Conclusioni: Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Privazione di proprietà
Rispetto dei beni, Danno morale – risarcimento
QUINTA SEZIONE
CAUSA MILHAU C. FRANCIA
(Richiesta no 4944/11)
SENTENZA
STRASBURGO
10 luglio 2014
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Milhau c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta di:
Marco Villiger, presidente,
Angelika Nußberger,
Boštjan il Sig. Zupanič,
Ann Power-Forde,
Vincent A. Di Gaetano,
André Potocki,
Helena Jäderblom, giudici,
e di Claudia Westerdiek, greffière di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 giugno 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4944/11) diretta contro la Repubblica francese e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 5 gennaio 2011 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il 7 luglio 2011, la richiesta è stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il 5 novembre 1970, il richiedente e D.P. si sposano. Trattandosi del regime matrimoniale, optarono per quello della separazione di beni.
5. Il 4 settembre 2001, D.P. deposita una richiesta in divorzio.
6. Con un’ordinanza di non conciliazione del 4 febbraio 2002, il giudice alle cause familiari della corte d’appello di Grassa autorizzò gli sposi a risiedere separatamente. Assegnò il godimento del domicilio coniugale al richiedente, a sapere una villa situata a Valbonne e proprietà esclusiva di questo ultimo, che condannò inoltre a pagare un assegno alimentare di 2 286 euro a sua sposa durante il procedimento. Infine, diede atto alle parti del loro impegno di effettuare un inventario contraddittorio dei mobili che ammobiliano il domicilio coniugale.
7. Con una citazione del 5 luglio 2002, il seguito, D.P. si schiera una domanda in divorzio ai torti esclusivi del richiedente, rimproverandogli una relazione adultero ed un comportamento meschino al suo riguardo.
8. Il 16 marzo 2004, il giudice del collocamento in stato fece ingiunzione a D.P. di comunicare certi giustificativi bancari ed al richiedente di giustificare dei suoi redditi fondiari per gli anni 2000, 2002 e 2003, così come della valutazione del mobilio che guarnisce il domicilio coniugale.
9. Nella cornice delle sue ultime scritture, notificate il 2 dicembre 2004, D.P. mantiene la sua domanda di divorzio. A questa occasione, sollecitò il pagamento di una somma di 80 000 euro a titolo di danno-interessi ed il pagamento di una prestazione compensatoria di un importo di 1 166 235 euro sotto forma di attribuzione, conformemente alle disposizioni dell’articolo 275 del codice civile, di beni che appartengono unicamente al richiedente, e cioè: la villa di Valbonne che costituisce il domicilio coniugale e valutata da lei a 609 796 euro; di quattro appartamenti situati a Cannes e valutati rispettivamente a 68 602, 76 225, 73 176 e 114 337 euro; di un appartamento situato al Cannet, valutato a 125 008; e, infine, dei dritti indivis su un appartamento valutato a 99 092 euro. Sollecitò anche che i diritti di trasferimento di queste proprietà siano al carico del richiedente. A titolo accessorio, nel caso in cui il trasferimento di proprietà della villa di Valbonne non gli sarebbe accordato, chiese il trasferimento di proprietà degli altri beni immobiliari citati più il versamento di una somma complementare di 609 796 euro che corrispondono al valore commerciale di questa villa.
10. Il 29 aprile 2003, il richiedente notificò i suoi conclusioni con che sollecitò un pronunziato del divorzio ai torti esclusivi di D.P, non contestando intrattenere una relazione adultero passeggera ma invocando una relazione adultero anteriore di sua sposa. Chiese che D.P. è respinta di tutte le sue domande finanziarie o che siano restrette perlomeno e che un notaio sia designato, per informare il tribunale sulla situazione patrimoniale rispettiva di ciascuno degli sposi.
11. Con un giudizio del 2 maggio 2005, la corte d’appello di Grassa constatò innanzitutto che il richiedente non contestava il suo adulterio, peraltro invalso coi documenti della pratica e che non riportava la prova di un adulterio commesso da sua sposa. Pertanto, pronunciò il divorzio ai torti esclusivi del richiedente. Trattandosi delle conseguenze del divorzio e più specialmente della prestazione compensatoria, il tribunale, dopo avere ricordato che uno degli sposi può essere tenuto di versare all’altro una prestazione compensatoria, respinse la domanda del richiedente visto della designazione di un notaio, stimando che una tale domanda era dilatoria tenuto conto di per il fatto che il procedimento era durato già tre anni. Constatò che gli sposi erano rispettivamente vecchi di 57 anni (D.P) e di 71 anni, il richiedente, che la loro vita comune era durata trentun anni e che non avevano bambino.
12. Il tribunale rilevò che il richiedente faceva il proprietario di un importante patrimonio immobiliare, composto di dieci beni immobiliari situati a Levallois Perret, Cannes ed al Cannet, ciò che gli permetteva di vivere dei suoi redditi fondiari, oltre la villa di Valbonne, così come un avere bancario globale di circa 130 000 euro (EUR). In quanto a D.P, constatò in particolare che lavorava a tempo parziale, per un stipendio imponibile di 11 461 euro nel 2004, che disponeva di 17 999 euro su conto suo, che faceva il proprietario in comunione col richiedente di un appartamento di quattro documenti situati al Cannet e valutato da lei a 198 000 euro ed in proprio di un appartamento nello stesso comune e di un valore di 155 000 euro, che aveva lavorato benevolmente poi in qualità di congiunta salariato per il richiedente durante diciannove anni e, infine, che la villa di Valbonne era stata costruita durante il matrimonio. Il tribunale giudicò quindi giustificato di assegnare una prestazione compensatoria a D.P. sotto forma di attribuzione della villa di Valbonne, rilevando che era valutata a 228 000 euro col richiedente nella sua dichiarazione sull’onore del 2005. Infine, accordò una somma di 7 500 euro a D.P. a titolo di danni ed interessi.
13. Il tribunale decise tuttavia di sospendere a deliberare, nell’attesa della produzione con le parti del titolo di proprietà della villa che contiene le menzioni di pubblicità fondiaria.
14. Con un giudizio del 15 luglio 2005, il tribunale pronunciò il divorzio ai torti esclusivi del richiedente. Condannò questo ultimo a pagare a D.P. una prestazione compensatoria con l’abbandono dei suoi diritti di proprietà sulla villa situata a Valbonne e valutati dal richiedente a 228 000 EUR nella sua dichiarazione sull’onore, esagera 7 500 euro a titolo di danni ed interessi.
15. Il richiedente interpose appello, chiedendo di respingere D.P. di tutte le sue domande e di pronunciare il divorzio al suo profitto. Sua ex-sposa mantenne le sue domande in appello, sollecitando tuttavia il versamento di una prestazione compensatoria di un importo più elevato, a sapere 1 340 000 euro, pure continuando a sostenere che la villa di Valbonne era di un valore di 610 000 euro.
16. Con una sentenza del 26 ottobre 2006, la corte di appello dell’Aix-in-Provenza confermò il giudizio, eccetto le sue disposizioni sulla prestazione compensatoria. Deliberando di nuovo su questo punto, esaminò i redditi e patrimoni rispettivi di ogni parte. Indicò in particolare che il richiedente faceva il proprietario, “in comunione con sua sposa”, della villa situata a Valbonne che era stato costruito su un terreno acquisito da sua madre, pure sottolineando che il richiedente lo valutava a 228 000 euro e D.P. a 600 000 euro. Tenuto conto di questi elementi, dell’età di D.P, allora presto in pensione, del suo contributo all’attività professionale del richiedente e della loro situazione rispettiva, la corte di appello giudicò che le pretese di D.P. erano eccessive e fissò l’importo della prestazione compensatoria a 200 000 euro. La corte di appello non ordinò nessuno trasferimento di proprietà, condannando unicamente il richiedente a pagare questa somma a sua ex-sposa.
D.P. si ricorre in cassazione.
17. Con una sentenza del 6 febbraio 2008, la Corte di cassazione annullò la sentenza di appello, al motivo che questo enunciava che gli sposi facevano i proprietari in comunione della villa situata a Valbonne, mentre le parti avevano indicato che solo il richiedente ne faceva il proprietario. Rinviò la causa dinnanzi alla stessa corte di appello, diversamente composta.
18. Dinnanzi alla corte di appello di Aix-in-Provenza che delibera su rinvio, D.P. sollecita la condanna del richiedente a pagargli la somma di 1 674 000 EUR a titolo di prestazione compensatoria, pagabile sotto forma di attribuzione di proprietà della villa di Valbonne di cui stimò questa volta il valore reale a 800 000 euro, così come di tre appartamenti situati a Cannes ed appartenendo al richiedente. Questo ultimo conclude alla riformazione del giudizio attaccato, offrendo a D.P. una prestazione compensatoria di un importo di 200 000 EUR, pagabile su otto anni come la legge lo permetteva.
19. Con una sentenza del 25 marzo 2009, la corte di appello dell’Aix-in-Provenza confermò i giudizi del 2 maggio e 15 luglio 2005 concernente la prestazione compensatoria. Nella cornice della valutazione dei bisogni e delle risorse rispettive delle parti, rilevò, trattandosi del richiedente: da una parte, che aveva un reddito netto imponibile di 197 751 EUR nel 2007, pure notando dell’importiamo fluttuazioni secondo gli anni; di altra parte, che il suo patrimonio immobiliare si costituiva della villa di Valbonne che occupava dalla separazione e che aveva sé stimata a 228 000 EUR nelle dichiarazioni sull’onore fatto in 2003 e 2005, così come di nuovo altri beni immobiliari stimati al totale a 2 785 000 EUR nella dichiarazione per l’imposta sulla fortuna del 2007; infine, che aveva delle liquidità per un importo da vicino 19 000 EUR, oltre i beni mobili di un valore dichiarato di 7 500 EUR ma valutati a 228 674 EUR con un antiquario alla domanda di sua sposa. Valutando le stime dei beni immobiliari del richiedente con sua ex-sposa, la corte di appello rilevò espressamente che le stime di questa ultima risultavano, all’eccezione tuttavia della villa di Valbonne, di dichiarazioni non contestate dall’amministrazione fiscale. Pertanto, respinse le contestazioni per questi immobili, eccetto la villa di Valbonne, pure rilevando che D.P. non aveva chiesto mai una perizia di certi di essi. Trattandosi della villa di Valbonne di cui la stima non risultava da queste dichiarazioni fiscali, la corte di appello non si pronunciò.
20. Tenuto conto di una disparità nelle condizioni di vita rispettiva degli sposi, la corte di appello decise di compensarla con una prestazione compensatoria di un importo di 228 000 euro. Ordinò inoltre che questa somma sia “regolata dall’abbandono col Signore Milhau dei suoi diritti di proprietà sulla villa situata a Valbonne di un valore di 228 000 euro.”
21. Il richiedente si ricorse in cassazione, facendo valere in particolare che la sua situazione finanziaria non era stata attualizzata al momento del pronunziata del divorzio. Inoltre, si lamentò di ciò che i giudici del fondo avevano considerato un valore di 228 000 euro per la villa di Valbonne, mentre D.P. lo valutava a 800 000 euro d’ora in poi. Sottolineò che non aveva contestato questa nuova stima di D.P. nei suoi conclusioni di appello e che, quindi, queste ultime sarebbero dovute essere presi in conto con la corte di appello di rinvio per constatare un accordo delle parti su questo punto. Peraltro, il richiedente rilevò che se l’articolo 275 del codice civile permetteva al giudice di decidere dell’abbandono di un bene in natura, una tale disposizione non poteva essere messa in œuvre che in caso di incapacità per il debitore della prestazione compensatoria di liberarsi diversamente dal suo debito, salvo a violare anche il diritto di proprietà garantita dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
22. Dopo la chiusura dell’istruzione del ricorso, sollecitò il rinvio al Consiglio costituzionale di una questione prioritaria di costituzionalità (“QPC”) cadendo sull’articolo 275 del codice civile, stimando in particolare che era non solo contrario alla Costituzione di impedire il debitore di scegliere liberamente gli elementi del suo patrimonio per pagare il suo debito dal momento che non ha negato di liberarsi da questa, ma anche di permettere che il giudice assegna un bene senza garantito sufficiente in quanto alla sua valutazione preliminare con un professionista. Depositò anche un esposto che invita la Corte di cassazione a procedere alla riapertura dell’istruzione, alle fini di esame di questo QPC.
23. Il 8 giugno 2010, durante l’udienza della Corte di cassazione, l’avvocato generale conclude alla riapertura dell’istruzione alle fini di esame del QPC.
24. Con una sentenza del 8 luglio 2010, la Corte di cassazione dice non c’avere luogo a riapertura dell’istruzione e respinse il ricorso del richiedente, giudicando che la corte di appello aveva valutato la fondatezza e le modalità di pagamento della prestazione compensatoria nell’esercizio del suo potere sovrano di valutazione
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
A. Il codice civile
25. Le disposizioni pertinenti, applicabili nello specifico, sono formulate così:
Articolo 270
“Salvo quando è pronunciato in ragione della rottura della vita comune, il divorzio mette fine al dovere di soccorso previsto con l’articolo 212 del codice civile; ma uno degli sposi può essere tenuto di versare all’altro una prestazione destinata a compensare, tanto che egli è possibile, la disparità che la rottura del matrimonio crea nelle condizioni di vita rispettiva.
Articolo 275
Il giudice decide delle modalità secondo che ubbidiranno l’attribuzione o la destinazione di beni in capitale:
1. Versamento di una somma di denaro;
2. Abbandono di beni in natura, mobili o immobili, in proprietà, in usufrutto, per l’uso o l’abitazione, il giudizio che opera cessione costretta in favore del creditore,;
3. Deposito di valori produttivi di redditi tra le mani di un terzo incaricato di versare i redditi allo sposo creditore della prestazione fino al termine fissato. (…) “
26. Il nuovo testo dell’articolo 275 del codice civile, diventato l’articolo 274 seguito alla riforma operata dalla legge no 2004-439 del 26 maggio 2004, si legge come segue:
Articolo 274
“Il giudice decide delle modalità secondo che ubbidiranno la prestazione compensatoria in capitale tra il seguente forme:
1o Versamento di una somma di denaro, il pronunziato del divorzio che può essere subordinato alla costituzione delle garanzie contemplate all’articolo 277;
2o Attribuzione di beni in proprietà o di un diritto temporaneo o vitalizio di uso, di abitazione o di usufrutto, il giudizio che opera cessione costretta in favore del creditore. Tuttavia, l’accordo dello sposo debitore è esatto per l’attribuzione in proprietà di beni che ha ricevuto da successione o donazione. “
B. Evoluzioni legislative e giurisprudenza interni
27. Il diritto del divorzio è stato modificato profondamente da una legge no 75-617 del 11 luglio 1975 portando riforma del divorzio che ha sostituito in particolare il versamento di un assegno alimentare con uno degli ex-sposi a suo ex-congiunti con quello di una “prestazione compensatoria.” Questa ultima mira a compensare la disparità che la rottura del matrimonio crea nelle condizioni di vita rispettiva. Il legislatore del 1975 intendeva privilegiare il versamento di questa prestazione compensatoria sotto forma di un capitale piuttosto che una rendita, e questo per evitare al massimo i contenziosi ulteriori. Tuttavia, questo scopo non è stato raggiunto, i giudici avendo continuato massicciamente a privilegiare il versamento con le rendite al posto di assegnare un capitale (cf). il rapporto fa al nome della Commissione delle leggi del Senato, no 120, depositato il 17 dicembre 2003, relativo ai lavori parlamentari su ciò che diventerà la legge no 2004 439 del 26 maggio 2004 relativo al divorzio.
28. La legge no 2000-596 del 30 giugno 2000 relativo alla prestazione compensatoria mirava a correggere le derive rispetto all’intenzione iniziale del legislatore del 1975, in particolare rinforzando il versamento della prestazione compensatoria sotto forma di capitale. Per questo fare, ha introdotto la possibilità, per il giudice, di ordinare l’abbandono di un bene che appartiene al debitore, paragrafo 25 sopra. Questa legge è stata oggetto di numerose critiche, in particolare da parte della dottrina in ragione dell’attentato all’inalienabilità del diritto di proprietà che ha necessitato una notizia riformo, vedere il rapporto fa al nome della Commissione delle leggi del Senato, no 120, precitato).
29. La riforma iniziata dalla legge no 2004-439 del 26 maggio 2004 relativo al divorzio mantiene il principio del versamento in capitale, quando il debitore non è in grado di versare il capitale in una sola volta, il giudice fissa il suo versamento in parecchie modalità su una durata massima di otto anni, così come la possibilità per il giudice di ordinare l’abbandono col debitore dei suoi diritti di proprietà su un bene. Tuttavia, la legge protegge i beni di famiglia d’ora in poi, poiché esige l’accordo dello sposo debitore per la cessione costretta dei beni ricevuti da successione o donazione d’ora in poi. Di più, in una sentenza del 17 maggio 2011, ricorso no 11-40.005, la Corte di cassazione ha giudicato che la questione prioritario di costituzionalità che cade sulla conformità del meccanismo in causa col diritto di proprietà, come garantito con la Costituzione, era seria e ha deciso di rinviarla dinnanzi al Consiglio costituzionale.
30. Nel suo decisione no 2011-151 QPC del 13 luglio 2011, il Consiglio costituzionale, investito della conformità del nuovo articolo 274 del codice civile ai diritti e libertà garantite dalla Costituzione, ha considerato che instaurando questo meccanismo di cessione forzata di un bene del debitore della prestazione compensatoria, “il legislatore ha inteso facilitare la costituzione di un capitale, per regolare gli effetti pecuniari del divorzio al momento di suo pronunziato; che il legislatore ha inteso garantire anche il versamento della prestazione compensatoria; che l’obiettivo perseguito di garantire la protezione del coniuge di cui la situazione economica è meno avvantaggiata e di limitare, per quanto possibile, le difficoltà ed i contenziosi posteriori al pronunziato del divorzio costituiscono un motivo di interesse generale; (…) .” Il Consiglio costituzionale ha aggiunto però una riserva di interpretazione. Ha considerato difatti “che l’attentato al diritto di proprietà che risulta dall’attribuzione forzata prevista dal 2o di [l’articolo 274 precitato] non può essere guardata come una misura proporzionata allo scopo di interesse generale perseguito che se costituisce una modalità accessoria di esecuzione della prestazione compensatoria in capitale; che, di conseguenza, non saprebbe essere ordinata dal giudice che nel caso dove, allo sguardo delle circostanze dello specifico, le modalità contemplate al 1o [di suddetto articolo] non appaiono sufficienti per garantire il versamento di questa prestazione” (stupidi). 6-8.
Segue che i giudici del divorzio non possono concedere una prestazione compensatoria sotto forma di attribuzione forzata di un bene che a titolo accessorio, nelle condizioni così specificate dal Consiglio costituzionale.
IN DIRITTO
I. Su La Violazione Addotta Di L’articolo 1 Del Protocollo No 1
31. Il richiedente si lamenta di ciò che il giudice del divorzio gli ha imposto l’abbandono dei suoi diritti di proprietà su un bene immobiliare che gli appartiene in proprio e che desiderava conservare, a titolo del pagamento della prestazione compensatoria accordata a sua sposa, senza possibilità per lui di liberarsi da questo debito con un altro mezzo a sua disposizione. Adduce una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
32. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
33. Il richiedente sostiene che le disposizioni dell’articolo 275 del codice civile sono contrarie all’articolo 1 del Protocollo no 1 dal momento che permettono al giudice del divorzio di pronunciare un’attribuzione forzata e definitiva di un bene proprio come modalità di pagamento di una prestazione compensatoria tra sposi. Questo attentato non risulterebbe né della riconoscenza di un debito tra sposi né della necessità di procedere alla sua esecuzione forzata, ma della perdita per lo sposo debitore del diritto di scegliere la modalità di pagamento della prestazione compensatoria. Fa valere che questa attribuzione è pronunciata anche nella mancanza di ogni trasgressione ai suoi obblighi in quanto al versamento di suddetta prestazione.
34. Considera poi che il pieno esercizio del suo diritto di proprietà implica di potere scegliere liberamente gli elementi del suo patrimonio di cui intende disfarsi per liberarsi dal suo debito. Secondo lui, questo meccanismo non porta di garanzie sufficienti, tenuto conto di per il fatto che il giudice valuta solo il valore del bene di cui decide di trasferire la proprietà, senza ricorrere ad un professionista rotto a questo tipo di valutazione.
35. Il Governo indica che l’ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente è prevista dall’articolo 275 del codice civile, diventato dall’articolo 274 dello stesso codice. Questa disposizione costituisce una norma sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile. Aggiunge che questa ingerenza insegue un scopo legittimo conforme all’interesse generale, a sapere compensare le forti disparità di livello di vita tra gli sposi che potrebbero risultare dal divorzio, e che il potere dato al giudice di determinare le modalità di versamento in capitale della prestazione permette di assicurarsi per il meglio del suo effettività e di non rimettere ne si al di là del ragionevole alla buona volontà del debitore.
36. Considera che le giurisdizioni nazionali hanno vegliato, tutto lungo il procedimento, al mantenimento di un giusto equilibro tra gli interessi del richiedente e quelli di sua ex-sposa, valutando precisamente i bisogni e risorse di ciascuno per fissare l’importo e le modalità di versamento della prestazione compensatoria. Sottolinea il fatto che il richiedente possiede in particolare, oltre la villa in causa, tre immobili e sei appartamenti.
37. Trattandosi della valutazione della villa, indica in particolare che le giurisdizioni interne si sono basate unicamente sulla dichiarazione sull’onore fatto dal richiedente in prima istanza e reiterata dinnanzi alla prima corte di appello; dinnanzi alla corte di appello di rinvio, il richiedente non ha fornito più di informazione su questa valutazione e non ha contestato mai la veracità delle informazione si concesse nella sua dichiarazione sull’onore o chiesto al giudice di designare un perito per fissare ne il valore. Sottolinea inoltre che l’attribuzione della proprietà dell’alloggio familiare all’ex-sposa del richiedente che rileva della valutazione del giudice nazionale, appare logico.
38. Il Governo indica infine che, con una decisione del 13 luglio 2011, il Consiglio costituzionale ha ammesso la costituzionalità del nuovo articolo 274 del codice civile, sotto l’unica riservo che costituisce una modalità accessoria di esecuzione della prestazione compensatoria.
2. Valutazione della Corte
ha, Principi generali
39. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 che garantisce in sostanza il diritto di proprietà, contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, figurando che nel secondo, fraseggia dello stesso capoverso, prevedi la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, entra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Le secondo e terzo norme che hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà, devono interpretare si alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, in particolare, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 61, serie Ha no 52, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie Ha no 98, e Depalle c. Francia [GC], no 34044/02, § 77, CEDH 2010.
40. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, una misura di privazione di proprietà deve assolvere tre condizioni (vedere, in particolare, Vistiš ņe Perepjolkins c. Lettonia [GC], no 71243/01, § 94, 25 ottobre 2012.
41. Occorre innanzitutto che sia effettuata, “nelle condizioni previste dalla legge”, ciò che esclude un’azione arbitraria da parte delle autorità nazionali.
42. Deve intervenire poi “a causa di utilità pubblica.” Su questo punto, la Corte ricorda che, grazie ad una cognizione diretta della loro società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio più meglio collocato che il giudice internazionale per determinare ciò che è “di utilità pubblica.” Nel meccanismo di protezione creata dalla Convenzione, appartiene loro di conseguenza di pronunciarsi i primi sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Quindi, godono qui di un certo margine di valutazione, come in altre tenute ai quali si dilungano le garanzie della Convenzione. Di più, il nozione d ‘ “utilità pubblica” è ampia con natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implichi in particolare, di solito l’esame di questioni politici, economici e sociali. Stimando normale che il legislatore dispone di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo di cui concepisce gli imperativi di l ‘ “utilità pubblica”, salvo si il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole, James ed altri, precitato, § 46, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, 20 novembre 1995, § 37, serie Ha no 332, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 149, CEDH 2004-V, e Lecarpentier c. Francia, no 67847/01, § 44, 14 febbraio 2006.
43. Infine, una tale misura deve predisporre un “giusto equilibro” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altri, Sporrong e Lönnroth, precitato, § 69. La preoccupazione di garantire un tale equilibrio è inerente all’insieme della Convenzione e si riflette nella struttura dell’articolo 1 del Protocollo no 1 tutto intero, dunque anche nel secondo fraseggio che deve leggere si alla luce del principio consacrato dalla prima. In particolare, deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura applicata dallo stato, ivi compreso per le misure che privano una persona della sua proprietà (vedere, tra molto altri, Sporrong e Lönnroth, precitato, § 73, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri, precitato, § 38, Kozacolu ğc. Turchia [GC], no 2334/03, § 63, 19 febbraio 2009 e Vistiš ņe Perepjolkins, precitato, § 108.
44. Pertanto, un richiedente non deve sopportare “un carico speciale ed esorbitante” che unica può rendere legittima la possibilità di contestare utilmente la misura presa al suo riguardo (vedere, in particolare, Sporrong e Lönnroth, precitato, e Hentrich c. Francia, 22 settembre 1994, no 13616/88, § 49.
b, Applicazione di questi principi al caso di specifico
45. Nello specifico, la Corte nota che le parti si accordano a dire che c’è stata “privazione di proprietà”, in ragione dell’esistenza di un trasferimento forzato, integrale e definitivo di proprietà. La Corte stima anche che l’esistenza di un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente è stabilita.
46. Peraltro, la Corte rileva che la misura di attribuzione forzata di un bene proprio a titolo di prestazione compensatoria era contemplata dall’articolo 275 del codice civile applicabile all’epoca dei fatti. Aveva quindi una base legale, ciò che il richiedente non contesta del resto.
47. Constata poi che la legge no 2000-596 del 30 giugno 2000 relativo alla prestazione compensatoria che ha introdotto la possibilità per il giudice di ordinare il versamento di questo compenso con la cessione costretta di diritti di proprietà del debitore, tendeva a correggere le derive rispetto all’intenzione iniziale del legislatore del 1975 che era di privilegiare il versamento della prestazione compensatoria sotto forma di capitale, paragrafi 27-28 sopra. Una tale misura inseguiva sopra un scopo legittimo, a sapere regolare velocemente gli effetti pecuniari del divorzio e limitare il rischio del contenzioso posteriori a suo pronunziato, paragrafi 20 e 24. La Corte ammette perciò che l’ingerenza è intervenuta a causa di utilità pubblica.
48. Resta ad esaminare la questione di sapere se la cessione costretta di un bene del richiedente ha predisposto un giusto equilibro tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali del richiedente. A questo titolo, la Corte non si attacca al modo di cui la controversia tra le parti private è stata decisa nello specifico, ciò che rileva della competenza delle giurisdizioni interne (vedere, in particolare, Dattel c. Lussemburgo (No 2), no 18522/06, § 53, 30 luglio 2009, ma unicamente a scelta dei giudici interni di imporre questa modalità specifica di pagamento del credito. Per valutare la proporzionalità dell’ingerenza, la Corte ha riguardo al grado di protezione offerta contro l’arbitrarietà col procedimento messo in œuvre nello specifico (Hentrich, precitato, § 45.
49. La Corte rileva al primo colpo che i giudici interni hanno constatato che la rottura del matrimonio creava una disparità nelle condizioni di vita degli ex-sposi che doveva essere compensata dal versamento di una prestazione compensatoria al profitto di D.P. Nota tuttavia che la presente richiesta non porta né su questa decisione né sulla ripartizione dei beni tra gli ex sposi, ma unicamente sulle sue modalità di esecuzione, a sapere il versamento della prestazione compensatoria con la cessione costretta della villa di Valbonne che appartiene in proprio al richiedente a sua ex-sposa.
50. Nell’occorrenza, la corte d’appello e la corte di appello di rinvio hanno interpretato la legge interna come autorizzandoli a fare uso della cessione costretta di un bene del richiedente come modalità di versamento della prestazione compensatoria, senza avere a tenere conto su questo punto dell’importanza del suo patrimonio né della volontà del debitore di proporre altri beni a titolo di versamento.
51. La Corte constata difatti che la decisione dei giudici di imporre la cessione costretta della villa di Valbonne a titolo di versamento della prestazione compensatoria non poteva basarsi sull’incapacità, per il richiedente, di liberarsi dal suo debito secondo altre modalità,: risulta delle differenti decisioni dei giudici del fondo, particolarmente motivate su questo punto, che il richiedente disponeva di un patrimonio sostanziale, lontano da limitarsi alle sue sole liquidità, ciò che gli avrebbe potuto permettere di liberarsi dal suo debito col versamento di una somma di denaro. Quindi, lo scopo legittimo perseguito dalla legge, paragrafo 47 sopra, poteva essere raggiunto senza avere bisogno di ricorrere alla misura controversa nello specifico.
52. Peraltro, la Corte nota che, dalla legge del 11 luglio 1975, il legislatore desidera privilegiare il versamento della prestazione compensatoria sotto forma di capitale, paragrafi 27-30 sopra. Non è stato escluso mai dalle leggi successive, in particolare con quella del 30 giugno 2000, che il debitore possa proporre altri beni del suo patrimonio di un valore che corrisponde all’importo della prestazione compensatoria. La Corte rileva del resto che il Consiglio costituzionale, investito di una questione prioritaria di costituzionalità sulle disposizioni dell’articolo 274 del codice civile, certo ulteriori all’epoca dei fatti ma al contenuto pertinente identico a quello dell’articolo 275 applicabile nello specifico, non ha convalidato la possibilità di un versamento con cessione forzata della proprietà di un bene che sotto riserva di un uso “accessorio” di una tale modalità nel caso dove il versamento di una somma di denaro non appare sufficiente per garantire il versamento di questa prestazione, paragrafo 30 sopra. Il Governo lo riconosce, paragrafo 38 sopra.
53. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che c’è stata rottura del giusto equilibro che deve regnare tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. Nello specifico, il richiedente ha “sopportato un carico speciale ed esorbitante” che unica avrebbe potuto rendere legittima la possibilità di proporre di liberarsi dal suo debito con un altro mezzo messo a sua disposizione dalla legge, ovvero col versamento di una somma di denaro o il trasferimento dei suoi diritti di proprietà su uno o parecchi altri beni.
54. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
55. Il richiedente si lamenta anche del rifiuto opposto alla sua domanda di riapertura dell’istruzione del suo ricorso in cassazione. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione di cui le disposizioni pertinenti si leggono così:
Articolo 6 § 1 della Convenzione
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
56. Il Governo contesta questo motivo di appello.
57. Tenuto conto dell’insieme degli elementi nel suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dei diritti e libertà garantite dagli articoli precitati della Convenzione.
58. Segue che questo motivo di appello è male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3, ha, e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
60. Il richiedente richiede una somma a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito, in ragione della no-attualizzazione della stima del valore della villa considerata dai giudici tra 2003 e 2009. Quindi, stima essere stato privato, al minimo, di una somma di 127 764,70 euro (EUR). Sollecita anche una somma di 15 000 EUR a titolo del suo danno morale, tenuto conto del suo attaccamento a questo bene.
61. Il Governo contesta l’esistenza di un danno patrimoniale, le giurisdizioni essendo attribuite si alla valutazione data dal richiedente sé. Contesta anche l’esistenza di un danno morale.
62. Trattandosi del danno patrimoniale, la Corte constata che il richiedente limita la sua domanda alla presa in conto di un’attualizzazione del valore del suo bene che sarebbe dovuto intervenire, secondo lui, tra i giudizi di prima istanza e la sentenza della corte di appello di rinvio. Valuta questo importo a 127 764 EUR. Ora, oltre il fatto che il richiedente non stabilisce la realtà di una tale variazione e del suo importo che riguarda precisamente la villa in causa nelle circostanze dello specifico, essendo osservato peraltro che l’importo della prestazione compensatoria assegnata di più a sua ex-sposa non è stato oggetto di una rivalutazione durante lo stesso periodo, la Corte non saprebbe speculare su questo punto. Peraltro, ricorda che la condizione sine qua non alla concessione di un risarcimento di un danno patrimoniale è l’esistenza di un legame di causalità tra i danni addotto e la violazione constatata, Nikolova c. Bulgaria [GC], no31195/96, § 73, Raccolta 1999-II, ed Andrejeva c. Lettonia [GC], no 55707/00, § 111, Raccolta 1999. Nello specifico, la Corte stima che un tale legame di causalità tra un attualizzazioni del valore della villa e la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 al quale è giunta fatto difetto. Nessuna somma sarà assegnata al richiedente a questo titolo dunque.
63. La Corte considera mentre il richiedente ha subito un danno morale che la constatazione di violazione non ha riparato sufficientemente e, deliberando in equità, gli accorda 10 000 EUR a questo titolo.
B. Oneri e spese
64. Il richiedente chiede anche 37 385,72 EUR a titolo degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni nazionali e la Corte.
65. Il Governo oppone a ciò che gli oneri e spese esposte dinnanzi alle giurisdizioni interne siano prese in conto. Considera, ad ogni modo, che l’importo accordato a titolo degli oneri e spese non saprebbero superare la somma di 10 000 EUR.
66. La Corte ricorda che, conformemente alla sua giurisprudenza, deve ricercare se gli oneri e spese sono stati realmente ed incorsero necessariamente per prevenire o risanare il fatto giudicato costitutivo di una violazione della Convenzione, e se erano ragionevoli in quanto al loro tasso (vedere, per esempio, Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano c. Italia [GC], no 38433/09, § 224, 7 giugno 2012.
67. Trattandosi degli oneri incorsi dinnanzi alle giurisdizioni interne, la Corte stima che soli gli oneri esposti nella cornice del secondo ricorso in cassazione devono essere presi in conto. Allo visto delle note di parcella prodotta, accorda a questo titolo l’intimo di 6 290 EUR al richiedente. Peraltro, tenuto conto delle altre fatture nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole di assegnare al richiedente l’intimo di 5 382 EUR per il procedimento dinnanzi a lei.
C. Interessi moratori
68. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 11 672 EUR, undicimila sei cento settantadue euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per oneri e spese,;
b ) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno ad aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 10 luglio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Marco Villiger
Greffière Presidente