SECONDA SEZIONE
CAUSA LUCIANA FORGIONE C. ITALIA
(Richiesta no 62471/00)
SENTENZA
STRASBURGO
8 luglio 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Luciana Forgione c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaº, giudici, Luigi Ferrari Bravo, giudice ad hoc,,
e di Sally Dollé, cancelliera di sezione.
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 giugno 2008,
Rende la sentenza che ha, adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 62471/00) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra L. F. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 9 giugno 1998 in virtù del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da D. d. C., avvocato a Pescara. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia, ed i suoi coagenti, Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. In seguito all’astensione del Sig. V. Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell’Italia (articolo 28), il Governo ha designato il Sig. L. Ferrari Bravo come giudice ad hoc per riunirsi al suo posto (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell’ordinamento).
4. Il 12 dicembre 2000, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Il 21 ottobre 2004, in applicazione dell’articolo 54 § 2 c, dell’ordinamento, le parti sono state invitate a fornire delle osservazioni complementari sull’oggetto e l’entità dei nuovi motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, riguardanti il ritardo dell’esecuzione della decisione “Pinto”, e 1 del Protocollo no 1 della Convenzione.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1949 e ha risieduto a Città Sant’Angelo (Pescara).
A. Il procedimento principale
7. Il richiedente era impiegato presso la camera di commercio di Napoli.
8. Il 23 novembre 1994, investì il tribunale amministrativo regionale dell’ Abruzzo (“T.A.R. “) per ottenere l’annullamento della decisione della camera di commercio di Pescara che rifiutava la sua richiesta di trasferimento ed il rinvio ad esecuzione. Lo stesso giorno, depositò un’istanza che tendeva alla determinazione della data dell’udienza. Ad una data non precisata, sollecitò la determinazione d’emergenza dell’udienza.
9. Con un’ordinanza del 3 dicembre 1994, il T.A.R. rigetta la richiesta di rinvio ad esecuzione.
10. Il 24 marzo 1999, il T.A.R. stabilisce l’udienza di collocamento in deliberazione al 27 maggio 1999. Con un giudizio del 13 gennaio 2000 il cui testo fu depositato presso la cancelleria il 29 gennaio 2000, il T.A.R. accolse l’istanza del richiedente.
11. Il 14 aprile 2000, la camera di commercio di Pescara interpose appello contro il giudizio dinnanzi al Consiglio di stato. Questo ultimo, con una sentenza dell’ 8 marzo 2005 il cui testo fu depositato presso la cancelleria il 21 maggio 2005, respinse suddetta istanza.
B. Il procedimento “Pinto”
12. Il 18 aprile 2002, il richiedente investì la corte di appello di Campobasso ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto” per lamentarsi della durata eccessiva della parte del procedimento che si era svolta in prima istanza. Il richiedente chiese alla corte di dire che c’era stata una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare il governo italiano al risarcimento dei danni subiti, che valutava in particolare a 100 000 euro (EUR).
13. Con una decisione del 21 gennaio 2003 il cui testo fu depositato presso la cancelleria il 28 gennaio 2003, la corte di appello considerò il procedimento fino alla data del giudizio di prima istanza, il 29 gennaio 2000, e constatò il superamento di una durata ragionevole. Accolse in parte l’istanza del richiedente e gli accordò 1 000 EUR per risarcimento del danno materiale, 4 000 EUR per il danno morale, così come 1 300 EUR per oneri e spese.
14. Questa decisione fu notificata il 3 marzo 2003 ed acquisì forza di cosa giudicata il 3 maggio 2003.
15. Con una lettera del 19 novembre 2003, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
16. Le somme accordate dalla corte di appello furono pagate il 23 febbraio 2005.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
17. Il diritto e le pratica interne pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
18. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento civile. Dopo avere tentato il procedimento “Pinto”, il richiedente considera che l’importo accordato dalla corte di appello di Campobasso a titolo di danno morale non è sufficiente per riparare il danno causato dalla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Il richiedente si lamenta anche del ritardo nell’esecuzione della decisione “Pinto.”
19. Il Governo si oppone a queste tesi.
20. L’articolo 6 § 1 della Convenzione sono formulati così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
21. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne affermando che il richiedente non è ricorso in cassazione e che ha omesso di iniziare un procedimento di esecuzione.
22. In quanto al motivo di appello sull’importo ottenuto nel procedimento “Pinto”, si deve rilevare da prima che la corte di appello di Campobasso ha valutato il procedimento fino alla data del giudizio di prima istanza. Pertanto la corte di appello non ha potuto prendere in considerazione un periodo di cinque anni. Tuttavia, la Corte nota che il richiedente aveva la possibilità di investire di nuovo la corte di appello per fare applicare la nuova giurisprudenza della Corte di cassazione del 26 gennaio 2004 (vedere sentenza no 1339) e che la restante durata di cinque anni e tre mesi era in sé largamente sufficiente per costituire una secondo violazione dello stesso procedimento (vedere Rotondi c. Italia, no 38113/97, §§ 14-16, 27 aprile 2000 e S.A.GE.MA S.N.C. c. Italia, no 40184/98, §§ 12-14, 27 aprile 2000).
Pertanto la Corte stima che, poiché il richiedente poteva avvalersi della nuova giurisprudenza per ottenere una seconda constatazione di violazione, non c’è luogo di esaminare il procedimento nel suo insieme ma unicamente la durata che è stata oggetto di un esame da parte della corte di appello “Pinto” (vedere Gattuso c. Itali,( déc.), no 24715/04, 18 novembre 2004).
In seguito, prima di esaminare la questione di sapere se c’è stata nella specifico violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ha il dovere prima di valutare se il richiedente può continuare a definirsi “vittima” al senso dell’articolo 34 della Convenzione dopo avere esercitato il ricorso nazionale.
A questo riguardo, ricorda la sua giurisprudenza nella causa Cocchiarella c. Italia (precitata, § 84) secondo la quale in questo genere di cause, spetta alla Corte verificare, da una parte, se c’è stata riconoscenza da parte delle autorità, almeno in sostanza, di una violazione di un diritto protetto dalla Convenzione e, dall’altra parte, se la correzione può essere considerata come appropriata e sufficiente.
In quanto al danno morale, la Corte nota che, per un procedimento durato sei anni per un’istanza, il richiedente si è visto accordare 4 000 EUR dalla corte di appello. La somma accordata può essere considerata come globalmente adeguata e per questo fatto atta a riparare la violazione subita (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 146 e Garino c. Italia (déc.), numero 16605/03, 16641/03 e 16644/03, 18 maggio 2006).
Pertanto, la decisione della corte di appello di Campobasso si inserisce proprio nel contesto della giurisprudenza della Corte europea.
Questo risvolto del motivo di appello è manifestamente male fondato dunque e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
23. In compenso, in quanto al risvolto del motivo di appello che riguarda il ritardo nel pagamento della somma “Pinto”, avuto riguardo alla giurisprudenza in materia (Cocchiarella c. Italia, precitata), la Corte respinge gli argomenti del Governo. Stimando questo pagamento tardivo, considera che il richiedente può sempre definirsi “vittima”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
24. La Corte constata che questa parte del motivo di appello non è manifestamente male fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
25. La Corte ricorda che, trattandosi di un ricorso indennizzante che mira a risanare le conseguenze della durata eccessiva del procedimento, il lasso di tempo per questo versamento non dovrebbe superare generalmente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventa esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 101).
26. Constata che la somma concessa è stata versata solamente il 23 febbraio 2005, o più di ventiquattro mesi dopo il deposito presso la cancelleria della decisione della corte di appello. Avendo superato il pagamento largamente suddetto termine, la Corte considera che questo ritardo costituisce violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1. Del resto, la Corte sarà portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
27. In uno scritto del 29 settembre 2004, il richiedente si è lamentato anche del fatto che l’omissione delle autorità competenti di versargli le somme accordate dalla corte di appello di Campobasso portava ad una violazione al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
L’articolo 1 del Protocollo no 1 è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
28. Il Governo solleva un’eccezione di tardività in quanto a questo motivo di appello.
29. Il richiedente si oppone agli argomenti del Governo.
30. La Corte ricorda che quando un richiedente si lamenta di una “situazione continua”, questo termine decorre a partire dalla fine di questa (vedere, tra altre, mutatis mutandis, Almeida Garrett, Mascarenhas Falcão ed altri c. Portogallo, numeri 29813/96 e 30229/96, § 43, CEDH 2000-I; Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 50, CEDH 1999-II; La Rosa ed altri c. Italia (no 2), (déc.), no 58274/00, 1 aprile 2004). La Corte considera che gli effetti dell’inadempimento della decisione della corte di appello di Campobasso si analizzano in una “situazione continua” che, nel caso di specifico, si è conclusa solamente il 23 febbraio 2005, giorno del versamento dell’indennizzo. Siccome il motivo d’appello del richiedente è stato introdotto molto prima di questa data, respinge l’eccezione del Governo.
31. La Corte constata che l’istanza non è manifestamente male fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
32. La Corte ricorda che un “credito” può costituire un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, a patto che si stabilisca che sia sufficientemente esigibile (vedere Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, sentenza del 9 dicembre 1994, serie A no 301-B, p. 84, § 59). La Corte nota che nello specifico, con la decisione del 21 gennaio 2003 (paragrafo 13 sopra) la corte di appello di Campobasso aveva accordato un risarcimento che gli conferiva dunque un diritto incontestato alla somma concessa al richiedente.
33. La Corte stima, quindi che versando al richiedente tardivamente la somma dovuta le autorità competenti hanno portato un danno al diritto al rispetto dei suoi beni al senso della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Secondo la Corte, questa ingerenza non si basava su nessuna giustificazione valida; era arbitraria dunque e portava violazione del principio di legalità. Simile conclusione la dispensa dal ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali (vedere Iatridis c. Grecia, precitata, § 62; Karahalios c. Grecia, no 62503/00, § 35, 11 dicembre 2003).
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
34. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
35. Il richiedente richiede una somma totale che ammonta tra 50 000 e 100 000 EUR a titolo di danno materiale e morale. In più, chiede una somma in equità per la frustrazione supplementare dovuta al ritardo nel pagamento della somma “Pinto.”
36. Il Governo contesta queste pretese.
37. Alla vista delle conclusioni di inammissibilità in merito al motivo di appello relativo all’importo concesso nel procedimento “Pinto” (vedere paragrafo 22 sopra), la Corte respinge la richiesta riguardante ogni danno materiale. In compenso, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, la Corte assegna 1 800 EUR per il danno morale subito dal richiedente.
B. Oneri e spese
38. Senza valutarli, il richiedente chiede anche il rimborso di oneri e spese incorsi dinnanzi alle giurisdizioni interne, così come dinnanzi alla Corte di Strasburgo.
39. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
40. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, la concessione di oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si trovino stabiliti la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
41. In quanto agli oneri e spese dinnanzi alla corte di appello di Campobasso, la Corte stima ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, tenuto conto della durata e della complessità del procedimento “Pinto”. Respinge dunque la richiesta. In quanto agli oneri e spese incorsi dinnanzi a lei, la Corte stima che, nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati sostenuti. Quindi, deliberando in equità, giudica ragionevole concedere al richiedente 2 000 EUR a questo titolo .
C. Interessi moratori
42. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dal ritardo nel versamento della somma concessa nella cornice del procedimento “Pinto” ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 1 800 EUR (mille otto cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta da parte del richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 luglio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa