Conclusione Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Stato convenuto tenuto s prendere delle misure generali; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA MARIA A. ED ALTRI C. ROMANIA
( Richieste numeri 30767/05 e 33800/06)
SENTENZA
STRASBURGO
12 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Maria A. ed altri c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici, e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 giugno e il 21 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trovano due richieste (numeri 30767/05 e 33800/06) dirette contro la Romania e in cui tre cittadine di questo Stato (“le richiedenti”), OMISSI (richiesta no 30767/05) e OMISSIS ( richiesta no 33800/06) hanno investito la Corte rispettivamente l’ 11 agosto 2005 (richiesta no 30767/05) ed il 4 agosto 2006 (richiesta no 33800/06) in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. OMISSIS sono rappresentate da C. – L. P. e C. – R. P., avvocati a Bucarest. OMISSIS è rappresentata da R. – A. N.-G. e da M. N.u-G., avvocati a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Le richieste sono state comunicate al Governo il 26 maggio 2006 (richiesta no 30767/05) ed il 27 novembre 2008 (richiesta no 33800/06). Tanto le richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte (articolo 59 § 1 dell’ordinamento.) Le parti hanno ciascuna sottoposto dei commenti scritti sulle osservazioni dell’altro. Alcune osservazioni sono state ricevute anche dell’Associazione Asociaţia pentru Proprietatea Privată e dell’associazione ResRo Interessenvertretung Restitution in Rumänien, che il presidente aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto (articoli 36 § 2 della Convenzione e 44 § 3 dell’ordinamento).
4. Un’udienza si è svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, il 8 giugno 2010 (articolo 59 § 3 dell’ordinamento).
Sono comparsi:
-per il Governo il
Sig. R. – H. Radu, agente, il Sig.re I. Cambrea,
A. – Sig. Valica, il Sig. D. Dumitrache, consiglieri;
-per le richiedenti il
Sig. C. – L. P.,
C. – R. P., R-A. N.-G., M. N.-G., consiglieri.
5. La Corte ha ascoltato nelle loro dichiarazioni C. – L. P., R. – A. N.-G., M. N.-G. per le richiedenti ed il Sig. R. – H. Radu per il Governo. La richiedente Omissis era anche presente all’udienza.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
6. Le due prime richiedenti, OMISSIS, sono nate rispettivamente nel 1912 e 1937 e risiedono a Bucarest. La terza richiedente, OMISSIS, è nata nel 1935 e risiede a Bucarest.
A. Il contesto generale
7. Dopo l’instaurazione del regime comunista in Romania nel 1947, lo stato procedette a statalizzazioni su grande scala di immobili e di terreni agricoli.
8. Uno dei decreti di statalizzazione applicato in materia di immobili fu il decreto no 92/1950, in virtù del quale gli immobili che appartenevano a vecchi industriali, grandi proprietari terrieri, banchieri e grandi commercianti furono nazionalizzati. Sebbene questo decreto non riguardasse gli immobili degli operai, dei funzionari, degli intellettuali e dei pensionati, anche numerosi immobili appartenenti a queste categorie sociali furono nazionalizzati. Tra il 1949 e il 1962, la quasi totalità dei terreni agricoli fu trasferita nel patrimonio delle cooperative agricole.
9. Dopo la caduta del regime comunista, lo stato adottò una serie di leggi allo scopo di riparare gli attentati ai diritti di proprietà causati da questo regime.
10. Le leggi numero 112/1995 e 10/2001 consacrarono il principio della restituzione degli immobili statalizzati e dell’indennizzo nei casi in cui la restituzione non fosse più possibile. La legge no 112/1995 instaurò la determinazione di un massimo d’indennizzo, ma la legge no 10/2001 l’annullò.
11. Trattandosi dei terreni agricoli, le leggi numero 18/1991, 169/1997 e 1/2000 successivamente aumentarono la superficie dei terreni suscettibili di essere restituiti. Questa ultima legge aprì diritto ad un indennizzo per i terreni la cui restituzione non era più possibile.
12. La legge no 247/2005 unificò i procedimenti amministrativi per la restituzione dei beni previsti dalle suddette leggi.
13. Secondo un conteggio parziale stabilito dal Governo, più di due milioni di richieste presentate in virtù delle leggi di risarcimento sono state registrate, ammontando l’importo stimato per finanziare le indennità previste da queste leggi a 21 miliardi di euro.
B. Circostanze proprie alle presenti richieste
1. Fatti concernenti la richiesta no 30767/05 introdotta da OMISSIS
14. Nel 1950, in virtù del decreto no 92, lo stato nazionalizzò parecchi immobili appartenenti al Sig. A., marito dela prima richiedente e padre della seconda. Tra questi immobili ne figurava un ubicato al no 189 di via Calea Dorobanţilor a Bucarest.
a) Passi in vista di ottenere la restituzione dell’immobile ubicato in via Calea Dorobanţilor
15. Il 15 maggio 1996, appellandosi alle disposizioni della legge no 112/1995, il Sig. A. chiese alla commissione locale incaricata dell’applicazione di questa legge la restituzione dell’immobile. La richiesta restò senza risposta. Il 25 ottobre 1996, il Sig. A. decedette e le richiedenti furono riconosciute sue sole eredi.
16. Coi contratti conclusi in virtù della legge no 112/1995, l’impresa che gestiva l’immobile vendette agli inquilini i nove appartamenti situati nell’immobile.
17. Con un’azione introdotta il 15 novembre 1999, le richiedenti richiesero dinnanzi alle giurisdizioni interne la restituzione dell’immobile. Invocavano le disposizioni di diritto comune concernenti il rispetto del diritto di proprietà ed adducevano che la statalizzazione era stata illegale a riguardo del Sig. A.. Ulteriormente, basandosi su una lettera del municipio di Bucarest che affermava che tre appartamenti non erano stati venduti, le richiedenti limitarono la loro richiesta a questa parte dell’immobile.
18. Con un giudizio del 24 marzo 2000, il tribunale di prima istanza di Bucarest accolse l’azione ed ordinò la restituzione della suddetta parte dell’immobile. Stimava che l’immobile era stato nazionalizzato illegalmente dal momento che il Sig. A. non faceva parte delle categorie sociali previste dal decreto di statalizzazione e che, di conseguenza, lo stato non poteva avvalersi di un titolo di proprietà valido. Su appello poi su ricorso (recurs) del municipio, questo giudizio fu confermato e diventò definitivo.
19. Con azioni in giustizia separate, le richiedenti richiesero la restituzione degli altri appartamenti. Al totale, ottennero cinque decisioni definitive, ossia le sentenze della corte di appello di Bucarest del 1 giugno 2001, del 19 maggio 2004, del 1 maggio 2005, del 5 maggio 2005 e del 30 ottobre 2007, che ingiungevano agli acquirenti ed alle autorità locali di restituire loro sette appartamenti. Per un altro appartamento, beneficiano di una decisione, ancora suscettibile di appello, resa il 30 novembre 2009 dal tribunale dipartimentale di Bucarest che condannò le autorità locali a versare loro un’indennità. L’ultimo appartamento dell’immobile è oggetto della presente richiesta. Ciascuna delle suddette decisioni era fondata sulla constatazione di illegalità della statalizzazione dell’immobile.
b) Passi effettuati in virtù del diritto comune e tesi alla restituzione dell’appartamento no 1
20. Il 6 aprile 2001, le richiedenti investirono il tribunale dipartimentale di Bucarest di un’azione per rivendicazione dell’appartamento no 1 diretta contro la città di Bucarest, l’impresa che gestiva l’immobile e i coniugi G. che avevano acquistato l’appartamento. Chiesero anche l’annullamento del contratto di vendita concluso il 19 dicembre 1996.
21. Con un giudizio del 4 giugno 2002, il tribunale fece diritto all’azione, constatò la nullità della vendita e condannò le parti convenute a restituire l’appartamento alle richiedenti. Giudicò che la statalizzazione dell’immobile era stata illegale e che il contratto di vendita non era valido.
22. Con una sentenza del 14 novembre 2002, la corte di appello di Bucarest accolse gli appelli interposti dalla città e dai coniugi G. respinse così l’azione delle richiedenti, stimando che la statalizzazione era stata legale e che il contratto di vendita era valido nella misura in cui aveva rispettato le condizioni imposte dalla legge no 112/1995. Le richiedenti formarono un ricorso.
23. Con una sentenza definitiva dell’ 11 marzo 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia considerò il ricorso per esame, ma respinse gli argomenti delle richiedenti e dichiarò la loro azione inammissibile. Considerava che le richiedenti avevano introdotto la loro azione dopo la data di entrata in vigore della legge no 10/2001 (paragrafi 25-27 sotto) e che da questa data potevano chiedere la restituzione dell’appartamento controverso solo nelle condizioni e secondo il procedimento imposto dalla legge no 10/2001.
24. Trattandosi dell’istanza di annullamento del contratto di vendita, l’Alta Corte confermò la motivazione della corte di appello, ma giudicò che in ragione del rigetto del motivo di appello principale concernente la restituzione dell’appartamento anche l’istanza era inammissibile.
c) Passi effettuati in virtù della legge no 10/2001 e tesi alla restituzione dell’appartamento no 1
25. Il 9 agosto 2001, invocando le disposizioni della legge no 10/2001, le richiedenti chiesero al municipio di Bucarest la restituzione dell’insieme dell’immobile ubicato in via Calea Dorobanþilor.
26. In mancanza di risposta nel termine legale di sessanta giorni, introdussero, il 26 luglio 2002, un’azione contro il municipio. Con una sentenza del 10 novembre 2003, la corte di appello di Bucarest accolse l’azione e condannò il municipio a rendere una decisione sull’istanza delle richiedenti. Su ricorso introdotto dal municipio, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia allontanò l’argomento di questo secondo cui il ritardo era dovuto all’atteggiamento delle richiedenti che avevano omesso di completare la loro pratica. Con una sentenza definitiva del 18 aprile 2005, confermò la condanna del municipio e giudicò che nessuna mancanza di natura tale da giustificare questo ritardo poteva essere considerata contro le richiedenti.
27. In una lettera del 23 marzo 2010 indirizzata all’agente del governo rumeno, il municipio indicò che l’esame dell’istanza era sospeso in attesa dei documenti mancanti.
2. Fatti concernenti la richiesta no 33800/06 introdotta dalla Sig.ra OMISSIS
28. Nel 1950, un terreno appartenente ai genitori della richiedente e situato a Craiova fu nazionalizzato. Posteriormente, una parte del terreno fu pianificata come giardino botanico ed assegnata all’università di Craiova, struttura pubblica di insegnamento superiore.
29. Il 28 giugno 2001, basandosi sulla legge no 10/2001, la richiedente chiese all’università di Craiova di essere indennizzata a titolo del terreno statalizzato. Indicava che il giardino botanico dell’università copriva 1 950 m² della superficie totale di 2 140 m² del terreno in questione.
30. Con una decisione no 600/A/2001 del 10 luglio 2001, l’università di Craiova respinse l’istanza della richiedente al motivo che il suo bilancio non disponeva di crediti che potevano essere destinati a questo tipo di risarcimento. Fece seguire l’istanza del richiedente alla prefettura del dipartimento di Dolj.
a) L’azione di giustizia iniziata dalla richiedente
31. Il 18 luglio 2001, la richiedente citò l’università di Craiova in giudizio e chiese di essere indennizzata per il terreno di 2 140 m², che valutava a 70 dollari americani (USD) il metro quadrato.
32. Su richiesta dell’università, il tribunale dipartimentale di Dolj ordinò, con una sentenza interlocutoria del 5 dicembre 2002, che lo stato, rappresentato dal ministero delle Finanze, fosse anche lui chiamato nel procedimento in quanto parte convenuta.
33. Con un giudizio del 13 febbraio 2003, il tribunale dipartimentale respinse la richiedente delle sue pretese, premature secondo lui, al motivo che l’interessata avrebbe dovuto aspettare che la prefettura deliberasse sulla sua istanza di indennizzo. Stimò tuttavia che la richiedente aveva dimostrato il diritto di proprietà dei suoi genitori così come la prova della statalizzazione abusiva.
34. La richiedente interpose appello contro questo giudizio.
35. Il 21 novembre 2003, la corte di appello di Craiova fece diritto all’appello della richiedente, annullò il giudizio reso in prima istanza ed annullò la decisione no 600/A/2001. Si basava su una lettera del 13 novembre 2003 indirizzata dall’università di Craiova alla prefettura del dipartimento di Dolj con la quale la prima indicava di essere d’ accordo per la concessione di un indennizzo alla richiedente. Nel dispositivo della sua decisione, valutò il risarcimento dovuto alla richiedente a 70 USD il metro quadrato, conformemente alla convenzione conclusa dalle parti durante il procedimento. Menzionò anche nei considerando della sua decisione che la richiedente avrebbe dovuto beneficiare di questo risarcimento una volta adottata la legge speciale che doveva regolare le modalità, gli importi ed il procedimento di indennizzo.
36. Tanto la richiedente che l’università di Craiova ed il ministero delle Finanze formarono dei ricorsi contro questa decisione al motivo che nessuna convenzione era stata conclusa tra le parti. La richiedente adduceva anche che la decisione attaccata non indicava quale delle due parti convenute -l’università o lo stato rumeno-era debitrice dell’obbligo di pagamento.
37. Con una sentenza definitiva del 30 marzo 2006, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia respinse i ricorsi e confermò la decisione della corte di appello di Craiova del 21 novembre 2003. Considerò che in virtù dell’articolo 24 della legge no 10/2001, l’università che utilizzava il terreno rivendicato dal richiedente, aveva l’obbligo, nel caso in cui la restituzione del terreno non avrebbe potuto essere effettuata, di presentare un’offerta di indennizzo che corrispondesse al valore dell’immobile e di comunicare la sua decisione alla prefettura del dipartimento di Dolj.
38. L’Alta Corte osservò poi che, durante il procedimento, l’università di Craiova aveva sottoposto la lettera del 13 novembre 2003 con la quale aveva informato la prefettura del dipartimento di Dolj che consentiva alla concessione di un indennizzo alla richiedente all’altezza l’importo sollecitato da questa ultima. Stimò che, col suo contenuto, questa comunicazione rappresentava un’offerta fatta conformemente agli articoli 24 e 36 della legge no 10/2001, offerta che del resto la richiedente aveva accettato. Secondo l’Alta Corte, simile offerta da parte dell’università valeva come consenso della parte convenuta alle pretese del richiedente. Quindi, la corte di appello si era limitata a constatare il fatto che l’università aveva, durante il procedimento, preso delle misure per rispettare i suoi obblighi derivanti dalla legge.
39. L’Alta Corte precisò anche che nessun obbligo concreto era stato stabilito, a carico dello stato rumeno, parte al procedimento, dovendosi effettuare la concessione effettiva di un risarcimento dell’importo stabilito secondo il procedimento speciale regolato dalla legge no 247/2005.
b) I seguiti amministrativi del procedimento giudiziale
40. Con una decisione del 27 gennaio 2006, l’università di Craiova propose alla prefettura di Dolj di concedere alla richiedente, per il terreno di 2 140 m², l’indennizzo fissato dalla decisione del 21 novembre 2003 della corte di appello di Craiova. La decisione era fondata sulla legge no 10/2001.
41. L’autorità nazionale per la restituzione delle proprietà (“l’ANRP”) avendola invitata, con una lettera del 24 dicembre 2008, a prendere una decisione fondata sulla legge no 247/2005, l’università di Craiova propose, il 24 marzo 2009, alla prefettura di Dolj di concedere alla richiedente l’indennità in questione. Precisò che la pratica doveva essere trasmessa alla Commissione centrale di indennizzo, (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, “la Commissione centrale”).
42. La Commissione centrale non ha informato la richiedente dei seguiti di questa decisione. A questo giorno, nessuna indennità è stata versata all’interessata.
43. All’udienza del 8 giugno 2010, il Governo ha indicato che l’istanza della richiedente doveva essere trattata in precedenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA PERTINENTI
A. Riassunto delle principali disposizioni legislative concernenti la restituzione dei beni nazionalizzati prima del 1989 o, a difetto, l’indennizzo ivi relativo
44. Le principali disposizioni legislative in materia sono state descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania [GC], (no 28342/95, §§ 34-35, CEDH 1999-VII); Străin ed altri c. Romania, (no 57001/00, § 19, CEDH 2005-VII); Păduraru c. Romania,( no 63252/00, §§ 23-53, CEDH 2005-XII (brani)); Viaşu c. Romania, (no 75951/01, §§ 30-49, 9 dicembre 2008); Faimblat c. Romania, (no 23066/02, §§ 16-17, 13 gennaio 2009); Katz c. Romania, (no 29739/03, § 11, 20 gennaio 2009); Tudor Tudor c. Romania, (no 21911/03, § 21, 24 marzo 2009) e Matieş c. Romania,( no 13202/03, §§ 13-17, 8 giugno 2010). Possono essere riassunte come segue.
1. Cornice generale
45. La legge no 18 del 19 febbraio 1991 sul fondo finanziario riconosceva ai vecchi proprietari ed ai loro eredi il diritto alla restituzione parziale dei terreni agricoli. La modifica più importante di questa legge fu introdotta dalla legge no 1 dell’ 11 gennaio 2000 che portò il diritto a restituzione a 50 ettari per persona per le terre arabili ed a 100 ettari per persona per le pasture. A difetto di restituzione, i beneficiari avevano diritto ad un indennizzo.
46. Trattandosi degli immobili statalizzati, in mancanza di legislazione speciale che definiva il regime giuridico di questi beni, i tribunali si stimò in un primo tempo competente per esaminare la questione della legalità degli atti di statalizzazione e per ordinare, in caso di constatazione di illegalità, la restituzione dei beni in questione.
47. L’entrata in vigore della legge no 112 del 25 novembre 1995 che precisava la situazione giuridica di certi beni immobili ad uso di abitazione autorizzò la vendita di questi immobili agli inquilini. La loro restituzione ai vecchi proprietari o ai loro eredi era possibile solamente se abitavano in quanto inquilini o se gli alloggi fossero stati liberi. A difetto di restituzione, i vecchi proprietari potevano chiedere un indennizzo che era plafonato.
48. In quanto agli immobili ed ai terreni appartenuti alle organizzazioni delle minoranze nazionali ed alle istituzioni confessionali, le ordinanze di emergenza del governo numero 83 del 8 giugno 1999 e 94 del 29 giugno 2000 contemplavano la loro restituzione o, a difetto, la concessione di un risarcimento.
49. La legge no 10 del 8 febbraio 2001 sul regime giuridico degli immobili presi abusivamente dallo stato consacrava il principio della restituzione degli immobili riguardati. Nel caso in cui la restituzione non era più possibile, i vecchi proprietari o i loro eredi potevano richiedere un risarcimento non plafonato.
50. La legge no 1 del 30 gennaio 2009 disponeva che gli immobili venduti in virtù della legge no 112/1995 non potevano essere più oggetto di una restituzione, ma unicamente di altre misure di risarcimento. La scelta tra le azioni di rivendicazione ed il procedimento speciale di restituzione previsto dalla legge no 10/2001 è stata annullata a favore di questo ultimo procedimento.
51. Oltre i beni previsti dalle suddette disposizioni legislative, lo stato si avvia ad indennizzare i vecchi proprietari o i loro eredi che hanno perso degli immobili, dei terreni o dei raccolti abbandonati su certi territori in seguito ai cambiamenti di frontiere prima e in corso della Seconda Guerra mondiale. Previsto dalle leggi numeri 9/1998, 290/2003 e 393/2006 e coordinato dall’ANRP, il procedimento amministrativo di indennizzo per questi beni è differente da quello contemplato per i beni immobili statalizzati, ed i fondi necessari provengono dal bilancio dello stato.
2. Procedimento previsto dalla legge no 247/2005 per la determinazione dell’importo delle indennità
52. La legge no 247/2005 sulla riforma della giustizia e della proprietà, sempre in vigore, ha modificato in un modo sostanziale le precedenti leggi di indennizzo stabilendo in particolare un procedimento amministrativo unificato per le istanze che riguardavano i beni riguardati dalle leggi numeri 1/2000 e 10/2000 e dalle ordinanze di emergenza del governo numeri 83/1999 e 94/2000.
53. Contempla che in mancanza di restituzione, i beneficiari delle misure di risarcimento possono scegliere tra il compenso del loro credito tramite dei beni e dei servizi ed il versamento di un’indennità calcolata secondo “la pratica e gli standard interni ed internazionali in materia di indennizzo per gli immobili e le case acquisiti abusivamente dallo stato.”
54. Il ruolo principale nel collocamento in opera di questa legge fu affidato a due strutture di recente create: la Commissione centrale di indennizzo (Comisia centrală pentru Stabilirea Despăgubirilor, “la Commissione centrale”) e l’autorità nazionale per la restituzione delle proprietà (Autoritatea Naţională pentru Restituirea Proprietăţilor, l’ «ANRP”).
55. Dei nuovi termini per l’introduzione delle istanze di restituzione o di indennizzo furono accordati, ossia sessanta giorni per i terreni agricoli e sei mesi per i beni immobili appartenuti alle istituzioni confessionali ed alle organizzazioni di minoranze nazionali.
56. Le decisioni delle autorità locali che concedono o propongono la concessione di indennità devono essere oggetto di un controllo di legalità da parte del prefetto che è incaricato di trasmetterle poi alla Commissione centrale.
57. Le disposizioni che regolano il controllo della legalità furono precisate dall’ordinanza del governo no 128 del 6 febbraio 2008. Secondo queste disposizioni, se il prefetto stima che la decisione del sindaco o delle altre autorità amministrative locali è illegale, può contestarla tramite la via del contenzioso amministrativo entro un anno a partire dalla decisione.
58. Al ricevimento della pratica, la Commissione centrale deve verificare la legalità del rifiuto di restituzione del bene immobile poi trasmettere la pratica a “valutatori graditi” affinché questi ultimi stabiliscano l’importo dell’indennizzo. Sulla base del rapporto di valutazione, la Commissione centrale rilascia un “titolo di risarcimento” o rinvia la pratica alle autorità locali per riesame.
59. La legge no 247/2005 non fissa né i termini né l’ordine in cui la Commissione centrale deve trattare le pratiche. Il 28 febbraio 2006, la Commissione centrale decise che l’ordine di trattamento delle pratiche sarebbe stato aleatorio. Il 16 settembre 2008, ritornò sulla sua decisione e risolse di trattare le pratiche nell’ordine dalla loro registrazione.
3. Meccanismo messo in opera dal a legge no 247/2005 per il pagamento delle indennità
60. Ai fini del pagamento delle indennità fissate dalla Commissione centrale fu creato un organismo di collocamento collettivo di valori mobiliari dal nome di fondo Proprietatea. Il suo capitale è costituito per la maggioranza dagli attivi dello stato in differenti imprese.
61. La legge no 247/2005 precisò che il fondo Proprietatea doveva prendere, entro trenta giorni a contare dal suo bando, le misure necessarie in vista della quotazione delle sue azioni in borsa, affinché i beneficiari delle decisioni di indennizzo emesse in virtù delle leggi di restituzione potessero vendere le loro azioni e potessero percepirne in ogni momento il valore.
62. Dal luglio 2005, la legge no 247/2005 è stata modificata a più riprese, tanto in quanto al funzionamento ed al finanziamento del fondo Proprietatea che per ciò che riguarda le modalità di calcolo ed i procedimenti di concessione di indennità.
63. Il 28 giugno 2007, il governo adottò l’ordinanza di emergenza no 81/2007 che modificò l’organizzazione ed il funzionamento del fondo Proprietatea. Tra le altre misure, questa ordinanza, confermata dalla legge no 142 del 12 luglio 2010, accorda ai beneficiari di titoli del fondo Proprietatea la possibilità di percepire una parte della somma in contanti.
64. Secondo l’ordinanza del governo no 128 del 6 febbraio 2008 concernente il collocamento in applicazione dell’ordinanza no 81/2007, dopo l’emissione del “titolo di indennizzo” (titlu di despagubire) da parte della Commissione centrale, l’interessato ha la scelta tra ricevere una parte della somma in contanti, nel limite di 500 000 lei rumeni (Ron)) ed il restante in azioni, e ricevere l’interezza della somma in azioni. Questa scelta deve operarsi presso l’ANRP che deve sostituire il “titolo di indennizzo” con un “titolo di pagamento” (titlu di plata) corrispondente all’importo della somma da pagare in contanti ed un “titolo di conversione” (titlu di conversie) corrispondente al restante della somma da convertire in azioni del fondo Proprietatea.
65. Questa scelta può intervenire entro tre anni a partire dall’emissione da parte della Commissione centrale del “titolo di indennizzo.” Le istanze di opzione devono essere esaminate per ordine cronologico, ma nessun termine è contemplato espressamente a questo fine.
66. Il pagamento delle somme in contanti inferiore o uguale a 250 000 Ron deve essere effettuato entro un anno a contare dalla data dell’emissione del titolo di pagamento e di due anni per le somme comprese tra 250 000 e 500 000 Ron.
67. Con l’ordinanza di emergenza del Governo no 62 del 30 giugno 2010, il pagamento delle somme in contanti è stato sospeso per un periodo di due anni affinché l’equilibrio di bilancio venisse mantenuto. Durante questo periodo, i “titoli di indennizzo” possono essere convertiti solamente in azioni del fondo Proprietatea.
B. Idea della pratica giudiziale interna pertinente
1. La posizione della Corte costituzionale
68. Su richiesta di parlamentari, la Corte costituzionale esaminò, nella cornice del controllo della costituzionalità preliminare alla loro entrata in vigore, la conformità alla Costituzione delle leggi numeri 112/1995, 1/2000, 10/2001 e 247/2005. Con le decisioni rese il 19 luglio 1995, il 27 dicembre 1999, il 7 febbraio 2001 e il 6 luglio 2005, giudicò che queste leggi erano conformi alla Costituzione, eccetto le disposizioni della legge no 112/1995 che confermavano il diritto di proprietà dello stato sugli immobili trasferiti nel suo patrimonio senza titolo e che subordinavano la concessione di misure di risarcimento su prova che la richiedente aveva la sua residenza permanente in Romania.
69. Nella cornice del controllo di costituzionalità posteriore alla loro entrata in vigore la Corte costituzionale fu chiamata, a pronunciarsi di nuovo sulla costituzionalità di certe loro disposizioni. Respinse la maggior parte delle eccezioni di incostituzionalità sollevate dinnanzi alle giurisdizioni interne e confermò la conformità di queste leggi alla Costituzione.
70. Con la sua decisione no 830 dell’ 8 luglio 2008, la Corte costituzionale giudicò che tutte le persone che avevano introdotto nel termine legale un’istanza in virtù della legge no 10/2001 potevano pretendere le misure di risarcimento e particolarmente la restituzione dei loro beni nel caso in cui la statalizzazione fosse stata illegale.
2. La giurisprudenza dei corsi e dei tribunali interni tra cui l’Alta Corte di cassazione e di giustizia
71. Dopo l’entrata in vigore della legge no 112/1995, la pratica delle giurisdizioni interne ha sofferto la mancanza di una cornice legislativa stabile. La giurisprudenza ha fornito parecchie interpretazioni concernenti le nozioni come “titolo di proprietà” dello stato, “buona fede” dell’acquirente, “apparenza in diritto”, così come dei rapporti tra le azioni di rivendicazione ed i procedimenti di restituzione previsti dalle leggi speciali (vedere, Păduraru, precitata, § 96).
72. Trattandosi della posizione dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia per ciò che riguarda la competenza dei tribunali interni per deliberare sulle istanze di restituzione di beni statalizzati in caso di mancanza di risposta delle autorità amministrative alle notifiche indirizzate in virtù della legge no 10/2001, l’assemblea plenaria, deliberando su un ricorso nell’interesse della legge, ha deciso, con la sentenza no 20 del 19 marzo 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 12 novembre 2007, che le giurisdizioni interne erano competenti per deliberare sul merito delle istanze ed ordinare, all’occorrenza, la restituzione dei beni o la concessione degli indennizzi previsti dalla legge.
73. Con due sentenze numeri 53 e 33 del 4 giugno 2007 e del 9 giugno 2008, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale il 13 novembre 2007 e il 23 febbraio 2009, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, deliberando anche su due ricorsi nell’interesse della legge, ha deciso che dopo l’entrata in vigore della legge no 10/2001, le azioni di rivendicazione dei beni espropriati o statalizzati prima del 1989, introdotte in parallelo col procedimento di restituzione regolata dalla legge no 10/2001, erano inammissibili. Però, a titolo di eccezione, l’Alta Corte ha giudicato che la persona che possedeva un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, poteva introdurre un’azione di rivendicazione purché questa non recasse offesa ai diritti di proprietà acquisiti da terzi in buona fede.
74. Con la sentenza no 52 del 4 giugno 2007, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 22 febbraio 2008, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia, deliberando anche su un ricorso nell’interesse della legge, ha stimato che il procedimento amministrativo previsto dalla legge no 247/2005 non si applicava alle istanze di restituzione o di indennizzo già decise dalle autorità amministrative locali in virtù delle disposizioni della legge no 10/2001.
75. Per ciò che riguarda le decisioni delle autorità amministrative locali che accolgono una istanza di restituzione o di indennizzo in virtù della legge no 10/2001, l’Alta Corte ha giudicato che avevano fatto nascere dei diritti patrimoniali per gli aventi diritto e che, di conseguenza, non potevano più essere revocate o annullate dall’autorità amministrativa locale o dalla Commissione centrale (sentenze no 6723 del 17 ottobre 2007 e no 6812 del 10 novembre 2008 della camera civile dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia).
76. In quanto alle istanze trasmesse alla Commissione centrale in virtù della legge no 247/2005 e che non erano state oggetto di una decisione, l’Alta Corte ha dichiarato che i tribunali non potevano sostituirsi alla Commissione centrale per il calcolo degli indennizzi (sentenze no 4894 del 27 aprile 2009 e no 5392 del 11 maggio 2009 della camera civile dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia). Ha considerato in compenso che, malgrado la mancanza di un termine legale imposto alla Commissione centrale per rendere la sua decisione, questa ultima aveva l’obbligo di pronunciarsi sulle istanze di restituzione o di indennizzo in un “termine ragionevole”, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenze numeri 3857 e 3870 del 4 novembre 2008 della camera del contenzioso amministrativo e fiscale dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia).
C. Dati statistici concernenti il fondo Proprietatea ed il pagamento degli indennizzi
77. Le statistiche comunicate dall’ANRP nel maggio 2010 e forniti dal Governo sono le seguenti:
-trattandosi della legge no 10/2001, 202 782 istanze sono state registrate presso le autorità locali. 119 022 pratiche sono state esaminate ed in 56 000 casi la concessione di un’indennità è stata proposta;
-46 701 pratiche costituite in virtù della legge no 10/2001 e 375 pratiche costituite in virtù delle ordinanze di emergenza del governo numeri 83/1999 e 94/2000 sono stati trasmessi alla Commissione centrale che ha rilasciato 10 345 “titoli di indennizzo.” Le altre pratiche sono in corso d’ esame;
-trattandosi delle leggi numeri 18/1991 e 1/2000 concernenti i terreni agricoli, secondo un conteggio parziale che riguarda 8 dipartimenti su 41, quasi un milione e mezzo di istanze di restituzione o di indennizzo sono stati indirizzati alle autorità locali. 55 271 pratiche costituite in virtù di queste leggi sono state trasmesse alla Commissione centrale che ne ha considerato 21 279 e hanno rilasciato 10 915 “titoli di indennizzo.” Le altre pratiche sono in corso d’ esame;
-trattandosi delle istanze di restituzione di terreni o di indennizzo in virtù della legge no 247/2005, più di 800 000 istanze sono stati registrate presso le autorità locali di cui sono state accolte favorevolmente con proposta di indennizzo circa 172 000;
– sull’’insieme dei beneficiari di “titoli di indennizzo”, 15 059 hanno esercitato la scelta di ricevere una parte della somma in contanti, per un importo totale di circa 2 miliardi di Ron (o circa 400 milioni di euro). 3 850 persone hanno percepito dei versamenti per un totale di circa 350 milioni di Ron (o circa 80 milioni di euro).
78. Create nel dicembre 2005, le azioni del fondio Proprietatea non sempre sono state quotate in borsa. Però, dal 2007, il fondo Proprietatea versò dei dividendi ai suoi azionisti e dal marzo 2008 la vendita delle azioni del fondo è autorizzata tramite transazioni dirette controllate dall’autorità di regolazione borsista. A titolo di esempio, 206 cessioni sono state registrate nel maggio 2010.
79. Secondo le informazioni pubblicate il 4 giugno 2010 dal fondo Proprietatea, il ministero delle Finanze è l’azionista maggioritario, col 56% delle azioni del fondo. Inoltre, 103 azionisti sono delle persone giuridiche detenenti, al totale, il 12% delle azioni del fondo e 3 622 azionisti individuali detenenti, al totale, il 31,4% delle azioni del fondo.
80. Secondo una stima avanzata dal Governo, l’importo necessario per pagare le indennità previste dalle leggi di indennizzo ammonta a 21 miliardi di euro.
D. I testi del Consiglio dell’Europa
81. Nella sua Risoluzione Res(2004)3 relativa alle sentenze che rivelano un problema strutturale sottostante, adottata il 12 maggio 2004, il Comitato dei Ministri ha indicato ciò che segue:
“Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio dell’Europa
Invita la Corte:
I. in ogni misura possibile, ad identificare nelle sentenze dove constata una violazione della Convenzione quello che, secondo lei, rivela un problema strutturale sottostante e la sorgente di questo problema, in particolare quando è suscettibile di dare adito a numerose richieste, in modo da aiutare gli Stati a trovare la soluzione appropriata ed il Comitato dei Ministri a sorvegliare l’esecuzione delle sentenze,;
II. a segnalare in particolare ogni sentenza che comprende delle indicazioni sull’esistenza di un problema strutturale e sulla sorgente di questo problema non solo allo stato riguardato ed al Comitato dei Ministri, ma anche all’assemblea parlamentare, al Segretario Generale del Consiglio dell’Europa ed al Commissario ai Diritti dell’uomo del Consiglio dell’Europa, ed a segnalare in modo adeguato queste sentenze nella banca dati della Corte. “
82. La Raccomandazione Rec(2004)6 del Comitato dei Ministri sul miglioramento dei ricorsi interni, adottata il 12 maggio 2004, si legge così:
“Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio dell’Europa
Raccomanda agli Stati membri, tenendo conto degli esempi delle pratiche domestiche che figurano qui accluse,:
I. di assicurarsi con un seguito consolidato, alla luce della giurisprudenza della Corte, che i ricorsi interni esistano per ogni persona che adduce in modo difendibile una violazione della Convenzione e che questi ricorsi siano effettivi, nella misura in cui permettono di arrivare ad una decisione sulla fondatezza del motivo di appello ed ad un rimedio adeguato di ogni violazione constatata;
II. di riesaminare, in seguito a sentenze della Corte che rivelano delle mancanze strutturali o generali nel diritto o nella pratica dello stato, l’effettività dei ricorsi interni esistenti e, all’occorrenza, mettere in opera dei ricorsi effettivi per evitare che le cause ripetitive vengano portate dinnanzi alla Corte;
III. di portare un’attenzione particolare, nella cornice dei punti I ed II sopra, all’esistenza di ricorsi effettivi in caso di affermazione difendibile di durata eccessiva dei procedimenti giurisdizionali “
83. La parte pertinente dell’allegato alla Raccomandazione Rec(2004)6 del Comitato dei Ministri è formulata così:
“(…) 13. Dopo che una sentenza della Corte che rivela delle mancanze strutturali o generali nel diritto o nella pratica dello stato (“sentenza pilota”) è stato resa e che numerose richieste che riguardano lo stesso problema (“cause ripetitive”) sono pendenti o suscettibili di essere introdotte dinnanzi alla Corte, lo stato convenuto dovrebbe assicurarsi che i potenziali richiedenti dispongano di un ricorso effettivo che permetta loro di rivolgersi ad un’autorità nazionale competente, ricorso che potrebbe essere utilizzato anche dalle attuali richiedenti. Tale ricorso veloce ed efficace permetterebbe loro di ottenere risarcimento già a livello interno, conformemente al principio di sussidiarietà del sistema della Convenzione.
14. Il collocamento in essere di tale ricorso interno potrebbe contribuire anche in modo significativo a ridurre il carico di lavoro della Corte. Sebbene l’esecuzione veloce della sentenza pilota resta essenziale per decidere il problema strutturale e prevenire così delle future richieste sulla stessa questione, può esistere una categoria di persone che sono state già lese da questo problema prima della risoluzione di questo ultimo. Per queste persone, l’esistenza di un ricorso teso a garantire un risarcimento a livello interno permetterebbe alla Corte di invitarli ad utilizzare il nuovo ricorso e, all’occorrenza, di dichiarare le loro richieste inammissibili.
15. Parecchie opzioni per giungere sono possibili secondo, entra altri, la natura del problema strutturale in questione e che la persona toccata da questo problema abbia introdotto già o non una richiesta dinnanzi alla Corte.
16. In particolare, in seguito ad una sentenza pilota che ha rilevato un problema strutturale specifico, potrebbe essere adottato per esempio un approccio ad hoc con cui lo stato riguardato esaminerebbe l’opportunità di mettere i essere un ricorso specifico o di ampliare un ricorso esistente tramite via legislativa o giurisprudenziale.
17. All’epoca di questo esame di caso per caso, gli Stati potrebbero prevedere, se ciò si rivela opportuno, la riapertura di procedimenti simili a quelli di una causa “pilota” che ha stabilito una violazione della Convenzione, per risparmiare alla Corte di dover trattare queste cause e di fornire, all’occorrenza, una correzione più veloce alla persona riguardata. A questo riguardo, i criteri enumerati nella Raccomandazione Rec(2000)2 del Comitato dei Ministri potrebbero servire da sorgente di ispirazione.
18. Quando tali ricorsi specifici sono stati messi in essere in seguito ad una sentenza pilota, i governi dovrebbero informare velocemente la Corte, affinché possa tenerne conto nel trattamento delle cause ripetitive.
19. Tuttavia, non sarà necessario o appropriato creare un nuovo ricorso per ogni causa nella quale una sentenza della Corte ha identificato un problema strutturale o di accordare loro un certo effetto retroattivo. In certi casi, può essere preferibile lasciare alla Corte la cura di esaminare queste cause, per evitare in particolare di imporre al richiedente un carico supplementare di dovere esaurire di nuovo dei ricorsi interni che, in più, potrebbero vedere il giorno solo dopo l’adozione di cambiamenti legislativi “
84. Il 2 marzo 2010, all’epoca della loro 1078 riunione, i Delegati dei Ministri che sorvegliano l’esecuzione delle sentenze della Corte, hanno ricordato a proposito delle cause Străin, Viaşu e più di un centinaio di altre cause rumene di questo tipo che le questioni che erano sollevate lì avevano fatto riferimento ad un importante problema sistemico legato in particolare alla mancanza di restituzione o poi ulteriormente di indennizzo di beni statalizzati rivenduti dallo stato a terzi. Hanno preso atto di un piano di azione presentato il 25 febbraio 2010 dalle autorità rumene, che hanno invitato a sottoporre un calendario previsionale per l’adozione delle misure previste.
E. Diritto comparato in materia di restituzione o di indennizzo per i beni nazionalizzati prima del 1989 in Europa centrale ed orientale
85. Negli anni che seguirono la Seconda Guerra mondiale, i regimi comunisti di numerosi paesi dell’Europa centrale ed orientale nazionalizzarono ed espropriarono massicciamente gli immobili così come le imprese industriali, bancarie, commerciali e, eccetto la Polonia, agricole.
86. All’inizio degli anni 1990, delle misure di restituzione furono adottate in molti di questi paesi la cui situazioni politica e giuridica erano differenti. Le modalità e la superficie delle restituzioni differivano e si è osservato una grande diversità nelle forme di indennizzo definite dagli Stati.
87. Certi Stati non hanno adottato misure legislative concernenti la restituzione o l’indennizzo dei beni statalizzati o confiscati (Azerbaigian, Bosnia-Erzegovina e Georgia).
88. La legislazione polacca non contempla la restituzione o l’indennizzo generale dei beni confiscati o statalizzati. La sola eccezione riguarda la regione del Boug e si limita a contemplare un diritto ad indennizzo. Questo diritto può concretarsi, a scelta del creditore: tramite deduzione del valore indicizzato dei beni abbandonati dal prezzo dei beni pubblici acquisiti mediante un procedimento di appello di offerte, o tramite versamento di un’indennità pecuniaria proveniente dafondi di indennizzo. L’importo dell’indennizzo che può essere versato al creditore è plafonato dalla legge al 20% del valore reale dei beni persi nella regione del Boug.
89. La legislazione ungherese sul compenso parziale dei danni causati dallo stato ai beni dei cittadini contempla un indennizzo sotto forma di una somma di denaro o di buoni di compenso. La legge definisce anche un massimale.
90. La maggioranza dei paesi riguardati limita il diritto alla restituzione o all’ indennizzo a certe categorie di beni o di persone. Certi Stati fissano nella loro legislazione dei termini, talvolta molto brevi, per introdurre istanze.
91. Certi paesi (Albania, Bulgaria, ex-repubblica iugoslava di Macedonia e Lituania) prevedono diverse forme di restituzione e/o di indennizzo dalle leggi dette “di restituzione.” Altri hanno incluso la questione della restituzione dei beni nelle leggi di riabilitazione (Germania, Moldova, Repubblica ceca, Russia, Slovacchia ed Ucraina). La questione è trattata infine, anche nelle leggi sulla proprietà (Germania, Bulgaria, Estonia, Repubblica ceca e Slovenia).
92. In ogni caso, la restituzione non è un diritto assoluto e può essere sottoposto a numerose condizioni o limitazioni. Ne va parimenti per il diritto ad un indennizzo.
1. Le condizioni ratione personae
93. La restituzione dei beni confiscati o statalizzati o un indennizzo possono riguardare sia i vecchi proprietari sia i loro successori (eredi legali in Albania). Certe legislazioni, come quelle dell’Estonia, della Lituania, della Moldova, della Repubblica ceca, della Slovacchia e della Slovenia, esigono dai richiedenti la qualità di cittadino al momento della confisca o dell’istanza di restituzione, e talvolta anche di entrambi. In più, il diritto della Slovacchia e dell’Estonia poneva come condizione che il richiedente avesse avuto la sua residenza permanente nel paese riguardato al momento dell’entrata della legge in vigore e dell’istanza di restituzione o di indennizzo. Per i sistemi che contemplano il procedimento di riabilitazione, uniche le persone riabilitate conformemente alla legge possono esigere la restituzione dei loro beni. È il caso in Germania, Moldova, Repubblica ceca, Russia, Slovacchia ed Ucraina, paesi dove il diritto alla restituzione o ad un indennizzo deriva, interamente o parzialmente, della riabilitazione delle vittime della repressione politica.
2. Le categorie di beni esclusi della restituzione
94. Certe legislazioni escludono parecchie categorie di beni della restituzione o dall’indennizzo.
95. In certi Stati sono esclusi le terre e gli edifici il cui carattere è stato alterato (Germania), in altri i beni che hanno perso il loro carattere di origine (Estonia) o ancora i beni che sono spariti o che sono stati distrutti, così come i beni che sono stati privatizzati (Moldova, Russia ed Ucraina).
96. Peraltro, in Estonia, gli oggetti militari, i beni culturali o sociali o gli oggetti sotto la protezione dello stato, così come gli edifici amministrativi delle autorità statali o locali non possono essere restituiti. Secondo la legislazione del Moldova, le terre, le foreste, gli allestimenti pluri-annuali o i beni che sono stati confiscati per ragioni senza nessuna relazione con la repressione politica sono anche esclusi della restituzione.
97. In Russia ed in Ucraina i beni che sono stati nazionalizzati conformemente alla legislazione in vigore all’epoca sono esclusi della restituzione o dall’indennizzo.
98. In Lituania, la restituzione è unicamente possibile per gli immobili abitativi. In Serbia, la legge contempla solamente la restituzione parziale delle terre agricole. Infine, in Repubblica ceca ed in Bulgaria le leggi di restituzione specificano i beni che ne dipendono.
3. Le limitazioni temporali
99. Certe legislazioni impongono delle limitazioni temporali all’introduzione di un’istanza di restituzione o di indennizzo. È il caso dell’Albania e dell’Estonia, dove i vecchi proprietari hanno beneficiato di meno di un anno per depositare la loro domanda, dell’ex-repubblica iugoslava di Macedonia, della Repubblica ceca e della Slovacchia, un anno a contare dalla data di entrata in vigore della legge riguardante riabilitazione.
100. Altre legislazioni limitano la restituzione o l’indennizzo ai beni statalizzati o confiscati durante un certo periodo. A titolo di esempio, la legislazione tedesca limita l’indennizzo ai beni nazionalizzati dopo il 1949, ma contempla un’indennità per i beni nazionalizzati tra il 1945 e 1949 nella zona di occupazione sovietica.
4. Le forme di compenso e le loro limitazioni
101. Parecchi paesi hanno scelto un indennizzo sotto forma di un bene equivalente, della stessa natura del bene statalizzato o confiscato (Albania, Germania, Bulgaria, ex-repubblica iugoslava di Macedonia e Montenegro).
102. Quando lo scambio è impossibile, le legislazioni contemplano la facoltà di restituire un bene di un’altra natura, una somma di denaro, dei buoni di compenso (Bulgaria ed Ungheria, dei titoli o degli obblighi di stato, ex-repubblica iugoslava del Macedonia, Slovenia) o delle quote sociali in un’impresa pubblica, Albania e Bulgaria.
103. Il calcolo dell’importo dell’indennità versata si basa principalmente sul valore commerciale del bene al momento della decisione di restituzione o di indennizzo (Albania, Lituania, Moldova, Montenegro, Polonia e Serbia) o al momento della confisca (ex-repubblica iugoslava del Macedonia) o ancora come fissato da una legge.
104. Certi paesi aggiungono altre considerazioni a quella del prezzo del mercato. Se il risarcimento consiste in quote sociali, l’importo è uguale al valore del bene al momento della decisione, o al valore del bene pubblico privatizzato (Albania).
105. Altri fattori possono intervenire anche nella determinazione dell’importo dell’indennità. Per esempio, si tiene conto del valore del bene prima l’espropriazione che sarà moltiplicato da un coefficiente previsto dalla legge in Germania.
106. Certe legislazioni fissano dei massimali per l’indennità (Germania, Russia, Ucraina) o dei versamenti scaglionati (Moldova).
5. Le autorità competenti per decidere della restituzione o dell’indennizzo
107. Le autorità incaricate di deliberare sulla restituzione o l’indennizzo possono essere sia natura giudiziario sia di natura amministrativa. Tra le più frequenti figurano delle commissioni speciali di restituzione e di indennizzo (Albania, Bulgaria, Moldova, Montenegro), degli organi amministrativi (Lituania), i ministeri delle Finanze o della Giustizia, ed anche dei tribunali (Repubblica ceca). In tutti gli Stati, le decisioni degli organi amministrativi possono essere contestate dinnanzi ai tribunali amministrativi o civili.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
108. La Corte considera da prima che, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, c’è luogo, in applicazione dell’articolo 42 § 1 del suo ordinamento, di unire le richieste registrate sotto i numeri 30767/05 e 33800/06, presentando i fatti all’origine delle due cause dei punti comuni. La cornice legislativa e le pratiche amministrative essendo simili, la Corte stima che la congiunzione delle due richieste permette di analizzarle meglio.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
109. Le due prime richiedenti, OMISSIS, adducono che il rigetto della loro azione di rivendicazione dell’appartamento no 1 e di annullamento del contratto di vendita di questo ha infranto il loro diritto di accesso ad un tribunale. La terza richiedente, OMISSIS, sostiene che la durata del procedimento di restituzione è stata eccessiva. Invocano tutti tre l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
110. La Corte nota al primo colpo che il motivo di appello principale di OMISSIS riguarda la mancanza di efficacia del meccanismo di indennizzo che avrebbe contribuito per di più ad allungare il procedimento di indennizzo. Essendo sottostante la questione della durata del procedimento a quella dell’efficacia del meccanismo di indennizzo, la Corte si dedicherà su questo motivo di appello sotto l’angolo del diritto al rispetto dei beni (paragrafi 150-194 sotto).
A. Sull’ammissibilità
111. La Corte constata che il motivo di appello derivato da OMISSIS dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e concernente il presunto difetto di accesso ad un tribunale non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
a) Le richiedenti
112. Le OMISSIS considerano che negando di esaminare la loro azione in rivendicazione dell’appartamento controverso al motivo che dovevano seguire a priori il procedimento amministrativo previsto a questo effetto dalla legge no 10/2001, le giurisdizioni interne hanno ignorato il loro diritto di accesso ad un tribunale. Aggiungono che per ottenere la restituzione dell’appartamento, si sono avvalse di tutte le vie di ricorsi offerti col diritto interno, a sapere l’azione in rivendicazione ed i procedimenti amministrativi instaurati dalle leggi i nostri 112/1995 e 10/2001, senza ottenere mai di decisione sul fondo.
b) Il Governo
113. Il Governo sostiene che il rigetto dell’azione di OMISSIS non ha recato offesa al diritto di accesso delle interessate ad un tribunale, ma che è stato motivato dalla preoccupazione delle giurisdizioni interne di preservare la coerenza dei procedimenti di restituzione instaurata dalla legge no 10/2001. Stima che, le richiedenti potevano godere comunque, pienamente del diritto di accesso ad un tribunale nella cornice delle vie di ricorso messe a loro disposizione dalla legge no 10/2001.
2. Valutazione della Corte
114. La Corte ricorda che l’articolo 6 § 1 garantisce ad ogni persona il diritto affinché un tribunale conosca ogni contestazione relativa ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile. Consacra così il “diritto ad un tribunale” il cui diritto di accesso, ossia il diritto di investire il tribunale in materia civile, costituisce solamente un aspetto.
115. Il diritto di accesso ai tribunali, riconosciuto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, non è assoluto: suscita delle limitazioni implicitamente ammesse perché comanda anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato. Gli Stati contraenti godono in materia di un certo margine di valutazione. Appartiene tuttavia alla Corte deliberare in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione; deve convincersi che le limitazioni messe in opera non restringono l’accesso offerto all’individuo in un modo o ad un punto tale che il diritto se ne trovi danneggiato nella sua sostanza stessa. Inoltre, simile limitazione si concilia con l’articolo 6 § 1 solo se mira ad uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
116. A questo riguardo, c’è luogo di ricordare che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi. L’osservazione vale in particolare per il diritto di accesso ai tribunali, visto il posto eminente che il diritto ad un processo equo occupa in una società democratica (Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, §§ 43-45, CEDH 2001-VIII).
117. Per ciò che riguarda OMISSIS, la Corte constata che hanno esercitato un ricorso fondato sulle disposizioni della legge no 10/2001, ma che la sentenza definitiva del 18 aprile 2005 condannando il municipio a rispondere non è mai stata eseguita loro, mentre la loro istanza risaliva a 2001. Quindi, la Corte non può accettare l’argomento del Governo che consiste nel dire che le richiedenti hanno potuto beneficiare pienamente del diritto di accesso ad un tribunale nella cornice delle vie di ricorso previste dalle leggi speciali di risarcimento.
118. Trattandosi dell’azione di rivendicazione fondata sulle disposizioni civili di diritto comune, la Corte stima che il suo rigetto motivato dalla necessità di garantire l’applicazione coerente delle leggi di risarcimento non rivela di per sé un problema sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, purché il procedimento previsto dalla legge no 10/2001 appaia come una via legale effettiva (Faimblat, precitats, § 33).
119. Ora risulta dslla pratica nazionale che all’epoca dei fatti le autorità competenti mancavano in modo ricorrente all’obbligo che era fatto loro di rispondere alle istanze di restituzione o di indennizzo nel termine legale dei sessanta giorni. Il problema sistemico che ha ostacolato il funzionamento del procedimento istituito dalla legge no 10/2001 ha messo le persone interessate nell’impossibilità di sottoporre le decisioni amministrative al controllo giurisdizionale previsto dalla legge.
120. In quanto alla possibilità di sanzionare il ritardo delle autorità amministrative nell’esame delle istanze, la Corte nota che, con una sentenza del 19 marzo 2007, l’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha deciso che in mancanza di risposta da parte delle autorità amministrative nel termine legale, le giurisdizioni erano abilitate a deliberare al loro posto sul merito delle istanze ed ad ordinare, all’occorrenza, la restituzione dei beni. Questo ricorso è diventato effettivo il 12 novembre 2007, in data della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale (Faimblat, precitata, § 42).
121. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte conclude che prima che il ricorso introdotto dalla sentenza del 19 marzo 2007 dell’assemblea plenaria dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia diventasse effettivo, OMISSIS si sono trovate nell’impossibilità di richiedere dinnanzi ai tribunali interni la restituzione dell’appartamento controverso.
122. La Corte ammette che, nel contesto complesso e socialmente sensibile si accompagnano delle pesanti conseguenze economiche che rappresentavano la transizione della Romania ad un regime democratico ed il risarcimento delle ingiustizie del passato, il collocamento in essere della cornice legislativa abbia potuto incontrare delle difficoltà ed abbia potuto accusare dei ritardi (vedere, mutatis mutandis, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 162, CEDH 2004-V).
123. Però, la mancanza di risposta delle autorità amministrative alle istanze di restituzione introdotte in virtù delle leggi numeri 112/1995 e 10/2001 al quale si aggiunge la mancanza durante il suddetto periodo di una via di ricorso, ha fatto subire a OMISSIS un carico sproporzionato, recando così offesa alla sostanza stessa del loro diritto di accesso ad un tribunale.
124. Ne segue che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a riguardo di OMISSIS.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
125. Le richiedenti stimano che l’impossibilità nella quale si trovano di ottenere la restituzione dei loro beni immobili statalizzati o di essere indennizzate costituisce un attentato al diritto al rispetto dei beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 in questi termini:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’eccezione preliminare tratta dall’incompatibilità ratione materiae con le disposizioni della Convenzione del motivo di appello sollevato da OMISSIS
1. Argomenti delle parti
a) Il Governo
126. Il Governo sostiene che OMISSIS non hanno un “bene”, ai sensi definito dalla giurisprudenza della Corte.
127. Trattandosi del diritto ad ottenere la restituzione degli immobili statalizzati o di essere indennizzate in virtù della legislazione interna, il Governo sottolinea che le leggi di risarcimento non hanno ristabilito automaticamente il diritto di proprietà dei vecchi proprietari sugli immobili statalizzati.
128. Sostiene che né la constatazione dell’illegalità della statalizzazione di un immobile né il deposito di un’istanza di restituzione o di indennizzo sono sufficienti per fare concludere all’esistenza di un credito che richiama la protezione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo titolo, espone che il diritto ad essere indennizzato è subordinato al rispetto delle esigenze procedurali e patrimoniali enunciate dalle leggi di risarcimento e, in particolare, dalla legge no 10/2001.
129. Ora, secondo il Governo, l’esame della conformità delle istanze con le suddette esigenze è l’attributo esclusivo delle autorità competenti amministrative e giurisdizionali. Più particolarmente, il Governo considera che la riconoscenza di un credito irrevocabile e sufficientemente stabilito in diritto interno interviene solamente alla conclusione del controllo di legalità esercitato dal prefetto sulle decisioni delle autorità locali che hanno esaminato in prima giurisdizione le istanze di risarcimento introdotte in virtù della legge no 10/2001.
130. Esponendo che mai le autorità amministrative o i tribunali interni hanno riconosciuto a OMISSIS un diritto alla restituzione dell’appartamento controverso o ad un indennizzo, il Governo conclude che le richiedenti non erano titolari né di un bene né di un credito nei confronti dello stato in virtù della quale avrebbero potuto pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un bene.
b) Le richiedenti
131. OMISSIS combattono la tesi del Governo.
132. Considerano che, nelle circostanze specifiche della legislazione rumena concernente la restituzione degli immobili statalizzati, l’esistenza di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, deriva dalla riunione di tre elementi: l’entrata in vigore della legge no 10/2001, la volontà della persona interessata di beneficiarne, espressa dal deposito di un’istanza amministrativa, e la mancanza di risposta dell’autorità amministrativa nel termine legale.
133. In quanto alla loro situazione particolare, OMISSIS ricordano che numerose decisioni definitive hanno concluso all’illegalità della statalizzazione dell’insieme dell’immobile e hanno ordinato la restituzione degli altri appartamenti. Quindi, stimano che la constatazione dell’illegalità della statalizzazione vale anche per l’appartamento no 1. Sostengono che ora dispongono di un bene reale o, perlomeno, di una “speranza legittima” di ottenere la sua restituzione o un risarcimento.
2. Valutazione della Corte
a) Principi che derivano dalla giurisprudenza della Corte
134. La Corte ricorda che un richiedente può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 solo nella misura in cui le decisioni che incrimina si riferiscono ai suoi “beni” ai sensi di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire tanto i “beni reali” che i valori patrimoniali, ivi compresi dei crediti, in virtù dei quali un richiedente può pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà (Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, (dec.) [GC], no 39794/98, § 69, CEDH 2002-VII).
135. La Corte ricorda anche che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non può essere interpretato come facente pesare sugli Stati contraenti un obbligo generale di restituire i beni che sono stati trasferiti loro prima di aver ratificato la Convenzione (Jantner c. Slovacchia, no 39050/97, § 34, 4 marzo 2003).
136. In compenso, quando un Stato contraente, dopo avere ratificato la Convenzione, ivi compreso il Protocollo no 1, adotta una legislazione che contempla la restituzione totale o parziale di beni confiscati in virtù di un regime anteriore, simile legislazione può essere considerata come generante un nuovo diritto di proprietà protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 a capo delle persone che soddisfanno le condizioni di restituzione (Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, § 35, CEDH 2004-IX).
137. Se l’interesse patrimoniale riguardato è dell’ordine del credito, può essere considerato come un “valore patrimoniale” sol quando ha una base sufficiente in diritto interno, per esempio quando è confermato da una giurisprudenza ben consolidata dei tribunali (Kopecký, precitata, § 52).
b) Applicazione dei suddetti principi
138. La Corte constata che le parti hanno dei punti di vista divergenti in quanto all’interpretazione delle disposizioni delle leggi di risarcimento e in particolare in quanto al momento a partire dal quale la persona che si è avvalsa di queste leggi diventa titolare di un diritto alla restituzione del bene o ad un indennizzo.
139. La Corte non stima necessario decidere questa controversia che dipende dalla teoria e dalla pratica interna.
140. Difatti, le basta constatare, alla vista della portata autonoma della nozione di “beni” e dei criteri considerati nella giurisprudenza della Corte, che l’esistenza di un “bene reale” nel patrimonio di una persona non crea nessun dubbio se, con un giudizio definitivo ed esecutivo, le giurisdizioni hanno riconosciuto a questa la qualità di proprietario e se, nel dispositivo del giudizio, hanno ordinato espressamente la restituzione del bene. In questo contesto, il rifiuto dell’