TERZA SEZIONE
CAUSA MAN E CUSA C. ROMANIA
( Richiesta no 33768/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Man e Cusa c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33768/04) diretta contro la Romania e in cui due cittadine di questo Stato, le Sig.re M. M. e H. C. (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 14 agosto 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Le richiedenti sono rappresentate da M. V. N., avvocato a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Hora₫iu Radu, del ministero delle Cause Estere.
3. Il 7 maggio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La prima richiedente è nato nel 1953 e risiede a Bucarest. La seconda richiedente è nata nel 1946 e risiede a Évry.
5. Il 13 novembre 1996, A.G, il padre delle richiedenti, ottenne un giudizio che ordinava al municipio di Constanþa di restituirgli una casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a. Questo bene immobiliare era composto da parecchi appartamenti. Il tribunale giudicò che il trasferimento di proprietà in favore dello stato era illegale. Questo giudizio fu confermato su appello, il 7 luglio 1997, dal tribunale dipartimentale di Constanţa e su ricorso, il 25 maggio 1998, dalla corte di appello di Constanţa.
6. Questo giudizio fu eseguito parzialmente il 18 agosto 1998 in ragione dell’impossibilità della restituzione dell’appartamento situato nella mansarda, venduto il 30 settembre 1996, dallo stato, a favore di S.V, vecchio inquilino,.
7. Nel 1999, A.G. formulò un’istanza di rivendicazione avente per oggetto l’appartamento situato nella mansarda della suddetta casa. Dinnanzi al tribunale dipartimentale di Constanţa, il padre delle richiedenti faceva valere l’impossibilità di ricuperare la proprietà sull’appartamento controverso, malgrado il giudizio definitivo del 13 novembre 1996, constatando il suo diritto di proprietà sull’interezza del bene controverso, ivi compreso l’appartamento in questione. S.V. depositò un’istanza di garanzia della società gestita dei beni immobili dello stato, che aveva concluso il contratto di vendita di suddetto appartamento.
8. Con un giudizio del 14 dicembre 1999 il tribunale dipartimentale di Constanţa accolse l’azione del richiedente, ordinò a S.V. di restituire l’appartamento al padre delle richiedenti ed al municipio di Constanþa di pagare a S.V. 7 661 612 vecchi lei rumeni rappresentanti il prezzo di acquisto di suddetto appartamento. S.V. interpose appello a questo giudizio.
9. Il 28 ottobre 2002, la corte di appello di Constanţa accolse l’appello di S.V. ed annullò il giudizio, respingendo l’azione come mal fondata. A.G. interporse ricorso a questa decisione.
10. Con una sentenza del 19 aprile 2002, la Corte suprema di giustizia fece diritto al ricorso di A.G, annullò la decisione della corte di appello di Constanţa e rinviò la causa dinnanzi alla stessa giurisdizione per un nuovo giudizio. Il 21 aprile 2002, A.G. decedette, le due richiesti continuarono l’istanza in quanto eredi.
11. Investita di nuovo del giudizio della causa, il 28 ottobre 2002, la corte di appello di Bucarest respinse nuovamente l’azione di rivendicazione, così come l’istanza di garanzia come mal fondate. Le richiedenti interposero un ricorso a questa decisione.
12. Con una sentenza del 24 febbraio 2004, l’Alta Corte di cassazione e giustizia, dopo avere giudicato che anche se il padre delle richiedenti beneficiava di un giudizio definitivo che ordinava la restituzione del bene immobile in interezza a suo favore, questo giudizio non era opponibile a S.V, essendo stato pronunciato dopo la conclusione del contratto di vendita, o dopo il 30 settembre 1996, concluse che l’acquirente del bene era stato in buona fede ed aveva respinto il ricorso delle richiedenti come mal fondato.
13. Sul fondamento della legge no 10/2001, le richiedenti depositarono presso il municipio di Bucarest un’istanza di restituzione dell’appartamento controverso. Nessuna decisione è stata presa finora.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumãrescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
15. Alcune misure che prevedono l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese dalle autorità nazionali in particolare in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
16. Le richiedenti adducono che l’impossibilità di ricuperare la proprietà dell’appartamento situato nella mansarda della casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a, e del terreno ivi afferente che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al suo valore reale ha portato attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. Il Governo considera che il diritto di proprietà delle richiedenti non è stato ignorato, perché, secondo la motivazione della sentenza del 24 febbraio 2004 dell’Alta Corte di cassazione e giustizia, l’acquirente dell’appartamento non era stato implicato nel procedimento di rivendicazione iniziale, non essendogli opponibile il giudizio così reso. Reitera anche gli argomenti presentati in cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
19. La Corte ha trattato a più riprese delle cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59 e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
20. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di rivendicazione immobiliare e la restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’interessato, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
21. Per quanto il Governo fa valere che è lecito alle richiedenti ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore del bene stabilito da una perizia, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo Proprietatea non funziona attualmente in un modo suscettibile da essere considerato come un meccanismo di correzione effettivo (vedere, tra altre, Petrini c. Romania, no 3320/05, § 34, 24 febbraio 2009).
22. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come le richiedenti, si sono viste riconoscere la qualità di proprietarie con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione che sembra avviarsi in pratica e che va in materia verso il buonsenso (paragrafo 15 sopra).
23. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà delle richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo, ha fatto loro subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto del loro bene garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Pertanto, c’è stata nello specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
24. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, le richiedenti si lamentano dell’iniquità del procedimento, in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni nazionali nel procedimento iniziato per recuperare la proprietà del loro appartamento. Le disposizioni pertinenti dell’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
25. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 16-19, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Zanghì c. Italia, 19 febbraio 1991, § 23, serie A no 194-C, Chiesa cattolica de la Canée c. Grecia, 16 dicembre 1997, § 50, Raccolta 1997-VIII e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 3 marzo 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
26. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
27. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto, attualmente le leggi numero 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008, Katz c,. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
28. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danni
29. Le richiedenti chiedono, a titolo del danno patrimoniale che avrebbero subito, la restituzione del bene immobiliare. A difetto di tale restituzione, richiedono 70 009 euro (EUR) rappresentanti il suo valore commerciale reale. Senza sottoporre una perizia tecnica immobiliare, le richiedenti sono d’accordo con le conclusioni della perizia realizzata dal Governo. Sollecitano anche 50 000 EUR a titolo di danno morale.
30. Per ciò che riguarda il danno patrimoniale, il Governo considera che il valore venale del bene controverso è di 70 009 EUR, e sottopone un rapporto di perizia in questo senso. Trattandosi del danno morale, il Governo stima in primo luogo che non c’è legame di causalità tra il danno giuridico addotto e la presunta violazione della Convenzione. Arguisce anche che un eventuale danno morale sarebbe compensato sufficientemente da una constatazione di violazione.
31. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione dell’impossibilità delle richiedenti di godere del loro bene, a causa della sua vendita da parte dello stato, combinata con la mancanza di indennizzo.
32. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso porrebbe per quanto possibile le richiedenti in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
33. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare alle due richiedenti, per danno patrimoniale, una somma che corrisponde al valore reale del bene controverso. Trattandosi del calcolo dell’importo corrispondente al valore del bene, tenuto conto delle informazione fornite dalle parti e deliberando in equità, la Corte stima che conviene assegnare congiuntamente alle richiedenti 70 000 EUR.
34. Peraltro, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto provocare alle richiedenti un stato di incertezza e delle sofferenze che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Stima che la somma di 3 000 EUR, accordata congiuntamente alle due richiedenti, rappresenta un risarcimento equo del danno morale che hanno subito.
B. Oneri e spese
35. Le richiedenti chiedono anche 1 440 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e per quelli impegnati dinnanzi alla Corte e versano alla pratica copia di un contratto di assistenza giuridica e di una ricevuta.
36. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri purché siano reali, giustificati, necessari e ragionevoli. Fa osservare che le richiedenti hanno versato alla pratica solo una copia di un contratto di assistenza giuridica che giustifica la parcella dell’ avvocato, ad una quota di 1 416, 99 EUR.
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che la Corte ha concluso ad una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, stima ragionevole la somma di 1 420 EUR e l’accorda congiuntamente alle richiedenti.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stablisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire alle richiedenti l’appartamento situato nella mansarda della casa ubicata al no 62 di via Cuza Vodă, a Constan₫a, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente alle richiedenti, nello stesso termine dei tre mesi, 70 000 EUR (settantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente alle richiedenti, nello stesso termine, le seguenti somme:
i, 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii, 1 420 EUR (mille quattro cento venti euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalle richiedenti, per ogni onere compreso;
d) che la somma menzionata ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente