SECONDA SEZIONE
CAUSA MAUGERI C. ITALIA
( Richiesta no 13611/04)
SENTENZA
STRASBURGO
31 luglio 2007
DEFINITIVO
31/10/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel lacausa Maugeri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, R. Türmen, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Mularoni, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra F. Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 luglio 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 13611/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. G. M (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 marzo 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da O. O., avvocato a Siracusa. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, il suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 13 ottobre 2005, la Corte ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Catania.
A. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio del 24 giugno 1988, il tribunale di Catania dichiarò il fallimento della società di fatto esistente tra il richiedente ed il Sig. C.A. così come il fallimento personale di questi. Lo stesso giorno, il tribunale fissò al 10 ottobre 1988 l’udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento.
6. A partire da questa data, l’udienza fu rinviata a sette riprese di cui tre volte a causa di un impedimento del curatore, fino all’ 11 dicembre 1989, data in cui lo stato del passivo fu dichiarato esecutivo.
7. Il 3 ottobre 1988, fu costituito nel frattempo il comitato provvisorio dei creditori.
8. Il 25 giugno 1988, il curatore procedette all’apposizione dei sigilli.
9. Nel 1990, fu iniziato un procedimento d’ opposizione al passivo del fallimento. Ad una data non precisata, la decisione di prima istanza ivi relativa fu attaccata in appello.
10. Il 13 febbraio 1991, il curatore iniziò un’azione di revoca.
11. Il 25 marzo 1994, fu nominato un avvocato per rappresentare il fallimento nei due procedimenti civili che miravano al recupero di un bene immobile facente parte del fallimento.
12. Il 12 aprile 1995, un perito fu nominato per valutare un bene immobile facente parte del fallimento.
13. Il 18 agosto 1995, il curatore chiese al giudice l’autorizzazione per vendere un immobile del fallimento.
14. Il 30 marzo 1996, fu nominato un nuovo curatore.
15. Il 28 maggio 1996, fu nominato un perito per valutare un bene immobile facente parte del fallimento.
16. Il 17 dicembre 1997, fu depositata dinnanzi al tribunale una richiesta di locazione di un immobile facente parte del fallimento.
17. Il 30 giugno 1998, fu nominato un perito per valutare un bene immobile facente parte del fallimento.
18. Il 20 aprile 2000, fu nominato un avvocato per rappresentare il fallimento in un procedimento iniziato contro il ministero delle Finanze dinnanzi al tribunale di Catania.
19. Il 31 luglio 2000, il giudice fissò l’asta pubblica di certi beni al 6 novembre 2000. In questa data, non fu presentata nessuna offerta di acquisto.
20. Il 15 gennaio 2001, il richiedente chiese che venisse redatto un piano di ripartizione parziale del fallimento.
21. Il 4 maggio 2001, certi beni furono venduti all’ asta.
22. Secondo le informazione fornite dal richiedente, per tutto il procedimento, cinque giudici delegati si succedettero.
23. L’ 11 gennaio 2006, il curatore depositò un rapporto.
24. Secondo le informazione fornite dal richiedente, il procedimento era pendente al 5 maggio 2007.
B. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
25. Il 13 aprile 2005, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina chiedendo il risarcimento del danno che stimava di avere subito in ragione della durata del procedimento e delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento.
26. Con una decisione depositata il 9 dicembre 2005, la corte di appello ha riconosciuto che la durata del procedimento di cui il richiedente era stato’oggetto era stata eccessiva ed aveva accordato a questo ultimo 15 000 euro (EUR) a titolo di risarcimento morale.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
27. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006,) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA E DELLA VITA FAMILIARE, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
28. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza e della vita familiare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’ha privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli, nelle loro parti pertinenti, sono formulati così:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica,(…) alla protezione dei diritti e libertà altrui.
29. La Corte nota da prima che il richiedente ha omesso di supportare la parte di questo motivo di appello riguardante il diritto al rispetto della vita familiare e ha deciso dunque di respingere questo motivo di appello per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
30. La Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
31. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non può più essere più ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che si deve richiedere che i richiedenti utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
32. Nel caso specifico, la Corte nota che il richiedente ha omesso di ricorrere in cassazione contro la decisione della corte di appello di Messina depositata il 9 dicembre 2005 (vedere Martellacci c. Italia, no 33447/02, §§ 39-40, 28 settembre 2006).
33. La Corte stima pertanto che questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne e deve essere respinta conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
34. Il richiedente si lamenta del fatto che, in ragione dell’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
35. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere analizzato sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione, precitato, in quanto al diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
A. Sull’ammissibilità
36. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
37. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
38. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
39. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
32. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che l’hanno riguardato per tutto il procedimento di fallimento. Questi articoli sono formulati così nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
41. La Corte nota al primo colpo che, nella sentenza Bottaro c. Italia (no 56298/00) del 17 luglio 2003, ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione in ragione della mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della limitazione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza del richiedente. Stima dunque che il motivo di appello sollevato dal richiedente deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo di questa disposizione.
42. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quella concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità di questi ultimi. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
43. In quanto alla parte del motivo di appello che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
44. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
45. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
46. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
47. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa benché , nella lettera che gli è stata indirizzata il 2 marzo 2006, la sua attenzione sia stata attirata sull’articolo 60 dell’ordinamento della Corte che dispone che ogni richiesta di soddisfazione equa a titolo dell’articolo 41 della Convenzione deve essere esposta nelle osservazioni scritte sul merito. Pertanto, considerando la mancanza di osservazioni sulla soddisfazione equa nei termini fissati dalla lettera sopra menzionata, la Corte stima che non c’è luogo di concedere alcuna somma a titolo dell’articolo 41 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati degli articoli 8 della Convenzione, per ciò che riguarda il diritto al rispetto della vita privata del richiedente, e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 31 luglio 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
F. Elens-Passos F. Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa