Conclusione Danno patrimoniale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA KEÇECİOĞLU ED ALTRI C. TURCHIA
( Richiesta no 37546/02)
SENTENZA
(Soddisfazione equa)
STRASBURGO
20 luglio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Keçecioğlu ed altri c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Işıl Karakaş, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 giugno 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37546/02) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui tre cittadine le Sig.re OMISSIS (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 9 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Con una sentenza dell’ 8 aprile 2008 (“la sentenza al principale”), la Corte ha giudicato che il mantenimento senza destinazione dei beni immobiliari agli scopi perseguiti dall’espropriazione, per 21 anni, aveva privato indebitamente i richiedenti del plusvalore generato da questo bene; ne ha dedotto che avevano subito un carico eccessivo a causa dell’espropriazione controversa e ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafi 28-29 e punto 2 del dispositivo della sentenza al principale).
3. La Corte ha assegnato congiuntamente relativamente ai richiedenti 9 000 euro (EUR) per danno morale alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e 7 000 EUR per gli oneri e le spese esposti dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
4. Non essendo matura la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione per il danno patrimoniale, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo e le richiedenti a sottoporle per iscritto le loro osservazioni su suddetta questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale sarebbero potuti arrivare (paragrafo 33 della sentenza al principale) e punto 4 del dispositivo.
5. Con una lettera del 29 luglio 2009, la parte richiedente ha informato la Corte che non c’era stato ordinamento amichevole col Governo e che desiderava mantenere a priori le sue osservazioni relative alla soddisfazione equa sottomessa alla Corte il 14 marzo 2006. Il Governo ha sottoposto le sue il 14 settembre 2009.
IN DIRITTO
A. Danni patrimoniali
6. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
7. I richiedenti privilegiano il versamento di un’indennità alla restituzione del bene, e chiedono alla Corte la concessione di una “indennità” che riflette “il valore intrinseco dell’immobile” controverso e calcolato in funzione del valore reale dell’immobile nella zona altamente turistica dove si trova, ossia 3 400 000 nuove lire turche (TRY) (2 131 661 euro (EUR)) al totale. Precisano che questa valutazione si basa essenzialmente sul rapporto di perizia effettuata da un ufficio di studi nel marzo 2006. Sollecitano inoltre un’indennità di un importo di 1 137 000 TRY (712 853 EUR) in compenso degli affitti percepiti dal municipio, prendendo il calcolo effettuato dai richiedenti che prendono come punto di partenza il 27 ottobre 1997, data dell’inizio del procedimento di restituzione del bene.
8. Se tuttavia la Corte decideva la restituzione del bene, i richiedenti, appellandosi questo stesso rapporto e su delle fotografie sottomesse, stimano che l’immobile, non essendo stato oggetto di lavori dall’espropriazione, si trova in un misero stato attualmente. Valutano il costo dei lavori a 1 751 100 TRY (1 097 868 EUR). Chiedono che questa somma venga assegnata loro in aggiunta alla restituzione del bene.
9. Il Governo fa valere che la richiesta di indennità dei richiedenti non può essere accettata. Fa valere che l’edificio in questione è stato espropriato regolarmente nel 1992 e che nell’ottobre 1995 delle indennità di espropriazione di un importo di 2 082 996 000 vecchie lire turche (equivalenti a 42 611 USD in questo periodo) sono state pagate ai richiedenti.
10. Peraltro, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno il diritto di sollecitare un qualsiasi risarcimento per gli affitti non percepiti da loro stesse, senza per questo contestare lo sfruttamento locativo del bene. Contesta anche la stima del valore commerciale stabilito da un’agenzia immobiliare; stima priva secondo lui di valore probante e non riflettente la verità.
11. Il Governo sottopone anche un rapporto datato luglio 2009 stabilito dai servizi della municipalità di Istanbul, reale proprietario dell’immobile. Questo ultimo rapporto stima il valore reale a 2 361 348 TRY (1 117 443 EUR). Non si pronuncia né sulle degradazioni addotte né sugli affitti percepiti dal municipio di Istanbul (paragrafo 7 della sentenza al principale).
12. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
13. Gli Stati contraenti parti in una causa sono in principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per conformarsi ad una sentenza che constata una violazione. Questo potere di valutazione in quanto alle modalità di esecuzione di una sentenza traduce la libertà di scelta a cui è abbinato l’obbligo fondamentale imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione permette una restituito in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di compierla lei stessa. Se il diritto nazionale non permette così, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che le sembra appropriata (Brumarescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I, Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, § 90, 22 dicembre 2009).
14. Trattandosi della presente causa, la Corte ricorda che, nella sua sentenza al principale, si è espressa in questi termini (§ 28):
“28. La Corte constata che il bene controverso non è stato ancora destinato alla realizzazione di lavori di interesse pubblico e che potrà difficilmente l’essere avuto riguardo alle circostanze, non contestate dal Governo, esposte più alto. Nell’occorrenza, vent’ anni sono passati dalla presa della decisione che portava espropriazione del bene senza che il progetto di utilità pubblica che fondava la privazione di proprietà fosse stato realizzato. La Corte considera che la non-utilizzazione dell’immobile per le pianificazioni conformi agli obiettivi perseguiti dall’espropriazione dà problemi allo sguardo del diritto di proprietà dei richiedenti. L’espropriazione non riguarda più un motivo di utilità pubblica e ha per effetto di privare i richiedenti di un plusvalore realizzato sul bene in causa (Motais di Narbonne, precitata, § 22; Beneficio Cappella Paolini, precitata, § 33). “
15. La Corte ha interinato così nella sua sentenza al principale che la conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 si fonda sulla constatazione che il mantenimento dei beni controversi senza destinazione allo scopo dell’espropriazione per vent’ anni, ha privato indebitamente i richiedenti del plusvalore generato da questi beni. Constata come il progetto di urbanizzazione all’origine dell’espropriazione è stato annullato, così che l’edificio archiviato come monumento storico non potrebbe più essere distrutto per lasciare il posto ad un parco come previsto originariamente. Dato che una parte dello stesso immobile è stata restituita in applicazione delle disposizioni nazionali agli altri proprietari (paragrafo 6 della sentenza al principale), solamente i richiedenti sono i soli che continuano a subire delle conseguenze della situazione reale. Il Governo non spiega questo trattamento giuridico contraddittorio che subiscono i richiedenti nel caso presente. Secondo la Corte, si tratta di un stato di fatto, interamente imputabile alle autorità nazionali.
16. Nello specifico, i richiedenti espongono che il valore dell’edificio, situato in una zona turistica fortemente stimata della città, è aumentato notevolmente per i vent’ anni che hanno seguito l’espropriazione; producono diversi documenti che supportano questa tesi. Suddetto edificio ha dunque conosciuto un plusvalore di cui si sono trovate private per l’essenziale.
17. Il Governo stima il valore reale a 2 361 348 TRY (1 117 443 EUR) senza pronunciarsi sugli affitti percepiti dall’espropriazione da parte del municipio di Istanbul.
18. In questo contesto, conviene constatare da prima che una reale difficoltà esiste per la Corte di valutare la perdita pecuniaria dei richiedenti. A questo proposito, la Corte attira l’attenzione sulla Raccomandazione del Comitato dei Ministri del 12 maggio 2004 (Rec (2004)6) sul miglioramento dei ricorsi interni nella quale questo ricorda che, al di là dell’obbligo, in virtù dell’articolo 13 della Convenzione, di offrire ad ogni persona che ha un motivo di appello difendibile, un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, gli Stati hanno un obbligo generale di ovviare ai problemi sottostanti alle violazioni constatate ( Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 193, CEDH 2004-V). In questo contesto, la Corte stima che le giurisdizioni nazionali sono poste meglio per valutare le perdite reali dei richiedenti nel modo più appropriato che sia. Perciò, stima che un ricorso per indennizzo o un ricorso per constatazione del valore dell’edificio espropriato (tespit davası) dando adito ad indennizzo, d’ufficio o su ricorso, da parte dell’amministrazione, avrebbe potuto costituire la forma più adatta alla correzione di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo 1 (vedere, mutatis mutandis, Gençel c. Turchia, no 53431/99, § 27, 23 ottobre 2003). Il Governo resta silenzioso su questa possibilità e si accontenta di presentare una valutazione preparata dalla Municipalità di Istanbul, reale proprietario.
19. A difetto di tale ricorso e constatando la mancanza di ordinamento amichevole tra le parti, la Corte giudica appropriato fissare una somma forfetaria, tanto che si può fare, e considera che questa somma deve in principio corrispondere al valore venale reale dell’edificio (Motais di Narbonne c. Francia (soddisfazione equa), no 48161/99, § 19, 27 maggio 2003).
20. Secondo la Corte i richiedenti possono aspirare, a titolo del risarcimento del loro danno patrimoniale, al pagamento di una somma che corrisponde al valore venale reale dell’edificio, dato che l’espropriazione effettuata ha perso la sua legittimità di origine e ha costituito almeno una forma di arricchimento infondato dal 1997 (paragrafo 8 della sentenza al principale). per il municipio di Istanbul che continua al momento a sfruttarlo in locazione, ciò che il Governo non contesta. Tenendo conto di tutti questi aspetti, la Corte propone una somma forfetaria dalla quale l’importo delle indennità di espropriazione ricevuta dai richiedenti è stato dedotto.
21. Deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole di assegnare congiuntamente ai richiedenti 2 000 000 EUR.
B. Interessi moratori
22. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma di 2 000 000 EUR (due milioni euro) a titolo di danno patrimoniale, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
2. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 20 luglio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente