forme regolamentate, il matrimonio religioso lo deve essere anch’egli, sotto le forme previste da una confessione religiosa- essendo poste queste forme dallo stato, o, a difetto, ammesse dalla legislazione di questo ultimo. [In queste circostanze] il matrimonio produce degli effetti civili.
(…) Il matrimonio celebrato unicamente ed esclusivamente secondo i riti rom non rientra in nessuno dei casi enunciati, perché anche se si tratta di un etnie, le norme o le forme di questa ultima non produce alcun effetto giuridico al di là della sua cornice, e non è consacrato dalla legge che contempla la pensione controversa. [Questo matrimonio] che ha certo un senso e beneficia di una riconoscenza sociale nell’ambiente riguardato, non esclude e non sostituisce attualmente la legge in vigore ed applicabile allo specifico, quando si tratta di un matrimonio tra Spagnoli celebrato in Spagna. Un’etnia, dall’altro parte, costituisce solo un gruppo che si differenzia per un motivo fondato sulla razza(…) ed un rito non è altro che un costume o una cerimonia.
(…) Trattandosi di un costume, questo, secondo l’articolo 1 § 3 del Codice civile dunque, interviene solamente in mancanza di legge applicabile. (…) Non sono rimessi in questione la moralità o la conformità di questo rito all’ordine pubblico, ma unicamente la sua capacità di generare degli obblighi erga omnes, siccome esistono in Spagna delle norme legali che regolano il matrimonio. La risposta, evidentemente, ha il dovere di essere negativa.
(…)
Il matrimonio, per produrre degli effetti civili, può essere solamente quello celebrato civilmente o religiosamente secondo i termini espressi precedentemente. Il matrimonio rom non corrisponde, nella reale configurazione del nostro diritto, alla natura dei matrimoni precitati. L’articolo 174 del LGSS esige la qualità di coniuge del defunto per avere l’utile della pensione di reversione, e la nozione di coniuge è interpretata rigorosamente secondo una giurisprudenza costituzionale ed ordinaria costante, malgrado le voci dissidenti, conformemente alle quali sono esclusi da questa prestazione i concubini di fatto così come molto altri che, in definitiva, non sono sposati in conformità con la legge applicabile. “
16. La richiedente investì allora il Tribunale costituzionale di un ricorso di amparo invocando il principio di non discriminazione fondato sulla razza e la condizione sociale. Con una sentenza del 16 aprile 2007, il Tribunale costituzionale respinse il ricorso, esprimendosi nei seguenti termini,:
(…) Il Tribunale, riunendosi in formazione plenaria, ha reiterato le ragioni che permettono di concludere che limitare la pensione di reversione ai casi di coabitazione istituzionalizzata in quanto marito e moglie, escludendo altre forme di unioni o coabitazioni, non costituisce una discriminazione per ragioni sociali. A questo riguardo, è stato sostenuto che il legislatore dispone di un importante margine di manovra per determinare la configurazione del sistema di previdenza sociale così come per valutare le circostanze socioeconomiche trattandosi di amministrare delle risorse limitate per rispondere ad un gran numero di bisogni sociali, tenuto conto del fatto che il diritto alla pensione di reversione non è rigorosamente condizionato, in un regime contributivo, ad una situazione reale di necessità o di dipendenza economica, o ancora incapacità di lavoro per il coniuge superstite. La Camera plenaria del Tribunale si è espressa ad ogni modo, anche sul fatto che l’estensione, da parte del legislatore, della pensione di reversione ad altre unioni differenti, non è proibita neanche dall’articolo 14 della Costituzione spagnola.
(…)
Una discriminazione supposta per considerazioni sociali è da scartare per le ragioni precitate. (…) Nessuna violazione dell’articolo 14 può derivare a causa della concreta limitazione della pensione di reversione al legame matrimoniale.
Allo stesso modo, non c’è trattamento discriminatorio diretto o indiretto, per ragioni razziali o etniche, derivante dal fatto che l’unione della richiedente, conforme ai riti e ai costumi rom, non sia stata assimilata al legame matrimoniale a riguardo degli effetti di suddetta pensione, e che le sia stato applicato lo stesso regime giuridico di quello delle unioni “more uxorio”.
Da una parte, (…) il Tribunale ha reiterato che “la discriminazione per indifferenziazione ” non risulta dall’articolo 14 della Costituzione spagnola, perché il principio di uguaglianza non consacra un diritto ad un trattamento [differenziato], né non viene a proteggere la mancanza di distinzione tra i differenti casi. Non esiste un diritto soggettivo ad un trattamento normativo differenziato dunque. (…)
Dall’altra parte, l’esigenza legale di un legame matrimoniale come condizione di godimento della pensione di reversione e l’interpretazione risultante dalla decisione attaccata che tiene conto del legame matrimoniale generato dalle forme legalmente riconosciute di accesso al matrimonio e non di altre forme di coabitazione, in particolare le unioni secondo gli usi e i costumi rom – non essendo legata questa esigenza in nessun caso alle considerazioni razziali o etniche, ma al fatto [per gli interessati] di avere preso liberamente la decisione di non formalizzare il matrimonio tramite le vie legali, civili o confessionali riconosciute-non prende mai in considerazione l’appartenenza ad una razza né i costumi di una determinata etnia a scapito degli altri. Perciò, non c’è nessuna forma di discriminazione dissimulata a riguardo dell’etnia rom. (…)
Bisogna respingere infine l’idea che la riconoscenza degli effetti civili al legame matrimoniale che proviene da certi determinati riti religiosi, ma no a quelli celebrati in virtù dei riti e dei costumi rom, ed il rifiuto dell’organo giurisdizionale di procedere ad un’applicazione per analogia, provocano, direttamente o indirettamente, la discriminazione etnica addotta. (…)
Per riassumere, tenuto conto del fatto che la legge stabilisce una possibilità generale, neutra di un punto di vista razziale ed etnico, di aderire ad una forma civile di matrimonio, e che il legislatore, quando ha deciso di legare degli effetti legali ad altre forme di accesso al legame matrimoniale, l’ha fatto sulla base esclusiva di considerazioni religiose e di conseguenza senza invocare nessuna ragione etnicao, nessuno trattamento discriminatorio a connotazione etnica come addotto può essere constatato. “
17. Un’opinione dissidente era unita alla sentenza. Si riferiva alla sentenza 199/2004 in cui il Tribunale costituzionale aveva concluso alla violazione del diritto all’uguaglianza trattandosi del vedovo di una funzionaria, dopo avere constatato l’esistenza di una relazione coniugale ma non di un matrimonio, nella misura in cui non c’era iscrizione al registro civile, i contraenti avendo rifiutato difatti espressamente l’iscrizione della loro relazione coniugale in suddetto registro che era stata celebrata sotto una forma religiosa.
18. Per il magistrato dissidente, questo caso del coniuge superstite di un matrimonio religioso non iscritto era comparabile a quello della richiedente, per il fatto che i due richiedenti rivendicavano una pensione di reversione sul fondamento di ciò che stimavano essere un legame matrimoniale, malgrado la mancanza di iscrizione di questo legame sul registro civile.
19. D’Altra parte, il magistrato dissidente ricordò che, sebbene la Spagna fosse parte alla Convenzione -cornice per la protezione dalle minoranze nazionali, firmata a Strasburgo il 1 febbraio 1995, la giurisprudenza del Tribunale costituzionale non prendeva in conto i riti, le pratiche e i costumi di un’etnia o di un gruppo concreto, o non considerava ancora come validi o suscettibili di protezione costituzionale gli atti di persone appartenenti alle minoranze che richiedevano il rispetto delle loro tradizioni culturali.
20. Secondo il magistrato dissidente, la situazione esposta da questo ricorso amparo dimostrava, per la prima volta, che la protezione delle minoranze aveva molto una portata costituzionale più estesa della semplice risposta ricevuta dalla richiedente. La richiedente non avrebbe dovuto essere costretta ad investire le istanze sovranazionali per ottenere la protezione richiesta. Nei casi di protezione delle minoranze etniche, la garanzia dell’uguaglianza esigeva delle misure di discriminazione positive in favore della minoranza sfavorita e che venisse rispettato, con la sensibilità adeguata, il valore soggettivo che una persona appartenente a suddetta minoranza lega ed esige in quanto al rispetto delle sue tradizioni ed all’eredità della sua identità culturale. Il magistrato dissidente conclude così:
“È sproporzionato che lo stato spagnolo che ha preso in considerazione la richiedente e la sua famiglia rom assegnando loro uno stato di famiglia con dati anagrafici, riconoscendo loro la qualità di famiglia numerosa, accordando a lei ed ai suoi sei figli un’assistenza in materia di salute e avendo percepito delle quote corrispondenti di suo marito rom per diciannove anni, tre mesi ed otto giorni, non volere riconoscere oggi il matrimonio rom in materia di pensione di reversione. “
21. Il 3 dicembre 2008, in applicazione della terza disposizione addizionale della legge 40/2007 del 4 dicembre 2007 relativa a certe misure di previdenza sociale, la richiedente si vide concedere una pensione di reversione a contare dal 1 gennaio 2007, in quanto compagna di M.D.
II. IL DIRITTO INTERNO ED EUROPEO PERTINENTE
22. Le disposizioni costituzionali applicabili sono le seguenti.
Articolo 14.
“Gli Spagnoli sono uguali dinnanzi alla legge; non possono essere oggetto di nessuna discriminazione fondata sulla nascita, la razza, il sesso, la religione, le opinioni o su non importa quale altra condizione o circostanza personale o sociale.”
Articolo 16
“1. La libertà ideologica, religiosa e di culto degli individui e delle comunità è garantita senza altre restrizioni, in quanto alle sue manifestazioni se non quelle che sono necessarie al mantenimento dell’ordine pubblico protetto dalla legge.
2. Nessuno potrà essere obbligato a dichiarare la sua ideologia, la sua religione o le sue credenze.
(…) “
Articolo 32 § 2
“1. L’uomo e la donna hanno il diritto di contrarre matrimonio in piena uguaglianza giuridica.
2. La legge determinerà le forme del matrimonio, l’età e la capacità richiesta per contrarlo, i diritti ed i doveri dei coniugi, le cause di separazione e di scioglimento ed i loro effetti.
23. Le disposizioni pertinenti del codice civile, nella sua versione in vigore nel 1971, si leggono così.
Articolo 42
“La legge riconosce due tipi di matrimonio: il matrimonio canonico ed il matrimonio civile.
Il matrimonio deve essere contratto canonicamente quando almeno uno dei contraenti è di religione cattolica.
Il matrimonio civile è autorizzato quando è provato che nessuno dei contraenti è di religione cattolica.”
24. Le disposizioni applicabili nello specifico dell’ordinamento del Registro civile come in vigore al momento dei fatti (decreto 1138/1969, del 22 maggio 1969) sono formulate così.
Articolo 245
“Le persone che hanno rinunciato alla religione cattolica devono, al più presto, presentare la prova che suddetta rinuncia è stata comunicata dall’interessato al curato del suo domicilio .”
Articolo 246
“(…)
2. Nei casi non contemplati dalla disposizione precedente, la prova di non – appartenenza alla religione cattolica può essere portata o tramite un attestato che certifica l’appartenenza ad un’altra confessione religiosa, rilasciata dal ministro competente o il rappresentante autorizzato dell’associazione confessionale in causa, o tramite una dichiarazione espressa dell’interessato dinnanzi al funzionario del Registro.”
25. Le disposizioni pertinenti del codice civile, nella sua versione attualmente in vigore, sono le seguenti.
Articolo 44
“L’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi conformemente alle disposizioni del presente codificano.”
Articolo 49
“Ogni cittadino spagnolo può sposarsi in Spagna o all’estero:
1. Dinnanzi ad un giudice, un sindaco o un funzionario previsto dal presente codice.
2. Nella forma religiosa legalmente prevista.
[Ogni cittadino spagnolo] può sposarsi anche all’estero conformemente alle forme richieste dalla legge del luogo della celebrazione.”
26. Le disposizioni pertinenti della legge no 30/1981, del 7 luglio 1981, che portano modifica delle disposizioni del codice civile che regolamenta il matrimonio ed il procedimento da seguire per i casi di nullità, separazione e divorzio.
Decima disposizione addizionale
“(…)
2. [Trattandosi delle persone] che non si sono potute sposare in ragione della legislazione in vigore ad oggi ma che hanno vissuto come [una coppia sposata], quando il decesso di uno dei partner sopraggiunge prima dell’entrata della presente legge in vigore, il superstite avrà diritto alle prestazioni mirate al capoverso primo della presente disposizione ed alla pensione corrispondente conformemente al seguente” capoverso.
27. L’articolo 2 della legge 25/1971 del 19 giugno 1971 relativo alla protezione delle famiglie numerose è formulata così.
Articolo 2
“1. È considerata come una famiglia numerosa quella che, riunendo le altre condizioni fissate dalla presente legge, è costituita da:
a) il capofamiglia, il suo coniuge e quattro bambini o più .”
28. L’articolo 174 della legge generale relativa alla previdenza sociale, come in vigore al momento dei fatti, si legge così.
Articolo 174
“1. Il coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversione.
2. (…) In caso di nullità del matrimonio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto al coniuge superstite, proporzionalmente al periodo di coabitazione con al’avente diritto, sotto riserva che non abbia dato prova di malafede e che non si sia risposato “
29. L’articolo 174 della legge generale sulla previdenza sociale, approvata col decreto reale legislativo 1/1994 del 20 giugno 1994, è formulato così.
Articolo 174
“1. Ha diritto ad una pensione di reversione a vita il coniuge superstite quando, al decesso del suo coniuge, questo ultimo lavorava e aveva versato le quote per il periodo fissato dalla legge
2. Nei casi di separazione o di divorzio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto a quello che è o è stato il coniuge legittimo, sotto riserva, in questo ultimo caso, che non sia risposato, proporzionalmente al periodo di coabitazione col coniuge deceduto ed a prescindere dalle cause all’origine della separazione o del divorzio.
In caso di nullità del matrimonio, il diritto alla pensione di reversione è riconosciuto al coniuge superstite sotto riserva che non abbia dato prova di malafede e che non si sia risposato, proporzionalmente al periodo di coabitazione con l’avente causa. (…) “
30. La legge 40/2007 del 4 dicembre 2007 su delle misure relative alla previdenza sociale, portavabi modifica della legge generale sulla previdenza sociale.
Terza disposizione addizionale
“Eccezionalmente, il diritto alla pensione di reversione sarà riconosciuto quando il decesso dell’avente diritto ha avuto luogo prima dell’entrata in vigore della presente legge, sotto riserva che le seguenti condizioni siano riunite:
a. al momento del decesso dell’avente diritto, attivo e che versava le quote alla previdenza sociale come previsto dall’articolo 174 del testo semplificato della legge generale sulla previdenza sociale, [il superstite] non ha potuto fare valere il diritto alla pensione di reversione
b. il beneficiario e l’avente diritto ha coabitato in modo ininterrotto in quanto concubini per almeno i sei anni che precedono il decesso di questo ultimo;
c. l’avente diritto ed il beneficiario hanno avuto dei bambini in comune;
d. il beneficiario non ha un diritto riconosciuto a percepire una pensione contributiva della previdenza sociale.
e. per avere accesso alla [presente] pensione, la domanda deve essere fatta in un termine non prorogabile di dodici mesi seguenti l’entrata in vigore di questa legge. La riconoscenza del diritto alla pensione produrrà i suoi effetti a partire dal 1 gennaio 2007, sotto riserva che tutte le condizioni previste da questa disposizione siano riunite”.
31. Diversi accordi di cooperazione sono stati conclusi tra il Governo e delle confessioni religiose: accordo con la Santa Sede (Concordato del 1979), accordo con la Federazione evangelica con la legge no 24/1992 del 10 novembre 1992, accordo con la Commissione islamica con la legge no 26/1992 del 10 novembre 1992 ed accordo con la Federazione israelitica con la legge no 25/1992 del 10 novembre 1992. I matrimoni conclusi secondo i riti di queste confessioni sono riconosciuti di conseguenza dallo stato spagnolo come costituenti una forma di manifestazione del consenso per sposarsi. Producono dunque degli effetti civili in virtù degli accordi passati con lo stato.
32. La giurisprudenza pertinente del Tribunale costituzionale
Le sentenze del Tribunale costituzionale no 260/1988 del 22 dicembre 1988 e 155/1998 del 13 giugno 1998, tra l’altro, riguardano dei diritti alla pensione di reversione nei casi dove il matrimonio canonico non era possibile in ragione dell’impossibilità di divorziare.
La sentenza del Tribunale costituzionale no 180/2001 del 17 settembre 2001 riconosce il diritto all’ indennizzo per decesso del compagno se il matrimonio canonico non fosse possibile in ragione di una contraddizione con la libertà di coscienza e di religione, prima della modifica legislativa operata nel 1981,
La sentenza del Tribunale costituzionale no 199/2004, del 15 novembre 2004 verte un diritto alla pensione di reversione derivato da un matrimonio canonico che non assolveva le condizioni formali poste dalla legge poiché era volontariamente non iscritto sul Registro civile. Il Tribunale costituzionale ha riconosciuto in questo caso il diritto del vedovo a percepire una pensione di reversione.
33. La Convenzione- quadro del Consiglio dell’Europa per la protezione delle minoranze nazionali, aperta alla firma il 1 febbraio 1995, contiene in particolare le seguenti disposizioni:
Articolo 1
La protezione delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste minoranze fa parte integrante della protezione internazionale dei diritti dell’uomo e, come tale, costituisce un ambito della cooperazione internazionale.
(…)
Articolo 4
1. Le Parti si avviano a garantire ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto all’uguaglianza dinnanzi alla legge ed ad un’uguale protezione della legge. A questo riguardo, ogni discriminazione fondata sull’appartenenza ad una minoranza nazionale è vietata.
2. Le Parti si avviano ad adottare, se c’è luogo, delle misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i campi della vita economica, sociale, politica e culturale, un’uguaglianza piena ed effettiva tra le persone che appartengono ad una minoranza nazionale e quelle che appartengono alla maggioranza. Tengono debitamente conto, a questo riguardo, delle condizioni specifiche delle persone appartenenti alle minoranze nazionali.
3. Le misure adottate conformemente al paragrafo 2 non sono considerate come un atto di discriminazione.
Articolo 5
1. Le Parti si avviano a promuovere le condizioni proprie a permettere alle persone appartenenti alle minoranze nazionali di conservare e sviluppare la loro cultura, così come di preservare gli elementi essenziali della loro identità che sono la loro religione, la loro lingua, le loro tradizioni ed il loro patrimonio culturale.
2. Senza danno delle misure prese nella cornice della loro politica generale di integrazione, le Parti si astengono dai ogni politica o pratica che tende ad un’assimilazione contro la loro volontà delle persone appartenenti alle minoranze nazionali e proteggono queste persone contro ogni azione destinata a tale assimilazione. “
34. La Spagna ha firmato la Convenzione il giorno in cui è stata aperta alla firma e l’ha ratificata il 1 settembre 1995. È entrata in vigore a suo riguardo il 1 febbraio 1998.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATO CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
35. La richiedente si lamenta che il rifiuto di accordarle una pensione di reversione al motivo che il suo matrimonio celebrato secondo i riti del minoranza rom alla quale appartiene è privo di effetti civili porti pregiudizio al principio di non discriminazione riconosciuto dall’articolo 14 della Convenzione, composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Le disposizioni citate sono formulate così:
Articolo 14 della Convenzione
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale (…)”
A. Sull’ammissibilità
36. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) La richiedente
37. La richiedente osserva che il Governo non spiega perché la sua situazione è considerata come una relazione more uxorio e non come un matrimonio nullo in buona fede che sarebbe suscettibile di darle diritto, in quanto coniuge superstite, ad una pensione di reversione. Sottolinea che non aveva nessuna ragione di pensare che i diritti sociali di cui beneficiava durante la vita di suo marito le sarebbero stati tolti all’epoca del decesso di questo ultimo.
38. La richiedente sottolinea che, in altri casi, l’inesistenza di un qualsiasi matrimonio “legittimo” non ha impedito la concessione di tale pensione: così, nella legge generale riguardante la previdenza sociale, il diritto ad una pensione è riconosciuto al coniuge in buona fede in caso di nullità del matrimonio. Inoltre, la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto alla pensione nel caso di unioni non iscritte sul Registro civile quando le parti credevano all’esistenza del matrimonio, o quando la legge impediva il matrimonio in ragione dell’impossibilità di divorziare, o quando il matrimonio era in contraddizione con le credenze degli interessati.
b) Il Governo
39. Il Governo si oppone a questa tesi. Stima che, essendo la legge applicata alla richiedente la stessa per tutti gli Spagnoli, non si deve rilevare nessuna discriminazione fondata sull’etnia o su un’altra ragione, essendo dovuta la differenza di trattamento addotta al fatto che la richiedente non era sposata ma aveva una relazione more uxorio con M.D.
40. Il Governo sottolinea che niente obbliga a trattare allo stesso modo quelli che rispettano le formalità previste dalla legge e quelli che, senza essere impediti, non le rispettano. L’esigenza posta dalla legge dell’esistenza di un legame matrimoniale legale per percepire una pensione di reversione non costituisce una differenza fondata su delle ragioni razziali o etniche. Il rifiuto di accordare suddetta pensione alla richiedente ha per causa la sua libera e volontaria decisione di non conformarsi alle formalità legali del matrimonio che non sono basate sull’appartenenza ad una determinata razza, né sulle tradizioni, usi o costumi di un etnia che fanno torto ad altri. Queste formalità non costituiscono una discriminazione diretta o indiretta dei Rom dunque.
c) La terza parte
41. L’Unión Romaní sottolinea che il matrimonio rom non è differente dagli altri tipi di matrimonio. Spiega che il matrimonio rom esiste appena una moglie ed un uomo esprimono la loro volontà di vivere insieme col desiderio di fondare una famiglia che è il fondamento del comunità rom. Stima sproporzionata il fatto che lo Stato spagnolo, dopo avere fornito alla richiedente ed alla sua famiglia uno stato di famiglia con dati anagrafici, dopo avere riconosciuto loro la situazione di famiglia numerosa, dopo aver accordata un’assistenza in materia di salute all’interessata ed i suoi sei bambini ed incassato le quote di suo marito per più di diciannove anni, ignori oggi la validità del suo matrimonio rom in materia di pensione di reversione.
2. Sull’applicabilità dell’articolo 14 della Convenzione combinata con l’articolo 1 del Protocollo no 1
42. La Corte ricorda che l’articolo 14 della Convenzione non ha esistenza indipendente poiché vale unicamente per il godimento dei diritti e delle libertà garantiti dalle altre clausole normative della Convenzione e dei suoi Protocolli (vedere, tra molte altri, Burden c. Regno Unito [GC], no 13378/05, § 58, 29 aprile 2008). L’applicazione dell’articolo 14 non presuppone necessariamente la violazione di uno dei diritti materiali garantiti dalla Convenzione. Occorre, ma basta, che i fatti della causa ricadano almeno “sotto l’impero” di un degli articoli della Convenzione (vedere, tra molte altre, Gaygusuz c. Austria, 16 settembre 1996, § 36, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, Thlimmenos c. Grecia [GC], no 34369/97, § 40, CEDH 2000-IV, Koua Poirrez c. Francia, no 40892/98, § 36, CEDH 2003-X ed Andrejeva c. Lettonia [GC], no 55707/00, § 74, 18 febbraio 2009.) L’interdizione della discriminazione che consacra l’articolo 14 supera dunque il godimento dei diritti e delle libertà che la Convenzione ed i suoi Protocolli impongono ad ogni Stato di garantire. Si applica anche ai diritti addizionali, che dipendono dal campo di applicazione generale di ogni articolo della Convenzione, che lo stato ha deciso volontariamente di proteggere (Stec ed altri c. Regno Unito, déc.) [GC], numeri 65731/01 e 65900/01, § 40 CEDH 2005-X).
43. Conviene quindi determinare se l’interesse della richiedente a percepire dallo stato una pensione di reversione ricada “sotto l’impero” o “nel campo di applicazione” dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
44. La Corte ha affermato che tutti i principi che si applicano generalmente alle cause concernenti l’articolo 1 del Protocollo no 1 mantengono tutta la loro pertinenza nell’ambito dagli assegni mutualistici (Andrejeva c. Lettonia, precitata, § 77). Così, questa disposizione non garantisce, in quanto tale, nessuno diritto di diventare proprietario di un bene (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35 b, CEDH 2004-IX) né, in quanto tale, nessun diritto ad una pensione di un dato importo (vedere, per esempio, Domalewski c. Polonia, (dec.), no 34610/97, CEDH 1999-V, e Janković c. Croazia, (dec.), no 43440/98, CEDH 2000-X). Inoltre, l’articolo 1 non impone nessuna restrizione alla libertà per gli Stati contraenti di decidere di instaurare o meno un regime di protezione sociale o di scegliere il tipo o il livello delle prestazioni che si suppone debbano essere accordate a titolo di simile regime. In compenso, dal momento che un Stato contraente mette in posto una legislazione che contempla il versamento di un assegno mutualistico -che la concessione di questa prestazione dipenda o meno dal versamento preliminare di quote-, questa legislazione deve essere considerata come generante un interesse patrimoniale che dipende dal campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 per le persone che assolvono le sue condizioni (Stec ed altri, decisione precitata, § 54).
45. Come la Corte ha detto nella decisione Stec ed altri, precitata, “[in] certi casi come quello dello specifico, dove dei richiedenti formulano sul terreno dell’articolo 14 composto con l’articolo 1 del Protocollo no 1 un motivo di appello ai termini del quale sono stati privati, in tutto o in parte e per un motivo discriminatorio mirato all’articolo 14, di una data prestazione, il criterio pertinente consiste nel ricercare se, non ci fosse stata la condizione di concessione controversa, gli interessati avrebbero avuto un diritto, sanzionabile di fronte ai tribunali interni, a percepire la prestazione in causa. Così [l’articolo 1 del] Protocollo no 1 non comprende un diritto di percepire degli assegni mutualistici, di qualsiasi tipo questi siano, quando un Stato decide di creare un regime di prestazioni, deve farlo in modo compatibile con l’articolo 14” (ibidem, § 55).
46. Tenuto conto di ciò che precede, a causa dell’appartenenza della richiedente al comunità rom e della sua qualità di coniuge di M.D, riconosciuta in certi casi dalle autorità spagnole ma non per ciò che riguarda la pensione di reversione, la Corte stima che gli interessi patrimoniali della richiedente si introducono nel campo di applicazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e del diritto al rispetto dei beni che garantisce, ciò che basta per rendere l’articolo 14 della Convenzione applicabile.
3. Sull’osservazione dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1
a) La giurisprudenza della Corte
47. Secondo la giurisprudenza stabilita della Corte, la discriminazione consiste nel trattare in modo differente, salvo giustificazione obiettiva e ragionevole, delle persone poste in situazioni comparabili. La “mancanza di giustificazione obiettiva e ragionevole” significa che la distinzione controversa non insegue uno “scopo legittimo” o che non c’è “rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto” (D.H. ed altri c. Repubblica ceca [GC], no 57325/00, §§ 175 e 196, CEDH 2007 -…, e la giurisprudenza citata).
48. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se e in quale misura delle distinzioni giustificano delle differenze di trattamento tra le situazioni ad altri riguardi analoghe (vedere, in particolare, le sentenze precitate Gaygusuz, § 42, e Thlimmenos, § 40). La superficie di questo margine varia secondo le circostanze, gli ambiti ed il contesto. Così, per esempio, l’articolo 14 non vieta ad un Stato membro di trattare dei gruppi in modo differenziato per correggere delle “disuguaglianze di fatto” tra essi; di fatto, in certe circostanze, è la mancanza di un trattamento differenziato per correggere una disuguaglianza che può, senza giustificazione obiettiva e ragionevole, portare violazione della disposizione in causa (Thlimmenos, § 44, e Stec ed altri c. Regno Unito [GC], no 65731/01, § 51, CEDH 2006 -…, D.H. ed altri, precitata, § 175).
49. Un ampio margine di valutazione è lasciato parimenti, di solito allo stato per prendere delle misure di ordine generale in materia economica o sociale. Grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è di utilità pubblica in materia economica o in materia sociale. La Corte rispetta in principio il modo in cui lo stato concepisce gli imperativi d’utilità pubblica, salvo se il suo giudizio si rivela “manifestamente privo di base ragionevole” (vedere, per esempio, National and Provincial Building Society ed altri c. Regno Unito, 23 ottobre 1997, Raccolta 1997-VII, § 80, e Stec ed altri, precitato, § 52.
50. Infine, per ciò che riguarda l’onere della prova sul terreno dell’articolo 14 della Convenzione, la Corte ha giudicato già che, quando un richiedente ha stabilito l’esistenza di una differenza di trattamento, incombe sul Governo di dimostrare che questa differenza di trattamento era giustificata (D.H. ed altri, § 177).
b) Applicazione della giurisprudenza alla presente causa
51. In quanto alle circostanze della presente causa, la richiedente si lamenta del rifiuto di accordarle una pensione di reversione in ragione del fatto che non era sposata con M.D, essendo stata considerata la sua unione secondo i riti e tradizioni rom come una relazione more uxorio, una semplice unione di fatto. Per la richiedente, assimilare la sua relazione con M.D. ad una semplice unione di fatto in quanto alla concessione della pensione di reversione, costituisce una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa discriminazione si fonda sul fatto che la sua istanza di pensione di reversione ha ricevuto un trattamento differente rispetto ad altri casi equivalenti in cui il diritto alla concessione della pensione di reversione è stato riconosciuto, in mancanza anche di matrimonio secondo le formalità legalmente stabilite, mentre, nel suo caso, né la sua buona fede né le conseguenze della sua appartenenza alla minoranza rom sono state prese in conto.
52. La Corte constata che la richiedente si è sposata col Sig. D. nel novembre 1971 secondo i riti e le tradizioni proprie alla comunità rom. Da questa unione sono nati sei figli. L’interessata ha vissuto con M.D. fino al decesso di questo ultimo, il 24 dicembre 2000. Il Registro civile ha rilasciato loro uno stato di famiglia con dati anagrafici l’ 11 agosto 1983, dove sono iscritti la coppia ed i suoi figli. Il 14 ottobre 1986, hanno ottenuto il titolo amministrativo di famiglia numerosa per cui la condizione di “coniuge” era richiesta (paragrafo 27 sopra) e hanno beneficiato di tutti i diritti ivi afferenti. Peraltro, M.D. era affiliato alla Previdenza sociale e ha versato le quote per diciannove anni, tre mesi ed otto giorni, ed egli era in possesso di una carta di beneficiario in cui figuravano a suo carico la richiedente, in quanto sposa, ed i suoi sei figli. Per la Corte si tratta di un documento ufficiale nella misura in cui è timbrato dall’agenzia no 7 di Madrid dell’INSS.
53. Concernente il regime relativo alle pensioni di reversione applicabile al momento dei fatti, la Corte osserva che la legge generale sulla previdenza sociale, nella sua versione in vigore all’epoca, riconosceva il diritto ad una pensione di reversione al coniuge superstite. Questa disposizione legale era completata tuttavia e sfumata sia nella legge stessa che nella giurisprudenza dei tribunali interni, ivi compreso quella del Tribunale costituzionale (paragrafo 32 sopra).
La giurisprudenza costituzionale prende in conto difatti, per la riconoscenza di pensioni di reversione, sia l’esistenza della buona fede sia la presenza di circostanze eccezionali che rendono impossibile la celebrazione del matrimonio, anche quando il matrimonio legalmente valido non aveva avuto luogo. La Corte rileva che la decima disposizione addizionale della legge 30/1981 del 7 luglio 1981 che modifica il regime matrimoniale (paragrafo 26 sopra) riconosce il diritto a percepire una pensione di reversione anche in mancanza di matrimonio, in caso di impossibilità di prestazione del consenso tramite rito canonico. Osserva che, secondo l’interpretazione di questa disposizione da parte della giurisprudenza costituzionale, è possibile concedere delle pensioni di reversione in caso di impossibilità a sposarsi, canonicamente, in ragione dell’inesistenza di divorzio, o ancora quando il matrimonio è in contraddizione con le credenze dei coniugi (paragrafo 32 sopra). In quanto alla legge generale riguardante la previdenza sociale come in vigore al momento dei fatti, riconosce, nel suo articolo 174, il diritto del coniuge in buona fede ad una pensione di reversione in caso di matrimonio nullo. Il Tribunale costituzionale ha riconosciuto peraltro, in particolare nella sua sentenza 99/04 (paragrafo 32 qui sopra) un diritto ad una pensione di reversione nel caso di un matrimonio canonico mentre le condizioni legalmente richieste non erano assolte, non essendo stata iscritta l’unione sul Registro civile per motivi di coscienza.
54. Alla vista di ciò che precede, la questione che si pone nella presente causa è quella di sapere se il fatto per la richiedente di essersi vista negare il diritto di percepire una pensione di reversione rivela un trattamento discriminatorio fondato sull’appartenenza dell’interessata alla minoranza rom, rispetto al modo in cui la legislazione e la giurisprudenza trattano delle situazioni analoghe, quando gli interessati credono in buona fede all’esistenza del matrimonio anche se questo non era legalmente valido.
55. La richiedente basa la sua pretesa, da una parte, sulla sua convinzione che la sua unione, celebrata conformemente ai riti e tradizioni rom era valida e, dall’altra parte, sulla condotta delle autorità che gli hanno riconosciuto ufficialmente la qualità di moglie di M.D. e, di conseguenza, hanno ammesso secondo lei la validità del suo matrimonio.
56. La Corte stima che le due questioni sono legate intimamente. Osserva che le autorità nazionali non hanno negato che la richiedente credeva in buona fede alla realtà del suo matrimonio. La convinzione dell’interessata è tanto più credibile in quanto le autorità spagnole le hanno rilasciato parecchi documenti ufficiali che attestavano della sua qualità come moglie di M.D.
Per la Corte, conviene sottolineare l’importanza delle credenze che la richiedente trae dalla sua appartenenza al comunità rom, comunità che ha i suoi propri valori stabiliti e radicati nella società spagnola.
57. La Corte osserva, nello specifico che, quando la richiedente si sposò nel 1971 conformemente ai riti e alle tradizioni rom, non era possibile in Spagna, salvo dichiarazione preliminare di apostasia, sposarsi diversamente se non conformemente ai riti del diritto canonico della chiesa cattolica. La Corte stima che non si poteva esigere dalla richiedente, senza recare offesa al suo diritto alla libertà religiosa, che si sposasse legalmente, ossia secondo il diritto canonico nel 1971, quando espresse il suo consenso per sposarsi secondo i riti rom.
58. Certo, in seguito all’entrata in vigore della Costituzione spagnola del 1978 ed in virtù della legge 30/1981 del 7 luglio 1981 (paragrafo 26 sopra) la richiedente si sarebbe potuta sposare civilmente. La richiedente sostiene che in ogni buona fede, credeva che il matrimonio celebrato conformemente ai riti e alle tradizioni rom provocava tutti gli effetti propri a questa istituzione.
59. Per valutare la buona fede della richiedente, la Corte deve prendere in considerazione l’appartenenza di questa ad una comunità in seno alla quale la validità del matrimonio secondo i suoi propri riti e tradizioni non è stata mai contestata né considerata come contraria all’ordine pubblico dal Governo o dalle autorità nazionali che hanno riconosciuto anche a certi riguardi la qualità di moglie del richiedente. Stima che la forza delle credenze collettive di una comunità culturalmente ben definita non può essere ignorata.
60. La Corte osserva a questo riguardo che un consenso internazionale si fa giorno in seno agli Stati contraenti del Consiglio d’Europa per riconoscere i bisogni particolari delle minoranze e l’obbligo di proteggere la loro sicurezza, la loro identità ed il loro stile di vita, (vedere sopra il paragrafo 33, in particolare la Convenzione- quadro per la protezione delle minoranze) non solo allo scopo di proteggere gli interessi delle minoranze stesse ma anche per preservare la diversità culturale che è di beneficio per la società nel suo insieme ( Chapman c. Regno Unito [GC], no 27238/95, § 93, CEDH 2001-I).
61. La Corte stima che, se l’appartenenza ad una minoranza non dispensa il rispetto delle leggi che regolano il matrimonio, ciò può influire sul modo di applicare queste leggi. La Corte ha avuto già l’occasione di sottolineare nella sentenza Buckley, certo in un contesto differente, che la vulnerabilità dei rom, per il fatto che costituiscono una minoranza, implica di accordare un’attenzione speciale ai loro bisogni ed al loro stile di vita proprio, tanto nella cornice regolamentare valida in materia di pianificazione che all’epoca della presa di decisioni in casi particolari (sentenza Buckley c. Regno Unito, 25 settembre 1996, §§ 76, 80, 84, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV, Chapman c. Regno Unito [GC], precitata, § 96, e Connors c. Regno Unito, no 66746/01, § 84, 27 maggio 2004).
62. Nello specifico, la convinzione della richiedente in quanto alla sua condizione di moglie sposata con tutti gli effetti inerenti a questo stato, è stata rinforzata innegabilmente dall’atteggiamento delle autorità che le hanno riconosciuto la qualità di moglie di M.D. e, molto concretamente, col rilascio di certi documenti di previdenza sociale, in particolare il documento di iscrizione al sistema che stabiliva la sua condizione di moglie e madre di una famiglia numerosa, situazione considerata come specialmente degna di aiuto e che esigeva, con applicazione della legge no 25/1971 del 19 giugno 1971, la riconoscenza della qualità di coniuge.
63. Per la Corte, la buona fede della richiedente in quanto alla validità del suo matrimonio, confermata dalla riconoscenza ufficiale della sua situazione dalle autorità, ha generato presso l’interessata l’attesa legittima di essere considerata come la sposa di M.D. e di formare una coppia sposata riconosciuta da questo. Dopo il decesso di M.D. è naturale che la richiedente abbia nutrito la speranza di vedersi riconoscere una pensione di reversione.
64. Di conseguenza, il rifiuto di riconoscere la qualità di coniuge alla richiedente ai fini dell’ottenimento di una pensione di reversione contraddice la riconoscenza preliminare di questa qualità da parte delle autorità. Questo rifiuto ha omesso peraltro di tenere conto delle specificità sociali e culturali della richiedente per valutare la buona fede di questa. A questo riguardo, la Corte ricorda che, conformemente alla Convenzione- quadro per la protezione delle minoranze nazionali (paragrafi 33 e 34 sopra) gli Stati parti a suddetta Convenzione si costringono a tenere debitamente conto delle condizioni specifiche delle persone appartenenti alle minoranze nazionali.
65. La Corte stima che il rifiuto di riconoscere il diritto per la richiedente a percepire una pensione di reversione costituisce una differenza di trattamento rispetto al trattamento dato, dalla legge o dalla giurisprudenza, ad altre situazioni che devono essere ritenute per equivalenti per ciò che riguarda gli effetti della buona fede, come la credenza di buona fede nell’esistenza di un matrimonio nullo (articolo 174 del LGSS) o la situazione esaminata nella sentenza del Tribunale costituzionale no 199/2004, del 15 novembre 2004-paragrafo 32 sopra-che riguardava la non-formalizzazione, per ragioni di coscienza, di un matrimonio canonico. La Corte stima accertato che, tenuto conto delle circostanze dello specifico, questa situazione costituisce una differenza di trattamento sproporzionato nei confronti la richiedente rispetto al trattamento riservato al matrimonio in buona fede.
66. Certo, l’articolo 174 del LGSS, come in vigore al momento dei fatti, riconosceva la pensione di reversione in caso di mancanza di matrimonio legale solo quando il matrimonio era nullo in buona fede. Però, questa disposizione non permette allo stato convenuto di esonerarsi da ogni responsabilità allo sguardo della Convenzione. La Corte osserva a questo riguardo che la legge 40/2007 ha introdotto nel LGSS la possibilità di vedersi concedere una pensione di reversione per i casi di unioni di fatto (paragrafo 30 sopra).
67. La Corte constata che, nel suo giudizio reso il 30 maggio 2002, il giudice del lavoro no 12 di Madrid ha interpretato la legislazione applicabile a favore della richiedente. Ha fatto riferimento all’articolo 4 § 1 del codice civile secondo cui le norme possono essere applicate tramite analogia quando non prevedono il caso di specifico ma un altro, analogo con cui una similitudine oggettiva può essere percepita. Ha interpretato quindi la legislazione applicabile conformemente ai criteri esposti dalla Corte nella sentenza precitata Buckley c. Regno Unito.
68. Questo giudizio è stato tuttavia, annullato dalla sentenza di appello del 7 novembre 2002. Il Tribunale superiore di giustizia di Madrid ha considerato difatti paragrafo 15 sopra, che “il principio di uguaglianza e di non discriminazione si fonda sull’idea che le situazioni uguali devono essere oggetto di un trattamento uguale” e “che un trattamento uguale applicato alle situazioni che non sono uguali costituisce un’ingiustizia.” La Corte rileva che nessuna conclusione è stata tratta dalla giurisdizione d’appello delle specificità della minoranza rom, sebbene il Tribunale abbia riconosciuto che il matrimonio rom ha “certo un senso e beneficia di una riconoscenza sociale nell’ambiente riguardato” e che la moralità o la conformità di questo rito all’ordine pubblico non era messa in causa. Per il Tribunale superiore di giustizia è chiaro che questa situazione non esclude e non sostituisce attualmente la legge in vigore ed applicabile allo specifico.”
69. Alla luce di ciò che precede e tenuto conto delle circostanze specifiche della presente causa, la Corte stima che è sproporzionato che lo stato spagnolo che ha assegnato alla richiedente ed alla sua famiglia rom uno stati di famiglia con dati anagrafici, ha riconosciuto loro lo statuto di famiglia numerosa, ha concesso loro, all’interessata ed ai suoi sei figli, un’assistenza in materia di salute, e che ha percepito le quote di suo marito rom alla previdenza sociale per più di diciannove anni, non volere riconoscere oggi gli effetti del matrimonio rom in materia di pensione di reversione.
70. Infine, la Corte non potrebbe accettare la tesi del Governo secondo la quale sarebbe bastato alla richiedente di sposarsi civilmente per ottenere la pensione richiesta. Difatti, l’interdizione alla discriminazione consacrata dall’articolo 14 della Convenzione ha senso solo se, in ogni caso particolare, la situazione personale del richiedente rispetto ai criteri enumerati in questa disposizione è presa in conto tale quale. Un approccio contrario, che consiste nel respingere la vittima al motivo che avrebbe potuto sfuggire alla discriminazione modificando uno degli elementi controversi per esempio, sposandosi civilmente-svuoterebbe l’articolo 14 della sua sostanza.
71. Perciò, la Corte conclude che c’è stata nella specifico violazione dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 IN COLLEGAMENTO CON L’ARTICOLO 12 DELLA CONVENZIONE
72. La richiedente si lamenta che la mancanza in Spagna di riconoscenza di effetti civili al matrimonio rom- il solo ad avere degli effetti erga omnes in seno alla sua propria comunità-mentre questa minoranza è impiantata in Spagna da almeno cinque cento anni, porta attentato al suo diritto al matrimonio. Invoca l’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 12 che è formulato così:
Articolo 14
“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere garantito, senza distinzione nessuna, fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la fortuna, la nascita od ogni altra situazione. “
Articolo 12
“A partire dall’età nubile, l’uomo e la moglie hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di questo diritto. “
73. Il Governo contesta questa tesi. Sostiene che niente impediva alla richiedente di sposarsi civilmente e stima che gli articoli 12 e 14 della Convenzione non possono essere interpretati come obbliganti a trattare su un piano di uguaglianza da una parte i matrimoni che rispettano le formalità legalmente previste e dall’ altra parte ogni altra unione nella quale suddette formalità non sono state rispettate. Si riferisce al margine di valutazione di cui dispongono gli Stati per determinare l’esercizio dei diritti previsti dall’articolo 12 della Convenzione.
74. Per il Governo, il diritto di sposarsi è stato rispettato pienamente nello specifico, nelle stesse condizioni che per ogni altro cittadino. Nessuna discriminazione è da rilevare. La richiedente ha deciso volontariamente di non sposarsi secondo le forme legalmente stabilite. Non si potrebbe rimproverare allo stato spagnolo di non assegnare gli stessi effetti a questa unione di quelli dati ai matrimoni che hanno rispettato i provvedimenti legali dunque. Gli articoli 12 e 14 della Convenzione non possono essere interpretati come costrittivi per lo stato di accettare una forma concreta di prestazione del consenso per sposarsi per il solo fatto dell’ancoraggio sociale o delle tradizioni di una comunità. Non è di conseguenza contrario all’articolo 12 della Convenzione che lo stato imponga delle formalità determinate per la prestazione di un tale consenso.
75. La richiedente fa valere che nel 1971, quando ha sposato M.D. secondo i riti rom, esisteva in Spagna solo il matrimonio religioso, intervenendo il matrimonio civile solamente in casi di apostasia. Si è sposata secondo i riti rom perché erano i soli riti riconosciuti dalla sua comunità e che in tutta buona fede, non era libera di dare diversamente il suo consenso. Perciò, la richiedente insorge contro il fatto di essere stata privata dei diritti sociali sotto il pretesto che non era sposata con M.D di cui rifiuta di essere considerata come la compagna.
76. Per la richiedente, il mancato riconoscimento in diritto spagnolo dei riti rom in quanto forma di espressione del consenso per sposarsi, mentre certi riti religiosi costituiscono delle forme valide di espressione del consenso si analizza, per se, in una violazione dei diritti invocati. La richiedente nota che il matrimonio rom esiste da più di 500 anni nella storia spagnola; si tratta di una forma di prestazione del consenso che non è né civile né religiosa, ma radicata intimamente nella cultura della sua comunità, riconosciuta e beneficiante di effetti erga omnes in seno a questa ultima, per effetto convalidante del costume. La legge spagnola non tiene conto delle specificità del minoranza rom, poiché l’obbliga a sottoporsi ad una forma di espressione del consenso che i membri di questa comunità non riconoscono.
77. L’Union Romani si riferisce al carattere definitivo del consenso dato all’epoca del matrimonio rom e chiede la riconoscenza da parte dello stato della validità dei loro riti. Fa valere che la comunità rom in Spagna mantiene le sue tradizioni dai secoli, ed invita la Corte a dire che il rispetto delle minoranze etniche, delle loro tradizioni e della loro eredità e dell’ identità culturale è parte inerente della Convenzione.
78. La Corte ricorda che l’articolo 12 garantisce il diritto fondamentale, per un uomo ed una donna, di sposarsi e di fondare una famiglia (F. c. Svizzera, sentenza del 18 dicembre 1987, serie A no 128, § 32, e Christine Goodwin c. Regno Unito [GC], no 28957/95, § 98, CEDH 2002-VI). L’esercizio del diritto di sposarsi porta delle conseguenze sociali, personali e giuridiche. Ubbidisce alle leggi nazionali degli Stati contraenti, ma le limitazioni risultanti non devono restringerlo o ridurlo in un modo o ad un grado tale da pregiudicarlo nella sua sostanza stessa (I. c. Regno Unito [GC], no 25680/94, § 79, 11 luglio 2002).
79. La Corte osserva che il matrimonio civile in Spagna come in vigore dal 1981 è aperto a tutti, e stima che la sua regolamentazione non implica alcuna discriminazione per ragioni di ordine religioso o altro. La stessa formula dinnanzi ad un sindaco, un giudice o un altro funzionario designato si applica a tutti allo stesso modo. Non viene richiesta nessuna esigenza di dichiarazione di religione o credenza, o di appartenenza ad un gruppo culturale, linguistico, etnico o altro.
80. È vero che certe forme religiose di prestazione del consenso sono ammesse in diritto spagnolo, ma queste forme religiose (cattolica, protestante, musulmana ed israelita) sono riconosciute in virtù degli accordi intercorsi tra lo stato e queste confessioni, e producono dunque gli stessi effetti del matrimonio civile, mentre altre forme, religiose o tradizionali, non sono riconosciute. La Corte constata tuttavia che si tratta di una differenza derivata dell’appartenenza ad una confessione religiosa, non pertinente nel caso del comunità rom. Ma questa differenza non impedisce o non vieta il matrimonio civile, aperto ai Rom nelle stesse condizioni di uguaglianza delle persone non appartenenti alla comunità rom, e risponde ai motivi che il legislatore deve prendere in conto, e che dipendono, come il Governo sottolinea, del suo margine di valutazione.
81. Pertanto, la Corte stima che il fatto che le unioni rom non hanno effetti civili nel senso auspicato dalla richiedente non costituisce una discriminazione proibita dall’articolo 14. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
82. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
83. La richiedente richiedeva all’inizio 60 959,09 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito. All’epoca dell’udienza del 26 maggio 2009, ha indicato di percepire una pensione di reversione dal 1 gennaio 2007, per applicazione della terza disposizione addizionale della legge no 40/2007 del 4 dicembre 2007, riguardante le misure relative alla Previdenza sociale, in quanto compagna di fatto di M.D. (paragrafo 21 sopra). Ha ridotto quindi le sue pretese per danno patrimoniale alla somma di 53 319,88 EUR. Richiede anche 30 479,54 EUR a titolo del danno morale.
84. Il Governo si oppone a questa tesi.
85. La Corte ricorda poi che il principio che sottostà alla concessione di una soddisfazione equa è ben stabilito: occorre, tanto quanto si può fare, porre l’interessato in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se la violazione dell

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 14+ P1-1 ; Partiellement irrecevable ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE MUÑOZ DIAZ c. ESPAGNE
(Requête no 49151/07)
ARRÊT
STRASBOURG
8 décembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Muñoz Díaz c. Espagne,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil les 26 mai 2009 et 17 novembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 49151/07) dirigée contre le Royaume d’Espagne et dont une ressortissante de cet État, Mme M. L. M. D. (« la requérante »), a saisi la Cour le 29 octobre 2007 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me M. Q. d. L. L.-C., avocate à Madrid. Le gouvernement espagnol (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, I. Blasco Lozano, chef du service juridique des droits de l’homme au ministère de la Justice.
3. La requérante, rom de nationalité espagnole, se plaignait du refus de lui verser une pension de réversion à la suite du décès de M.D., lui aussi rom de nationalité espagnole, au seul motif qu’ils ne formaient pas, aux yeux de la législation espagnole, un couple marié. Elle alléguait la violation de l’article 14 de la Convention en combinaison avec les articles 1 du Protocole no 1 et 12 de la Convention.
4. Le 13 mai 2008, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
5. Les parties ont présenté leurs observations. Des observations ont également été reçues de l’Union Romaní que le président avait autorisée à intervenir dans la procédure écrite en qualité d’amicus curiae (article 36 § 2 de la Convention et 44 § 2 du règlement de la Cour).
6. Une audience s’est déroulée en public au Palais des droits de l’Homme, à Strasbourg, le 26 mai 2009 (article 59 § 3 du règlement).
Ont comparu :
– pour le Gouvernement
M. Ignacio Blasco Lozano, chef du service des droits de l’homme au ministère de la Justice, agent,
– pour la requérante
OMISSIS
– pour la tierce partie
OMISSIS
La Cour a entendu M. Blasco, Me Q. de L. et Me S. en leurs déclarations ainsi qu’en leurs réponses aux questions posées par les juges L. L. G. et E. M.. Elle a aussi entendu M. R. H. et Mme M. D., la requérante.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
7. La requérante est née en 1956 et réside à Madrid.
8. La requérante et M. D., appartenant tous deux à la communauté rom, se marièrent en novembre 1971 selon les rites propres à leur communauté. Le mariage fut célébré conformément aux coutumes et traditions culturelles roms, et reconnu par leur communauté. Pour la communauté rom, le mariage célébré selon ses coutumes entraîne les effets sociaux découlant du mariage, la reconnaissance publique, l’obligation de vie commune et l’ensemble des autres devoirs et droits qui découlent d’une telle institution.
9. La requérante eut six enfants, qui furent inscrits dans le livret de famille délivré au couple par l’administration espagnole (Registro civil) le 11 août 1983.
10. Le 14 octobre 1986, la requérante et sa famille se virent reconnaître la situation de famille nombreuse de première catégorie, sous le no 28/2220/8, en application de la loi 25/1971 du 19 juin 1971 sur la protection des familles nombreuses.
11. Le 24 décembre 2000, l’époux de la requérante décéda. Maçon de profession, au moment de son décès, il travaillait et avait cotisé à la sécurité sociale pendant dix-neuf ans, trois mois et huit jours et avait, à sa charge, son épouse (en tant que telle) et ses six enfants. Il était titulaire d’une carte de bénéficiaire de la Sécurité Sociale, tamponnée par l’agence no 7 de Madrid de l’Institut national de la Sécurité Sociale.
12. La requérante demanda à bénéficier d’une pension de réversion. Par une décision du 27 mars 2001, l’Institut national de la sécurité sociale (INSS) la lui refusa, « dans la mesure où [la requérante] n’est pas et n’a jamais été l’épouse de la personne décédée avant la date de son décès, comme l’exige le paragraphe 2 de la septième disposition additionnelle de la loi 30/1981, du 7 juillet 1981 (en vigueur au moment des faits), combiné avec l’article 174 de la loi générale sur la sécurité sociale (LGSS), approuvée par le décret royal législatif 1/1994 du 20 juin 1994 ».
13. Cette décision fut confirmée par une décision du 10 mai 2001 du même Institut.
14. La requérante saisit alors la juridiction du travail. Par un jugement du 30 mai 2002 du juge du travail no 12 de Madrid, elle se vit accorder le droit de percevoir une pension de réversion avec une base de 903,29 euros par mois, des effets civils étant ainsi reconnus à son mariage rom. La partie pertinente du jugement était libellée comme suit :
« (…) Dans notre pays, la minorité rom (etnia gitana) est implantée depuis des temps immémoriaux et il est connu que cette minorité célèbre le mariage selon des rites et traditions qui ont force de loi entre les parties. Ces mariages ne sont pas considérés comme contraires à la morale ni à l’ordre public et sont reconnus socialement.
(…) L’article 61 du code civil énonce que le mariage a des effets civils dès sa célébration mais que l’inscription au Registre civil est nécessaire pour que ces effets soient reconnus. A cet égard, le mariage rom n’est pas inscrit au Registre civil, car il n’a pas été considéré par l’État comme une composante de la culture ethnique qui est présente dans notre pays depuis des siècles.
(…) L’argument qui est opposé à la requérante pour refuser de lui verser la pension de réversion est exclusivement la non-reconnaissance des effets civils de son mariage avec l’ayant droit (actif de nationalité espagnole, assujetti aux droits et obligations régis par le droit interne et communautaire), nonobstant le fait que l’Espagne a ratifié la Convention internationale de l’ONU du 7 mars 1966 sur l’élimination de toutes les formes de discrimination raciale.
(…) L’absence de réglementation de la reconnaissance des effets civils du mariage rom ne saurait empêcher l’action protectrice que l’État s’est imposée en définissant les normes de sécurité sociale.
(…) La directive 2000/43/CE relative à la mise en œuvre du principe de l’égalité de traitement entre les personnes sans distinction de race ou d’origine ethnique est applicable au cas d’espèce, où la prestation refusée trouve son origine dans la relation de travail de l’ayant droit, décédé d’une cause naturelle lorsqu’il était en activité. (…) L’article 4 § 1 du Code civil énonce [qu’] « il est procédé à une application par analogie des normes lorsque celles-ci n’envisagent pas le cas d’espèce mais en visent un autre, analogue, avec lequel une similitude d’objet peut être perçue». Ladite application par analogie est applicable au cas d’espèce.
(…)
Le mariage de la requérante n’est pas inscrit au Registre civil, encore que cela ne soit pas expressément exclu. Ne lui sont reconnus ni les effets civils, ni la jouissance de la protection sociale du survivant en cas de décès d’un des deux conjoints. Le mariage rom est ignoré par la législation espagnole, malgré l’enracinement socioculturel que ladite ethnie a dans notre pays. Cependant, comme il a été dit précédemment, le mariage conforme à des rites et coutumes religieux qui étaient encore récemment étrangers à notre société dispose [bien] d’un cadre légal. Ce sont donc des cas analogues, exception faite qu’il ne s’agit pas d’une religion. Ils ont une similitude d’objet (communauté de cultures et coutumes qui sont présents au sein de l’État espagnol). Le refus de l’INSS d’octroyer à la requérante une pension de réversion, avec comme seul obstacle le fait que le mariage contracté par l’ayant-droit et sa veuve ne soit pas reconnu, révèle un traitement discriminatoire à raison de l’appartenance ethnique, contraire à l’article 14 de la Constitution espagnole et à la directive 2000/43/CE. »
15. L’INSS fit appel. Par un arrêt du 7 novembre 2002, le tribunal supérieur de justice de Madrid infirma le jugement attaqué. La décision était motivée comme suit :
« (…) Il convient de signaler que le principe d’égalité et de non-discrimination repose sur l’idée que des situations égales doivent faire l’objet d’un traitement égal et sur [l’idée] qu’un traitement égal appliqué à des situations qui ne sont pas égales constitue une injustice. Cela suppose également qu’il ne faut pas s’écarter de la loi applicable à tous d’une manière [qui permettrait de] faire davantage d’exceptions que celles prévues expressément dans ladite loi.
(…) Il faut distinguer ce qui relève de la législation en vigueur et applicable à tout moment de ce qui peut s’entendre comme souhaitable par un secteur de la société.
(…) En conformité avec ce qui est prévu par l’article 49 du code civil, chaque Espagnol (comme la requérante et l’ayant droit) peut choisir soit un mariage civil devant le juge, le maire ou un fonctionnaire public désigné [par le même code], soit un mariage religieux prévu par la loi.
(…) Conformément à tout cela, si le mariage civil doit se célébrer à travers des formes règlementées, le mariage religieux doit l’être également, sous des formes prévues par une confession religieuse – ces formes étant posées par l’État, ou, à défaut, admises par la législation de ce dernier. [C’est dans ces circonstances] que le mariage produit des effets civils.
(…) Le mariage célébré uniquement et exclusivement selon les rites roms n’entre dans aucun des cas énoncés, car même s’il s’agit d’une ethnie, les normes ou formes de cette dernière ne produisent pas d’effet juridique au-delà de son cadre, et ne sont pas consacrées par la loi qui prévoit la pension litigieuse. [Ce mariage], qui a certes un sens et bénéficie d’une reconnaissance sociale dans le milieu concerné, n’exclut pas et ne remplace pas actuellement la loi en vigueur et applicable à l’espèce, tant qu’il s’agit d’un mariage entre Espagnols célébré en Espagne. Une ethnie, d’autre part, ne constitue pas autre chose qu’un groupe qui se différencie pour un motif fondé sur la race (…) et un rite n’est pas autre chose qu’une coutume ou cérémonie.
(…) S’agissant donc d’une coutume, celle-ci, selon l’article 1 § 3 du Code civil, n’intervient qu’à défaut de loi applicable. (…) Ne sont pas remis en question la moralité ou la conformité de ce rite à l’ordre public, mais uniquement sa capacité d’engendrer des obligations erga omnes, alors qu’il existe en Espagne des normes légales régissant le mariage. La réponse, évidemment, se doit d’être négative.
(…)
Le mariage, pour produire des effets civils, ne peut être que celui célébré civilement ou religieusement d’après les termes exprimés précédemment. Le mariage rom ne correspond pas, dans l’actuelle configuration de notre droit, à la nature des mariages précités. L’article 174 de la LGSS exige la qualité de conjoint du défunt pour avoir le bénéfice de la pension de réversion, et la notion de conjoint est interprétée strictement selon une jurisprudence constitutionnelle et ordinaire constante (malgré des voix dissidentes), conformément à laquelle sont exclus de cette prestation les concubins de fait ainsi que beaucoup d’autres qui, en définitive, ne sont pas mariés en conformité avec la loi applicable. »
16. La requérante saisit alors le Tribunal constitutionnel d’un recours d’amparo en invoquant le principe de non-discrimination fondée sur la race et la condition sociale. Par un arrêt du 16 avril 2007, le Tribunal constitutionnel rejeta le recours, en s’exprimant dans les termes suivants :
(…) Le Tribunal, siégeant en formation plénière, a réitéré (…) les raisons permettant de conclure que limiter la pension de réversion aux cas de cohabitation institutionnalisée en tant que mari et femme, en excluant d’autres formes d’unions ou cohabitations, ne constitue pas une discrimination pour des raisons sociales. A cet égard, il a été soutenu que le législateur dispose d’une importante marge de manœuvre pour déterminer la configuration du système de sécurité sociale ainsi que pour apprécier les circonstances socioéconomiques s’agissant d’administrer des ressources limitées pour répondre à un grand nombre de besoins sociaux, compte tenu du fait que le droit à la pension de réversion n’est pas strictement conditionné, dans un régime contributif, à une situation réelle de nécessité ou de dépendance économique, ou encore d’une incapacité de travail pour le conjoint survivant. En tout état de cause, la Chambre plénière du Tribunal s’est aussi exprimée sur le fait que l’extension, par le législateur, de la pension de réversion à d’autres unions différentes, n’est pas non plus prohibée par l’article 14 de la Constitution espagnole.
(…)
Une discrimination supposée pour des considérations sociales est à écarter pour les raisons précitées. (…) Aucune violation de l’article 14 ne peut découler du fait de limiter concrètement la pension de réversion au lien matrimonial.
De la même manière, il n’y a pas de traitement discriminatoire direct ou indirect, pour des raisons raciales ou ethniques, découlant du fait que l’union de la requérante, conforme aux rites et coutumes roms, n’ait pas été assimilée au lien matrimonial à l’égard des effets de ladite pension, et que le même régime juridique que celui des unions « more uxorio » lui ait été appliqué.
D’une part, (…) le Tribunal a réitéré que « la discrimination par indifférenciation » ne ressort pas de l’article 14 de la Constitution espagnole, car le principe d’égalité ne consacre pas un droit à un traitement [différencié], ni ne vient protéger le manque de distinction entre des cas différents. Il n’existe donc pas un droit subjectif à un traitement normatif différencié. (…)
D’autre part, l’exigence légale d’un lien matrimonial comme condition de jouissance de la pension de réversion et l’interprétation ressortant de la décision attaquée, qui tient compte du lien matrimonial issu des formes légalement reconnues d’accès au mariage et non d’autres formes de cohabitation, notamment les unions selon les usages et coutumes roms – cette exigence n’étant en aucun cas liée à des considérations raciales ou ethniques, mais au fait [pour les intéressés] d’avoir pris librement la décision de ne pas formaliser le mariage par les voies légales, civiles ou confessionnelles reconnues – ne prend jamais en considération l’appartenance à une race ni les coutumes d’une ethnie déterminée au détriment des autres. En conséquence, il n’y a là aucune forme de discrimination dissimulée à l’égard de l’ethnie rom. (…)
Il faut enfin rejeter l’idée que la reconnaissance d’effets civils au lien matrimonial émanant de certains rites religieux déterminés, mais non à ceux célébrés en vertu des rites et coutumes roms, et le refus de l’organe juridictionnel de procéder à une application par analogie […], entraînent, directement ou indirectement, la discrimination ethnique alléguée. (…)
Pour résumer, compte tenu du fait que la loi établit une possibilité générale, neutre d’un point de vue racial et ethnique, d’accéder à une forme civile du mariage, et que le législateur, lorsqu’il a décidé d’attacher des effets légaux à d’autres formes d’accession au lien matrimonial, l’a fait sur la base exclusive de considérations religieuses et par conséquent sans invoquer aucune raison ethnique, aucun traitement discriminatoire à connotation ethnique tel qu’allégué ne peut être constaté. »
17. Une opinion dissidente était jointe à l’arrêt. Elle se référait à l’arrêt 199/2004, dans lequel le Tribunal constitutionnel avait conclu à la violation du droit à l’égalité s’agissant du veuf d’une fonctionnaire, après avoir constaté l’existence d’une relation conjugale mais non d’un mariage, dans la mesure où il n’y avait pas d’inscription au registre civil, les contractants ayant en effet refusé expressément l’inscription audit registre de leur relation conjugale qui avait été célébrée sous une forme religieuse.
18. Pour le magistrat dissident, ce cas du conjoint survivant d’un mariage religieux non inscrit était comparable à celui de la requérante, en ce que les deux demandeurs revendiquaient une pension de réversion sur le fondement de ce qu’ils estimaient être un lien matrimonial, malgré l’absence d’inscription de ce lien au registre civil.
19. D’autre part, le magistrat dissident rappela que, bien que l’Espagne fût partie à la Convention-cadre pour la protection des minorités nationales, signée à Strasbourg le 1er février 1995, la jurisprudence du Tribunal constitutionnel ne prenait pas en compte les rites, pratiques et coutumes d’une ethnie ou groupe concrets, ou encore ne considérait pas comme valables ou susceptibles de protection constitutionnelle les actes de personnes appartenant à des minorités qui réclamaient le respect de leurs traditions culturelles.
20. Selon le magistrat dissident, la situation exposée par ce recours d’amparo démontrait, pour la première fois, que la protection des minorités avait une portée constitutionnelle beaucoup plus étendue que la simple réponse reçue par la requérante. La requérante n’aurait pas dû être contrainte de saisir les instances supranationales afin d’obtenir la protection réclamée. Dans les cas de protection des minorités ethniques, la garantie de l’égalité exigeait des mesures de discrimination positive en faveur de la minorité défavorisée et que soit respectée, avec la sensibilité adéquate, la valeur subjective qu’une personne appartenant à ladite minorité attache et exige quant au respect de ses traditions et à l’héritage de son identité culturelle. Le magistrat dissident conclut ainsi :
« Il est disproportionné que l’État espagnol, qui a pris en considération la requérante et sa famille rom en leur attribuant un livret de famille, en leur reconnaissant la qualité de famille nombreuse, en leur accordant à elle et ses six enfants une assistance en matière de santé et qui a perçu les cotisations correspondantes de son mari rom pendant dix-neuf ans, trois mois et huit jours, ne veuille pas aujourd’hui reconnaître le mariage rom en matière de pension de réversion. »
21. Le 3 décembre 2008, en application de la troisième disposition additionnelle de la loi 40/2007 du 4 décembre 2007 relative à certaines mesures de sécurité sociale, la requérante se vit octroyer une pension de réversion à compter du 1er janvier 2007, en tant que compagne de M.D.
II. LE DROIT INTERNE ET EUROPÉEN PERTINENT
22. Les dispositions constitutionnelles applicables sont les suivantes.
Article 14.
« Les Espagnols sont égaux devant la loi ; ils ne peuvent faire l’objet d’aucune discrimination fondée sur la naissance, la race, le sexe, la religion, les opinions ou sur n’importe quelle autre condition ou circonstance personnelle ou sociale ».
Article 16
« 1. La liberté idéologique, religieuse et de culte des individus et des communautés est garantie sans autres restrictions, quant à ses manifestations, que celles qui sont nécessaires au maintien de l’ordre public protégé par la loi.
2. Nul ne pourra être obligé de déclarer son idéologie, sa religion ou ses croyances.
(…) »
Article 32 § 2
« 1. L’homme et la femme ont le droit de contracter mariage en pleine égalité juridique.
2. La loi déterminera les formes du mariage, l’âge et la capacité requis pour le contracter, les droits et les devoirs des conjoints, les causes de séparation et de dissolution et leurs effets.
23. Les dispositions pertinentes du code civil, dans sa version en vigueur en 1971, se lisent ainsi.
Article 42
« La loi reconnait deux types de mariage : le mariage canonique et le mariage civil.
Le mariage doit être contracté canoniquement lorsqu’au moins un des contractants se réclame de la religion catholique.
Le mariage civil est autorisé lorsqu’il est prouvé qu’aucun des contractants ne se réclame de la religion catholique ».
24. Les dispositions applicables en l’espèce du règlement du Registre civil tel qu’en vigueur au moment des faits (décret 1138/1969, du 22 mai 1969), sont ainsi libellées.
Article 245
« Les personnes ayant renoncé à la religion catholique doivent, dans les plus brefs délais, présenter la preuve que ladite renonciation a été communiquée par l’intéressé au curé de son domicile (…) ».
Article 246
« (…)
2. Dans les cas non prévus par la disposition précédente, la preuve de non- appartenance à la religion catholique peut être apportée soit par une attestation certifiant l’appartenance à une autre confession religieuse, délivrée par le ministre compétent ou le représentant autorisé de l’association confessionnelle en cause, soit par une déclaration expresse de l’intéressé devant le fonctionnaire du Registre ».
25. Les dispositions pertinentes du code civil, dans sa version actuellement en vigueur, sont les suivantes.
Article 44
« L’homme et la femme ont le droit de se marier conformément aux dispositions du présent code ».
Article 49
« Tout ressortissant espagnol peut se marier en Espagne ou à l’étranger :
1. Devant un juge, un maire ou un fonctionnaire visé par le présent code.
2. Dans la forme religieuse légalement prévue.
[Tout ressortissant espagnol] peut aussi se marier à l’étranger conformément aux formes requises par la loi du lieu de la célébration ».
26. Les dispositions pertinentes de la loi no 30/1981, du 7 juillet 1981, portant modification des dispositions du code civil réglementant le mariage et la procédure à suivre pour les cas de nullité, séparation de corps et divorce.
Dixième disposition additionnelle
« (…)
2. [S’agissant des personnes] qui n’ont pas pu se marier en raison de la législation en vigueur à ce jour mais qui ont vécu comme [un couple marié], lorsque le décès de l’un des partenaires survient avant l’entrée en vigueur de la présente loi, le survivant aura droit aux prestations visées à l’alinéa premier de la présente disposition et à la pension correspondante conformément à l’alinéa suivant ».
27. L’article 2 de la loi 25/1971 du 19 juin 1971 relative à la protection des familles nombreuses est ainsi libellé.
Article 2
« 1. Est considérée comme une famille nombreuse celle qui, réunissant les autres conditions fixées par la présente loi, est constituée par :
a) le chef de famille, son conjoint et quatre enfants ou plus (…) ».
28. L’article 174 de la loi générale relative à la sécurité sociale (telle qu’en vigueur au moment des faits) se lit ainsi.
Article 174
« 1. Le conjoint survivant (…) a droit à la pension de réversion.
2. (…) En cas de nullité du mariage, le droit à la pension de réversion est reconnu au conjoint survivant, proportionnellement à la période de cohabitation avec l’ayant droit, sous réserve qu’il n’ait pas fait preuve de mauvaise foi et qu’il ne se soit pas remarié (…) »
29. L’article 174 de la loi générale sur la sécurité sociale, approuvée par le décret royal législatif 1/1994 du 20 juin 1994, est ainsi libellé.
Article 174
« 1. A droit à une pension de réversion à vie (…) le conjoint survivant lorsque, au décès de son conjoint, ce dernier travaillait (…) et avait cotisé pendant la période fixée par la loi (…)
2. Dans les cas de séparation de corps ou de divorce, le droit à la pension de réversion est reconnu à celui qui est ou a été le conjoint légitime, sous réserve, dans ce dernier cas, qu’il ne soit pas remarié, proportionnellement à la période de cohabitation avec le conjoint décédé et indépendamment des causes à l’origine de la séparation des corps ou du divorce.
En cas de nullité du mariage, le droit à la pension de réversion est reconnu au conjoint survivant sous réserve qu’il n’ait pas fait preuve de mauvaise foi et qu’il ne se soit pas remarié, proportionnellement à la période de cohabitation avec l’ayant cause. (…) »
30. La loi 40/2007 du 4 décembre 2007 sur des mesures relatives à la sécurité sociale, portant modification de la loi générale sur la sécurité sociale.
Troisième disposition additionnelle
« Exceptionnellement, le droit à la pension de réversion sera reconnu lorsque le décès de l’ayant-droit a eu lieu avant l’entrée en vigueur de la présente loi, sous réserve que les conditions suivantes soient réunies :
a. au moment du décès de l’ayant-droit, actif et cotisant à la sécurité sociale tel que visé par l’article 174 du texte simplifié de la loi générale sur la sécurité sociale, [le survivant] n’a pas pu faire valoir le droit à la pension de réversion
b. le bénéficiaire et l’ayant droit ont cohabité de façon ininterrompue en tant que concubins […] pendant au moins les six années précédant le décès de ce dernier ;
c. l’ayant droit et le bénéficiaire ont eu des enfants en commun ;
d. le bénéficiaire n’a pas un droit reconnu à percevoir une pension contributive de la sécurité sociale.
e. pour avoir accès à la [présente] pension, la demande doit être présentée dans un délai non prorogeable de douze mois suivant l’entrée en vigueur de cette loi. La reconnaissance du droit à pension produira ses effets à partir du 1er janvier 2007, sous réserve que toutes les conditions prévues par cette disposition soient réunies».
31. Divers accords de coopération ont été conclus entre le Gouvernement et des confessions religieuses : accord avec le Saint-Siège (Concordat de 1979), accord avec la Fédération évangélique par la loi no 24/1992 du 10 novembre 1992, accord avec la Commission islamique par la loi no 26/1992 du 10 novembre 1992 et accord avec la Fédération israélite par la loi no 25/1992 du 10 novembre 1992. Les mariages conclus selon les rites de ces confessions sont par conséquent reconnus par l’État espagnol comme constituant une forme de manifestation du consentement pour se marier. Ils produisent donc des effets civils en vertu des accords passés avec l’État.
32. La jurisprudence pertinente du Tribunal constitutionnel
Les arrêts du Tribunal constitutionnel no 260/1988 du 22 décembre 1988 et 155/1998 du 13 juin 1998, parmi d’autres, concernent des droits à pension de réversion dans des cas où le mariage canonique n’était pas possible en raison de l’impossibilité de divorcer.
L’arrêt du Tribunal constitutionnel no 180/2001 du 17 septembre 2001 reconnaît le droit à indemnisation pour décès du compagnon si le mariage canonique n’était pas possible en raison d’une contradiction avec la liberté de conscience et de religion (avant la modification législative opérée en 1981)
L’arrêt du Tribunal constitutionnel no 199/2004, du 15 novembre 2004 porte sur un droit à pension de réversion dérivé d’un mariage canonique ne remplissant pas les conditions formelles posées par la loi puisqu’il était volontairement non inscrit au Registre civil. Le Tribunal constitutionnel a reconnu dans ce cas le droit du veuf à percevoir une pension de réversion.
33. La Convention-cadre du Conseil de l’Europe pour la protection des minorités nationales, ouverte à la signature le 1er février 1995, contient notamment les dispositions suivantes :
Article 1
La protection des minorités nationales et des droits et libertés des personnes appartenant à ces minorités fait partie intégrante de la protection internationale des droits de l’homme et, comme telle, constitue un domaine de la coopération internationale.
(…)
Article 4
1. Les Parties s’engagent à garantir à toute personne appartenant à une minorité nationale le droit à l’égalité devant la loi et à une égale protection de la loi. A cet égard, toute discrimination fondée sur l’appartenance à une minorité nationale est interdite.
2. Les Parties s’engagent à adopter, s’il y a lieu, des mesures adéquates en vue de promouvoir, dans tous les domaines de la vie économique, sociale, politique et culturelle, une égalité pleine et effective entre les personnes appartenant à une minorité nationale et celles appartenant à la majorité. Elles tiennent dûment compte, à cet égard, des conditions spécifiques des personnes appartenant à des minorités nationales.
3. Les mesures adoptées conformément au paragraphe 2 ne sont pas considérées comme un acte de discrimination.
Article 5
1. Les Parties s’engagent à promouvoir les conditions propres à permettre aux personnes appartenant à des minorités nationales de conserver et développer leur culture, ainsi que de préserver les éléments essentiels de leur identité que sont leur religion, leur langue, leurs traditions et leur patrimoine culturel.
2. Sans préjudice des mesures prises dans le cadre de leur politique générale d’intégration, les Parties s’abstiennent de toute politique ou pratique tendant à une assimilation contre leur volonté des personnes appartenant à des minorités nationales et protègent ces personnes contre toute action destinée à une telle assimilation. »
34. L’Espagne a signé la Convention le jour où elle a été ouverte à la signature et l’a ratifiée le 1er septembre 1995. Elle est entrée en vigueur à son égard le 1er février 1998.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 DE LA CONVENTION COMBINÉ AVEC L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
35. La requérante se plaint que le refus de lui accorder une pension de réversion au motif que son mariage célébré selon les rites de la minorité rom à laquelle elle appartient est dépourvu d’effets civils porte atteinte au principe de non-discrimination reconnu par l’article 14 de la Convention, combiné avec l’article 1 du Protocole no 1. Les dispositions citées sont ainsi libellées :
Article 14 de la Convention
« La jouissance des droits et libertés reconnus dans la (…) Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur le sexe, la race, la couleur, la langue, la religion, les opinions politiques ou toutes autres opinions, l’origine nationale ou sociale, l’appartenance à une minorité nationale, la fortune, la naissance ou toute autre situation. »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international. (…) »
A. Sur la recevabilité
36. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
a) La requérante
37. La requérante observe que le Gouvernement n’explique pas pourquoi sa situation est considérée comme une relation more uxorio et non comme un mariage nul de bonne foi qui serait susceptible de lui donner droit, en tant que conjoint survivant, à une pension de réversion. Elle souligne qu’elle n’avait aucune raison de penser que les droits sociaux dont elle bénéficiait pendant la vie de son mari lui seraient retirés lors du décès de ce dernier.
38. La requérante souligne que, dans d’autres cas, l’inexistence de tout mariage « légal » n’a pas empêché l’octroi d’une telle pension : ainsi, dans la loi générale portant sur la sécurité sociale, le droit à une pension est reconnu au conjoint de bonne foi en cas de nullité du mariage. En outre, la jurisprudence a reconnu le droit à pension dans le cas d’unions non inscrites au Registre civil lorsque les parties croyaient à l’existence du mariage, ou lorsque la loi empêchait le mariage en raison de l’impossibilité de divorcer, ou lorsque le mariage était en contradiction avec les croyances des intéressés.
b) Le Gouvernement
39. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse. Il estime que, la loi appliquée à la requérante étant la même pour tous les Espagnols, aucune discrimination fondée sur l’ethnie ou une autre raison n’est à relever, la différence de traitement alléguée étant due au fait que la requérante n’était pas mariée mais avait une relation more uxorio avec M.D.
40. Le Gouvernement souligne que rien n’oblige à traiter de la même façon ceux qui respectent les formalités prévues par la loi et ceux qui, sans en être empêchés, ne les respectent pas. L’exigence posée par la loi de l’existence d’un lien matrimonial légal pour percevoir une pension de réversion ne constitue pas une différence fondée sur des raisons raciales ou ethniques. Le refus d’accorder ladite pension à la requérante a pour cause sa décision libre et volontaire de ne pas se conformer aux formalités légales du mariage, qui ne sont pas basées sur l’appartenance à une race déterminée, ni sur les traditions, usages ou coutumes d’une ethnie faisant tort à autrui. Ces formalités ne constituent donc pas une discrimination directe ou indirecte des Roms.
c) La tierce partie
41. L’Unión Romaní souligne que le mariage rom n’est pas différent des autres types de mariage. Elle explique que le mariage rom existe dès qu’une femme et un homme expriment leur volonté de vivre ensemble avec le souhait de fonder une famille, qui est le fondement de la communauté rom. Elle estime disproportionné le fait que 1’État espagnol, après avoir fourni à la requérante et à sa famille un livret de famille, leur avoir reconnu la situation de famille nombreuse, accordé une assistance en matière de santé à l’intéressée et ses six enfants et encaissé les cotisations de son mari pendant plus de dix-neuf ans, méconnaisse aujourd’hui la validité de son mariage rom en matière de pension de réversion.
2. Sur l’applicabilité de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1
42. La Cour rappelle que l’article 14 de la Convention n’a pas d’existence indépendante puisqu’il vaut uniquement pour la jouissance des droits et libertés garantis par les autres clauses normatives de la Convention et de ses Protocoles (voir, parmi beaucoup d’autres, Burden c. Royaume-Uni [GC], no 13378/05, § 58, 29 avril 2008). L’application de l’article 14 ne présuppose pas nécessairement la violation de l’un des droits matériels garantis par la Convention. Il faut, mais il suffit, que les faits de la cause tombent « sous l’empire » de l’un au moins des articles de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Gaygusuz c. Autriche, 16 septembre 1996, § 36, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV, Thlimmenos c. Grèce [GC], no 34369/97, § 40, CEDH 2000-IV, Koua Poirrez c. France, no 40892/98, § 36, CEDH 2003-X et Andrejeva c. Lettonie [GC], no 55707/00, § 74, 18 février 2009). L’interdiction de la discrimination que consacre l’article 14 dépasse donc la jouissance des droits et libertés que la Convention et ses Protocoles imposent à chaque État de garantir. Elle s’applique également aux droits additionnels, relevant du champ d’application général de tout article de la Convention, que l’État a volontairement décidé de protéger (Stec et autres c. Royaume-Uni (déc.) [GC], nos 65731/01 et 65900/01, § 40 CEDH 2005-X).
43. Il convient dès lors de déterminer si l’intérêt de la requérante à percevoir de l’État une pension de réversion tombe « sous l’empire » ou « dans le champ d’application » de l’article 1 du Protocole no 1.
44. La Cour a affirmé que tous les principes qui s’appliquent généralement aux affaires concernant l’article 1 du Protocole no 1 gardent toute leur pertinence dans le domaine des prestations sociales (Andrejeva c. Lettonie, précité, § 77). Ainsi, cette disposition ne garantit, en tant que tel, aucun droit de devenir propriétaire d’un bien (Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, § 35 b), CEDH 2004-IX) ni, en tant que tel, aucun droit à une pension d’un montant donné (voir, par exemple, Domalewski c. Pologne (déc.), no 34610/97, CEDH 1999-V, et Janković c. Croatie (déc.), no 43440/98, CEDH 2000-X). En outre, l’article 1 n’impose aucune restriction à la liberté pour les États contractants de décider d’instaurer ou non un régime de protection sociale ou de choisir le type ou le niveau des prestations censées être accordées au titre de pareil régime. En revanche, dès lors qu’un État contractant met en place une législation prévoyant le versement d’une prestation sociale – que l’octroi de cette prestation dépende ou non du versement préalable de cotisations –, cette législation doit être considérée comme engendrant un intérêt patrimonial relevant du champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1 pour les personnes remplissant ses conditions (Stec et autres, décision précitée, § 54).
45. Comme la Cour l’a dit dans la décision Stec et autres (précitée), « [d]ans des cas tels celui de l’espèce, où des requérants formulent sur le terrain de l’article 14 combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 un grief aux termes duquel ils ont été privés, en tout ou en partie et pour un motif discriminatoire visé à l’article 14, d’une prestation donnée, le critère pertinent consiste à rechercher si, n’eût été la condition d’octroi litigieuse, les intéressés auraient eu un droit, sanctionnable devant les tribunaux internes, à percevoir la prestation en cause (…). Si [l’article 1 du] Protocole no 1 ne comporte pas un droit de percevoir des prestations sociales, de quelque type que ce soit, lorsqu’un État décide de créer un régime de prestations, il doit le faire d’une manière compatible avec l’article 14 » (ibidem, § 55).
46. Compte tenu de ce qui précède, du fait de l’appartenance de la requérante à la communauté rom et de sa qualité de conjointe de M.D., reconnue dans certains cas par les autorités espagnoles mais pas en ce qui concerne la pension de réversion, la Cour estime que les intérêts patrimoniaux de la requérante entrent dans le champ d’application de l’article 1 du Protocole no 1 et du droit au respect des biens qu’il garantit, ce qui suffit pour rendre l’article 14 de la Convention applicable.
3. Sur l’observation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1
a) La jurisprudence de la Cour
47. Selon la jurisprudence établie de la Cour, la discrimination consiste à traiter de manière différente, sauf justification objective et raisonnable, des personnes placées dans des situations comparables. Le « manque de justification objective et raisonnable » signifie que la distinction litigieuse ne poursuit pas un « but légitime » ou qu’il n’y a pas de « rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé » (D.H. et autres c. République tchèque [GC], no 57325/00, §§ 175 et 196, CEDH 2007-…, et la jurisprudence y citée).
48. Les États contractants jouissent d’une certaine marge d’appréciation pour déterminer si et dans quelle mesure des différences entre des situations à d’autres égards analogues justifient des distinctions de traitement (voir, notamment, les arrêts précités Gaygusuz, § 42, et Thlimmenos, § 40). L’étendue de cette marge varie selon les circonstances, les domaines et le contexte. Ainsi, par exemple, l’article 14 n’interdit pas à un État membre de traiter des groupes de manière différenciée pour corriger des « inégalités factuelles » entre eux ; de fait, dans certaines circonstances, c’est l’absence d’un traitement différencié pour corriger une inégalité qui peut, sans justification objective et raisonnable, emporter violation de la disposition en cause (Thlimmenos, § 44, et Stec et autres c. Royaume-Uni [GC], no 65731/01, § 51, CEDH 2006-…, D.H. et autres, précité, § 175).
49. De même, une ample marge d’appréciation est d’ordinaire laissée à l’État pour prendre des mesures d’ordre général en matière économique ou sociale. Grâce à une connaissance directe de leur société et de ses besoins, les autorités nationales se trouvent en principe mieux placées que le juge international pour déterminer ce qui est d’utilité publique en matière économique ou en matière sociale. La Cour respecte en principe la manière dont l’État conçoit les impératifs de l’utilité publique, sauf si son jugement se révèle « manifestement dépourvu de base raisonnable » (voir, par exemple, National and Provincial Building Society et autres c. Royaume-Uni, 23 octobre 1997, Recueil 1997-VII, § 80, et Stec et autres, précité, § 52).
50. Enfin, en ce qui concerne la charge de la preuve sur le terrain de l’article 14 de la Convention, la Cour a déjà jugé que, lorsqu’un requérant a établi l’existence d’une différence de traitement, il incombe au Gouvernement de démontrer que cette différence de traitement était justifiée (D.H. et autres, § 177).
b) Application de la jurisprudence à la présente affaire
51. Quant aux circonstances de la présente affaire, la requérante se plaint du refus de lui accorder une pension de réversion en raison du fait qu’elle n’était pas mariée avec M.D, son union selon les rites et traditions roms ayant été considérée comme une relation more uxorio, une simple union de fait. Pour la requérante, assimiler sa relation avec M.D. à une simple union de fait quant à l’octroi de la pension de réversion, constitue une discrimination contraire à l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1. Cette discrimination repose sur le fait que sa demande de pension de réversion a reçu un traitement différent par rapport à d’autres cas équivalents dans lesquels le droit à l’octroi de la pension de réversion a été reconnu, en l’absence même de mariage selon les formalités légalement établies, alors que, dans son cas, ni sa bonne foi ni les conséquences de son appartenance à la minorité rom n’ont été prises en compte.
52. La Cour constate que la requérante s’est mariée avec M. D. en novembre 1971 selon les rites et traditions propres à la communauté rom. De cette union sont nés six enfants. L’intéressée a vécu avec M.D. jusqu’au décès de ce dernier, le 24 décembre 2000. Le Registre civil leur a délivré un livret de famille le 11 août 1983, où sont inscrits le couple et ses enfants. Le 14 octobre 1986, ils ont obtenu le titre administratif de famille nombreuse, pour lequel la condition de « conjoint » était requise (paragraphe 27 ci-dessus) et ont bénéficié de tous les droits y afférents. Par ailleurs, M.D. était affilié à la Sécurité Sociale et y a cotisé pendant dix-neuf ans, trois mois et huit jours, et il était en possession d’une carte de bénéficiaire où figuraient à sa charge la requérante, en tant qu’épouse, et ses six enfants. Pour la Cour il s’agit-là d’un document officiel dans la mesure où il est tamponné par l’agence no 7 de Madrid de l’INSS.
53. Concernant le régime relatif aux pensions de réversion applicable au moment des faits, la Cour observe que la loi générale sur la sécurité sociale, dans sa version en vigueur à l’époque, reconnaissait le droit à une pension de réversion au conjoint survivant. Cette disposition légale était toutefois complétée et nuancée tant dans la loi elle-même que dans la jurisprudence des tribunaux internes, y compris celle du Tribunal constitutionnel (paragraphe 32 ci-dessus).
La jurisprudence constitutionnelle prend en effet en compte, pour la reconnaissance de pensions de réversion, tant l’existence de la bonne foi que la présence de circonstances exceptionnelles rendant impossible la célébration du mariage, même lorsque le mariage légalement valable n’avait pas eu lieu. La Cour relève que la dixième disposition additionnelle de la loi 30/1981 du 7 juillet 1981, qui modifie le régime matrimonial (paragraphe 26 ci-dessus) reconnaît le droit à percevoir une pension de réversion même en l’absence de mariage, en cas d’impossibilité de prestation du consentement par le rite canonique. Elle observe que, selon l’interprétation de cette disposition par la jurisprudence constitutionnelle, il est possible d’octroyer des pensions de réversion en cas d’impossibilité de se marier (canoniquement) en raison de l’inexistence de divorce, ou encore lorsque le mariage est en contradiction avec les croyances des conjoints (paragraphe 32 ci-dessus). Quant à la loi générale portant sur la sécurité sociale telle qu’en vigueur au moment des faits, elle reconnaît, dans son article 174, le droit du conjoint de bonne foi à une pension de réversion en cas de mariage nul. Le Tribunal constitutionnel a par ailleurs reconnu, notamment dans son arrêt 99/04 (paragraphe 32 ci dessus), un droit à une pension de réversion dans le cas d’un mariage canonique alors que les conditions légalement requises n’étaient pas remplies, l’union n’ayant pas été inscrite au Registre civil pour des motifs de conscience.
54. Au vu de ce qui précède, la question qui se pose dans la présente affaire est celle de savoir si le fait pour la requérante de s’être vu dénier le droit de percevoir une pension de réversion révèle un traitement discriminatoire fondé sur l’appartenance de l’intéressée à la minorité rom, par rapport à la façon dont la législation et la jurisprudence traitent de situations analogues, lorsque les intéressés croient de bonne foi à l’existence du mariage même si celui-ci n’était pas légalement valable.
55. La requérante base sa prétention, d’une part, sur sa conviction que son union, célébrée conformément aux rites et traditions roms était valable et, d’autre part, sur la conduite des autorités, qui lui ont reconnu officiellement la qualité d’épouse de M.D. et, par conséquent, ont admis selon elle la validité de son mariage.
56. La Cour estime que les deux questions sont intimement liées. Elle observe que les autorités nationales n’ont pas nié que la requérante croyait de bonne foi à la réalité de son mariage. La conviction de l’intéressée est d’autant plus crédible que les autorités espagnoles lui ont délivré plusieurs documents officiels attestant de sa qualité d’épouse de M.D.
Pour la Cour, il convient de souligner l’importance des croyances que la requérante tire de son appartenance à la communauté rom, communauté qui a ses propres valeurs établies et enracinées dans la société espagnole.
57. La Cour observe, en l’espèce que, lorsque la requérante se maria en 1971 conformément aux rites et traditions roms, il n’était pas possible en Espagne, sauf déclaration préalable d’apostasie, de se marier autrement que conformément aux rites du droit canonique de l’Église catholique. La Cour estime qu’on ne pouvait exiger de la requérante, sans porter atteinte à son droit à la liberté religieuse, qu’elle se mariât légalement, à savoir selon le droit canonique en 1971, lorsqu’elle manifesta son consentement pour se marier selon les rites roms.
58. Certes, à la suite de l’entrée en vigueur de la Constitution espagnole de 1978 et en vertu de la loi 30/1981 du 7 juillet 1981 (paragraphe 26 ci-dessus), la requérante aurait pu se marier civilement. La requérante soutient qu’en toute bonne foi, elle croyait que le mariage célébré conformément aux rites et traditions roms entraînait tous les effets propres à cette institution.
59. Pour apprécier la bonne foi de la requérante, la Cour doit prendre en considération l’appartenance de celle-ci à une communauté au sein de laquelle la validité du mariage selon ses propres rites et traditions n’a jamais été contestée ni considérée comme contraire à l’ordre public par le Gouvernement ou par les autorités nationales, qui ont même reconnu à certains égards la qualité d’épouse de la requérante. Elle estime que la force des croyances collectives d’une communauté culturellement bien définie ne peut pas être ignorée.
60. La Cour observe à cet égard qu’un consensus international se fait jour au sein des États contractants du Conseil de l’Europe pour reconnaître les besoins particuliers des minorités et l’obligation de protéger leur sécurité, leur identité et leur mode de vie (voir le paragraphe 33 ci-dessus, notamment la Convention-cadre pour la protection des minorités), non seulement dans le but de protéger les intérêts des minorités elles-mêmes mais aussi pour préserver la diversité culturelle qui est bénéfique à la société dans son ensemble (Chapman c. Royaume-Uni [GC], no 27238/95, § 93, CEDH 2001-I).
61. La Cour estime que, si l’appartenance à une minorité ne dispense pas de respecter les lois régissant le mariage, cela peut influer sur la manière d’appliquer ces lois. La Cour a déjà eu l’occasion de souligner dans l’arrêt Buckley (certes dans un contexte différent), que la vulnérabilité des roms, du fait qu’ils constituent une minorité, implique d’accorder une attention spéciale à leurs besoins et à leur mode de vie propre, tant dans le cadre réglementaire valable en matière d’aménagement que lors de la prise de décision dans des cas particuliers (arrêt Buckley c. Royaume-Uni, 25 septembre 1996, §§ 76, 80, 84, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV, Chapman c. Royaume-Uni [GC], précité, § 96, et Connors c. Royaume-Uni, no 66746/01, § 84, 27 mai 2004).
62. En l’espèce, la conviction de la requérante quant à sa condition de femme mariée avec tous les effets inhérents à cet état, a indéniablement été renforcée par l’attitude des autorités, qui lui ont reconnu la qualité d’épouse de M.D. et, très concrètement, par la délivrance de certains documents de la sécurité sociale, notamment le document d’inscription au système, qui établissaient sa condition d’épouse et mère d’une famille nombreuse, situation considérée comme spécialement digne d’aide et qui exigeait, par application de la loi no 25/1971 du 19 juin 1971, la reconnaissance de la qualité de conjoint.
63. Pour la Cour, la bonne foi de la requérante quant à la validité de son mariage, confirmée par la reconnaissance officielle de sa situation par les autorités, a engendré chez l’intéressée l’attente légitime d’être considérée comme l’épouse de M.D. et de former un couple marié reconnu avec celui-ci. Après le décès de M.D. il est naturel que la requérante ait nourri l’espoir de se voir reconnaître une pension de réversion.
64. Par conséquent, le refus de reconnaître la qualité de conjointe à la requérante aux fins de l’obtention d’une pension de réversion contredit la reconnaissance préalable de cette qualité par les autorités. Ce refus a par ailleurs omis de tenir compte des spécificités sociales et culturelles de la requérante pour apprécier la bonne foi de celle-ci. A cet égard, la Cour rappelle que, conformément à la Convention-cadre pour la protection des minorités nationales (paragraphes 33 et 34 ci-dessus), les États parties à ladite Convention s’obligent à tenir dûment compte des conditions spécifiques des personnes appartenant à des minorités nationales.
65. La Cour estime que le refus de reconnaitre le droit pour la requérante de percevoir une pension de réversion constitue une différence de traitement par rapport au traitement donné, par la loi ou par la jurisprudence, à d’autres situations qui doivent être tenues pour équivalentes en ce qui concerne les effets de la bonne foi, tels que la croyance de bonne foi en l’existence d’un mariage nul (article 174 de la LGSS, ou la situation examinée dans l’arrêt du Tribunal constitutionnel no 199/2004, du 15 novembre 2004 – paragraphe 32 ci-dessus –, qui concernait la non-formalisation, pour des raisons de conscience, d’un mariage canonique). La Cour estime avéré que, compte tenu des circonstances de l’espèce, cette situation constitue une différence de traitement disproportionnée vis-à-vis de la requérante par rapport au traitement réservé au mariage de bonne foi.
66. Certes, l’article 174 de la LGSS, tel qu’en vigueur au moment des faits, ne reconnaissait la pension de réversion en cas d’absence de mariage légal que lorsque le mariage était nul de bonne foi. Cependant, cette disposition ne permet pas à l’État défendeur de s’exonérer de toute responsabilité au regard de la Convention. La Cour observe à cet égard que la loi 40/2007 a introduit dans la LGSS la possibilité de se voir octroyer une pension de réversion pour les cas d’unions de fait (paragraphe 30 ci-dessus).
67. La Cour constate que, dans son jugement rendu le 30 mai 2002, le juge du travail no 12 de Madrid a interprété la législation applicable en faveur de la requérante. Il a fait référence à l’article 4 § 1 du code civil, selon lequel les normes peuvent être appliquées par analogie lorsqu’elles ne visent pas le cas d’espèce mais un autre, analogue, avec lequel une similitude d’objet peut être perçue. Il a dès lors interprété la législation applicable conformément aux critères exposés par la Cour dans l’arrêt précité Buckley c. Royaume-Uni.
68. Ce jugement a toutefois, été infirmé par l’arrêt d’appel du 7 novembre 2002. Le Tribunal supérieur de justice de Madrid a en effet considéré (paragraphe 15 ci-dessus) que « le principe d’égalité et de non-discrimination repose sur l’idée que des situations égales doivent faire l’objet d’un traitement égal » et « qu’un traitement égal appliqué à des situations qui ne sont pas égales constitue une injustice ». La Cour relève qu’aucune conclusion n’a été tirée par la juridiction d’appel des spécificités de la minorité rom, bien que le Tribunal ait reconnu que le mariage rom a « certes un sens et bénéficie d’une reconnaissance sociale dans le milieu concerné » et que la moralité ou la conformité de ce rite à l’ordre public n’étaient pas mises en cause. Pour le Tribunal supérieur de justice il est clair que cette situation « n’exclut pas et ne remplace pas actuellement la loi en vigueur et applicable à l’espèce ».
69. A la lumière de ce qui précède et compte tenu des circonstances spécifiques de la présente affaire, la Cour estime qu’il est disproportionné que l’État espagnol, qui a attribué à la requérante et sa famille rom un livret de famille, leur a reconnu le statut de famille nombreuse, leur a octroyé, à l’intéressée et à ses six enfants, une assistance en matière de santé, et qui a perçu les cotisations de son mari rom à la sécurité sociale pendant plus de dix-neuf ans, ne veuille pas aujourd’hui reconnaître les effets du mariage rom en matière de pension de réversion.
70. Enfin, la Cour ne saurait accepter la thèse du Gouvernement selon laquelle il aurait suffit à la requérante de se marier civilement pour obtenir la pension réclamée. En effet, l’interdiction de discrimination consacrée par l’article 14 de la Convention n’a de sens que si, dans chaque cas particulier, la situation personnelle du requérant par rapport aux critères énumérés dans cette disposition est prise en compte telle quelle. Une approche contraire, consistant à débouter la victime au motif qu’elle aurait pu échapper à la discrimination en modifiant l’un des éléments litigieux – par exemple, en se mariant civilement – viderait l’article 14 de sa substance.
71. En conséquence, la Cour conclut qu’il y a eu en l’espèce violation de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 EN LIAISON AVEC L’ARTICLE 12 DE LA CONVENTION
72. La requérante se plaint que l’absence en Espagne de reconnaissance d’effets civils au mariage rom – le seul à avoir des effets erga omnes au sein de sa propre communauté – alors que cette minorité est implantée en Espagne depuis au moins cinq cents ans, porte atteinte à son droit au mariage. Elle invoque l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 12, qui sont ainsi libellés :
Article 14
« La jouissance des droits et libertés reconnus dans la (…) Convention doit être assurée, sans distinction aucune, fondée notamment sur le sexe, la race, la couleur, la langue, la religion, les opinions politiques ou toutes autres opinions, l’origine nationale ou sociale, l’appartenance à une minorité nationale, la fortune, la naissance ou toute autre situation. »
Article 12
« A partir de l’âge nubile, l’homme et la femme ont le droit de se marier et de fonder une famille selon les lois nationales régissant l’exercice de ce droit. »
73. Le Gouvernement conteste cette thèse. Il soutient que rien n’empêchait la requérante de se marier civilement et estime que les articles 12 et 14 de la Convention ne peuvent pas être interprétés comme obligeant à traiter sur un pied d’égalité d’une part les mariages respectant les formalités légalement prévues et d’autre part toute autre union dans laquelle lesdites formalités n’ont pas été respectées. Il se réfère à la marge d’appréciation dont disposent les États pour déterminer l’exercice des droits prévus par l’article 12 de la Convention.
74. Pour le Gouvernement, le droit de se marier a été pleinement respecté en l’espèce, dans les mêmes conditions que pour tout autre citoyen. Aucune discrimination n’est à relever. La requérante a volontairement décidé de ne pas se marier selon les formes légalement établies. On ne saurait donc reprocher à l’État espagnol de ne pas attribuer les mêmes effets à cette union qu’aux mariages ayant respecté les prévisions légales. Les articles 12 et 14 de la Convention ne peuvent pas être interprétés comme contraignant l’État à accepter une forme concrète de prestation du consentement pour se marier du seul fait de l’ancrage social ou des traditions d’une communauté. Il n’est par conséquent pas contraire à l’article 12 de la Convention que l’État impose des formalités déterminées pour la prestation d’un tel consentement.
75. La requérante fait valoir qu’en 1971, lorsqu’elle a épousé M.D. selon les rites roms, seul le mariage religieux existait en Espagne, le mariage civil n’intervenant que dans les cas d’apostasie. Elle s’est marié selon les rites roms parce que c’étaient les seuls rites reconnus par sa communauté et qu’en toute bonne foi, elle n’était pas libre de donner son consentement autrement. En conséquence, la requérante s’insurge contre le fait d’avoir été privée de droits sociaux sous prétexte qu’elle n’était pas mariée avec M.D., dont elle refuse d’être considérée comme la compagne.
76. Pour la requérante, la non-reconnaissance en droit espagnol des rites roms en tant que forme d’expression du consentement pour se marier, alors que certains rites religieux constituent des formes valables d’expression du consentement s’analyse, per se, en une violation des droits invoqués. La requérante note que le mariage rom existe depuis plus de 500 ans dans l’histoire espagnole ; il s’agit d’une forme de prestation du consentement qui n’est ni civile ni religieuse, mais intimement ancrée dans la culture de sa communauté, reconnue et bénéficiant d’effets erga omnes au sein de cette dernière, par l’effet validant de la coutume. La loi espagnole ne tient pas compte des spécificités de la minorité rom, puisqu’elle l’oblige à se soumettre à une forme d’expression du consentement que les membres de cette communauté ne reconnaissent pas.
77. L’Union Romani se réfère au caractère définitif du consentement donné lors du mariage rom et demande la reconnaissance par l’Etat de la validité de leurs rites. Elle fait valoir que la communauté rom en Espagne maintient ses traditions depuis des siècles, et invite la Cour à dire que le respect des minorités ethniques, de leurs traditions et de leur héritage et identité culturels fait partie inhérente de la Convention.
78. La Cour rappelle que l’article 12 garantit le droit fondamental, pour un homme et une femme, de se marier et de fonder une famille (F. c. Suisse, arrêt du 18 décembre 1987, série A no 128, § 32, et Christine Goodwin c. Royaume-Uni [GC], no 28957/95, § 98, CEDH 2002-VI). L’exercice du droit de se marier emporte des conséquences sociales, personnelles et juridiques. Il obéit aux lois nationales des États contractants, mais les limitations en résultant ne doivent pas le restreindre ou réduire d’une manière ou à un degré qui l’atteindraient dans sa substance même (I. c. Royaume-Uni [GC], no 25680/94, § 79, 11 juillet 2002).
79. La Cour observe que le mariage civil en Espagne tel qu’en vigueur depuis 1981 est ouvert à tous, et estime que sa réglementation n’implique pas de discrimination pour des raisons d’ordre religieux ou autre. La même formule devant un maire, un juge ou un autre fonctionnaire désigné s’applique à tous de la même façon. Aucune exigence de déclaration de religion ou croyances, ou d’appartenance à un groupe culturel, linguistique, ethnique ou autres n’est demandée.
80. Il est vrai que certaines formes religieuses de prestation du consentement sont admises en droit espagnol, mais ces formes religieuses (catholique, protestante, musulmane et israélite) sont reconnues en vertu des accords passés avec l’État par ces confessions, et produisent donc les mêmes effets que le mariage civil, alors que d’autres formes (religieuses ou traditionnelles) ne sont pas reconnues. La Cour constate toutefois qu’il s’agit d’une différence dérivée de l’appartenance à une confession religieuse, non pertinente dans le cas de la communauté rom. Mais cette différence n’empêche pas ou n’interdit pas le mariage civil, ouvert aux Roms dans les mêmes conditions d’égalité qu’aux personnes n’appartenant pas à la communauté rom, et elle répond à des motifs que le législateur doit prendre en compte, et qui relèvent, comme le Gouvernement le souligne, de sa marge d’appréciation.
81. Partant, la Cour estime que le fait que les unions roms n’ont pas d’effets civils dans le sens souhaité par la requérante ne constitue pas une discrimination prohibée par l’article 14. Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
82. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
83. La requérante réclamait au départ 60 959,09 euros (EUR) au titre du préjudice matériel qu’elle aurait subi. Lors de l’audience du 26 mai 2009, elle a indiqué percevoir une pension de réversion depuis le 1er janvier 2007, par application de la troisième disposition additionnelle de la loi no 40/2007 du 4 décembre 2007, portant sur des mesures relatives à la Sécurité Sociale, en tant que compagne de fait de M.D. (paragraphe 21 ci-dessus). Elle a dès lors réduit ses prétentions pour dommage matériel à la somme de 53 319,88 EUR. Elle réclame également 30 479,54 EUR au titre du préjudice moral.
84. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
85. La Cour rappelle ensuite que le principe sous-tendant l’octroi d’une satisfaction équitable est bien établi : il faut, autant que faire se peut, p

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 19/09/2024