Conclusione Violazione di P1-1; Violazione dell’art. 8; violazione dell’art. 6-1; violazione di P4-2; Danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario
PRIMA SEZIONE
CAUSA LUORDO C. ITALIA
( Richiesta no 32190/96)
SENTENZA
STRASBURGO
17 luglio 2003
DEFINITIVO
17/10/2003
Nella causa Luordo c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
SIGG.. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen,
G. Bonello,
Mmes F. Tulkens,
N. Vajić,
SIGG.. E. Levits, giudici,
G. Raimondi, giudice ad hoc,et
di M. S. Nielsen, cancelliere aggiunge di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 giugno 2003,
Rende la sentenza che ha, adottata a quella data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 32190/96) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino residente all’stareo di quello Stato, M. Giuseppe Luordo (“il richiedente”), aveva adito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 28 marzo 1996 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? rappresentato davanti alla Corte da F. Fiandrotti, avvocato a Torino. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, M. U. Leanza e M. I. M. Braguglia, e dai loro coagente rispettivi, M. V. Esposito e M. F. Crisafulli.
3. Il richiedente adduceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nella misura in cui la dichiarazione di fallimento l’aveva privato di tutti i suoi beni. Il richiedente si lamentava anche che, dopo la dichiarazione di fallimento, tutta la corrispondenza che gli era inviata era stata consegnata al curatore (articolo 8 della Convenzione) e per il fatto che suddetta dichiarazione l’impediva di stare in giudizio per la difesa dei suoi interessi, articolo 6 ? 1. Infine, invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4, il richiedente si lamentava dell’interdizione per il fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo no 11 alla Convenzione, articolo 5 ? 2 suddetto Protocollo.
5. La richiesta ? stata assegnata alla prima sezione della Corte, articolo 52 ? 1 del regolamento. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa, articolo 27 ? 1 della Convenzione, ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 del regolamento. In seguito all’astensione di M. V. Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell’Italia (articolo 28), il Governo ha designato M. G. Raimondi per riunirsi in qualit? di giudice ad hoc, articoli 27 ? 2 della Convenzione e 29 ? 1 del regolamento.
6. Il 1 novembre 2001, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 ? 1 del regolamento. La presente richiesta ? stata assegnata alla prima sezione cos? ricomposta, articolo 52 ? 1.
7. Da una decisione del 23 maggio 2002, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente accettabile.
8. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 ? 1 del regolamento.
IN EFFETTI
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
9. Il richiedente ? nato in 1928 e ha risieduto a Druento (Torino).
10. Nel 1982, il tribunale di Asti pronunci? il fallimento della societ? in nome collettivo costituito nel 1980 dalla sposa del richiedente.
11. Il 16 novembre 1984, lo stesso tribunale pronunci? il fallimento personale del richiedente in quanto socio di fatto.
12. Ad una data non precisata, il curatore deposit? alla cancelleria lo stato dei crediti.
13. Il 21 novembre 1984, il giudice delegato (“il giudice”) autorizz? il curatore ad intervenire in un procedimento di esecuzione iniziata dall’istituto bancario SPT vertente sulla casa del richiedente.
14. Il 27 novembre 1984, il giudice autorizz? il curatore a presentare parecchi ricorsi contro l’amministrazione fiscale di Torino e di Asti davanti alla commissione incaricata di risolvere le dispute in materia fiscale (Commissione Tributaria) relativamente dei presunti crediti di suddette amministrazioni contro la societ? del richiedente.
15. Tra il 15 ed i 28 dicembre 1984, il giudice autorizz? il curatore a prelevare del conto corrente relativo al procedimento di fallimento delle somme per il pagamento, tra l?altro, del curatore stesso e di un perito.
16. Un primo tentativo di asta pubblica della casa del richiedente ebbe luogo ad una data non precisata dell’anno 1985, senza successo.
17. Il 26 marzo 1985, il curatore deposit? un rapporto e, il 28 marzo 1985, il presidente del tribunale ordin? la comparizione di G.Z. per valutare se quell’ultimo fosse il socio del richiedente. Il 26 aprile 1985, G.Z. ? sentito.
18. Il 10 giugno e 6 settembre 1985, il giudice autorizz? il curatore ad effettuare dei pagamenti in favore, tra l?altro, di un perito ed in regolamento di certe pubblicazioni.
19. Il 21 gennaio 1986, il giudice autorizz? la nomina di un avvocato per il procedimento di esecuzione suddetta relativa alla casa del richiedente.
20. Il 10 marzo 1986, il giudice autorizz? il richiedente ad incassare la sua pensione e, il 21 marzo 1986, il curatore a dedurre amichevolmente una causa che era stata iniziata da S.G. per ottenere la restituzione di un certo immobile incluso nel fallimento.
21. Il 6 agosto 1986, il giudice autorizz? il curatore a concludere un contratto di comodato relativo ad un immobile incluso nel fallimento.
22. Il 19 dicembre 1986, il giudice autorizz? la nomina di un avvocato per un procedimento di opposizione al passivo del fallimento che era stato iniziato da P.C.
23. Il 23 marzo e 3 dicembre 1987, il giudice autorizz? il pagamento di certe somme necessarie allo svolgimento del procedimento.
24. Il 16 dicembre 1987, il curatore chiese la sostituzione del presidente del comitato dei creditori che era deceduto nel frattempo.
25. Il 22 dicembre 1987, il giudice respinse una domanda di vendita da negoziato privato, vendita a trattativa privata, relativa ai beni immobili inclusi nel fallimento al motivo che la legge sul fallimento non contemplava quel tipo di vendita per i beni immobili.
26. Il 28 dicembre 1987, il giudice autorizz? la sposa del richiedente ad incassare un’indennit? di accompagnamento.
27. Il 21 gennaio 1988, il giudice autorizz? il curatore a restituire la cauzione che era stata versata in vista di suddetta vendita da negoziato privato.
28. Il 4 maggio 1988, il giudice fece diritto alla domanda presentata da O.D.S, socia del richiedente, per ottenere che gli siano restituite le somme versate in compenso dalla societ? CPI di un lavoro che questa aveva effettuato.
29. Il 28 giugno ed il 3 e 17 novembre 1988, il giudice autorizz? il pagamento della pubblicit? e delle tasse relative alla vendita di un immobile incluso nel fallimento.
30. Il 8 febbraio 1989, il giudice autorizz? il pagamento di una parte degli oneri dell’avvocato nominato nel procedimento di opposizione iniziata da P.C.
31. Il 3 marzo 1989, il giudice autorizz? il pagamento di una tassa e, il 2 giugno 1989, dei pagamenti relativi alla vendita dell? immobile suddetto.
32. Il 15 maggio 1991, il giudice autorizz? il pagamento degli oneri di avvocato afferente al procedimento di esecuzione relativa alla casa del richiedente e, il 7 giugno 1991, l’acquisizione all’attivo del fallimento di una somma che appartiene ad O.D.S.
33. Ad una data non precisata di settembre 1991, il curatore intervenne in un procedimento di esecuzione, procedura di esecuzione esattoriale, iniziata relativamente dall’ufficio delle entrate (Esattoria) di Druento alla vendita della casa del richiedente. Suddetta vendita non ebbe luogo alla fine e, il 13 novembre 1991, il giudice autorizz? il pagamento dell’avvocato nominato in suddetto procedimento.
34. Il 7 dicembre 1991, il giudice autorizz? il pagamento in favore del richiedente di una parte del suo premio di anzianit?, trattamento di fine rapporto.
35. Il 28 aprile 1992, il giudice nomin? un perito per la valutazione dei beni del richiedente ed autorizz? il pagamento degli oneri relativi il 4 luglio l993.
36. Il 12 maggio 1994, il giudice, alla domanda del curatore, nomin? un nuovo presidente del comitato dei creditori, la stessa domanda era stata fatta il 16 dicembre 1987.
37. Il 10 gennaio 1995, un altro tentativo di asta pubblica della casa del richiedente ebbe luogo, senza successo.
38. Il 14 febbraio 1995, il curatore, alla domanda del giudice, espose la situazione relativa allo stato del procedimento. In particolare, rilev? che tutti i beni inclusi nel fallimento erano stati venduti, eccetto la casa del richiedente. Lo stesso giorno, il curatore si riserv? di proporre una nuova asta pubblica.
39. Il 3 marzo 1995, il curatore, su una domanda del giudice che data del 17 febbraio 1995, indic? che una distribuzione parziale dell’attivo tra i creditori, ripartizione parziale, non era stata messa a posto perch? certi ricorsi introdotti davanti alla commissione incaricata di risolvere le dispute in materia fiscale erano ancora pendenti.
40. La casa del richiedente essendo stata occupata nel frattempo abusivamente da D.L. e S.B, il giudice, da una decisione, decreto di rilascio, del 13 aprile 1995, ne ordin? il trasloco e, il 14 aprile 1995, chiese al curatore di fornire un progetto di distribuzione parziale dell’attivo.
41. Il 15 maggio 1995, il curatore indic? avere ottenuto la vittoria della causa nei ricorsi introdotti davanti alla commissione incaricata di risolvere le dispute in materia fiscale e deposit? un progetto di distribuzione parziale dell’attivo. Due giorni pi? tardi, il giudice autorizz? il curatore a trasferire in un altro istituto bancario il conto corrente relativo al procedimento di fallimento.
42. Il 23 ottobre 1995, il giudice dichiar? che il progetto di distribuzione parziale dell’attivo poteva essere messo ad esecuzione.
43. L’indomani, il trasloco di D.L. ebbe luogo. Invece, S.B, avendo fatto opposizione alla decisione del giudice del 13 aprile 1995 nel frattempo, present? ad una data non precisata una domanda di accordo amichevole dove quella persona si impegnava ad acquistare la casa del richiedente.
44. Il 14 dicembre 1995, il curatore deposit? un rapporto.
45. Il 6 febbraio 1996, il giudice ordin? che un’asta pubblica della casa del richiedente si tenga il 19 aprile 1996.
46. Ad una data non precisata, il richiedente introdusse una domanda di concordato di fallimento. Quella domanda fu dichiarata irricevibile il 1 aprile 1996 al motivo che non assolveva le condizioni previste dall’articolo 124 della legge sul fallimento.
47. Il 5 aprile 1996, il richiedente chiese al giudice di adire la Corte costituzionale della questione della legittimit? del regime delle incapacit? patrimoniali e personali del fallito ed in particolare degli articoli 48, 49 e 50, capoverso 3, della legge sul fallimento, e 350, 393, 407, 2382, 2417, 2488 e 2516 del codice civile. Da una decisione del 17 aprile 1996, il giudice respinse la domanda del richiedente come manifestamente male fondata al motivo che la scelta del legislatore di privilegiare gli interessi patrimoniali dei creditori rispetto a quelli dello fallito non portava violazione di diritti garantiti dalla Costituzione a capo del debitore.
48. Da un atto depositato alla cancelleria il 17 aprile 1996, il richiedente chiese la sospensione dell’ordinanza di vendita del 6 febbraio 1996.
49. Il 19 aprile 1996, l’asta pubblica fu rinviata al 21 aprile 1996, data alla quale la casa del richiedente fu venduta.
50. Il 22 aprile 1996, il curatore rimise il suo incarico e, l’indomani, il tribunale nomin? un nuovo curatore. Il 11 ottobre 1996, quell’ultimo deposit? un rapporto.
51. Il 3 maggio 1996, il richiedente ricorse in cassazione. Chiese l’annullamento dell’ordinanza di vendita. Secondo le notizie fornite dal richiedente, quello ricorso fu respinto per tardivit?.
52. Il 12 dicembre 1996, il giudice nomin? un perito affinch? quell’ultimo procedesse ad una valutazione prima che la propriet? della casa del richiedente non fosse trasferita all’appaltatore. Suddetto trasferimento fu effettuato da una decisione del giudice del 7 luglio 1997.
53. Da un atto del 25 settembre 1998, il giudice approv? la resa dei conti presentati dal curatore.
54. Il 5 ottobre 1998, il giudice autorizz? il pagamento del curatore.
55. Il 23 marzo 1999, il giudice dichiar? esecutivo il progetto finale di distribuzione. Dopo la vendita della sua casa, il richiedente aveva in effetti dei mezzi sufficienti per onorare i suoi debiti in vista della chiusura del procedimento.
56. Il 17 luglio 1999, il giudice chiuse il procedimento di fallimento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
57. Le disposizioni pertinenti della legge sul fallimento, decreto reale no 267 del 16 marzo 1942, si leggono cos?:
Articolo 42
“Il giudizio che dichiara il fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilit? di beni esistenti alla data suddetto giudizio. (…) “
Articolo 43
“Il curatore di fallimento sta in giudizio per le dispute concernente le questioni patrimoniali che vertono su dei beni che fanno parte del fallimento.
Il fallito non pu? intervenire nel procedimento che per le questioni che riguardano un’imputazione di bancarotta al suo carico o nel caso in cui suddetta intervento ? previsto dalla legge. “
Articolo 48
“La corrispondenza inviata al fallito deve essere rimessa al curatore che ha il diritto di custodire quella relativa agli interessi patrimoniali. Il fallito pu? prendere conoscenza della corrispondenza. Il curatore deve custodire il segreto sul contenuto dalla corrispondenza che non riguarda suddetti interessi. “
Articolo 49
Lo fallito “non pu? lasciare il suo luogo di residenza senza autorizzazione del giudice e deve presentarsi al suddetto giudice, al curatore o al comitato dei creditori ogni volta che ? convocato, salvo i casi dove, a causa di un impedimento legittimo, il giudice l’autorizza a comparire tramite un curatore.
Il giudice pu? fare portare lo fallito dalla polizia se quell’ultimo non ubbidisce alla convocazione. “
Articolo 50
“Un registro pubblico ? tenuto alla cancelleria di ogni tribunale in che ? registrato i nomi dei falliti. Quelli nomi sono cancellati del registro in seguito ad un giudizio del tribunale. Lo fallito ? sottoposto alle incapacit? previste dalla legge finch? il suo nome sia cancellato del registro. “
Articolo 88
“L’amministrazione dei beni dello fallito ? confidata al curatore man mano che quell’ultimo redige l’inventario di suddetti beni “
58. Le disposizioni pertinenti del codice civile si leggono cos?:
Articolo 350
Non possono essere nominati tutori e, se gi? chiamati, devono abbandonare quella funzione:
(…) lo fallito di cui il nome non ? stato cancellato del registro dei falliti. “
59. L’articolo 393 contempla essenzialmente l’incapacit? dello fallito ad esercitare le funzioni di curatore finch? il suo nome ? annullato del registro dei falliti.
60. Gli articoli 2382, 2399, 2417 e 2516 del codice civile contemplano l’interdizione per lo fallito di essere nominato amministratore e curatore di una societ? commerciale o cooperativa, cos? come curatore degli obbligazionisti di societ? anonime.
61. L’articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967, modificato dalla legge no 15 del 16 gennaio 1992, contempla essenzialmente la sospensione dei diritti elettorali dello fallito durante la durata del procedimento di fallimento e, in ogni caso, per un periodo non superiore a cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
62. Il richiedente si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’abbia privato di tutti i suoi beni ed invoca a questo riguardo l’articolo 1 del Protocollo no 1, cos? formulato,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle tasse o di altri contributi o delle multe. “
A. Argomenti delle parti
1. Il richiedente
63. Il richiedente denuncia la “morte economica dello fallito” decisa a causa della “cattiva gestione del suo patrimonio.” Fa valere anche che la durata del procedimento ha comportato degli effetti negativi sul suo patrimonio e la sua attivit? economica.
2. Il Governo
64. Il Governo afferma che, tenuto conto di ci? che il procedimento di fallimento ? previsto dalla legge ed insegue un scopo legittimo, ossia garantire ai creditori la riscossione al meno parziale dei loro crediti, la privazione dei beni che ne risulta non infrange l’articolo 1 del Protocollo no 1. In quanto alla durata del procedimento, il Governo sostiene che quell’ultima ? imputabile al fallimento dei tentativi di asta pubblica della casa in primo luogo del richiedente. Difatti, suddetta vendita sarebbe stata fissata ad una data non precisata del 1985, di 1991 e del 1995, senza successo, e, infine, al 19 aprile 1996 e rinviata al 21 aprile 1996. Secondariamente, la durata del procedimento sarebbe imputabile al comportamento del richiedente che avrebbe fatto ostacolo con ogni i mezzi alle attivit? di liquidazione. Il Governo indica che il richiedente ha fatto una domanda di concordato difatti, dichiarata irricevibile il 1 aprile 1996, ha chiesto il 5 aprile 1996 al giudice del fallimento di adire la Corte costituzionale, provocando cos? la sospensione del procedimento, e ha presentato il 17 aprile 1996 una domanda di sospensione dell’ordinanza di vendita che sarebbe stata respinta l’indomani, e, ad una data non precisata, un ricorso in cassazione che ha lo stesso oggetto.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
65. La Corte rileva che l’esistenza di un’ingerenza non ha prestato a controversia tra le parti.
2. La regola applicabile
66. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, figurando nella seconda frase dello stesso capoverso, mira alla privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra l?altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza che hanno tratto esempi particolari di danni al diritto di propriet?, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (sentenze Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, ? 55, CEDH 1999-II, ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, ? 44, CEDH 1999-V).
67. La Corte nota che, in seguito al giudizio che dichiara il fallimento, il richiedente ? stato privato non della sua propriet? ma dell’amministrazione e della disponibilit? dei suoi beni di cui l’amministrazione ? stata confidata al curatore. L’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei beni si analizza in una regolamentazione dell’uso dei beni al senso del secondo capoverso dunque dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
3. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso
68. La Corte rileva che l’interdizione fatta allo fallito di amministrare i suoi beni e di disporne ha per scopo il pagamento dei creditori del fallimento. L’ingerenza in questione persegue un scopo legittimo e conforme all’interesse generale, ossia la protezione dei diritti altrui, dunque.
69. La Corte ricorda che una misura di ingerenza deve predisporre un “giusto equilibro” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 tutto intero, dunque anche nel secondo capoverso: deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. Controllando il rispetto di quell’esigenza, la Corte riconosce allo stato tanto un grande margine di valutazione per scegliere le modalit? di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (sentenze Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, ? 75, CEDH 1999-III, ed Immobiliare Saffi precitato, ? 49).
70. La Corte fa osservare che la limitazione del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni non ? criticabile in s?, visto in particolare lo scopo legittimo mirato ed il margine di valutazione autorizzata dal secondo capoverso dell’articolo 1. Tuttavia, un tale sistema porta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto alla possibilit? di disporre dei suoi beni, in particolare alla luce della durata di un procedimento che, come la presente, si ? stesa su quattordici anni ed otto mesi. Secondo il Governo, quella durata sarebbe da una parte imputabile al fallimento dei tentativi di asta pubblica della casa del richiedente e di altra parte al comportamento di quell’ultimo.
Innanzitutto, la Corte nota che ? vero che parecchi tentativi di asta pubblica della casa del richiedente hanno avuto luogo senza successo, ossia alle date non precisate degli anni 1985 e 1991 ed il 10 gennaio 1995. Tuttavia, la Corte nota che gli intervalli di circa sei anni (tra 1985 e 1991) e quattro anni (1991 ed il 10 gennaio 1995) sono trascorsi tra un tentativo di vendita e l’altro senza che ci fosse la minima iniziativa da parte degli organi del fallimento.
Per ci? che riguarda il comportamento del richiedente, la Corte osserva che quell’ultimo ha fatto una domanda di concordato di fallimento difatti, ad una data non precisata, una domanda per adire la Corte costituzionale, il 5 aprile 1996, una domanda di sospensione dell’ordinanza di vendita, il 17 aprile 1996, ed un ricorso in cassazione che ha lo stesso oggetto, il 3 maggio 1996. Tuttavia, la Corte considera che l’introduzione di quelle istanze non ha rallentato in modo determinante la marcia del procedimento di fallimento, da una parte a causa di questo che , fatta eccezione per la domanda di concordato di cui la data di introduzione non ? stata precisata, le altre domande non sono state introdotte che a partire dal 1996 e, altro parte, al motivo che le autorit? sollecitate hanno deliberato nei brevi termini, in particolare dodici giorni per la Corte costituzionale ed un giorno per il tribunale che ha troncato la domanda di sospensione dell’ordinanza di vendita.
Di pi?, la Corte rileva in particolare dei periodi di inattivit? giudiziale tra il 2 giugno 1989 ed i 15 maggio 1991, circa due anni tra il 28 aprile 1992 ed il 4 luglio 1993 (circa un anno e due mesi) e tra il 7 luglio 1997 ed i 25 settembre 1998 (circa un anno e due mesi).
Da allora, la Corte stima che la limitazione del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni non era giustificata tutto lungo il procedimento perch?, se in principio la privazione dell’amministrazione e della disponibilit? dei beni ? una misura necessaria per raggiungere lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Del parere della Corte, la durata di quello procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da predisporre tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente al rispetto dei suoi beni dunque. L’ingerenza nel diritto del richiedente si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
71. Alla visto di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
72. Il richiedente si lamenta poi che, dopo la dichiarazione di fallimento, tutta la corrispondenza che gli era inviata ? stata consegnata al curatore. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, cos? formulata,:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non pu? avere ingerenza di un’autorit? pubblica nell’esercizio di quello diritto che per quanto quell’ingerenza ? prevista dalla legge e che costituisce una misura che, in una societ? democratica, ? necessario alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui. “
A. Argomenti delle parti
1. Il richiedente
73. Il richiedente afferma che il controllo controverso non si giustifica per niente. Secondo lui, il giudizio di fallimento essendo reso pubblico, in particolare con affissione al tribunale, le persone che desiderano corrispondere con lo fallito conoscono la sua situazione patrimoniale. Tutta la corrispondenza inviata allo fallito sarebbe di conseguenza esclusivamente personale e non riguarderebbe degli interessi patrimoniali che dipendono del procedimento in corso. Infine, l’obbligo di custodirei il segreto sul contenuto dalla posta personale imposta al curatore non impedirebbe, del parere del richiedente, la violazione dell’articolo 8.
2. Il Governo
74. Secondo il Governo, la restrizione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza, derivando dell’articolo 48 della legge sul fallimento, ha per scopo la “realizzazione del giusto equilibro tra gli interessi pubblici” e quello del richiedente. Suddetta restrizione permetterebbe al curatore di procurarsi tutte le notizie utili relative alla situazione patrimoniale dello fallito per evitare che questo possa occultare o possa sottrarre delle somme di denaro allo scapito dei creditori. La limitazione del diritto al rispetto della corrispondenza attingerebbe il suo fondamento giuridico nelle eccezioni specifiche contemplate al paragrafo 2 dell’articolo 8 nella misura in cui ? fatto riferimento a “la protezione dei diritti di altrui.” Il Governo sottolinea il carattere temporaneo del controllo ed afferma che non si tratta di una sanzione. Di pi?, la legge obbligherebbe il curatore a trasmettere allo fallito la posta che non riguarda degli interessi patrimoniali ed imporrebbe al primo il segreto sul contenuto della corrispondenza personale del secondo.
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
75. La Corte rileva che l’esistenza di un’ingerenza non si ? prestata a controversia tra le parti. Simile ingerenza ignora l’articolo 8 della Convenzione a meno che sia “prevista dalla legge”, non mirare uno o degli scopi legittimi in merito al paragrafo 2 dello stesso articolo e non possa passare per una misura “necessaria in una societ? democratica” (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Labita c. Italia [GC], no 26772/95, ? 179, CEDH 2000-IV).
2. Legalit? e finalit? dell’ingerenza
76. La Corte nota che suddetta ingerenza era contemplata dalla legge (articolo 48 della legge sul fallimento). Di pi?, quell’ingerenza, siccome indicalo il Governo, mirava a raccogliere delle notizie relative alla situazione patrimoniale dello fallito per evitare che questo non devia il suo patrimonio allo scapito dai creditori. Inseguiva un scopo legittimo, ossia la protezione dei diritti altrui, dunque.
77. Resta da sapere se la misura in questione era necessaria in una societ? democratica.
3. Proporzionalit? dell’ingerenza
78. La Corte osserva che il collocamento in posto di un sistema di controllo della corrispondenza del richiedente non ? criticabile in s?. Tuttavia, simile sistema comporta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto al diritto di quell’ultimo al rispetto della sua corrispondenza, in particolare a causa della durata di un procedimento che, tale quella seguita nel caso, si ? stesa su quattordici anni ed otto mesi. Difatti, riferendosi alle considerazioni relative all’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte considera che suddetta durata non ? imputabile, come il Governo afferma, al fallimento dei tentativi di asta pubblica della casa del richiedente n? al comportamento di quell’ultimo.
Da allora, la Corte stima che la limitazione del diritto dell’interessato al rispetto della sua corrispondenza non era giustificata tutto lungo il procedimento perch?, se in principio suddetto controllo ? una misura necessaria per raggiungere lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Del parere della Corte, la durata di quello procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da predisporre tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente al rispetto della sua corrispondenza dunque. L’ingerenza nel diritto dell’interessato si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
79. Allo vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto del richiedente al rispetto della sua corrispondenza, come garantito dall’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DALL’ARTICOLO 6 ? 1 DELLA CONVENZIONE
80. Il richiedente si lamenta anche che la dichiarazione di fallimento gli abbia impedito di stare in giudizio per la difesa dei suoi interessi. L’articolo 6 ? 1 della Convenzione ? formulato cos?:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia sentita da un tribunale che decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Argomenti delle parti
1. Il richiedente
81. Il richiedente afferma che la perdita della capacit? di stare in giudizio in seguito al collocamento in fallimento provoca un danno importante per il fallito. Di pi?, fa valere che ci sarebbe un conflitto di interessi tra i rappresentanti di fallimento che stanno in giudizio al posto del fallito, e quell’ultimo.
2. Il Governo
82. Il Governo osserva che la perdita della capacit? dello fallito di stare in giudizio mira alla protezione di un diritto altrui, ossia “gli interessi dei creditori del fallimento”. Di pi?, suddetta limitazione riguarderebbe esclusivamente le questioni che dipendono dai suoi diritti patrimoniali e, perci?, non oltrepasserebbe il margine di valutazione riconosciuta allo stato. Il Governo fa valere anche che la rappresentazione in giudizio dello fallito ? assicurata comunque dal curatore. Infine, il Governo sostiene che, il richiedente avendo impegnato parecchie istanze durante il procedimento di fallimento(in particolare per ottenere l?immissione nel processo della Corte costituzionale, il 5 aprile 1996, e la sospensione dell’ordinanza di vendita, il 17 aprile 1996, non avrebbe subito nessuno danno.
B. Valutazione della Corte
83. La Corte considera da prima che la limitazione della capacit? del richiedente di stare in giudizio deve essere analizzata sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale. Ricorda che l’articolo 6 ? 1 garantisce ad ogni persona il diritto affinch? un tribunale conosca ogni contestazione relativa ai suoi diritti ed obblighi di carattere civile. Consacra in questo modo il “diritto ad un tribunale” in cui il diritto di accesso, ossia il diritto di adire il tribunale in materia civile, costituisca un aspetto ( Golder c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1975, serie Ha no 18, pp. 17-18, ?? 35-36). Quel diritto vale solamente per le “contestazioni” relative ai “diritti ed obblighi di carattere civile” che si possono dire, meno in modo difendibile, riconosciuti in dritto interno (vedere, tra l?altro, il sentenze James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, serie Ha no 98, pp. 46-47, ? 81, e Powell e Rayner c. Regno Unito, 21 febbraio 1990, serie Ha no 172, pp. 16-17, ? 36).
84. La Corte rileva che la limitazione della capacit? del richiedente di stare in giudizio riguarda delle dispute che vertono su delle questioni di ordine patrimoniale. L’anta civile dell’articolo 6 trova ad applicarsi dunque.
85. La Corte ricorda anche che il “diritto ad un tribunale” non ? assoluto; suscita le limitazioni implicitamente ammesse, in particolare per le condizioni di ammissibilit? di un ricorso, perch? richiama anche per la sua natura una regolamentazione dallo stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione (Ashingdane c. Regno Unito, sentenza del 28 maggio 1985, serie a no 93, pp. 24-25, ? 57). Quelle limitazioni non saprebbero restringere tuttavia l’accesso aperto ad un giudicabile di un modo o ad un punto tali che il suo diritto di accesso ad un tribunale se ne trova danneggiato nella sua sostanza stessa; infine, non si conciliano con l’articolo 6 ? 1 che se tendono ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato (Lievitazione Prestazioni Servizi c. Francia, sentenza del 23 ottobre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, p. 1543, ? 40).
86. La Corte considera che la limitazione della capacit? del richiedente di stare in giudizio mira a affidare al curatore la rappresentanza in giudizio per le questioni che dipendono dei diritti patrimoniali dello fallito. Difatti, il curatore, a partire dal deposito del giudizio di fallimento, si occupa dell’amministrazione dei beni dello fallito. ? evidente del resto, del parere della Corte che eventuali dispute su suddette questioni possono provocare degli effetti importanti sull’attivo ed il passivo del fallimento. La Corte stima, pertanto che suddetta limitazione tende alla protezione dei diritti ed interessi di altrui, ossia quelli dei creditori del fallimento. Resta da verificare se le conseguenze subite dal richiedente erano proporzionate allo scopo legittimo mirato.
87. La Corte fa osservare che la limitazione del diritto di accesso ad un tribunale nel capo del richiedente non ? criticabile in s?. Tuttavia, simile sistema comporta il rischio di imporre all’interessato un carico eccessivo in quanto al diritto di accesso ad un tribunale, in particolare alla luce della durata di un procedimento che, tale quello seguito nel caso, si ? steso su quattordici anni ed otto mesi. Difatti, riferendosi alle considerazioni relative all’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte considera che quella durata non ? imputabile, come il Governo afferma, al fallimento dei tentativi di asta pubblica della casa del richiedente n? al comportamento di quell’ultimo.
Da allora, la Corte stima che la limitazione del diritto di accesso ad un tribunale non era giustificata tutto lungo il procedimento perch?, se in principio la limitazione del diritto di stare in giudizio ? una misura necessaria per raggiungere lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Del parere della Corte, la durata di quello procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da predisporre tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale del richiedente all’accesso ad un tribunale dunque. L’ingerenza nel diritto dell’interessato si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
88. Alla vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione del diritto di accesso ad un tribunale, come garantito dall’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
89. Infine, il richiedente si lamenta dell’interdizione fatta al fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza ed invoca l’articolo 2 del Protocollo no 4 che dispone:
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolare ivi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona ? libera di lasciare non importa quale paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di quei diritti non pu? essere oggetto di altre restrizioni che quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una societ? democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe determinate zone, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall’interesse pubblico in una societ? democratica. “
A. Argomenti delle parti
1. Il richiedente
90. Il richiedente stima che la limitazione della sua libert? di circolare ? ingiustificata, il curatore o, all’occorrenza, il curatore legale potendo sostituire il fallito per i bisogni del procedimento.
2. Il Governo
91. Secondo il Governo, la restrizione alla libert? di circolazione prevista all’articolo 49 della legge sul fallimento ? una misura temporanea, non assoluta -il richiedente avendo solamente l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preliminare del giudice prima di lasciare il suo luogo di residenza -ed inseguendo un scopo legittimo: “assicurare che il fallito possa essere unito, e questo per ottenere le notizie indispensabili concernente i bisogni della gestione e della liquidazione del procedimento.”
B. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un’ingerenza
92. La Corte rileva che l’esistenza di una restrizione alla libert? di circolazione del richiedente non si ? prestata a controversia tra le parti.
93. Di pi?, considera che simile restrizione ignora l’articolo 2 del Protocollo no 4 salvo se ? prevista dalla legge, mira uno o degli scopi legittimi riguardo il paragrafo 3 dello stesso articolo e pu? passare per una misura “necessaria in una societ? democratica” (Raimondo c. Italia, sentenza del 22 febbraio 1994, serie a no 281-ha, p. 19, ? 39).
2. Legalit? e finalit? dell’ingerenza
94. La Corte nota che suddetta ingerenza ? contemplata dalla legge (articolo 49 della legge sul fallimento) e considera, come il Governo che questa ha per scopo di assicurare che lo fallito possa essere unito per facilitare lo svolgimento del procedimento. La Corte stima dal momento che suddetta restrizione mira la protezione dei diritti di altrui, ossia gli interessi dei creditori del fallimento.
95. Resta da sapere se suddetta misura ? necessaria in una societ? democratica.
3. Proporzionalit? dell’ingerenza
96. La Corte osserva al primo colpo che la limitazione della libert? di circolazione non ? criticabile in se. Tuttavia, un tale sistema porta il rischio di imporre al richiedente un carico eccessivo in quanto alla libert? di circolare liberamente, in particolare alla luce della durata di un procedimento che, come la presente, si ? stesa su quattordici anni ed otto mesi. Difatti, riferendosi alle considerazioni relative all’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte considera che suddetta durata non ? imputabile, come il Governo afferma, al fallimento dei tentativi di asta pubblica della casa del richiedente n? al comportamento di quell’ultimo.
Da allora, la Corte stima che la limitazione della libert? di circolazione dell’interessato non era giustificata tutto lungo il procedimento perch?, se in principio l’interdizione per il fallito di allontanarsi dal suo luogo di residenza ? una misura necessaria per raggiungere lo scopo perseguito, la necessit? di quella misura si assottiglia col tempo. Anche se non risalta dalla pratica che il richiedente ha voluto allontanarsi dal suo luogo di residenza o che l’autorizzazione gli ? stata rifiutata, del parere della Corte, la durata di quello procedimento ha provocato la rottura dell’equilibrio da predisporre tra gli interessi generali al pagamento dei creditori del fallimento e l’interesse individuale dell’interessato a circolare liberamente. L’ingerenza nella libert? del richiedente si rivela da allora sproporzionata all’obiettivo perseguito.
97. Allo vista di ci? che precede, la Corte deduce che c’? stata violazione della libert? di circolazione del richiedente, come garanzia dall’articolo 2 del Protocollo no 4.
V. SU L’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
98. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione:
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di quella violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Dommage
99. Il richiedente afferma avere subito un danno e se ne rimette alla Corte affinch? ne stabilisca l’importo.
100. Il Governo stima che nessuna soddisfazione equa dovrebbe essere accordata al richiedente.
101. Nella misura in cui il richiedente chiede risarcimento di un danno materiale, la Corte considera che non c’? luogo di accogliere suddetta domanda per il fatto che il richiedente non si ? prosciolto dal carico della prova (vedere, tra gli altri, le sentenze Corigliano c. Italia, 10 dicembre 1982, serie a no 57, p. 17, ? 53, e Campbell e Cosans c. Regno Unito (articolo 50), 22 marzo 1983, serie a no 60, pp. 7-8, ? 11). Stima peraltro che il richiedente ha subito un torto morale certo. Avuto riguardo delle circostanze della causa e deliberando in equit? come lo vuole l’articolo 41 della Convenzione, decide di concedergli la somma di 31 000 euro.
B. Interessi moratori
102. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso delle interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione;
4. Dice che c’? stata violazione dell’articolo 2 del Protocollo no 4;
5. Dice
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, 31 000 EUR, trentuno mille euro, per danno morale, pi? tutte le somme dovute a titolo di tassa;
b) che a contare della scadenza suddetto termine e fino al versamento, quell’importo sar? da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante quello periodo, aumentato di tre punti di percentuale.
Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 17 luglio 2003, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del regolamento.
S?ren Nielsen Christos RozakisGreffier
aggiunto Presidente