Conclusione Violazione dell’art. 6; non-violazione di P1-1; Parzialmente inammissibile; Danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento; Rimborso oneri e spese
PRIMA SEZIONE
CAUSA KEMP ED ALTRI C. LUSSEMBURGO
( Richiesta no 17140/05)
SENTENZA
STRASBURGO
24 aprile 2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Kemp ed altri c. Lussemburgo,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Christos Rozakis, presidente, Nina Vajić, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e di Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 27 marzo 2008,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17140/05) diretta contro il Granducato del Lussemburgo e in cui 4 cittadini di questo Stato, il Sig. P. K. e sua moglie la Sig.ra G. B., così come le Sig.re E. e P. B. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 9 maggio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da E. D., avvocato in Lussemburgo. Il governo del Lussemburgo (“il Governo”) è rappresentato dal suo consigliere, N. Decker, avvocato in Lussemburgo.
3. Invocando in particolare l’articolo 6 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo addizionale, i richiedenti adducevano in particolare di essere stati privati del diritto di accesso ad un tribunale e di avere subito un attentato ingiustificato al loro diritto di proprietà.
4. Il 29 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1931, 1937, 1941 e 1949 e risiedono rispettivamente a Schifflange e Bridel (Lussemburgo).
6. I genitori dei tre richiesti, e suoceri del primo richiedente, il Sig. e la Sig.ra B., erano proprietari di terreni di 17,31 are, situati “Op der Puah” a Bridel ed iscritti al catasto del comune di Kopstal. Questi terreni furono oggetto del seguente procedimento a livello nazionale, che i richiedenti hanno intrapreso in seguito all’eredità di cui hanno beneficiato.
7. I terreni erano stati oggetto di una lottizzazione approvata dal ministro degli Interni il 10 ottobre 1966. Erano stati suddivisi in tre lotti, progettando i genitori dei richiedenti di costruire tre case.
8. Con una lettera del 18 aprile 1967 del ministro degli Interni, il borgomastro del comune di Kopstal fu informato che il tracciato di un’autostrada doveva interessare suddetta lottizzazione. Il ministro scrisse difatti ciò che segue:
“In risposta alla vostra lettera del 3 marzo 1967 nella quale mi chiedete delle delucidazioni a proposito di un’autostrada che deve costeggiare il quartiere Bridel, ho l’onore di informarvi che risulta dalle informazioni ottenute dall’amministrazione per ponti e carreggiate che infatti il tracciato della nuova via di circolazione toccherà la lottizzazione che avevo approvato il 10.10.1966.
In ottobre, il ministro dei lavori pubblici mi aveva garantito che la sua amministrazione non si sarebbe opposta alla realizzazione del progetto. Ora, in seguito sono stati fatti nuovi studi e si è rivelato che il tracciato doveva essere spostato.
I vostri amministrati erano in diritto di iniziare dei lavori volti alla realizzazione del progetto così che si dovrà tenere conto degli oneri impegnati quando lo stato farà l’acquisizione dei fondi in questione.
Il Signor sotto direttore [dell’amministrazione dei ponti e carreggiate] mi ha fatto sapere che si sarebbe messo seguito in contatto con voi e che avrebbe trasmesso la pratica alla commissione di acquisizione. “
9. Con una legge del 16 agosto 1967 “avente per oggetto la creazione di una grande rete viaria di comunicazione e di un fondo delle strade” (qui di seguito “la legge del 1967”), il Governo fu autorizzato a costruire l’autostrada del Nord. Nella misura in cui questa legge includeva nel programma generale dei lavori di grande reti viarie una strada che collegava Strassen a Mersch, il comune nella quale erano localizzati i terreni controversi si trovava sul tracciato di suddetta autostrada.
10. Il 13 giugno 1968, il borgomastro di Kopstal scrisse ai proprietari riguardati una lettera in questo senso:
“Ho l’onore di informarvi che l’amministrazione dei ponti e carreggiate ci ha appena indirizzato la pratica coi piani definitivi dell’autostrada che deve passare da Bridel.
Ecco perché, ho deciso di convocare tutti i proprietari di case e di terreni edificabili riguardati direttamente da questo progetto.
La riunione avrà luogo sabato prossimo, 15 giugno 1968,
Sarei contento di incontrarvi per informarvi del problema e per apprendere i vostri eventuali suggerimenti. “
11. In una lettera del 10 giugno 1969, il borgomastro del comune di Kopstal si rivolse al ministro dei Lavori pubblici nei seguenti termini:
Sig. Ministro,
Mi permetto di ritornare sul nostro incontro di due settimane fa nel vostro studio per parlarvi una volta di più della lottizzazione detta “Op der Puah.”
A rischio di ripetermi, non ignorate certamente che il procedimento amministrativo di suddetta lottizzazione è stato concluso così che i terreni in questione, dopo completamento del collocamento in posto delle attrezzature tecniche come: vie, marciapiedi, canalizzazione e condutture di acqua, sono diventati terreni edificabili.
Dovendo l’autostrada in questione passare di là, i terreni “Op der Puah” sono stati decretati “non aedificandi” in seguito, dal Ministero dell’interno di allora, (…).
Un incontro nel Comune di Kopstal programmato nel luglio 1968 dal Comune di Kopstal con M. [M], Presidente della Commissione di acquisizione, Sig. [H], vicedirettore dei Ponti e Carreggiate con alcuni dei suoi ingegneri, ed i proprietari, giungeva alla conclusione ammessa unanimemente che i terreni toccati dall’autostrada sarebbero stati acquisiti dallo stato in un termine prossimo. Essendo passato un anno da allora senza che niente sia successo in questo senso, la pazienza dei proprietari è allo stremo e le domande di costruzione arrivano.
Ho ricevuto, qualche giorno fa, una domanda dall’imprenditore [P], per la costruzione di tre case per un stesso proprietario. Siccome il tracciato dell’autostrada deve passare proprio attraverso i tre terreni, mi vedo collocato in una brutta posizione.
Come mi vi avete promesso, Sig. Ministro, tenterete di trovare una soluzione equa al problema fino alla fine di giugno 1969. Ho informato in questo senso [P] l’imprenditore, così come il Sig. B., il proprietario dei 3 terreni, ed io terrò in sospeso la richiesta di costruzione fino alla vostra decisione alla fine di questo mese.
Il Signore N. B. vuole pazientare ancora fino al 30.1.1969, un’ultima volta. Passato questo termine, dice volere passare oltre ad ogni raccomandazione o intimidazione: secondo le sue parole, comincerà a costruire, costi quel che costi. Dopo tutto, si può comprenderlo, perché nel suo caso si tratta di terreni di una capienza di 17,31 are di un valore minimo di 1 200 000 franchi che non vuole e non può lasciare improduttivi.
Vi chiedo, Sig. Ministro, di volere cortesemente prendere la vostra decisione nel termine che mi avete indicato per aiutare il Comune di Kopstal ad uscire da un vicolo cieco proprio faticoso. (…) “
12. Il 22 luglio 1969, il borgomastro del comune di Kopstal annunciò ai proprietari i seguenti elementi:
“In risposta alla vostra domanda di costruire [tre case] sui terreni “B.”, Op der Puah a Bridel, ho l’onore di portare alla vostra cognizione il seguito che [il ministro dei lavori pubblici] ha dato alla nostra lettera indirizzatagli il 10 giugno 1969.
Nella sua lettera del 7.7.1969, il ministro dei lavori pubblici informa che al Consiglio di Governo del 4 e 5 luglio 1969, ha deciso di incaricare il comitato di acquisizione delle trattative in vista dell’acquisizione delle influenze necessarie alla costruzione dell’autostrada del Nord a Bridel.
L’uomo di fiducia per conto dell’amministrazione dei ponti e carreggiate è il Signore [E.]. In vista di affrettare le trattative, vi consiglio di contattare direttamente il Signore [E.].
Un’autorizzazione a costruire non vi sarà accordata dunque. (…) “
13. Il 15 settembre 1969, il presidente del comitato di acquisizione si rivolse ai genitori dei richiedenti nei seguenti termini:
Il “vostro terreno situato a Bridel nella località detta “[Op der] Puah” sotto il numero catastale 843/2312 cade sotto l’influenza della nuova via del Nord. Lo stato è disposto ad acquistare da ora questo terreno, ed il comitato di acquisizione, incaricato di occuparsi delle condizioni di acquisto, amerebbe intrattenersi con voi a questo motivo.
Vi prego a questo effetto di prendere parte ad una riunione che avrà luogo mercoledì 1 ottobre alle 17 nel municipio di Kopstal. “
14. Con atti di vendita del 22 e 24 gennaio 1970, conclusi in un ufficio dell’amministrazione dei terreni, lo stato acquistò i terreni controversi al prezzo di 1 038 600 franchi del Lussemburgo (LUF), o 25 746 euro (EUR). Gli atti di vendita diventarono definitivi in seguito alla loro approvazione da parte dei ministri delle Finanze e dei Lavori pubblici rispettivamente il 5 e 11 febbraio 1970.
15. Tuttavia, si rivelò in seguito che l’autostrada non doveva essere costruita secondo il piano inizialmente stabilito.
16. Così, i richiedenti indirizzarono al ministro dei Lavori pubblici una domanda di restituzione dei terreni ceduti allo stato il 23 luglio 1992.
17. Il 10 novembre 1992, il Primo ministro informò i richiedenti del fatto che la loro richiesta era stata trasmessa per avviso all’amministrazione dei ponti e carreggiate e che tale avviso non gli era ancora giunto. Aggiunse ciò che segue:
“In principio, se l’amministrazione dei ponti e carreggiate stima che i terreni non sono più necessari alla costruzione di una strada, niente si oppone al fatto che siano restituiti ai vecchi proprietari. ”
18. Il 27 gennaio 1994, il ministro dei Lavori pubblici si rivolse all’avvocato che assisteva i richiedenti all’epoca, nei seguenti termini,:
“In seguito alla vostra richiesta del 23 luglio 1992, sono spiacente di informarvi che non mi è possibile accogliere la richiesta dei vostri clienti dal momento che la legge sui fondi delle strade è stata modificata. (…) Appena la situazione giuridica sarà regolarizzata sarò pronto a riconsiderare la mia decisione. “
19. Con una legge del 27 luglio 1997, il Governo fu autorizzato a procedere alla costruzione della nuova variante dell’autostrada del Nord. I terreni dei richiedenti non ricadevano più sotto l’influenza di questa nuova strada.
20. Questi ultimi, basandosi su questa nuova situazione, reiterarono la loro domanda di restituzione dei terreni in data 21 ottobre 1997 e 4 febbraio 1998.
21. Il 10 aprile 1998, il ministro dei Lavori pubblici oppose il suo rifiuto alla domanda, per i seguenti motivi,:
“(…) non sono pronto a restituire i terreni in questione che sono stati acquistati in modo amichevole dallo stato al di fuori di ogni procedimento di espropriazione.
Dopo esame approfondito difatti mi sono potuto rendere conto che l’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica (che abroga la vecchia legge del 17 dicembre 1859) non si applica.
Affinché l’articolo 51 precitato possa entrare in gioco bisogna essere in un procedimento di espropriazione.
Oro questo non è il caso poiché nel contesto di questa [legge del 1967] la formalità contemplata all’articolo 9 è determinante.
Questo articolo contempla che un ordinamento gran-ducale approvi i piani degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare.
Nessuno ordinamento gran-ducale essendo stato preso per prelevare dei terreni ubicati a Bridel bisogna concludere che l’acquisizione dei terreni [controversi] si sia fatta a prescindere delle disposizioni della legge del 1967. “
A. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni amministrative
22. Il 5 giugno 1998, i richiedenti introdussero un ricorso in annullamento contro gli atti di vendita del 22 e 24 gennaio 1970, così come contro la decisione ministeriale di rifiuto di restituzione del 10 aprile 1998. Insisterono in particolare sul fatto che era indubitabile, e del resto non contestato, che l’acquisizione dei terreni controversi era stata fatta dallo stato a causa di utilità pubblica, in esecuzione della legge del 1967. Giudicarono inammissibile che lo stato, ignorando la massima nemo auditur propriam turpitudinem allegans, si basasse sull’inosservanza di un testo legale formale per sottrarsi al suo obbligo di restituzione.
23. Con un giudizio del 1 marzo 1999, il tribunale amministrativo si dichiarò incompetente per conoscere del ricorso in annullamento contro gli atti di vendita conclusi nel 1970, precisando ciò che segue,:
“(…) decide di constatare ad ogni modo che i due atti di vendita in questione sono stati preparati sotto la forma amministrativa ;
(…) le due vendite globalmente analizzate riguardano il trasferimento dei diritti di proprietà [dei richiedenti] sui terreni controversi a profitto dello stato, così che l’annullamento chiesto dalle vendite in questione tendente a vedere rientrare nel loro patrimonio [dei richiedenti] (…) i diritti di proprietà in questione, ha per oggetto dei diritti civili e il ricorso dipende quindi nel suo ordine principale dalla competenza esclusiva delle giurisdizioni dell’ordine giudiziale “
In compenso, il tribunale dichiarò ammissibile e fondato il ricorso in annullamento contro la decisione ministeriale del 10 aprile 1998, per i seguenti motivi,:
“(…) l’articolo 8 [della legge del 1967] contempla espressamente la possibilità dell’acquisizione [da parte dello stato dei terreni necessari alla costruzione dell’autostrada] prima di ogni procedimento di espropriazione propriamente detto;
(…) lo scopo confessato dal legislatore dell’epoca era di costituire nel capo dello stato un mezzo flessibile ed efficace in vista dell’acquisizione dei terreni necessari alla realizzazione della grande rete viaria progettata dalla legge del 1967 in questione nella misura dell’utilità pubblica così delimitata per il fatto che “l’influenza del terreno indispensabile deve potersi fare velocemente, tanto più che questa influenza deve essere definitiva e deve sottrarre come tale ai rischi dei procedimenti giudiziali. È inconcepibile difatti che in un momento qualsiasi o in un luogo qualsiasi, l’esecuzione di lavori di rete viaria di questa portata possa essere messa in questione o addirittura arrestata dalle richieste di procedimento” (cf. doc. parl. 1209 esposizione dei motivi, pagina 4);”
Dopo avere analizzato la cronostoria, la portata e la notificazione della legislazione in questione, i giudici conclusero ciò che segue:
“(…) l’azione in restituzione prevista dall’articolo 51 della legge modificata del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica resta aperta nel suo principio nell’ipotesi dell’acquisizione di terreni acquisiti dallo stato per lavori di utilità pubblica che non ricevono più questa destinazione, all’infuori di un procedimento per espropriazione a causa di utilità pubblica scatenato, dal momento che l’acquisizione è intervenuta nella cornice delle previsioni dell’articolo 8 della legge modificata del 16 agosto 1967. (…) “
24. Su richiesta del ministero dei Lavori pubblici, la corte amministrativa rese una sentenza il 13 gennaio 2000. Dichiarò la giurisdizione amministrativa incompetente per conoscere del ricorso in annullamento contro la decisione ministeriale del 10 aprile 1998, pure precisando che i richiedenti potevano chiedere la rimessa dei terreni dinnanzi ai tribunali civili. Decise difatti ciò che segue:
“(…) Considerando che è manifesto per la legge del 27 luglio 1997 che i terreni acquisiti non ricevono la destinazione originariamente prevista e che dall’altro lato lo stato non ha fatto sapere che “è nella situazione di rivenderli” ma che al contrario, la lettera del 10 aprile 1998 documenta l’intenzione dello stato di restare proprietario dei terreni venduti e di rifiutare la restituzione;
Considerando che questa lettera potrebbe non potrebbe essere analizzata come una decisione amministrativa allorché, collocandosi –anche lei in seguito ad un procedimento di espropriazione propriamente detta, quod no, costituisce la manifestazione della volontà dello stato su una richiesta patrimoniale che dipende dal diritto di proprietà, dunque di un diritto di natura essenzialmente civile; che peraltro, è ammesso come derivante dal secondo capoverso dell’articolo 51 [della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica] che anche in mancanza di pubblicazione del parere di rivendita, dunque dell’intenzione manifestata implicitamente di restare proprietario degli immobili acquisiti, in modo amichevole o forzato, i vecchi proprietari possono chiedere la rimessa dei terreni in giustizia, all’occorrenza dinnanzi ai tribunali civili; (…) “
Per il surplus, la corte amministrativa confermò il giudizio del 1 marzo 1999.
B. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili
25. Il 1 marzo 2000, i richiedenti investirono la giurisdizione civile ai fini di vedersi trasferire la proprietà dei terreni acquisiti dallo stato nel 1970, almeno di vedere pronunciare la restituzione dei terreni in scambio della restituzione a carico loro dell’indennità che avevano percepito nel 1970.
26. Nella misura in cui non risultava dagli atti di procedimento che i richiedenti avevano proceduto ad una formalità richiesta dalla legge, il tribunale di distretto del Lussemburgo pronunciò, il 25 giugno 2001, la revoca dell’ordinanza di chiusura del 12 febbraio 2001.
27. Dopo una regolarizzazione del procedimento da parte dei richiedenti, il tribunale rese il suo giudizio in data 18 marzo 2002. Dichiarò la domanda ammissibile e condannò lo stato a rimettere i terreni acquisiti tramite atti amministrativi del 22 e 24 gennaio 1970 in scambio della restituzione da parte dei richiedenti ai richiedenti allo stato di una somma di 25 746 EUR. I giudici precisarono che il giudizio non era esecutivo per provvedimento. I brani pertinenti alla motivazione della decisione si leggono come segue:
“(…) [Lo stato sostiene che] i terreni sono stati acquisiti [dei genitori dei richiedenti] all’infuori di un procedimento di espropriazione e prima che i lavori dell’ autostrada fossero stati dichiarati di utilità pubblica con un ordinamento gran-ducale.
L’affermazione dello stato che “i terreni sono stati acquisiti semplicemente per essere tenuti in riserva, in vista della realizzazione della Strada del Nord o, dopo l’abbandono di questo ultimo progetto da parte dello stato, a ogni altro fine” corrisponde forse alla concezione della politica di acquisizione, e dunque ai moventi dello stato, ma è smentita completamente dai motivi dell’acquisizione che lo stato ha indicato tanto di fronte alle autorità comunali che di fronte ai proprietari riguardati.
Difatti nella sua corrispondenza del 18 aprile 1967, il ministro dell’interno ha partecipato al cambiamento del tracciato dell’autostrada e ha informato che i terreni, situati nella lottizzazione approvata, era toccati dal progetto di autostrada.
Perciò, i proprietari non hanno continuato la realizzazione dei loro progetti di costruzione.
Il 15 settembre 1969, il presidente del comitato di acquisizione ha fatto sapere al Sig. B. che il suo terreno era incluso nell’influenza della nuova strada del Nord.
Il 22 luglio 1969, il borgomastro del comune ha negato l’autorizzazione di costruire al motivo che il consiglio di governo aveva incaricato il comitato di acquisizione di intavolare le trattative in vista dell’acquisizione “delle influenze necessarie alla costruzione dell’autostrada del Nord.”
È stabilito dunque che l’acquisizione dei terreni il 22 e 24 gennaio 1970 è stata fatta dallo stato in vista della costruzione dell’autostrada del Nord che, seguendo il progetto dell’epoca, doveva passare al Bridel.
È stabilito anche che al momento degli atti di acquisizione, nessuno ordinamento gran-ducale aveva approvato il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare.
È stabilito però che lo stato ha agito al riguardo [dei genitori dei richiedenti] affermando che i loro terreni erano necessari alla costruzione di un’autostrada decisa. [I genitori dei richiedenti] hanno potuto ammettere quindi legittimamente che lo stato era impegnato in un procedimento che, al termine, avrebbe potuto condurre alla loro espropriazione, dato che i lavori dell’ autostrada erano stati dichiarati di utilità pubblica e che i proprietari che non cedevano volontariamente la loro proprietà venivano espropriati.
Non è stabilito da nessuno elemento della pratica che lo stato ha agito a fini differenti da quelli indicati, ossia la costruzione dell’autostrada del Nord.
È provato dunque che i terreni sono stati acquisiti [dei genitori dei richiedenti], non per costituire un parco immobiliare dello stato, ma allo scopo preciso di lavori di utilità pubblica costituito dalla costruzione dell’autostrada del Nord.
Lo stato avendo agito in vista della realizzazione di un lavoro di utilità pubblica, ed avendo senza nessuna ambiguità e senza la minima riserva fatto sapere ai proprietari che il loro terreno era riguardato dalla costruzione di questo lavoro, l’acquisizione non può essere considerata come semplice acquisizione immobiliare fatta all’infuori di ogni contesto e senza legame con un progetto preciso. I terreni sono stati acquisiti nella cornice di questa [legge del 1967] che contempla nel programma generale dei lavori di una grande rete viaria, che prevedeva nel suo articolo 6, la realizzazione di una “strada che collegava Strassen a Mersch, per aggirare le grandi località e per congiungere le strade principali” e che dispone nel suo articolo 1 che i lavori di costruzione della grande rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica.
Se l’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica riguarda i terreni acquisiti dall’espropriante e non quelli acquisiti dallo stato, i comuni, le instaurazioni pubbliche o, all’occorrenza, gli individui in favore dei quali il procedimento di acquisizione è seguito, l’utilizzazione del termine che “espropria” non modifica il senso delle disposizioni riprese dalla legge del 1859.
Scaturisce dai lavori di elaborazione della legge che il termine “espropriante” riguarda difatti lo stato, i comuni, le instaurazioni pubbliche e, all’occorrenza, gli individui che hanno acquisito i beni controversi
L’articolo 54 della legge del 1859 avendo conferito il diritto di restituzione per i beni acquisiti dallo stato, a prescindere da un’espropriazione formale nel senso stretto il termine, l’articolo 51 il cui solo campo di applicazione personale è stato esteso rispetto alla legge del 1859, ma il cui senso stesso non è stato modificato, contempla un diritto di restituzione per i beni che lo stato, il comune, l’instaurazione pubblica o di utilità pubblica hanno acquisito su base di un accordo con atti amministrativi o tramite di espropriazione.
Essendo lo scopo della legge sull’espropriazione di permettere la realizzazione di lavori di utilità pubblica e l’acquisizione dei beni che appartengono a terzi, pure proteggendo i diritti di questi proprietari, il legislatore ha contemplato un procedimento formalista che può condurre, in mancanza di accordo coi proprietari, al trasferimento costretto della proprietà.
La legge considera il principio di un giusto indennizzo ed impone l’obbligo di utilizzare i beni acquisiti per i lavori di utilità pubblica che hanno giustificato il trasferimento di proprietario, volontario o forzato, nella misura in cui, a titolo di garanzia dell’utilizzazione per i lavori previsti, è contemplato l’obbligo di restituire ai proprietari che lo desiderano i beni che non sono più destinati a servire ai lavori per cui sono stati acquisiti.
I proprietari che hanno consentito alla cessione dei loro beni che lo stato acquisisce in vista di lavori di utilità pubblica fin da prima che il procedimento di espropriazione giudiziale sia cominciato e fin da prima che il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare sia approvato da ordinamento gran-ducale in applicazione dell’articolo 9 di lei [legge del 1967], beneficiano del diritto di restituzione allo stesso titolo che i proprietari espropriati o quelli che hanno consentito alla vendita dopo la pubblicazione dell’ordinamento gran-ducale mirato all’articolo 9.
Lo stato ha acquisito i terreni [dei genitori dei richiedenti] con atti amministrativi in vista dei lavori di costruzione dell’autostrada del Nord che va da Strassen a Mersch, lavori di utilità pubblica. Risulta dai documenti versati in causa e dalle conclusioni dello stato che i terreni non sono più destinati alla costruzione dell’autostrada del Nord che va di Strassen a Mersch, come contemplato inizialmente all’articolo 6 di questa [legge del 1967].
I beni acquisiti dallo stato con atti del 22 e 24 gennaio 1970 non essendo più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti, lo stato è tenuto a restituirli [ai richiedenti]. (…) “
28. Il 31 maggio e 4 giugno 2002, lo stato interpose appello. In una sentenza del 5 novembre 2003, la corte di appello riformò il giudizio del 18 marzo 2002. I giudici difatti respinsero tra l’altro la domanda dei richiedenti per i seguenti motivi:
“(…) È stabilito in causa coi documenti prodotti in causa e è esaminato dai primi giudici, esame al quale questa [corte di appello] aderisce, che l’acquisizione dei terreni controversi è stata operata in vista della costruzione della strada del Nord. Questa[corte di appello] si riferisce a questo riguardo in particolare alla lettera del 15 settembre 1969 del presidente del comitato di acquisizione che fa valere che i terreni ricadrebbero sotto l’influenza della nuova via del Nord e che lo stato sarebbe disposto ad acquistare da ora i terreni.
Gli atti di vendita conclusi all’ inizio del 1970 non fanno riferimento alla legge del 1967, né ad un qualsiasi scopo di utilità pubblica. (…)
La legge [del 1967] contemplava nel suo articolo 6 punto 7 una strada che collegava Strassen a Mersch, con aggiramento delle grandi località e congiunzione alle strade principali. È questo tracciato che doveva passare dai terreni degli intimati. Secondo l’articolo 4 della legge, nessuno può stabilire delle installazioni e delle costruzioni sul campo della rete viaria che doveva stabilirsi conformemente all’articolo 9 capoversi 2 e 3 ossia sulla base di piani di lottizzazione da approvare con ordinamento gran-ducale.
È manifesto in causa che nessuno ordinamento sia intervenuto a proposito del tracciato della strada del Nord.
L’articolo 8 autorizza lo stato ad inseguire l’acquisizione e l’espropriazione a causa di utilità pubblica degli immobili necessari alla costruzione ed alla pianificazione della rete viaria, oggetto della legge.
Scaturisce dai lavori preparatori alla legge (no 1209) il parere del consiglio di stato p.6 che “per la costruzione della grande rete viaria di comunicazione, lo stato dovrà prendere possesso di circa 300 ettari di terreni privati e, in mancanza di arrivare ad un accordo amichevole coi proprietari, sarà obbligato a ricorrere all’espropriazione a causa di utilità pubblica. In vista di evitare che l’esecuzione dei lavori di rete viaria di una tale portata non sia ritardata oltremodo dal procedimento giudiziale, è indispensabile mettere a disposizione del Governo un procedimento di espropriazione particolare, più flessibile e più sbrigativo, come quello della legge belga del 26 luglio 1962.” “In vista di accelerare il procedimento di espropriazione, il Consiglio di stato si è dichiarato d’ accordo con l’iscrizione nella legge della dichiarazione di utilità pubblica” (cf). p.7.
Segue dalla disposizione dell’articolo 8 della legge [del 1967], corroborata da questa analisi del Consiglio di stato, che il legislatore ha offerto allo stato due procedimenti di acquisizione: l’acquisizione amichevole di diritto comune, dunque l’acquisto in via amichevole, e l’espropriazione.
Perciò la legge tratta specialmente nel suo Capitolo III dell’espropriazione contemplando questo modo di acquisizione quando viene constatato da ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o di parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori. È nella cornice di questo titolo III che la legge ha reso applicabile l’articolo 54 della legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica che contempla la re-acquisizione e la restituzione.
Risulta ancora dagli articoli 20 e seguenti di [la legge del 1967] che quando è constatato da ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o di parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori previsti, l’espropriazione di questi immobili è perseguita.
Nonostante questa ordinanza, lo stato mantiene tuttavia, conformemente all’articolo 22, la facoltà di trovare un accordo col proprietario. Una vendita intervenuta in via amichevole in seguito ad un accordo trovato nella cornice dell’espropriazione e dopo presa dell’ordinanza gran-ducale che constata la necessità di una presa di possesso immediato, potrà beneficiare della restituzione.
Ora, la vendita di cui è investita la Corte non ricade sotto questa alternativa per essere stata conclusa al di fuori della cornice di un’espropriazione e al di fuori della necessità di una presa di possesso immediato. L’articolo 37 che rende applicabile l’articolo 54 della legge del 17 dicembre 1859, rispettivamente l’articolo 51 del 15 marzo 1979 sull’espropriazione, non potrebbe applicarsi dunque.
Il diritto di restituzione è una prerogativa derogatoria di diritto comune istituito dal legislatore nella cornice dell’espropriazione a causa di utilità pubblica e limitato a questa cornice e non si potrebbe concepire nella cornice di una vendita di diritto comune che è di essenza irrevocabile.
Si aggiunge che risulta dall’insieme dei lavori preparatori tramite l’impiego di termini “come la grande rete viaria di comunicazione è progettata attualmente” (cf. parere del Consiglio di stato) che all’epoca dell’adozione della legge [del 1967] il tracciato non era definitivo. A questo riguardo conviene citare in particolare il rapporto della commissione speciale che dice: “È considerato formalmente dalla Commissione che la presente legge non arresta e non fissa fin da ora i tracciati della rete viaria da creare. Si procederà a questa determinazione con ordinamento gran-ducale come è contemplato all’articolo 9. Il progetto contempla una nuova via verso nord fino a Mersch. A causa degli oneri enormi ai quali bisognerà fare già a fronte per realizzare il programma come è sentenziato finora, questo ultimo non si è potuto spingere più lontano. Certi problemi restano aperti ed apparterrà alle leggi ulteriori di approfittare delle possibilità riservate e di fare continuare in particolare la nuova via in direzione verso nord di Ettelbruck. “
Inoltre, né l’ordinamento gran-ducale previsto all’articolo 9, né soprattutto, ed a maggior ragione, quello previsto all’articolo 20 non era stato preso al momento della vendita.
Non è contestato tuttavia che il Consiglio del Governo aveva all’epoca delle sue sedute del 4 e 5 luglio 1969 deciso di incaricare il comitato di acquisizioni di intraprendere delle trattative in vista dell’acquisizione delle influenze necessarie e che il comitato di acquisizione aveva convocato il 15 settembre 1969 a questo fine i proprietari riguardati ad una riunione. È in seguito a questa riunione che le vendite hanno avuto luogo.
Ora, se è vero che l’articolo 1 della legge del 16 agosto 1967 aveva autorizzato il governo a stabilire una grande rete viaria di comunicazione conformemente al piano generale enunciato all’articolo 6 ed ai piani da sentenziare da parte del Granduca ai termini dell’articolo 9 e che i lavori di questa rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica, non ne resta meno, come è stato dimostrato dagli sviluppi che precedono, che il tracciato della strada del Nord era al momento della vendita in stato di puro progetto e che i piani definitivi non erano stabiliti così che l’utilità pubblica dei lavori di costruzione non era ancora data e che i terreni non hanno potuti essere acquisiti per uno scopo di utilità pubblica.
Essi [richiesti] non potrebbero dunque neanche basarsi sul carattere di utilità pubblica dei lavori per fare arrivare la loro richiesta in restituzione.
L’argomentazione sussidiaria che consiste nell’ invocare l’abuso di diritto e la malafede dello stato, di natura tale da fare arrivare all’occorrenza un’azione in danno-interessi, non potrebbe giustificare l’azione in restituzione di cui è stata investita [la corte di appello] così che non c’è luogo a supportare la motivazione su questo punto.
Visto la decisione ad intervenire, la richiesta di essi [richiesti] in concessione di un’indennità di procedimento è da respingere. “
29. Il 9 aprile 2004, i richiedenti ricorsero in cassazione contro questa sentenza. Si lamentarono, tra l’altro, di essere vittime, a titolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, di spodestamento illegittimo in seguito al rifiuto che fu opposto loro alla loro domanda di restituzione dei terreni controversi. Le parti pertinenti della loro memoria in cassazione sono redatte nei seguenti termini:
“Essi [richiesti] ricorrono con la presente in cassazione contro una sentenza contraddittoriamente resa tra parti in data del 5 novembre 2003 dalla corte di appello, 1 camera, (…).
Disposizioni attaccate
La sentenza è attaccata in quanto:
“dice [l’appello] fondato;
RIFORMANDO:
Respingi la domanda introduttiva di istanza; (…) “
Interesse ad agire
La decisione attaccata causa torti e lagnanze ai richiedenti in cassazione per il fatto che lede gravemente i loro interessi patrimoniali.
Fatti e atti antecedenti
(…)
Mezzi di cassazione
derivati dalla violazione
1) degli articoli 8 della legge [del 1967];
(…)
2.2) dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo; (…)
A. in quanto alla violazione dell’articolo 8 della legge [del 1967]
(…)
C. in quanto alla violazione dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo
(…)
Le lagnanze che seguiranno scaturiscono dalla lettura della sentenza attaccata. Sono inoltre di ordine pubblico e possono essere invocate in ogni stato del procedimento, dunque per la prima volta in cassazione.
Fin dall’entrata in vigore della legge [del 1967], c’è stata privazione dei cittadini riguardati della loro proprietà con espropriazione di fatto a causa di utilità pubblica operata dalla legge, i terreni alla partenza edificabile essendo diventati non solo inedificabili ma anche privati di accesso.
Così inizialmente l’espropriazione di fatto era giustificata da una causa precisa di utilità pubblica, non è più così a partire dal momento in cui la realizzazione dei lavori di utilità pubblica che avevano giustificato all’inizio lo spodestamento dei cittadini dei loro beni, è stata abbandonata.
C’è stato così, in seguito al rifiuto da parte dello stato della restituzione, spodestamento illegittimo, e dunque violazione dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale al CEDH che si legge come segue: (…)
Nell’occorrenza, solo la restituzione degli immobili acquisiti su delle basi illegittime permette di togliere l’illegittimità, mentre per lo stato sono inutilizzabili per il fatto che sono stati acquisiti per la costruzione di una strada definita all’articolo 6 della legge [del 1967], secondo i piani definitivi che esistevano al momento dell’acquisizione controversa, strada che non è mai stata e non sarà mai realizzata.
Se la legge non avesse contemplato la restituzione dei terreni acquisiti dallo stato per un scopo di utilità pubblica, in caso di non-destinazione di questi a questo effetto, questa violerebbe l’articolo 1 del protocollo addizionale precitato.
Ora, nello specifico, la legge contempla la restituzione dei terreni acquisiti dallo stato a causa di utilità pubblica ma non assegnati a questo effetto, ed i primi giudici hanno provato l’applicazione legale.
Siccome la proprietà è elevata al rango di diritti dell’uomo, ogni disposizione che mira a privare una persona della sua proprietà deve essere fondata su dei motivi reali, seri e gravi, e, soprattutto, deve essere di rigorosa interpretazione.
Anche, il Governo non è abilitato, né a fare astrazione dello scopo di utilità pubblica fissata dal legislatore in visto dell’acquisizione delle influenze definite, all’epoca, dalla legge del 1967, né a cambiarne il senso a modo suo. Il Governo non è addirittura ad affermare, senza commettere un eccesso, ovvero una deviazione di potere, che i terreni i cui proprietari si sono trovati spossessati per uno scopo legislativo molto preciso di utilità pubblica, possono essere utilizzati a tutt’ altro fine.
D’Altra parte, ignorando il ragionamento del primo giudice che è arrivato alla conclusione che la restituzione dei terreni illecitamente acquisiti dallo stato in seguito alla scomparsa della causa di utilità pubblica che dava giustificazione all’inizio è di diritto, il giudice di appello non ha motivato la sua decisione su un punto fondamentale, dal momento che è in gioco la violazione di un diritto dell’uomo.
In quanto alla distinzione speciosa operata da parte Stato, in seguito dal giudice di appello, tra, da una parte, i terreni acquistati in modo amichevole dallo stato in vista dell’esecuzione dei lavori della grande rete viaria dichiarata di utilità pubblica programmata all’articolo 6 della legge [del 1967], seguendo i piani definitivi allora presentati a sostegno della domanda di acquisizione, ma prima della presa dell’ordinamento contemplato all’articolo 9 per le sole espropriazioni, e, dall’altra parte, i terreni che sono stati acquistati anche in modo amichevole dallo stato, ma dopo l’adozione di questo ordinamento, è legalmente inaccettabile e costituisce insindacabilmente una discriminazione proibita dall’articolo 14 del CEDH.
Questo genere di discriminazione non potrebbe, difatti, giustificarsi che in presenza di circostanze eccezionali che, all’evidenza non sono nello specifico.
C’è stata dunque, nello specifico, violazione dell’articolo 14 del CEDH provocante la cassazione.
La misura di ingerenza grave nel diritto al rispetto dei beni, nell’occorrenza la spoliazione definitiva dei loro beni [dei richiedenti], deve predisporre necessariamente un giusto equilibro tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Corte EDH, 23.09.1982, Sporrong e Lönnroth 69; 23.04.1987, Erkner e Hofbauer, 75; 19.12.1989, Mellacher, 48; e di altri).
Deve esistere inoltre un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà (Corte EDH, 09.12.1994, I Santi Monasteri, 70;, anche CEDH, 30.07.1997, Pressos comp. c. Belgio, 38).
Nello specifico, nessuno interesse generale maggiore della comunità esiste in realtà e non è stato invocato per giustificare, da una parte, il rifiuto del diritto alla restituzione sollecitata da essi [richiedenti] e riconoscere, dall’altra parte, questo diritto a quegli altri proprietari che avevano ceduto allo stesso modo i loro terreni in modo amichevole dopo la presa dell’ordinamento previsto dall’articolo 9 precitato.
La sola esistenza di questo ordinamento, che stabilisce i piani dei soli appezzamenti da espropriare e non di quelli da acquistare o da acquisire all’infuori del procedimento di espropriazione, ma per un’acquisizione prevista dalla legge del 1967, non potrebbe costituire questo interesse generale della comunità né il rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto, e non potrebbe giustificare dunque legalmente la misura grave di ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto dei beni, né la discriminazione sopraindicata.
Inoltre, lo scopo che scioglie la giustificazione dell’acquisizione da parte dello stato dei terreni controversi, inizialmente di utilità pubblica, è sparito definitivamente in seguito alla decisione legislativa di inadempimento della strada secondo il tracciato progettato in partenza.
Il rifiuto di restituire i terreni oramai detenuti illegalmente dallo stato, dunque di privarli definitivamente [richiedenti] dei loro beni all’infuori di ogni scopo di utilità pubblica, deve essere considerato come arbitrarietà dunque e pertanto contrario alle disposizioni previste dalla CEDH.
Secondo la CEDH “una misura privativa di proprietà deve essere al tempo stesso idonea alla realizzazione del suo scopo e non sproporzionata ad esso” (CEDH, James ed al., 21.02.1986, 50).
In quanto al plusvalore apprezzabile dei beni illecitamente sottratti ai vecchi proprietari spossessati, lo stato cerca, con il suo rifiuto di restituire i beni acquisiti indebitamente, di adeguarsi a scapito degli spossessati a scopo di una speculazione fondiaria.
Una volta di più, la corte di appello ha omesso di prendere posizione su un mezzo fondamentale sostenuto ed a lungo sviluppato dinnanzi a lei da loro [richiedenti].
Per questo motivo, la CEDH ha, in una sentenza recente, constatato in particolare,: “Un problema si pone in compenso chiaramente sotto l’angolo di questa disposizione [articolo 1 del Protocollo no 1] quando, come nello specifico, il mantenimento del bene in riserva per un lungo periodo non si fonda neanche lui su delle ragioni che appartengono all’utilità pubblica e quando, durante questo periodo, suddetto bene genera un plusvalore apprezzabile di cui i vecchi proprietari si vedono privati. L’articolo 1 del Protocollo no 1 obbliga gli Stati contraenti a premunire gli individui contro il rischio di un uso della tecnica delle riserve fondiarie che autorizzano il fatto che potrebbe essere difatti percepito come una forma di speculazione fondiaria a loro scapito (CEDH, 02.10.2002, Motais di Narbonne c. Francia, 21. “
Tenuto conto dell’importanza che la CEDH lega così al problema del plusvalore, la corte di appello era nell’obbligo di motivare la sua decisione a questo motivo.
C’è dunque di nuovo difetto di motivazione su un punto fondamentale, il che la Corte di cassazione deve sanzionare con la cassazione.
Visto sotto l’angolo del plusvalore di cui si trovano privati [i richiedenti], il rigetto in blocco da parte della corte di appello della domanda introduttiva di istanza si analizza in una privazione di proprietà pura e semplice al senso della seconda frase del 1 capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della CEDH.
Non essendo per di più, giustificata nello specifico da circostanze eccezionali, questa privazione di proprietà costituisce un attentato eccessivo al diritto fondamentale espresso dalla prima frase di suddetto capoverso e fa pesare su essi [richiedenti] un carico sproporzionato.
In considerazione degli sviluppi che precedono e più particolarmente di quelli relativi al plusvalore dei beni di cui essi [richiedenti] si trovano spossessati indebitamente dalla corte di appello, c’è luogo dunque di concludere alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 del CEDH, il che la Corte di cassazione è chiamata a constatare ed a sanzionare con la cassazione. (…) “
30. Con una sentenza dell’ 11 novembre 2004, la Corte di cassazione dichiarò il ricorso inammissibile, per il seguente motivo,:
“Dato che per introdurre il suo ricorso, secondo l’articolo 10 della legge modificata del 18 febbraio 1885 sui ricorsi ed il procedimento in cassazione, la parte richiedente dovrà depositare alla cancelleria della Corte superiore di giustizia un esposto che precisa i mezzi della cassazione;
Dato che il ricorso in cassazione è una via straordinaria di ricorso e che la Corte regolatrice deve deliberare solo sul mezzo senza che la discussione che lo sviluppa possa colmarne e lacune;
Dato che le enunciazioni dell’esposto riunite sotto il titolo “Mezzi di cassazione” consistono, dopo l’approvazione delle disposizioni legali che la sentenza attaccata avrebbe presumibilmente violato, in una successione di considerazioni di fatto e di diritto che costituisce una discussione ma non combacia con la precisione richiesta dei mezzi di cassazione al senso della disposizione legale precitata. “
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Il procedimento in cassazione
31. L’articolo 10 della legge, come modificata, del 18 febbraio 1885 sui ricorsi ed il procedimento in cassazione dispone ciò che segue:
“Per introdurre il suo ricorso in cassazione, la parte richiedente dovrà, (…), depositare alla cancelleria della Corte superiore di giustizia:
(…)
2o un esposto firmato da un avvocato-procuratore legale e notificato alla parte avversa che preciserà le disposizioni attaccate dalla sentenza o dal giudizio ed i mezzi di cassazione e conterrà le conclusioni la cui aggiudicazione sarà chiesta. La designazione delle disposizioni attaccate sarà considerata come fatta a sufficienza di diritto quando risulta necessariamente dall’esposizione dei mezzi o delle conclusioni.
(…) “
32. La giurisprudenza ha specificato il senso dell’interpretazione di questa disposizione:
“L’esposto depositato in cassazione, dalla parte richiedente, alla cancelleria della Corte superiore di giustizia deve precisare i mezzi di cassazione. Il ricorso in cassazione è una via straordinaria di ricorso. La Corte di cassazione delibera sul mezzo, ma solo sul mezzo. La sola indicazione dei testi la cui violazione è invocata non costituisce l’enunciato di un mezzo e la discussione che sviluppa il mezzo non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo. ” (Cass. 17 febbraio 1994, Pasicrisie 30, p. 229).
“Soddisfa l’esigenza di precisione che risulta dall’articolo 10 della legge modificata sui ricorsi ed il procedimento in cassazione, un mezzo di cassazione i cui differenti rami precisano ciascuno quale caso di apertura è invocato, quali testi di legge sono stati violati, con quali disposizioni la sentenza attaccata li ha violati e in che cosa queste violazioni consistono. “( Cass. 16 gennaio 1997, Pasicrisie 30, p. 233). “
33. La dottrina precisa, peraltro, ciò che segue, P. Kinsch, “L’ammissibilità del ricorso in materia civile”(Pasicrisie 30):
“L’articolo 10 della legge [del 18 febbraio 1885] enumera gli elementi che l’esposto comprenderà obbligatoriamente:
(…)
2o i mezzi in cassazione che devono essere enunciati con precisione. Si sa che nella valutazione della precisione del mezzo, la Corte di cassazione intende distinguere da una parte tra gli enunciati del mezzo di cassazione, e, dall’altra parte, “la discussione che sviluppa il mezzo [e che] non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo” (Cass. 17 febbraio 1994, no 05/94 e 07/94 e di numerose sentenze ulteriori). Questa giurisprudenza-la cui applicazione ha, è vero, trascinato l’inammissibilità di un numero importante di ricorsi-ha la sua utilità: si rileverà in questo contesto il seguente passaggio del rapporto della Commissione giuridica della Camera dei deputati del 15 febbraio 1989, sul fondamento del quale è stato votato il testo definitivo della legge di riforma del 6 aprile 1989,: “Certi esperti avrebbero amato vedere applicare all’istanza di cassazione, il procedimento dell’istanza di appello. È a buono diritto, tuttavia che questo desiderio non è stato accolto… La missione della Corte di cassazione, ristretta all’applicazione tanto delle regole di diritto al procedimento che ai fatti constatati dai giudici del merito, rende desiderabili delle regole di procedimento che emanano con un massimo di precisione le lagnanze sollevate contro la decisione attaccata” (Doc. parl. 2470, p. 1. (…) “
B. I differenti tracciati considerati per la costruzione della strada del Nord
1. La legge del 16 agosto 1967
34. La legge del 16 agosto 1967 “che ha per oggetto la creazione di una grande rete viaria di comunicazione e di un fondo delle strade”, qui di seguito “la legge del 1967”) contemplava il progetto iniziale dell’autostrada del Nord. L’articolo 1 disponeva ciò che segue:
“Il Governo è autorizzato a stabilire una grande rete viaria di comunicazione conformemente al programma generale enunciato all’articolo 6 ed ai piani da stabilire da parte del Granduca ai termini dell’articolo 9. I lavori di costruzione di questa rete viaria sono dichiarati di utilità pubblica. “
35. Nella misura in cui i terreni dei richiedenti erano situati a Bridel, e cioè tra Strassen e Mersch, la parte pertinente dell’articolo 6 della legge del 1967 si leggeva così come segue:
“Il programma generale dei lavori di grande rete viaria è il successivo, non indicando i nomi delle località citate le località propriamente dette, ma i dintorni di queste:
(…)
– [7° punto] una strada che collega Strassen a Mersch, con aggiramento delle grandi località e congiunzione alle strade principali. “
36. L’articolo 9 contemplava inoltre che:
“I piani degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare sono approvati con un ordinamento gran-ducale. “
37. L’articolo 8 era redatto come segue:
“Lo stato è autorizzato ad inseguire l’acquisizione e l’espropriazione a causa di utilità pubblica degli immobili necessari alla costruzione ed alla pianificazione del rete viaria oggetto della presente legge. “
38. La legge del 1967 conteneva un Capitolo III, intitolato “Espropriazione” che disponeva in particolare ciò che segue,:
Articolo 20
“Quando è constatato con ordinanza gran-ducale che la presa di possesso immediato di uno o parecchi immobili è indispensabile per la realizzazione dei lavori mirati all’articolo 1 della presente legge, l’espropriazione di questi immobili è perseguita conformemente alle regole qui di seguito. “
Articolo 22
“A difetto di accordo tra le parti, l’espropriante deposita l’ordinanza gran-ducale mirata all’articolo 20, il piano degli appezzamenti e l’elenco dei proprietari da espropriare alla cancelleria del tribunale di distretto della situazione dei beni, dove le parti interessate potranno prenderne comunicazione senza oneri fino alla determinazione definitiva dell’indennità. “
Articolo 37
“Per quanto non sia disposto diversamente dalla presente legge, saranno applicabili gli articoli 54 della legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica. “
2. La legge del 27 luglio 1997
39. La legge del 27 luglio 1997 “che autorizza il Governo a procedere alla costruzione di una strada che collegava Lussemburgo ad Ettelbruck” ha contemplato un nuovo tracciato dell’autostrada. I terreni controversi non cadono più sotto l’influenza di questa strada, disponendo l’articolo 9 di questa legge che le disposizioni del 7 punto dell’articolo 6 della legge del 1967 sono abrogate.
C. L’espropriazione a causa di utilità pubblica
40. La legge del 17 dicembre 1859 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica disponeva ciò che segue:
Articolo 54
“Se i terreni acquisiti dallo stato per lavori di utilità pubblica non ricevono questa destinazione, un avviso pubblicato, rende noti i terreni che il Governo è nella situazione di rivendere. Nei tre mesi da questa pubblicazione, i vecchi proprietari che vogliono riacquisire la proprietà di suddetti terreni sono tenuti a dichiararlo, a pena del decadimento.
A difetto di pubblicazione di questo avviso, i vecchi proprietari o i loro aventi diritto possono chiedere la rimessa di suddetti terreni; e questa rimessa sarà ordinata in giustizia su dichiarazione del Governo che non sono più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti.
Il prezzo dei terreni da retrocedere sarà fissato dal tribunale della situazione, a meno che il proprietario non preferisca restituire l’importo dell’indennità che ha ricevuto. La determinazione giudiziale del prezzo non potrà superare in nessun caso l’importo dell’indennità. “
41. L’articolo 51 della legge del 15 marzo 1979 sull’espropriazione a causa di utilità pubblica ha ripreso, in seguito ad alcune sfumature redazionali, le disposizioni dell’articolo 54 della legge del 1859. Enuncia ciò che segue:
“Se i terreni acquisiti tramite espropriazione per lavori di utilità pubblica non ricevono questa destinazione, un avviso pubblicato, rende noti i terreni che l’espropriante è nella condizione di rivendere. Nei tre mesi da questa pubblicazione, i vecchi proprietari che vogliono riacquisire la proprietà di suddetti terreni sono tenuti di dichiararlo, a pena del decadimento.
A difetto di pubblicazione di questo parere, i vecchi proprietari o i loro aventi diritto possono chiedere la rimessa di suddetti terreni; questa rimessa sarà ordinata in giustizia sulla dichiarazione dell’espropriante che non sono più destinati ai lavori per cui erano stati acquisiti.
Il prezzo dei terreni da retrocedere è fissato dal tribunale della situazione, a meno che il proprietario non preferisca restituire l’importo dell’indennità che ha ricevuto. La determinazione giudiziale non può superare in nessun caso l’importo dell’indennità. (…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE, ALLO SGUARDO DEL DIRITTO DI ACCESSO AD UN TRIBUNALE E DEL RISPETTO DEL PRINCIPIO DI EQUITÀ
42. I richiedenti rimproverano alla Corte di cassazione di avere dato prova di un formalismo eccessivo nel dichiarare il loro ricorso inammissibile. Mettono così in causa l’equità del procedimento ed adducono un difetto di accesso al tribunale, così come la mancanza di un ricorso effettivo per fare valere i loro mezzi. Invocano gli articoli 6 e 13 della Convenzione le cui disposizioni pertinenti si leggono così come segue:
Articolo 6
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, allorché la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
43. La Corte stima al primo colpo che queste lagnanze devono essere esaminate alla luce dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (mutatis mutandis, Alleanza Capitale (Lussemburg) SA c. Lussemburgo, no 24720/03, § 3, 18 gennaio 2007). Peraltro, ricorda che quando l’articolo 6 § 1 della Convenzione si trova come nello specifico ad applicarsi, le esigenze di questo articolo che implicano tutte le differenti garanzie proprie del processo equo, sono in principio più rigorose di quelle dell’articolo 13 che si trovano assorbite da queste (Kuda c. Polonia [GC], no 30210/96, § 146, CEDH 2000-XI).
A. Sull’ammissibilità
44. La Corte constata che questa lagnanza non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non si scontra contro nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
45. I richiedenti stimano avere sottoposto validamente alla Corte di cassazione la loro lagnanza tratta dall’articolo 1 del Protocollo no 1 contro la sentenza della corte di appello, così che spettava all’alta giurisdizione di esaminare questo sul merito. Ora, respingendo il loro ricorso a causa di un semplice vizio di forma dei mezzi di cassazione, la Corte di cassazione ha dato prova di un “rigore formalista eccessivo.” I richiedenti sottolineano a questo riguardo che il fatto che il Lussemburgo non conosca il sistema degli avvocati dei Consigli specializzati che hanno il monopolio della rappresentanza dinnanzi alla Corte di cassazione, rende i criteri draconiani in materia di ammissibilità, come applicati dall’alta giurisdizione del Lussemburgo, tanto più ingiustificabili.
46. Il Governo espone che nello specifico, la Corte di cassazione ha fatto un’applicazione della sua giurisprudenza tradizionale, manifesta, e perfettamente accessibile all’avvocato dei richiedenti secondo la quale delibera unicamente sul mezzo di cassazione. Difatti, secondo questa giurisprudenza, la sola indicazione dei testi la cui violazione è invocata non costituisce l’enunciato di un mezzo e la discussione che sviluppa il mezzo non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo. Ricordando che le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione possono essere più rigorose che per un appello (Boulougouras c. Grecia, no 66294/01, § 23, 27 maggio 2004; Mohr c. Lussemburgo, déc. no 29236/95, 20 aprile 1999) il Governo conclude che l’approccio, da parte dell’alta giurisdizione del Lussemburgo, della richiesta dell’ammissibilità del ricorso dei richiedenti non era di un formalismo eccessivo.
2. Valutazione della Corte
a) Principi generali
47. La Corte ricorda la sua giurisprudenza manifesta secondo la quale non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Spetta al primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai corsi e tribunali, interpretare la legislazione interna (vedere, tra molte altre, García Manibardo c. Spagna, no 38695/97, § 36, CEDH 2000-II). Peraltro, il “diritto ad un tribunale” il cui diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché chiama anche per la sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione. Tuttavia, queste limitazioni non potrebbero restringere l’accesso aperto ad un giudicabile in modo o a tal punto che il suo diritto ad un tribunale risulti raggiunto nella sua sostanza stessa; infine, si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se tendono ad un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere, tra molte altre, Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, sentenza del 19 febbraio 1998, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I, § 34). Difatti, il diritto di accesso ad un tribunale si trova raggiunto quando la sua regolamentazione smette di servire gli scopi della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia e costituisce un tipo di barriera che impedisce al giudicabile di vedere la sostanza della sua controversia decisa dalla giurisdizione competente.
48. La Corte ricorda inoltre che l’articolo 6 della Convenzione non costringe gli Stati contraenti a creare dei corsi di appello o di cassazione (vedere, in particolare, Delcourt c. Belgio, sentenza del 17 gennaio 1970, serie Aa no 11, pp. 13-15, §§ 25-26). Però, se tali giurisdizioni esistono, le garanzie dell’articolo 6 devono essere rispettate, in particolare per ciò che garantisce alle parti in causa un diritto effettivo di accesso ai tribunali per le decisioni relative ai loro “diritti ed obblighi di carattere civile” (vedere, tra altre, Brualla Gómez del Torre c. Spagna, sentenza del 19 dicembre 1997, Raccolta 1997-VIII, p. 2956, § 37). Inoltre, la compatibilità delle limitazioni previste dal diritto interno col diritto di accesso ad un tribunale riconosciuto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione dipende dalle particolarità del procedimento in causa e bisogna prendere in conto l’insieme del processo condotto nell’ordine giuridico interno ed il ruolo che ha giocato la Corte suprema, potendo essere le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione più rigorose che per un appello( Khalfaoui c. Francia, no 34791/97, CEDH 1999-IX).
49. La Corte ricorda infine che la regolamentazione relativa alle formalità per formare un ricorso mira a garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, del principio della sicurezza giuridica. Gli interessati devono potersi aspettare che le regole vengano applicate, (Miragall Escolano ed altri c. Spagna, numeri 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 e 41509/98, § 33, CEDH 2000-I),.
50. Ad oggi, la Corte ha concluso a più riprese che l’applicazione da parte delle giurisdizioni interne di formalità da rispettare per formare un ricorso è suscettibile di violare il diritto di accesso ad un tribunale. E’ così, quando l’interpretazione fin troppo formalista della legalità ordinaria fatta da una giurisdizione impedisce, di fatto, l’esame in merito al ricorso esercitato dall’interessato (Běleš ed altri c. Repubblica ceca, no 47273/99, § 69, CEDH 2002-IX; Zvolský e Zvolská c. Repubblica ceca, no 46129/99, § 55, CEDH 2002-IX). Essendo così, la Corte ha già ammesso che le condizioni di ammissibilità di un ricorso in cassazione potevano essere più rigorose che per un appello (Běleš ed altri, precitato, § 62).
b) Applicazione nello specifico dei suddetti principi
51. Nel caso specifico, il compito della Corte consiste nell’ esaminare se il motivo del rigetto del ricorso in cassazione da parte della Corte di cassazione ha privato i richiedenti del loro diritto di vedere esaminato il mezzo presentato nel loro ricorso. Per fare questo, la Corte si propenderà sulla proporzionalità della limitazione imposta rispetto alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia.
52. Innanzitutto, la Corte constata che la regola applicata dalla Corte di cassazione per pronunciarsi sul carattere ammissibile del ricorso in causa è una costruzione giurisprudenziale. Difatti, l’articolo 10 della legge del 18 febbraio 1885 si limita a contemplare che, per introdurre un ricorso in cassazione, l’interessato deve depositare alla cancelleria della Corte di cassazione “un esposto che preciserà le disposizioni attaccate della sentenza o del giudizio ed i mezzi di cassazione e conterrà le conclusioni la cui aggiudicazione sarà chiesta.” È l’alta giurisdizione che ha introdotto la distinzione tra l’enunciato del mezzo di cassazione, da una parte, e “la discussione che sviluppa il mezzo [e che] non può supplire alla mancanza di formulazione di mezzo”, dall’altra parte.
53. La Corte stima che la limitazione imposta da questa regola giurisprudenziale tende ad un scopo legittimo. La precisione esatta nella formulazione dei mezzi di cassazione ha difatti, chiaramente per obiettivo di permettere alla Corte di cassazione di esercitare il suo controllo in diritto.
54. Resta da sapere se questa esigenza di precisione nella formulazione dei mezzi di cassazione risponde alla condizione della proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto. La Corte esaminerà in quale modo i richiedenti dunque presentarono la loro lagnanza alla Corte di cassazione, da una parte, e per quali ragioni il loro ricorso fu respinto, dall’altra parte.
55. I richiedenti annunciarono, nella loro memoria in cassazione, che il loro ricorso era diretto contro la sentenza del 5 novembre 2003 della corte di appello per il fatto che aveva riformato il giudizio di prima istanza ed aveva respinto la loro domanda introduttiva di istanza. Indicarono poi che il mezzo di cassazione, come è in causa nella presente causa, era derivato dalla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Sviluppando questo mezzo sotto la voce “C”. in quanto alla violazione dell’articolo 1 di questo [Protocollo no 1]”, ricordarono la giurisprudenza della Corte in materia, ed indicarono che il rifiuto di restituire i terreni li privava in modo arbitrario dei loro beni, mentre lo scopo di utilità pubblica era sparito, in seguito al cambiamento del tracciato dell’autostrada. Stimarono che lo stato cercava così di appropriarsi, a loro scapito, il plusvalore di suddetti terreni, in un scopo di speculazione fondiaria. Conclusero come segue:
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