A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE MACRI ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 14130/02/2011
Stato: Italia
Data: 2011-07-12 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA MACRÌ ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 14130/02)
SENTENZA
STRASBURGO
12 luglio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Macrì ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Davide Thór Björgvinsson, Dragoljub Popović, Giorgio Malinverni, András Sajó, Guido Raimondi, Paulo Pinto di Albuquerque, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 21 giugno 2011,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 14130/02) diretta contro la Repubblica italiana e di cui quattro cittadini di questo Stato, OMISSIS (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 14 marzo 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Le richiedenti sono rappresentate da M. d. S., avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia, la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagente il Sig. F Crisafulli ed il Sig. N. Lettieri.
3. Il 24 giugno 2004, la Corte ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 1 del Protocollo no 1 al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. In seguito alla ricomposizione delle sezioni, la causa è stata assegnata alla seconda sezione della Corte.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Le richiedenti sono nate rispettivamente nel 1943, 1968, 1972 e 1975 e risiedono a Roma.
6. Le richiedenti hanno ereditato dei terreni ubicati a Siderno.
7. Con un decreto del 16 gennaio 1975, il prefetto di Reggio Calabria autorizzò la municipalità di Siderno ad occupare di emergenza un terreno del de cujus delle richiedenti per un periodo di due anni per costruire una strada.
8. Con un decreto dell’ 11 ottobre 1976, la municipalità fissò l’indennità provvisoria dell’espropriazione a 3 258 900 lire italiane (ITL).
9. Il de cujus dele richiedenti accettò suddetta indennità.
10. Con un atto notificato il 16 aprile 1980, il de cujus notificò alla municipalità di Siderno un atto di revoca dell’accettazione dell’indennità tenuto conto del fatto che nessun decreto di espropriazione era stato emesso.
11. Con un atto notificato il 17 ottobre 1980, il de cujus delle richiedenti citò la municipalità di Siderno a comparire dinnanzi al tribunale civile di Locri. Adduceva che l’occupazione del suo terreno era illegale al motivo che si era prolungata al di là del termine autorizzato senza che si fosse proceduto all’espropriazione. Stimava che in seguito al completamento del lavoro pubblico, non era più proprietario e che, di conseguenza, non gli era possibile chiedere la restituzione del terreno controverso, ma solamente danno-interessi. Richiedeva una somma che corrispondeva al valore venale del terreno.
12. Con un giudizio del 21 luglio 1982, il tribunale di Locri respinse il ricorso del de cujus delle richiedenti. Stimò, in particolare, che il de cujus delle richiedenti non aveva provato il suo diritto di proprietà.
13. Il 20 settembre 1982, il de cujus delle richiedenti interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Reggio Calabria.
14. Il 28 luglio 1983, il de cujus delle richiedenti decedette. Le richiedenti si costituirono nel procedimento in qualità di eredi.
15. Con una sentenza non definitiva del 6 giugno 1985, la corte di appello dichiarò che la proprietà del terreno era passata alla municipalità per effetto della costruzione del lavoro pubblico e condannò la municipalità a risarcire integralmente le richiedenti. La corte decise di inseguire il procedimento per valutare i danno-interessi.
16. Nel frattempo, l’amministrazione ricorse in cassazione contro la sentenza non definitiva della corte di appello. Il 12 aprile 1988, la Corte di cassazione respinse il ricorso formato dalla municipalità.
17. Con una sentenza definitiva del 17 aprile 1987, la corte di appello di Reggio Calabria dichiarò che la proprietà del terreno era passata alla municipalità per effetto della costruzione del lavoro pubblico. Condannò la municipalità a pagare alle richiedenti 666 400 000 ITL più gli interessi a partire da marzo 1977 per la perdita di proprietà del terreno.
18. La municipalità di Siderno non essendosi conformata , il 3 giugno 1987, le richiedenti notificarono a suddetta amministrazione un precetto di pagamento (atto di precetto) la somma di 1 101 107 765 ITL.
19. Il 30 settembre 1987, l’amministrazione pagò la somma dovuta alle richiedenti.
20. Nel frattempo, l’amministrazione di Siderno ricorse in cassazione contro la sentenza definitiva della corte di appello del 17 aprile 1987 il 7 agosto 1987.
21. Con una sentenza del 18 luglio 1989, la Corte di cassazione accolse il ricorso della municipalità concernente l’importo del risarcimento e rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello di Messina per valutare la somma da concedere alle richiedenti.
22. La corte di appello di Messina ordinò una perizia per calcolare la somma da concedere nel alle richiedenti in funzione della legge no 662 del 1996 entrata nel frattempo in vigore.
23. Con una sentenza del 9 giugno 1999, la corte di appello di Messina, facendo applicazione della legge no 662 del 1996, condannò la municipalità a pagare alle richiedenti la somma di 103 716 400 ITL da indicizzare a partire dal mese di marzo 1977. Tenuto conto del fatto che le richiedenti avevano ottenuto della municipalità 1 005 153 333 ITL, la corte di appello le condannò a restituire all’amministrazione la somma di 380 894 273 ITL, più interessi fino al giorno del pagamento.
24. Il 29 ottobre 1999, le richiedenti ricorsero in cassazione.
25. Il 28 settembre 2001, la Corte di cassazione respinse il ricorso formato dalle richiedenti.
26. Nell’ottobre 2002, le richiedenti restituirono alla municipalità la somma di 365 135, 03 EUR,
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
27. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 DELLA CONVENZIONE
28. Le richiedenti adducono di essere stati privati del loro terreno in modo incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
29. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
30. Il Governo eccepisce che la richiesta è tardiva al motivo che sarebbe stata introdotta più di sei mesi dopo la decisione interna definitiva.
31. Le richiedenti si oppongono e fanno valere che la richiesta è stata introdotta nel termine di sei mesi, ossia il 14 marzo 2002.
32. La Corte nota che la decisione interna definitiva è la sentenza della Corte di cassazione depositata alla cancelleria il 28 settembre 2001. Di conseguenza, la richiesta, introdotta il 14 marzo 2002, non è tardiva. Pertanto, l’eccezione del Governo non può essere accolta.
33. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato i sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
34. Le richiedenti ricordano che sono stati privati del loro bene in virtù del principio dell’espropriazione indiretta e chiedono alla Corte di dichiarare che l’espropriazione del terreno non è conforme al principio di legalità. Riferendosi alle sentenze Belvedere Alberghiera c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, 30 maggio 2000, CEDH 2000-VI, osservano che l’espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in ogni illegalità, il che non è ammissibile in un Stato di diritto.
35. Infine, in quanto all’indennizzo, le richiedenti osservano che non c’è stato “risarcimento” del danno subito in ragione dell’applicazione della legge no 662 del 1996. In più, hanno dovuto restituire all’amministrazione la somma di 365 135, 03 EUR,
36. Il Governo fa osservare che nello specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Tuttavia, ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.”
37. Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare, al più tardi, dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996. Il Governo ne conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un lavoro di utilità pubblica, la sua restituzione non è più possibile.
38. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, tesa a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che risponda all’utilità pubblica. In quanto all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l’amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati.
39. Il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto ogni punto di vista con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
40. La Corte nota innanzitutto che le parti si accordano per dire che c’è stata “privazione della proprietà”
41. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI; Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005; Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005; Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005; Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005; Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005; Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005; Velocci c. Italia, no 1717/03, 18 marzo 2008; Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009) per la ricapitolazione dei principi pertinenti e per un’idea della sua giurisprudenza in materia.
42. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato le richiedenti private del loro bene a contare dalla data della realizzazione del lavoro pubblico. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno da parte dei poteri pubblici è stata consacrata. Di conseguenza, le richiedenti hanno avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno, al più tardi, il 28 settembre 2001, data del deposito alla cancelleria della sentenza della Corte di cassazione.
43. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare partito da un’occupazione di terreno illegale. In altri termini, l’amministrazione si è potuta appropriare il terreno a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma.
44. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni delle richiedenti dunque.
45. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Sull’ammissibilità
46. Le richiedenti affermano di avere subito un danno nella misura in cui la legge no 662 del 23 dicembre 1996 è stata applicata al loro procedimento.
47. La Corte ricorda che all’epoca della comunicazione della causa, ha stimato che le richiedenti si lamentavano in sostanza di un attentato al loro diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
48. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
49. La Corte ha appena constatato, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dalle richiedenti non è conforme al principio di legalità. Avuto riguardo ai motivi che l’hanno portata a questa constatazione di violazione, paragrafi 40 a 45 sopra, la Corte stima che non c’è luogo di esaminare separatamente se c’è stata, nello specifico, violazione dell’articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (nº 1) [GC], nº 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132-133, CEDH 2006; Velocci c. Italia, no 1717/03, § 50, 18 marzo 2008).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
50. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno patrimoniale
51. Le richiedenti sollecitano il versamento della somma di 365 165,03 EUR per la perdita del terreno, più gli interessi e la rivalutazione a partire dal 4 ottobre 2002.
52. Il Governo si oppone a queste pretese.
53. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
54. Ricorda che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009) la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte concernente i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Grande Camera ha deciso di allontanare le pretese delle richiedenti nella misura in cui sono fondate sul valore dei terreni in data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, per valutare il danno patrimoniale, del costo di costruzione degli immobili costruiti dallo stato sui terreni.
55. Secondo i nuovi criteri fissati dalla Grande Camera, l’indennizzo deve corrispondere al valore pieno ed intero del terreno al momento della perdita della proprietà, come stabilito dalla perizia ordinata dalla giurisdizione competente durante il procedimento interno. Poi, una volta dedotta la somma eventualmente concessa a livello nazionale, questo importo deve essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. Conviene anche abbinarlo ad interessi suscettibili di compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spodestamento dei terreni. Questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato.
56. Nello specifico, le richiedenti hanno perso la proprietà del loro terreno nel 1977. Risulta dalla perizia ordinata dalle giurisdizioni interne durante il procedimento nazionale che il valore del terreno nel 1977 era di 666 400 000 ITL.
57. Tenuto conto di questi elementi e del fatto che le richiedenti hanno dovuto restituire all’amministrazione nell’ottobre 2002 la somma di 365 135,03 EUR, deliberando in equità, la Corte stima ragionevole accordare congiuntamente alle richiedenti 514 000 EUR per il danno patrimoniale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
52. Resta da valutare la perdita di probabilità subita in seguito all’espropriazione controversa (Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC] precitata, § 107). Deliberando in equità, la Corte assegna congiuntamente alle richiedenti 40 000 EUR.
B. Danno morale
58. Le richiedenti chiedono congiuntamente 110 000 EUR per il danno morale.
59. Il Governo si oppone e stima che nessuna somma è dovuta a titolo del danno morale, poiché questo tipo di danno non potrebbe derivare dalla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ma unicamente dalla violazione del “termine ragionevole.”
60. La Corte stima che il sentimento di impotenza e di frustrazione di fronte allo spodestamento illegale del loro bene ha causato alle richiedenti un danno morale importante, che c’è luogo di riparare in modo adeguato.
61. Deliberando in equità, la Corte accorda congiuntamente alle richiedenti 10 000 EUR a questo titolo.
C. Oneri e spese
62. Giustificativi in appoggio, le richiedenti chiedono anche 44 797,86 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e 15 000 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte.
63. Il Governo si oppone.
64. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso.
65. La Corte non dubita della necessità di impegnare degli oneri, ma trova eccessive le parcelle totali rivendicate a questo titolo. Considera quindi che c’è luogo di rimborsarle solamente in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte giudica ragionevole assegnare un importo di 20 000 EUR per l’insieme degli oneri esposti e l’accorda congiuntamente alle richiedenti.
D. Interessi moratori
66. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara il restante della richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente alle richiedenti, enro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione le seguenti somme:
i. 554 000 EUR (cinque cento cinquanta quattromila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
ii. 10 000 EUR (diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
iii. 20 000 EUR (ventimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalle richiedenti, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 luglio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE MACRÌ ET AUTRES c. ITALIE
(Requête no 14130/02)
ARRÊT
STRASBOURG
12 juillet 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Macrì et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
David Thór Björgvinsson,
Dragoljub Popović,
Giorgio Malinverni,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 21 juin 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 14130/02) dirigée contre la République italienne et dont quatre ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 14 mars 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me M. d. S., avocat à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. U. Leanza et I.M. Braguglia, Mme E. Spatafora, et par ses coagents M. F Crisafulli et M. N. Lettieri.
3. Le 24 juin 2004, la Cour a déclaré la requête partiellement irrecevable et a décidé de communiquer les griefs tirés des articles 6 § 1 et 1 du Protocole no 1 au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
4. Suite à la recomposition des sections, l’affaire a été attribuée à la deuxième section de la Cour.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1943, 1968, 1972 et 1975 et résident à Rome.
6. Les requérants ont hérité de terrains sis à Siderno.
7. Par un décret du 16 janvier 1975, le préfet de Reggio de Calabre autorisa la municipalité de Siderno à occuper d’urgence un terrain du de cujus des requérants pour une période de deux ans afin d’y construire une route.
8. Par un décret du 11 octobre 1976, la municipalité fixa l’indemnité provisoire de l’expropriation à 3 258 900 lires italiennes (ITL).
9. Le de cujus des requérants accepta ladite indemnité.
10. Par un acte notifié le 16 avril 1980, le de cujus signifia à la municipalité de Siderno un acte de révocation de l’acceptation de l’indemnité compte tenu du fait qu’aucun décret d’expropriation n’avait été émis.
11. Par un acte notifié le 17 octobre 1980, le de cujus des requérants assigna la municipalité de Siderno à comparaître devant le tribunal civil de Locri. Il alléguait que l’occupation de son terrain était illégale au motif qu’elle s’était prolongée au-delà du délai autorisé sans qu’il soit procédé à l’expropriation. Il estimait qu’à la suite de l’achèvement de l’ouvrage public, il n’était plus propriétaire et que, par conséquent, il ne lui était pas possible de demander la restitution du terrain litigieux, mais seulement les dommages-intérêts. Il réclamait une somme correspondant à la valeur vénale du terrain.
12. Par un jugement du 21 juillet 1982, le tribunal de Locri rejeta le recours du de cujus des requérants. Il estima, notamment, que le de cujus des requérants n’avait pas prouvé son droit de propriété.
13. Le 20 septembre 1982, le de cujus des requérants interjeta appel de ce jugement devant la cour d’appel de Reggio de Calabre.
14. Le 28 juillet 1983, le de cujus des requérants décéda. Les requérants se constituèrent dans la procédure en qualité d’héritiers.
15. Par un arrêt non définitif du 6 juin 1985, la cour d’appel déclara que la propriété du terrain était passée à la municipalité par effet de la construction de l’ouvrage public et condamna la municipalité à dédommager intégralement les requérants. La cour décida de poursuivre la procédure afin d’évaluer les dommages-intérêts.
16. Entre-temps, l’administration se pourvut en cassation contre l’arrêt non définitif de la cour d’appel. Le 12 avril 1988, la Cour de cassation rejeta le pourvoi formé par la municipalité.
17. Par un arrêt définitif du 17 avril 1987, la cour d’appel de Reggio de Calabre déclara que la propriété du terrain était passée à la municipalité par effet de la construction de l’ouvrage public. Elle condamna la municipalité à payer aux requérants 666 400 000 ITL plus les intérêts à partir de mars 1977 pour la perte de propriété du terrain.
18. La municipalité de Siderno ne s’étant pas exécutée, le 3 juin 1987, les requérants signifièrent à ladite administration un commandement de payer (atto di precetto) la somme de 1 101 107 765 ITL.
19. Le 30 septembre 1987, l’administration paya la somme due aux requérants.
20. Entre-temps, le 7 août 1987, l’administration de Siderno se pourvut en cassation contre l’arrêt définitif de la cour d’appel du 17 avril 1987.
21. Par un arrêt du 18 juillet 1989, la Cour de cassation accueillit le recours de la municipalité concernant le montant du dédommagement et renvoya l’affaire devant la cour d’appel de Messine afin d’évaluer la somme à octroyer aux requérants.
22. La cour d’appel de Messine ordonna une expertise pour calculer la somme à octroyer aux requérants en fonction de la loi no 662 de 1996 entre-temps entrée en vigueur.
23. Par un arrêt du 9 juin 1999, la cour d’appel de Messine, en faisant application de la loi no 662 de 1996, condamna la municipalité à payer aux requérants la somme de 103 716 400 ITL à indexer à partir du mois de mars 1977. Compte tenu du fait que les requérants avaient obtenu de la municipalité 1 005 153 333 ITL, la cour d’appel les condamna à restituer à l’administration la somme de 380 894 273 ITL, plus intérêts jusqu’au jour du paiement.
24. Le 29 octobre 1999, les requérants se pourvurent en cassation.
25. Le 28 septembre 2001, la Cour de cassation rejeta le pourvoi formé par les requérants.
26. En octobre 2002, les requérants restituèrent à la municipalité la somme de 365 135, 03 EUR
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
27. Le droit interne pertinent se trouve décrit dans l’arrêt Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 58858/00, 22 décembre 2009.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 DE LA CONVENTION
28. Les requérants allèguent avoir été privés de leur terrain de manière incompatible avec l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
29. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
30. Le Gouvernement excipe que la requête est tardive au motif qu’elle aurait été introduite plus de six mois après la décision interne définitive.
31. Les requérants s’opposent et font valoir que la requête a été introduite dans le délai de six mois, à savoir le 14 mars 2002.
32. La Cour note que la décision interne définitive est l’arrêt de la Cour de cassation déposé au greffe le 28 septembre 2001. Par conséquent, la requête, introduite le 14 mars 2002, n’est pas tardive. Partant, l’exception du Gouvernement ne peut pas être accueillie.
33. La Cour constate que le grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
34. Les requérants rappellent qu’ils ont été privés de leur bien en vertu du principe de l’expropriation indirecte et demandent à la Cour de déclarer que l’expropriation du terrain n’est pas conforme au principe de légalité. Se référant aux arrêts Belvedere Alberghiera c. Italie (no 31524/96, CEDH 2000-VI) et Carbonara et Ventura c. Italie (no 24638/94, 30 mai 2000, CEDH 2000-VI), ils observent que l’expropriation indirecte est un mécanisme qui permet à l’autorité publique d’acquérir un bien en toute illégalité, ce qui n’est pas admissible dans un État de droit.
35. Enfin, quant à l’indemnisation, les requérants observent qu’il n’y a pas eu de « réparation » du préjudice subi en raison de l’application de la loi no 662 de 1996. De plus, ils ont dû restituer à l’administration la somme de 365 135, 03 EUR
36. Le Gouvernement fait observer qu’en l’espèce, il s’agit d’une occupation de terrain dans le cadre d’une procédure administrative reposant sur une déclaration d’utilité publique. Toutefois, il admet que la procédure d’expropriation n’a pas été mise en œuvre dans les termes prévus par la loi, dans la mesure où aucun arrêté d’expropriation n’a été adopté. Premièrement, il y aurait utilité publique, ce qui n’a pas été remis en cause par les juridictions nationales. Deuxièmement, la privation du bien telle qu’elle résulte de l’expropriation indirecte serait « prévue par la loi ».
37. Selon le Gouvernement, le principe de l’expropriation indirecte doit être considéré comme faisant partie du droit positif à compter, au plus tard, de l’arrêt de la Cour de cassation no 1464 de 1983. La jurisprudence ultérieure aurait confirmé ce principe et précisé certains aspects de son application et, en outre, ce principe aurait été reconnu par la loi no 458 du 27 octobre 1988 et par la loi budgétaire no 662 de 1996. Le Gouvernement en conclut qu’à partir de 1983, les règles de l’expropriation indirecte étaient parfaitement prévisibles, claires et accessibles à tous les propriétaires. Toutefois, compte tenu de ce que le terrain a été transformé de manière irréversible par la construction d’un ouvrage d’utilité publique, sa restitution n’est plus possible.
38. Le Gouvernement définit l’expropriation indirecte comme le résultat d’une interprétation systématique par les juges de principes existants, tendant à garantir que l’intérêt général l’emporte sur l’intérêt des particuliers lorsque l’ouvrage public a été réalisé (transformation du terrain) et qu’il répond à l’utilité publique. Quant à l’exigence de garantir un juste équilibre entre le sacrifice imposé aux particuliers et la compensation octroyée à ceux-ci, le Gouvernement reconnaît que l’administration est tenue d’indemniser les intéressés.
39. Le Gouvernement conclut que le juste équilibre a été respecté et que la situation dénoncée est compatible à tous points de vue avec l’article 1 du Protocole no 1.
40. La Cour note tout d’abord que les parties s’accordent pour dire qu’il y a eu « privation de la propriété »
41. La Cour renvoie à sa jurisprudence en matière d’expropriation indirecte (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, CEDH 2000-VI ; Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, CEDH 2000-VI ; parmi les arrêts plus récents, voir Acciardi et Campagna c. Italie, no 41040/98, 19 mai 2005 ; Pasculli c. Italie, no 36818/97, 17 mai 2005 ; Scordino c. Italie (no 3), no 43662/98, 17 mai 2005 ; Serrao c. Italie, no 67198/01, 13 octobre 2005 ; La Rosa et Alba c. Italie (no 1), no 58119/00, 11 octobre 2005 ; Chirò c. Italie (no 4), no 67196/01, 11 octobre 2005 ; Velocci c. Italie, no 1717/03, 18 mars 2008 ; Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 58858/00, 22 décembre 2009) pour la récapitulation des principes pertinents et pour un aperçu de sa jurisprudence en la matière.
42. Dans la présente affaire, la Cour relève qu’en appliquant le principe de l’expropriation indirecte, les juridictions internes ont considéré les requérants privés de leur bien à compter de la date de la réalisation de l’ouvrage public. Or, en l’absence d’un acte formel d’expropriation, la Cour estime que cette situation ne saurait être considérée comme « prévisible », puisque ce n’est que par la décision judiciaire définitive que l’on peut considérer le principe de l’expropriation indirecte comme ayant effectivement été appliqué et que l’acquisition du terrain par les pouvoirs publics a été consacrée. Par conséquent, les requérants ont eu la « sécurité juridique » concernant la privation du terrain, au plus tard, le 28 septembre 2001, date du dépôt au greffe de l’arrêt de la Cour de cassation.
43. La Cour observe ensuite que la situation en cause a permis à l’administration de tirer parti d’une occupation de terrain illégale. En d’autres termes, l’administration a pu s’approprier le terrain au mépris des règles régissant l’expropriation en bonne et due forme.
44. A la lumière de ces considérations, la Cour estime que l’ingérence litigieuse n’est pas compatible avec le principe de légalité et qu’elle a donc enfreint le droit au respect des biens des requérants.
45. Dès lors, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
A. Sur la recevabilité
46. Les requérants affirment avoir subi un préjudice dans la mesure où la loi no 662 du 23 décembre 1996 a été appliquée à leur procédure.
47. La Cour rappelle que lors de la communication de l’affaire, elle a estimé que les requérants se plaignaient en substance d’une atteinte à leur droit à un procès équitable tel que garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, qui, en ses passages pertinents, dispose :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
48. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
49. La Cour vient de constater, sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1, que la situation dénoncée par les requérants n’est pas conforme au principe de légalité. Eu égard aux motifs l’ayant amenée à ce constat de violation (paragraphes 40 à 45 ci-dessus), la Cour estime qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément s’il y a eu, en l’espèce, violation de l’article 6 § 1 (voir, a contrario, Scordino c. Italie (nº 1) [GC], nº 36813/97, §§ 103-104 et §§ 132-133, CEDH 2006 ; Velocci c. Italie, no 1717/03, § 50, 18 mars 2008).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
50. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage matériel
51. Les requérants sollicitent le versement de la somme de 365 165,03 EUR pour la perte du terrain, plus les intérêts et la réévaluation à partir du 4 octobre 2002.
52. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
53. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
54. Elle rappelle que dans l’affaire Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 58858/00, 22 décembre 2009), la Grande Chambre a modifié la jurisprudence de la Cour concernant les critères d’indemnisation dans les affaires d’expropriation indirecte. En particulier, la Grande Chambre a décidé d’écarter les prétentions des requérants dans la mesure où elles sont fondées sur la valeur des terrains à la date de l’arrêt de la Cour et de ne plus tenir compte, pour évaluer le dommage matériel, du coût de construction des immeubles bâtis par l’Etat sur les terrains.
55. Selon les nouveaux critères fixés par la Grande Chambre, l’indemnisation doit correspondre à la valeur pleine et entière du terrain au moment de la perte de la propriété, telle qu’établie par l’expertise ordonnée par la juridiction compétente au cours de la procédure interne. Ensuite, une fois que l’on aura déduit la somme éventuellement octroyée au niveau national, ce montant doit être actualisé pour compenser les effets de l’inflation. Il convient aussi de l’assortir d’intérêts susceptibles de compenser, au moins en partie, le long laps de temps qui s’est écoulé depuis la dépossession des terrains. Ces intérêts doivent correspondre à l’intérêt légal simple appliqué au capital progressivement réévalué.
56. En l’espèce, les requérants ont perdu la propriété de leur terrain en 1977. Il ressort de l’expertise ordonnée par les juridictions internes au cours de la procédure nationale que la valeur du terrain en 1977 était de 666 400 000 ITL.
57. Compte tenu de ces éléments et de ce que les requérant ont dû restituer à l’administration en octobre 2002 la somme de 365 135,03 EUR, statuant en équité, la Cour estime raisonnable d’accorder conjointement aux requérants 514 000 EUR pour le préjudice matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
52. Reste à évaluer la perte de chances subie à la suite de l’expropriation litigieuse (Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC] précité, § 107). Statuant en équité, la Cour alloue conjointement aux requérants 40 000 EUR.
B. Dommage moral
58. Les requérants demandent conjointement 110 000 EUR pour le dommage moral.
59. Le Gouvernement s’y oppose et estime qu’aucune somme n’est due au titre du préjudice moral, puisque ce type de préjudice ne saurait découler de la violation de l’article 1 du Protocole no 1 mais uniquement de la violation du « délai raisonnable ».
60. La Cour estime que le sentiment d’impuissance et de frustration face à la dépossession illégale de leur bien a causé aux requérants un préjudice moral important, qu’il y a lieu de réparer de manière adéquate.
61. Statuant en équité, la Cour accorde conjointement aux requérants 10 000 EUR à ce titre.
C. Frais et dépens
62. Justificatifs à l’appui, les requérants demandent également 44 797,86 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et 15 000 EUR pour ceux engagés devant la Cour.
63. Le Gouvernement s’y oppose.
64. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux.
65. La Cour ne doute pas de la nécessité d’engager des frais, mais elle trouve excessifs les honoraires totaux revendiqués à ce titre. Elle considère dès lors qu’il y a lieu de les rembourser en partie seulement. Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour juge raisonnable d’allouer un montant de 20 000 EUR pour l’ensemble des frais exposés et l’accorde conjointement aux requérants.
D. Intérêts moratoires
66. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare le restant de la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole nº 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention les sommes suivantes :
i. 554 000 EUR (cinq cent cinquante quatre mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
ii. 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
iii. 20 000 EUR (vingt mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 juillet 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 17/01/2025