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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE KEMP ET AUTRES c. LUXEMBOURG

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 6, 29, P1-1
Numero: 17140/05/08
Stato: Luxembourg
Data: 2008-04-24 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6; non-violazione di P1-1; Parzialmente inammissibile; Danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento; Rimborso oneri e spese
PRIMA SEZIONE
CAUSA KEMP ED ALTRI C. LUSSEMBURGO
( Richiesta no 17140/05)
SENTENZA
STRASBURGO
24 aprile 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Kemp ed altri c. Lussemburgo,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Christos Rozakis, presidente, Nina Vajić, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e di Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 27 marzo 2008,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17140/05) diretta contro il Granducato del Lussemburgo e in cui 4 cittadini di questo Stato, il Sig. P. K. e sua moglie la Sig.ra G. B., così come le Sig.re E. e P. B. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 9 maggio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da E. D., avvocato in Lussemburgo. Il governo del Lussemburgo (“il Governo”) è rappresentato dal suo consigliere, N. Decker, avvocato in Lussemburgo.
3. Invocando in particolare l’articolo 6 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo addizionale, i richiedenti adducevano in particolare di essere stati privati del diritto di accesso ad un tribunale e di avere subito un attentato ingiustificato al loro diritto di proprietà.
4. Il 29 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1931, 1937, 1941 e 1949 e risiedono rispettivamente a Schifflange e Bridel (Lussemburgo).
6. I genitori dei tre richiesti, e suoceri del primo richiedente, il Sig. e la Sig.ra B., erano proprietari di terreni di 17,31 are, situati “Op der Puah” a Bridel ed iscritti al catasto del comune di Kopstal. Questi terreni furono oggetto del seguente procedimento a livello nazionale, che i richiedenti hanno intrapreso in seguito all’eredità di cui hanno beneficiato.
7. I terreni erano stati oggetto di una lottizzazione approvata dal ministro degli Interni il 10 ottobre 1966. Erano stati suddivisi in tre lotti, progettando i genitori dei richiedenti di costruire tre case.
8. Con una lettera del 18 aprile 1967 del ministro degli Interni, il borgomastro del comune di Kopstal fu informato che il tracciato di un’autostrada doveva interessare suddetta lottizzazione. Il ministro scrisse difatti ciò che segue:
“In risposta alla vostra lettera del 3 marzo 1967 nella quale mi chiedete delle delucidazioni a proposito di un’autostrada che deve costeggiare il quartiere Bridel, ho l’onore di informarvi che risulta dalle informazioni ottenute dall’amministrazione per ponti e carreggiate che infatti il tracciato della nuova via di circolazione toccherà la lottizzazione che avevo approvato il 10.10.1966.
In ottobre, il ministro dei lavori pubblici mi aveva garantito che la sua amministrazione non si sarebbe opposta alla realizzazione del progetto. Ora, in seguito sono stati fatti nuovi studi e si è rivelato che il tracciato doveva essere spostato.
I vostri amministrati erano in diritto di iniziare dei lavori volti alla realizzazione del progetto così che si dovrà tenere conto degli oneri impegnati quando lo stato farà l’acquisizione dei fondi in questione.
Il Signor sotto direttore [dell’amministrazione dei ponti e carreggiate] mi ha fatto sapere che si sarebbe messo seguito in contatto con voi e che avrebbe trasmesso la pratica alla commissione di acquisizione. “
9. Con una legge del 16 agosto 1967 “avente per oggetto la creazione di una grande rete viaria di comunicazione e di un fondo delle strade” (qui di seguito “la legge del 1967”), il Governo fu autorizzato a costruire l’autostrada del Nord. Nella misura in cui questa legge includeva nel programma generale dei lavori di grande reti viarie una strada che collegava Strassen a Mersch, il comune nella quale erano localizzati i terreni controversi si trovava sul tracciato di suddetta autostrada.
10. Il 13 giugno 1968, il borgomastro di Kopstal scrisse ai proprietari riguardati una lettera in questo senso:
“Ho l’onore di informarvi che l’amministrazione dei ponti e carreggiate ci ha appena indirizzato la pratica coi piani definitivi dell’autostrada che deve passare da Bridel.
Ecco perché, ho deciso di convocare tutti i proprietari di case e di terreni edificabili riguardati direttamente da questo progetto.
La riunione avrà luogo sabato prossimo, 15 giugno 1968,
Sarei contento di incontrarvi per informarvi del problema e per apprendere i vostri eventuali suggerimenti. “
11. In una lettera del 10 giugno 1969, il borgomastro del comune di Kopstal si rivolse al ministro dei Lavori pubblici nei seguenti termini:
Sig. Ministro,
Mi permetto di ritornare sul nostro incontro di due settimane fa nel vostro studio per parlarvi una volta di più della lottizzazione detta “Op der Puah.”
A rischio di ripetermi, non ignorate certamente che il procedimento amministrativo di suddetta lottizzazione è stato concluso così che i terreni in questione, dopo completamento del collocamento in posto delle attrezzature tecniche come: vie, marciapiedi, canalizzazione e condutture di acqua, sono diventati terreni edificabili.
Dovendo l’autostrada in questione passare di là, i terreni “Op der Puah” sono stati decretati “non aedificandi” in seguito, dal Ministero dell’interno di allora, (…).
Un incontro nel Comune di Kopstal programmato nel luglio 1968 dal Comune di Kopstal con M. [M], Presidente della Commissione di acquisizione, Sig. [H], vicedirettore dei Ponti e Carreggiate con alcuni dei suoi ingegneri, ed i proprietari, giungeva alla conclusione ammessa unanimemente che i terreni toccati dall’autostrada sarebbero stati acquisiti dallo stato in un termine prossimo. Essendo passato un anno da allora senza che niente sia successo in questo senso, la pazienza dei proprietari è allo stremo e le domande di costruzione arrivano.
Ho ricevuto, qualche giorno fa, una domanda dall’imprenditore [P], per la costruzione di tre case per un stesso proprietario. Siccome il tracciato dell’autostrada deve passare proprio attraverso i tre terreni, mi vedo collocato in una brutta posizione.
Come mi vi avete promesso, Sig. Ministro, tenterete di trovare una soluzione equa al problema fino alla fine di giugno 1969. Ho informato in questo senso [P] l’imprenditore, così come il Sig. B., il proprietario dei 3 terreni, ed io terrò in sospeso la richiesta di costruzione fino alla vostra decisione alla fine di questo mese.
Il Signore N. B. vuole pazientare ancora fino al 30.1.1969, un’ultima volta. Passato questo termine, dice volere passare oltre ad ogni raccomandazione o intimidazione: secondo le sue parole, comincerà a costruire, costi quel che costi. Dopo tutto, si può comprenderlo, perché nel suo caso si tratta di terreni di una capienza di 17,31 are di un valore minimo di 1 200 000 franchi che non vuole e non può lasciare improduttivi.
Vi chiedo, Sig. Ministro, di volere cortesemente prendere la vostra decisione nel termine che mi avete indicato per aiutare il Comune di Kopstal ad uscire da un vicolo cieco proprio faticoso. (…) “
12. Il 22 luglio 1969, il borgomastro del comune di Kopstal annunciò ai proprietari i seguenti elementi:
“In risposta alla vostra domanda di costruire [tre case] sui terreni “B.”, Op der Puah a Bridel, ho l’onore di portare alla vostra cognizione il seguito che [il ministro dei lavori pubblici] ha dato alla nostra lettera indirizzatagli il 10 giugno 1969.
Nella sua lettera del 7.7.1969, il ministro dei lavori pubblici informa che al Consiglio di Governo del 4 e 5 luglio 1969, ha deciso di incaricare il comitato di acquisizione delle trattative in vista dell’acquisizione delle influenze necessarie alla costruzione dell’autostrada del Nord a Bridel.
L’uomo di fiducia per conto dell’amministrazione dei ponti e carreggiate è il Signore [E.]. In vista di affrettare le trattative, vi consiglio di contattare direttamente il Signore [E.].
Un’autorizzazione a costruire non vi sarà accordata dunque. (…) “
13. Il 15 settembre 1969, il presidente del comitato di acquisizione si rivolse ai genitori dei richiedenti nei seguenti termini:
Il “vostro terreno situato a Bridel nella località detta “[Op der] Puah” sotto il numero catastale 843/2312 cade sotto l’influenza della nuova via del Nord. Lo stato è disposto ad acquistare da ora questo terreno, ed il comitato di acquisizione, incaricato di occuparsi delle condizioni di acquisto, amerebbe intrattenersi con voi a questo motivo.
Vi prego a questo effetto di prendere parte ad una riunione che avrà luogo mercoledì 1 ottobre alle 17 nel municipio di Kopstal. “
14. Con atti di vendita del 22 e 24 gennaio 1970, conclusi in un ufficio dell’amministrazione dei terreni, lo stato acquistò i terreni controversi al prezzo di 1 038 600 franchi del Lussemburgo (LUF), o 25 746 euro (EUR). Gli atti di vendita diventarono definitivi in seguito alla loro approvazione da parte dei ministri delle Finanze e dei Lavori pubblici rispettivamente il 5 e 11 febbraio 1970.
15. Tuttavia, si rivelò in seguito che l’autostrada non doveva essere costruita secondo il piano inizialmente stabilito.
16. Così, i richiedenti indirizzarono al ministro dei Lavori pubblici una domanda di restituzione dei terreni ceduti allo stato il 23 luglio 1992.
17. Il 10 novembre 1992, il Primo ministro informò i richiedenti del fatto che la loro richiesta era stata trasmessa per avviso all’amministrazione dei ponti e carreggiate e che tale avviso non gli era ancora giunto. Aggiunse ciò che segue:
“In principio, se l’amministrazione dei ponti e carreggiate stima che i terreni non sono più necessari alla costruzione di una strada, niente si oppone al fatto che siano restituiti ai vecchi proprietari. ”
18. Il 27 gennaio 1994, il ministro dei Lavori pubblici si rivolse all’avvocato che assisteva i richiedenti all’epoca, nei seguenti termini,:
“In seguito alla vostra richiesta del 23 luglio 1992, sono spiacente di informarvi che non mi è possibile accogliere la richiesta dei vostri clienti dal momento che la legge sui fondi delle strade è stata modificata. (…) Appena la situazione giuridica sarà regolarizzata sarò pronto a riconsiderare la mia decisione. “
19. Con una legge del 27 luglio 1997, il Governo fu autorizzato a procedere alla costruzione della nuova variante dell’autostrada del Nord. I terreni dei richiedenti non ricadevano più sotto l’influenza di questa nuova strada.
20. Questi ultimi, basandosi su questa nuova situazione, reiterarono la loro domanda di restituzione dei terreni in data 21 ottobre 1997 e 4 febbraio 1998.
21. Il 10 aprile 1998, il ministro dei Lavori pubblici oppose il suo rifiuto alla domanda, per i seguenti motivi,:
“(…) non sono pronto a restituire i terreni in questione che sono stati acquistati in modo amichevole dallo stato al di fuori di ogni procedimento di espropriazione.
Dopo esame approfondito difatti mi sono potuto rendere conto che l’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica (che abroga la vecchia legge del 17 dicembre 1859) non si applica.
Affinché l’articolo 51 precitato possa entrare in gioco bisogna essere in un procedimento di espropriazione.
Oro questo non è il caso poiché nel contesto di questa [legge del 1967] la formalità contemplata all’articolo 9 è determinante.
Questo articolo contempla che un ordinamento gran-ducale approvi i piani degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare.
Nessuno ordinamento gran-ducale essendo stato preso per prelevare dei terreni ubicati a Bridel bisogna concludere che l’acquisizione dei terreni [controversi] si sia fatta a prescindere delle disposizioni della legge del 1967. “
A. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
22. Il 5 giugno 1998, i richiedenti introdussero un ricorso in annullamento contro gli atti di vendita del 22 e 24 gennaio 1970, così come contro la decisione ministeriale di rifiuto di restituzione del 10 aprile 1998. Insisterono in particolare sul fatto che era indubitabile, e del resto non contestato, che l’acquisizione dei terreni controversi era stata fatta dallo stato a causa di utilità pubblica, in esecuzione della legge del 1967. Giudicarono inammissibile che lo stato, ignorando la massima nemo auditur propriam turpitudinem allegans, si basasse sull’inosservanza di un testo legale formale per sottrarsi al suo obbligo di restituzione.
23. Con un giudizio del 1 marzo 1999, il tribunale amministrativo si dichiarò incompetente per conoscere del ricorso in annullamento contro gli atti di vendita conclusi nel 1970, precisando ciò che segue,:
“(…) decide di constatare ad ogni modo che i due atti di vendita in questione sono stati preparati sotto la forma amministrativa ;
(…) le due vendite globalmente analizzate riguardano il trasferimento dei diritti di proprietà [dei richiedenti] sui terreni controversi a profitto dello stato, così che l’annullamento chiesto dalle vendite in questione tendente a vedere rientrare nel loro patrimonio [dei richiedenti] (…) i diritti di proprietà in questione, ha per oggetto dei diritti civili e il ricorso dipende quindi nel suo ordine principale dalla competenza esclusiva delle giurisdizioni dell’ordine giudiziale “
In compenso, il tribunale dichiarò ammissibile e fondato il ricorso in annullamento contro la decisione ministeriale del 10 aprile 1998, per i seguenti motivi,:
“(…) l’articolo 8 [della legge del 1967] contempla espressamente la possibilità dell’acquisizione [da parte dello stato dei terreni necessari alla costruzione dell’autostrada] prima di ogni procedimento di espropriazione propriamente detto;
(…) lo scopo confessato dal legislatore dell’epoca era di costituire nel capo dello stato un mezzo flessibile ed efficace in vista dell’acquisizione dei terreni necessari alla realizzazione della grande rete viaria progettata dalla legge del 1967 in questione nella misura dell’utilità pubblica così delimitata per il fatto che “l’influenza del terreno indispensabile deve potersi fare velocemente, tanto più che questa influenza deve essere definitiva e deve sottrarre come tale ai rischi dei procedimenti giudiziali. È inconcepibile difatti che in un momento qualsiasi o in un luogo qualsiasi, l’esecuzione di lavori di rete viaria di questa portata possa essere messa in questione o addirittura arrestata dalle richieste di procedimento” (cf. doc. parl. 1209 esposizione dei motivi, pagina 4);”
Dopo avere analizzato la cronostoria, la portata e la notificazione della legislazione in questione, i giudici conclusero ciò che segue:
“(…) l’azione in restituzione prevista dall’articolo 51 della legge modificata del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica resta aperta nel suo principio nell’ipotesi dell’acquisizione di terreni acquisiti dallo stato per lavori di utilità pubblica che non ricevono più questa destinazione, all’infuori di un procedimento per espropriazione a causa di utilità pubblica scatenato, dal momento che l’acquisizione è intervenuta nella cornice delle previsioni dell’articolo 8 della legge modificata del 16 agosto 1967. (…) “
24. Su richiesta del ministero dei Lavori pubblici, la corte amministrativa rese una sentenza il 13 gennaio 2000. Dichiarò la giurisdizione amministrativa incompetente per conoscere del ricorso in annullamento contro la decisione ministeriale del 10 aprile 1998, pure precisando che i richiedenti potevano chiedere la rimessa dei terreni dinnanzi ai tribunali civili. Decise difatti ciò che segue:
“(…) Considerando che è manifesto per la legge del 27 luglio 1997 che i terreni acquisiti non ricevono la destinazione originariamente prevista e che dall’altro lato lo stato non ha fatto sapere che “è nella situazione di rivenderli” ma che al contrario, la lettera del 10 aprile 1998 documenta l’intenzione dello stato di restare proprietario dei terreni venduti e di rifiutare la restituzione;
Considerando che questa lettera potrebbe non potrebbe essere analizzata come una decisione amministrativa allorché, collocandosi –anche lei in seguito ad un procedimento di espropriazione propriamente detta, quod no, costituisce la manifestazione della volontà dello stato su una richiesta patrimoniale che dipende dal diritto di proprietà, dunque di un diritto di natura essenzialmente civile; che peraltro, è ammesso come derivante dal secondo capoverso dell’articolo 51 [della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica] che anche in mancanza di pubblicazione del parere di rivendita, dunque dell’intenzione manifestata implicitamente di restare proprietario degli immobili acquisiti, in modo amichevole o forzato, i vecchi proprietari possono chiedere la rimessa dei terreni in giustizia, all’occorrenza dinnanzi ai tribunali civili; (…) “
Per il surplus, la corte amministrativa confermò il giudizio del 1 marzo 1999.
B. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili
25. Il 1 marzo 2000, i richiedenti investirono la giurisdizione civile ai fini di vedersi trasferire la proprietà dei terreni acquisiti dallo stato nel 1970, almeno di vedere pronunciare la restituzione dei terreni in scambio della restituzione a carico loro dell’indennità che avevano percepito nel 1970.
26. Nella misura in cui non risultava dagli atti di procedimento che i richiedenti avevano proceduto ad una formalità richiesta dalla legge, il tribunale di distretto del Lussemburgo pronunciò, il 25 giugno 2001, la revoca dell’ordinanza di chiusura del 12 febbraio 2001.
27. Dopo una regolarizzazione del procedimento da parte dei richiedenti, il tribunale rese il suo giudizio in data 18 marzo 2002. Dichiarò la domanda ammissibile e condannò lo stato a rimettere i terreni acquisiti tramite atti amministrativi del 22 e 24 gennaio 1970 in scambio della restituzione da parte dei richiedenti ai richiedenti allo stato di una somma di 25 746 EUR. I giudici precisarono che il giudizio non era esecutivo per provvedimento. I brani pertinenti alla motivazione della decisione si leggono come segue:
“(…) [Lo stato sostiene che] i terreni sono stati acquisiti [dei genitori dei richiedenti] all’infuori di un procedimento di espropriazione e prima che i lavori dell’ autostrada fossero stati dichiarati di utilità pubblica con un ordinamento gran-ducale.
L’affermazione dello stato che “i terreni sono stati acquisiti semplicemente per essere tenuti in riserva, in vista della realizzazione della Strada del Nord o, dopo l’abbandono di questo ultimo progetto da parte dello stato, a ogni altro fine” corrisponde forse alla concezione della politica di acquisizione, e dunque ai moventi dello stato, ma è smentita completamente dai motivi dell’acquisizione che lo stato ha indicato tanto di fronte alle autorità comunali che di fronte ai proprietari riguardati.
Difatti nella sua corrispondenza del 18 aprile 1967, il ministro dell’interno ha partecipato al cambiamento del tracciato dell’autostrada e ha informato che i terreni, situati nella lottizzazione approvata, era toccati dal progetto di autostrada.
Perciò, i proprietari non hanno continuato la realizzazione dei loro progetti di costruzione.
Il 15 settembre 1969, il presidente del comitato di acquisizione ha fatto sapere al Sig. B. che il suo terreno era incluso nell’influenza della nuova strada del Nord.
Il 22 luglio 1969, il borgomastro del comune ha negato l’autorizzazione di costruire al motivo che il consiglio di governo aveva incaricato il comitato di acquisizione di intavolare le trattative in vista dell’acquisizione “delle influenze necessarie alla costruzione dell’autostrada del Nord.”
È stabilito dunque che l’acquisizione dei terreni il 22 e 24 gennaio 1970 è stata fatta dallo stato in vista della costruzione dell’autostrada del Nord che, seguendo il progetto dell’epoca, doveva passare al Bridel.
È stabilito anche che al momento degli atti di acquisizione, nessuno ordinamento gran-ducale aveva approvato il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare.
È stabilito però che lo stato ha agito al riguardo [dei genitori dei richiedenti] affermando che i loro terreni erano necessari alla costruzione di un’autostrada decisa. [I genitori dei richiedenti] hanno potuto ammettere quindi legittimamente che lo stato era impegnato in un procedimento che, al termine, avrebbe potuto condurre alla loro espropriazione, dato che i lavori dell’ autostrada erano stati dichiarati di utilità pubblica e che i proprietari che non cedevano volontariamente la loro proprietà venivano espropriati.
Non è stabilito da nessuno elemento della pratica che lo stato ha agito a fini differenti da quelli indicati, ossia la costruzione dell’autostrada del Nord.
È provato dunque che i terreni sono stati acquisiti [dei genitori dei richiedenti], non per costituire un parco immobiliare dello stato, ma allo scopo preciso di lavori di utilità pubblica costituito dalla costruzione dell’autostrada del Nord.
Lo stato avendo agito in vista della realizzazione di un lavoro di utilità pubblica, ed avendo senza nessuna ambiguità e senza la minima riserva fatto sapere ai proprietari che il loro terreno era riguardato dalla costruzione di questo lavoro, l’acquisizione non può essere considerata come semplice acquisizione immobiliare fatta all’infuori di ogni contesto e senza legame con un progetto preciso. I terreni sono stati acquisiti nella cornice di questa [legge del 1967] che contempla nel programma generale dei lavori di una grande rete viaria, che prevedeva nel suo articolo 6, la realizzazione di una “strada che collegava Strassen a Mersch, per aggirare le grandi località e per congiungere le strade principali” e che dispone nel suo articolo 1 che i lavori di costruzione della grande rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica.
Se l’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica riguarda i terreni acquisiti dall’espropriante e non quelli acquisiti dallo stato, i comuni, le instaurazioni pubbliche o, all’occorrenza, gli individui in favore dei quali il procedimento di acquisizione è seguito, l’utilizzazione del termine che “espropria” non modifica il senso delle disposizioni riprese dalla legge del 1859.
Scaturisce dai lavori di elaborazione della legge che il termine “espropriante” riguarda difatti lo stato, i comuni, le instaurazioni pubbliche e, all’occorrenza, gli individui che hanno acquisito i beni controversi
L’articolo 54 della legge del 1859 avendo conferito il diritto di restituzione per i beni acquisiti dallo stato, a prescindere da un’espropriazione formale nel senso stretto il termine, l’articolo 51 il cui solo campo di applicazione personale è stato esteso rispetto alla legge del 1859, ma il cui senso stesso non è stato modificato, contempla un diritto di restituzione per i beni che lo stato, il comune, l’instaurazione pubblica o di utilità pubblica hanno acquisito su base di un accordo con atti amministrativi o tramite di espropriazione.
Essendo lo scopo della legge sull’espropriazione di permettere la realizzazione di lavori di utilità pubblica e l’acquisizione dei beni che appartengono a terzi, pure proteggendo i diritti di questi proprietari, il legislatore ha contemplato un procedimento formalista che può condurre, in mancanza di accordo coi proprietari, al trasferimento costretto della proprietà.
La legge considera il principio di un giusto indennizzo ed impone l’obbligo di utilizzare i beni acquisiti per i lavori di utilità pubblica che hanno giustificato il trasferimento di proprietario, volontario o forzato, nella misura in cui, a titolo di garanzia dell’utilizzazione per i lavori previsti, è contemplato l’obbligo di restituire ai proprietari che lo desiderano i beni che non sono più destinati a servire ai lavori per cui sono stati acquisiti.
I proprietari che hanno consentito alla cessione dei loro beni che lo stato acquisisce in vista di lavori di utilità pubblica fin da prima che il procedimento di espropriazione giudiziale sia cominciato e fin da prima che il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare sia approvato da ordinamento gran-ducale in applicazione dell’articolo 9 di lei [legge del 1967], beneficiano del diritto di restituzione allo stesso titolo che i proprietari espropriati o quelli che hanno consentito alla vendita dopo la pubblicazione dell’ordinamento gran-ducale mirato all’articolo 9.
Lo stato ha acquisito i terreni [dei genitori dei richiedenti] con atti amministrativi in vista dei lavori di costruzione dell’autostrada del Nord che va da Strassen a Mersch, lavori di utilità pubblica. Risulta dai documenti versati in causa e dalle conclusioni dello stato che i terreni non sono più destinati alla costruzione dell’autostrada del Nord che va di Strassen a Mersch, come contemplato inizialmente all’articolo 6 di questa [legge del 1967].
I beni acquisiti dallo stato con atti del 22 e 24 gennaio 1970 non essendo più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti, lo stato è tenuto a restituirli [ai richiedenti]. (…) “
28. Il 31 maggio e 4 giugno 2002, lo stato interpose appello. In una sentenza del 5 novembre 2003, la corte di appello riformò il giudizio del 18 marzo 2002. I giudici difatti respinsero tra l’altro la domanda dei richiedenti per i seguenti motivi:
“(…) È stabilito in causa coi documenti prodotti in causa e è esaminato dai primi giudici, esame al quale questa [corte di appello] aderisce, che l’acquisizione dei terreni controversi è stata operata in vista della costruzione della strada del Nord. Questa[corte di appello] si riferisce a questo riguardo in particolare alla lettera del 15 settembre 1969 del presidente del comitato di acquisizione che fa valere che i terreni ricadrebbero sotto l’influenza della nuova via del Nord e che lo stato sarebbe disposto ad acquistare da ora i terreni.
Gli atti di vendita conclusi all’ inizio del 1970 non fanno riferimento alla legge del 1967, né ad un qualsiasi scopo di utilità pubblica. (…)
La legge [del 1967] contemplava nel suo articolo 6 punto 7 una strada che collegava Strassen a Mersch, con aggiramento delle grandi località e congiunzione alle strade principali. È questo tracciato che doveva passare dai terreni degli intimati. Secondo l’articolo 4 della legge, nessuno può stabilire delle installazioni e delle costruzioni sul campo della rete viaria che doveva stabilirsi conformemente all’articolo 9 capoversi 2 e 3 ossia sulla base di piani di lottizzazione da approvare con ordinamento gran-ducale.
È manifesto in causa che nessuno ordinamento sia intervenuto a proposito del tracciato della strada del Nord.
L’articolo 8 autorizza lo stato ad inseguire l’acquisizione e l’espropriazione a causa di utilità pubblica degli immobili necessari alla costruzione ed alla pianificazione della rete viaria, oggetto della legge.
Scaturisce dai lavori preparatori alla legge (no 1209) il parere del consiglio di stato p.6 che “per la costruzione della grande rete viaria di comunicazione, lo stato dovrà prendere possesso di circa 300 ettari di terreni privati e, in mancanza di arrivare ad un accordo amichevole coi proprietari, sarà obbligato a ricorrere all’espropriazione a causa di utilità pubblica. In vista di evitare che l’esecuzione dei lavori di rete viaria di una tale portata non sia ritardata oltremodo dal procedimento giudiziale, è indispensabile mettere a disposizione del Governo un procedimento di espropriazione particolare, più flessibile e più sbrigativo, come quello della legge belga del 26 luglio 1962.” “In vista di accelerare il procedimento di espropriazione, il Consiglio di stato si è dichiarato d’ accordo con l’iscrizione nella legge della dichiarazione di utilità pubblica” (cf). p.7.
Segue dalla disposizione dell’articolo 8 della legge [del 1967], corroborata da questa analisi del Consiglio di stato, che il legislatore ha offerto allo stato due procedimenti di acquisizione: l’acquisizione amichevole di diritto comune, dunque l’acquisto in via amichevole, e l’espropriazione.
Perciò la legge tratta specialmente nel suo Capitolo III dell’espropriazione contemplando questo modo di acquisizione quando viene constatato da ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o di parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori. È nella cornice di questo titolo III che la legge ha reso applicabile l’articolo 54 della legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica che contempla la re-acquisizione e la restituzione.
Risulta ancora dagli articoli 20 e seguenti di [la legge del 1967] che quando è constatato da ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o di parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori previsti, l’espropriazione di questi immobili è perseguita.
Nonostante questa ordinanza, lo stato mantiene tuttavia, conformemente all’articolo 22, la facoltà di trovare un accordo col proprietario. Una vendita intervenuta in via amichevole in seguito ad un accordo trovato nella cornice dell’espropriazione e dopo presa dell’ordinanza gran-ducale che constata la necessità di una presa di possesso immediato, potrà beneficiare della restituzione.
Ora, la vendita di cui è investita la Corte non ricade sotto questa alternativa per essere stata conclusa al di fuori della cornice di un’espropriazione e al di fuori della necessità di una presa di possesso immediato. L’articolo 37 che rende applicabile l’articolo 54 della legge del 17 dicembre 1859, rispettivamente l’articolo 51 del 15 marzo 1979 sull’espropriazione, non potrebbe applicarsi dunque.
Il diritto di restituzione è una prerogativa derogatoria di diritto comune istituito dal legislatore nella cornice dell’espropriazione a causa di utilità pubblica e limitato a questa cornice e non si potrebbe concepire nella cornice di una vendita di diritto comune che è di essenza irrevocabile.
Si aggiunge che risulta dall’insieme dei lavori preparatori tramite l’impiego di termini “come la grande rete viaria di comunicazione è progettata attualmente” (cf. parere del Consiglio di stato) che all’epoca dell’adozione della legge [del 1967] il tracciato non era definitivo. A questo riguardo conviene citare in particolare il rapporto della commissione speciale che dice: “È considerato formalmente dalla Commissione che la presente legge non arresta e non fissa fin da ora i tracciati della rete viaria da creare. Si procederà a questa determinazione con ordinamento gran-ducale come è contemplato all’articolo 9. Il progetto contempla una nuova via verso nord fino a Mersch. A causa degli oneri enormi ai quali bisognerà fare già a fronte per realizzare il programma come è sentenziato finora, questo ultimo non si è potuto spingere più lontano. Certi problemi restano aperti ed apparterrà alle leggi ulteriori di approfittare delle possibilità riservate e di fare continuare in particolare la nuova via in direzione verso nord di Ettelbruck. “
Inoltre, né l’ordinamento gran-ducale previsto all’articolo 9, né soprattutto, ed a maggior ragione, quello previsto all’articolo 20 non era stato preso al momento della vendita.
Non è contestato tuttavia che il Consiglio del Governo aveva all’epoca delle sue sedute del 4 e 5 luglio 1969 deciso di incaricare il comitato di acquisizioni di intraprendere delle trattative in vista dell’acquisizione delle influenze necessarie e che il comitato di acquisizione aveva convocato il 15 settembre 1969 a questo fine i proprietari riguardati ad una riunione. È in seguito a questa riunione che le vendite hanno avuto luogo.
Ora, se è vero che l’articolo 1 della legge del 16 agosto 1967 aveva autorizzato il governo a stabilire una grande rete viaria di comunicazione conformemente al piano generale enunciato all’articolo 6 ed ai piani da sentenziare da parte del Granduca ai termini dell’articolo 9 e che i lavori di questa rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica, non ne resta meno, come è stato dimostrato dagli sviluppi che precedono, che il tracciato della strada del Nord era al momento della vendita in stato di puro progetto e che i piani definitivi non erano stabiliti così che l’utilità pubblica dei lavori di costruzione non era ancora data e che i terreni non hanno potuti essere acquisiti per uno scopo di utilità pubblica.
Essi [richiesti] non potrebbero dunque neanche basarsi sul carattere di utilità pubblica dei lavori per fare arrivare la loro richiesta in restituzione.
L’argomentazione sussidiaria che consiste nell’ invocare l’abuso di diritto e la malafede dello stato, di natura tale da fare arrivare all’occorrenza un’azione in danno-interessi, non potrebbe giustificare l’azione in restituzione di cui è stata investita [la corte di appello] così che non c’è luogo a supportare la motivazione su questo punto.
Visto la decisione ad intervenire, la richiesta di essi [richiesti] in concessione di un’indennità di procedimento è da respingere. “
29. Il 9 aprile 2004, i richiedenti ricorsero in cassazione contro questa sentenza. Si lamentarono, tra l’altro, di essere vittime, a titolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, di spodestamento illegittimo in seguito al rifiuto che fu opposto loro alla loro domanda di restituzione dei terreni controversi. Le parti pertinenti della loro memoria in cassazione sono redatte nei seguenti termini:
“Essi [richiesti] ricorrono con la presente in cassazione contro una sentenza contraddittoriamente resa tra parti in data del 5 novembre 2003 dalla corte di appello, 1 camera, (…).
Disposizioni attaccate
La sentenza è attaccata in quanto:
“dice [l’appello] fondato;
RIFORMANDO:
Respingi la domanda introduttiva di istanza; (…) “
Interesse ad agire
La decisione attaccata causa torti e lagnanze ai richiedenti in cassazione per il fatto che lede gravemente i loro interessi patrimoniali.
Fatti e atti antecedenti
(…)
Mezzi di cassazione
derivati dalla violazione
1) degli articoli 8 della legge [del 1967];
(…)
2.2) dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo; (…)
A. in quanto alla violazione dell’articolo 8 della legge [del 1967]
(…)
C. in quanto alla violazione dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo
(…)
Le lagnanze che seguiranno scaturiscono dalla lettura della sentenza attaccata. Sono inoltre di ordine pubblico e possono essere invocate in ogni stato del procedimento, dunque per la prima volta in cassazione.
Fin dall’entrata in vigore della legge [del 1967], c’è stata privazione dei cittadini riguardati della loro proprietà con espropriazione di fatto a causa di utilità pubblica operata dalla legge, i terreni alla partenza edificabile essendo diventati non solo inedificabili ma anche privati di accesso.
Così inizialmente l’espropriazione di fatto era giustificata da una causa precisa di utilità pubblica, non è più così a partire dal momento in cui la realizzazione dei lavori di utilità pubblica che avevano giustificato all’inizio lo spodestamento dei cittadini dei loro beni, è stata abbandonata.
C’è stato così, in seguito al rifiuto da parte dello stato della restituzione, spodestamento illegittimo, e dunque violazione dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale al CEDH che si legge come segue: (…)
Nell’occorrenza, solo la restituzione degli immobili acquisiti su delle basi illegittime permette di togliere l’illegittimità, mentre per lo stato sono inutilizzabili per il fatto che sono stati acquisiti per la costruzione di una strada definita all’articolo 6 della legge [del 1967], secondo i piani definitivi che esistevano al momento dell’acquisizione controversa, strada che non è mai stata e non sarà mai realizzata.
Se la legge non avesse contemplato la restituzione dei terreni acquisiti dallo stato per un scopo di utilità pubblica, in caso di non-destinazione di questi a questo effetto, questa violerebbe l’articolo 1 del protocollo addizionale precitato.
Ora, nello specifico, la legge contempla la restituzione dei terreni acquisiti dallo stato a causa di utilità pubblica ma non assegnati a questo effetto, ed i primi giudici hanno provato l’applicazione legale.
Siccome la proprietà è elevata al rango di diritti dell’uomo, ogni disposizione che mira a privare una persona della sua proprietà deve essere fondata su dei motivi reali, seri e gravi, e, soprattutto, deve essere di rigorosa interpretazione.
Anche, il Governo non è abilitato, né a fare astrazione dello scopo di utilità pubblica fissata dal legislatore in visto dell’acquisizione delle influenze definite, all’epoca, dalla legge del 1967, né a cambiarne il senso a modo suo. Il Governo non è addirittura ad affermare, senza commettere un eccesso, ovvero una deviazione di potere, che i terreni i cui proprietari si sono trovati spossessati per uno scopo legislativo molto preciso di utilità pubblica, possono essere utilizzati a tutt’ altro fine.
D’Altra parte, ignorando il ragionamento del primo giudice che è arrivato alla conclusione che la restituzione dei terreni illecitamente acquisiti dallo stato in seguito alla scomparsa della causa di utilità pubblica che dava giustificazione all’inizio è di diritto, il giudice di appello non ha motivato la sua decisione su un punto fondamentale, dal momento che è in gioco la violazione di un diritto dell’uomo.
In quanto alla distinzione speciosa operata da parte Stato, in seguito dal giudice di appello, tra, da una parte, i terreni acquistati in modo amichevole dallo stato in vista dell’esecuzione dei lavori della grande rete viaria dichiarata di utilità pubblica programmata all’articolo 6 della legge [del 1967], seguendo i piani definitivi allora presentati a sostegno della domanda di acquisizione, ma prima della presa dell’ordinamento contemplato all’articolo 9 per le sole espropriazioni, e, dall’altra parte, i terreni che sono stati acquistati anche in modo amichevole dallo stato, ma dopo l’adozione di questo ordinamento, è legalmente inaccettabile e costituisce insindacabilmente una discriminazione proibita dall’articolo 14 del CEDH.
Questo genere di discriminazione non potrebbe, difatti, giustificarsi che in presenza di circostanze eccezionali che, all’evidenza non sono nello specifico.
C’è stata dunque, nello specifico, violazione dell’articolo 14 del CEDH provocante la cassazione.
La misura di ingerenza grave nel diritto al rispetto dei beni, nell’occorrenza la spoliazione definitiva dei loro beni [dei richiedenti], deve predisporre necessariamente un giusto equilibro tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Corte EDH, 23.09.1982, Sporrong e Lönnroth 69; 23.04.1987, Erkner e Hofbauer, 75; 19.12.1989, Mellacher, 48; e di altri).
Deve esistere inoltre un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (Corte EDH, 09.12.1994, I Santi Monasteri, 70;, anche CEDH, 30.07.1997, Pressos comp. c. Belgio, 38).
Nello specifico, nessuno interesse generale maggiore della comunità esiste in realtà e non è stato invocato per giustificare, da una parte, il rifiuto del diritto alla restituzione sollecitata da essi [richiedenti] e riconoscere, dall’altra parte, questo diritto a quegli altri proprietari che avevano ceduto allo stesso modo i loro terreni in modo amichevole dopo la presa dell’ordinamento previsto dall’articolo 9 precitato.
La sola esistenza di questo ordinamento, che stabilisce i piani dei soli appezzamenti da espropriare e non di quelli da acquistare o da acquisire all’infuori del procedimento di espropriazione, ma per un’acquisizione prevista dalla legge del 1967, non potrebbe costituire questo interesse generale della comunità né il rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto, e non potrebbe giustificare dunque legalmente la misura grave di ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto dei beni, né la discriminazione sopraindicata.
Inoltre, lo scopo che scioglie la giustificazione dell’acquisizione da parte dello stato dei terreni controversi, inizialmente di utilità pubblica, è sparito definitivamente in seguito alla decisione legislativa di inadempimento della strada secondo il tracciato progettato in partenza.
Il rifiuto di restituire i terreni oramai detenuti illegalmente dallo stato, dunque di privarli definitivamente [richiedenti] dei loro beni all’infuori di ogni scopo di utilità pubblica, deve essere considerato come arbitrarietà dunque e pertanto contrario alle disposizioni previste dalla CEDH.
Secondo la CEDH “una misura privativa di proprietà deve essere al tempo stesso idonea alla realizzazione del suo scopo e non sproporzionata ad esso” (CEDH, James ed al., 21.02.1986, 50).
In quanto al plusvalore apprezzabile dei beni illecitamente sottratti ai vecchi proprietari spossessati, lo stato cerca, con il suo rifiuto di restituire i beni acquisiti indebitamente, di adeguarsi a scapito degli spossessati a scopo di una speculazione fondiaria.
Una volta di più, la corte di appello ha omesso di prendere posizione su un mezzo fondamentale sostenuto ed a lungo sviluppato dinnanzi a lei da loro [richiedenti].
Per questo motivo, la CEDH ha, in una sentenza recente, constatato in particolare,: “Un problema si pone in compenso chiaramente sotto l’angolo di questa disposizione [articolo 1 del Protocollo no 1] quando, come nello specifico, il mantenimento del bene in riserva per un lungo periodo non si fonda neanche lui su delle ragioni che appartengono all’utilità pubblica e quando, durante questo periodo, suddetto bene genera un plusvalore apprezzabile di cui i vecchi proprietari si vedono privati. L’articolo 1 del Protocollo no 1 obbliga gli Stati contraenti a premunire gli individui contro il rischio di un uso della tecnica delle riserve fondiarie che autorizzano il fatto che potrebbe essere difatti percepito come una forma di speculazione fondiaria a loro scapito (CEDH, 02.10.2002, Motais di Narbonne c. Francia, 21. “
Tenuto conto dell’importanza che la CEDH lega così al problema del plusvalore, la corte di appello era nell’obbligo di motivare la sua decisione a questo motivo.
C’è dunque di nuovo difetto di motivazione su un punto fondamentale, il che la Corte di cassazione deve sanzionare con la cassazione.
Visto sotto l’angolo del plusvalore di cui si trovano privati [i richiedenti], il rigetto in blocco da parte della corte di appello della domanda introduttiva di istanza si analizza in una privazione di proprietà pura e semplice al senso della seconda frase del 1 capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della CEDH.
Non essendo per di più, giustificata nello specifico da circostanze eccezionali, questa privazione di proprietà costituisce un attentato eccessivo al diritto fondamentale espresso dalla prima frase di suddetto capoverso e fa pesare su essi [richiedenti] un carico sproporzionato.
In considerazione degli sviluppi che precedono e più particolarmente di quelli relativi al plusvalore dei beni di cui essi [richiedenti] si trovano spossessati indebitamente dalla corte di appello, c’è luogo dunque di concludere alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 del CEDH, il che la Corte di cassazione è chiamata a constatare ed a sanzionare con la cassazione. (…) “
30. Con una sentenza dell’ 11 novembre 2004, la Corte di cassazione dichiarò il ricorso inammissibile, per il seguente motivo,:
“Dato che per introdurre il suo ricorso, secondo l’articolo 10 della legge modificata del 18 febbraio 1885 sui ricorsi ed il procedimento in cassazione, la parte richiedente dovrà depositare alla cancelleria della Corte superiore di giustizia un esposto che precisa i mezzi della cassazione;
Dato che il ricorso in cassazione è una via straordinaria di ricorso e che la Corte regolatrice deve deliberare solo sul mezzo senza che la discussione che lo sviluppa possa colmarne e lacune;
Dato che le enunciazioni dell’esposto riunite sotto il titolo “Mezzi di cassazione” consistono, dopo l’approvazione delle disposizioni legali che la sentenza attaccata avrebbe presumibilmente violato, in una successione di considerazioni di fatto e di diritto che costituisce una discussione ma non combacia con la precisione richiesta dei mezzi di cassazione al senso della disposizione legale precitata. “
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Il procedimento in cassazione
31. L’articolo 10 della legge, come modificata, del 18 febbraio 1885 sui ricorsi ed il procedimento in cassazione dispone ciò che segue:
“Per introdurre il suo ricorso in cassazione, la parte richiedente dovrà, (…), depositare alla cancelleria della Corte superiore di giustizia:
(…)
2o un esposto firmato da un avvocato-procuratore legale e notificato alla parte avversa che preciserà le disposizioni attaccate dalla sentenza o dal giudizio ed i mezzi di cassazione e conterrà le conclusioni la cui aggiudicazione sarà chiesta. La designazione delle disposizioni attaccate sarà considerata come fatta a sufficienza di diritto quando risulta necessariamente dall’esposizione dei mezzi o delle conclusioni.
(…) “
32. La giurisprudenza ha specificato il senso dell’interpretazione di questa disposizione:
“L’esposto depositato in cassazione, dalla parte richiedente, alla cancelleria della Corte superiore di giustizia deve precisare i mezzi di cassazione. Il ricorso in cassazione è una via straordinaria di ricorso. La Corte di cassazione delibera sul mezzo, ma solo sul mezzo. La sola indicazione dei testi la cui violazione è invocata non costituisce l’enunciato di un mezzo e la discussione che sviluppa il mezzo non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo. ” (Cass. 17 febbraio 1994, Pasicrisie 30, p. 229).
“Soddisfa l’esigenza di precisione che risulta dall’articolo 10 della legge modificata sui ricorsi ed il procedimento in cassazione, un mezzo di cassazione i cui differenti rami precisano ciascuno quale caso di apertura è invocato, quali testi di legge sono stati violati, con quali disposizioni la sentenza attaccata li ha violati e in che cosa queste violazioni consistono. “( Cass. 16 gennaio 1997, Pasicrisie 30, p. 233). “
33. La dottrina precisa, peraltro, ciò che segue, P. Kinsch, “L’ammissibilità del ricorso in materia civile”(Pasicrisie 30):
“L’articolo 10 della legge [del 18 febbraio 1885] enumera gli elementi che l’esposto comprenderà obbligatoriamente:
(…)
2o i mezzi in cassazione che devono essere enunciati con precisione. Si sa che nella valutazione della precisione del mezzo, la Corte di cassazione intende distinguere da una parte tra gli enunciati del mezzo di cassazione, e, dall’altra parte, “la discussione che sviluppa il mezzo [e che] non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo” (Cass. 17 febbraio 1994, no 05/94 e 07/94 e di numerose sentenze ulteriori). Questa giurisprudenza-la cui applicazione ha, è vero, trascinato l’inammissibilità di un numero importante di ricorsi-ha la sua utilità: si rileverà in questo contesto il seguente passaggio del rapporto della Commissione giuridica della Camera dei deputati del 15 febbraio 1989, sul fondamento del quale è stato votato il testo definitivo della legge di riforma del 6 aprile 1989,: “Certi esperti avrebbero amato vedere applicare all’istanza di cassazione, il procedimento dell’istanza di appello. È a buono diritto, tuttavia che questo desiderio non è stato accolto… La missione della Corte di cassazione, ristretta all’applicazione tanto delle regole di diritto al procedimento che ai fatti constatati dai giudici del merito, rende desiderabili delle regole di procedimento che emanano con un massimo di precisione le lagnanze sollevate contro la decisione attaccata” (Doc. parl. 2470, p. 1. (…) “
B. I differenti tracciati considerati per la costruzione della strada del Nord
1. La legge del 16 agosto 1967
34. La legge del 16 agosto 1967 “che ha per oggetto la creazione di una grande rete viaria di comunicazione e di un fondo delle strade”, qui di seguito “la legge del 1967”) contemplava il progetto iniziale dell’autostrada del Nord. L’articolo 1 disponeva ciò che segue:
“Il Governo è autorizzato a stabilire una grande rete viaria di comunicazione conformemente al programma generale enunciato all’articolo 6 ed ai piani da stabilire da parte del Granduca ai termini dell’articolo 9. I lavori di costruzione di questa rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica. “
35. Nella misura in cui i terreni dei richiedenti erano situati a Bridel, e cioè tra Strassen e Mersch, la parte pertinente dell’articolo 6 della legge del 1967 si leggeva così come segue:
“Il programma generale dei lavori di grande rete viaria è il successivo, non indicando i nomi delle località citate le località propriamente dette, ma i dintorni di queste:
(…)
– [7° punto] una strada che collega Strassen a Mersch, con aggiramento delle grandi località e congiunzione alle strade principali. “
36. L’articolo 9 contemplava inoltre che:
“I piani degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare sono approvati con un ordinamento gran-ducale. “
37. L’articolo 8 era redatto come segue:
“Lo stato è autorizzato ad inseguire l’acquisizione e l’espropriazione a causa di utilità pubblica degli immobili necessari alla costruzione ed alla pianificazione del rete viaria oggetto della presente legge. “
38. La legge del 1967 conteneva un Capitolo III, intitolato “Espropriazione” che disponeva in particolare ciò che segue,:
Articolo 20
“Quando è constatato con ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori mirati all’articolo 1 della presente legge, l’espropriazione di questi immobili è perseguita conformemente alle regole qui di seguito. “
Articolo 22
“A difetto di accordo tra le parti, l’espropriante deposita l’ordinanza gran-ducale mirata all’articolo 20, il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare alla cancelleria del tribunale di distretto della situazione dei beni, dove le parti interessate potranno prenderne comunicazione senza oneri fino alla determinazione definitiva dell’indennità. “
Articolo 37
“Per quanto non sia disposto diversamente dalla presente legge, saranno applicabili gli articoli 54 della legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica. “
2. La legge del 27 luglio 1997
39. La legge del 27 luglio 1997 “che autorizza il Governo a procedere alla costruzione di una strada che collegava Lussemburgo ad Ettelbruck” ha contemplato un nuovo tracciato dell’autostrada. I terreni controversi non cadono più sotto l’influenza di questa strada, disponendo l’articolo 9 di questa legge che le disposizioni del 7 punto dell’articolo 6 della legge del 1967 sono abrogate.

C. L’espropriazione a causa di utilità pubblica
40. La legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica disponeva ciò che segue:
Articolo 54
“Se i terreni acquisiti dallo stato per lavori di utilità pubblica non ricevono questa destinazione, un avviso pubblicato, rende noti i terreni che il Governo è nella situazione di rivendere. Nei tre mesi da questa pubblicazione, i vecchi proprietari che vogliono riacquisire la proprietà di suddetti terreni sono tenuti a dichiararlo, a pena del decadimento.
A difetto di pubblicazione di questo avviso, i vecchi proprietari o i loro aventi diritto possono chiedere la rimessa di suddetti terreni; e questa rimessa sarà ordinata in giustizia su dichiarazione del Governo che non sono più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti.
Il prezzo dei terreni da retrocedere sarà fissato dal tribunale della situazione, a meno che il proprietario non preferisca restituire l’importo dell’indennità che ha ricevuto. La determinazione giudiziale del prezzo non potrà superare in nessun caso l’importo dell’indennità. “
41. L’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica ha ripreso, in seguito ad alcune sfumature redazionali, le disposizioni dell’articolo 54 della legge del 1859. Enuncia ciò che segue:
“Se i terreni acquisiti tramite espropriazione per lavori di utilità pubblica non ricevono questa destinazione, un avviso pubblicato, rende noti i terreni che l’espropriante è nella condizione di rivendere. Nei tre mesi da questa pubblicazione, i vecchi proprietari che vogliono riacquisire la proprietà di suddetti terreni sono tenuti di dichiararlo, a pena del decadimento.
A difetto di pubblicazione di questo parere, i vecchi proprietari o i loro aventi diritto possono chiedere la rimessa di suddetti terreni; questa rimessa sarà ordinata in giustizia sulla dichiarazione dell’espropriante che non sono più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti.
Il prezzo dei terreni da retrocedere è fissato dal tribunale della situazione, a meno che il proprietario non preferisca restituire l’importo dell’indennità che ha ricevuto. La determinazione giudiziale non può superare in nessun caso l’importo dell’indennità. (…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE, ALLO SGUARDO DEL DIRITTO DI ACCESSO AD UN TRIBUNALE E DEL RISPETTO DEL PRINCIPIO DI EQUITÀ
42. I richiedenti rimproverano alla Corte di cassazione di avere dato prova di un formalismo eccessivo nel dichiarare il loro ricorso inammissibile. Mettono così in causa l’equità del procedimento ed adducono un difetto di accesso al tribunale, così come la mancanza di un ricorso effettivo per fare valere i loro mezzi. Invocano gli articoli 6 e 13 della Convenzione le cui disposizioni pertinenti si leggono così come segue:
Articolo 6
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, allorché la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
43. La Corte stima al primo colpo che queste lagnanze devono essere esaminate alla luce dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (mutatis mutandis, Alleanza Capitale (Lussemburg) SA c. Lussemburgo, no 24720/03, § 3, 18 gennaio 2007). Peraltro, ricorda che quando l’articolo 6 § 1 della Convenzione si trova come nello specifico ad applicarsi, le esigenze di questo articolo che implicano tutte le differenti garanzie proprie del processo equo, sono in principio più rigorose di quelle dell’articolo 13 che si trovano assorbite da queste (Kuda c. Polonia [GC], no 30210/96, § 146, CEDH 2000-XI).
A. Sull’ammissibilità
44. La Corte constata che questa lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non si scontra contro nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
45. I richiedenti stimano avere sottoposto validamente alla Corte di cassazione la loro lagnanza tratta dall’articolo 1 del Protocollo no 1 contro la sentenza della corte di appello, così che spettava all’alta giurisdizione di esaminare questo sul merito. Ora, respingendo il loro ricorso a causa di un semplice vizio di forma dei mezzi di cassazione, la Corte di cassazione ha dato prova di un “rigore formalista eccessivo.” I richiedenti sottolineano a questo riguardo che il fatto che il Lussemburgo non conosca il sistema degli avvocati dei Consigli specializzati che hanno il monopolio della rappresentanza dinnanzi alla Corte di cassazione, rende i criteri draconiani in materia di ammissibilità, come applicati dall’alta giurisdizione del Lussemburgo, tanto più ingiustificabili.
46. Il Governo espone che nello specifico, la Corte di cassazione ha fatto un’applicazione della sua giurisprudenza tradizionale, manifesta, e perfettamente accessibile all’avvocato dei richiedenti secondo la quale delibera unicamente sul mezzo di cassazione. Difatti, secondo questa giurisprudenza, la sola indicazione dei testi la cui violazione è invocata non costituisce l’enunciato di un mezzo e la discussione che sviluppa il mezzo non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo. Ricordando che le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione possono essere più rigorose che per un appello (Boulougouras c. Grecia, no 66294/01, § 23, 27 maggio 2004; Mohr c. Lussemburgo, déc. no 29236/95, 20 aprile 1999) il Governo conclude che l’approccio, da parte dell’alta giurisdizione del Lussemburgo, della richiesta dell’ammissibilità del ricorso dei richiedenti non era di un formalismo eccessivo.
2. Valutazione della Corte
a) Principi generali
47. La Corte ricorda la sua giurisprudenza manifesta secondo la quale non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Spetta al primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai corsi e tribunali, interpretare la legislazione interna (vedere, tra molte altre, García Manibardo c. Spagna, no 38695/97, § 36, CEDH 2000-II). Peraltro, il “diritto ad un tribunale” il cui diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché chiama anche per la sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione. Tuttavia, queste limitazioni non potrebbero restringere l’accesso aperto ad un giudicabile in modo o a tal punto che il suo diritto ad un tribunale risulti raggiunto nella sua sostanza stessa; infine, si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se tendono ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere, tra molte altre, Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, sentenza del 19 febbraio 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I, § 34). Difatti, il diritto di accesso ad un tribunale si trova raggiunto quando la sua regolamentazione smette di servire gli scopi della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia e costituisce un tipo di barriera che impedisce al giudicabile di vedere la sostanza della sua controversia decisa dalla giurisdizione competente.
48. La Corte ricorda inoltre che l’articolo 6 della Convenzione non costringe gli Stati contraenti a creare dei corsi di appello o di cassazione (vedere, in particolare, Delcourt c. Belgio, sentenza del 17 gennaio 1970, serie Aa no 11, pp. 13-15, §§ 25-26). Però, se tali giurisdizioni esistono, le garanzie dell’articolo 6 devono essere rispettate, in particolare per ciò che garantisce alle parti in causa un diritto effettivo di accesso ai tribunali per le decisioni relative ai loro “diritti ed obblighi di carattere civile” (vedere, tra altre, Brualla Gómez del Torre c. Spagna, sentenza del 19 dicembre 1997, Raccolta 1997-VIII, p. 2956, § 37). Inoltre, la compatibilità delle limitazioni previste dal diritto interno col diritto di accesso ad un tribunale riconosciuto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione dipende dalle particolarità del procedimento in causa e bisogna prendere in conto l’insieme del processo condotto nell’ordine giuridico interno ed il ruolo che ha giocato la Corte suprema, potendo essere le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione più rigorose che per un appello( Khalfaoui c. Francia, no 34791/97, CEDH 1999-IX).
49. La Corte ricorda infine che la regolamentazione relativa alle formalità per formare un ricorso mira a garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, del principio della sicurezza giuridica. Gli interessati devono potersi aspettare che le regole vengano applicate, (Miragall Escolano ed altri c. Spagna, numeri 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 e 41509/98, § 33, CEDH 2000-I),.
50. Ad oggi, la Corte ha concluso a più riprese che l’applicazione da parte delle giurisdizioni interne di formalità da rispettare per formare un ricorso è suscettibile di violare il diritto di accesso ad un tribunale. E’ così, quando l’interpretazione fin troppo formalista della legalità ordinaria fatta da una giurisdizione impedisce, di fatto, l’esame in merito al ricorso esercitato dall’interessato (Běleš ed altri c. Repubblica ceca, no 47273/99, § 69, CEDH 2002-IX; Zvolský e Zvolská c. Repubblica ceca, no 46129/99, § 55, CEDH 2002-IX). Essendo così, la Corte ha già ammesso che le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione potevano essere più rigorose che per un appello (Běleš ed altri, precitato, § 62).
b) Applicazione nello specifico dei suddetti principi
51. Nel caso specifico, il compito della Corte consiste nell’ esaminare se il motivo del rigetto del ricorso in cassazione da parte della Corte di cassazione ha privato i richiedenti del loro diritto di vedere esaminato il mezzo presentato nel loro ricorso. Per fare questo, la Corte si propenderà sulla proporzionalità della limitazione imposta rispetto alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia.
52. Innanzitutto, la Corte constata che la regola applicata dalla Corte di cassazione per pronunciarsi sul carattere ammissibile del ricorso in causa è una costruzione giurisprudenziale. Difatti, l’articolo 10 della legge del 18 febbraio 1885 si limita a contemplare che, per introdurre un ricorso in cassazione, l’interessato deve depositare alla cancelleria della Corte di cassazione “un esposto che preciserà le disposizioni attaccate della sentenza o del giudizio ed i mezzi di cassazione e conterrà le conclusioni la cui aggiudicazione sarà chiesta.” È l’alta giurisdizione che ha introdotto la distinzione tra l’enunciato del mezzo di cassazione, da una parte, e “la discussione che sviluppa il mezzo [e che] non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo”, dall’altra parte.
53. La Corte stima che la limitazione imposta da questa regola giurisprudenziale tende ad un scopo legittimo. La precisione esatta nella formulazione dei mezzi di cassazione ha difatti, chiaramente per obiettivo di permettere alla Corte di cassazione di esercitare il suo controllo in diritto.
54. Resta da sapere se questa esigenza di precisione nella formulazione dei mezzi di cassazione risponde alla condizione della proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. La Corte esaminerà in quale modo i richiedenti dunque presentarono la loro lagnanza alla Corte di cassazione, da una parte, e per quali ragioni il loro ricorso fu respinto, dall’altra parte.
55. I richiedenti annunciarono, nella loro memoria in cassazione, che il loro ricorso era diretto contro la sentenza del 5 novembre 2003 della corte di appello per il fatto che aveva riformato il giudizio di prima istanza ed aveva respinto la loro domanda introduttiva di istanza. Indicarono poi che il mezzo di cassazione, come è in causa nella presente causa, era derivato dalla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Sviluppando questo mezzo sotto la voce “C”. in quanto alla violazione dell’articolo 1 di questo [Protocollo no 1]”, ricordarono la giurisprudenza della Corte in materia, ed indicarono che il rifiuto di restituire i terreni li privava in modo arbitrario dei loro beni, mentre lo scopo di utilità pubblica era sparito, in seguito al cambiamento del tracciato dell’autostrada. Stimarono che lo stato cercava così di appropriarsi, a loro scapito, il plusvalore di suddetti terreni, in un scopo di speculazione fondiaria. Conclusero come segue:
“(

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6 ; Non-violation de P1-1 ; Partiellement irrecevable ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – réparation ; Remboursement frais et dépens
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE KEMP ET AUTRES c. LUXEMBOURG
(Requête no 17140/05)
ARRÊT
STRASBOURG
24 avril 2008
DÉFINITIF
24/07/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.  
En l’affaire Kemp et autres c. Luxembourg,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Christos Rozakis, président,
Nina Vajić,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 27 mars 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 17140/05) dirigée contre le Grand-Duché de Luxembourg et dont 4 ressortissants de cet Etat, M. P. K.et son épouse Mme G. B., ainsi que Mmes E. et P. B. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 9 mai 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me E. D., avocat à Luxembourg. Le gouvernement luxembourgeois (« le Gouvernement ») est représenté par son conseil, Me N. Decker, avocat à Luxembourg.
3. Invoquant notamment l’article 6 de la Convention et l’article 1 du Protocole additionnel, les requérants alléguaient en particulier d’avoir été privés du droit d’accès à un tribunal et d’avoir subi une atteinte injustifiée à leur droit de propriété.
4. Le 29 août 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1931, 1937, 1941 et 1949 et résident respectivement à Schifflange et Bridel (Luxembourg).
6. Les parents des trois requérantes (et beaux-parents du premier requérant), M. et Mme B., étaient propriétaires de terrains de 17,31 ares, situés « Op der Berk » à Bridel et inscrits au cadastre de la commune de Kopstal. Ces terrains firent l’objet des procédures suivantes au niveau national, que les requérants ont poursuivies suite à l’héritage dont ils ont bénéficié.
7. Les terrains avaient fait l’objet d’un lotissement approuvé par le ministre de l’Intérieur le 10 octobre 1966. Ils avaient été subdivisés en trois lots, les parents des requérantes projetant d’y construire trois maisons.
8. Par une lettre du 18 avril 1967 du ministre de l’Intérieur, le bourgmestre de la commune de Kopstal fut informé que le tracé d’une autoroute devait toucher ledit lotissement. Le ministre écrivit en effet ce qui suit :
« En réponse à votre lettre du 3 mars 1967 dans laquelle vous me demandez des éclaircissements au sujet d’une autoroute devant longer le quartier Bridel, j’ai l’honneur de vous informer qu’il résulte des renseignements obtenus de l’administration des ponts et chaussées qu’effectivement le tracé de la nouvelle voie de circulation touchera le lotissement que j’avais approuvé le 10.10.1966.
En octobre, Monsieur le ministre des travaux publics m’avait assuré que son administration ne s’opposait pas à la réalisation du projet. Or, par après de nouvelles études ont été faites et il s’est avéré que le tracé devait être déplacé.
Vos administrés étaient en droit d’entamer des travaux tendant à la réalisation du projet de sorte qu’il devra être tenu compte des frais engagés lorsque l’Etat fera l’acquisition des fonds en question.
Monsieur le sous directeur [de l’administration des ponts et chaussées] m’a fait savoir qu’il se mettrait de suite en rapport avec vous et qu’il transmettrait le dossier à la commission d’acquisition. »
9. Par une loi du 16 août 1967 « ayant pour objet la création d’une grande voirie de communication et d’un fonds des routes » (ci-après « la loi de 1967 »), le Gouvernement fut autorisé à construire l’autoroute du Nord. Dans la mesure où cette loi incluait dans le programme général des travaux de grande voirie une route reliant Strassen à Mersch, la commune dans laquelle étaient localisés les terrains litigieux se situait sur le tracé de ladite autoroute.
10. Le 13 juin 1968, le bourgmestre de Kopstal écrivit aux propriétaires concernés une lettre dans ce sens :
« J’ai l’honneur de vous informer que l’administration des ponts et chaussées vient de nous adresser le dossier avec les plans définitifs de l’autoroute devant passer par Bridel.
Voilà pourquoi, j’ai décidé de convoquer tous les propriétaires de maisons et de terrains à construire directement concernés par ce projet.
La réunion aura lieu samedi prochain, 15 juin 1968 (…)
Je serais content de vous y rencontrer pour vous mettre au courant du problème et pour apprendre vos suggestions éventuelles. »
11. Dans une lettre du 10 juin 1969, le bourgmestre de la commune de Kopstal s’adressa au ministre des Travaux publics dans les termes suivants :
« Monsieur le Ministre,
Je me permets de revenir sur notre entrevue d’il y a deux semaines dans votre cabinet pour vous entretenir une fois de plus du lotissement dit « Op der Berk ».
Au risque de me répéter, vous n’ignorez certainement pas que la procédure administrative dudit lotissement a été achevée de sorte que les terrains en question, après achèvement de la mise en place des équipements techniques tels que : rue, trottoirs, canalisation et conduite d’eau, sont devenus terrains à bâtir.
« L’omineuse » autoroute devant passer par là, les terrains « Op der Berk » ont été décrétés « non aedificandi » par après, par le Ministère de l’Intérieur d’alors, (…).
Une entrevue dans la Commune de Kopstal arrangée en juillet 1968 par la Commune de Kopstal avec M. [M], Président de la Commission d’acquisition, M. [H], sous-directeur des Ponts et Chaussées avec quelques uns de ses ingénieurs, et les propriétaires, venait à la conclusion unanimement admise que les terrains touchés par l’autoroute seraient acquis par l’Etat dans un délai rapproché. Une année étant passée depuis lors sans que rien ne soit passé en ce sens, la patience des propriétaires est à bout et les demandes de construction nous arrivent.
J’ai reçu, il y a quelques jours, une demande de l’entrepreneur [P], pour la construction de trois maisons pour un même propriétaire. Comme le tracé de l’autoroute doit passer juste à travers les trois terrains, je me vois placé en mauvaise posture.
Comme vous m’avez promis, Monsieur le Ministre, vous tenterez de trouver une solution équitable au problème jusqu’à fin juin 1969. J’ai informé en ce sens [P] l’entrepreneur, ainsi que M. B., le propriétaire des 3 terrains, et je tiendrai en suspens la demande de construction jusqu’à votre décision à la fin de ce mois.
Monsieur Nic. B. veut patienter encore une dernière fois jusqu’au 30.(1).1969. Passé ce délai, il dit vouloir passer outre à toute recommandation ou intimidation : d’après ses mots, il commencera à bâtir, coûte que coûte. Après tout, on peut le comprendre, car dans son cas il s’agit de terrains d’une contenance de 17,31 ares d’une valeur minimum de 1 200 000 francs qu’il ne veut et ne peut pas laisser improductifs.
Je vous demande, Monsieur le Ministre, de bien vouloir prendre votre décision dans le délai que vous m’avez indiqué pour aider la Commune de Kopstal à sortir d’une impasse vraiment pénible. (…) »
12. Le 22 juillet 1969, le bourgmestre de la commune de Kopstal fit part aux propriétaires des éléments suivants :
« En réponse à votre demande de construire [trois maisons] sur les terrains « Binsfeld », Op der Berk à Bridel, j’ai l’honneur de porter à votre connaissance la suite que [le ministre des travaux publics] a donnée à notre lettre lui adressée le 10 juin 1969 (…).
Dans sa lettre du 7.7.1969 (…), Monsieur le ministre des travaux publics nous informe qu’au Conseil de Gouvernement des 4 et 5 juillet 1969, il a été décidé de charger le comité d’acquisition des pourparlers en vue de l’acquisition des emprises nécessaires à la construction de l’autoroute du Nord à Bridel.
L’homme de confiance pour le compte de l’administration des ponts et chaussées est Monsieur [E.]. En vue de hâter les pourparlers, je vous conseille de contacter directement Monsieur [E.].
Une autorisation de bâtir ne vous sera donc pas accordée. (…) »
13. Le 15 septembre 1969, le président du comité d’acquisition s’adressa aux parents des requérantes dans les termes suivants :
« Votre terrain situé à Bridel au lieu-dit « [Op der] Berk » sous le numéro cadastral 843/2312 tombe dans l’emprise de la nouvelle route du Nord. L’Etat est disposé à acheter dès à présent ce terrain, et le comité d’acquisition, chargé de s’occuper des conditions d’achat, aimerait s’entretenir avec vous à ce sujet.
Je vous prie à cet effet de prendre part à une réunion qui aura lieu le mercredi 1er octobre à 17 heures dans la maison communale de Kopstal. »
14. Par actes de vente des 22 et 24 janvier 1970, conclus dans un bureau de l’administration des domaines, l’Etat acquit les terrains litigieux au prix de 1 038 600 francs luxembourgeois (LUF), soit 25 746 euros (EUR). Les actes de vente devinrent définitifs suite à leur approbation par les ministres des Finances et des Travaux publics respectivement les 5 et 11 février 1970.
15. Toutefois, il s’avéra par la suite que l’autoroute ne devait pas être construite selon le plan initialement établi.
16. Ainsi, le 23 juillet 1992, les requérants adressèrent au ministre des Travaux publics une demande de rétrocession des terrains cédés à l’Etat.
17. Le 10 novembre 1992, le Premier ministre informa les requérants de ce que leur requête avait été transmise pour avis à l’administration des ponts et chaussées, lequel avis ne lui était pas encore parvenu. Il ajouta ce qui suit :
« En principe, si l’administration des ponts et chaussées estime que les terrains ne sont plus nécessaires à la construction d’une route, rien ne s’oppose à ce qu’ils soient rétrocédés aux anciens propriétaires. »
18. Le 27 janvier 1994, le ministre des Travaux publics s’adressa à l’avocat qui assistait les requérants à l’époque, dans les termes suivants :
« Suite à votre requête du 23 juillet 1992, je suis au regret de vous informer qu’il ne m’est pas possible de faire droit à la demande de vos clients jusqu’au moment où la loi sur le fonds des routes a été modifiée. (…) Dès que la situation juridique sera régularisée je serai disposé à reconsidérer ma décision. »
19. Par une loi du 27 juillet 1997, le Gouvernement fut autorisé à procéder à la construction de la nouvelle variante de l’autoroute du Nord. Les terrains des requérants ne tombèrent plus dans l’emprise de cette nouvelle route.
20. Ces derniers, se basant sur cette nouvelle situation, réitérèrent leur demande de rétrocession des terrains en date des 21 octobre 1997 et 4 février 1998.
21. Le 10 avril 1998, le ministre des Travaux publics opposa son refus à la demande, aux motifs suivants :
« (…) je ne suis pas disposé à rétrocéder les terrains en question lesquels ont été acquis à l’amiable par l’Etat en dehors de toute procédure d’expropriation.
En effet après examen approfondi j’ai pu me rendre compte que l’article 51 de la loi du 15 mars 1979 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique (abrogeant l’ancienne loi du 17 décembre 1859) ne s’applique pas.
Pour que l’article 51 précité puisse jouer il faut être en procédure d’expropriation.
Or tel n’est pas le cas puisque dans le contexte de la [loi de 1967] la formalité prévue à l’article 9 est déterminante.
Cet article prévoit qu’un règlement grand-ducal approuve les plans des parcelles et la liste des propriétaires à exproprier.
Aucun règlement grand-ducal n’ayant été pris pour emprendre des terrains sis à Bridel il faut conclure que l’acquisition des terrains [litigieux] s’est faite indépendamment des dispositions de la loi de 1967. »
A. La procédure devant les juridictions administratives
22. Le 5 juin 1998, les requérants introduisirent un recours en annulation contre les actes de vente des 22 et 24 janvier 1970, ainsi que contre la décision ministérielle de refus de rétrocession du 10 avril 1998. Ils insistèrent notamment sur le fait qu’il était indubitable, et d’ailleurs non contesté, que l’acquisition des terrains litigieux avait été faite par l’Etat pour cause d’utilité publique, en exécution de la loi de 1967. Ils jugèrent inadmissible que l’Etat, ignorant l’adage nemo auditur propriam turpitudinem allegans, se fondait sur l’inobservation d’un texte légal formel pour se soustraire à son obligation de rétrocession.
23. Par un jugement du 1er mars 1999, le tribunal administratif se déclara incompétent pour connaître du recours en annulation contre les actes de vente conclus en 1970, en précisant ce qui suit :
« (…) il échet de constater à toutes fins que les deux actes de vente en question ont été dressés sous la forme administrative (…) ;
(…) les deux ventes globalement analysées portent sur le transfert des droits de propriété [des requérants] sur les terrains litigieux au profit de l’Etat, de sorte que l’annulation demandée des ventes en question tendant à voir rentrer dans le patrimoine des [requérants] (…) les droits de propriété en question, a pour objet des droits civils (…) et (…) le recours relève dès lors en son ordre principal de la compétence exclusive des juridictions de l’ordre judiciaire (…) »
En revanche, le tribunal déclara recevable et fondé le recours en annulation contre la décision ministérielle du 10 avril 1998, aux motifs suivants :
« (…) l’article 8 [de la loi de 1967] prévoit expressément la possibilité de l’acquisition [par l’Etat des terrains nécessaires à la construction de l’autoroute] avant toute procédure d’expropriation proprement dite ;
(…) le but avoué du législateur de l’époque était de constituer dans le chef de l’Etat un outil flexible et efficace en vue de l’acquisition des terrains nécessaires à la réalisation de la grande voirie projetée par la loi de 1967 en question dans la mesure de l’utilité publique ainsi délimitée en ce que « l’emprise du terrain indispensable doit pouvoir se faire rapidement, de plus cette emprise doit être définitive et soustraite comme telle aux aléas de procédures judiciaires. Il est en effet inconcevable qu’à un moment quelconque ou en un endroit quelconque, l’exécution de travaux de voirie de cette envergure puisse être mise en question voire même arrêtée par des questions de procédure » (cf. doc. parl. 1209 exposé des motifs, page 4) ; »
Après avoir analysé l’historique, la portée et la signification de la législation en question, les juges conclurent ce qui suit :
« (…) l’action en rétrocession prévue par l’article 51 de la loi modifiée du 15 mars 1979 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique reste ouverte en son principe dans l’hypothèse de l’acquisition de terrains acquis par l’Etat pour travaux d’utilité publique ne recevant plus cette destination, en dehors d’une procédure pour expropriation pour cause d’utilité publique déclenchée, du moment que l’acquisition est intervenue dans le cadre des prévisions de l’article 8 de la loi modifiée du 16 août 1967. (…) »
24. Sur appel du ministère des Travaux publics, la cour administrative rendit un arrêt le 13 janvier 2000. Elle déclara la juridiction administrative incompétente pour connaître du recours en annulation contre la décision ministérielle du 10 avril 1998, tout en précisant que les requérants pouvaient demander la remise des terrains devant les tribunaux civils. Elle décida en effet ce qui suit :
« (…) Considérant qu’il est constant de par (…) la loi du 27 juillet 1997 que les terrains acquis ne reçoivent pas la destination originairement prévue et que de l’autre côté l’Etat n’a pas fait savoir qu’il « est dans le cas de les revendre » mais qu’au contraire, la lettre du 10 avril 1998 documente l’intention de l’Etat de rester propriétaire des terrains vendus et de refuser la rétrocession ;
Considérant que cette lettre ne saurait être analysée en décision administrative alors que, se situerait-elle-même à la suite d’une procédure d’expropriation proprement dite, quod non, elle constitue la manifestation de la volonté de l’Etat sur une question patrimoniale relevant du droit de propriété, donc d’un droit de nature essentiellement civile ; que par ailleurs, il est admis comme découlant du second alinéa de l’article 51 [de la loi du 15 mars 1979 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique] que même à défaut de publication de l’avis de revente, donc de l’intention manifestée implicitement de rester propriétaire des immeubles acquis, de manière amiable ou forcée, les anciens propriétaires peuvent demander la remise des terrains en justice, en l’occurrence devant les tribunaux civils ; (…) »
Pour le surplus, la cour administrative confirma le jugement du 1er mars 1999.
B. La procédure devant les juridictions civiles
25. Le 1er mars 2000, les requérants saisirent la juridiction civile aux fins de se voir transférer la propriété des terrains acquis par l’Etat en 1970, sinon de voir prononcer la rétrocession des terrains en échange de la restitution par leurs soins de l’indemnité qu’ils avaient perçue en 1970.
26. Dans la mesure où il ne résultait pas des actes de procédure que les requérants avaient procédé à une formalité requise par la loi, le tribunal d’arrondissement de Luxembourg prononça, le 25 juin 2001, la révocation de l’ordonnance de clôture du 12 février 2001.
27. Après une régularisation de la procédure par les requérants, le tribunal rendit son jugement en date du 18 mars 2002. Il déclara la demande recevable et condamna l’Etat à remettre aux requérants les terrains acquis par actes administratifs des 22 et 24 janvier 1970 en échange de la restitution par les requérants à l’Etat d’une somme de 25 746 EUR. Les juges précisèrent que le jugement n’était pas exécutoire par provision. Les extraits pertinents de la motivation de la décision se lisent comme suit :
« (…) [L’Etat soutient que] les terrains ont été acquis [des parents des requérantes] en dehors d’une procédure d’expropriation et avant que les travaux d’autoroute n’aient été déclarés d’utilité publique par règlement grand-ducal.
L’affirmation de l’Etat (…) que « les terrains ont été acquis simplement pour être tenus en réserve, en vue de la réalisation de la Route du Nord ou, après l’abandon de ce dernier projet par l’Etat, à toute autre fin » correspond peut-être à la conception de la politique d’acquisition, et donc aux mobiles de l’Etat, mais est tout à fait démentie par les motifs de l’acquisition que l’Etat a indiqués tant à l’égard des autorités communales qu’à l’égard des propriétaires concernés.
En effet (…) dans son courrier du 18 avril 1967, le ministre de l’intérieur a fait part du changement du tracé de l’autoroute et a informé de ce que les terrains, situés dans le lotissement approuvé, sont touchés par le projet d’autoroute.
En conséquence, les propriétaires n’ont pas continué la réalisation de leurs projets de construction.
Le 15 septembre 1969, le président du comité d’acquisition a fait savoir à M. Binsfeld que son terrain est inclus dans l’emprise de la nouvelle Route du Nord.
Le 22 juillet 1969, le bourgmestre de la commune a refusé l’autorisation de construire au motif que le conseil de gouvernement avait chargé le comité d’acquisition d’engager les pourparlers en vue de l’acquisition « des emprises nécessaires à la construction de l’autoroute du Nord ».
Il est donc établi que l’acquisition des terrains les 22 et 24 janvier 1970 a été faite par l’Etat en vue de la construction de l’autoroute du Nord qui, suivant le projet de l’époque, devait passer au Bridel.
Il est également établi qu’au moment des actes d’acquisition, aucun règlement grand-ducal n’avait approuvé le plan des parcelles et la liste des propriétaires à exproprier.
Il est cependant établi que l’Etat a agi à l’égard [des parents des requérantes] en affirmant que leurs terrains étaient nécessaires à la construction d’une autoroute décidée. [Les parents des requérantes] ont dès lors légitimement pu admettre que l’Etat était engagé dans une procédure qui, à terme, pourrait conduire à leur expropriation, étant donné que les travaux d’autoroute sont déclarés d’utilité publique et que les propriétaires qui ne cèdent pas volontairement leur propriété sont expropriés.
Il n’est établi par aucun élément du dossier que l’Etat a agi à des fins différentes de celle indiquée, à savoir la construction de l’autoroute du Nord.
Il est donc prouvé que les terrains ont été acquis [des parents des requérantes], non pour constituer un parc immobilier de l’Etat, mais dans le but précis de travaux d’utilité publique que constitue la construction de l’autoroute du Nord.
L’Etat ayant agi en vue de la réalisation d’un ouvrage d’utilité publique, et ayant sans aucune ambiguïté et sans la moindre réserve fait savoir aux propriétaires que leur terrain était concerné par la construction de cet ouvrage, l’acquisition ne peut pas être considérée comme simple acquisition immobilière faite en dehors de tout contexte et sans lien avec un projet précis. Les terrains ont été acquis dans le cadre de la [loi de 1967], qui prévoit dans le programme général des travaux de grande voirie, arrêté en son article 6, la réalisation d’une « route reliant Strassen à Mersch, avec contournement des grandes localités et jonction aux routes principales » et qui dispose dans son article 1er que les travaux de construction de la grande voirie sont déclarés d’utilité publique.
Si l’article 51 de la loi du 15 mars 1979 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique vise les terrains acquis par l’expropriant et non ceux acquis par l’Etat, les communes, les établissements publics ou, le cas échéant, les particuliers en faveur desquels la procédure d’acquisition est suivie, l’utilisation du terme « expropriant » ne modifie pas le sens des dispositions reprises de la loi de 1859.
Il se dégage en effet des travaux d’élaboration de la loi que le terme « expropriant » vise l’Etat, les communes, les établissements publics et, le cas échéant, les particuliers, qui ont acquis les biens litigieux (…)
L’article 54 de la loi de 1859 ayant conféré le droit de rétrocession pour les biens acquis par l’Etat, indépendamment d’une expropriation formelle au sens strict du terme, l’article 51 dont seul le champ d’application personnel a été étendu par rapport à la loi de 1859, mais dont le sens même n’a pas été modifié, prévoit un droit de rétrocession pour les biens que l’Etat, la commune, l’établissement public ou d’utilité publique (…) ont acquis sur base d’un accord par actes administratifs (…) ou par voie d’expropriation.
Le but de la loi sur l’expropriation étant de permettre la réalisation de travaux d’utilité publique et l’acquisition des biens appartenant à des tiers, tout en protégeant les droits de ces propriétaires, le législateur a prévu une procédure formaliste qui peut conduire, à défaut d’accord avec les propriétaires, au transfert forcé de la propriété.
La loi retient le principe d’une juste indemnisation et impose l’obligation d’utiliser les biens acquis pour les travaux d’utilité publique qui ont justifié le transfert de propriétaire, volontaire ou forcé, dans la mesure où, à titre de garantie de l’utilisation pour les travaux visés, est prévue l’obligation de rétrocéder aux propriétaires qui le souhaitent les biens qui ne sont plus destinés à servir aux travaux pour lesquels ils ont été acquis.
Les propriétaires qui ont consenti à la cession de leurs biens que l’Etat acquiert en vue de travaux d’utilité publique dès avant que la procédure d’expropriation judiciaire est commencée et dès avant que le plan des parcelles et la liste des propriétaires à exproprier sont approuvés par règlement grand-ducal en application de l’article 9 de la [loi de 1967], bénéficient du droit de rétrocession (…) au même titre que les propriétaires expropriés ou ceux ayant consenti à la vente après la publication du règlement grand-ducal visé à l’article 9.
L’Etat a acquis les terrains [des parents des requérantes] par actes administratifs en vue des travaux de construction de l’autoroute du Nord allant de Strassen à Mersch, travaux d’utilité publique. Il résulte des pièces versées en cause et des conclusions de l’Etat que les terrains ne sont plus destinés à la construction de l’autoroute du Nord allant de Strassen à Mersch, telle que prévue initialement à l’article 6 de la [loi de 1967].
Les biens acquis par l’Etat par actes des 22 et 24 janvier 1970 n’étant plus destinés aux travaux pour lesquels ils avaient été acquis, l’Etat est tenu des les rétrocéder [aux requérants]. (…) »
28. Les 31 mai et 4 juin 2002, l’Etat interjeta appel. Dans un arrêt du 5 novembre 2003, la cour d’appel réforma le jugement du 18 mars 2002. Les juges rejetèrent en effet la demande des requérants aux motifs, entre autres, suivants :
« (…) Il est établi en cause par les pièces produites en cause et examinées par les premiers juges, examen auquel la [cour d’appel] se rallie, que l’acquisition des terrains litigieux a été opérée en vue de la construction de la route du Nord. La [cour d’appel] se réfère à cet égard notamment à la lettre du 15 septembre 1969 du président du comité d’acquisition qui fait valoir que les terrains tomberaient dans l’emprise de la nouvelle route du Nord et que l’Etat serait disposé à acheter dès à présent les terrains.
Les actes de vente conclus début 1970 ne font pas référence à la loi de 1967, ni à un quelconque but d’utilité publique. (…)
La loi [de 1967] prévoyait en son article 6 tiret 7 une route reliant Strassen à Mersch, avec contournement des grandes localités et jonction aux routes principales. C’est ce tracé qui devait passer par les terrains des intimés. Selon l’article 4 de la loi, nul ne peut établir des installations et des constructions sur le domaine de la voirie qui devait s’établir conformément à l’article 9 alinéas 2 et 3 à savoir sur base de plans parcellaires à approuver par règlement grand-ducal.
Il est constant en cause qu’aucun règlement n’est intervenu au sujet du tracé de la route du Nord.
L’article 8 autorise l’Etat à poursuivre l’acquisition et l’expropriation pour cause d’utilité publique des immeubles nécessaires à la construction et à l’aménagement de la voirie, objet de la loi.
Il se dégage des travaux préparatoires à la loi (no 1209, avis du conseil d’Etat p.6) que « pour la construction de la grande voirie de communication, l’Etat devra prendre possession d’environ 300 hectares de terrains privés et, à défaut d’arriver à un accord amiable avec les propriétaires, il sera obligé de recourir à l’expropriation pour cause d’utilité publique. En vue d’éviter que l’exécution des travaux de voirie d’une telle envergure ne soit retardée outre mesure par la procédure judiciaire, il est indispensable de mettre à la disposition du Gouvernement une procédure d’expropriation particulière, plus souple et plus expéditive, à l’instar de celle de la loi belge du 26 juillet 1962 ». « En vue d’accélérer la procédure d’expropriation, le Conseil d’Etat s’est déclaré d’accord avec l’inscription dans la loi de la déclaration d’utilité publique » (cf. p.7).
Il suit de l’agencement de l’article 8 de la loi [de 1967], corroborée par cette analyse du Conseil d’Etat, que le législateur a offert à l’Etat deux procédures d’acquisition : l’acquisition amiable de droit commun, donc l’achat de gré à gré, et l’expropriation.
Aussi la loi traite-t-elle spécialement dans son Titre III de l’expropriation en prévoyant ce mode d’acquisition lorsqu’il est constaté par arrêté grand-ducal que la prise de possession immédiate d’un ou de plusieurs immeubles est indispensable pour la réalisation des travaux. C’est dans le cadre de ce titre III que la loi a rendu applicable l’article 54 de la loi du 17 décembre 1859 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique qui prévoit la ré-acquisition et la rétrocession.
Il ressort encore des articles 20 et suivants de [la loi de 1967] que lorsqu’il est constaté par arrêté grand-ducal que la prise de possession immédiate d’un ou de plusieurs immeubles est indispensable pour la réalisation des travaux visés, l’expropriation de ces immeubles est poursuivie.
Nonobstant cet arrêté, l’Etat garde néanmoins, conformément à l’article 22, la faculté de trouver un accord avec le propriétaire. Une vente de gré à gré intervenue à la suite d’un accord trouvé dans le cadre de l’expropriation et après prise de l’arrêté grand-ducal constatant la nécessité d’une prise de possession immédiate, pourra bénéficier de la rétrocession.
Or, la vente dont est saisie la Cour ne tombe pas sous cette alternative pour avoir été conclue en-dehors du cadre d’une expropriation et en-dehors de la nécessité d’une prise en possession immédiate. L’article 37 qui rend applicable l’article 54 de la loi du 17 décembre 1859, respectivement l’article 51 du 15 mars 1979 sur l’expropriation, ne saurait donc pas s’appliquer.
Le droit de rétrocession est une prérogative exorbitante de droit commun instituée par le législateur dans le cadre de l’expropriation pour cause d’utilité publique et limitée à ce cadre et ne saurait se concevoir dans le cadre d’une vente de droit commun qui est d’essence irrévocable.
Il s’y ajoute qu’il ressort de l’ensemble des travaux préparatoires par l’emploi de termes « telle que la grande voirie de communication est projetée actuellement » (cf. avis du Conseil d’Etat) que lors de l’adoption de la loi [de 1967] le tracé n’était pas définitif. A cet égard il convient de citer notamment le rapport de la commission spéciale qui dit : « Il est retenu formellement par la Commission que la présente loi n’arrête et ne fixe pas d’ores et déjà les tracés de la voirie à créer. Il sera procédé à cette fixation par règlement grand-ducal comme il est prévu à l’article 9. Le projet prévoit une nouvelle route vers le Nord jusqu’à Mersch. A cause des frais énormes auxquels il faudra déjà faire face pour réaliser le programme tel qu’il est arrêté jusqu’à présent, ce dernier n’a pu être poussé plus loin. Certains problèmes restent ouverts et il appartiendra à des lois ultérieures de profiter des possibilités réservées et de faire notamment continuer la nouvelle voie vers le Nord en direction d’Ettelbruck. »
Aussi, ni le règlement grand-ducal prévu à l’article 9, ni surtout, et à plus forte raison, celui prévu à l’article 20 n’avaient été pris au moment de la vente (…).
Il n’est toutefois pas contesté que le Conseil de Gouvernement avait lors de ses séances des 4 et 5 juillet 1969 décidé de charger le comité d’acquisitions d’entreprendre des pourparlers en vue de l’acquisition des emprises nécessaires et que le comité d’acquisition avait convoqué le 15 septembre 1969 à cette fin les propriétaires concernés à une réunion. C’est à la suite de cette réunion que les ventes ont eu lieu.
Or, s’il est vrai que l’article 1er de la loi du 16 août 1967 avait autorisé le gouvernement à établir une grande voirie de communication conformément au plan général énoncé à l’article 6 et aux plans à arrêter par le Grand-Duc aux termes de l’article 9 et que les travaux de cette voirie sont déclarés d’utilité publique, il n’en reste pas moins, comme il a été démontré par les développements qui précèdent, que le tracé de la route du Nord était au moment de la vente en état de pur projet et que les plans définitifs n’étaient pas arrêtés de sorte que l’utilité publique des travaux de construction n’était pas encore donnée et que les terrains n’ont pas pu être acquis dans un but d’utilité publique.
Les [requérants] ne sauraient donc pas non plus se baser sur le caractère d’utilité publique des travaux pour faire aboutir leur demande en rétrocession.
L’argumentation subsidiaire consistant à invoquer l’abus de droit et la mauvaise foi de l’Etat, de nature à faire aboutir le cas échéant une action en dommages-intérêts, ne saurait justifier l’action en rétrocession dont est saisie la [cour d’appel] de sorte qu’il n’y a pas lieu à étayer la motivation sur ce point.
Vu la décision à intervenir, la demande des [requérants] en octroi d’une indemnité de procédure est à rejeter. »
29. Le 9 avril 2004, les requérants se pourvurent en cassation contre cet arrêt. Ils se plaignirent, entre autres, d’être victimes, au titre de l’article 1 du Protocole no 1, de dépossession illégitime suite au refus qui leur fut opposé à leur demande de rétrocession des terrains litigieux. Les parties pertinentes de leur mémoire en cassation sont rédigées dans les termes suivants :
« Les [requérants] se pourvoient par la présente en cassation contre un arrêt contradictoirement rendu entre parties à la date du 5 novembre 2003 par la cour d’appel, 1ère chambre, (…).
Dispositions attaquées
L’arrêt est attaqué en ce qu’il :
« dit [l’appel] fondé ;
REFORMANT :
Rejette la demande introductive d’instance ; (…) »
Intérêt à agir
La décision attaquée cause torts et griefs aux demandeurs en cassation en ce qu’elle lèse gravement leurs intérêts patrimoniaux.
Faits et rétroactes
(…)
Moyens de cassation
tirés de la violation
1) des articles 8 (…) de la loi [de 1967] ;
(…)
2.2) de l’article 1er du premier protocole additionnel à la Convention européenne des Droits de l’Homme ; (…)
A. Quant à la violation de l’article 8 de la loi [de 1967]
(…)
C. Quant à la violation (…) de l’article 1er du premier protocole additionnel à la Convention européenne des Droits de l’Homme (…)
(…)
Les griefs qui vont suivre se dégagent (…) de la lecture de l’arrêt attaqué. Ils sont en outre d’ordre public et peuvent être invoqués à tout état de la procédure, donc pour la première fois en cassation.
Dès l’entrée en vigueur de la loi [de 1967], il y a eu privation des citoyens concernés de leur propriété par expropriation de fait pour cause d’utilité publique opérée par la loi, les terrains au départ constructibles étant devenus non seulement inconstructibles mais même privés d’accès.
Si initialement l’expropriation de fait était justifiée par une cause précise d’utilité publique, tel n’est plus le cas à partir du moment où la réalisation des travaux d’utilité publique, qui avaient justifié au départ la dépossession des citoyens de leurs biens, a été abandonnée.
Il y a eu ainsi, suite au refus par l’Etat de la rétrocession, dépossession illégitime, et donc violation de l’article 1er du premier protocole additionnel à la CEDH, qui se lit comme suit : (…)
En l’occurrence, seule la rétrocession des immeubles acquis sur des bases illégitimes permet de lever l’illégitimité, alors que pour l’Etat ils sont inutilisables du fait qu’ils ont été acquis pour la construction d’une route définie à l’article 6 de la loi [de 1967], selon des plans définitifs ayant existé au moment de l’acquisition litigieuse, route qui n’a jamais été et ne sera jamais réalisée.
Si la loi n’avait pas prévu la rétrocession des terrains acquis par l’Etat dans un but d’utilité publique, en cas de non-affectation de ceux–ci à cet effet, elle violerait l’article 1er du protocole additionnel précité.
Or, en l’espèce, la loi prévoit la rétrocession des terrains acquis par l’Etat pour cause d’utilité publique mais non affectés à cet effet, et les premiers juges en ont prouvé l’application légale.
Comme la propriété est élevée au rang de droit de l’Homme, toute disposition visant à priver une personne de sa propriété doit être fondée sur des motifs réels, sérieux et graves, et, surtout, elle doit être de stricte interprétation.
Aussi, le Gouvernement n’est-il habilité, ni à faire abstraction du but d’utilité publique fixé par le législateur en vue de l’acquisition des emprises définies, à l’époque, par la loi de 1967, ni à en changer le sens à sa guise. Le Gouvernement n’est notamment pas habilité à affirmer, sans commettre un excès, voire un détournement de pouvoir, que les terrains dont les propriétaires se sont trouvés dépossédés dans un but législatif très précis d’utilité publique, peuvent être utilisés à toute autre fin.
D’autre part, en ignorant le raisonnement du premier juge qui est arrivé à la conclusion que la rétrocession des terrains illégitimement acquis par l’Etat suite à la disparition de la cause d’utilité publique l’ayant justifiée au départ est de droit, le juge d’appel n’a pas motivé sa décision sur un point fondamental, dès lors que la violation d’un droit de l’homme est en jeu.
Quant à la distinction spécieuse opérée par la partie Etat, suivi par le juge d’appel, entre, d’une part, les terrains acquis à l’amiable par l’Etat en vue de l’exécution des travaux de grande voirie déclarés d’utilité publique programmés à l’article 6 de la loi [de 1967], suivant les plans définitifs alors présentés à l’appui de la demande d’acquisition, mais avant la prise du règlement prévu à l’article 9 pour les seules expropriations, et, d’autre part, les terrains qui ont été acquis également à l’amiable par l’Etat, mais après la prise de ce règlement, elle est légalement inacceptable et constitue incontestablement une discrimination prohibée par l’article 14 de la CEDH.
Ce genre de discrimination ne saurait, en effet, se justifier qu’en présence de circonstances exceptionnelles qui, à l’évidence n’est pas en l’espèce.
Il y a donc eu, en l’espèce, violation de l’article 14 de la CEDH entraînant la cassation.
La mesure d’ingérence grave dans le droit au respect des biens, en l’occurrence la spoliation définitive de leurs biens [des requérants], doit nécessairement ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Cour EDH, 23.09.1982, Sporrong et Lönnroth 69 ; 23.04.1987, Erkner et Hofbauer, 75 ; 19.12.1989, Mellacher, 48 ; et d’autres).
Il doit en outre exister un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé par toute mesure privant une personne de sa propriété (Cour EDH, 09.12.1994, Les Saints Monastères, 70 ; (également CEDH, 30.07.1997, Pressos comp. c. Belgique, 38).
En l’espèce, aucun intérêt général majeur de la communauté n’existe en réalité et n’a été invoqué pour justifier, d’une part, le refus du droit à la rétrocession sollicitée par les [requérants] et reconnaître, d’autre part, ce droit à ces autres propriétaires ayant cédé leurs terrains également à l’amiable après la prise du règlement prévu par l’article 9 précité.
La seule existence de ce règlement, établissant les plans des seules parcelles à exproprier et non de celles acquises ou à acquérir en dehors de la procédure d’expropriation, mais pour une acquisition prévue par la loi de 1967, ne saurait constituer cet intérêt général de la communauté ni le rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé, et ne saurait donc justifier légalement la mesure grave d’ingérence dans le droit fondamental au respect des biens, ni la discrimination susvisée.
En outre, le but fondant la justification de l’acquisition par l’Etat des terrains litigieux, initialement d’utilité publique, a disparu définitivement suite à la décision législative de non-exécution de la route selon le tracé projeté au départ.
Le refus de rétrocéder les terrains désormais détenus illégalement par l’Etat, donc de priver définitivement les [requérants] de leurs biens en dehors de tout but d’utilité publique, doit donc être considéré comme arbitraire et partant contraire aux dispositions susvisées de la CEDH.
Selon la Cour EDH « une mesure privative de propriété doit être à la fois idoine à la réalisation de son but et non disproportionnée avec lui » (Cour EDH, James et al., 21.02.1986, 50).
Quant à la plus-value appréciable des biens illégitimement soustraits aux anciens propriétaires dépossédés, l’Etat cherche, par son refus de rétrocéder les biens acquis indûment, à se l’approprier au détriment des dépossédés dans un but de spéculation foncière.
Une fois de plus, la cour d’appel a omis de prendre position sur un moyen fondamental soutenu et longuement développé devant elle par les [requérants].
A ce sujet, la Cour EDH a, dans un arrêt récent, constaté notamment : « Un problème se pose en revanche clairement sous l’angle de cette disposition [article 1 du Protocole no 1] lorsque, comme en l’espèce, le maintien du bien en réserve durant une longue période ne repose pas lui-même sur des raisons tenant de l’utilité publique et où, durant cette période, ledit bien engendre une plus-value appréciable dont les anciens propriétaires se voient privés. L’article 1 du Protocole no 1 oblige en effet les Etats contractants à prémunir les individus contre le risque d’un usage de la technique des réserves foncières autorisant ce qui pourrait être perçu comme une forme de spéculation foncière à leur détriment (CEDH, 02.10.2002, Motais de Narbonne c. France, 21). »
Compte tenu de l’importance que la Cour EDH attache ainsi au problème de la plus-value, la cour d’appel était dans l’obligation de motiver sa décision à ce sujet.
Il y a donc une nouvelle fois défaut de motivation sur un point fondamental (…), ce que la Cour de cassation doit sanctionner par la cassation.
Vu sous l’angle de la plus-value dont se trouvent privés les [requérants], le rejet en bloc par la cour d’appel de la demande introductive d’instance s’analyse en une privation de propriété pure et simple au sens de la seconde phrase du 1er alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 de la CEDH.
N’étant de surcroît, pas justifiée en l’espèce par des circonstances exceptionnelles, cette privation de propriété constitue une atteinte excessive au droit fondamental exprimé par la première phrase dudit alinéa et fait peser sur les [requérants] une charge disproportionnée.
En considération des développements qui précèdent et plus particulièrement de ceux relatifs à la plus-value des biens dont les [requérants] se trouvent indûment dépossédés par la cour d’appel, il y a donc lieu de conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 de la CEDH, ce que la Cour de cassation est appelée à constater et à sanctionner par la cassation. (…) »
30. Par un arrêt du 11 novembre 2004, la Cour de cassation déclara le pourvoi irrecevable, au motif suivant :
« Attendu, selon l’article 10 de la loi modifiée du 18 février 1885 sur les pourvois et la procédure en cassation, que pour introduire son pourvoi, la partie demanderesse devra déposer au greffe de la Cour supérieure de justice un mémoire précisant les moyens de cassation ;
Attendu que le pourvoi en cassation est une voie extraordinaire de recours et que la Cour régulatrice n’a à statuer que sur le moyen sans que la discussion qui le développe ne puisse en combler les lacunes ;
Attendu que les énonciations du mémoire réunies sous l’intitulé « Moyens de cassation » consistent, après le visa des dispositions légales que l’arrêt attaqué aurait prétendument violées, en une succession de considérations de fait et de droit qui constitue une discussion mais n’articule pas avec la précision requise des moyens de cassation au sens de la disposition légale précitée. »
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. La procédure en cassation
31. L’article 10 de la loi, telle que modifiée, du 18 février 1885 sur les pourvois et la procédure en cassation dispose ce qui suit :
« Pour introduire son pourvoi, la partie demanderesse en cassation devra, (…), déposer au greffe de la Cour supérieure de justice :
(…)
2o un mémoire signé par un avocat-avoué et signifié à la partie adverse, lequel précisera les dispositions attaquées de l’arrêt ou du jugement et les moyens de cassation et contiendra les conclusions dont l’adjudication sera demandée. La désignation des dispositions attaquées sera considérée comme faite à suffisance de droit lorsqu’elle résulte nécessairement de l’exposé des moyens ou des conclusions.
(…) »
32. La jurisprudence a spécifié le sens d’interprétation de cette disposition :
« Le mémoire déposé, par la partie demanderesse en cassation, au greffe de la Cour supérieure de justice doit préciser les moyens de cassation. Le pourvoi en cassation est une voie extraordinaire de recours. La Cour de cassation statue sur le moyen, mais rien que sur le moyen. La seule indication des textes dont la violation est invoquée ne constitue pas l’énoncé d’un moyen et la discussion qui développe le moyen ne peut suppléer à l’absence de formulation de moyen. » (Cass. 17 février 1994, Pasicrisie 30, p. 229).
« Répond à l’exigence de précision résultant de l’article 10 de la loi modifiée sur les pourvois et la procédure en cassation, un moyen de cassation dont les différentes branches précisent chacune quel cas d’ouverture est invoqué, quels textes de loi ont été violés, par quelles dispositions l’arrêt attaqué les a violés et en quoi ces violations consistent. » (Cass. 16 janvier 1997, Pasicrisie 30, p. 233). »
33. La doctrine précise, par ailleurs, ce qui suit (P. Kinsch, « La recevabilité du pourvoi en matière civile », Pasicrisie 30) :
« L’article 10 de la loi [du 18 février 1885] énumère les éléments que le mémoire comprendra obligatoirement :
(…)
2o les moyens en cassation, qui doivent être énoncés avec précision. On sait que dans l’appréciation de la précision du moyen, la Cour de cassation entend distinguer entre l’énoncé du moyen de cassation d’une part, et, d’autre part, « la discussion qui développe le moyen [et qui] ne peut suppléer à l’absence de formulation de moyen » (Cass. 17 février 1994, no 05/94 et 07/94 et de nombreux arrêts ultérieurs). Cette jurisprudence – dont l’application a, il est vrai, entraîné l’irrecevabilité d’un nombre important de pourvois – paraît avoir son utilité : on relèvera dans ce contexte le passage suivant du rapport de la Commission juridique de la Chambre des députés du 15 février 1989, sur le fondement duquel a été voté le texte définitif de la loi de réforme du 6 avril 1989 : « Certains praticiens auraient aimé voir appliquer à l’instance de cassation, la procédure de l’instance d’appel. C’est à bon droit, pourtant que ce souhait n’a pas été accueilli … La mission de la Cour de cassation, restreinte à l’application des règles de droit tant à la procédure qu’aux faits constatés par les juges du fond, rend désirables des règles de procédure dégageant avec un maximum de précision les griefs soulevés contre la décision attaquée » (Doc. parl. 2470, p. 1). (…) »
B. Les différents tracés retenus pour la construction de la route du Nord
1. La loi du 16 août 1967
34. La loi du 16 août 1967 « ayant pour objet la création d’une grande voirie de communication et d’un fonds des routes » (ci-après « la loi de 1967 ») prévoyait le projet initial de l’autoroute du Nord. L’article 1 disposait ce qui suit :
« Le Gouvernement est autorisé à établir une grande voirie de communication conformément au programme général énoncé à l’article 6 et aux plans à arrêter par le Grand-Duc aux termes de l’article 9. Les travaux de construction de cette voirie sont déclarés d’utilité publique. »
35. Dans la mesure où les terrains des requérants étaient situés à Bridel, c’est-à-dire entre Strassen et Mersch, la partie pertinente de l’article 6 de la loi de 1967 se lisait ainsi qu’il suit :
« Le programme général des travaux de grande voirie est le suivant, les noms des localités citées n’indiquant pas les localités proprement dites, mais les environs de celles-ci :
(…)
– [7ième tiret] une route reliant Strassen à Mersch, avec contournement des grandes localités et jonction aux routes principales. »
36. L’article 9 prévoyait en outre que :
« Les plans des parcelles et la liste des propriétaires à exproprier sont approuvés par règlement grand-ducal (…). »
37. L’article 8 était rédigé comme suit :
« L’Etat est autorisé à poursuivre l’acquisition et l’expropriation pour cause d’utilité publique des immeubles nécessaires à la construction et à l’aménagement de la voirie objet de la présente loi. »
38. La loi de 1967 contenait un Titre III, intitulé « Expropriation », qui disposait notamment ce qui suit :
Article 20
« Lorsqu’il est constaté par arrêté grand-ducal que la prise de possession immédiate d’un ou plusieurs immeubles est indispensable pour la réalisation des travaux visés à l’article 1er de la présente loi, l’expropriation de ces immeubles est poursuivie conformément aux règles ci-après. »
Article 22
« A défaut d’accord entre parties, l’expropriant dépose l’arrêté grand-ducal visé à l’article 20, le plan des parcelles et la liste des propriétaires à exproprier au greffe du tribunal d’arrondissement de la situation des biens, où les parties intéressées pourront en prendre communication sans frais jusqu’à la fixation définitive de l’indemnité. »
Article 37
« Pour autant qu’il n’en est autrement disposé par la présente loi, seront applicables les articles (…) 54 (…) de la loi du 17 décembre 1859 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique. »
2. La loi du 27 juillet 1997
39. La loi du 27 juillet 1997 « autorisant le Gouvernement à procéder à la construction d’une route reliant Luxembourg à Ettelbruck » a prévu un nouveau tracé de l’autoroute. Les terrains litigieux ne tombent plus dans l’emprise de cette route, l’article 9 de cette loi disposant que les dispositions du 7e tiret de l’article 6 de la loi de 1967 sont abrogées.

C. L’expropriation pour cause d’utilité publique
40. La loi du 17 décembre 1859 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique disposait ce qui suit :
Article 54
« Si les terrains acquis pour l’Etat pour travaux d’utilité publique ne reçoivent pas cette destination, un avis publié (…) fait connaître les terrains que le Gouvernement est dans le cas de revendre. Dans les trois mois de cette publication, les anciens propriétaires qui veulent réacquérir la propriété desdits terrains sont tenus de le déclarer, à peine de déchéance.
A défaut de publication de cet avis, les anciens propriétaires ou leurs ayants droit peuvent demander la remise desdits terrains ; et cette remise sera ordonnée en justice sur la déclaration du Gouvernement qu’ils ne sont plus destinés à servir aux travaux pour lesquels ils avaient été acquis.
Le prix des terrains à rétrocéder sera fixé par le tribunal de la situation, si mieux n’aime le propriétaire restituer le montant de l’indemnité qu’il a reçue. La fixation judiciaire du prix ne pourra en aucun cas excéder le montant de l’indemnité. »
41. L’article 51 de la loi du 15 mars 1979 sur l’expropriation pour cause d’utilité publique a repris, à quelques nuances rédactionnelles près, les dispositions de l’article 54 de la loi de 1859. Il énonce ce qui suit :
« Si les terrains acquis par l’expropriant pour travaux d’utilité publique ne reçoivent pas cette destination, un avis publié (…) fait connaître les terrains que l’expropriant est dans le cas de revendre. Dans les trois mois de cette publication, les anciens propriétaires qui veulent réacquérir la propriété desdits terrains sont tenus de la déclarer, à peine de déchéance.
A défaut de publication de cet avis, les anciens propriétaires ou leurs ayants droit peuvent demander la remise desdits terrains ; cette remise sera ordonnée en justice sur la déclaration de l’expropriant qu’ils ne sont plus destinés à servir aux travaux pour lesquels ils avaient été acquis.
Le prix des terrains à rétrocéder est fixé par le tribunal de la situation, à moins que le propriétaire ne préfère restituer le montant de l’indemnité qu’il a reçue. La fixation judiciaire ne peut en aucun cas excéder le montant de l’indemnité. (…) »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION, AU REGARD DU DROIT D’ACCÈS À UN TRIBUNAL ET DU RESPECT DU PRINCIPE D’ÉQUITÉ
42. Les requérants reprochent à la Cour de cassation d’avoir fait preuve d’un formalisme excessif pour déclarer leur pourvoi irrecevable. Ils mettent ainsi en cause l’équité de la procédure et allèguent un défaut d’accès au tribunal, ainsi que l’absence d’un recours effectif pour faire valoir leurs moyens. Ils invoquent les articles 6 et 13 de la Convention, dont les dispositions pertinentes se lisent ainsi qu’il suit :
Article 6
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
43. La Cour estime d’emblée que ces griefs doivent être examinés à la lumière de l’article 6 § 1 de la Convention (mutatis mutandis, Alliance Capital (Luxembourg) Sa c. Luxembourg, no 24720/03, § 3, 18 janvier 2007). Par ailleurs, elle rappelle que lorsque l’article 6 § 1 de la Convention trouve comme en l’espèce à s’appliquer, les exigences de cet article, qui impliquent toutes les différentes garanties propres du procès équitable, sont en principe plus strictes que celles de l’article 13 qui se trouvent absorbées par elles (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 146, CEDH 2000-XI).
A. Sur la recevabilité
44. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
45. Les requérants estiment avoir valablement soumis à la Cour de cassation leur grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 à l’encontre de l’arrêt de la cour d’appel, de sorte qu’il appartenait à la haute juridiction d’examiner celui-ci sur le fond. Or, en rejetant leur pourvoi pour cause d’un simple vice de forme des moyens de cassation, la Cour de cassation a fait preuve d’une « rigueur formaliste excessive ». Les requérants soulignent à cet égard que le fait que le Luxembourg ne connaisse pas le système des avocats aux Conseils spécialisés, qui ont le monopole de la représentation devant la Cour de cassation, rend les critères draconiens en matière de recevabilité, tels qu’appliqués par la haute juridiction luxembourgeoise, d’autant plus injustifiables.
46. Le Gouvernement expose qu’en l’espèce, la Cour de cassation a fait une application de sa jurisprudence traditionnelle, constante, et parfaitement accessible à l’avocat des requérants, selon laquelle elle statue uniquement sur le moyen de cassation. En effet, selon cette jurisprudence, la seule indication des textes dont la violation est invoquée ne constitue pas l’énoncé d’un moyen et la discussion qui développe le moyen ne peut suppléer à l’absence de formulation de moyen. Rappelant que les conditions de recevabilité d’un pourvoi en cassation peuvent être plus rigoureuses que pour un appel (Boulougouras c. Grèce, no 66294/01, § 23, 27 mai 2004 ; Mohr c. Luxembourg (déc.), no 29236/95, 20 avril 1999), le Gouvernement conclut que l’approche, par la haute juridiction luxembourgeoise, de la question de la recevabilité du pourvoi des requérants n’était pas d’un formalisme excessif.
2. Appréciation de la Cour
a) Principes généraux
47. La Cour rappelle sa jurisprudence constante selon laquelle elle n’a pas pour tâche de se substituer aux juridictions internes. C’est au premier chef aux autorités nationales, notamment aux cours et tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne (voir, parmi beaucoup d’autres, García Manibardo c. Espagne, no 38695/97, § 36, CEDH 2000-II). Par ailleurs, le « droit à un tribunal », dont le droit d’accès constitue un aspect particulier, n’est pas absolu et se prête à des limitations implicitement admises, notamment quant aux conditions de recevabilité d’un recours, car il appelle de par sa nature même une réglementation par l’Etat, lequel jouit à cet égard d’une certaine marge d’appréciation. Toutefois, ces limitations ne sauraient restreindre l’accès ouvert à un justiciable de manière ou à un point tels que son droit à un tribunal s’en trouve atteint dans sa substance même ; enfin, elles ne se concilient avec l’article 6 § 1 que si elles tendent à un but légitime et s’il existe un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé (voir, parmi beaucoup d’autres, Edificaciones March Gallego S.A. c. Espagne, arrêt du 19 février 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998-I, § 34). En effet, le droit d’accès à un tribunal se trouve atteint lorsque sa réglementation cesse de servir les buts de la sécurité juridique et de la bonne administration de la justice et constitue une sorte de barrière qui empêche le justiciable de voir la substance de son litige tranchée par la juridiction compétente.
48. La Cour rappelle en outre que l’article 6 de la Convention n’astreint pas les Etats contractants à créer des cours d’appel ou de cassation (voir, notamment, Delcourt c. Belgique, arrêt du 17 janvier 1970, série A no 11, pp. 13-15, §§ 25-26). Cependant, si de telles juridictions existent, les garanties de l’article 6 doivent être respectées, notamment en ce qu’il assure aux plaideurs un droit effectif d’accès aux tribunaux pour les décisions relatives à leurs « droits et obligations de caractère civil » (voir, parmi d’autres, Brualla Gómez de la Torre c. Espagne, arrêt du 19 décembre 1997, Recueil 1997-VIII, p. 2956, § 37). En outre, la compatibilité des limitations prévues par le droit interne avec le droit d’accès à un tribunal reconnu par l’article 6 § 1 de la Convention dépend des particularités de la procédure en cause et il faut prendre en compte l’ensemble du procès mené dans l’ordre juridique interne et le rôle qu’y a joué la Cour suprême, les conditions de recevabilité d’un pourvoi en cassation pouvant être plus rigoureuses que pour un appel (Khalfaoui c. France, no 34791/97, CEDH 1999-IX).
49. La Cour rappelle enfin que la réglementation relative aux formalités pour former un recours vise à assurer la bonne administration de la justice et le respect, en particulier, du principe de la sécurité juridique. Les intéressés doivent pouvoir s’attendre à ce que les règles soient appliquées (Miragall Escolano et autres c. Espagne, nos 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 et 41509/98, § 33, CEDH 2000-I).
50. A ce jour, la Cour a conclu à plusieurs reprises que l’application par les juridictions internes de formalités à respecter pour former un recours est susceptible de violer le droit d’accès à un tribunal. Il en est ainsi, quand l’interprétation par trop formaliste de la légalité ordinaire faite par une juridiction empêche, de fait, l’examen au fond du recours exercé par l’intéressé (Běleš et autres c. République tchèque, no 47273/99, § 69, CEDH 2002-IX ; Zvolský et Zvolská c. République tchèque, no 46129/99, § 55, CEDH 2002-IX). Cela étant, la Cour a déjà admis que les conditions de recevabilité d’un pourvoi en cassation pouvaient être plus rigoureuses que pour un appel (Běleš et autres, précité, § 62).
b) Application en l’espèce des principes susmentionnés
51. Dans le cas d’espèce, la tâche de la Cour consiste à examiner si le motif du rejet du pourvoi en cassation par la Cour de cassation a privé les requérants de leur droit de voir examiné le moyen présenté dans leur pourvoi. Pour ce faire, la Cour se penchera sur la proportionnalité de la limitation imposée par rapport aux exigences de la sécurité juridique et de la bonne administration de la justice.
52. Tout d’abord, la Cour constate que la règle appliquée par la Cour de cassation pour se prononcer sur le caractère recevable du pourvoi en cause est une construction jurisprudentielle. En effet, l’article 10 de la loi du 18 février 1885 se borne à prévoir que, pour introduire un pourvoi en cassation, l’intéressé doit déposer au greffe de la Cour de cassation « un mémoire (…) lequel précisera les dispositions attaquées de l’arrêt ou du jugement et les moyens de cassation et contiendra les conclusions dont l’adjudication sera demandée ». C’est la haute juridiction qui a introduit la distinction entre l’énoncé du moyen de cassation, d’une part, et « la discussion qui développe le moyen [et qui] ne peut suppléer à l’absence de formulation de moyen », d’autre part.
53. La Cour estime que la limitation imposée par cette règle jurisprudentielle tend à un but légitime. En effet, la précision exigée dans la formulation des moyens de cassation a clairement pour objectif de permettre à la Cour de cassation d’exercer son contrôle en droit.
54. Reste à savoir si cette exigence de précision dans la formulation des moyens de cassation répond à la condition de la proportionnalité entre les moyens employés et le but visé. La Cour examinera donc de quelle manière les requérants présentèrent leur grief à la Cour de cassation, d’une part, et pour quelles raisons leur pourvoi fut rejeté, d’autre part

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