Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA MARTINETTI E CAVAZZUTI C. ITALIA
( Richieste numeri 37947/02 e 39420/02)
SENTENZA
STRASBURGO
20 aprile 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Martinetti e Cavazzuti c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 30 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste, numeri 37947/02 e 39420/02, dirette contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, i Sigg. O. M. ed E. C. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dai G. F. e dal Sig. G., avvocati a Modena. I dettagli concernenti i richiedenti e le date di introduzione delle richieste figurano sotto nel riquadro.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 2 settembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare le richieste al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito delle richieste allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti, parti ai procedimenti giudiziali, hanno investito le giurisdizioni competenti ai sensi del legge “Pinto” per lamentarsi della durata di questi procedimenti.
6. I fatti essenziali delle richieste risultano dalle informazioni contenute sotto nel riquadro.
Numero di richiesta e data di introduzione Dettagli dei richiedenti Procedimento principale e procedimento “Pinto” ci relativa
1. no 37947/02introdotta il 9 ottobre 2002 O. M. cittadino italiano, nato nel 1936, residente a Longiano (Forlì), Procedimento principale: Oggetto: concessione di una pensione militare .Prima istanza: Corte dei conti, dal 6 dicembre 1975 all’ 8 febbraio 2002 (rigetto dell’istanza).
Nota: in seguito alla legge no 19/94 che istituisce delle camere regionali della Corte dei conti, il 20 dicembre 1993, la pratica del procedimento fu trasmessa alla camera regionale dell’Emilia Romagna.
Il 27 giugno 1995, questa ultima iniziò delle ricerche presso i servizi demografici,non essendo più in essere l’indirizzo del richiedente contenuto nella pratica.
Il 26 luglio 1995, la camera regionale notificò al nuovo indirizzo del richiedente una lettera con la quale, in applicazione dell’articolo 1 capoverso 4 bis della legge no 19/94, l’informò di avere ricevuto la sua pratica. L’invitò anche a fare istanza tesa al proseguimento del procedimento (istanza di prosecuzione del giudizio) nei sei seguente mese, ai sensi dell’articolo 6 di suddetta legge.
Il 14 settembre 1995, il richiedente fece domanda. Procedimento “Pinto”: Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotto il 30 ottobre 2001, somma chiesta 41 317 EUR per danno morale. Decisione: 21 febbraio 2002, depositata il 5 marzo 2002; presa in conto del procedimento principale fino alla data della decisione; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 1 500 EUR per danno morale; 485 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 19 aprile 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 20 dicembre 2002.
2. no 39420/02introdotta il 25 ottobre 2002 E. C. cittadino italiano, nato nel 1946, residente a Carpi (Modena), Procedimento principale: Oggetto: concessione di una pensione militare. Prima istanza: Corte dei conti, dal 26 novembre 1969 al 12 marzo 2002 (rigetto della domanda).
Nota: in seguito alla legge no 19/94 che istituisce delle camere regionali della Corte dei conti, l’11 aprile 1994, la pratica fu trasmessa alla camera regionale dell’Emilia Romagna.
Il 27 febbraio 1995, questa ultima iniziò delle ricerche presso i servizi demografici, non essendo più il essere l’indirizzo del richiedente contenuto nella pratica.
Il 27 aprile 1995, la camera regionale notificò al nuvo indirizzo del richiedente una lettera con la quale, in applicazione dell’articolo 1 capoverso 4 bis della legge no 19/94, l’informò di avere ricevuto la sua pratica. L’invitò anche a fare istanza tesa al proseguimento del procedimento (istanza di prosecuzione del giudizio) nei sei seguente mese, ai sensi dell’articolo 6 di suddetta legge.
Il 25 maggio 1995, il richiedente fece istanza .Procedimento “Pinto”: Autorità investita: corte di appello di Ancona, ricorso introdotto il 30 ottobre 2001, somma chiesta 51 646 EUR per danno morale .Decisione: 21 febbraio 2002, depositata il 5 marzo 2002; presa in conto del procedimento principale fino alla data della decisione; constatazione del superamento di una durata ragionevole; 2 500 EUR per danno morale; 545 EUR per oneri e spese.
Data decisione definitiva: 19 aprile 2003.
Data pagamento indennizzo “Pinto”: 19 dicembre 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
7. Il diritto e le pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
8. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed al problema di fondo che pongono, la Corte stima necessario unirle e decida di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
9. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della durata dei procedimenti principali e dell’insufficienza degli indennizzi “Pinto.”
10. Il Governo si oppone a questa tesi.
11. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile.”
A. Sull’ammissibilità
1. Non -esaurimento delle vie di ricorso interne
12. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, per il fatto che i richiedenti non hanno investito la Corte di cassazione ai sensi della legge “Pinto”.
13. La Corte rileva che le decisioni dei corsi di appello “Pinto” sono diventate definitive al più tardi il 19 aprile 2003. Alla luce della sua giurisprudenza (Di Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004) respinge questa eccezione.
2. Requisito di “vittima”
14. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto dai corsi di appello “Pinto” una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente, tenuto conto dell’esigua posta delle controversie che si sono concluse con il rigetto delle istanze dei richiedenti, perché mal fondate e azzardate.
15. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti delle cause e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che gli indennizzi “Pinto” non sono stati versati nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello “Pinto” diventò esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
16. La Corte constata che questi motivi di appello non incontrano nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Li dichiara anche ammissibili.
B. Sul merito
17. La Corte, avendo esaminato i fatti delle cause e gli argomenti delle parti, constata che i procedimenti controversi hanno avuto la seguente durata:
i. richiesta no 37947/02: ventisei anni e due mesi per un grado di giurisdizione;
ii. richiesta no 39420/02: ventotto anni e sei mesi per un grado di giurisdizione in data della decisione “Pinto”, con un prolungamento di diciannove giorni dopo la constatazione di violazione da parte della giurisdizione “Pinto”, il procedimento è cominciato il 26 novembre 1969, il periodo da considerare comincia tuttavia solamente con la presa di effetto, il 1 agosto 1973, della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte dell’Italia (vedere Andreozzi c. Italia, no 54288/00, § 12, 28 marzo 2002,).
18. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella dei casi di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nelle due richieste in questione, la Corte stima che c’è luogo di constatare, in ogni causa, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
19. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dai corsi di appello “Pinto.”
20. La Corte ricorda che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (precitata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia, (no 22644/03, §§ 71-72, CEDH 2009 -… (brani)), l’insufficienza dell’indennizzo “Pinto” non rimette in causa l’effettività di questa via di ricorso. Pertanto, c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
21. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
22. I richiedenti richiedono rispettivamente 45 000 EUR (richiesta no 37947/02) e 50 000 EUR (richiesta no 39420/02) a titolo del danno morale che avrebbero subito. Nella richiesta no 37947/02, il richiedente adduce di avere subito anche un danno patrimoniale a causa del rigetto della sua istanza di concessione di una pensione.
23. Il Governo stima che i richiedenti sono stati risarciti in modo adeguato nella cornice dei ricorsi “Pinto”, tenuto conto dell’esigue posta delle controversie.
24. In quanto al danno patrimoniale chiesto nella richiesta no 37947/02, la Corte rileva che le affermazioni del richiedente sono vaghe e non supportate. Del resto, non vede legame di causalità tra la durata del procedimento ed il presunto danno patrimoniale. Di conseguenza, respinge la richiesta.
25. In quanto al danno morale, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna ad ogni richiedente le somme indicate sotto nel riquadro, paragonate agli importi che avrebbe concesso in mancanza di vie di ricorso interne, alla vista dell’oggetto e della posta delle controversie.
No richiesta Somma che la Corte avrebbe accordato in mancanza di vie di ricorso interne Percentuale assegnata dalla giurisdizione “Pinto” Somma accordata per danno morale
37947/02 39 000 EUR il 3,84% 16 350 EUR
39420/02 39 000 EUR il 6,41% 15 350 EUR
B. Oneri e spese
26. I richiedenti si sono limitati a fornire copia delle fatture relative agli oneri e alle spese dei procedimenti “Pinto”, senza formulare tuttavia delle richieste di rimborso degli oneri e delle spese nel termine assegnato. Pertanto, la Corte decide di non accordare niente a questo titolo.
C. Interessi moratori
27. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati dalla durata eccessiva dei procedimenti (articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. richiesta no 37947/02:
16 350 EUR (sedicimila tre cento cinquanta euro) per danno morale,;
ii. richiesta no 28217/02:
15 350 EUR (quindicimila tre cento cinquanta euro) per danno morale;
b) che a queste somme occorre aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge le domande di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 20 aprile 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa