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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE MAN ET CUSA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 33768/04/2010
Stato: Romania
Data: 2010-02-23 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA MAN E CUSA C. ROMANIA
( Richiesta no 33768/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Man e Cusa c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33768/04) diretta contro la Romania e in cui due cittadine di questo Stato, le Sig.re M. M. e H. C. (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 14 agosto 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Le richiedenti sono rappresentate da M. V. N., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause Estere.
3. Il 7 maggio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La prima richiedente è nato nel 1953 e risiede a Bucarest. La seconda richiedente è nata nel 1946 e risiede a Évry.
5. Il 13 novembre 1996, A.G, il padre delle richiedenti, ottenne un giudizio che ordinava al municipio di Constanþa di restituirgli una casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a. Questo bene immobiliare era composto da parecchi appartamenti. Il tribunale giudicò che il trasferimento di proprietà in favore dello stato era illegale. Questo giudizio fu confermato su appello, il 7 luglio 1997, dal tribunale dipartimentale di Constanţa e su ricorso, il 25 maggio 1998, dalla corte di appello di Constanţa.
6. Questo giudizio fu eseguito parzialmente il 18 agosto 1998 in ragione dell’impossibilità della restituzione dell’appartamento situato nella mansarda, venduto il 30 settembre 1996, dallo stato, a favore di S.V, vecchio inquilino,.
7. Nel 1999, A.G. formulò un’istanza di rivendicazione avente per oggetto l’appartamento situato nella mansarda della suddetta casa. Dinnanzi al tribunale dipartimentale di Constanţa, il padre delle richiedenti faceva valere l’impossibilità di ricuperare la proprietà sull’appartamento controverso, malgrado il giudizio definitivo del 13 novembre 1996, constatando il suo diritto di proprietà sull’interezza del bene controverso, ivi compreso l’appartamento in questione. S.V. depositò un’istanza di garanzia della società gestita dei beni immobili dello stato, che aveva concluso il contratto di vendita di suddetto appartamento.
8. Con un giudizio del 14 dicembre 1999 il tribunale dipartimentale di Constanţa accolse l’azione del richiedente, ordinò a S.V. di restituire l’appartamento al padre delle richiedenti ed al municipio di Constanþa di pagare a S.V. 7 661 612 vecchi lei rumeni rappresentanti il prezzo di acquisto di suddetto appartamento. S.V. interpose appello a questo giudizio.
9. Il 28 ottobre 2002, la corte di appello di Constanţa accolse l’appello di S.V. ed annullò il giudizio, respingendo l’azione come mal fondata. A.G. interporse ricorso a questa decisione.
10. Con una sentenza del 19 aprile 2002, la Corte suprema di giustizia fece diritto al ricorso di A.G, annullò la decisione della corte di appello di Constanţa e rinviò la causa dinnanzi alla stessa giurisdizione per un nuovo giudizio. Il 21 aprile 2002, A.G. decedette, le due richiesti continuarono l’istanza in quanto eredi.
11. Investita di nuovo del giudizio della causa, il 28 ottobre 2002, la corte di appello di Bucarest respinse nuovamente l’azione di rivendicazione, così come l’istanza di garanzia come mal fondate. Le richiedenti interposero un ricorso a questa decisione.
12. Con una sentenza del 24 febbraio 2004, l’Alta Corte di cassazione e giustizia, dopo avere giudicato che anche se il padre delle richiedenti beneficiava di un giudizio definitivo che ordinava la restituzione del bene immobile in interezza a suo favore, questo giudizio non era opponibile a S.V, essendo stato pronunciato dopo la conclusione del contratto di vendita, o dopo il 30 settembre 1996, concluse che l’acquirente del bene era stato in buona fede ed aveva respinto il ricorso delle richiedenti come mal fondato.
13. Sul fondamento della legge no 10/2001, le richiedenti depositarono presso il municipio di Bucarest un’istanza di restituzione dell’appartamento controverso. Nessuna decisione è stata presa finora.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumãrescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
15. Alcune misure che prevedono l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
16. Le richiedenti adducono che l’impossibilità di ricuperare la proprietà dell’appartamento situato nella mansarda della casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a, e del terreno ivi afferente che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al suo valore reale ha portato attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo considera che il diritto di proprietà delle richiedenti non è stato ignorato, perché, secondo la motivazione della sentenza del 24 febbraio 2004 dell’Alta Corte di cassazione e giustizia, l’acquirente dell’appartamento non era stato implicato nel procedimento di rivendicazione iniziale, non essendogli opponibile il giudizio così reso. Reitera anche gli argomenti presentati in cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
19. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59 e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
20. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’interessato, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
21. Per quanto il Governo fa valere che è lecito alle richiedenti ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore del bene stabilito da una perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo Proprietatea non funziona attualmente in un modo suscettibile da essere considerato come un meccanismo di correzione effettivo (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
22. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come le richiedenti, si sono viste riconoscere la qualità di proprietarie con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione che sembra avviarsi in pratica e che va in materia verso il buonsenso (paragrafo 15 sopra).
23. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà delle richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto loro subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto del loro bene garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Pertanto, c’è stata nello specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
24. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, le richiedenti si lamentano dell’iniquità del procedimento, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento iniziato per recuperare la proprietà del loro appartamento. Le disposizioni pertinenti dell’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
25. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 16-19, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C, Chiesa cattolica de la Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 3 marzo 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
26. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
27. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numero 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
28. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danni
29. Le richiedenti chiedono, a titolo del danno patrimoniale che avrebbero subito, la restituzione del bene immobiliare. A difetto di tale restituzione, richiedono 70 009 euro (EUR) rappresentanti il suo valore commerciale reale. Senza sottoporre una perizia tecnica immobiliare, le richiedenti sono d’accordo con le conclusioni della perizia realizzata dal Governo. Sollecitano anche 50 000 EUR a titolo di danno morale.
30. Per ciò che riguarda il danno patrimoniale, il Governo considera che il valore venale del bene controverso è di 70 009 EUR, e sottopone un rapporto di perizia in questo senso. Trattandosi del danno morale, il Governo stima in primo luogo che non c’è legame di causalità tra il danno giuridico addotto e la presunta violazione della Convenzione. Arguisce anche che un eventuale danno morale sarebbe compensato sufficientemente da una constatazione di violazione.
31. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione dell’impossibilità delle richiedenti di godere del loro bene, a causa della sua vendita da parte dello stato, combinata con la mancanza di indennizzo.
32. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe per quanto possibile le richiedenti in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
33. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare alle due richiedenti, per danno patrimoniale, una somma che corrisponde al valore reale del bene controverso. Trattandosi del calcolo dell’importo corrispondente al valore del bene, tenuto conto delle informazione fornite dalle parti e deliberando in equità, la Corte stima che conviene assegnare congiuntamente alle richiedenti 70 000 EUR.
34. Peraltro, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto provocare alle richiedenti un stato di incertezza e delle sofferenze che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Stima che la somma di 3 000 EUR, accordata congiuntamente alle due richiedenti, rappresenta un risarcimento equo del danno morale che hanno subito.
B. Oneri e spese
35. Le richiedenti chiedono anche 1 440 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e per quelli impegnati dinnanzi alla Corte e versano alla pratica copia di un contratto di assistenza giuridica e di una ricevuta.
36. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri purché siano reali, giustificati, necessari e ragionevoli. Fa osservare che le richiedenti hanno versato alla pratica solo una copia di un contratto di assistenza giuridica che giustifica la parcella dell’ avvocato, ad una quota di 1 416, 99 EUR.
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che la Corte ha concluso ad una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, stima ragionevole la somma di 1 420 EUR e l’accorda congiuntamente alle richiedenti.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stablisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire alle richiedenti l’appartamento situato nella mansarda della casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente alle richiedenti, nello stesso termine dei tre mesi, 70 000 EUR (settantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente alle richiedenti, nello stesso termine, le seguenti somme:
i, 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 1 420 EUR (mille quattro cento venti euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalle richiedenti, per ogni onere compreso;
d) che la somma menzionata ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE MAN ET CUSA c. ROUMANIE
(Requête no 33768/04)
ARRÊT
STRASBOURG
23 février 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Man et Cusa c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 2 février 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 33768/04) dirigée contre la Roumanie et dont deux ressortissantes de cet État, Mmes M. M. et H. C. (« les requérantes »), ont saisi la Cour le 14 août 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérantes sont représentées par Me M. V. N., avocat à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires Étrangères.
3. Le 7 mai 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La première requérante est née en 1953 et réside à Bucarest. La deuxième requérante est née en 1946 et réside à Évry.
5. Le 13 novembre 1996, A.G., le père des requérantes, obtint un jugement ordonnant à la mairie de Constanţa de lui restituer une maison sise au no 62 de la rue Cuza Vodă, à Constanţa. Ce bien immobilier était composé de plusieurs appartements. Le tribunal jugea que le transfert de propriété en faveur de l’État était illégal. Ce jugement fut confirmé sur appel, le 7 juillet 1997, par le tribunal départemental de Constanţa et sur recours, le 25 mai 1998, par la cour d’appel de Constanţa.
6. Ce jugement fut partiellement exécuté le 18 août 1998 en raison de l’impossibilité de restitution de l’appartement situé dans la mansarde, vendu le 30 septembre 1996, par l’État, en faveur de S.V., ancien locataire.
7. En 1999, A.G. formula une demande en revendication ayant pour objet l’appartement situé dans la mansarde de la maison susmentionnée. Devant le tribunal départemental de Constanţa, le père des requérantes faisait valoir l’impossibilité de récupérer la propriété sur l’appartement litigieux, malgré le jugement définitif du 13 novembre 1996, constatant son droit de propriété sur l’intégralité du bien litigieux, y compris l’appartement en question. S.V. déposa une demande en garantie de la société gérante des biens immeubles de l’État, ayant conclu le contrat de vente dudit appartement.
8. Par un jugement du 14 décembre 1999 le tribunal départemental de Constanţa accueillit l’action du requérant, ordonna à S.V. de restituer l’appartement au père des requérantes et à la mairie de Constanţa de payer à S.V. 7 661 612 anciens lei roumains représentant le prix d’achat dudit appartement. S.V. interjeta appel de ce jugement.
9. Le 28 octobre 2002, la cour d’appel de Constanţa accueillit l’appel de S.V. et annula le jugement, rejetant l’action comme mal fondée. A.G. forma un recours de cette décision.
10. Par un arrêt du 19 avril 2002, la Cour suprême de justice fit droit au recours de A.G., cassa la décision de la cour d’appel de Constanţa et renvoya l’affaire devant la même juridiction pour un nouveau jugement. Le 21 avril 2002, A.G. décéda, les deux requérantes continuant l’instance en tant qu’héritières.
11. Saisie à nouveau du jugement de l’affaire, le 28 octobre 2002, la cour d’appel de Bucarest rejeta une nouvelle fois l’action en revendication, ainsi que la demande en garantie comme mal fondées. Les requérantes interjetèrent un recours de cette décision.
12. Par un arrêt du 24 février 2004, la Haute Cour de cassation et justice, après avoir jugé que même si le père des requérantes bénéficiait d’un jugement définitif ordonnant la restitution du bien immeuble en intégralité en sa faveur, ce jugement n’était pas opposable à S.V., ayant été prononcé après la conclusion du contrat de vente, soit après le 30 septembre 1996, conclut que l’acheteur du bien avait été de bonne foi et rejeta le recours des requérantes comme mal fondé.
13. Sur le fondement de la loi no 10/2001, les requérantes déposèrent auprès de la mairie de Bucarest une demande de restitution de l’appartement litigieux. Aucune décision n’a pas été prise jusqu’à présent.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
14. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’État entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) ; et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007).
15. Des mesures visant l’accélération de la procédure d’octroi des dédommagements à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
16. Les requérantes allèguent que l’impossibilité de recouvrer la propriété de l’appartement situé dans la mansarde de la maison sise au no 62 rue Cuza Vodă, à Constanţa, et du terrain afférent, qui a été vendu par l’État, ou de se voir verser une indemnisation correspondant à sa valeur réelle a porté atteinte à leur droit au respect de leurs biens, tel que reconnu par l’article 1 du Protocole no 1 :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
17. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
18. Le Gouvernement considère que le droit de propriété des requérantes n’a pas été méconnu, car, selon la motivation de l’arrêt du 24 février 2004 de la Haute Cour de cassation et justice, l’acheteur de l’appartement n’avait pas été impliqué dans la procédure en revendication initiale, le jugement ainsi rendu ne lui étant pas opposable. Il réitère également les arguments présentés dans des affaires similaires antérieures (voir, parmi d’autres, Cîrstoiu c. Roumanie, no 22281/05, § 22, 4 mars 2008).
19. La Cour a traité à maintes reprises des affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (voir les affaires citées ci-dessus, notamment Străin précité, §§ 39, 43 et 59 et Porteanu c. Roumanie, no 4596/03, §§ 32-35, 16 février 2006).
20. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. La Cour réaffirme notamment que, dans le contexte législatif roumain régissant les actions en revendication immobilière et la restitution des biens nationalisés par le régime communiste, la vente par l’État du bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation définitive en justice du droit de propriété de l’intéressé, s’analyse en une privation de bien. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Vodă et Bob c. Roumanie, no 7976/02, § 23, 7 février 2008).
21. Pour autant que le Gouvernement fait valoir qu’il est loisible aux requérantes d’obtenir une indemnisation par l’intermédiaire de l’organisme de placement collectif en valeurs mobilières « Proprietatea » sur la base de la loi no 10/2001, à hauteur de la valeur du bien établie par expertise, la Cour réitère son constat antérieur selon lequel le fonds Proprietatea ne fonctionne actuellement pas d’une manière susceptible d’être regardée comme un mécanisme de redressement effectif (voir, parmi d’autres, Petrini c. Roumanie, no 3320/05, § 34, 24 février 2009).
22. Cette conclusion est sans préjuger toute évolution positive que pourraient connaître, à l’avenir, les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme les requérantes, se sont vu reconnaître la qualité de propriétaires par une décision judiciaire définitive. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière (paragraphe 15 ci-dessus).
23. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la mise en échec du droit de propriété des requérantes sur leur bien, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, leur a fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de leur bien garanti par l’article 1 du Protocole no 1. Partant, il y a eu en l’espèce violation de cette disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
24. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérantes se plaignent de l’iniquité de la procédure, en raison des décisions rendues par les juridictions nationales dans la procédure entamée afin de récupérer la propriété de leur appartement. Les dispositions pertinentes de l’article 6 § 1 de la Convention sont ainsi libellées :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
25. Compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 16-19 ci-dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ce grief (voir, mutatis mutandis et entre autres, Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italie, 19 février 1991, § 23, série A no 194-C, Eglise catholique de la Canée c. Grèce, 16 décembre 1997, § 50, Recueil 1997-VIII et Denes et autres c. Roumanie, no 25862/03, § 59, 3 mars 2009).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
26. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
27. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’État à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’État doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008, Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 30-37, 20 janvier 2009, et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
28. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommages
29. Les requérantes demandent, au titre du dommage matériel qu’elles auraient subi, la restitution du bien immobilier. A défaut d’une telle restitution, elles réclament 70 009 euros (EUR) représentant sa valeur marchande actuelle. Sans soumettre une expertise technique immobilière, les requérantes sont d’accord avec les conclusions de l’expertise réalisée par le Gouvernement. Elles sollicitent aussi 50 000 EUR à titre de préjudice moral.
30. En ce qui concerne le préjudice matériel, le Gouvernement considère que la valeur vénale du bien litigieux est de 70 009 EUR, et il soumet un rapport d’expertise en ce sens. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement estime en premier lieu qu’il n’y a pas de lien de causalité entre le dommage moral allégué et la prétendue violation de la Convention. Il argue également qu’un éventuel dommage moral serait suffisamment compensé par un constat de violation.
31. La Cour rappelle qu’elle a conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention en raison de l’impossibilité des requérantes de jouir de leur bien, à cause de sa vente par l’État, combinée avec l’absence d’indemnisation.
32. La Cour estime, dans les circonstances de l’espèce, que la restitution du bien litigieux placerait les requérantes autant que possible dans une situation équivalant à celle où elles se trouveraient si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
33. A défaut pour l’État défendeur de procéder à pareille restitution, la Cour décide qu’il devra verser aux deux requérantes, pour dommage matériel, une somme correspondant à la valeur actuelle du bien litigieux. S’agissant du calcul du montant correspondant à la valeur du bien, compte tenu des informations fournies par les parties et statuant en équité, la Cour estime qu’il convient d’allouer conjointement aux requérantes 70 000 EUR.
34. Par ailleurs, la Cour considère que les événements en cause ont pu provoquer aux requérantes un état d’incertitude et des souffrances qui ne peuvent pas être compensés par le constat de violation. Elle estime que la somme de 3 000 EUR, accordée conjointement aux deux requérantes, représente une réparation équitable du préjudice moral qu’elles ont subi.
B. Frais et dépens
35. Les requérantes demandent également 1 440 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et pour ceux engagés devant la Cour et versent au dossier copie d’un contrat d’assistance juridique et d’une quittance.
36. Le Gouvernement ne s’oppose pas au remboursement des frais à condition qu’ils soient réels, justifiés, nécessaires et raisonnables. Il fait observer que les requérantes n’ont versé au dossier qu’une copie d’un contrat d’assistance juridique justifiant les honoraires d’avocat, à une hauteur de 1 416, 99 EUR.
37. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu du fait que la Cour a conclu à une violation de l’article 1 du Protocole no 1, des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, elle estime raisonnable la somme de 1 420 EUR et l’accorde conjointement aux requérantes.
C. Intérêts moratoires
38. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé du grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’État défendeur doit restituer aux requérantes l’appartement situé à la mansarde de la maison sise au no 62 de la rue Cuza Vodă, à Constanţa, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention ;
b) qu’à défaut d’une telle restitution, l’État défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans le même délai de trois mois, 70 000 EUR (soixante-dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
c) qu’en tout état de cause, l’État défendeur doit verser conjointement aux requérantes, dans le même délai, les sommes suivantes :
i) 3 000 EUR (trois mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 1 420 EUR (mille quatre cent vingt euros) plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérantes, pour tous frais confondus ;
d) que les sommes mentionnées aux points b) et c) seront à convertir dans la monnaie de l’État défendeur au taux applicable à la date du règlement ;
e) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 23 février 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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