SECONDA SEZIONE
CAUSA LUIGI SERINO C. ITALIA (NO2)
( Richiesta no 680/03)
SENTENZA
STRASBURGO
27 gennaio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Luigi Serino c. Italia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, giudici,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 6 gennaio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 680/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 5 novembre 1998 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato successivamente da A. N. e T. V., avvocati a Benevento, e da F. P., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo e la Sig.ra E. Spatafora, ed dai suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
4. Il richiedente è nato nel 1925 e ha risieduto a Benevento.
1. Il procedimento principale
5. Il 14 aprile 1992, il richiedente fu citato dal Sig. R.C. dinnanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Caserta, per ottenere risarcimento dei danni subiti all’epoca di un incidente stradale (RG no 3595/92).
6. Delle ventiquattro udienze fissate tra il 2 luglio 1992 ed il 24 febbraio 2003, tre furono rinviate d’ufficio, due a causa di sciopero degli avvocati e tre su richiesta delle parti.
7. Il giudice mise la causa in deliberazione in camera di consiglio il 5 maggio 2003. Le parti non hanno fornito nessuna informazione sugli sviluppi conosciuti dal procedimento da questa data.
2. Il procedimento “Pinto”
8. Il 16 ottobre 2001, il richiedente investe la corte di appello di Roma ai sensi della legge “Pinto”, chiedendo 18 000 000 di lire italiane [9 296 euro (EUR)] a titolo di danno morale per la durata eccessiva del procedimento.
9. Con una lettera del 4 aprile 2002, il richiedente informò la Corte che, pure avendo introdotto il ricorso “Pinto”, non intendeva rinunciare alla sua richiesta.
10. Con una decisione del 17 giugno 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 29 luglio 2002, la corte di appello considerò il procedimento fino alla data della decisione, constatò il superamento di una durata ragionevole ed accordò 2 000 EUR in equità per danno morale e 1 720 EUR per oneri e spese, ivi compreso quelli del procedimento dinnanzi alla Corte. Notificata all’amministrazione il 4 dicembre 2002, questa decisione diventò definitiva il 3 febbraio 2003.
11. Nel frattempo, con una lettera del 17 dicembre 2002, il richiedente aveva invitato la Corte a riprendere l’esame della sua richiesta.
12. L’ 11 febbraio 2004, le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto non erano ancora state pagate.
IN DIRITTO
13. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata del procedimento principale e del fatto che l’importo ricevuto a titolo di danno morale nel procedimento “Pinto” non è sufficiente per riparare il danno subito.
14. Il Governo si oppone a questa tesi, eccependo il non esaurimento delle vie di ricorso interne e della tardività della richiesta.
15. La Corte stima tuttavia che queste eccezioni sono da respingere alla luce della sua giurisprudenza (vedere, mutatis mutandis, Luigi Serino c. Italia, no 679/03, § 15-18, 19 febbraio 2008).
16. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, §§ 69-98, CEDH 2006 -…) e che la somma “Pinto” non è stata versata nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello diventò definitiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
17. La Corte constata che la richiesta non cozza contro nessuno altro dei motivi di inammissibilità iscritta all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Anche, dichiarala lei ammissibile.
18. In quanto al merito, la Corte constata che il procedimento che è cominciato il 14 aprile 1992, era durato fino al 17 giugno 2002, data della decisione “Pinto”, dieci anni e due mesi per un’istanza. Inoltre, la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” non era stata ancora versata all’ 11 febbraio 2004, o più di diciotto mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
19. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben stabilita (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo di constatare anche una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per lo stesso motivo.
20. In quanto alla questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la Corte constata che il richiedente era stato invitato a fare la sua istanza di soddisfazione equa prima del 5 febbraio 2007 e che l’ha presentata il 14 settembre 2007, all’infuori del termine fissato. La Corte decide pertanto di non accordare niente a titolo dell’articolo 41 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 gennaio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa