Conclusione Violazione di P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA LUIGI SERINO C. ITALIA (NO 3)
( Richiesta no 21978/02)
SENTENZA
STRASBURGO
12 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Luigi Serino c. Italia (no 3),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Kristina Pardalos, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 21 settembre 2010,
rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 21978/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 18 maggio 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). È deceduto il 2 gennaio 2009. Con una lettera del 25 gennaio 2010, E. L,, sua erede, ha informato la cancelleria che desiderava proseguire il procedimento dinnanzi alla Corte. Per ragioni di ordine pratico, la presente sentenza continuerà a designare il Sig. S. come “richiedente”, sebbene occorra assegnare questa qualità alla Sig.ra L..
2. Il richiedente è rappresentato da S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo coagente, N. Lettieri.
3. L’ 8 settembre 2004, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 al Governo.
4. Il 7 giugno 2005, avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, la camera ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. In seguito alla ricomposizione delle sezioni, la causa è stata assegnata alla seconda sezione della Corte.
IN FATTO
6. Il richiedente era comproprietario di parecchi terreni ubicati a Benevento.
7. Con delibera no 606 del 3 novembre 1987, l’amministrazione municipale di Benevento dispose l’occupazione dei terreni del richiedente per un periodo di cinque anni, per costruire una strada.
8. Il 12 gennaio 1988, l’amministrazione municipale procedette all’occupazione di un terreno di circa 7 717 metri quadrati ed il 22 gennaio 1988, occupò un terreno di circa 3 386 metri quadrati.
9. Con un’altra delibera no 970 del 9 giugno 1988, l’amministrazione municipale dispose l’occupazione degli altri terreni del richiedente. Il 25 agosto 1988, l’amministrazione occupò suddetti terreni.
10. L’amministrazione fissò l’indennità di occupazione e di espropriazione a 259 704 000 lire italiane (ITL).
11. Il 3 ottobre 1991, il richiedente e suo fratello citarono l’amministrazione di Benevento dinnanzi alla corte di appello di Napoli contestando l’importo di questa indennità. Adducevano che l’importo fissato dalla municipalità era inferiore al valore commerciale dei terreni e chiedevano in particolare che l’indennità venisse calcolata tenendo conto della natura edificabile dei terreni. Inoltre, chiedevano di essere indennizzati per i terreni diventati inutilizzabili in seguito ai lavori di costruzione.
12. Il 7 dicembre 1995, il richiedente e suo fratello rinunciarono a contestare l’importo dell’indennità di espropriazione fissata dall’amministrazione municipale.
13. Il 6 marzo 1998, il fratello del richiedente decedette. Il richiedente ereditò i terreni di suo fratello.
14. Con una sentenza dell’ 8 marzo 2001 il cui testo è stato depositato alla cancelleria il 18 maggio 2001, la corte di appello di Napoli condannò l’amministrazione municipale di Benevento a versare al richiedente ed a suo fratello, a titolo di indennità di occupazione, la somma di 103 159 010 ITL (92 195 675 ITL per la parte edificabile del terreno e 10 963 335 ITL per la parte agricola del terreno. La corte di appello determinò suddetta indennità sulla base dell’indennità di espropriazione (l’indennità di occupazione è determinata in una misura del 5% dell’indennità annua di espropriazione).
15. Il richiedente non ricorse in cassazione.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. Il richiedente si lamenta dell’importo ricevuto a titolo di indennità di occupazione. Sostiene che questa indennità non è ragionevolmente in rapporto col valore dei suoi terreni. In particolare, il richiedente fa valere che l’indennità di occupazione è determinata in una misura del 5% all’ anno dell’indennità di espropriazione che è calcolata sulla base della legge no 359 del 1992, entrata in vigore durante procedimento.
17. Afferma che questa modalità di calcolo dell’indennità è contraria al principio di legalità e che non predispone un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
18. Il Governo sostiene che la richiesta è stata introdotta tardivamente nella misura in cui il richiedente si lamenta del fatto che l’importo dell’indennità di occupazione è stato calcolato ai sensi della legge no 359 del 1992.
Stima che il termine di sei mesi contemplati all’articolo35 § 1 della Convenzione è cominciato a decorrere o nel 1992, ossia in data dell’entrata in vigore di questa legge, o nel 1993, ossia in data del deposito alla cancelleria della sentenza con cui la Corte costituzionale ha confermato la legalità della disposizione in questione. In appoggio delle sue affermazioni, il Governo cita la causa Miconi c. Italia, (dec.), no 66432/01, 6 maggio 2004.
19. Il richiedente si oppone.
20. La Corte rileva che ha respinto questo tipo di eccezione in parecchie cause (vedere, tra altre, Donati c. Italia, (dec.), no 63242/00, 13 maggio 2004; Chirò c. Italia no 2, (dec.), no 65137/01, 27 maggio 2004. Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque l’eccezione in questione.
21. Il Governo eccepisce del non esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che il richiedente non è ricorso in cassazione contro la sentenza della corte di appello. Si tratterebbe, secondo il Governo, di un ricorso accessibile, adeguato ed efficace, tanto più che all’epoca dei fatti, esisteva un conflitto di giurisprudenza sulla questione del calcolo dell’indennità di occupazione. Parecchie sentenze della Corte di Cassazione avevano stabilito che, anche in presenza dell’articolo 5 bis, bisognava calcolare l’indennità di occupazione sulla base del valore venale del bene. Secondo il Governo, di fronte ad una giurisprudenza dell’Alta giurisdizione che interina due principi differenti, il richiedente avrebbe dovuto ricorrere in cassazione.
22. Il richiedente si oppone e fa valere che, con la sentenza no 493 del 1998, la Corte di cassazione deliberando in camere riunite aveva stabilito che l’indennità di occupazione doveva essere calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione ai sensi della legge no 359 del 1992. Per di più, il richiedente ricorda che la Corte costituzionale si è pronunciata parecchie volte sulla compatibilità della legge no 352 del 1992 con la Costituzione. Secondo il richiedente un ricorso in cassazione non avrebbe avuto nessuna fortuna di successo dato che la giurisprudenza era chiara sul punto controverso.
23. La Corte non è convinta dagli argomenti del Governo. Ricorda che incombe sul Governo che eccepisce del non-esaurimento dei ricorsi interni dimostrare che un ricorso effettivo era disponibile tanto in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo (V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999-IX). Nel caso di specie, la Corte di Cassazione in camere riunite si era pronunciata sulla questione controversa affermando che l’indennità di occupazione doveva essere calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione ai sensi della legge no 359 del 1992.
24. Alla luce di ciò che precede, la Corte considera che, nel caso di specie, un eventuale ricorso in cassazione non avrebbe avuto la possibilità di risanare i motivi di appello del richiedente.
25. Di conseguenza l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne del Governo non potrebbe essere considerata.
26. La Corte constata che il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
27. In quanto al merito, la Corte nota innanzitutto che le parti si accordano per dire che c’è stato trasferimento di proprietà a favore dell’amministrazione.
28. Il richiedente mette in causa l’importo dell’indennità di occupazione che risulta dall’applicazione della legge no 359 del 1992 e fa valere che l’indennità calcolata ai sensi di questa legge corrisponde alla metà dell’indennità che avrebbe avuto prima dell’entrata in vigore di questa legge.
29. Per ciò che riguarda i terreni edificabili, il richiedente ricorda che l’indennità di espropriazione è calcolata sulla base della legge no 359 del 1992, entrata in vigore durante il procedimento e modificante i criteri di indennizzo a suo discapito (abbattimento di più del 50% rispetto alla somma che avrebbe potuto ottenere prima dell’entrata della legge in vigore).
In compenso, per ciò che riguarda i terreni agricoli, il richiedente ricorda che l’indennità di espropriazione è calcolata sulla base del valore agricolo medio che è determinato ogni anno dalla commissione istituita secondo l’articolo 16 della legge no 865 del 1971.
30. Per di più, il richiedente si lamenta del fatto che la corte di appello ha utilizzato dei criteri predeterminati, non corrispondenti alla situazione reale, per calcolare il valore venale dei terreni. Il richiedente afferma che questa modalità di calcolo dell’indennità è contraria al principio di legalità e che non predispone un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
31. In conclusione, il richiedente afferma che il giusto equilibrio tra l’interesse generale ed i diritti fondamentali dell’individuo non è stato rispettato.
32. Il Governo fa osservare che il richiedente si lamenta dell’importo dell’indennità di occupazione che gli è stata accordata in seguito all’entrata in vigore della legge no 359 del 1992. A questo riguardo, il Governo precisa che si tratta non di un’applicazione retroattiva della legge, ma di un’applicazione immediata, il che costituisce la regola generale in un Stato di diritto.
Peraltro, il Governo riconosce che l’articolo 5bis della legge no 359 del 1992 è stato ispirato da ragioni di bilancio ed è stato fatto osservare che, tenuto conto del suo carattere provvisorio, questa disposizione è stata giudicata dalla Corte costituzionale come conforme alla Costituzione.
33. Pure ammettendo che l’indennità controversa sia inferiore al valore commerciale del terreno, il Governo stima che questo importo deve passare per adeguato, visto il margine di valutazione lasciato agli Stati in questa tenuta. Inoltre, il “valore commerciale” di un bene è una nozione imprecisa ed incerta che dipende da numerose variabili ed è di natura essenzialmente soggettiva. Il Governo osserva che in ogni caso, il valore commerciale del terreno è uno degli elementi presi in conto nel calcolo effettuato dalle giurisdizioni interne conformemente all’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Ai termini di questa disposizione, il valore commerciale è temperato da un altro criterio, ossia la rendita fondiaria calcolata a partire dal valore iscritto al catasto.
34. Il Governo conclude che il richiedente è stato privato del suo bene a causa di utilità pubblica, al termine di un procedimento regolare previsto dalla legge e perfettamente compatibile con le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Peraltro, il fatto che l’indennità di occupazione sia calcolata sulla base dei parametri che prendono ben in conto il valore venale degli espropriati non ha né infranto il giusto l’equilibrio, né imposto al richiedente un carico eccessivo.
35. La Corte rileva che l’interessato è stato privato dei suoi terreni conformemente alla legge e che l’espropriazione inseguiva uno scopo legittimo di utilità pubblica (Mason ed altri c. Italia, precitata, § 57; Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, § 53, CEDH 2006 -…). Peraltro, si tratta di un caso di espropriazione isolata che non si trova in un contesto di riforma economica, sociale o politica e non si ricollega a nessuna altra circostanza particolare.
36. La Corte rinvia alla sentenza Scordino c. Italia, no 1, precitata, §§ 93-98, per la ricapitolazione dei principi pertinenti e per un’idea della sua giurisprudenza in materia.
37. La Corte nota che, nel caso di specie, il richiedente si lamenta dell’importo dell’indennità di occupazione, calcolata sulla base dell’indennità di espropriazione.
38. Constata che per assegnare al richiedente l’indennità di occupazione concernente la parte edificabile dei terreni, la corte di appello di Napoli ha calcolato virtualmente l’indennità di espropriazione in funzione dell’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Poi, l’indennità di occupazione è stata determinata nella misura del 5% all’ anno dell’indennità di espropriazione.
L’importo definitivo dell’indennità di espropriazione fu fissato a 368 782 700 (190 460 EUR) mentre il valore commerciale del terreno stimato in data dell’espropriazione era di 735 930 000 ITL (380 076 EUR). L’indennità di occupazione, calcolata sulla base del 5% all’ anno di questa indennità di espropriazione fu fissata a 92 195 675 ITL (47 615,1 EUR).
39. Avuto riguardo all’insieme delle considerazioni che precedono, la Corte stima che l’indennità di occupazione, calcolata sulla base di quella di espropriazione, accordata al richiedente non era adeguata, vista la mancanza di ragioni di utilità pubblica tali da poter legittimare un indennizzo talmente inferiore al valore commerciale del bene. Ne segue che l’interessato ha dovuto sopportare un carico sproporzionato ed eccessivo che non può essere giustificato da un interesse generale legittimo perseguito dalle autorità (Scordino c. Italia (no 1), precitato, §§ 99-103).
40. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 §1 E 13 DELLA CONVENZIONE
41. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente adduce la violazione del suo diritto all’ accesso ad un tribunale, al motivo che non ha avuto la possibilità di opporsi a questa modalità di calcolo dell’indennità dinnanzi ad una giurisdizione nazionale.
42. La Corte rileva che questi motivi di appello sono legati a quelli esaminati sopra e, avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafo 37 sopra) la Corte stima che non c’è luogo di esaminare separatamente né l’ammissibilità, né la fondatezza di questi motivi di appello.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
43. Resta da esaminare la questione dell’applicazione dell’articolo 41. A titolo del danno patrimoniale, il richiedente richiede una somma che corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione che avrebbe ottenuto sulla base del valore del terreno al momento dell’espropriazione e l’indennità ottenuta conformemente all’articolo 5 bis della legge no 359 del 1992. Quindi, chiede 96 581,55 EUR. Chiede inoltre una somma per la parte del terreno non utilizzata nella cornice dell’espropriazione.
44. Il richiedente chiede anche una somma di 150 000 EUR a titolo di risarcimento per danno morale così come 22 218,30 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
45. Il Governo si oppone alle pretese del richiedente. Sostiene che l’unica somma che il richiedente potrebbe chiedere corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione liquidata dalle giurisdizioni nazionali e quella che avrebbe potuto ottenere se il calcolo fosse stato basato sul valore venale del terreno e non sull’importo dell’indennità di espropriazione. In quanto al danno morale, il Governo si oppone alle pretese del richiedente.
46. Ispirandosi ai criteri generali enunciati nella sua giurisprudenza relativa all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Scordino c. Italia, no 1, precitato, §§ 93-98; Stornaiuolo c. Italia, no 52980/99, § 61, 8 agosto 2006; Mason ed altri c. Italia (soddisfazione equa), no 43663/98, § 38, 24 luglio 2007) la Corte stima che l’indennità di occupazione adeguata, nello specifico, avrebbe dovuto essere calcolata sulla base del valore commerciale del bene al momento della privazione di questo.
47. Accorda, di conseguenza, una somma che corrisponde alla differenza tra l’ indennità di occupazione liquidata dalle giurisdizioni nazionali e quella che il richiedente avrebbe potuto ottenere se il calcolo fosse stato basato sul valore venale del terreno e non sull’importo dell’indennità di espropriazione, calcolata sulla base della legge no 352 di 1992, più indicizzazione ed interessi suscettibili di compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spodestamento del terreno. Agli occhi della Corte, questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato sul capitale progressivamente rivalutato. Tenuto conto di questi elementi, deliberando in equità, la Corte stima ragionevole accordare al richiedente la somma di 90 000 EUR, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma, per danno patrimoniale.
48. Inoltre, la Corte stima che il richiedente ha subito un danno morale certo che la constatazione di violazione non ha riparato sufficientemente. Deliberando in equità, assegna 3 000 EUR a questo titolo.
49. Infine, secondo la giurisprudenza stabilita della Corte, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], n 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
50. La Corte ha appena concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Tenuto conto delle circostanze della causa e dei giustificativi presentati, la Corte assegna al richiedente 5 000 EUR per il procedimento a Strasburgo più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta da lui su questa somma.
51. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione;
4. Stabilisce
(a) che lo stato convenuto deve versare all’erede del richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
(i) 90 000 EUR (novantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale;
(ii) 3 000 EUR (tremila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
(iii) 5 000 (cinquemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dall’erede del richiedente, per oneri e spese;
(b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale.
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 ottobre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa