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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE LUIGI SERINO c. ITALIE (n° 3)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 21978/02/2010
Stato: Italia
Data: 2010-10-12 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA LUIGI SERINO C. ITALIA (NO 3)
( Richiesta no 21978/02)
SENTENZA
STRASBURGO
12 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Luigi Serino c. Italia (no 3),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Kristina Pardalos, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 21 settembre 2010,
rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 21978/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 18 maggio 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). È deceduto il 2 gennaio 2009. Con una lettera del 25 gennaio 2010, E. L,, sua erede, ha informato la cancelleria che desiderava proseguire il procedimento dinnanzi alla Corte. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a designare il Sig. S. come “richiedente”, sebbene occorra assegnare questa qualità alla Sig.ra L..
2. Il richiedente è rappresentato da S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente, N. Lettieri.
3. L’ 8 settembre 2004, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 al Governo.
4. Il 7 giugno 2005, avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, la camera ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. In seguito alla ricomposizione delle sezioni, la causa è stata assegnata alla seconda sezione della Corte.
IN FATTO
6. Il richiedente era comproprietario di parecchi terreni ubicati a Benevento.
7. Con delibera no 606 del 3 novembre 1987, l’amministrazione municipale di Benevento dispose l’occupazione dei terreni del richiedente per un periodo di cinque anni, per costruire una strada.
8. Il 12 gennaio 1988, l’amministrazione municipale procedette all’occupazione di un terreno di circa 7 717 metri quadrati ed il 22 gennaio 1988, occupò un terreno di circa 3 386 metri quadrati.
9. Con un’altra delibera no 970 del 9 giugno 1988, l’amministrazione municipale dispose l’occupazione degli altri terreni del richiedente. Il 25 agosto 1988, l’amministrazione occupò suddetti terreni.
10. L’amministrazione fissò l’indennità di occupazione e di espropriazione a 259 704 000 lire italiane (ITL).
11. Il 3 ottobre 1991, il richiedente e suo fratello citarono l’amministrazione di Benevento dinnanzi alla corte di appello di Napoli contestando l’importo di questa indennità. Adducevano che l’importo fissato dalla municipalità era inferiore al valore commerciale dei terreni e chiedevano in particolare che l’indennità venisse calcolata tenendo conto della natura edificabile dei terreni. Inoltre, chiedevano di essere indennizzati per i terreni diventati inutilizzabili in seguito ai lavori di costruzione.
12. Il 7 dicembre 1995, il richiedente e suo fratello rinunciarono a contestare l’importo dell’indennità di espropriazione fissata dall’amministrazione municipale.
13. Il 6 marzo 1998, il fratello del richiedente decedette. Il richiedente ereditò i terreni di suo fratello.
14. Con una sentenza dell’ 8 marzo 2001 il cui testo è stato depositato alla cancelleria il 18 maggio 2001, la corte di appello di Napoli condannò l’amministrazione municipale di Benevento a versare al richiedente ed a suo fratello, a titolo di indennità di occupazione, la somma di 103 159 010 ITL (92 195 675 ITL per la parte edificabile del terreno e 10 963 335 ITL per la parte agricola del terreno. La corte di appello determinò suddetta indennità sulla base dell’indennità di espropriazione (l’indennità di occupazione è determinata in una misura del 5% dell’indennità annua di espropriazione).
15. Il richiedente non ricorse in cassazione.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. Il richiedente si lamenta dell’importo ricevuto a titolo di indennità di occupazione. Sostiene che questa indennità non è ragionevolmente in rapporto col valore dei suoi terreni. In particolare, il richiedente fa valere che l’indennità di occupazione è determinata in una misura del 5% all’ anno dell’indennità di espropriazione che è calcolata sulla base della legge no 359 del 1992, entrata in vigore durante procedimento.
17. Afferma che questa modalità di calcolo dell’indennità è contraria al principio di legalità e che non predispone un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
18. Il Governo sostiene che la richiesta è stata introdotta tardivamente nella misura in cui il richiedente si lamenta del fatto che l’importo dell’indennità di occupazione è stato calcolato ai sensi della legge no 359 del 1992.
Stima che il termine di sei mesi contemplati all’articolo35 § 1 della Convenzione è cominciato a decorrere o nel 1992, ossia in data dell’entrata in vigore di questa legge, o nel 1993, ossia in data del deposito alla cancelleria della sentenza con cui la Corte costituzionale ha confermato la legalità della disposizione in questione. In appoggio delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia, (dec.), no 66432/01, 6 maggio 2004.
19. Il richiedente si oppone.
20. La Corte rileva che ha respinto questo tipo di eccezione in parecchie cause (vedere, tra altre, Donati c. Italia, (dec.), no 63242/00, 13 maggio 2004; Chirò c. Italia no 2, (dec.), no 65137/01, 27 maggio 2004. Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque l’eccezione in questione.
21. Il Governo eccepisce del non esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che il richiedente non è ricorso in cassazione contro la sentenza della corte di appello. Si tratterebbe, secondo il Governo, di un ricorso accessibile, adeguato ed efficace, tanto più che all’epoca dei fatti, esisteva un conflitto di giurisprudenza sulla questione del calcolo dell’indennità di occupazione. Parecchie sentenze della Corte di Cassazione avevano stabilito che, anche in presenza dell’articolo 5 bis, bisognava calcolare l’indennità di occupazione sulla base del valore venale del bene. Secondo il Governo, di fronte ad una giurisprudenza dell’Alta giurisdizione che interina due principi differenti, il richiedente avrebbe dovuto ricorrere in cassazione.
22. Il richiedente si oppone e fa valere che, con la sentenza no 493 del 1998, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite aveva stabilito che l’indennità di occupazione doveva essere calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione ai sensi della legge no 359 del 1992. Per di più, il richiedente ricorda che la Corte costituzionale si è pronunciata parecchie volte sulla compatibilità della legge no 352 del 1992 con la Costituzione. Secondo il richiedente un ricorso in cassazione non avrebbe avuto nessuna fortuna di successo dato che la giurisprudenza era chiara sul punto controverso.
23. La Corte non è convinta dagli argomenti del Governo. Ricorda che incombe sul Governo che eccepisce del non-esaurimento dei ricorsi interni dimostrare che un ricorso effettivo era disponibile tanto in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo (V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX). Nel caso di specie, la Corte di Cassazione in camere riunite si era pronunciata sulla questione controversa affermando che l’indennità di occupazione doveva essere calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione ai sensi della legge no 359 del 1992.
24. Alla luce di ciò che precede, la Corte considera che, nel caso di specie, un eventuale ricorso in cassazione non avrebbe avuto la possibilità di risanare i motivi di appello del richiedente.
25. Di conseguenza l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne del Governo non potrebbe essere considerata.
26. La Corte constata che il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
27. In quanto al merito, la Corte nota innanzitutto che le parti si accordano per dire che c’è stato trasferimento di proprietà a favore dell’amministrazione.
28. Il richiedente mette in causa l’importo dell’indennità di occupazione che risulta dall’applicazione della legge no 359 del 1992 e fa valere che l’indennità calcolata ai sensi di questa legge corrisponde alla metà dell’indennità che avrebbe avuto prima dell’entrata in vigore di questa legge.
29. Per ciò che riguarda i terreni edificabili, il richiedente ricorda che l’indennità di espropriazione è calcolata sulla base della legge no 359 del 1992, entrata in vigore durante il procedimento e modificante i criteri di indennizzo a suo discapito (abbattimento di più del 50% rispetto alla somma che avrebbe potuto ottenere prima dell’entrata della legge in vigore).
In compenso, per ciò che riguarda i terreni agricoli, il richiedente ricorda che l’indennità di espropriazione è calcolata sulla base del valore agricolo medio che è determinato ogni anno dalla commissione istituita secondo l’articolo 16 della legge no 865 del 1971.
30. Per di più, il richiedente si lamenta del fatto che la corte di appello ha utilizzato dei criteri predeterminati, non corrispondenti alla situazione reale, per calcolare il valore venale dei terreni. Il richiedente afferma che questa modalità di calcolo dell’indennità è contraria al principio di legalità e che non predispone un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
31. In conclusione, il richiedente afferma che il giusto equilibrio tra l’interesse generale ed i diritti fondamentali dell’individuo non è stato rispettato.
32. Il Governo fa osservare che il richiedente si lamenta dell’importo dell’indennità di occupazione che gli è stata accordata in seguito all’entrata in vigore della legge no 359 del 1992. A questo riguardo, il Governo precisa che si tratta non di un’applicazione retroattiva della legge, ma di un’applicazione immediata, il che costituisce la regola generale in un Stato di diritto.
Peraltro, il Governo riconosce che l’articolo 5bis della legge no 359 del 1992 è stato ispirato da ragioni di bilancio ed è stato fatto osservare che, tenuto conto del suo carattere provvisorio, questa disposizione è stata giudicata dalla Corte costituzionale come conforme alla Costituzione.
33. Pure ammettendo che l’indennità controversa sia inferiore al valore commerciale del terreno, il Governo stima che questo importo deve passare per adeguato, visto il margine di valutazione lasciato agli Stati in questa tenuta. Inoltre, il “valore commerciale” di un bene è una nozione imprecisa ed incerta che dipende da numerose variabili ed è di natura essenzialmente soggettiva. Il Governo osserva che in ogni caso, il valore commerciale del terreno è uno degli elementi presi in conto nel calcolo effettuato dalle giurisdizioni interne conformemente all’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Ai termini di questa disposizione, il valore commerciale è temperato da un altro criterio, ossia la rendita fondiaria calcolata a partire dal valore iscritto al catasto.
34. Il Governo conclude che il richiedente è stato privato del suo bene a causa di utilità pubblica, al termine di un procedimento regolare previsto dalla legge e perfettamente compatibile con le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Peraltro, il fatto che l’indennità di occupazione sia calcolata sulla base dei parametri che prendono ben in conto il valore venale degli espropriati non ha né infranto il giusto l’equilibrio, né imposto al richiedente un carico eccessivo.
35. La Corte rileva che l’interessato è stato privato dei suoi terreni conformemente alla legge e che l’espropriazione inseguiva uno scopo legittimo di utilità pubblica (Mason ed altri c. Italia, precitata, § 57; Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 53, CEDH 2006 -…). Peraltro, si tratta di un caso di espropriazione isolata che non si trova in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega a nessuna altra circostanza particolare.
36. La Corte rinvia alla sentenza Scordino c. Italia, no 1, precitata, §§ 93-98, per la ricapitolazione dei principi pertinenti e per un’idea della sua giurisprudenza in materia.
37. La Corte nota che, nel caso di specie, il richiedente si lamenta dell’importo dell’indennità di occupazione, calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione.
38. Constata che per assegnare al richiedente l’indennità di occupazione concernente la parte edificabile dei terreni, la corte di appello di Napoli ha calcolato virtualmente l’indennità di espropriazione in funzione dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Poi, l’indennità di occupazione è stata determinata nella misura del 5% all’ anno dell’indennità di espropriazione.
L’importo definitivo dell’indennità di espropriazione fu fissato a 368 782 700 (190 460 EUR) mentre il valore commerciale del terreno stimato in data dell’espropriazione era di 735 930 000 ITL (380 076 EUR). L’indennità di occupazione, calcolata sulla base del 5% all’ anno di questa indennità di espropriazione fu fissata a 92 195 675 ITL (47 615,1 EUR).
39. Avuto riguardo all’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte stima che l’indennità di occupazione, calcolata sulla base di quella di espropriazione, accordata al richiedente non era adeguata, vista la mancanza di ragioni di utilità pubblica tali da poter legittimare un indennizzo talmente inferiore al valore commerciale del bene. Ne segue che l’interessato ha dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità (Scordino c. Italia (no 1), precitato, §§ 99-103).
40. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 §1 E 13 DELLA CONVENZIONE
41. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente adduce la violazione del suo diritto all’ accesso ad un tribunale, al motivo che non ha avuto la possibilità di opporsi a questa modalità di calcolo dell’indennità dinnanzi ad una giurisdizione nazionale.
42. La Corte rileva che questi motivi di appello sono legati a quelli esaminati sopra e, avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 37 sopra) la Corte stima che non c’è luogo di esaminare separatamente né l’ammissibilità, né la fondatezza di questi motivi di appello.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
43. Resta da esaminare la questione dell’applicazione dell’articolo 41. A titolo del danno patrimoniale, il richiedente richiede una somma che corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione che avrebbe ottenuto sulla base del valore del terreno al momento dell’espropriazione e l’indennità ottenuta conformemente all’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Quindi, chiede 96 581,55 EUR. Chiede inoltre una somma per la parte del terreno non utilizzata nella cornice dell’espropriazione.
44. Il richiedente chiede anche una somma di 150 000 EUR a titolo di risarcimento per danno morale così come 22 218,30 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
45. Il Governo si oppone alle pretese del richiedente. Sostiene che l’unica somma che il richiedente potrebbe chiedere corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione liquidata dalle giurisdizioni nazionali e quella che avrebbe potuto ottenere se il calcolo fosse stato basato sul valore venale del terreno e non sull’importo dell’indennità di espropriazione. In quanto al danno morale, il Governo si oppone alle pretese del richiedente.
46. Ispirandosi ai criteri generali enunciati nella sua giurisprudenza relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Scordino c. Italia, no 1, precitato, §§ 93-98; Stornaiuolo c. Italia, no 52980/99, § 61, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (soddisfazione equa), no 43663/98, § 38, 24 luglio 2007) la Corte stima che l’indennità di occupazione adeguata, nello specifico, avrebbe dovuto essere calcolata sulla base del valore commerciale del bene al momento della privazione di questo.
47. Accorda, di conseguenza, una somma che corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione liquidata dalle giurisdizioni nazionali e quella che il richiedente avrebbe potuto ottenere se il calcolo fosse stato basato sul valore venale del terreno e non sull’importo dell’indennità di espropriazione, calcolata sulla base della legge no 352 di 1992, più indicizzazione ed interessi suscettibili di compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spodestamento del terreno. Agli occhi della Corte, questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato sul capitale progressivamente rivalutato. Tenuto conto di questi elementi, deliberando in equità, la Corte stima ragionevole accordare al richiedente la somma di 90 000 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma, per danno patrimoniale.
48. Inoltre, la Corte stima che il richiedente ha subito un danno morale certo che la constatazione di violazione non ha riparato sufficientemente. Deliberando in equità, assegna 3 000 EUR a questo titolo.
49. Infine, secondo la giurisprudenza stabilita della Corte, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], n 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
50. La Corte ha appena concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Tenuto conto delle circostanze della causa e dei giustificativi presentati, la Corte assegna al richiedente 5 000 EUR per il procedimento a Strasburgo più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta da lui su questa somma.
51. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
(a) che lo stato convenuto deve versare all’erede del richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i) 90 000 EUR (novantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
(ii) 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
(iii) 5 000 (cinquemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dall’erede del richiedente, per oneri e spese;
(b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale.
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 ottobre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE LUIGI SERINO C. ITALIE (NO 3)
(Requête no 21978/02)
ARRÊT
STRASBOURG
12 octobre 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Luigi Serino c. Italie (no 3),
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 21 septembre 2010,
rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 21978/02) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. L. S. (« le requérant »), a saisi la Cour le 18 mai 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »). Il est décédé le 2 janvier 2009. Par une lettre du 25 janvier 2010, E, L,, son héritière, a informé le greffe qu’elle souhaitait poursuivre la procédure devant la Cour. Pour des raisons d’ordre pratique, le présent arrêt continuera à désigner M. S. comme étant le « requérant », bien qu’il faille attribuer cette qualité à Mme L..
2. Le requérant est représenté par Me S. F., avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et par son coagent, N. Lettieri.
3. Le 8 septembre 2004, le président de la première section a décidé de communiquer le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 au Gouvernement.
4. Le 7 juin 2005, se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, la chambre a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
5. Suite à la recomposition des sections, l’affaire a été attribuée à la deuxième section de la Cour.
EN FAIT
6. Le requérant était co-propriétaire de plusieurs terrains sis à Bénévent.
7. Par une délibération no 606 du 3 novembre 1987, l’administration municipale de Bénévent disposa l’occupation des terrains du requérant pour une période de cinq ans, afin d’y construire une route.
8. Le 12 janvier 1988, l’administration municipale procéda à l’occupation d’un terrain d’environ 7 717 mètres carrés et le 22 janvier 1988, elle occupa un terrain d’environ 3 386 mètres carrés.
9. Par une autre délibération no 970 du 9 juin 1988, l’administration municipale disposa l’occupation des autres terrains du requérant. Le 25 août 1988, l’administration occupa lesdits terrains.
10. L’administration fixa l’indemnité d’occupation et d’expropriation à 259 704 000 lires italiennes (ITL).
11. Le 3 octobre 1991, le requérant et son frère assignèrent l’administration de Bénévent devant la cour d’appel de Naples en contestant le montant de cette indemnité. Ils alléguaient que le montant fixé par la municipalité était inférieur à la valeur marchande des terrains et demandaient notamment que l’indemnité soit calculée en tenant compte de la nature constructible des terrains. En outre, ils demandaient à être indemnisés pour les terrains devenus inutilisables à la suite des travaux de construction.
12. Le 7 décembre 1995, le requérant et son frère renoncèrent à contester le montant de l’indemnité d’expropriation fixé par l’administration municipale.
13. Le 6 mars 1998, le frère du requérant décéda. Le requérant hérita les terrains de son frère.
14. Par un arrêt du 8 mars 2001, dont le texte a été déposé au greffe le 18 mai 2001, la cour d’appel de Naples condamna l’administration municipale de Bénévent à verser au requérant et à son frère, à titre d’indemnité d’occupation, la somme de 103 159 010 ITL (92 195 675 ITL pour la partie constructible du terrain et 10 963 335 ITL pour la partie agricole du terrain). La cour d’appel détermina ladite indemnité sur la base de l’indemnité d’expropriation (l’indemnité d’occupation est déterminée dans une mesure de 5 % de l’indemnité annuelle d’expropriation).
15. Le requérant ne se pourvut pas en cassation.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
16. Le requérant se plaint du montant reçu à titre d’indemnité d’occupation. Il soutient que cette indemnité n’est pas raisonnablement en rapport avec la valeur de ses terrains. En particulier, le requérant fait valoir que l’indemnité d’occupation est déterminée dans une mesure de 5% par an de l’indemnité d’expropriation qui est calculée sur la base de la loi no 359 de 1992, entrée en vigueur en cours de procédure.
17. Il affirme que cette modalité de calcul de l’indemnité est contraire au principe de légalité et qu’elle ne ménage pas un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
18. Le Gouvernement soutient que la requête a été introduite tardivement dans la mesure où le requérant se plaint de ce que le montant de l’indemnité d’occupation a été calculé au sens de la loi no 359 de 1992.
Il estime que le délai de six mois prévu à l’article 35 § 1 de la Convention a commencé à courir soit en 1992, à savoir à la date de l’entrée en vigueur de cette loi, soit en 1993, à savoir à la date du dépôt au greffe de l’arrêt par lequel la Cour constitutionnelle a confirmé la légalité de la disposition en question. A l’appui de ses allégations, le Gouvernement cite l’affaire Miconi c. Italie (déc.), no 66432/01, 6 mai 2004).
19. Le requérant s’y oppose.
20. La Cour relève qu’elle a rejeté ce type d’exception dans plusieurs affaires (voir, entre autres, Donati c. Italie (déc.), no 63242/00, 13 mai 2004 ; Chirò c. Italie no 2 (déc.), no 65137/01, 27 mai 2004). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc l’exception en question.
21. Le Gouvernement excipe du non épuisement des voies de recours internes, au motif que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation contre l’arrêt de la cour d’appel. Il s’agirait, selon le Gouvernement, d’un recours accessible, adéquat et efficace, d’autant plus qu’à l’époque des faits, il existait un conflit de jurisprudence sur la question du calcul de l’indemnité d’occupation. Plusieurs arrêts de la Cour de Cassation avaient établi que, même en présence de l’article 5 bis, il fallait calculer l’indemnité d’occupation sur la base de la valeur vénale du bien. Selon le Gouvernement, face à une jurisprudence de la Haute juridiction entérinant deux principes différents, le requérant aurait dû se pourvoir en cassation.
22. Le requérant s’y oppose et fait valoir que, par l’arrêt no 493 de 1998, la Cour de cassation statuant en chambres réunies avait établi que l’indemnité d’occupation devait être calculée sur la base de l’indemnité d’expropriation au sens de la loi no 359 de 1992. De surcroît, le requérant rappelle que la Cour constitutionnelle s’est prononcée plusieurs fois sur la compatibilité de la loi no 352 de 1992 avec la Constitution. Selon le requérant un recours en cassation n’aurait eu aucune chance de succès étant donné que la jurisprudence était claire sur le point litigieux.
23. La Cour n’est pas convaincue par les arguments du Gouvernement. Elle rappelle qu’il incombe au Gouvernement excipant du non-épuisement des recours internes de démontrer qu’un recours effectif était disponible tant en théorie qu’en pratique à l’époque des faits, c’est-à-dire qu’il était accessible, était susceptible d’offrir aux requérants la réparation de leurs griefs et présentait des perspectives raisonnables de succès (V. c. Royaume-Uni [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX). Dans le cas d’espèce, la Cour de Cassation en chambres réunies s’était prononcée sur la question litigieuse en affirmant que l’indemnité d’occupation devait être calculée sur la base de l’indemnité d’expropriation au sens de la loi no 359 de 1992.
24. A la lumière de ce qui précède, la Cour considère que, dans le cas d’espèce, un éventuel recours en cassation n’aurait pas eu la possibilité de redresser les griefs du requérant.
25. Par conséquent l’exception de non-épuisement des voies de recours internes du Gouvernement ne saurait être retenue.
26. La Cour constate que le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
27. Quant au fond, la Cour note tout d’abord que les parties s’accordent pour dire qu’il y a eu transfert de propriété au bénéfice de l’administration.
28. Le requérant met en cause le montant de l’indemnité d’occupation qui résulte de l’application de la loi no 359 de 1992 et fait valoir que l’indemnité calculée au sens de cette loi correspond à la moitié de l’indemnité qu’il aurait eue avant l’entrée en vigueur de cette loi.
29. Pour ce qui est des terrains constructibles, le requérant rappelle que l’indemnité d’expropriation est calculée sur la base de la loi no 359 de 1992, entrée en vigueur en cours de procédure et modifiant les critères d’indemnisation à son détriment (abattement de plus de 50 % par rapport à la somme qu’il aurait pu obtenir avant l’entrée en vigueur de la loi).
En revanche, pour ce qui est des terrains agricoles, le requérant rappelle que l’indemnité d’expropriation est calculée sur la base de la valeur agricole moyenne qui est déterminée chaque année par la commission instituée selon l’article 16 de la loi no 865 de 1971.
30. De surcroît, le requérant se plaint de ce que la cour d’appel a utilisé des critères prédéterminés, ne correspondant pas à la situation réelle, afin de calculer la valeur vénale des terrains. Le requérant affirme que cette modalité de calcul de l’indemnité est contraire au principe de légalité et qu’elle ne ménage pas un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
31. En conclusion, le requérant affirme que le juste équilibre entre l’intérêt général et les droits fondamentaux de l’individu n’a pas été respecté.
32. Le Gouvernement fait observer que le requérant se plaint du montant de l’indemnité d’occupation qui lui a été accordé à la suite de l’entrée en vigueur de la loi no 359 de 1992. A cet égard, le Gouvernement précise qu’il s’agit non d’une application rétroactive de la loi, mais d’une application immédiate, ce qui constitue la règle générale dans un Etat de droit.
Par ailleurs, le Gouvernement reconnaît que l’article 5bis de la loi no 359 de 1992 a été inspiré par des raisons budgétaires et fait observer que, compte tenu de son caractère provisoire, cette disposition a été jugée par la Cour constitutionnelle comme étant conforme à la Constitution.
33. Tout en admettant que l’indemnité litigieuse est inférieure à la valeur marchande du terrain, le Gouvernement estime que ce montant doit passer pour adéquat, vu la marge d’appréciation laissée aux Etats dans ce domaine. En outre, la « valeur marchande » d’un bien est une notion imprécise et incertaine, qui dépend de nombreuses variables et est de nature essentiellement subjective. Le Gouvernement observe qu’en tout cas, la valeur marchande du terrain est un des éléments pris en compte dans le calcul effectué par les juridictions internes conformément à l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992. Aux termes de cette disposition, la valeur marchande est tempérée par un autre critère, à savoir la rente foncière calculée à partir de la valeur inscrite au cadastre.
34. Le Gouvernement conclut que le requérant a été privé de son bien pour cause d’utilité publique, à l’issue d’une procédure régulière prévue par la loi et parfaitement compatible avec les exigences de l’article 1 du Protocole no 1. Par ailleurs, le fait que l’indemnité d’occupation soit calculée sur la base des paramètres qui prennent en compte la valeur vénale des bien expropriés n’a ni enfreint le juste équilibre, ni imposé au requérant une charge excessive.
35. La Cour relève que l’intéressé a été privé de ses terrains conformément à la loi et que l’expropriation poursuivait un but légitime d’utilité publique (Mason et autres c. Italie, précité, § 57 ; Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, § 53, CEDH 2006-…). Par ailleurs, il s’agit d’un cas d’expropriation isolée, qui ne se situe pas dans un contexte de réforme économique, sociale ou politique et ne se rattache à aucune autre circonstance particulière.
36. La Cour renvoie à l’arrêt Scordino c. Italie (no 1) précité (§§ 93-98) pour la récapitulation des principes pertinents et pour un aperçu de sa jurisprudence en la matière.
37. La Cour note que, dans le cas d’espèce, le requérant se plaint du montant de l’indemnité d’occupation, calculée sur la base de l’indemnité d’expropriation.
38. Elle constate que pour allouer au requérant l’indemnité d’occupation concernant la partie constructible des terrains, la cour d’appel de Naples a virtuellement calculé l’indemnité d’expropriation en fonction de l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992. Ensuite, l’indemnité d’occupation a été déterminée dans la mesure de 5 % par an de l’indemnité d’expropriation.
Le montant définitif de l’indemnité d’expropriation fut fixé à 368 782 700 (190 460 EUR) alors que la valeur marchande du terrain estimée à la date de l’expropriation était de 735 930 000 ITL (380 076 EUR). L’indemnité d’occupation, calculée sur la base du 5% par an de cette indemnité d’expropriation fut fixée à 92 195 675 ITL (47 615,1 EUR).
39. Eu égard à l’ensemble des considérations qui précèdent, la Cour estime que l’indemnité d’occupation, calculée sur la base de celle d’expropriation, accordée au requérant n’était pas adéquate, vu l’absence de raisons d’utilité publique pouvant légitimer une indemnisation tellement inférieure à la valeur marchande du bien. Il s’ensuit que l’intéressé a dû supporter une charge disproportionnée et excessive qui ne peut être justifiée par un intérêt général légitime poursuivi par les autorités (Scordino c. Italie (no 1), précité, §§ 99-103).
40. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 §1 ET 13 DE LA CONVENTION
41. Invoquant les articles 6 § 1 et 13 de la Convention, le requérant allègue la violation de son droit d’accès à un tribunal, au motif qu’il n’a pas eu la possibilité de s’opposer à cette modalité de calcul de l’indemnité devant une juridiction nationale.
42. La Cour relève que ces griefs sont liés à celui examiné ci-dessus et, eu égard au constat relatif à l’article 1 du Protocole no 1 (paragraphe 37 ci-dessus), la Cour estime qu’il n’y a pas lieu d’examiner ni la recevabilité, ni le bien-fondé de ces griefs séparément.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
43. Reste à examiner la question de l’application de l’article 41. Au titre du préjudice matériel, le requérant réclame une somme correspondant à la différence entre l’indemnité d’occupation qu’il aurait obtenue sur la base de la valeur du terrain au moment de l’expropriation et l’indemnité obtenue conformément à l’article 5 bis de la loi no 359 de 1992. Dès lors, il demande 96 581,55 EUR. Il demande en outre une somme pour la partie du terrain non utilisée dans le cadre de l’expropriation.
44. Le requérant demande également une somme de 150 000 EUR à titre de réparation pour préjudice moral ainsi que 22 218,30 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
45. Le Gouvernement s’oppose aux prétentions du requérant. Il soutient que la seule somme que le requérant pourrait demander correspond à la différence entre l’indemnité d’occupation liquidée par les juridictions nationales et celle qu’il aurait pu obtenir si le calcul avait été basé sur la valeur vénale du terrain et non sur le montant de l’indemnité d’expropriation. Quant au dommage moral, le Gouvernement s’oppose aux prétentions du requérant.
46. S’inspirant des critères généraux énoncés dans sa jurisprudence relative à l’article 1 du Protocole no 1 (Scordino c. Italie (no 1) précité, §§ 93-98 ; Stornaiuolo c. Italie, no 52980/99, § 61, 8 août 2006 ; Mason et autres c. Italie (satisfaction équitable), no 43663/98, § 38, 24 juillet 2007), la Cour estime que l’indemnité d’occupation adéquate, en l’espèce, aurait dû être calculée sur la base de la valeur marchande du bien au moment de la privation de celui-ci.
47. Elle accorde, par conséquent, une somme correspondant à la différence entre l’indemnité d’occupation liquidée par les juridictions nationales et celle que le requérant aurait pu obtenir si le calcul avait été basé sur la valeur vénale du terrain et non sur le montant de l’indemnité d’expropriation, calculée sur la base de la loi no 352 de 1992, plus indexation et intérêts susceptibles de compenser, au moins en partie, le long laps de temps s’étant écoulé depuis la dépossession du terrain. Aux yeux de la Cour, ces intérêts doivent correspondre à l’intérêt légal simple appliqué sur le capital progressivement réévalué. Compte tenu de ces éléments, statuant en équité, la Cour estime raisonnable d’accorder au requérant la somme de 90 000 EUR, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme, pour préjudice matériel.
48. En outre, la Cour estime que le requérant a subi un préjudice moral certain que le constat de violation n’a pas suffisamment réparé. Statuant en équité, elle alloue 3 000 EUR à ce titre.
49. Enfin, selon la jurisprudence établie de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], n 33202/96, § 27, 28 mai 2002 ; Sahin c. Allemagne [GC], n 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
50. La Cour vient de conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1. Compte tenu des circonstances de la cause et des justificatifs présentés, la Cour alloue au requérant 5 000 EUR pour la procédure à Strasbourg plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par lui sur cette somme.
51. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner la recevabilité et le bien-fondé des griefs tirés des articles 6 § 1 et 13 de la Convention ;
4. Dit
(a) que l’Etat défendeur doit verser à l’héritière du requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
(i) 90 000 EUR (quatre vingt dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
(ii) 3 000 EUR (trois mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
(iii) 5 000 (cinq mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par l’héritière du requérant, pour frais et dépens ;
(b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage.
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 octobre 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente

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