Conclusione Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario
PRIMA SEZIONE
CAUSA LO TUFO C. ITALIA
( Richiesta no 64663/01)
SENTENZA
STRASBURGO
21 aprile 2005
DEFINITIVO
21/07/2005
Nella causa Lo Tufo c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. C.L. Rozakis, presidente,
L. Loucaides, la Sig.ra F. Tulkens, il
Sig. P. Lorenzen, la Sig.ra N. Vajic,
Sigg. V. Zagrebelsky, D. Spielmann, giudici, e del Sig. S. Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 marzo 2005,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 64663/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadine di questo Stato, la Sig.ra A. L. T. e la Sig.ra I. L. T. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 14 agosto 2000 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono stati rappresentati dinnanzi alla Corte da L. A., avocate al foro di Firenze. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato dai suoi agenti successivi, il Sig. U. Leanza ed il Sig. I.M. Braguglia, ed i suoi coagente successivi, il Sig. V. Esposito ed il Sig. F. Crisafulli.
3. Il 30 maggio 2002, la Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 ? 1 dell’ordinamento. La presente richiesta ? stata assegnata alla prima sezione cos? ricomposta.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati nel 1968 e 1964 e hanno risieduto rispettivamente a Londra ed a Firenze.
6. C.S. era proprietario di un appartamento a Firenze, che aveva affittato a M.P.
7. Il 21 dicembre 1989, i richiedenti diventarono proprietari di questo appartamento.
8. Con un atto notificato il 21 febbraio 1990, i richiedenti informarono l’inquilino della loro intenzione di mettere fine alla locazione alla scadenza dell’affitto, o il 30 giugno 1991, lo pregarono di liberare i luoghi prima di questa data e lo citarono a comparire dinnanzi al giudice di istanza di Firenze.
9. Con un’ordinanza del 18 giugno 1990, questo ultimo conferm? formalmente la disdetta dell’affitto al 15 novembre 1993 e decise che i luoghi dovevano essere liberati al pi? tardi il 15 settembre 1994. Questa decisione divent? esecutiva il 17 luglio 1990.
10. Il 17 novembre 1994, una dei richiedenti, la Sig.ra I. L. T., fece una dichiarazione solenne secondo la quale aveva un bisogno urgente di ricuperare l’appartamento per farne la sua propria abitazione.
11. Il 25 maggio 1995, i richiedenti fecero notificare all’inquilino il comando di liberare l’appartamento.
12. Il 3 agosto 1995, gli fecero notificare il parere che lo sfratto sarebbe eseguito il 5 ottobre 1995 da via di ufficiale giudiziario di giustizia.
13. Tra il 5 ottobre 1995 ed il 1 ottobre 1998, l’ufficiale giudiziario di giustizia procedette a sedici tentativi di sfratto che si chiusero tutti con un fallimento, i richiedenti non avendo potuto beneficiare mai del concorso della forza pubblica per fare eseguire il procedimento di sfratto.
14. Il 21 luglio 1999, invocando l’articolo 6 della legge no 431/98, l’inquilino chiese al tribunale di Firenze di sospendere il procedimento di sfratto. Questo ultimo sospese il procedimento fino al 23 settembre 1999.
15. Nell’ottobre 2000, l’inquilino lasci? spontaneamente i luoghi ed i richiedenti poterono ricuperare il loro appartamento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
16. Dal 1947, la legislazione in materia di affitti di abitazioni ? stata segnata da differenti interventi dei poteri pubblici concernenti il controllo degli affitti per mezzo del blocco di questi -mitigato da alcuni aumenti legali decretati dal governo ogni tanto-cos? come la proroga legale di tutti gli affitti in corso e, infine, la sospensione o lo scaglionamento dell’esecuzione costretta degli sfratti. Per ci? che riguarda la proroga degli affitti, la sospensione dell’esecuzione forzata e lo scaglionamento degli sfratti, il diritto interno pertinente ? presentato nella sentenza resa dalla Corte nella causa Immobiliare Saffi c. Italia ([GC], no 22774/93, ?? 18-35, CEDH 1999-V.
17. Da ultimo, un decreto-legge no 147 del 24 giugno 2003, convertito in legge no 200/03, sospende in certi casi l’esecuzione costretta delle ordinanze di sfratto fino al 30 giugno 2004.
18. Con un decreto-legge no 240 del 13 settembre 2004, questa data ? stata posticipata al 31 ottobre 2004.
A. Il sistema di controllo degli affitti
19. In materia di controllo degli affitti, l’evoluzione della legislazione italiana si pu? riepilogare come segue.
20. La prima misura pertinente fu la legge no 392 del 27 luglio 1978 che mise in atto un sistema di “affitti equi”, equo canone, fondati su un certo numero di criteri come la superficie e gli oneri di costruzione dell’appartamento.
21. Una seconda misura fu adottata dalle autorit? italiane nell’agosto 1992, ai fini di una liberalizzazione progressiva del mercato della locazione. Introdusse allora una legislazione che attenuava le restrizioni in vigore riguardanti l’importo degli affitti, patti in deroga in virt? della quale i proprietari e gli inquilini potevano in principio scostarsi dall’affitto fissato dalla legge convenendo ad un importo differente.
22. Infine, la legge no 431 del 9 dicembre 1998 ha riformato il regime delle locazioni e liberalizzato gli affitti.
B. Obblighi dell’inquilino in caso di restituzione tardiva
23. L’inquilino ? sottoposto all’obbligo generale di indennizzare il proprietario di ogni danno causato dalla restituzione tardiva dell’alloggio. A questo riguardo, l’articolo 1591 del codice civile italiano dispone:
“L’inquilino che non ha lasciato i luoghi ? tenuto a versare l’importo convenuto al proprietario fino alla data della sua partenza, cos? come ad indennizzarlo di ogni eventuale danno.”
24. Tuttavia, la legge no 61 del 1989 ha tra l?altro plafonato l’indennizzo che poteva richiedere il proprietario ad una somma uguale all’affitto versato dall’inquilino al momento della scadenza dell’affitto, indicizzato in base al rialzo del costo della vita, articolo 24 della legge no 392 del 27 luglio 1978, ed aumentata del 20%, per tutto il periodo durante il quale il proprietario non aveva potuto godere del suo appartamento.
C. I principi fissati dalla Corte costituzionale
25. La Corte costituzionale ? stata investita a pi? riprese della questioni di sapere se il sistema legale di proroga degli affitti e di sospensione o di scaglionamento dell’esecuzione costretta degli sfratti fosse conforme alla Costituzione allo sguardo del diritto di propriet? e del principio del termine ragionevole del processo. Il suo parere ? stato chiesto anche a proposito della determinazione di un massimo dell’indennizzo che pu? essere sollecitato dal proprietario.
26. Per ci? che riguarda la prima questione, con le sentenze rese tra il 1984 e 2004 (vedere in particolare le sentenze no 89 del 1984 no 108 del 1986 e n? 155 del 2004) la Corte costituzionale ha concluso affermativamente giustificando l’adozione di queste misure legislative col loro carattere transitorio e limitato. Nell’ultima sentenza citata, in particolare, la Corte costituzionale ha affermato che, sebbene il legislatore avesse il dovere di prendersi incarico delle persone che si trovano in situazioni di reale miseria, non poteva pi? limitarsi a trasferire indefinitamente questo carico al solo proprietario, perch? questo poteva anch?esso trovarsi nel bisogno. Peraltro, il mantenimento della stessa logica legislativa non poteva nell?avvenire continuare ad essere considerato come legittimo.
27. In quanto alla seconda questione, nella sua sentenza no 482 resa nel 2000, la Corte costituzionale ha risposto affermativamente dicendo che si trattava di periodi durante i quali la sospensione degli sfratti era stata prevista dalla legge, e spiegando che questa limitazione mirava a regolare le locazioni riguardate dalla legislazione eccezionale in vigore e che la penuria di alloggi esigeva la sospensione delle misure di esecuzione forzata. Inoltre, il legislatore aveva corredato la sospensione degli sfratti con disposizioni determinanti l’importo dell’indennizzo dovuto dall’inquilino, ossia due misure provvisorie ed eccezionali. Il proprietario trovava del resto, un compenso nel fatto che era dispensato dal dimostrare l’esistenza di un danno.
28. La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la determinazione di un massimo dell’indennizzo che pu? essere sollecitata dal proprietario nel caso in cui si fosse trovato nell’incapacit? di riprendere possesso dell’appartamento in ragione del comportamento dell’inquilino e non dell’intervento del legislatore.
29. La giurisdizione costituzionale permetteva cos? al proprietario di impegnare un procedimento civile per ottenere pieno risarcimento del danno causato dall’inquilino.
D. L’articolo 1591 del codice civile e la giurisprudenza della Corte di cassazione
30. Nella sentenza n? 1463 del 5 febbraio 1993, la Corte di cassazione ha affermato che l’articolo 1591 del codice civile non esclude, per le parti riguardate, la possibilit? di accordarsi in anticipo sull’importo dell’indennizzo per evitare la necessit?, per il proprietario, di fornire la prova del danno subito.
31. In seguito, nella sua sentenza n? 7670 del 12 luglio 1993, la Corte di cassazione ha spiegato che un semplice ritardo nella restituzione dell’alloggio poteva giustificare unicamente una condanna generale dell’inquilino al risarcimento del danno subito dal proprietario. Questo ultimo, difatti, doveva fornire la prova specifica del danno subito rispetto allo stato dell’alloggio, alla sua superficie cos? come alle sue possibilit? di utilizzazione. Nello specifico, la Corte di cassazione ha confermato la decisione sul merito che aveva respinto la domanda di indennizzo del proprietario al motivo che non aveva dimostrato il danno effettivamente subito fornendo dei documenti specifici concernenti le proposte di locazione ben determinate e degli accordi con dei potenziali inquilini sull’importo dell’affitto.
32. Nella sentenza n? 10270 del 1 dicembre 1994, la Corte di cassazione ha stimato che la valutazione del danno subito dal proprietario poteva essere effettuata anche in equit?.
33. Con la sentenza n? 5927 del 27 maggio 1995, la Corte di cassazione ha stabilito che la determinazione di un massimo dell’indennizzo che pu? essere sollecitata dal proprietario si trovava ad applicare solo in funzione dei periodi durante i quali la sospensione degli sfratti era stata prevista dalla legge.
34. Con la sentenza n? 6359 del 6 giugno 1995, la Corte di cassazione ha riaffermato che il proprietario era tenuto a fornire la prova, per dimostrare il danno subito -perdita di affitto o impossibilit? di vendere l’appartamento-, dell’esistenza di proposte di locazione o di acquisto ben determinate. In seguito, lo stesso principio ? stato confermato dalle sentenze n? 4864 del 14 aprile 2000 e no 9545 del 1 luglio 2002.
35. Con la sentenza n? 1032 del 10 febbraio 1996, la Corte di cassazione ha affermato che il danno subito dal proprietario poteva essere provato dalla semplice domanda di un affitto superiore determinato sulla base dell’importo che avrebbe potuto percepire in regime di mercato libero.
36. Infine, con la sentenza n? 10560 del 19 luglio 2002, la Corte di cassazione ha fissato il principio secondo il quale l’inquilino ? considerato come messo in obbligo di lasciare i luoghi fin dalla scadenza del contratto di affitto, a prescindere della data fissata dal giudice per l’esecuzione forzata.
E. La questione del concorso della forza pubblica e la giurisprudenza della Corte di cassazione
37. Con la sentenza no 3873 del 26 febbraio 2004, la Corte di cassazione si ? pronunciata sulla questione del concorso della forza pubblica.
38. Questa sentenza ? stata resa nella cornice di una causa che ha per oggetto una domanda di risarcimento fatta nel 1990 dai proprietari contro il ministero dell’interno.
39. Questi ultimi chiedevano in particolare il rimborso dei danni subiti conformemente al ritardo con il quale avevano ricuperato il loro appartamento, che era dovuto, secondo loro, al fatto che non avevano beneficiato del concorso della forza pubblica.
40. L’ufficiale giudiziario di giustizia era proceduto a ventuno tentativi di accesso di cui diciannove si erano chiusi con un fallimento. Secondo i proprietari, solo sei di questi tentativi avevano avuto luogo durante i periodi di sospensione legislativa dell’esecuzione costretta degli sfratti.
41. Per i tredici altri, i richiedenti affermavano che l’amministrazione non aveva provato in nessun modo che un caso con la forza maggiorenne l’aveva posta nell’impossibilit? assoluta di prestare il concorso della forza pubblica.
42. La domanda dei richiedenti ? stata accolta in prima istanza dal tribunale di Roma che ha concesso loro la somma di 177 886 610 lire italiane (91 870,77 euro) a titolo di risarcimento. In seguito all’appello interposto dal ministero, questo giudizio ? stato riformato dalla corte di appello di Roma per il motivo che, tenuto conto delle esigenze riguardanti l?ordine pubblico menzionato dall’amministrazione, i richiedenti non avevano dimostrato che il rifiuto di prestare il concorso della forza pubblica fosse ingiustificato. I richiedenti sono ricorsi in cassazione dunque.
43. La Corte di cassazione ha ricordato che, con la sentenza no 2478 del 18 marzo 1988 adottata in formazione plenaria, aveva enunciato il principio secondo il quale il proprietario che dispone di un titolo giudiziale esecutivo ha il diritto di ottenere dall’amministrazione i mezzi necessari per eseguirlo, ivi compreso il concorso della forza pubblica. Si trattava di un obbligo dunque e non di un potere discrezionale dell’amministrazione.
44. Peraltro, la Corte di cassazione ha detto che, con la sentenza no 5233 del 26 maggio 1998 adottata in formazione plenaria, aveva tratto da queste premesse il corollario secondo il quale l’eventuale impossibilit? per l’amministrazione di ottemperare doveva essere valutata con un rigore speciale. In particolare, la legittimit? del rifiuto dell’autorit? di polizia di prestare il concorso chiesto al giorno ed all’ora indicati dall’ufficiale giudiziario di giustizia doveva essere valutata tenendo conto del punto di sapere se un’ora differente addirittura un giorno differente fosse stato proposto e se delle ragioni che giustificano questa impossibilit? fossero state indicati in questo caso preciso.
45. Ha dichiarato anche che l’autorit? di polizia dispone di un margine discrezionale di valutazione in quanto al momento concreto nel quale mettere a disposizione il suo proprio concorso.
46. Salvo nell’ipotesi in cui ci fosse un’impossibilit? dovuta per forza di cose ad un caso maggiore, se l’autorit? competente rifiutasse questi mezzi, nonostante la domanda dell’ufficiale giudiziario di giustizia, si deve riconoscere al proprietario la facolt? di formare dinnanzi al giudice ordinario una domanda di risarcimento contro l’amministrazione per il danno causato da questo rifiuto.
47. La Corte di cassazione ha riaffermato il principio fissato nelle sentenze numero 8827 e 8828 del 31 maggio 2003 secondo le un risarcimento sotto forma di indennizzo rappresenta la garanzia minimale imperativa per proteggere il diritto violato nel caso in cui l’attentato ha un’incidenza su un interesse protetto dalla Costituzione. Ha dichiarato che il diritto all’esecuzione dell’ordine contenuto in un titolo giudiziale esecutivo doveva essere considerato come tale diritto, perch? la possibilit? per una persona di agire in giustizia per la protezione dei suoi diritti ingloba il collocamento in opera delle decisioni giudiziali definitive ed obbligatorie.
48. La Corte di cassazione ha annullato la sentenza della corte di appello di Roma e ha rinviato la causa dinnanzi alle giurisdizioni inferiori. Ha fissato il principio secondo il quale, nelle cause concernenti le domande di risarcimento formate dai proprietari contro l’amministrazione per ottenere il rimborso dei danni subiti conformemente all’esecuzione tardiva o dell’inadempienza delle ordinanze di sfratto, ? l’amministrazione che deve dimostrare che si trovava nell’impossibilit? di prestare il concorso della forza pubblica. Questa impossibilit?, in particolare, non esclude la responsabilit? dell’amministrazione nel caso fosse dovuta ad imperativi straordinari e non prevedibili. A questo riguardo, la Corte di cassazione ha sottolineato che eventuali situazioni di crisi permanente, come quelle che possono colpire la giustizia o l’amministrazione, non escludono la responsabilit? per i danni causati agli individui ma, al contrario, possono esserne l’origine. In particolare, la “crisi” della giustizia non ha impedito che lo stato fosse condannato parecchie volte dalla Corte europea per la durata eccessiva di procedimenti giudiziali e non impedisce, ora, di esserlo coi giudici nazionali in virt? della legge no 89 del 24 marzo 2001, detto “legge Pinto”.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
49. Nelle osservazioni del ministero dell’interno datate 1 dicembre 2003 e giunte alla cancelleria il 3 dicembre 2003, il Governo fa valere che, al senso dell’articolo 1591 del codice civile, la sospensione legislativa degli sfratti degli inquilini non esclude la responsabilit? dell’inquilino per i danni causati al proprietario conformemente alla restituzione tardiva dell’immobile. Ora non risulta dalla pratica che i richiedenti hanno formato un’azione di risarcimento. Pertanto, siccome si tratta esclusivamente di una negligenza delle interessate, la perdita subita da queste non pu? essere messa a carico dello stato.
50. Per quanto le osservazioni presentate dal Governo su questo punto si avvicinino ad un’eccezione preliminare derivata della non-esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte nota che, nelle sue osservazioni scritte sull’ammissibilit? della richiesta, il Governo non ha n? invocato l’esistenza di tale via di ricorso n? arguito della suo non-esaurimento.
Quindi, questa eccezione si scontra con la decadenza (vedere, tra altre, le sentenze Ceteroni c. Italia, 15 novembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, pp. 1755-1756, ? 19, e Pantea c. Romania, no 33343/96, CEDH 2003-VI).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
51. I richiedenti si lamentano dell’impossibilit? prolungata in cui si sono trovate di ricuperare il loro appartamento, per non avere beneficiato del concorso della forza pubblica. Adducono la violazione del loro diritto di propriet?, come riconosciuto all’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
52. I richiedenti adducono anche una trasgressione all’articolo 6 ? 1 della Convenzione la cui parte pertinente dispone:
“Ogni persona ha diritto affinch? la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale, che decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
53. La Corte ha trattato gi? a pi? riprese cause che sollevano delle questioni simili a quelle del caso di specifico e ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione, sentenze Immobiliare Saffi, precitata, ?? 46-75, Lunari c. Italia, no 21463/93, ?? 34-46, 11 gennaio 2001, Edoardo Palumbo c,. Italia, no 15919/89, ?? 33-48, 30 novembre 2000.
54. Dopo un esame, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto n? argomento che possano condurre ad una conclusione differente nell’occorrenza. Constata che i richiedenti hanno dovuto aspettare circa cinque anni a contare dal primo tentativo di sfratto tramite ufficiale giudiziario di giustizia per potere ricuperare il loro appartamento.
55. Di conseguenza, c’? stata nella specifico violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
56. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
57. I richiedenti chiedono 27 845 euro (EUR) per danno materiale, corrispondendo questa somma alla differenza tra l? affitti al prezzo di mercato e quello versato dal loro inquilino per un periodo di settantadue mesi, dal 15 settembre 1994 all’ottobre 2000.
58. Fanno valere che hanno percepito dal loro vecchio inquilino la somma globale di 11 899 EUR, mentre avrebbero potuto affittare il loro appartamento al prezzo di 552 EUR al mese. Citano questa ultima somma basandosi sull’accordo territoriale delle locazioni di alloggi concluso il 16 luglio 1999 tra delle associazioni di proprietari e delle associazioni di inquilini e i municipi di Firenze e altri comuni di Toscana. I richiedenti hanno indirizzato alla Corte il testo di questo accordo.
59. Stimano che questa somma sia equa solo nella misura in cui possano fornire la prova degli oneri sostenuti dalla Sig.ra I. L. T. per trovare un altro alloggio. Si tratta o di importi spesi da molto tempo e per i quali ? perci? difficile ritrovare i giustificativi, o di oneri di cui non esiste alcun giustificativo in ragione della precariet? delle abitazioni riguardate.
60. I richiedenti si riferiscono anche alle spese impegnate per restaurare l’appartamento dopo averlo ricuperato, in ragione dei danni causati dall’inquilino, e per traslocare.
61. Il Governo fa valere che non ? lo stato ma la persona riguardata dalla decisione di giustizia, nell’occorrenza l’inquilino che deve eseguire questa decisione. Lo stato ha da sua parte solo un obbligo accessorio che consiste nell? aiutare l’individuo ad ottenere la realizzazione del suo diritto. La mancanza di collocamento in opera o il collocamento in opera tardivo o imperfetto di tale obbligo pu? produrre una violazione procedurale della Convenzione come nelle cause che riguardano l’obbligo procedurale di condurre un’inchiesta effettiva sulla morte di una persona, ma il responsabile diretto dell’ingerenza nel diritto di propriet? del proprietario ? l’inquilino ricalcitrante.
62. A questo riguardo, il Governo afferma che i richiedenti avrebbero potuto chiedere al giudice italiano un indennizzo del danno subito al senso dell’articolo 1591 del codice civile, e cio? la perdita di affitto dovuto all’impossibilit? di affittare il loro appartamento, o degli oneri e spese sostenuti per procurarsi un altro alloggio per i periodi che vanno dal 5 ottobre 1995 al 30 dicembre 1998 e dal 23 settembre 1999 al 25 febbraio 2000. Si tratta dello stesso danno dunque di quello che i richiedenti invocano dinnanzi alla Corte respingendo la responsabilit? sullo stato, mentre il danno al loro riguardo ? stato causato in modo evidente direttamente dall’inquilino.
63. Nella misura in cui i richiedenti hanno trascurato di tentare di fare risanare i danni subiti basandosi sull’articolo 1591 del codice civile, il Governo stima che la domanda di soddisfazione equa deve essere respinta a questo riguardo.
64. Il Governo osserva che, in seguito, i richiedenti hanno fatto una dichiarazione solenne secondo la quale avevano un bisogno urgente di ricuperare l’appartamento per farne l’abitazione per una di esse. Pertanto, se avessero ricuperato l’alloggio pi? presto, non l’avrebbero potuto affittare. Per quanto i richiedenti chiedano la differenza tra l? affitto imposto dalla legge e quello del mercato libero, le loro pretese devono essere respinte. Parimenti, nella misura in cui sollecitano il rimborso degli oneri sostenuti per trovare un altro alloggio, il Governo stima che non ne forniscono la prova. A suo parere, anche le pretese avanzate a questo titolo devono essere respinte.
65. Infine, il Governo stima che la Corte deve tenere conto del fatto che i richiedenti hanno acquistato l’appartamento occupato, il che ha permesso loro di beneficiare di un prezzo pi? vantaggioso rispetto al prezzo del mercato che avrebbero ottenuto per un appartamento libero.
66. La Corte osserva innanzitutto che il Governo non avanza nessuno argomento a proposito della possibilit? che sembra essere stata menzionata nella giurisprudenza della Corte di cassazione, di impegnare un procedimento in danni ed interessi contro lo stato in caso di difetto ingiustificato di concorso della forza pubblica.
67. La Corte nota poi che i richiedenti possono introdurre dinnanzi alle giurisdizioni civili, in virt? dell’articolo 1591 del codice civile, una domanda di risarcimento contro il loro vecchio inquilino per ottenere il rimborso dei danni causati da questo conformemente alla restituzione tardiva dell’immobile.
68. Si tratta difatti, nello specifico, di danni derivanti dal comportamento illegale dell’inquilino che, a prescindere dalla cooperazione dello stato nell’esecuzione della decisione giudiziale di sfratto, aveva il dovere di restituire l’appartamento ai suoi proprietari. La violazione del diritto dei richiedenti al rispetto del loro bene ? innanzitutto la conseguenza del comportamento illegale dell’inquilino. La Corte conclude che la violazione dell’articolo 6 della Convenzione da parto dello stato ? di ordine procedurale e posteriore alla condotta dell’inquilino.
69. La Corte constata quindi che il diritto interno italiano permette di cancellare le conseguenze materiali della violazione e stima che ci sia luogo di respingere la domanda di soddisfazione equa per ci? che riguarda il danno materiale (sentenza Mascolo c. Italia, no 68792/01, 16 dicembre 2004).
B. Danno morale
70. I richiedenti chiedono 14 400 EUR per danno morale.
71. Il Governo contesta queste pretese.
72. La Corte stima che i richiedenti hanno subito un torto morale certo. Deliberando in equit?, accorda 5 000 EUR ad ogni richiedente a questo titolo.
C. Interessi moratori
73. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Respinge l’eccezione preliminare del Governo;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ad ogni richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, 5 000 EUR (cinquemila euro) per danno morale, pi? ogni importo che pu? essere dovuto a titolo d’imposta
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sar? da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 aprile 2005, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
S?ren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 ? 2 della Convenzione e 74 ? 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione concordante del Sig. Spielmann alla quale aderisce il Sig. Loucaides.
C.L.R.
S.N.
OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE SPIELMANN
ALLA QUALE ADERISCE IL GIUDICE LOUCAIDES
1. E? a buon diritto che la Corte ha respinto al punto 5 del dispositivo della sentenza la richiesta di soddisfazione equa per ci? che riguarda il danno materiale addotto.
2. Decide innanzitutto di ricordare che in principio, se lo stato fosse stato in grado di eseguire l’ordinanza di sfratto, i richiedenti avrebbero potuto ricuperare il loro appartamento e degli oneri supplementari per un altro alloggio non sarebbero stati impegnati (vedere, a contrario, Bertuccelli c. Italia, no 37110/97, ? 30, 4 dicembre 2003). Il 17 novembre 1994, una dei richiedenti ha dichiarato solennemente che aveva un bisogno urgente di ricuperare l’appartamento per farne la sua propria abitazione.
3. Quindi, i richiedenti non potrebbero pretendere il rimborso degli affitti persi. Possono chiedere unicamente il rimborso degli oneri impegnati per la locazione di un altro alloggio nella misura in cui avessero superato l’importo dell’affitto versato dall’inquilino (vedere, tra altri, Scamaccia c. Italia, no 61282/00, ? 31, 4 dicembre 2003).
4. Ora, se i richiedenti hanno formulato simile pretesa, non sono state in grado di ripartirla n? di unire i giustificativi necessari, come esige l’articolo 60 dell’ordinamento. Questa domanda era quindi da respingere (vedere, tra altri, Fabbri c. Italia, no 58413/00, ? 29, 4 dicembre 2003).
5. I richiedenti hanno omesso parimenti di valutare, di unire i giustificativi necessari e di avanzare le loro pretese a titolo delle spese che pretendevano aver impegnato per restaurare l’appartamento.
6. Queste pretese erano anche da respingere mentre l’obbligo dello stato allo sguardo della Convenzione era di fare in modo che l’ordinanza di sfratto fosse eseguita e non di vegliare sulla condotta privata dell’inquilino. La Corte ha sempre respinto le pretese dei richiedenti tendenti ad ottenere eventualmente il rimborso degli oneri sostenuti per riparare i danni provocati all’appartamento dall’inquilino, dei carichi della compropriet? e degli affitti non pagati. ? in questo caso che la responsabilit? dell’inquilino viene chiamata in causa e che i richiedenti devono agire in giustizia dinnanzi ai tribunali nazionali secondo il diritto interno pertinente (vedere, tra altri, Auditore c. Italia, no 35550/97, ? 24, 19 dicembre 2002).
7. L’omissione da parte dei richiedenti di valutare, di unire i giustificativi necessari e di ripartire le loro pretese riguarda anche le spese che pretendono aver sostenuto per traslocare nell’appartamento. Queste pretese sono state respinte dunque a buon diritto.
8. Per tutte queste ragioni che non sono tuttavia quelle che la Corte ha considerato nella presente sentenza, sono d?accordo col rigetto della domanda di soddisfazione equa concernente il danno materiale.
9. Non sono d?accordo con la motivazione della sentenza che decide di respingere questa domanda di soddisfazione equa per ci? che riguarda questo danno (paragrafi 67-69 della sentenza).
10. Questa motivazione che riprende su questo punto preciso quella della sentenza Mascolo c. Italia, no 68792/01, ? 55, 16 dicembre 2004, solleva una questione grave relativa all’interpretazione dell’articolo 41 della Convenzione che da sola avrebbe giustificato la privazione in favore della Grande Camera, privazione che sarebbe stata in ogni modo necessaria se la camera avesse adottato un approccio opposto a quello scelto dalla terza sezione nella sentenza Mascolo precitata.
11. Sotto riserva della mancanza di opposizione di una delle parti, una simile privazione a profitto della Grande Camera si sarebbe imposta dunque mentre un approccio opposto a quello scelto dalla terza sezione nella sentenza Mascolo precitata sarebbe stato preferibile.
12. Decide di ricordare che, in tutte le cause dinnanzi alla Corte, ? la responsabilit? internazionale dello stato che si trova in gioco e che i governi rispondono allo sguardo della Convenzione degli atti delle loro autorit? come di ogni altro organo statale a cui ? imputabile la trasgressione alla Convenzione nel sistema interno (vedere, mutatis mutandis, Foti ed altri c. Italia, sentenza del 10 dicembre 1982, serie A no 56, p. 21, ? 63).
13. Quindi, la responsabilit? di un Stato allo sguardo della Convenzione ? impegnata solamente quando una violazione addotta pu? essergli imputabile (vedere, mutatis mutandis, sentenza Assanidz? c. Georgia [GC], no 71503/01, ? 137, CEDH 2004-II).
14. Il principio che sottende la concessione di una soddisfazione equa ? ben stabilito: occorre, tanto quanto si pu? fare, porre il richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se il procedimento fosse stato conforme alle esigenze della Convenzione. La Corte concede un risarcimento pecuniario a titolo dell’articolo 41 solo quando ? convinta che la perdita o il danno denunciato risultano realmente dalla violazione che ha constatato, perch? lo stato non ? tenuto a versare dei danni ed interessi per le perdite di cui non ? responsabile (vedere, mutatis mutandis, Kingsley c. Regno Unito [GC], no 35605/97, ? 40, CEDH 2002-IV).
15. In sostanza, la motivazione considerata dalla Corte nella presente causa consiste nell? affermare che i richiedenti possono investire le giurisdizioni civili introducendo una domanda di risarcimento del danno contro il loro vecchio inquilino (articolo 1591 del codice civile) mentre la violazione del diritto dei richiedenti al rispetto del loro bene ? innanzitutto la conseguenza del comportamento illegale dell’inquilino (paragrafi 67-68 della sentenza).
16. Non condivido questo approccio.
17. Affermando che la violazione del diritto dei richiedenti al rispetto del loro bene ? innanzitutto la conseguenza del comportamento illegale dell’inquilino, la Corte riconosce lei stessa che questa violazione non ? esclusivamente la conseguenza di questo comportamento.
18. Nello specifico, paragrafi 51-55 della sentenza, le violazioni constatate essendo dovute all’inadempimento prolungato dell’ordinanza di sfratto, decide di considerare che la responsabilit? dello stato ? impegnata (vedere, tra altre, la sentenza Scollo c. Italia del 28 settembre 1995, serie A no 315-C, p. 55, ? 44.
19. Se la violazione del diritto dei richiedenti al rispetto del loro bene non ? esclusivamente la conseguenza del comportamento dell’inquilino, ma ? anche quella dell’inadempimento prolungato dell’ordinanza di sfratto, del resto imputabile allo stato, niente impedisce, in principio, la concessione di una soddisfazione equa se in particolare una domanda fondata sull’articolo 41 della Convenzione assolve le condizioni dell’articolo 60 dell’ordinamento.
20. Al paragrafo 68 della sentenza, la Corte afferma che la violazione dell’articolo 6 della Convenzione da parte dello stato ? di ordine procedurale e posteriore alla condotta dell’inquilino.
21. Non condivido questo punto di vista.
22. Pi? precisamente, sono del parere che sia l’inadempimento prolungato dell’ordinanza di sfratto che ha permesso all’inquilino di restare nell’appartamento. La condotta di questo ultimo ? posteriore o almeno in parallelo all’inerzia dello stato, inerzia che ha creato un vero clima di impunit? al limite dell’incoraggiamento a non eseguire una decisione di giustizia, dunque. Lontano dall? essere semplicemente posteriore alla condotta dell’inquilino, la violazione dell’articolo 6 della Convenzione ?, a mio avviso, anteriore, o almeno in parallelo a questa condotta. Lontano da essere semplicemente procedurale, la violazione ? una delle cause del danno. C’? chiaramente un legame di causalit? ben stabilita tra questa violazione constatata e, almeno, una parte dei danni subiti dai richiedenti.
23. Di conseguenza, lo stato e l’inquilino sono solidalmente responsabili del danno causato.
24. Questa solidariet? implica necessariamente che i richiedenti dispongano della scelta, o di richiedere il risarcimento contro lo stato su fondamento dell’articolo 41 della Convenzione, o di far ricadere la loro azione contro il loro vecchio inquilino su fondamento dell’articolo 1591 del codice civile.
25. Peraltro, nella misura in cui l’esecuzione di un giudizio o sentenza, di qualsiasi giurisdizione questi siano, deve essere considerato ?come facente parte integrante del “processo” `al senso dell’articolo 6 della Convenzione (vedere, tra altre, la sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II, pp. 510-511, ? 40) il collocamento in opera di una decisione giudiziale non potrebbe passare per un obbligo accessorio ma, al contrario, per un obbligo principale dello stato, qualunque sia la sua natura1.
26. In queste circostanze, stimo che l’articolo 1591 del codice civile non rappresenta un strumento giuridico che avrebbe impedito alla Corte di valutare sul merito le pretese dei richiedenti e di deliberare. Il contrario implicherebbe, da una parte, di lasciare l’inerzia dello stato senza nessuna conseguenza e, dall?altra parte, di privare i richiedenti di ogni garanzia di ottenere un qualsiasi risarcimento per i danni subiti tenuto conto del rischio che l’inquilino sia diventato introvabile o insolvibile. A questo, decide di aggiungere che l’articolo 1591 del codice civile d? luogo ad un procedimento ordinario che pu? svolgersi in tre gradi di giurisdizione. Ora la Corte ha constatato, a pi? riprese, l’esistenza, in Italia, di una pratica contraria alla Convenzione che risulta da un accumulo di trasgressioni all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere, per esempio, Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, ? 22, CEDH 1999-V). Quindi, il grosso rischio ? anche di vedere i richiedenti aspettare per molto tempo la conclusione di un eventuale procedimento fondato sull’articolo 1591 del codice civile italiano.
27. Questo principio concernente l’interpretazione dell’articolo 41, vecchio articolo 50, della Convenzione ? stato consacrato dalla Corte in parecchie sentenze ed in particolare nella sentenza Di Wilde, Ooms e Versyp c. Belgio ((articolo 50), 10 marzo 1972, serie A no 14, pp. 8-9, ? 16, in cui si ? espressa come segue:
“Per giustificare la sua eccezione di inammissibilit??, il Governo ha anticipo un secondo argomento, derivato dall’articolo 50: per non avere esaurito le vie di ricorso interne, i richiedenti non avrebbero provato che il diritto interno belga permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze” della violazione constatata dalla sentenza del 18 giugno 1971; ne risulterebbe che le loro domande di indennit? sono inammissibili.
Secondo la Corte, la porzione di frase precitata ?enuncia una semplice norma di fondo. Se i redattori della Convenzione avessero inteso subordinare l’ammissibilit? delle domande di “soddisfazione equa” all’utilizzazione preliminare ?delle vie di ricorso interne, si sarebbero presi cura di specificare `l’articolo 50 come hanno fatto all’articolo 26, insieme ?all’articolo 27 ? 3, per le richieste iniziali della Commissione. In mancanza di una simile indicazione espressa dalla loro volont??, la Corte pu? considerare solamente che l’articolo 50 consacri in sostanza la stessa regola `dell’articolo 26.
Inoltre, l’articolo 50 trae la sua origine da certe clausole che figurano nei trattati internazionali di tipo classico -come l’articolo 10 il trattato tedesco-svizzero di arbitraggio e di conciliazione del 1921 e l’articolo 32 dell’atto generale di Ginevra `per l’ordinamento pacifico delle dispute ?internazionali, del 1928-e non avendo nessuno rapporto con la regola `dell’esaurimento ?delle vie di ricorso interne.
Del resto, cos? dopo avere `esaurito ?in vano le vie di ricorso interne prima di lamentarsi a `Strasburgo di una violazione dei suoi diritti, la vittima doveva esaurirle ?una seconda volta per potere ottenere dalla Corte una soddisfazione equa, la lunghezza totale del procedimento istituito dalla Convenzione si rivelerebbe poco compatibile con l’idea di una protezione efficace dei Diritti dell’uomo. Simile esigenza condurrebbe a `una situazione inconciliabile con lo scopo e l’oggetto della Convenzione. ?2
28. Nella sentenza Di Wilde, Ooms e Versyp precitata,sempre la Corte si ? espressa ancora al paragrafo 20 come segue:
“(…)
Da sola, la circostanza che i richiedenti avrebbero potuto e potrebbero portare le loro richieste di indennit? dinnanzi ad una giurisdizione belga non obbliga dunque la Corte a respingere suddette richieste per difetto di fondamento, tanto pi? che non mette ostacoli alla loro ammissibilit? ?3
29. Del resto, per ci? che riguarda il non-esercizio del ricorso previsto dall’articolo 1591 del codice civile, la terza sezione della Corte, nella sua decisione sull’ammissibilit? resa nella causa Coggiola ed Alba c. Italia (, d?c.), no 28513/02, 24 febbraio 2005, ha respinto l’eccezione derivata dal non-esaurimento di vie di ricorso interne nei seguenti termini:
“B. Non-esercizio del ricorso previsto dall’articolo 1591 del codice civile
In seguito, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne, non avendo i richiedenti utilizzato il rimedio previsto dall’articolo 1591 del codice civile.
I richiedenti osservano che l’articolo 1591 del codice civile non permette di ottenere un indennizzo per i danni giuridici subiti. Ad ogni modo, fanno valere che, a causa della determinazione di un massimo dell’indennizzo che pu? essere chiesto per i danni materiali, avrebbero ottenuto un risarcimento irrisorio rispetto alle perdite effettivamente subite.
Per ci? che riguarda la seconda eccezione, la Corte stima che il ricorso fondato sull’articolo 1591 del codice civile-disposizione che impone ad un individuo un obbligo verso un altro individuo-non ? un mezzo efficace per permettere allo stato di constatare la violazione addotta o di ripararla economicamente. A questo riguardo, la Corte ricorda che solo una riconoscenza della violazione della Convenzione e poi il risarcimento, da parte delle autorit? nazionali, si un Stato, pu? fare perdere la qualit? di vittima ad un richiedente (vedere, mutatis mutandis, Huart c. Francia, no 55829/00, 25 novembre 2003). Di conseguenza, l’eccezione del Governo deve essere respinta. ?4
30. Mi sembra che sia incoerente respingere l’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne e di accettare, come nello specifico, che l’articolo 1591 del codice civile offra un ricorso adeguato a livello della soddisfazione equa.
31. A ci? si aggiunge che nella presente causa un procedimento fondato sull’articolo 1591 del codice civile in principio non darebbe luogo che ad un indennizzo irrisorio perch? limitato, durante i periodi di sospensione legali dell’esecuzione, al 20% dell’affitto al suo turno gi? limitato, nella maggior parte dei casi, perch? imposto dalla legge, paragrafi 20 e 24 della sentenza. Un’eventuale azione in dritto interno deve essere valutata quindi alla luce di questo elemento. Difatti, e basandomi sulla giurisprudenza della Corte, ricordo che il carattere adeguato di un’azione pu? dipendere anche dal livello dell’indennizzo (vedere, tra altre, Paulino Tom?s c. Portogallo, d?c. no 58698/00, CEDH 2003-VIII, e Gouveia Da Silva Torrado c. Portogallo, d?c. no 65305/01, 27 marzo 2003).
32. Inoltre, nello specifico, il Governo non ha fornito i precedenti giurisprudenziali che dimostrano che i proprietari hanno impegnato un simile procedimento con successo.
33. Per ci? che riguarda il rischio di un doppio risarcimento, decide di notare che in principio l’esistenza dell’articolo 1591 del codice civile non provocherebbe un doppio indennizzo ottenuto al tempo stesso dinnanzi alle giurisdizioni interne e, eventualmente, dinnanzi alla Corte per gli stessi danni. Anche se i danni sono identici, conviene considerare che sono in causa due livelli di responsabilit?, quello dello stato da una parte e quello dell’inquilino dell’altro che restano distinti.
34. In pratica, un doppio indennizzo pu? essere evitato del resto.
35. Nell’ipotesi in cui i richiedenti avessero ricevuto gi? un indennizzo prima della sentenza della Corte, questa sarebbe stata informata del rimborso che avrebbero potuto ottenere gi? a livello interno.
36. Parimenti, le giurisdizioni nazionali, nella valutazione della causa che sarebbe stata sottoposta loro all’occorrenza dopo la sentenza della Corte che avessero accordato una soddisfazione equa a titolo del danno materiale, avrebbero potuto prendere in conto ogni importo che la Corte avrebbe accordato ai richiedenti (vedere, mutatis mutandis, Terazzi S.r.l. c. Italia (ordinamento amichevole), no 27265/95, 26 ottobre 2004).
37. Ecco le ragioni del mio disaccordo con la motivazione della sentenza che decide di respingere la domanda di soddisfazione equa per ci? che riguarda il danno materiale. Questa motivazione, anche se riprende quella della sentenza Mascolo, contraddice tuttavia l’approccio tradizionale della Corte del quale la sentenza Di Wilde, Ooms e Versyp precitata costituisce una perfetta illustrazione e che ? stata confermata in numerose altre sentenze.
38. La privazione della camera a profitto della Grande Camera, sotto riserva della mancanza di opposizione di una delle parti, sarebbe stata preferibile dunque.
1. Ricordiamo in questo contesto che il Comitato dei Ministri ha adottato il 9 settembre 2003 una raccomandazione (Rec(2003)17) in materia di esecuzione delle decisioni di giustizia. Ricorda che la preminenza del diritto ? un principio che pu? essere rispettato solo se i cittadini hanno realmente la possibilit?, in pratica, di fare valere i loro diritti e di contestare degli atti illegali. Esalta una pi? grande efficacia ed una pi? grande equit? nell’esecuzione delle decisioni di giustizia in materia civile per stabilire un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle parti ai procedimenti di esecuzione. A difetto, altre forme di “giustizia privata” possono sorgere e possono avere delle conseguenze negative sulla fiducia e la credibilit? del pubblico nel sistema giuridico.
2. Vedere, nello stesso senso, le sentenze Ringeisen c. Austria (articolo 50), 22 giugno 1972, serie A no 15, p. 9, ? 22, K?nig c. Germania (articolo 50), 10 marzo 1980, serie A no 36, pp. 14-15, ? 15, Artico c. Italia, 13 maggio 1980, serie A no 37, pp. 20-21, ? 44, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, serie A no 39, pp. 41-42, ? 113, Eckle c. Germania (articolo 50), 21 giugno 1983, serie A no 65, p. 7, ? 13, Bozano c. Francia, 18 dicembre 1986, serie A no 111, pp. 28-29, ? 66, Barber?, Messegu? e Jabardo c. Spagna (articolo 50), 13 giugno 1994, serie A no 285-C, p. 57, ? 17, Ogur c. Turchia [GC], no 21594/93, ? 98, CEDH 1999-III.
3. Vedere, nello stesso senso, le sentenze K?nig c. Germania (articolo 50), 10 marzo 1980, serie A no 36, pp. 14-15, ? 15, Artico c. Italia, 13 maggio 1980, serie A no 37, pp. 20-21, ? 44, Eckle c. Germania (articolo 50), 21 giugno 1983, serie A no 65, p. 7, ? 13.
4. Nello stesso senso, vedere anche Scorzolini c. Italia, d?c.), no 15483/02, 24 febbraio 2005, Comellini c. Italia, d?c.), no 15491/02, 24 febbraio 2005, e Cuccaro Granatelli c. Italia, d?c.), no 19830/03, 24 febbraio 2005.