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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE MARIA ATANASIU ET AUTRES c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 46, P1-1
Numero: 30767/05/2010
Stato: Romania
Data: 2010-10-12 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Stato convenuto tenuto s prendere delle misure generali; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA MARIA A. ED ALTRI C. ROMANIA
( Richieste numeri 30767/05 e 33800/06)
SENTENZA
STRASBURGO
12 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Maria A. ed altri c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici, e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 giugno e il 21 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 30767/05 e 33800/06) dirette contro la Romania e in cui tre cittadine di questo Stato (“le richiedenti”), OMISSI (richiesta no 30767/05) e OMISSIS ( richiesta no 33800/06) hanno investito la Corte rispettivamente l’ 11 agosto 2005 (richiesta no 30767/05) ed il 4 agosto 2006 (richiesta no 33800/06) in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. OMISSIS sono rappresentate da C. – L. P. e C. – R. P., avvocati a Bucarest. OMISSIS è rappresentata da R. – A. N.-G. e da M. N.u-G., avvocati a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Le richieste sono state comunicate al Governo il 26 maggio 2006 (richiesta no 30767/05) ed il 27 novembre 2008 (richiesta no 33800/06). Tanto le richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte (articolo 59 § 1 dell’ordinamento.) Le parti hanno ciascuna sottoposto dei commenti scritti sulle osservazioni dell’altro. Alcune osservazioni sono state ricevute anche dell’Associazione Asociaţia pentru Proprietatea Privată e dell’associazione ResRo Interessenvertretung Restitution in Rumänien, che il presidente aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto (articoli 36 § 2 della Convenzione e 44 § 3 dell’ordinamento).
4. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 8 giugno 2010 (articolo 59 § 3 dell’ordinamento).
Sono comparsi:
-per il Governo il
Sig. R. – H. Radu, agente, il Sig.re I. Cambrea,
A. – Sig. Valica, il Sig. D. Dumitrache, consiglieri;
-per le richiedenti il
Sig. C. – L. P.,
C. – R. P., R-A. N.-G., M. N.-G., consiglieri.
5. La Corte ha ascoltato nelle loro dichiarazioni C. – L. P., R. – A. N.-G., M. N.-G. per le richiedenti ed il Sig. R. – H. Radu per il Governo. La richiedente Omissis era anche presente all’udienza.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
6. Le due prime richiedenti, OMISSIS, sono nate rispettivamente nel 1912 e 1937 e risiedono a Bucarest. La terza richiedente, OMISSIS, è nata nel 1935 e risiede a Bucarest.
A. Il contesto generale
7. Dopo l’instaurazione del regime comunista in Romania nel 1947, lo stato procedette a statalizzazioni su grande scala di immobili e di terreni agricoli.
8. Uno dei decreti di statalizzazione applicato in materia di immobili fu il decreto no 92/1950, in virtù del quale gli immobili che appartenevano a vecchi industriali, grandi proprietari terrieri, banchieri e grandi commercianti furono nazionalizzati. Sebbene questo decreto non riguardasse gli immobili degli operai, dei funzionari, degli intellettuali e dei pensionati, anche numerosi immobili appartenenti a queste categorie sociali furono nazionalizzati. Tra il 1949 e il 1962, la quasi totalità dei terreni agricoli fu trasferita nel patrimonio delle cooperative agricole.
9. Dopo la caduta del regime comunista, lo stato adottò una serie di leggi allo scopo di riparare gli attentati ai diritti di proprietà causati da questo regime.
10. Le leggi numero 112/1995 e 10/2001 consacrarono il principio della restituzione degli immobili statalizzati e dell’indennizzo nei casi in cui la restituzione non fosse più possibile. La legge no 112/1995 instaurò la determinazione di un massimo d’indennizzo, ma la legge no 10/2001 l’annullò.
11. Trattandosi dei terreni agricoli, le leggi numero 18/1991, 169/1997 e 1/2000 successivamente aumentarono la superficie dei terreni suscettibili di essere restituiti. Questa ultima legge aprì diritto ad un indennizzo per i terreni la cui restituzione non era più possibile.
12. La legge no 247/2005 unificò i procedimenti amministrativi per la restituzione dei beni previsti dalle suddette leggi.
13. Secondo un conteggio parziale stabilito dal Governo, più di due milioni di richieste presentate in virtù delle leggi di risarcimento sono state registrate, ammontando l’importo stimato per finanziare le indennità previste da queste leggi a 21 miliardi di euro.
B. Circostanze proprie alle presenti richieste
1. Fatti concernenti la richiesta no 30767/05 introdotta da OMISSIS
14. Nel 1950, in virtù del decreto no 92, lo stato nazionalizzò parecchi immobili appartenenti al Sig. A., marito dela prima richiedente e padre della seconda. Tra questi immobili ne figurava un ubicato al no 189 di via Calea Dorobanţilor a Bucarest.
a) Passi in vista di ottenere la restituzione dell’immobile ubicato in via Calea Dorobanţilor
15. Il 15 maggio 1996, appellandosi alle disposizioni della legge no 112/1995, il Sig. A. chiese alla commissione locale incaricata dell’applicazione di questa legge la restituzione dell’immobile. La richiesta restò senza risposta. Il 25 ottobre 1996, il Sig. A. decedette e le richiedenti furono riconosciute sue sole eredi.
16. Coi contratti conclusi in virtù della legge no 112/1995, l’impresa che gestiva l’immobile vendette agli inquilini i nove appartamenti situati nell’immobile.
17. Con un’azione introdotta il 15 novembre 1999, le richiedenti richiesero dinnanzi alle giurisdizioni interne la restituzione dell’immobile. Invocavano le disposizioni di diritto comune concernenti il rispetto del diritto di proprietà ed adducevano che la statalizzazione era stata illegale a riguardo del Sig. A.. Ulteriormente, basandosi su una lettera del municipio di Bucarest che affermava che tre appartamenti non erano stati venduti, le richiedenti limitarono la loro richiesta a questa parte dell’immobile.
18. Con un giudizio del 24 marzo 2000, il tribunale di prima istanza di Bucarest accolse l’azione ed ordinò la restituzione della suddetta parte dell’immobile. Stimava che l’immobile era stato nazionalizzato illegalmente dal momento che il Sig. A. non faceva parte delle categorie sociali previste dal decreto di statalizzazione e che, di conseguenza, lo stato non poteva avvalersi di un titolo di proprietà valido. Su appello poi su ricorso (recurs) del municipio, questo giudizio fu confermato e diventò definitivo.
19. Con azioni in giustizia separate, le richiedenti richiesero la restituzione degli altri appartamenti. Al totale, ottennero cinque decisioni definitive, ossia le sentenze della corte di appello di Bucarest del 1 giugno 2001, del 19 maggio 2004, del 1 maggio 2005, del 5 maggio 2005 e del 30 ottobre 2007, che ingiungevano agli acquirenti ed alle autorità locali di restituire loro sette appartamenti. Per un altro appartamento, beneficiano di una decisione, ancora suscettibile di appello, resa il 30 novembre 2009 dal tribunale dipartimentale di Bucarest che condannò le autorità locali a versare loro un’indennità. L’ultimo appartamento dell’immobile è oggetto della presente richiesta. Ciascuna delle suddette decisioni era fondata sulla constatazione di illegalità della statalizzazione dell’immobile.
b) Passi effettuati in virtù del diritto comune e tesi alla restituzione dell’appartamento no 1
20. Il 6 aprile 2001, le richiedenti investirono il tribunale dipartimentale di Bucarest di un’azione per rivendicazione dell’appartamento no 1 diretta contro la città di Bucarest, l’impresa che gestiva l’immobile e i coniugi G. che avevano acquistato l’appartamento. Chiesero anche l’annullamento del contratto di vendita concluso il 19 dicembre 1996.
21. Con un giudizio del 4 giugno 2002, il tribunale fece diritto all’azione, constatò la nullità della vendita e condannò le parti convenute a restituire l’appartamento alle richiedenti. Giudicò che la statalizzazione dell’immobile era stata illegale e che il contratto di vendita non era valido.
22. Con una sentenza del 14 novembre 2002, la corte di appello di Bucarest accolse gli appelli interposti dalla città e dai coniugi G. respinse così l’azione delle richiedenti, stimando che la statalizzazione era stata legale e che il contratto di vendita era valido nella misura in cui aveva rispettato le condizioni imposte dalla legge no 112/1995. Le richiedenti formarono un ricorso.
23. Con una sentenza definitiva dell’ 11 marzo 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia considerò il ricorso per esame, ma respinse gli argomenti delle richiedenti e dichiarò la loro azione inammissibile. Considerava che le richiedenti avevano introdotto la loro azione dopo la data di entrata in vigore della legge no 10/2001 (paragrafi 25-27 sotto) e che da questa data potevano chiedere la restituzione dell’appartamento controverso solo nelle condizioni e secondo il procedimento imposto dalla legge no 10/2001.
24. Trattandosi dell’istanza di annullamento del contratto di vendita, l’Alta Corte confermò la motivazione della corte di appello, ma giudicò che in ragione del rigetto del motivo di appello principale concernente la restituzione dell’appartamento anche l’istanza era inammissibile.
c) Passi effettuati in virtù della legge no 10/2001 e tesi alla restituzione dell’appartamento no 1
25. Il 9 agosto 2001, invocando le disposizioni della legge no 10/2001, le richiedenti chiesero al municipio di Bucarest la restituzione dell’insieme dell’immobile ubicato in via Calea Dorobanþilor.
26. In mancanza di risposta nel termine legale di sessanta giorni, introdussero, il 26 luglio 2002, un’azione contro il municipio. Con una sentenza del 10 novembre 2003, la corte di appello di Bucarest accolse l’azione e condannò il municipio a rendere una decisione sull’istanza delle richiedenti. Su ricorso introdotto dal municipio, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia allontanò l’argomento di questo secondo cui il ritardo era dovuto all’atteggiamento delle richiedenti che avevano omesso di completare la loro pratica. Con una sentenza definitiva del 18 aprile 2005, confermò la condanna del municipio e giudicò che nessuna mancanza di natura tale da giustificare questo ritardo poteva essere considerata contro le richiedenti.
27. In una lettera del 23 marzo 2010 indirizzata all’agente del governo rumeno, il municipio indicò che l’esame dell’istanza era sospeso in attesa dei documenti mancanti.
2. Fatti concernenti la richiesta no 33800/06 introdotta dalla Sig.ra OMISSIS
28. Nel 1950, un terreno appartenente ai genitori della richiedente e situato a Craiova fu nazionalizzato. Posteriormente, una parte del terreno fu pianificata come giardino botanico ed assegnata all’università di Craiova, struttura pubblica di insegnamento superiore.
29. Il 28 giugno 2001, basandosi sulla legge no 10/2001, la richiedente chiese all’università di Craiova di essere indennizzata a titolo del terreno statalizzato. Indicava che il giardino botanico dell’università copriva 1 950 m² della superficie totale di 2 140 m² del terreno in questione.
30. Con una decisione no 600/A/2001 del 10 luglio 2001, l’università di Craiova respinse l’istanza della richiedente al motivo che il suo bilancio non disponeva di crediti che potevano essere destinati a questo tipo di risarcimento. Fece seguire l’istanza del richiedente alla prefettura del dipartimento di Dolj.
a) L’azione di giustizia iniziata dalla richiedente
31. Il 18 luglio 2001, la richiedente citò l’università di Craiova in giudizio e chiese di essere indennizzata per il terreno di 2 140 m², che valutava a 70 dollari americani (USD) il metro quadrato.
32. Su richiesta dell’università, il tribunale dipartimentale di Dolj ordinò, con una sentenza interlocutoria del 5 dicembre 2002, che lo stato, rappresentato dal ministero delle Finanze, fosse anche lui chiamato nel procedimento in quanto parte convenuta.
33. Con un giudizio del 13 febbraio 2003, il tribunale dipartimentale respinse la richiedente delle sue pretese, premature secondo lui, al motivo che l’interessata avrebbe dovuto aspettare che la prefettura deliberasse sulla sua istanza di indennizzo. Stimò tuttavia che la richiedente aveva dimostrato il diritto di proprietà dei suoi genitori così come la prova della statalizzazione abusiva.
34. La richiedente interpose appello contro questo giudizio.
35. Il 21 novembre 2003, la corte di appello di Craiova fece diritto all’appello della richiedente, annullò il giudizio reso in prima istanza ed annullò la decisione no 600/A/2001. Si basava su una lettera del 13 novembre 2003 indirizzata dall’università di Craiova alla prefettura del dipartimento di Dolj con la quale la prima indicava di essere d’ accordo per la concessione di un indennizzo alla richiedente. Nel dispositivo della sua decisione, valutò il risarcimento dovuto alla richiedente a 70 USD il metro quadrato, conformemente alla convenzione conclusa dalle parti durante il procedimento. Menzionò anche nei considerando della sua decisione che la richiedente avrebbe dovuto beneficiare di questo risarcimento una volta adottata la legge speciale che doveva regolare le modalità, gli importi ed il procedimento di indennizzo.
36. Tanto la richiedente che l’università di Craiova ed il ministero delle Finanze formarono dei ricorsi contro questa decisione al motivo che nessuna convenzione era stata conclusa tra le parti. La richiedente adduceva anche che la decisione attaccata non indicava quale delle due parti convenute -l’università o lo stato rumeno-era debitrice dell’obbligo di pagamento.
37. Con una sentenza definitiva del 30 marzo 2006, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia respinse i ricorsi e confermò la decisione della corte di appello di Craiova del 21 novembre 2003. Considerò che in virtù dell’articolo 24 della legge no 10/2001, l’università che utilizzava il terreno rivendicato dal richiedente, aveva l’obbligo, nel caso in cui la restituzione del terreno non avrebbe potuto essere effettuata, di presentare un’offerta di indennizzo che corrispondesse al valore dell’immobile e di comunicare la sua decisione alla prefettura del dipartimento di Dolj.
38. L’Alta Corte osservò poi che, durante il procedimento, l’università di Craiova aveva sottoposto la lettera del 13 novembre 2003 con la quale aveva informato la prefettura del dipartimento di Dolj che consentiva alla concessione di un indennizzo alla richiedente all’altezza l’importo sollecitato da questa ultima. Stimò che, col suo contenuto, questa comunicazione rappresentava un’offerta fatta conformemente agli articoli 24 e 36 della legge no 10/2001, offerta che del resto la richiedente aveva accettato. Secondo l’Alta Corte, simile offerta da parte dell’università valeva come consenso della parte convenuta alle pretese del richiedente. Quindi, la corte di appello si era limitata a constatare il fatto che l’università aveva, durante il procedimento, preso delle misure per rispettare i suoi obblighi derivanti dalla legge.
39. L’Alta Corte precisò anche che nessun obbligo concreto era stato stabilito, a carico dello stato rumeno, parte al procedimento, dovendosi effettuare la concessione effettiva di un risarcimento dell’importo stabilito secondo il procedimento speciale regolato dalla legge no 247/2005.
b) I seguiti amministrativi del procedimento giudiziale
40. Con una decisione del 27 gennaio 2006, l’università di Craiova propose alla prefettura di Dolj di concedere alla richiedente, per il terreno di 2 140 m², l’indennizzo fissato dalla decisione del 21 novembre 2003 della corte di appello di Craiova. La decisione era fondata sulla legge no 10/2001.
41. L’autorità nazionale per la restituzione delle proprietà (“l’ANRP”) avendola invitata, con una lettera del 24 dicembre 2008, a prendere una decisione fondata sulla legge no 247/2005, l’università di Craiova propose, il 24 marzo 2009, alla prefettura di Dolj di concedere alla richiedente l’indennità in questione. Precisò che la pratica doveva essere trasmessa alla Commissione centrale di indennizzo, (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, “la Commissione centrale”).
42. La Commissione centrale non ha informato la richiedente dei seguiti di questa decisione. A questo giorno, nessuna indennità è stata versata all’interessata.
43. All’udienza del 8 giugno 2010, il Governo ha indicato che l’istanza della richiedente doveva essere trattata in precedenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA PERTINENTI
A. Riassunto delle principali disposizioni legislative concernenti la restituzione dei beni nazionalizzati prima del 1989 o, a difetto, l’indennizzo ivi relativo
44. Le principali disposizioni legislative in materia sono state descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania [GC], (no 28342/95, §§ 34-35, CEDH 1999-VII); Străin ed altri c. Romania, (no 57001/00, § 19, CEDH 2005-VII); Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 23-53, CEDH 2005-XII (brani)); Viaşu c. Romania, (no 75951/01, §§ 30-49, 9 dicembre 2008); Faimblat c. Romania, (no 23066/02, §§ 16-17, 13 gennaio 2009); Katz c. Romania, (no 29739/03, § 11, 20 gennaio 2009); Tudor Tudor c. Romania, (no 21911/03, § 21, 24 marzo 2009) e Matieş c. Romania,( no 13202/03, §§ 13-17, 8 giugno 2010). Possono essere riassunte come segue.
1. Cornice generale
45. La legge no 18 del 19 febbraio 1991 sul fondo finanziario riconosceva ai vecchi proprietari ed ai loro eredi il diritto alla restituzione parziale dei terreni agricoli. La modifica più importante di questa legge fu introdotta dalla legge no 1 dell’ 11 gennaio 2000 che portò il diritto a restituzione a 50 ettari per persona per le terre arabili ed a 100 ettari per persona per le pasture. A difetto di restituzione, i beneficiari avevano diritto ad un indennizzo.
46. Trattandosi degli immobili statalizzati, in mancanza di legislazione speciale che definiva il regime giuridico di questi beni, i tribunali si stimò in un primo tempo competente per esaminare la questione della legalità degli atti di statalizzazione e per ordinare, in caso di constatazione di illegalità, la restituzione dei beni in questione.
47. L’entrata in vigore della legge no 112 del 25 novembre 1995 che precisava la situazione giuridica di certi beni immobili ad uso di abitazione autorizzò la vendita di questi immobili agli inquilini. La loro restituzione ai vecchi proprietari o ai loro eredi era possibile solamente se abitavano in quanto inquilini o se gli alloggi fossero stati liberi. A difetto di restituzione, i vecchi proprietari potevano chiedere un indennizzo che era plafonato.
48. In quanto agli immobili ed ai terreni appartenuti alle organizzazioni delle minoranze nazionali ed alle istituzioni confessionali, le ordinanze di emergenza del governo numero 83 del 8 giugno 1999 e 94 del 29 giugno 2000 contemplavano la loro restituzione o, a difetto, la concessione di un risarcimento.
49. La legge no 10 del 8 febbraio 2001 sul regime giuridico degli immobili presi abusivamente dallo stato consacrava il principio della restituzione degli immobili riguardati. Nel caso in cui la restituzione non era più possibile, i vecchi proprietari o i loro eredi potevano richiedere un risarcimento non plafonato.
50. La legge no 1 del 30 gennaio 2009 disponeva che gli immobili venduti in virtù della legge no 112/1995 non potevano essere più oggetto di una restituzione, ma unicamente di altre misure di risarcimento. La scelta tra le azioni di rivendicazione ed il procedimento speciale di restituzione previsto dalla legge no 10/2001 è stata annullata a favore di questo ultimo procedimento.
51. Oltre i beni previsti dalle suddette disposizioni legislative, lo stato si avvia ad indennizzare i vecchi proprietari o i loro eredi che hanno perso degli immobili, dei terreni o dei raccolti abbandonati su certi territori in seguito ai cambiamenti di frontiere prima e in corso della Seconda Guerra mondiale. Previsto dalle leggi numeri 9/1998, 290/2003 e 393/2006 e coordinato dall’ANRP, il procedimento amministrativo di indennizzo per questi beni è differente da quello contemplato per i beni immobili statalizzati, ed i fondi necessari provengono dal bilancio dello stato.
2. Procedimento previsto dalla legge no 247/2005 per la determinazione dell’importo delle indennità
52. La legge no 247/2005 sulla riforma della giustizia e della proprietà, sempre in vigore, ha modificato in un modo sostanziale le precedenti leggi di indennizzo stabilendo in particolare un procedimento amministrativo unificato per le istanze che riguardavano i beni riguardati dalle leggi numeri 1/2000 e 10/2000 e dalle ordinanze di emergenza del governo numeri 83/1999 e 94/2000.
53. Contempla che in mancanza di restituzione, i beneficiari delle misure di risarcimento possono scegliere tra il compenso del loro credito tramite dei beni e dei servizi ed il versamento di un’indennità calcolata secondo “la pratica e gli standard interni ed internazionali in materia di indennizzo per gli immobili e le case acquisiti abusivamente dallo stato.”
54. Il ruolo principale nel collocamento in opera di questa legge fu affidato a due strutture di recente create: la Commissione centrale di indennizzo (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, “la Commissione centrale”) e l’autorità nazionale per la restituzione delle proprietà (Autoritatea Naţională pentru Restituirea Proprietăţilor, l’ «ANRP”).
55. Dei nuovi termini per l’introduzione delle istanze di restituzione o di indennizzo furono accordati, ossia sessanta giorni per i terreni agricoli e sei mesi per i beni immobili appartenuti alle istituzioni confessionali ed alle organizzazioni di minoranze nazionali.
56. Le decisioni delle autorità locali che concedono o propongono la concessione di indennità devono essere oggetto di un controllo di legalità da parte del prefetto che è incaricato di trasmetterle poi alla Commissione centrale.
57. Le disposizioni che regolano il controllo della legalità furono precisate dall’ordinanza del governo no 128 del 6 febbraio 2008. Secondo queste disposizioni, se il prefetto stima che la decisione del sindaco o delle altre autorità amministrative locali è illegale, può contestarla tramite la via del contenzioso amministrativo entro un anno a partire dalla decisione.
58. Al ricevimento della pratica, la Commissione centrale deve verificare la legalità del rifiuto di restituzione del bene immobile poi trasmettere la pratica a “valutatori graditi” affinché questi ultimi stabiliscano l’importo dell’indennizzo. Sulla base del rapporto di valutazione, la Commissione centrale rilascia un “titolo di risarcimento” o rinvia la pratica alle autorità locali per riesame.
59. La legge no 247/2005 non fissa né i termini né l’ordine in cui la Commissione centrale deve trattare le pratiche. Il 28 febbraio 2006, la Commissione centrale decise che l’ordine di trattamento delle pratiche sarebbe stato aleatorio. Il 16 settembre 2008, ritornò sulla sua decisione e risolse di trattare le pratiche nell’ordine dalla loro registrazione.
3. Meccanismo messo in opera dal a legge no 247/2005 per il pagamento delle indennità
60. Ai fini del pagamento delle indennità fissate dalla Commissione centrale fu creato un organismo di collocamento collettivo di valori mobiliari dal nome di fondo Proprietatea. Il suo capitale è costituito per la maggioranza dagli attivi dello stato in differenti imprese.
61. La legge no 247/2005 precisò che il fondo Proprietatea doveva prendere, entro trenta giorni a contare dal suo bando, le misure necessarie in vista della quotazione delle sue azioni in borsa, affinché i beneficiari delle decisioni di indennizzo emesse in virtù delle leggi di restituzione potessero vendere le loro azioni e potessero percepirne in ogni momento il valore.
62. Dal luglio 2005, la legge no 247/2005 è stata modificata a più riprese, tanto in quanto al funzionamento ed al finanziamento del fondo Proprietatea che per ciò che riguarda le modalità di calcolo ed i procedimenti di concessione di indennità.
63. Il 28 giugno 2007, il governo adottò l’ordinanza di emergenza no 81/2007 che modificò l’organizzazione ed il funzionamento del fondo Proprietatea. Tra le altre misure, questa ordinanza, confermata dalla legge no 142 del 12 luglio 2010, accorda ai beneficiari di titoli del fondo Proprietatea la possibilità di percepire una parte della somma in contanti.
64. Secondo l’ordinanza del governo no 128 del 6 febbraio 2008 concernente il collocamento in applicazione dell’ordinanza no 81/2007, dopo l’emissione del “titolo di indennizzo” (titlu di despagubire) da parte della Commissione centrale, l’interessato ha la scelta tra ricevere una parte della somma in contanti, nel limite di 500 000 lei rumeni (Ron)) ed il restante in azioni, e ricevere l’interezza della somma in azioni. Questa scelta deve operarsi presso l’ANRP che deve sostituire il “titolo di indennizzo” con un “titolo di pagamento” (titlu di plata) corrispondente all’importo della somma da pagare in contanti ed un “titolo di conversione” (titlu di conversie) corrispondente al restante della somma da convertire in azioni del fondo Proprietatea.
65. Questa scelta può intervenire entro tre anni a partire dall’emissione da parte della Commissione centrale del “titolo di indennizzo.” Le istanze di opzione devono essere esaminate per ordine cronologico, ma nessun termine è contemplato espressamente a questo fine.
66. Il pagamento delle somme in contanti inferiore o uguale a 250 000 Ron deve essere effettuato entro un anno a contare dalla data dell’emissione del titolo di pagamento e di due anni per le somme comprese tra 250 000 e 500 000 Ron.
67. Con l’ordinanza di emergenza del Governo no 62 del 30 giugno 2010, il pagamento delle somme in contanti è stato sospeso per un periodo di due anni affinché l’equilibrio di bilancio venisse mantenuto. Durante questo periodo, i “titoli di indennizzo” possono essere convertiti solamente in azioni del fondo Proprietatea.
B. Idea della pratica giudiziale interna pertinente
1. La posizione della Corte costituzionale
68. Su richiesta di parlamentari, la Corte costituzionale esaminò, nella cornice del controllo della costituzionalità preliminare alla loro entrata in vigore, la conformità alla Costituzione delle leggi numeri 112/1995, 1/2000, 10/2001 e 247/2005. Con le decisioni rese il 19 luglio 1995, il 27 dicembre 1999, il 7 febbraio 2001 e il 6 luglio 2005, giudicò che queste leggi erano conformi alla Costituzione, eccetto le disposizioni della legge no 112/1995 che confermavano il diritto di proprietà dello stato sugli immobili trasferiti nel suo patrimonio senza titolo e che subordinavano la concessione di misure di risarcimento su prova che la richiedente aveva la sua residenza permanente in Romania.
69. Nella cornice del controllo di costituzionalità posteriore alla loro entrata in vigore la Corte costituzionale fu chiamata, a pronunciarsi di nuovo sulla costituzionalità di certe loro disposizioni. Respinse la maggior parte delle eccezioni di incostituzionalità sollevate dinnanzi alle giurisdizioni interne e confermò la conformità di queste leggi alla Costituzione.
70. Con la sua decisione no 830 dell’ 8 luglio 2008, la Corte costituzionale giudicò che tutte le persone che avevano introdotto nel termine legale un’istanza in virtù della legge no 10/2001 potevano pretendere le misure di risarcimento e particolarmente la restituzione dei loro beni nel caso in cui la statalizzazione fosse stata illegale.
2. La giurisprudenza dei corsi e dei tribunali interni tra cui l’Alta Corte di cassazione e di giustizia
71. Dopo l’entrata in vigore della legge no 112/1995, la pratica delle giurisdizioni interne ha sofferto la mancanza di una cornice legislativa stabile. La giurisprudenza ha fornito parecchie interpretazioni concernenti le nozioni come “titolo di proprietà” dello stato, “buona fede” dell’acquirente, “apparenza in diritto”, così come dei rapporti tra le azioni di rivendicazione ed i procedimenti di restituzione previsti dalle leggi speciali (vedere, Păduraru, precitata, § 96).
72. Trattandosi della posizione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia per ciò che riguarda la competenza dei tribunali interni per deliberare sulle istanze di restituzione di beni statalizzati in caso di mancanza di risposta delle autorità amministrative alle notifiche indirizzate in virtù della legge no 10/2001, l’assemblea plenaria, deliberando su un ricorso nell’interesse della legge, ha deciso, con la sentenza no 20 del 19 marzo 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 12 novembre 2007, che le giurisdizioni interne erano competenti per deliberare sul merito delle istanze ed ordinare, all’occorrenza, la restituzione dei beni o la concessione degli indennizzi previsti dalla legge.
73. Con due sentenze numeri 53 e 33 del 4 giugno 2007 e del 9 giugno 2008, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale il 13 novembre 2007 e il 23 febbraio 2009, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, deliberando anche su due ricorsi nell’interesse della legge, ha deciso che dopo l’entrata in vigore della legge no 10/2001, le azioni di rivendicazione dei beni espropriati o statalizzati prima del 1989, introdotte in parallelo col procedimento di restituzione regolata dalla legge no 10/2001, erano inammissibili. Però, a titolo di eccezione, l’Alta Corte ha giudicato che la persona che possedeva un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, poteva introdurre un’azione di rivendicazione purché questa non recasse offesa ai diritti di proprietà acquisiti da terzi in buona fede.
74. Con la sentenza no 52 del 4 giugno 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 22 febbraio 2008, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, deliberando anche su un ricorso nell’interesse della legge, ha stimato che il procedimento amministrativo previsto dalla legge no 247/2005 non si applicava alle istanze di restituzione o di indennizzo già decise dalle autorità amministrative locali in virtù delle disposizioni della legge no 10/2001.
75. Per ciò che riguarda le decisioni delle autorità amministrative locali che accolgono una istanza di restituzione o di indennizzo in virtù della legge no 10/2001, l’Alta Corte ha giudicato che avevano fatto nascere dei diritti patrimoniali per gli aventi diritto e che, di conseguenza, non potevano più essere revocate o annullate dall’autorità amministrativa locale o dalla Commissione centrale (sentenze no 6723 del 17 ottobre 2007 e no 6812 del 10 novembre 2008 della camera civile dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia).
76. In quanto alle istanze trasmesse alla Commissione centrale in virtù della legge no 247/2005 e che non erano state oggetto di una decisione, l’Alta Corte ha dichiarato che i tribunali non potevano sostituirsi alla Commissione centrale per il calcolo degli indennizzi (sentenze no 4894 del 27 aprile 2009 e no 5392 del 11 maggio 2009 della camera civile dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia). Ha considerato in compenso che, malgrado la mancanza di un termine legale imposto alla Commissione centrale per rendere la sua decisione, questa ultima aveva l’obbligo di pronunciarsi sulle istanze di restituzione o di indennizzo in un “termine ragionevole”, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenze numeri 3857 e 3870 del 4 novembre 2008 della camera del contenzioso amministrativo e fiscale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia).
C. Dati statistici concernenti il fondo Proprietatea ed il pagamento degli indennizzi
77. Le statistiche comunicate dall’ANRP nel maggio 2010 e forniti dal Governo sono le seguenti:
-trattandosi della legge no 10/2001, 202 782 istanze sono state registrate presso le autorità locali. 119 022 pratiche sono state esaminate ed in 56 000 casi la concessione di un’indennità è stata proposta;
-46 701 pratiche costituite in virtù della legge no 10/2001 e 375 pratiche costituite in virtù delle ordinanze di emergenza del governo numeri 83/1999 e 94/2000 sono stati trasmessi alla Commissione centrale che ha rilasciato 10 345 “titoli di indennizzo.” Le altre pratiche sono in corso d’ esame;
-trattandosi delle leggi numeri 18/1991 e 1/2000 concernenti i terreni agricoli, secondo un conteggio parziale che riguarda 8 dipartimenti su 41, quasi un milione e mezzo di istanze di restituzione o di indennizzo sono stati indirizzati alle autorità locali. 55 271 pratiche costituite in virtù di queste leggi sono state trasmesse alla Commissione centrale che ne ha considerato 21 279 e hanno rilasciato 10 915 “titoli di indennizzo.” Le altre pratiche sono in corso d’ esame;
-trattandosi delle istanze di restituzione di terreni o di indennizzo in virtù della legge no 247/2005, più di 800 000 istanze sono stati registrate presso le autorità locali di cui sono state accolte favorevolmente con proposta di indennizzo circa 172 000;
– sull’’insieme dei beneficiari di “titoli di indennizzo”, 15 059 hanno esercitato la scelta di ricevere una parte della somma in contanti, per un importo totale di circa 2 miliardi di Ron (o circa 400 milioni di euro). 3 850 persone hanno percepito dei versamenti per un totale di circa 350 milioni di Ron (o circa 80 milioni di euro).
78. Create nel dicembre 2005, le azioni del fondio Proprietatea non sempre sono state quotate in borsa. Però, dal 2007, il fondo Proprietatea versò dei dividendi ai suoi azionisti e dal marzo 2008 la vendita delle azioni del fondo è autorizzata tramite transazioni dirette controllate dall’autorità di regolazione borsista. A titolo di esempio, 206 cessioni sono state registrate nel maggio 2010.
79. Secondo le informazioni pubblicate il 4 giugno 2010 dal fondo Proprietatea, il ministero delle Finanze è l’azionista maggioritario, col 56% delle azioni del fondo. Inoltre, 103 azionisti sono delle persone giuridiche detenenti, al totale, il 12% delle azioni del fondo e 3 622 azionisti individuali detenenti, al totale, il 31,4% delle azioni del fondo.
80. Secondo una stima avanzata dal Governo, l’importo necessario per pagare le indennità previste dalle leggi di indennizzo ammonta a 21 miliardi di euro.
D. I testi del Consiglio dell’Europa
81. Nella sua Risoluzione Res(2004)3 relativa alle sentenze che rivelano un problema strutturale sottostante, adottata il 12 maggio 2004, il Comitato dei Ministri ha indicato ciò che segue:
“Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio dell’Europa
Invita la Corte:
I. in ogni misura possibile, ad identificare nelle sentenze dove constata una violazione della Convenzione quello che, secondo lei, rivela un problema strutturale sottostante e la sorgente di questo problema, in particolare quando è suscettibile di dare adito a numerose richieste, in modo da aiutare gli Stati a trovare la soluzione appropriata ed il Comitato dei Ministri a sorvegliare l’esecuzione delle sentenze,;
II. a segnalare in particolare ogni sentenza che comprende delle indicazioni sull’esistenza di un problema strutturale e sulla sorgente di questo problema non solo allo stato riguardato ed al Comitato dei Ministri, ma anche all’assemblea parlamentare, al Segretario Generale del Consiglio dell’Europa ed al Commissario ai Diritti dell’uomo del Consiglio dell’Europa, ed a segnalare in modo adeguato queste sentenze nella banca dati della Corte. “
82. La Raccomandazione Rec(2004)6 del Comitato dei Ministri sul miglioramento dei ricorsi interni, adottata il 12 maggio 2004, si legge così:
“Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio dell’Europa
Raccomanda agli Stati membri, tenendo conto degli esempi delle pratiche domestiche che figurano qui accluse,:
I. di assicurarsi con un seguito consolidato, alla luce della giurisprudenza della Corte, che i ricorsi interni esistano per ogni persona che adduce in modo difendibile una violazione della Convenzione e che questi ricorsi siano effettivi, nella misura in cui permettono di arrivare ad una decisione sulla fondatezza del motivo di appello ed ad un rimedio adeguato di ogni violazione constatata;
II. di riesaminare, in seguito a sentenze della Corte che rivelano delle mancanze strutturali o generali nel diritto o nella pratica dello stato, l’effettività dei ricorsi interni esistenti e, all’occorrenza, mettere in opera dei ricorsi effettivi per evitare che le cause ripetitive vengano portate dinnanzi alla Corte;
III. di portare un’attenzione particolare, nella cornice dei punti I ed II sopra, all’esistenza di ricorsi effettivi in caso di affermazione difendibile di durata eccessiva dei procedimenti giurisdizionali “
83. La parte pertinente dell’allegato alla Raccomandazione Rec(2004)6 del Comitato dei Ministri è formulata così:
“(…) 13. Dopo che una sentenza della Corte che rivela delle mancanze strutturali o generali nel diritto o nella pratica dello stato (“sentenza pilota”) è stato resa e che numerose richieste che riguardano lo stesso problema (“cause ripetitive”) sono pendenti o suscettibili di essere introdotte dinnanzi alla Corte, lo stato convenuto dovrebbe assicurarsi che i potenziali richiedenti dispongano di un ricorso effettivo che permetta loro di rivolgersi ad un’autorità nazionale competente, ricorso che potrebbe essere utilizzato anche dalle attuali richiedenti. Tale ricorso veloce ed efficace permetterebbe loro di ottenere risarcimento già a livello interno, conformemente al principio di sussidiarietà del sistema della Convenzione.
14. Il collocamento in essere di tale ricorso interno potrebbe contribuire anche in modo significativo a ridurre il carico di lavoro della Corte. Sebbene l’esecuzione veloce della sentenza pilota resta essenziale per decidere il problema strutturale e prevenire così delle future richieste sulla stessa questione, può esistere una categoria di persone che sono state già lese da questo problema prima della risoluzione di questo ultimo. Per queste persone, l’esistenza di un ricorso teso a garantire un risarcimento a livello interno permetterebbe alla Corte di invitarli ad utilizzare il nuovo ricorso e, all’occorrenza, di dichiarare le loro richieste inammissibili.
15. Parecchie opzioni per giungere sono possibili secondo, entra altri, la natura del problema strutturale in questione e che la persona toccata da questo problema abbia introdotto già o non una richiesta dinnanzi alla Corte.
16. In particolare, in seguito ad una sentenza pilota che ha rilevato un problema strutturale specifico, potrebbe essere adottato per esempio un approccio ad hoc con cui lo stato riguardato esaminerebbe l’opportunità di mettere i essere un ricorso specifico o di ampliare un ricorso esistente tramite via legislativa o giurisprudenziale.
17. All’epoca di questo esame di caso per caso, gli Stati potrebbero prevedere, se ciò si rivela opportuno, la riapertura di procedimenti simili a quelli di una causa “pilota” che ha stabilito una violazione della Convenzione, per risparmiare alla Corte di dover trattare queste cause e di fornire, all’occorrenza, una correzione più veloce alla persona riguardata. A questo riguardo, i criteri enumerati nella Raccomandazione Rec(2000)2 del Comitato dei Ministri potrebbero servire da sorgente di ispirazione.
18. Quando tali ricorsi specifici sono stati messi in essere in seguito ad una sentenza pilota, i governi dovrebbero informare velocemente la Corte, affinché possa tenerne conto nel trattamento delle cause ripetitive.
19. Tuttavia, non sarà necessario o appropriato creare un nuovo ricorso per ogni causa nella quale una sentenza della Corte ha identificato un problema strutturale o di accordare loro un certo effetto retroattivo. In certi casi, può essere preferibile lasciare alla Corte la cura di esaminare queste cause, per evitare in particolare di imporre al richiedente un carico supplementare di dovere esaurire di nuovo dei ricorsi interni che, in più, potrebbero vedere il giorno solo dopo l’adozione di cambiamenti legislativi “
84. Il 2 marzo 2010, all’epoca della loro 1078 riunione, i Delegati dei Ministri che sorvegliano l’esecuzione delle sentenze della Corte, hanno ricordato a proposito delle cause Străin, Viaşu e più di un centinaio di altre cause rumene di questo tipo che le questioni che erano sollevate lì avevano fatto riferimento ad un importante problema sistemico legato in particolare alla mancanza di restituzione o poi ulteriormente di indennizzo di beni statalizzati rivenduti dallo stato a terzi. Hanno preso atto di un piano di azione presentato il 25 febbraio 2010 dalle autorità rumene, che hanno invitato a sottoporre un calendario previsionale per l’adozione delle misure previste.
E. Diritto comparato in materia di restituzione o di indennizzo per i beni nazionalizzati prima del 1989 in Europa centrale ed orientale
85. Negli anni che seguirono la Seconda Guerra mondiale, i regimi comunisti di numerosi paesi dell’Europa centrale ed orientale nazionalizzarono ed espropriarono massicciamente gli immobili così come le imprese industriali, bancarie, commerciali e, eccetto la Polonia, agricole.
86. All’inizio degli anni 1990, delle misure di restituzione furono adottate in molti di questi paesi la cui situazioni politica e giuridica erano differenti. Le modalità e la superficie delle restituzioni differivano e si è osservato una grande diversità nelle forme di indennizzo definite dagli Stati.
87. Certi Stati non hanno adottato misure legislative concernenti la restituzione o l’indennizzo dei beni statalizzati o confiscati (Azerbaigian, Bosnia-Erzegovina e Georgia).
88. La legislazione polacca non contempla la restituzione o l’indennizzo generale dei beni confiscati o statalizzati. La sola eccezione riguarda la regione del Boug e si limita a contemplare un diritto ad indennizzo. Questo diritto può concretarsi, a scelta del creditore: tramite deduzione del valore indicizzato dei beni abbandonati dal prezzo dei beni pubblici acquisiti mediante un procedimento di appello di offerte, o tramite versamento di un’indennità pecuniaria proveniente dafondi di indennizzo. L’importo dell’indennizzo che può essere versato al creditore è plafonato dalla legge al 20% del valore reale dei beni persi nella regione del Boug.
89. La legislazione ungherese sul compenso parziale dei danni causati dallo stato ai beni dei cittadini contempla un indennizzo sotto forma di una somma di denaro o di buoni di compenso. La legge definisce anche un massimale.
90. La maggioranza dei paesi riguardati limita il diritto alla restituzione o all’ indennizzo a certe categorie di beni o di persone. Certi Stati fissano nella loro legislazione dei termini, talvolta molto brevi, per introdurre istanze.
91. Certi paesi (Albania, Bulgaria, ex-repubblica iugoslava di Macedonia e Lituania) prevedono diverse forme di restituzione e/o di indennizzo dalle leggi dette “di restituzione.” Altri hanno incluso la questione della restituzione dei beni nelle leggi di riabilitazione (Germania, Moldova, Repubblica ceca, Russia, Slovacchia ed Ucraina). La questione è trattata infine, anche nelle leggi sulla proprietà (Germania, Bulgaria, Estonia, Repubblica ceca e Slovenia).
92. In ogni caso, la restituzione non è un diritto assoluto e può essere sottoposto a numerose condizioni o limitazioni. Ne va parimenti per il diritto ad un indennizzo.
1. Le condizioni ratione personae
93. La restituzione dei beni confiscati o statalizzati o un indennizzo possono riguardare sia i vecchi proprietari sia i loro successori (eredi legali in Albania). Certe legislazioni, come quelle dell’Estonia, della Lituania, della Moldova, della Repubblica ceca, della Slovacchia e della Slovenia, esigono dai richiedenti la qualità di cittadino al momento della confisca o dell’istanza di restituzione, e talvolta anche di entrambi. In più, il diritto della Slovacchia e dell’Estonia poneva come condizione che il richiedente avesse avuto la sua residenza permanente nel paese riguardato al momento dell’entrata della legge in vigore e dell’istanza di restituzione o di indennizzo. Per i sistemi che contemplano il procedimento di riabilitazione, uniche le persone riabilitate conformemente alla legge possono esigere la restituzione dei loro beni. È il caso in Germania, Moldova, Repubblica ceca, Russia, Slovacchia ed Ucraina, paesi dove il diritto alla restituzione o ad un indennizzo deriva, interamente o parzialmente, della riabilitazione delle vittime della repressione politica.
2. Le categorie di beni esclusi della restituzione
94. Certe legislazioni escludono parecchie categorie di beni della restituzione o dall’indennizzo.
95. In certi Stati sono esclusi le terre e gli edifici il cui carattere è stato alterato (Germania), in altri i beni che hanno perso il loro carattere di origine (Estonia) o ancora i beni che sono spariti o che sono stati distrutti, così come i beni che sono stati privatizzati (Moldova, Russia ed Ucraina).
96. Peraltro, in Estonia, gli oggetti militari, i beni culturali o sociali o gli oggetti sotto la protezione dello stato, così come gli edifici amministrativi delle autorità statali o locali non possono essere restituiti. Secondo la legislazione del Moldova, le terre, le foreste, gli allestimenti pluri-annuali o i beni che sono stati confiscati per ragioni senza nessuna relazione con la repressione politica sono anche esclusi della restituzione.
97. In Russia ed in Ucraina i beni che sono stati nazionalizzati conformemente alla legislazione in vigore all’epoca sono esclusi della restituzione o dall’indennizzo.
98. In Lituania, la restituzione è unicamente possibile per gli immobili abitativi. In Serbia, la legge contempla solamente la restituzione parziale delle terre agricole. Infine, in Repubblica ceca ed in Bulgaria le leggi di restituzione specificano i beni che ne dipendono.
3. Le limitazioni temporali
99. Certe legislazioni impongono delle limitazioni temporali all’introduzione di un’istanza di restituzione o di indennizzo. È il caso dell’Albania e dell’Estonia, dove i vecchi proprietari hanno beneficiato di meno di un anno per depositare la loro domanda, dell’ex-repubblica iugoslava di Macedonia, della Repubblica ceca e della Slovacchia, un anno a contare dalla data di entrata in vigore della legge riguardante riabilitazione.
100. Altre legislazioni limitano la restituzione o l’indennizzo ai beni statalizzati o confiscati durante un certo periodo. A titolo di esempio, la legislazione tedesca limita l’indennizzo ai beni nazionalizzati dopo il 1949, ma contempla un’indennità per i beni nazionalizzati tra il 1945 e 1949 nella zona di occupazione sovietica.
4. Le forme di compenso e le loro limitazioni
101. Parecchi paesi hanno scelto un indennizzo sotto forma di un bene equivalente, della stessa natura del bene statalizzato o confiscato (Albania, Germania, Bulgaria, ex-repubblica iugoslava di Macedonia e Montenegro).
102. Quando lo scambio è impossibile, le legislazioni contemplano la facoltà di restituire un bene di un’altra natura, una somma di denaro, dei buoni di compenso (Bulgaria ed Ungheria, dei titoli o degli obblighi di stato, ex-repubblica iugoslava del Macedonia, Slovenia) o delle quote sociali in un’impresa pubblica, Albania e Bulgaria.
103. Il calcolo dell’importo dell’indennità versata si basa principalmente sul valore commerciale del bene al momento della decisione di restituzione o di indennizzo (Albania, Lituania, Moldova, Montenegro, Polonia e Serbia) o al momento della confisca (ex-repubblica iugoslava del Macedonia) o ancora come fissato da una legge.
104. Certi paesi aggiungono altre considerazioni a quella del prezzo del mercato. Se il risarcimento consiste in quote sociali, l’importo è uguale al valore del bene al momento della decisione, o al valore del bene pubblico privatizzato (Albania).
105. Altri fattori possono intervenire anche nella determinazione dell’importo dell’indennità. Per esempio, si tiene conto del valore del bene prima l’espropriazione che sarà moltiplicato da un coefficiente previsto dalla legge in Germania.
106. Certe legislazioni fissano dei massimali per l’indennità (Germania, Russia, Ucraina) o dei versamenti scaglionati (Moldova).
5. Le autorità competenti per decidere della restituzione o dell’indennizzo
107. Le autorità incaricate di deliberare sulla restituzione o l’indennizzo possono essere sia natura giudiziario sia di natura amministrativa. Tra le più frequenti figurano delle commissioni speciali di restituzione e di indennizzo (Albania, Bulgaria, Moldova, Montenegro), degli organi amministrativi (Lituania), i ministeri delle Finanze o della Giustizia, ed anche dei tribunali (Repubblica ceca). In tutti gli Stati, le decisioni degli organi amministrativi possono essere contestate dinnanzi ai tribunali amministrativi o civili.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
108. La Corte considera da prima che, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, c’è luogo, in applicazione dell’articolo 42 § 1 del suo ordinamento, di unire le richieste registrate sotto i numeri 30767/05 e 33800/06, presentando i fatti all’origine delle due cause dei punti comuni. La cornice legislativa e le pratiche amministrative essendo simili, la Corte stima che la congiunzione delle due richieste permette di analizzarle meglio.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
109. Le due prime richiedenti, OMISSIS, adducono che il rigetto della loro azione di rivendicazione dell’appartamento no 1 e di annullamento del contratto di vendita di questo ha infranto il loro diritto di accesso ad un tribunale. La terza richiedente, OMISSIS, sostiene che la durata del procedimento di restituzione è stata eccessiva. Invocano tutti tre l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
110. La Corte nota al primo colpo che il motivo di appello principale di OMISSIS riguarda la mancanza di efficacia del meccanismo di indennizzo che avrebbe contribuito per di più ad allungare il procedimento di indennizzo. Essendo sottostante la questione della durata del procedimento a quella dell’efficacia del meccanismo di indennizzo, la Corte si dedicherà su questo motivo di appello sotto l’angolo del diritto al rispetto dei beni (paragrafi 150-194 sotto).
A. Sull’ammissibilità
111. La Corte constata che il motivo di appello derivato da OMISSIS dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e concernente il presunto difetto di accesso ad un tribunale non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) Le richiedenti
112. Le OMISSIS considerano che negando di esaminare la loro azione in rivendicazione dell’appartamento controverso al motivo che dovevano seguire a priori il procedimento amministrativo previsto a questo effetto dalla legge no 10/2001, le giurisdizioni interne hanno ignorato il loro diritto di accesso ad un tribunale. Aggiungono che per ottenere la restituzione dell’appartamento, si sono avvalse di tutte le vie di ricorsi offerti col diritto interno, a sapere l’azione in rivendicazione ed i procedimenti amministrativi instaurati dalle leggi i nostri 112/1995 e 10/2001, senza ottenere mai di decisione sul fondo.
b) Il Governo
113. Il Governo sostiene che il rigetto dell’azione di OMISSIS non ha recato offesa al diritto di accesso delle interessate ad un tribunale, ma che è stato motivato dalla preoccupazione delle giurisdizioni interne di preservare la coerenza dei procedimenti di restituzione instaurata dalla legge no 10/2001. Stima che, le richiedenti potevano godere comunque, pienamente del diritto di accesso ad un tribunale nella cornice delle vie di ricorso messe a loro disposizione dalla legge no 10/2001.
2. Valutazione della Corte
114. La Corte ricorda che l’articolo 6 § 1 garantisce ad ogni persona il diritto affinché un tribunale conosca ogni contestazione relativa ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile. Consacra così il “diritto ad un tribunale” il cui diritto di accesso, ossia il diritto di investire il tribunale in materia civile, costituisce solamente un aspetto.
115. Il diritto di accesso ai tribunali, riconosciuto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, non è assoluto: suscita delle limitazioni implicitamente ammesse perché comanda anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato. Gli Stati contraenti godono in materia di un certo margine di valutazione. Appartiene tuttavia alla Corte deliberare in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione; deve convincersi che le limitazioni messe in opera non restringono l’accesso offerto all’individuo in un modo o ad un punto tale che il diritto se ne trovi danneggiato nella sua sostanza stessa. Inoltre, simile limitazione si concilia con l’articolo 6 § 1 solo se mira ad uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
116. A questo riguardo, c’è luogo di ricordare che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi. L’osservazione vale in particolare per il diritto di accesso ai tribunali, visto il posto eminente che il diritto ad un processo equo occupa in una società democratica (Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, §§ 43-45, CEDH 2001-VIII).
117. Per ciò che riguarda OMISSIS, la Corte constata che hanno esercitato un ricorso fondato sulle disposizioni della legge no 10/2001, ma che la sentenza definitiva del 18 aprile 2005 condannando il municipio a rispondere non è mai stata eseguita loro, mentre la loro istanza risaliva a 2001. Quindi, la Corte non può accettare l’argomento del Governo che consiste nel dire che le richiedenti hanno potuto beneficiare pienamente del diritto di accesso ad un tribunale nella cornice delle vie di ricorso previste dalle leggi speciali di risarcimento.
118. Trattandosi dell’azione di rivendicazione fondata sulle disposizioni civili di diritto comune, la Corte stima che il suo rigetto motivato dalla necessità di garantire l’applicazione coerente delle leggi di risarcimento non rivela di per sé un problema sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, purché il procedimento previsto dalla legge no 10/2001 appaia come una via legale effettiva (Faimblat, precitats, § 33).
119. Ora risulta dslla pratica nazionale che all’epoca dei fatti le autorità competenti mancavano in modo ricorrente all’obbligo che era fatto loro di rispondere alle istanze di restituzione o di indennizzo nel termine legale dei sessanta giorni. Il problema sistemico che ha ostacolato il funzionamento del procedimento istituito dalla legge no 10/2001 ha messo le persone interessate nell’impossibilità di sottoporre le decisioni amministrative al controllo giurisdizionale previsto dalla legge.
120. In quanto alla possibilità di sanzionare il ritardo delle autorità amministrative nell’esame delle istanze, la Corte nota che, con una sentenza del 19 marzo 2007, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha deciso che in mancanza di risposta da parte delle autorità amministrative nel termine legale, le giurisdizioni erano abilitate a deliberare al loro posto sul merito delle istanze ed ad ordinare, all’occorrenza, la restituzione dei beni. Questo ricorso è diventato effettivo il 12 novembre 2007, in data della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (Faimblat, precitata, § 42).
121. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte conclude che prima che il ricorso introdotto dalla sentenza del 19 marzo 2007 dell’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia diventasse effettivo, OMISSIS si sono trovate nell’impossibilità di richiedere dinnanzi ai tribunali interni la restituzione dell’appartamento controverso.
122. La Corte ammette che, nel contesto complesso e socialmente sensibile si accompagnano delle pesanti conseguenze economiche che rappresentavano la transizione della Romania ad un regime democratico ed il risarcimento delle ingiustizie del passato, il collocamento in essere della cornice legislativa abbia potuto incontrare delle difficoltà ed abbia potuto accusare dei ritardi (vedere, mutatis mutandis, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 162, CEDH 2004-V).
123. Però, la mancanza di risposta delle autorità amministrative alle istanze di restituzione introdotte in virtù delle leggi numeri 112/1995 e 10/2001 al quale si aggiunge la mancanza durante il suddetto periodo di una via di ricorso, ha fatto subire a OMISSIS un carico sproporzionato, recando così offesa alla sostanza stessa del loro diritto di accesso ad un tribunale.
124. Ne segue che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a riguardo di OMISSIS.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
125. Le richiedenti stimano che l’impossibilità nella quale si trovano di ottenere la restituzione dei loro beni immobili statalizzati o di essere indennizzate costituisce un attentato al diritto al rispetto dei beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 in questi termini:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’eccezione preliminare tratta dall’incompatibilità ratione materiae con le disposizioni della Convenzione del motivo di appello sollevato da OMISSIS
1. Argomenti delle parti
a) Il Governo
126. Il Governo sostiene che OMISSIS non hanno un “bene”, ai sensi definito dalla giurisprudenza della Corte.
127. Trattandosi del diritto ad ottenere la restituzione degli immobili statalizzati o di essere indennizzate in virtù della legislazione interna, il Governo sottolinea che le leggi di risarcimento non hanno ristabilito automaticamente il diritto di proprietà dei vecchi proprietari sugli immobili statalizzati.
128. Sostiene che né la constatazione dell’illegalità della statalizzazione di un immobile né il deposito di un’istanza di restituzione o di indennizzo sono sufficienti per fare concludere all’esistenza di un credito che richiama la protezione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo titolo, espone che il diritto ad essere indennizzato è subordinato al rispetto delle esigenze procedurali e patrimoniali enunciate dalle leggi di risarcimento e, in particolare, dalla legge no 10/2001.
129. Ora, secondo il Governo, l’esame della conformità delle istanze con le suddette esigenze è l’attributo esclusivo delle autorità competenti amministrative e giurisdizionali. Più particolarmente, il Governo considera che la riconoscenza di un credito irrevocabile e sufficientemente stabilito in diritto interno interviene solamente alla conclusione del controllo di legalità esercitato dal prefetto sulle decisioni delle autorità locali che hanno esaminato in prima giurisdizione le istanze di risarcimento introdotte in virtù della legge no 10/2001.
130. Esponendo che mai le autorità amministrative o i tribunali interni hanno riconosciuto a OMISSIS un diritto alla restituzione dell’appartamento controverso o ad un indennizzo, il Governo conclude che le richiedenti non erano titolari né di un bene né di un credito nei confronti dello stato in virtù della quale avrebbero potuto pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un bene.
b) Le richiedenti
131. OMISSIS combattono la tesi del Governo.
132. Considerano che, nelle circostanze specifiche della legislazione rumena concernente la restituzione degli immobili statalizzati, l’esistenza di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, deriva dalla riunione di tre elementi: l’entrata in vigore della legge no 10/2001, la volontà della persona interessata di beneficiarne, espressa dal deposito di un’istanza amministrativa, e la mancanza di risposta dell’autorità amministrativa nel termine legale.
133. In quanto alla loro situazione particolare, OMISSIS ricordano che numerose decisioni definitive hanno concluso all’illegalità della statalizzazione dell’insieme dell’immobile e hanno ordinato la restituzione degli altri appartamenti. Quindi, stimano che la constatazione dell’illegalità della statalizzazione vale anche per l’appartamento no 1. Sostengono che ora dispongono di un bene reale o, perlomeno, di una “speranza legittima” di ottenere la sua restituzione o un risarcimento.
2. Valutazione della Corte
a) Principi che derivano dalla giurisprudenza della Corte
134. La Corte ricorda che un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire tanto i “beni reali” che i valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali un richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, (dec.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
135. La Corte ricorda anche che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non può essere interpretato come facente pesare sugli Stati contraenti un obbligo generale di restituire i beni che sono stati trasferiti loro prima di aver ratificato la Convenzione (Jantner c. Slovacchia, no 39050/97, § 34, 4 marzo 2003).
136. In compenso, quando un Stato contraente, dopo avere ratificato la Convenzione, ivi compreso il Protocollo no 1, adotta una legislazione che contempla la restituzione totale o parziale di beni confiscati in virtù di un regime anteriore, simile legislazione può essere considerata come generante un nuovo diritto di proprietà protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 a capo delle persone che soddisfanno le condizioni di restituzione (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX).
137. Se l’interesse patrimoniale riguardato è dell’ordine del credito, può essere considerato come un “valore patrimoniale” sol quando ha una base sufficiente in diritto interno, per esempio quando è confermato da una giurisprudenza ben consolidata dei tribunali (Kopecký, precitata, § 52).
b) Applicazione dei suddetti principi
138. La Corte constata che le parti hanno dei punti di vista divergenti in quanto all’interpretazione delle disposizioni delle leggi di risarcimento e in particolare in quanto al momento a partire dal quale la persona che si è avvalsa di queste leggi diventa titolare di un diritto alla restituzione del bene o ad un indennizzo.
139. La Corte non stima necessario decidere questa controversia che dipende dalla teoria e dalla pratica interna.
140. Difatti, le basta constatare, alla vista della portata autonoma della nozione di “beni” e dei criteri considerati nella giurisprudenza della Corte, che l’esistenza di un “bene reale” nel patrimonio di una persona non crea nessun dubbio se, con un giudizio definitivo ed esecutivo, le giurisdizioni hanno riconosciuto a questa la qualità di proprietario e se, nel dispositivo del giudizio, hanno ordinato espressamente la restituzione del bene. In questo contesto, il rifiuto dell’

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Violation de P1-1 ; Etat défendeur tenu de prendre des mesures générales ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE MARIA A. ET AUTRES c. ROUMANIE
(Requêtes nos 30767/05 et 33800/06)
ARRÊT
STRASBOURG
12 octobre 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

Dans l’affaire Maria A. et autres c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil les 8 juin et 21 septembre 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouvent deux requêtes (nos 30767/05 et 33800/06) dirigées contre la Roumanie et dont trois ressortissantes de cet Etat (« les requérantes »), OMISSIS (requête no 30767/05) et OMISSIS (requête no 33800/06), ont saisi la Cour respectivement le 11 août 2005 (requête no 30767/05) et le 4 août 2006 (requête no 33800/06) en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. OMISSIS sont représentées par Mes C.-L. P. et C.-R. P., avocats à Bucarest. Mme Solon est représentée par Mes R.-A. N.-G. et M. N.-G., avocates à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Les requêtes ont été communiquées au Gouvernement le 26 mai 2006 (requête no 30767/05) et le 27 novembre 2008 (requête no 33800/06). Tant les requérantes que le Gouvernement ont déposé des observations écrites (article 59 § 1 du règlement). Les parties ont chacune soumis des commentaires écrits sur les observations de l’autre. Des observations ont également été reçues de l’Asociaţia pentru Proprietatea Privată et de l’association ResRo Interessenvertretung Restitution in Rumänien, que le président avait autorisées à intervenir dans la procédure écrite (articles 36 § 2 de la Convention et 44 § 3 du règlement).
4. Une audience s’est déroulée en public au Palais des droits de l’homme, à Strasbourg, le 8 juin 2010 (article 59 § 3 du règlement).
Ont comparu :
– pour le Gouvernement
M. R.-H. Radu, agent,
Mmes I. Cambrea,
A.-M. Valica,
M. D. Dumitrache, conseillers ;
– pour les requérantes
Mes C.-L. P.,
C.-R. P.,
R-A. N.-G.,
M. N.-G., conseils.
5. La Cour a entendu en leurs déclarations Mes C.-L. P., R.-A. N.-G., M. N.-G. pour les requérantes et M. R.-H. Radu pour le Gouvernement. La requérante OMISSIS était également présente à l’audience.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’AFFAIRE
6. Les deux premières requérantes, Mmes OMISSIS , sont nées respectivement en 1912 et 1937 et résident à Bucarest. La troisième requérante, Mme OMISSIS, est née en 1935 et réside à Bucarest.
A. Le contexte général
7. Après l’instauration du régime communiste en Roumanie en 1947, l’Etat procéda à des nationalisations à grande échelle d’immeubles et de terrains agricoles.
8. L’un des décrets de nationalisation appliqués en matière d’immeubles fut le décret no 92/1950, en vertu duquel les immeubles qui appartenaient à d’anciens industriels, grands propriétaires terriens, banquiers et grands commerçants furent nationalisés. Bien que ce décret ne concernât pas les immeubles des ouvriers, des fonctionnaires, des intellectuels et des retraités, de nombreux immeubles appartenant à ces catégories sociales furent également nationalisés. Entre 1949 et 1962, la quasi-totalité des terrains agricoles furent transférés dans le patrimoine des coopératives agricoles.
9. Après la chute du régime communiste, l’Etat adopta une série de lois dans le but de réparer les atteintes aux droits de propriété causées par ce régime.
10. Les lois nos 112/1995 et 10/2001 consacrèrent le principe de la restitution des immeubles nationalisés et de l’indemnisation dans les cas où la restitution n’était plus possible. La loi no 112/1995 instaura le plafonnement de l’indemnisation, mais la loi no 10/2001 le supprima.
11. S’agissant des terrains agricoles, les lois nos 18/1991, 169/1997 et 1/2000 augmentèrent successivement la surface des terrains susceptibles d’être restitués. Cette dernière loi ouvrit droit à une indemnisation pour les terrains dont la restitution n’était plus possible.
12. La loi no 247/2005 unifia les procédures administratives pour la restitution des biens visés par les lois susmentionnées.
13. Selon un décompte partiel établi par le Gouvernement, plus de deux millions de demandes présentées en vertu des lois de réparation ont été enregistrées, le montant estimé pour financer les indemnités prévues par ces lois s’élevant à 21 milliards d’euros.
B. Circonstances propres aux présentes requêtes
1. Faits concernant la requête no 30767/05 introduite par Mmes OMISSIS
14. En 1950, en vertu du décret no 92, l’Etat nationalisa plusieurs immeubles appartenant à M. A., l’époux de la première requérante et le père de la seconde. Parmi ces immeubles en figurait un sis au no 189 de la rue Calea Dorobanţilor à Bucarest.
a) Démarches en vue d’obtenir la restitution de l’immeuble sis rue Calea Dorobanţilor
15. Le 15 mai 1996, s’appuyant sur les dispositions de la loi no 112/1995, M. A. demanda à la commission locale chargée de l’application de cette loi la restitution de l’immeuble. La demande resta sans réponse. Le 25 octobre 1996, M. A. décéda et les requérantes furent reconnues ses seules héritières.
16. Par des contrats conclus en vertu de la loi no 112/1995, l’entreprise gérante de l’immeuble vendit aux locataires les neuf appartements situés dans l’immeuble.
17. Par une action introduite le 15 novembre 1999, les requérantes réclamèrent devant les juridictions internes la restitution de l’immeuble. Elles invoquaient les dispositions de droit commun concernant le respect du droit de propriété et alléguaient que la nationalisation avait été illégale à l’égard de M. A.. Ultérieurement, se fondant sur une lettre de la mairie de Bucarest qui affirmait que trois appartements n’avaient pas été vendus, les requérantes limitèrent leur demande à cette partie de l’immeuble.
18. Par un jugement du 24 mars 2000, le tribunal de première instance de Bucarest accueillit l’action et ordonna la restitution de la partie susmentionnée de l’immeuble. Il estimait que l’immeuble avait été nationalisé illégalement dès lors que M. A. ne faisait pas partie des catégories sociales visées par le décret de nationalisation et que, par conséquent, l’Etat ne pouvait pas se prévaloir d’un titre de propriété valable. Sur appel puis pourvoi (recurs) de la mairie, ce jugement fut confirmé et devint définitif.
19. Par des actions en justice séparées, les requérantes réclamèrent la restitution des autres appartements. Au total, elles obtinrent cinq décisions définitives, à savoir les arrêts de la cour d’appel de Bucarest des 1er juin 2001, 19 mai 2004, 1er mai 2005, 5 mai 2005 et 30 octobre 2007, enjoignant aux acheteurs et aux autorités locales de leur restituer sept appartements. Pour un autre appartement, elles bénéficient d’une décision, encore susceptible d’appel, rendue le 30 novembre 2009 par le tribunal départemental de Bucarest, qui condamna les autorités locales à leur verser une indemnité. Le dernier appartement de l’immeuble fait l’objet de la présente requête. Chacune des décisions susmentionnées était fondée sur le constat d’illégalité de la nationalisation de l’immeuble.
b) Démarches effectuées en vertu du droit commun et visant à la restitution de l’appartement no 1
20. Le 6 avril 2001, les requérantes saisirent le tribunal départemental de Bucarest d’une action en revendication de l’appartement no 1 dirigée contre la ville de Bucarest, l’entreprise gérante de l’immeuble et les époux G., qui avaient acheté l’appartement. Elles demandèrent également l’annulation du contrat de vente conclu le 19 décembre 1996.
21. Par un jugement du 4 juin 2002, le tribunal fit droit à l’action, constata la nullité de la vente et condamna les parties défenderesses à restituer l’appartement aux requérantes. Il jugea que la nationalisation de l’immeuble avait été illégale et que le contrat de vente n’était pas valable.
22. Par un arrêt du 14 novembre 2002, la cour d’appel de Bucarest accueillit les appels interjetés par la ville et les époux G. Elle rejeta ainsi l’action des requérantes, estimant que la nationalisation avait été légale et que le contrat de vente était valable dans la mesure où il avait respecté les conditions imposées par la loi no 112/1995. Les requérantes formèrent un pourvoi.
23. Par un arrêt définitif du 11 mars 2005, la Haute Cour de cassation et de justice retint le pourvoi pour examen, mais rejeta les arguments des requérantes et déclara leur action irrecevable. Elle considérait que les requérantes avaient introduit leur action après la date d’entrée en vigueur de la loi no 10/2001 (paragraphes 25-27 ci-dessous) et que depuis cette date elles ne pouvaient demander la restitution de l’appartement litigieux que dans les conditions et selon la procédure imposées par la loi no 10/2001.
24. S’agissant de la demande d’annulation du contrat de vente, la Haute Cour confirma la motivation de la cour d’appel, mais jugea qu’en raison du rejet du grief principal concernant la restitution de l’appartement la demande était également irrecevable.
c) Démarches effectuées en vertu de la loi no 10/2001 et visant à la restitution de l’appartement no 1
25. Le 9 août 2001, invoquant les dispositions de la loi no 10/2001, les requérantes demandèrent à la mairie de Bucarest la restitution de l’ensemble de l’immeuble sis rue Calea Dorobanţilor.
26. En l’absence de réponse dans le délai légal de soixante jours, elles introduisirent, le 26 juillet 2002, une action contre la mairie. Par un arrêt du 10 novembre 2003, la cour d’appel de Bucarest accueillit l’action et condamna la mairie à rendre une décision sur la demande des requérantes. Sur pourvoi introduit par la mairie, la Haute Cour de cassation et de justice écarta l’argument de celle-ci selon lequel le retard était dû à l’attitude des requérantes, qui avaient omis de compléter leur dossier. Par un arrêt définitif du 18 avril 2005, elle confirma la condamnation de la mairie et jugea qu’aucune faute de nature à justifier ce retard ne pouvait être retenue contre les requérantes.
27. Dans une lettre du 23 mars 2010 adressée à l’agent du gouvernement roumain, la mairie indiqua que l’examen de la demande était suspendu dans l’attente des pièces manquantes.
2. Faits concernant la requête no 33800/06 introduite par Mme OMISSIS
28. En 1950, un terrain appartenant aux parents de la requérante et situé à Craiova fut nationalisé. Postérieurement, une partie du terrain fut aménagée en jardin botanique et affectée à l’Université de Craiova, établissement public d’enseignement supérieur.
29. Le 28 juin 2001, se fondant sur la loi no 10/2001, la requérante demanda à l’Université de Craiova à être indemnisée au titre du terrain nationalisé. Elle indiquait que le jardin botanique de l’Université couvrait 1 950 m² de la superficie totale de 2 140 m² du terrain en question.
30. Par une décision no 600/A/2001 du 10 juillet 2001, l’Université de Craiova rejeta la demande de la requérante au motif que son budget ne disposait pas de crédits pouvant être affectés à ce type de dédommagement. Elle fit suivre la demande de la requérante à la préfecture du département de Dolj.
a) L’action en justice entamée par la requérante
31. Le 18 juillet 2001, la requérante assigna l’Université de Craiova en justice et demanda à être indemnisée pour le terrain de 2 140 m², qu’elle évaluait à 70 dollars américains (USD) par mètre carré.
32. Sur demande de l’Université, le tribunal départemental de Dolj ordonna, par un jugement avant dire droit du 5 décembre 2002, que l’Etat, représenté par le ministère des Finances, fût lui aussi appelé dans la procédure en tant que partie défenderesse.
33. Par un jugement du 13 février 2003, le tribunal départemental débouta la requérante de ses prétentions, prématurées selon lui, au motif que l’intéressée aurait dû attendre que la préfecture statuât sur sa demande d’indemnisation. Il estima toutefois que la requérante avait fait la preuve du droit de propriété de ses parents ainsi que la preuve de la nationalisation abusive.
34. La requérante interjeta appel contre ce jugement.
35. Le 21 novembre 2003, la cour d’appel de Craiova fit droit à l’appel de la requérante, infirma le jugement rendu en première instance et annula la décision no 600/A/2001. Elle se fondait sur une lettre du 13 novembre 2003 adressée par l’Université de Craiova à la préfecture du département de Dolj, par laquelle la première indiquait être d’accord pour l’octroi d’une indemnisation à la requérante. Dans le dispositif de sa décision, elle évalua le dédommagement dû à la requérante à 70 USD par mètre carré, conformément à la convention conclue par les parties durant la procédure. Elle mentionna également dans les considérants de sa décision que la requérante devrait bénéficier de cette réparation une fois adoptée la loi spéciale devant régir les modalités, les montants et la procédure d’indemnisation.
36. Tant la requérante que l’Université de Craiova et le ministère des Finances formèrent des pourvois contre cette décision au motif qu’aucune convention n’avait été conclue entre les parties. La requérante alléguait également que la décision attaquée n’indiquait pas laquelle des deux parties défenderesses – l’Université ou l’Etat roumain – était débitrice de l’obligation de paiement.
37. Par un arrêt définitif du 30 mars 2006, la Haute Cour de cassation et de justice rejeta les pourvois et confirma la décision de la cour d’appel de Craiova du 21 novembre 2003. Elle considéra qu’en vertu de l’article 24 de la loi no 10/2001, l’Université, qui utilisait le terrain revendiqué par la requérante, avait l’obligation, dans le cas où la restitution du terrain ne pourrait être effectuée, de présenter une offre d’indemnisation correspondant à la valeur de l’immeuble et de communiquer sa décision à la préfecture du département de Dolj.
38. La Haute Cour observa ensuite que, pendant la procédure, l’Université de Craiova avait soumis la lettre du 13 novembre 2003 par laquelle elle avait informé la préfecture du département de Dolj qu’elle consentait à l’octroi d’une indemnisation à la requérante à hauteur du montant sollicité par cette dernière. Elle estima que, par son contenu, cette communication représentait une offre faite conformément aux articles 24 et 36 de la loi no 10/2001, offre que d’ailleurs la requérante avait acceptée. Selon la Haute Cour, pareille offre de la part de l’Université valait acquiescement de la partie défenderesse aux prétentions de la requérante. Dès lors, la cour d’appel s’était bornée à constater le fait que l’Université avait, au cours de la procédure, pris des mesures afin de respecter ses obligations découlant de la loi.
39. La Haute Cour précisa également qu’aucune obligation concrète n’avait été établie, à la charge de l’Etat roumain, partie à la procédure, l’octroi effectif d’une réparation du montant établi devant se faire selon la procédure spéciale régie par la loi no 247/2005.
b) Les suites administratives de la procédure judiciaire
40. Par une décision du 27 janvier 2006, l’Université de Craiova proposa à la préfecture de Dolj d’octroyer à la requérante, pour le terrain de 2 140 m², l’indemnisation fixée par la décision du 21 novembre 2003 de la cour d’appel de Craiova. La décision était fondée sur la loi no 10/2001.
41. L’Autorité nationale pour la restitution des propriétés (« l’ANRP ») l’ayant invitée, par une lettre du 24 décembre 2008, à prendre une décision fondée sur la loi no 247/2005, l’Université de Craiova proposa, le 24 mars 2009, à la préfecture de Dolj d’octroyer à la requérante l’indemnité en question. Elle précisa que le dossier allait être transmis à la Commission centrale d’indemnisation (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, « la Commission centrale »).
42. La Commission centrale n’a pas informé la requérante des suites de cette décision. A ce jour, aucune indemnité n’a été versée à l’intéressée.
43. A l’audience du 8 juin 2010, le Gouvernement a indiqué que la demande de la requérante allait être traitée en priorité.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE PERTINENTS
A. Aperçu des principales dispositions législatives concernant la restitution des biens nationalisés avant 1989 ou, à défaut, l’indemnisation y relative
44. Les principales dispositions législatives en la matière ont été décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, §§ 34-35, CEDH 1999-VII ; Străin et autres c. Roumanie, no 57001/00, § 19, CEDH 2005-VII ; Păduraru c. Roumanie, no 63252/00, §§ 23-53, CEDH 2005-XII (extraits) ; Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, §§ 30-49, 9 décembre 2008 ; Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 16-17, 13 janvier 2009 ; Katz c. Roumanie, no 29739/03, § 11, 20 janvier 2009 ; Tudor Tudor c. Roumanie, no 21911/03, § 21, 24 mars 2009, et Matieş c. Roumanie, no 13202/03, §§ 13-17, 8 juin 2010. Elles peuvent être résumées comme suit.
1. Cadre général
45. La loi no 18 du 19 février 1991 sur le fonds foncier reconnut aux anciens propriétaires et à leurs héritiers le droit à la restitution partielle des terrains agricoles. La modification la plus importante de cette loi fut introduite par la loi no 1 du 11 janvier 2000 qui porta le droit à restitution à 50 hectares par personne pour les terres arables et à 100 hectares par personne pour les pâtures. A défaut de restitution, les bénéficiaires avaient droit à une indemnisation.
46. S’agissant des immeubles nationalisés, en l’absence de législation spéciale définissant le régime juridique de ces biens, les tribunaux s’estimèrent dans un premier temps compétents pour examiner la question de la légalité des actes de nationalisation et pour ordonner, en cas de constat d’illégalité, la restitution des biens en question.
47. L’entrée en vigueur de la loi no 112 du 25 novembre 1995 précisant la situation juridique de certains biens immeubles à usage d’habitation autorisa la vente de ces immeubles aux locataires. Leur restitution aux anciens propriétaires ou à leurs héritiers n’était possible que s’ils y habitaient en tant que locataires ou si les logements étaient libres. A défaut de restitution, les anciens propriétaires pouvaient demander une indemnisation qui était plafonnée.
48. Quant aux immeubles et aux terrains ayant appartenu aux organisations des minorités nationales et aux institutions confessionnelles, les ordonnances d’urgence du gouvernement nos 83 du 8 juin 1999 et 94 du 29 juin 2000 prévoyaient leur restitution ou, à défaut, l’octroi d’une réparation.
49. La loi no 10 du 8 février 2001 sur le régime juridique des immeubles pris abusivement par l’Etat consacra le principe de la restitution des immeubles concernés. Dans le cas où la restitution n’était plus possible, les anciens propriétaires ou leurs héritiers pouvaient réclamer une réparation non plafonnée.
50. La loi no 1 du 30 janvier 2009 dispose que les immeubles vendus en vertu de la loi no 112/1995 ne peuvent plus faire l’objet d’une restitution, mais uniquement d’autres mesures de réparation. Le choix entre l’action en revendication et la procédure spéciale de restitution prévue par la loi no 10/2001 a été supprimé en faveur de cette dernière procédure.
51. Outre les biens visés par les dispositions législatives susmentionnées, l’Etat s’engage à indemniser les anciens propriétaires ou leurs héritiers qui ont perdu des immeubles, des terrains ou des récoltes abandonnées sur certains territoires à la suite des changements de frontières avant et pendant la Seconde Guerre mondiale. Prévue par les lois nos 9/1998, 290/2003 et 393/2006 et coordonnée par l’ANRP, la procédure administrative d’indemnisation pour ces biens est différente de celle prévue pour les biens immeubles nationalisés, et les fonds nécessaires proviennent du budget de l’Etat.
2. Procédure prévue par la loi no 247/2005 pour la fixation du montant des indemnités
52. La loi no 247/2005 sur la réforme de la justice et de la propriété, toujours en vigueur, a modifié d’une manière substantielle les précédentes lois d’indemnisation en établissant notamment une procédure administrative unifiée pour les demandes visant les biens concernés par les lois nos 1/2000 et 10/2000 et par les ordonnances d’urgence du gouvernement nos 83/1999 et 94/2000.
53. Elle prévoit qu’à défaut de restitution, les bénéficiaires des mesures de réparation peuvent choisir entre la compensation de leur créance par des biens et des services et le versement d’une indemnité calculée selon « la pratique et les standards internes et internationaux en matière d’indemnisation pour les immeubles et maisons acquis abusivement par l’Etat ».
54. Le rôle principal dans la mise en œuvre de cette loi fut confié à deux structures nouvellement créées : la Commission centrale d’indemnisation (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, « la Commission centrale ») et l’Autorité nationale pour la restitution des propriétés (Autoritatea Naţională pentru Restituirea Proprietăţilor, l’«ANRP »).
55. De nouveaux délais pour l’introduction des demandes de restitution ou d’indemnisation furent accordés, à savoir soixante jours pour les terrains agricoles et six mois pour les biens immeubles ayant appartenu aux institutions confessionnelles et aux organisations de minorités nationales.
56. Les décisions des autorités locales octroyant ou proposant l’octroi d’indemnités doivent faire l’objet d’un contrôle de légalité de la part du préfet, qui est chargé de les transmettre ensuite à la Commission centrale.
57. Les dispositions régissant le contrôle de légalité furent précisées par l’arrêté du gouvernement no 128 du 6 février 2008. Selon ces dispositions, si le préfet estime que la décision du maire ou des autres autorités administratives locales est illégale, il peut la contester par la voie du contentieux administratif dans un délai d’un an à partir de la décision.
58. A la réception du dossier, la Commission centrale doit vérifier la légalité du refus de restitution du bien immeuble puis transmettre le dossier à des « évaluateurs agréés » afin que ces derniers établissent le montant de l’indemnisation. Sur la base du rapport d’évaluation, la Commission centrale délivre un « titre de dédommagement » ou renvoie le dossier aux autorités locales pour réexamen.
59. La loi no 247/2005 ne fixe ni les délais ni l’ordre dans lesquels la Commission centrale doit traiter les dossiers. Le 28 février 2006, la Commission centrale décida que l’ordre de traitement des dossiers serait aléatoire. Le 16 septembre 2008, elle revint sur sa décision et résolut de traiter les dossiers dans l’ordre de leur enregistrement.
3. Mécanisme mis en place par la loi no 247/2005 pour le paiement des indemnités
60. Aux fins du paiement des indemnités fixées par la Commission centrale fut créé un organisme de placement collectif de valeurs mobilières du nom de fonds Proprietatea. Son capital est constitué en majorité par des actifs de l’Etat dans différentes entreprises.
61. La loi no 247/2005 précisa que le fonds Proprietatea devait prendre, dans un délai de trente jours à compter de sa mise en place, les mesures nécessaires en vue de la cotation de ses actions en bourse, afin que les bénéficiaires des décisions d’indemnisation émises en vertu des lois de restitution pussent vendre leurs actions et en percevoir le prix à tout moment.
62. Depuis juillet 2005, la loi no 247/2005 a été modifiée à plusieurs reprises, tant quant au fonctionnement et au financement du fonds Proprietatea qu’en ce qui concerne les modalités de calcul et les procédures d’octroi d’indemnités.
63. Le 28 juin 2007, le gouvernement adopta l’ordonnance d’urgence no 81/2007, qui modifia l’organisation et le fonctionnement du fonds Proprietatea. Entre autres mesures, cette ordonnance, confirmée depuis par la loi no 142 du 12 juillet 2010, accorde aux bénéficiaires de titres du fonds Proprietatea la possibilité de percevoir une partie de la somme en liquide.
64. Selon l’arrêté du gouvernement no 128 du 6 février 2008 concernant la mise en application de l’ordonnance no 81/2007, après l’émission du « titre d’indemnisation » (titlu de despagubire) par la Commission centrale, l’intéressé a le choix entre recevoir une partie de la somme en liquide (dans la limite de 500 000 lei roumains (RON)) et le restant en actions, et recevoir l’intégralité de la somme en actions. Ce choix doit se faire auprès de l’ANRP qui doit remplacer le « titre d’indemnisation » par un « titre de paiement » (titlu de plata) correspondant au montant de la somme à payer en liquide et un « titre de conversion » (titlu de conversie) correspondant au restant de la somme à convertir en actions du fonds Proprietatea.
65. Ce choix peut intervenir dans un délai de trois ans à partir de l’émission par la Commission centrale du « titre d’indemnisation ». Les demandes d’option doivent être examinées par ordre chronologique, mais aucun délai n’est expressément prévu à cette fin.
66. Le paiement des sommes en liquide inférieures ou égales à 250 000 RON doit être effectué dans un délai d’un an à compter de la date de l’émission du titre de paiement et de deux ans pour les sommes comprises entre 250 000 et 500 000 RON.
67. Par l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 62 du 30 juin 2010, le paiement des sommes en liquide a été suspendu pour une période de deux ans afin que l’équilibre budgétaire soit maintenu. Pendant cette période, les « titres d’indemnisation » ne peuvent être convertis qu’en actions du fonds Proprietatea.
B. Aperçu de la pratique judiciaire interne pertinente
1. La position de la Cour constitutionnelle
68. A la demande de parlementaires, la Cour constitutionnelle examina, dans le cadre du contrôle de constitutionnalité préalable à leur entrée en vigueur, la conformité à la Constitution des lois nos 112/1995, 1/2000, 10/2001 et 247/2005. Par des décisions rendues les 19 juillet 1995, 27 décembre 1999, 7 février 2001 et 6 juillet 2005, elle jugea que ces lois étaient conformes à la Constitution, à l’exception des dispositions de la loi no 112/1995 qui confirmaient le droit de propriété de l’Etat sur les immeubles transférés dans son patrimoine sans titre et qui subordonnaient l’octroi de mesures de réparation à la preuve que le demandeur avait sa résidence permanente en Roumanie.
69. Dans le cadre du contrôle de constitutionnalité postérieur à leur entrée en vigueur, la Cour constitutionnelle fut appelée à se prononcer de nouveau sur la constitutionnalité de certaines de leurs dispositions. Elle rejeta le plus grand nombre des exceptions d’inconstitutionnalité soulevées devant les juridictions internes et confirma la conformité de ces lois à la Constitution.
70. Par sa décision no 830 du 8 juillet 2008, la Cour constitutionnelle jugea que toutes les personnes qui avaient introduit dans le délai légal une demande en vertu de la loi no 10/2001 pouvaient prétendre à des mesures de réparation et particulièrement à la restitution de leurs biens dans le cas où la nationalisation avait été illégale.
2. La jurisprudence des cours et tribunaux internes dont la Haute Cour de cassation et de justice
71. Après l’entrée en vigueur de la loi no 112/1995, la pratique des juridictions internes a souffert de l’absence d’un cadre législatif stable. La jurisprudence a fourni plusieurs interprétations concernant des notions telles que « titre de propriété » de l’Etat, « bonne foi » de l’acheteur, « apparence en droit », ainsi que des rapports entre l’action en revendication et les procédures de restitution prévues par les lois spéciales (voir, Păduraru, précité, § 96).
72. S’agissant de la position de la Haute Cour de cassation et de justice en ce qui concerne la compétence des tribunaux internes pour statuer sur les demandes de restitution de biens nationalisés en cas d’absence de réponse des autorités administratives aux notifications adressées en vertu de la loi no 10/2001, l’Assemblée plénière, statuant sur un recours dans l’intérêt de la loi, a décidé, par l’arrêt no 20 du 19 mars 2007, publié au Journal officiel le 12 novembre 2007, que les juridictions internes étaient compétentes pour statuer sur le fond des demandes et ordonner, le cas échéant, la restitution des biens ou l’octroi des indemnisations prévues par la loi.
73. Par deux arrêts nos 53 et 33 des 4 juin 2007 et 9 juin 2008, publiés au Journal officiel les 13 novembre 2007 et 23 février 2009, l’Assemblée plénière de la Haute Cour de cassation et de justice, statuant également sur deux recours dans l’intérêt de la loi, a décidé qu’après l’entrée en vigueur de la loi no 10/2001, les actions en revendication des biens expropriés ou nationalisés avant 1989, introduites en parallèle avec la procédure de restitution régie par la loi no 10/2001, étaient irrecevables. Cependant, à titre d’exception, la Haute Cour a jugé que la personne qui possédait un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, pouvait introduire une action en revendication à condition que celle-ci ne portât pas atteinte aux droits de propriété acquis par des tiers de bonne foi.
74. Par l’arrêt no 52 du 4 juin 2007, publié au Journal officiel le 22 février 2008, l’Assemblée plénière de la Haute Cour de cassation et de justice, statuant également sur un recours dans l’intérêt de la loi, a estimé que la procédure administrative prévue par la loi no 247/2005 ne s’appliquait pas aux demandes de restitution ou d’indemnisation déjà tranchées par les autorités administratives locales en vertu des dispositions de la loi no 10/2001.
75. Pour ce qui est des décisions des autorités administratives locales faisant droit à une demande de restitution ou d’indemnisation en vertu de la loi no 10/2001, la Haute Cour a jugé qu’elles avaient fait naître des droits patrimoniaux pour l’ayant droit et que, par conséquent, elles ne pouvaient plus être révoquées ou annulées par l’autorité administrative locale ou par la Commission centrale (arrêts no 6723 du 17 octobre 2007 et no 6812 du 10 novembre 2008 de la chambre civile de la Haute Cour de cassation et de justice).
76. Quant aux demandes transmises à la Commission centrale en vertu de la loi no 247/2005 et qui n’avaient pas fait l’objet d’une décision, la Haute Cour a déclaré que les tribunaux ne pouvaient pas se substituer à la Commission centrale pour le calcul des indemnisations (arrêts no 4894 du 27 avril 2009 et no 5392 du 11 mai 2009 de la chambre civile de la Haute Cour de cassation et de justice). Elle a en revanche considéré que, malgré l’absence d’un délai légal imposé à la Commission centrale pour rendre sa décision, cette dernière avait l’obligation de se prononcer sur les demandes de restitution ou d’indemnisation dans un « délai raisonnable », tel qu’interprété par la jurisprudence de la Cour européenne des droits de l’homme (arrêts nos 3857 et 3870 du 4 novembre 2008 de la chambre du contentieux administratif et fiscal de la Haute Cour de cassation et de justice).
C. Données statistiques concernant le fonds Proprietatea et le paiement des indemnisations
77. Les statistiques communiquées par l’ANRP en mai 2010 et fournies par le Gouvernement sont les suivantes :
– s’agissant de la loi no 10/2001, 202 782 demandes ont été enregistrées auprès des autorités locales. 119 022 dossiers ont été examinés et dans 56 000 cas l’octroi d’une indemnité a été proposé ;
– 46 701 dossiers constitués en vertu de la loi no 10/2001 et 375 dossiers constitués en vertu des ordonnances d’urgence du gouvernement nos 83/1999 et 94/2000 ont été transmis à la Commission centrale, qui a délivré 10 345 « titres d’indemnisation ». Les autres dossiers sont en cours d’examen ;
– s’agissant des lois nos 18/1991 et 1/2000 concernant les terrains agricoles, selon un décompte partiel, qui concerne 8 départements sur 41, près d’un million et demi de demandes de restitution ou d’indemnisation ont été adressées aux autorités locales. 55 271 dossiers constitués en vertu de ces lois ont été transmis à la Commission centrale, qui en a retenu 21 279 et a délivré 10 915 « titres d’indemnisation ». Les autres dossiers sont en cours d’examen ;
– s’agissant des demandes de restitution de terrains ou d’indemnisation en vertu de la loi no 247/2005, plus de 800 000 demandes ont été enregistrées auprès des autorités locales, dont environ 172 000 ont été accueillies favorablement avec proposition d’indemnisation ;
– sur l’ensemble des bénéficiaires de « titres d’indemnisation », 15 059 ont exercé le choix de recevoir une partie de la somme en liquide, pour un montant total d’environ 2 milliards de RON, soit environ 400 millions d’euros. 3 850 personnes ont perçu des versements pour un total d’environ 350 millions de RON, soit environ 80 millions d’euros.
78. Créées en décembre 2005, les actions du fonds Proprietatea n’ont toujours pas été cotées en bourse. Cependant, depuis 2007, le fonds Proprietatea verse des dividendes à ses actionnaires et depuis mars 2008 la vente des actions du fonds est autorisée par la voie de transactions directes contrôlées par l’autorité de régulation boursière. A titre d’exemple, 206 cessions ont été enregistrées en mai 2010.
79. Selon les renseignements publiés le 4 juin 2010 par le fonds Proprietatea, le ministère des Finances est l’actionnaire majoritaire, avec 56 % des actions du fonds. En outre, 103 actionnaires sont des personnes morales détenant, au total, 12 % des actions du fonds et 3 622 actionnaires individuels détenant, au total, 31,4 % des actions du fonds.
80. Selon une estimation avancée par le Gouvernement, le montant nécessaire pour payer les indemnités prévues par les lois d’indemnisation s’élève à 21 milliards d’euros.
D. Les textes du Conseil de l’Europe
81. Dans sa Résolution Res(2004)3 relative aux arrêts révélant un problème structurel sous-jacent, adoptée le 12 mai 2004, le Comité des Ministres a indiqué ce qui suit :
« Le Comité des Ministres, en vertu de l’article 15.b du Statut du Conseil de l’Europe (…)
Invite la Cour :
I. dans toute la mesure du possible, à identifier dans les arrêts où elle constate une violation de la Convention ce qui, d’après elle, révèle un problème structurel sous-jacent et la source de ce problème, en particulier lorsqu’il est susceptible de donner lieu à de nombreuses requêtes, de façon à aider les Etats à trouver la solution appropriée et le Comité des Ministres à surveiller l’exécution des arrêts ;
II. à signaler spécialement tout arrêt comportant des indications sur l’existence d’un problème structurel et sur la source de ce problème non seulement à l’Etat concerné et au Comité des Ministres, mais aussi à l’Assemblée parlementaire, au Secrétaire Général du Conseil de l’Europe et au Commissaire aux Droits de l’Homme du Conseil de l’Europe, et à signaler de manière appropriée ces arrêts dans la base de données de la Cour. »
82. La Recommandation Rec(2004)6 du Comité des Ministres sur l’amélioration des recours internes, adoptée le 12 mai 2004, se lit ainsi :
« Le Comité des Ministres, en vertu de l’article 15.b du Statut du Conseil de l’Europe (…)
Recommande aux Etats membres, en tenant compte des exemples de bonnes pratiques figurant en annexe :
I. de s’assurer par un suivi constant, à la lumière de la jurisprudence de la Cour, que des recours internes existent pour toute personne alléguant d’une façon défendable une violation de la Convention et que ces recours sont effectifs, dans la mesure où ils permettent d’aboutir à une décision sur le bien-fondé du grief et à un remède approprié de toute violation constatée ;
II. de réexaminer, à la suite d’arrêts de la Cour qui révèlent des défaillances structurelles ou générales dans le droit ou la pratique de l’Etat, l’effectivité des recours internes existants et, le cas échéant, mettre en place des recours effectifs afin d’éviter que des affaires répétitives ne soient portées devant la Cour ;
III. de porter une attention particulière, dans le cadre des points I et II ci-dessus, à l’existence de recours effectifs en cas d’allégation défendable de durée excessive des procédures juridictionnelles (…) »
83. La partie pertinente de l’annexe à la Recommandation Rec(2004)6 du Comité des Ministres est ainsi libellée :
« (…) 13. Après qu’un arrêt de la Cour qui révèle des défaillances structurelles ou générales dans le droit ou la pratique de l’Etat (« arrêt pilote ») a été rendu et que de nombreuses requêtes concernant le même problème (« affaires répétitives ») sont pendantes ou susceptibles d’être introduites devant la Cour, l’Etat défendeur devrait s’assurer que les requérants potentiels disposent d’un recours effectif leur permettant de s’adresser à une autorité nationale compétente, recours qui pourrait être également utilisé par les requérants actuels. Un tel recours rapide et efficace leur permettrait d’obtenir réparation déjà au niveau interne, conformément au principe de subsidiarité du système de la Convention.
14. La mise en place d’un tel recours interne pourrait également contribuer de manière significative à réduire la charge de travail de la Cour. Bien que l’exécution rapide de l’arrêt pilote reste essentielle pour résoudre le problème structurel et prévenir ainsi de futures requêtes sur la même question, il peut exister une catégorie de personnes qui ont déjà été affectées par ce problème avant la résolution de ce dernier. Pour ces personnes, l’existence d’un recours visant à garantir une réparation au niveau interne permettrait à la Cour de les inviter à utiliser le nouveau recours et, le cas échéant, de déclarer leurs requêtes irrecevables.
15. Plusieurs options pour y parvenir sont possibles selon, entre autres, la nature du problème structurel en question et que la personne touchée par ce problème ait déjà introduit ou non une requête devant la Cour.
16. En particulier, à la suite d’un arrêt pilote ayant relevé un problème structurel spécifique, une approche ad hoc pourrait par exemple être adoptée, par laquelle l’Etat concerné examinerait l’opportunité de mettre en place un recours spécifique ou d’élargir un recours existant par voie législative ou jurisprudentielle.
17. Lors de cet examen au cas par cas, les Etats pourraient envisager, si cela s’avère opportun, la réouverture des procédures similaires à celles d’une affaire « pilote » ayant établi une violation de la Convention, afin d’épargner à la Cour d’avoir à traiter ces affaires et de fournir, le cas échéant, un redressement plus rapide à la personne concernée. A cet égard, les critères énumérés dans la Recommandation Rec(2000)2 du Comité des Ministres pourraient servir de source d’inspiration.
18. Lorsque de tels recours spécifiques ont été mis en place à la suite d’un arrêt pilote, les gouvernements devraient en informer rapidement la Cour, afin qu’elle puisse en tenir compte dans le traitement des affaires répétitives.
19. Toutefois, il ne sera pas nécessaire ou approprié de créer de nouveaux recours pour toute affaire dans laquelle un arrêt de la Cour a identifié un problème structurel ou de leur accorder un certain effet rétroactif. Dans certains cas, il peut être préférable de laisser à la Cour le soin d’examiner ces affaires, afin notamment d’éviter d’imposer au requérant la charge supplémentaire de devoir épuiser à nouveau des recours internes qui, de plus, ne pourraient voir le jour qu’après l’adoption de changements législatifs (…) »
84. Le 2 mars 2010, lors de leur 1078e réunion, les Délégués des Ministres, qui surveillent l’exécution des arrêts de la Cour, ont rappelé à propos des affaires Străin, Viaşu et de plus d’une centaine d’autres affaires roumaines de ce type que les questions qui y étaient soulevées avaient trait à un important problème systémique lié notamment à l’absence de restitution ou d’indemnisation de biens nationalisés puis ultérieurement revendus par l’Etat à des tiers. Ils ont pris acte d’un plan d’action présenté le 25 février 2010 par les autorités roumaines, qu’ils ont invitées à soumettre un calendrier prévisionnel pour l’adoption des mesures envisagées.
E. Droit comparé en matière de restitution ou d’indemnisation pour les biens nationalisés avant 1989 en Europe centrale et orientale
85. Dans les années qui suivirent la Seconde Guerre mondiale, les régimes communistes de nombreux pays d’Europe centrale et orientale nationalisèrent et exproprièrent massivement les immeubles ainsi que les structures industrielles, bancaires, commerciales et, à l’exception de la Pologne, agricoles.
86. Au début des années 1990, des mesures de restitution furent adoptées dans beaucoup de ces pays, dont les situations politique et juridique étaient différentes. Les modalités et l’étendue des restitutions différaient et l’on a observé une grande diversité dans les formes d’indemnisation définies par les Etats.
87. Certains Etats n’ont pas adopté de mesures législatives concernant la restitution ou l’indemnisation des biens nationalisés ou confisqués (Azerbaïdjan, Bosnie-Herzégovine et Géorgie).
88. La législation polonaise ne prévoit pas la restitution ou l’indemnisation générale des biens confisqués ou nationalisés. La seule exception concerne la région du Boug et se limite à prévoir un droit à indemnisation. Ce droit peut se concrétiser, au choix du créancier : par déduction de la valeur indexée des biens délaissés du prix de biens publics acquis moyennant une procédure d’appel d’offres, ou par le versement d’une indemnité pécuniaire provenant du fonds d’indemnisation. Le montant de l’indemnisation pouvant être versée au créancier est plafonné par la loi à 20 % de la valeur actuelle des biens perdus dans la région du Boug.
89. La législation hongroise sur la compensation partielle des dommages causés par l’Etat aux biens des citoyens prévoit une indemnisation sous forme d’une somme d’argent ou de coupons de compensation. La loi définit aussi un plafond.
90. La majorité des pays concernés limitent le droit à restitution ou à indemnisation à certaines catégories de biens ou de personnes. Certains Etats fixent dans leur législation des délais, parfois très courts, pour présenter les demandes.
91. Certains pays (Albanie, Bulgarie, ex-République yougoslave de Macédoine et Lituanie) prévoient diverses formes de restitution et/ou d’indemnisation par des lois dites « de restitution ». D’autres ont inclus la question de la restitution des biens dans des lois de réhabilitation (Allemagne, Moldova, République tchèque, Russie, Slovaquie et Ukraine). Enfin, la question est également traitée dans des lois sur la propriété (Allemagne, Bulgarie, Estonie, République tchèque et Slovénie).
92. Dans tous les cas, la restitution n’est pas un droit absolu et peut être soumise à de nombreuses conditions ou limitations. Il en va de même pour le droit à une indemnisation.
1. Les conditions ratione personae
93. La restitution des biens confisqués ou nationalisés ou une indemnisation peut concerner soit les anciens propriétaires soit leurs successeurs (héritiers légaux en Albanie). Certaines législations, comme celles de l’Estonie, de la Lituanie, de la Moldova, de la République tchèque, de la Slovaquie et de la Slovénie, exigent des demandeurs la qualité de citoyen au moment de la confiscation ou de la demande de restitution, et parfois même des deux. De plus, le droit de la Slovaquie et de l’Estonie posait comme condition que le demandeur ait eu sa résidence permanente dans le pays concerné au moment de l’entrée en vigueur de la loi et de la demande de restitution ou d’indemnisation. Pour les systèmes qui prévoient la procédure de réhabilitation, seules les personnes réhabilitées conformément à la loi peuvent exiger la restitution de leurs biens. C’est le cas en Allemagne, Moldova, République tchèque, Russie, Slovaquie et Ukraine, pays où le droit à la restitution ou à une indemnisation découle, entièrement ou partiellement, de la réhabilitation des victimes de la répression politique.
2. Les catégories de biens exclus de la restitution
94. Certaines législations excluent plusieurs catégories de biens de la restitution ou de l’indemnisation.
95. Dans certains Etats sont exclus les terres et les bâtiments dont le caractère a été altéré (Allemagne), dans d’autres les biens qui ont perdu leur caractère d’origine (Estonie) ou encore les biens qui ont disparu ou qui ont été détruits, ainsi que les biens qui ont été privatisés (Moldova, Russie et Ukraine).
96. Par ailleurs, en Estonie, les objets militaires, les biens culturels ou sociaux ou les objets sous la protection de l’Etat, ainsi que les bâtiments administratifs des autorités étatiques ou locales ne peuvent pas être restitués. Selon la législation de la Moldova, les terres, les forêts, les plantations pluri-annuelles ou les biens qui ont été confisqués pour des raisons sans aucune relation avec la répression politique sont également exclus de la restitution.
97. En Russie et en Ukraine les biens qui ont été nationalisés conformément à la législation en vigueur à l’époque sont exclus de la restitution ou de l’indemnisation.
98. En Lituanie, la restitution est possible uniquement pour les immeubles d’habitation. En Serbie, la loi ne prévoit que la restitution partielle des terres agricoles. Enfin, en République tchèque et en Bulgarie les lois de restitution spécifient les biens qui en relèvent.
3. Les limitations temporelles
99. Certaines législations imposent des limitations temporelles à l’introduction d’une demande de restitution ou d’indemnisation. C’est le cas de l’Albanie et de l’Estonie (où les anciens propriétaires ont bénéficié de moins d’un an pour déposer leur demande), de l’ex-République yougoslave de Macédoine, de la République tchèque et de la Slovaquie (une année à compter de la date d’entrée en vigueur de la loi portant sur la réhabilitation).
100. D’autres législations limitent la restitution ou l’indemnisation aux biens nationalisés ou confisqués pendant une certaine période. A titre d’exemple, la législation allemande limite l’indemnisation aux biens nationalisés après 1949, mais elle prévoit une indemnité pour des biens nationalisés entre 1945 et 1949 dans la zone d’occupation soviétique.
4. Les formes de compensation et leurs limitations
101. Plusieurs pays ont choisi une indemnisation sous forme d’un bien équivalent, de même nature que le bien nationalisé ou confisqué (Albanie, Allemagne, Bulgarie, ex-République yougoslave de Macédoine et Monténégro).
102. Lorsque l’échange est impossible, les législations prévoient la faculté de rendre un bien d’une autre nature, une somme d’argent, des bons de compensation (Bulgarie et Hongrie), des titres ou des obligations d’Etat (ex-République yougoslave de Macédoine, Slovénie) ou des parts sociales dans une entreprise publique (Albanie et Bulgarie).
103. Le calcul du montant de l’indemnité versée se fonde principalement sur la valeur marchande du bien au moment de la décision de restitution ou d’indemnisation (Albanie, Lituanie, Moldova, Monténégro, Pologne et Serbie), ou au moment de la confiscation (ex-République yougoslave de Macédoine) ou encore telle que fixée par une loi.
104. Certains pays ajoutent d’autres considérations à celle du prix du marché. Si le dédommagement consiste en parts sociales, le montant est égal à la valeur du bien au moment de la décision, ou à la valeur du bien public privatisé (Albanie).
105. D’autres facteurs peuvent également intervenir dans la fixation du montant de l’indemnité. Par exemple, en Allemagne on tient compte de la valeur du bien avant l’expropriation, qui sera multipliée par un coefficient prévu par la loi.
106. Certaines législations fixent des plafonds pour l’indemnité (Allemagne, Russie, Ukraine) ou des versements échelonnés (Moldova).
5. Les autorités compétentes pour décider de la restitution ou de l’indemnisation
107. Les autorités chargées de statuer sur la restitution ou l’indemnisation peuvent être soit de nature judicaire soit de nature administrative. Parmi les plus fréquentes figurent des commissions spéciales de restitution et d’indemnisation (Albanie, Bulgarie, Moldova, Monténégro), des organes administratifs (Lituanie), les ministères des Finances ou de la Justice, et même des tribunaux (République tchèque). Dans tous les Etats, les décisions des organes administratifs peuvent être contestées devant les tribunaux administratifs ou civils.
EN DROIT
I. SUR LA JONCTION DES REQUÊTES
108. La Cour considère d’abord que, dans l’intérêt d’une bonne administration de la justice, il y a lieu, en application de l’article 42 § 1 de son règlement, de joindre les requêtes enregistrées sous les nos 30767/05 et 33800/06, les faits à l’origine des deux affaires présentant des points communs. Le cadre législatif et les pratiques administratives étant similaires, la Cour estime que la jonction des deux requêtes permet de mieux les analyser.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
109. Les deux premières requérantes, OMISSIS, allèguent que le rejet de leur action en revendication de l’appartement no 1 et en annulation du contrat de vente de celui-ci a enfreint leur droit d’accès à un tribunal. La troisième requérante, OMISSIS, soutient que la durée de la procédure de restitution a été excessive. Elles invoquent toutes trois l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement, publiquement et dans un délai raisonnable, par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
110. La Cour note d’emblée que le grief principal de OMISSIS concerne l’absence d’efficacité du mécanisme d’indemnisation, qui aurait de surcroît contribué à allonger la procédure d’indemnisation. La question de la durée de la procédure étant sous-jacente à celle de l’efficacité du mécanisme d’indemnisation, la Cour se penchera sur ce grief sous l’angle du droit au respect des biens (paragraphes 150-194 ci-dessous).
A. Sur la recevabilité
111. La Cour constate que le grief tiré par OMISSIS de l’article 6 § 1 de la Convention et concernant le prétendu défaut d’accès à un tribunal n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
a) Les requérantes
112. OMISSIS considèrent qu’en refusant d’examiner leur action en revendication de l’appartement litigieux au motif qu’elles devaient préalablement suivre la procédure administrative prévue à cet effet par la loi no 10/2001, les juridictions internes ont méconnu leur droit d’accès à un tribunal. Elles ajoutent qu’afin d’obtenir la restitution de l’appartement, elles ont usé de toutes les voies de recours offertes par le droit interne, à savoir l’action en revendication et les procédures administratives instaurées par les lois nos 112/1995 et 10/2001, sans jamais obtenir de décision sur le fond.
b) Le Gouvernement
113. Le Gouvernement soutient que le rejet de l’action de OMISSIS n’a pas porté atteinte au droit d’accès des intéressées à un tribunal, mais qu’il a été motivé par le souci des juridictions internes de préserver la cohérence des procédures de restitution instaurées par la loi no 10/2001. Il estime que, de toute manière, les requérantes pouvaient pleinement jouir du droit d’accès à un tribunal dans le cadre des voies de recours mises à leur disposition par la loi no 10/2001.
2. Appréciation de la Cour
114. La Cour rappelle que l’article 6 § 1 garantit à toute personne le droit à ce qu’un tribunal connaisse de toute contestation relative à ses droits et obligations de caractère civil. Il consacre de la sorte le « droit à un tribunal », dont le droit d’accès, à savoir le droit de saisir le tribunal en matière civile, ne constitue qu’un aspect.
115. Le droit d’accès aux tribunaux, reconnu par l’article 6 § 1 de la Convention, n’est pas absolu : il se prête à des limitations implicitement admises car il commande de par sa nature même une réglementation par l’Etat. Les Etats contractants jouissent en la matière d’une certaine marge d’appréciation. Il appartient pourtant à la Cour de statuer en dernier ressort sur le respect des exigences de la Convention ; elle doit se convaincre que les limitations mises en œuvre ne restreignent pas l’accès offert à l’individu d’une manière ou à un point tels que le droit s’en trouve atteint dans sa substance même. En outre, pareille limitation ne se concilie avec l’article 6 § 1 que si elle tend à un but légitime et s’il existe un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé.
116. A cet égard, il y a lieu de rappeler que la Convention a pour but de protéger des droits non pas théoriques ou illusoires, mais concrets et effectifs. La remarque vaut en particulier pour le droit d’accès aux tribunaux, vu la place éminente que le droit à un procès équitable occupe dans une société démocratique (Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne [GC], no 42527/98, §§ 43-45, CEDH 2001-VIII).
117. En ce qui concerne OMISSIS, la Cour constate qu’elles ont exercé un recours fondé sur les dispositions de la loi no 10/2001, mais que l’arrêt définitif du 18 avril 2005 condamnant la mairie à leur répondre n’a jamais été exécuté, alors que leur demande remontait à 2001. Dès lors, la Cour ne peut accepter l’argument du Gouvernement consistant à dire que les requérantes ont pu pleinement bénéficier du droit d’accès à un tribunal dans le cadre des voies de recours prévues par les lois spéciales de réparation.
118. S’agissant de l’action en revendication fondée sur les dispositions civiles de droit commun, la Cour estime que son rejet motivé par la nécessité d’assurer l’application cohérente des lois de réparation ne révèle pas par lui-même un problème sous l’angle du droit d’accès à un tribunal garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, à condition que la procédure prévue par la loi no 10/2001 apparaisse comme une voie de droit effective (Faimblat, précité, § 33).
119. Or il ressort de la pratique nationale qu’à l’époque des faits les autorités compétentes manquaient de manière récurrente à l’obligation qui leur était faite de répondre aux demandes de restitution ou d’indemnisation dans le délai légal de soixante jours. Le problème systémique qui a entravé le fonctionnement de la procédure instituée par la loi no 10/2001 a mis les personnes intéressées dans l’impossibilité de soumettre les décisions administratives au contrôle juridictionnel prévu par la loi.
120. Quant à la possibilité de sanctionner le retard des autorités administratives dans l’examen des demandes, la Cour note que, par un arrêt du 19 mars 2007, l’Assemblée plénière de la Haute Cour de cassation et de justice a décidé qu’en l’absence de réponse de la part des autorités administratives dans le délai légal, les juridictions étaient habilitées à statuer à leur place sur le fond des demandes et à ordonner, le cas échéant, la restitution des biens. Ce recours est devenu effectif le 12 novembre 2007, à la date de sa publication au Journal officiel (Faimblat, précité, § 42).
121. A la lumière des considérations qui précèdent, la Cour conclut qu’avant que le recours introduit par l’arrêt du 19 mars 2007 de l’Assemblée plénière de la Haute Cour de cassation et de justice ne devienne effectif, OMISSIS se sont trouvées dans l’impossibilité de réclamer devant les tribunaux internes la restitution de l’appartement litigieux.
122. La Cour admet que, dans le contexte complexe et socialement sensible s’accompagnant des lourdes conséquences économiques que représentaient la transition de la Roumanie à un régime démocratique et la réparation des injustices du passé, la mise en place du cadre législatif ait pu rencontrer des difficultés et accuser des retards (voir, mutatis mutandis, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 162, CEDH 2004-V).
123. Cependant, le manque de réponse des autorités administratives aux demandes de restitution introduites en vertu des lois nos 112/1995 et 10/2001, auquel s’ajoute l’absence pendant la période susmentionnée d’une voie de recours, a fait subir à OMISSIS une charge disproportionnée, portant ainsi atteinte à la substance même de leur droit d’accès à un tribunal.
124. Il s’ensuit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention à l’égard de OMISSIS.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
125. Les requérantes estiment que l’impossibilité dans laquelle elles se trouvent d’obtenir la restitution de leurs biens immeubles nationalisés ou d’être indemnisées constitue une atteinte au droit au respect des biens, tel que reconnu par l’article 1 du Protocole no 1 en ces termes :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur l’exception préliminaire tirée de l’incompatibilité ratione materiae avec les dispositions de la Convention du grief soulevé par OMISSIS
1. Arguments des parties
a) Le Gouvernement
126. Le Gouvernement soutient que OMISSIS n’ont pas un « bien », au sens défini par la jurisprudence de la Cour.
127. S’agissant du droit à obtenir la restitution des immeubles nationalisés ou à être indemnisées en vertu de la législation interne, le Gouvernement souligne que les lois de réparation n’ont pas automatiquement rétabli le droit de propriété des anciens propriétaires sur les immeubles nationalisés.
128. Il soutient que ni la constatation de l’illégalité de la nationalisation d’un immeuble ni le dépôt d’une demande de restitution ou d’indemnisation ne sont suffisants pour faire conclure à l’existence d’une créance appelant la protection de l’article 1 du Protocole no 1. A ce titre, il expose que le droit à être indemnisé est subordonné au respect des exigences procédurales et matérielles énoncées par les lois de réparation et, en particulier, par la loi no 10/2001.
129. Or, selon le Gouvernement, l’examen de la conformité des demandes avec les exigences susmentionnées est l’attribut exclusif des autorités compétentes administratives et juridictionnelles. Plus particulièrement, le Gouvernement considère que la reconnaissance d’une créance irrévocable et suffisamment établie en droit interne n’intervient qu’à l’issue du contrôle de légalité exercé par le préfet sur les décisions des autorités locales qui ont examiné en premier ressort les demandes de réparation introduites en vertu de la loi no 10/2001.
130. Exposant qu’à aucun moment les autorités administratives ou les tribunaux internes n’ont reconnu à OMISSIS un droit à la restitution de l’appartement litigieux ou à une indemnisation, le Gouvernement conclut que ces requérantes n’étaient titulaires ni d’un bien ni d’une créance envers l’Etat en vertu de laquelle elles auraient pu prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un bien.
b) Les requérantes
131. OMISSIS combattent la thèse du Gouvernement.
132. Elles considèrent que, dans les circonstances spécifiques de la législation roumaine concernant la restitution des immeubles nationalisés, l’existence d’un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, découle de la réunion de trois éléments : l’entrée en vigueur de la loi no 10/2001, la volonté de la personne intéressée d’en bénéficier, exprimée par le dépôt d’une demande administrative, et l’absence de réponse de l’autorité administrative dans le délai légal.
133. Quant à leur situation particulière, OMISSISrappellent que de nombreuses décisions définitives ont conclu à l’illégalité de la nationalisation de l’ensemble de l’immeuble et ont ordonné la restitution des autres appartements. Dès lors, elles estiment que le constat de l’illégalité de la nationalisation vaut aussi pour l’appartement no 1. Elles soutiennent qu’à présent elles disposent d’un bien actuel ou, pour le moins, d’une « espérance légitime » d’obtenir sa restitution ou un dédommagement.
2. Appréciation de la Cour
a) Principes découlant de la jurisprudence de la Cour
134. La Cour rappelle qu’un requérant ne peut alléguer une violation de l’article 1 du Protocole no 1 que dans la mesure où les décisions qu’il incrimine se rapportent à ses « biens » au sens de cette disposition. La notion de « biens » peut recouvrir tant des « biens actuels » que des valeurs patrimoniales, y compris des créances, en vertu desquelles un requérant peut prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un droit de propriété (Gratzinger et Gratzingerova c. République tchèque (déc.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
135. La Cour rappelle également que l’article 1 du Protocole no 1 ne peut être interprété comme faisant peser sur les Etats contractants une obligation générale de restituer les biens leur ayant été transférés avant qu’ils ne ratifient la Convention (Jantner c. Slovaquie, no 39050/97, § 34, 4 mars 2003).
136. En revanche, lorsqu’un Etat contractant, après avoir ratifié la Convention, y compris le Protocole no 1, adopte une législation prévoyant la restitution totale ou partielle de biens confisqués en vertu d’un régime antérieur, semblable législation peut être considérée comme engendrant un nouveau droit de propriété protégé par l’article 1 du Protocole no 1 dans le chef des personnes satisfaisant aux conditions de restitution (Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX).
137. Si l’intérêt patrimonial concerné est de l’ordre de la créance, il ne peut être considéré comme une « valeur patrimoniale » que lorsqu’il a une base suffisante en droit interne, par exemple lorsqu’il est confirmé par une jurisprudence bien établie des tribunaux (Kopecký, précité, §

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