SECONDA SEZIONE
AFFAIRE KAYNAR E AUTRES v. TURCHIA
(Richiesten. 21104/06, 51103/06 e 18809/07)
Strasburgo
gioved? 7 maggio 2019
Finale
07/08/2019
Tale sentenza ? diventata definitiva ai sensi dell’articolo 44-2 della Convenzione. Pu? subire alterazioni di forma.
In Kaynar et al v. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), seduta in una camera composta da:
Robert Spano, Presidente,
Paul Lemmens,
Ial Karaka,
Julia Laffranque,
Ivana Jeli,
Arnfinn Bedsen,
Darian Pavli, Giudici,e
Hasan Bak-rc, Vice Clerk dellaSezione,
Dopo aver deliberato in aula il 2 aprile 2019,
Formula la seguente sentenza, adottata in tale data:
Procedura
1. All’origine del caso vi sono tre domande (nos 21104/06, 51103/06 e 18809/07) contro la Repubblica di Turchia e tra cui tre cittadini di tale Stato, Il Sig. Naci Kaynar (richiestan. 21104/06), la sig.ra Aye Boztepe (richiesta n. 51103/06) e la signora Cemile Boerge Ku-man (richiesta n. 18809/07) (“i richiedenti”), hanno deferito la questione alla Corte l’8 aprile (richiesta n. 51103/06) e 18186) dicembre 2006 (richieste 51103/06 e 18809/07) ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione sulla protezione dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“La Convenzione”).
2. Le ricorrenti erano rappresentate dal E. Pek?e e da Gemalmaz, avvocati di Istanbul. Il governo turco (“Il governo”) era rappresentato dal suo agente.
3. Le ricorrenti hanno denunciato una violazione del loro diritto al rispetto dei loro beni a causa di un’interferenza legislativa. Inoltre, invocando l’articolo 6 della Convenzione, la ricorrente 51103/06 e la ricorrente n. 18809/07 denunciano un’eccessiva durata del procedimento interno e la mancanza di motivazione per le decisioni giudiziarie.
4. Il 1 settembre 2010 le richieste sono state comunicate al governo.
I fatti
I. LE CIRCOSTANZE DELLA SPECIE
5. I richiedenti sono cittadini turchi nati rispettivamente nel 1953, 1938 e 1967 e residenti ad Anakkale.
6. Nel 1993, la ricorrente (richiesta 21104/06) e, nel 1995, le ricorrenti (richiesta 51103/06 e richiesta n. 18809/07) hanno acquisito, per acquisto, terreni situati sull’isola di Gokaeada. Queste terre sono state classificate come “sito naturale di classe 3” e non sono state soggette ad alcun titolo. Nel 1996, durante la costruzione di opere a terra, il terreno in questione ? stato registrato a nome del Tesoro.
7. Il 10 giugno 1996, le ricorrenti hanno portato il caso al Tribunale di Gok?ada (“il tribunale”). Essi contestarono i lavoratori della terra e chiesero che i terreni fossero inclusi nel loro nome nel catasto. A sostegno della loro domanda, essi hanno indicato di aver acquisito tali terre a pagamento e hanno sostenuto che le condizioni della prescrizione acquisitiva (usucapione) sono state soddisfatte in questo caso.
8. Secondo la relazione di esperti elaborata il 28 luglio 1997 da un esperto di agricoltura, la terra era stata utilizzata per l’agricoltura. Tuttavia, con lo sviluppo del turismo, l’agricoltura era stata parzialmente abbandonata. A questo proposito, indicando che le terre in questione non avevano caratteristiche di significato culturale o naturale e che erano sempre state utilizzate per scopi agricoli, la relazione affermava che il fatto che queste terre fossero classificate come ” categoria 3″ non ne impediva l’acquisizione mediante prescrizione acquisitiva.
9. La relazione di esperti elaborata il 25 maggio 1999 da un esperto di agricoltura ha indicato che i terreni in questione erano ben delimitati, ma erano stati lasciati incolti per l’allevamento.
10. In numerose occasioni, anche i testimoni locali sono stati ascoltati dal tribunale. Essi hanno constatato che i ricorrenti avevano acquistato il terreno in questione dal sig. Haralomba Vulgarel e Kira?a Fukara, che ne avevano esercitato il possesso ininterrottamente almeno dal 1945.
I testimoni hanno indicato che, dalla loro acquisizione da parte delle ricorrenti, tali terre erano state utilizzate dalle ricorrenti. Essi hanno affermato che, sebbene negli ultimi anni la terra non fosse stata coltivata a causa dell’allevamento, i ricorrenti non avevano abbandonato la loro propriet? e l’avevano semplicemente lasciata incolta, pronta per essere coltivata.
11. Il 7 ottobre 1999, dopo aver visitato il sito, aver ascoltato testimoni ed esperti, ottenuto relazioni tecniche e agricole e aver inserito nel fascicolo il fascicolo del fascicolo, il giudice ha accolto la richiesta dei ricorrenti.
Egli osserv? che, quarant’anni prima, il terreno designato dalla lettera C nella relazione del 14 giugno 1999, che copriva un’area di 55.067,25 m2 e precedentemente utilizzata da Haralambo Vulgarel, era stata data gratuitamente da quest’ultima a suo figlio Yorgi. Egli ha osservato che quest’ultimo l’aveva trasferita alla ricorrente (richiesta n. 21104/06), per una tassa, da 7 a 8 anni prima.
Per quanto riguarda il terreno indicato dalle lettere D ed E nella relazione del 14 giugno 1999, che aveva una superficie rispettivamente di 45.575 m2 e 6.101,10 m2, la corte ha scoperto che un tempo erano stati utilizzati da Nikolo Fukara, che le aveva poi vendute gratuitamente a sua figlia Kiraa trent’anni prima. Egli ha osservato che quattro anni prima, la ricorrente aveva a sua volta ceduto, a titolo di canone, il terreno designato con la lettera D alla ricorrente 51103/06 e il terreno designato per lettera E al ricorrente n. 18809/07.
Il giudice ha rilevato che i ricorrenti erano ancora in possesso del terreno in questione e ha constatato che il terreno, con una durata totale superiore a quarantacinque anni per tutte le terre a causa della durata cumulativa del possesso, poteva essere descritto come pacifico e ininterrotto. Ha aggiunto che la propriet? era stata utilizzata come terreno agricolo durante questo periodo. Egli ritiene che, sebbene i terreni in questione non siano stati allevati negli ultimi anni a causa dell’allevamento, i ricorrenti non li avevano abbandonati e che i loro confini fossero rimasti Invariato. Il giudice ha aggiunto che, nonostante il fatto che la terra fosse entro i confini di un sito naturale, non conteneva alcun patrimonio culturale o naturale da proteggere.
Il giudice ha ritenuto che le condizioni della prescrizione acquisitiva erano state soddisfatte e ha ordinato l’elenco delle terre in questione per conto dei ricorrenti nel registro fondiario.
12. Il 12 ottobre 2001 la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del 7 ottobre 1999 in quanto i giudici in merito non avevano debitamente esaminato se il terreno contestato fosse pascolo, che non poteva essere soggetto ad una prescrizione acquisitiva. Essa ha inoltre rilevato che, secondo le dichiarazioni di testimoni ed esperti locali, le ricorrenti non avevano utilizzato la loro terra per diversi anni; ha ritenuto necessario verificare se le persone interessate li avessero abbandonati e, in caso affermativo, per quanto tempo.
13. In seguito alla sentenza della Corte di Cassazione, il giudice ha nuovamente ascoltato i testimoni e gli esperti locali, ha ottenuto relazioni di competenze tecniche e agricole e ha fatto riferimento al fascicolo dei piani fondiari. I testimoni locali hanno confermato le loro dichiarazioni iniziali secondo cui i ricorrenti non avevano abbandonato la loro propriet? (paragrafo 10 sopra).
14. Nel frattempo, il 27 luglio 2004, ? stata modificata la sezione 11 della legge 2863 sulla protezione del patrimonio culturale e naturale. Mentre, fino all’adozione di tale emendamento, gli immobili situati in aree classificate come “siti naturali” potevano essere probabilmente acquisiti con prescrizione acquisitiva, la disposizione specificava che le terre classificate come “siti naturali”, come quelli classificati come “elementi culturali e del patrimonio naturale la cui protezione ? necessaria e il loro perimetro di protezione”, non potevano essere acquisiti dal gioco della prescrizione acquisitiva (paragrafi 20-21 di seguito).
15. Il 9 giugno 2005, il giudice ha licenziato i ricorrenti e ha ordinato l’elenco delle terre controverse per conto del Tesoro.
Egli not? che la terra contestata non era un pascolo, ma un “sito naturale di categoria 3”. Tuttavia, egli ha osservato che, dopo la sentenza della Corte di Cassazione, l’articolo 11 della leggen. 2863 sulla protezione del patrimonio culturale e naturale era stato modificato. Egli ha osservato che, poich? questo emendamento, le terre classificate come “sito naturale” non potevano essere soggette a una prescrizione acquisitiva. Essa conclude pertanto che le ricorrenti non hanno potuto ottenere la propriet? delle terre in questione attraverso il gioco della prescrizione acquisitiva.
Il giudice ha ritenuto che, per deroga al principio di non retroattivit? che normalmente vieta l’applicazione di una nuova legge ai fatti prima della sua entrata in vigore, in relazione a una questione di ordine pubblico e in conformit? con la giurisprudenza del Corte di Cassazione, il suddetto emendamento doveva essere applicato al procedimento dinanzi a lui.
16. Il 31 ottobre 2005 la Corte di Cassazione ha confermato tale sentenza e il 6 giugno 2006 ha respinto la richiesta delle ricorrenti di rettificare la sentenza.
17. Il 26 giugno 2006, la sentenza della Corte di Cassazione del 6 giugno 2006 ha raggiunto il tribunale per notifica ai ricorrenti. La data di notifica non ? presente nel file.
II. IL DESTRO E IL PERTINENT INTERNES PRATIC
A. I termini e le condizioni della prescrizione acquisitiva
18. Secondo la legge turca, l’inclusione di un immobile nel catasto ? in linea di principio l’unico atto giuridico che sostiene il diritto di propriet?. Infatti, ai sensi dell’articolo 705 della Codice Civile, l’iscrizione al catasto ? necessaria per l’acquisizione della propriet? fondiaria. Inoltre, ai sensi dell’articolo 14 della legge 3402 del 3 luglio 1987 relativi all’aigrafa fondiaria:
? (…) il titolo di un immobile non registrato nel catasto (…) ? registrato a nome della persona che dimostra, attraverso documenti, perizioni o testimonianze, di aver posseduto, come proprietario, ininterrottamente da pi? di vent’anni . (…) ?
19. Ai sensi dell’articolo 713, paragrafo1, del codice civile:
“Qualsiasi persona che ha esercitato il possesso continuo e pacifico come proprietario(malik s-fatyla)per vent’anni su una propriet? per la quale non vi ? alcuna menzione nel catasto, pu? portare un’azione per ottenere tale propriet? da registrare come sua propriet?.”
L’ultimo paragrafo dell’articolo indica, tuttavia, che il meccanismo descritto in questo modo si applica soggetto a possibili disposizioni speciali (‘zel kanun h’k-mleri sakl’d’r).
B. Terre che potrebbero essere acquisite da usucapione
20. Prima dell’emendamento adottato il 14 luglio 2004, ? stata quindi formulata nella sua parte pertinente la sezione 11 della legge 2863 del 21 luglio 1983 relativa alla protezione del patrimonio culturale e naturale:
? (…) elementi del patrimonio culturale e naturale la cui protezione ? necessaria, cos? come il loro perimetro di protezione, non possono essere acquisiti da usucapion. (…) ?
21. L’emendamento alla Sezione 11 della legge sulla protezione del patrimonio culturale e naturale, approvato il 14 luglio 2004, ha esteso il suo campo di applicazione ai siti naturali e archeologici di categoria 3. Dopo l’emendamento, questa disposizione recitava:
? (…) elementi del patrimonio culturale e naturale la cui protezione ? necessaria, il loro perimetro di protezione, [cos? come] siti naturali, non possono essere acquisiti da usucapion. (…) ?
Il 22 maggio 2007 questa disposizione ? stata nuovamente modificata per escludere dalla sua portata i siti naturali e archeologici di categoria 3. Da allora, le terre classificate come “siti naturali” cos? come quelli classificati come “siti archeologici di categoria 3” possono essere soggetti a una prescrizione acquisitiva.
C. Tempi di possesso cumulativi
22. Ai sensi dell’articolo 996 del codice civile, il proprietario che rivendica il beneficio della prescrizione acquisita pu? aggiungere alla durata della sua prescrizione quella del suo predecessore, se quest’ultimo godeva degli stessi diritti di lui.
D. La giurisprudenza
23. In una sentenza del 16 dicembre 1964, l’Assemblea delle Camere Civili della Corte di Cassazione(Yarg-tay Hukuk Genel Kurulu) affermava che il momento dell’acquisizione della propriet? da parte del gioco delle norme relative all’ usucapione non era quella della riunione di tutte le condizioni, ma la data in cui la decisione ? resa dalla corte e la conclusione che tutte le condizioni erano rispettate. Secondo l’alta corte, la decisione giudiziaria era di natura costitutiva e non semplicemente dichiarativa.
E. Ordine Presidenzialen. 809 del 7 marzo 2019
24. In una lettera dell’11 marzo 2019, il governo ha informato la Corte che, con un’ordinanza presidenzialen. 809 del 7 marzo 2019 pubblicata nella Gazzetta ufficiale l’8 marzo 2019, il campo di giurisdizione ratione materiae della commissione di compensazione istituita dalla legge 6384 sulla liquidazione, concedendo un risarcimento, di talune domande alla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr., per ulteriori informazioni,Turgut et al v. Turchia (dicembre), n. 4860/09,26 marzo 2013) ? stato prorogato.
Le parti rilevanti di questo ordine sono le seguenti:
– Articolo 3 :
(…)
b) aree di giurisdizione: domande relative ai diritti tutelati dall’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione che sono pendenti dinanzi alla Corte e rientrano nell’ambito dell’articolo 4 di tale ordinanza.
Articolo 4- (l) Le seguenti aree (…) sono state incluse nella giurisdizione del comitato (…):
a) revisione e disciplina, a condizione che sia sequestrato entro un mese dalla data di notifica della sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo, chiede risarcimento danni per danni materiali e morali nelle domande in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha rilevato una violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione, ma non ha imponito in caso di risarcimento per danni ai sensi dell’articolo 4l della Convenzione o ha deciso di riservare [il questione dell’applicazione di questo articolo]”
IN DIRITTO
I.GIUNZIONE DI AFFARI
25. Data la somiglianza delle proposte in merito ai fatti e la questione sostanziale che essi sollevano, la Corte decide di unirsi a esse e di considerarle congiuntamente in un unico caso.
II. SULLA PESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DI PROTOCOLLO N. 1
26. I richiedenti denunciano una violazione del loro diritto al rispetto dei loro beni a causa di interferenze legislative. Essi ritengono di aver soddisfatto tutte le condizioni dell’usucapione al momento dell’adozione dell’emendamento legislativo in questione e che, senza questo emendamento, i tribunali nazionali avrebbero registrato la propriet? a loro nome nel catasto. Essi invocano alla Convenzione l’articolo 1 del protocollo n. 1, come indicato nella sua parte pertinente nel presente caso:
I richiedenti denunciano una violazione del loro diritto al rispetto dei loro beni a causa di interferenze legislative. Essi ritengono di aver soddisfatto tutte le condizioni dell’usucapione al momento dell’adozione dell’emendamento legislativo in questione e che, senza questo emendamento, i tribunali nazionali avrebbero registrato la propriet? a loro nome nel catasto. Essi invocano alla Convenzione l’articolo 1 del protocollo n.. 1, come indicato nella sua parte pertinente nel presente caso:
“Ogni individuo o azienda ha il diritto di rispettare la propria propriet?. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? solo per l’utilit? pubblica e secondo le condizioni del diritto e dei principi generali del diritto internazionale.
(…) ?
27. Il governo sta combattendo questa tesi.
A. Sull’ammissibilit?
28. Notando che tale lamentela non ? manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35-3 (a) della Convenzione e che non ? altrimenti contraria a qualsiasi altro motivo di irricevibilit?, la Corte la ritiene ammissibile.
B. Sullo sfondo
1. Tesi delle Parti
29. Le ricorrenti affermano di aver soddisfatto tutti i requisiti legali per ottenere l’elenco dell’immobile in questione a loro nome sul catasto. Essi aggiungono che i giudici interni hanno stabilito di aver posseduto tali beni ininterrottamente per pi? di vent’anni e che, pertanto, avrebbero dovuto ottenere atti di titolo relativi a tali attivit? ai sensi della legislazione applicabile al momento dell’introduzione del procedimento. Esse indicano, tuttavia, che i giudici hanno respinto la loro domanda sulla base dell’ambito 11 della legge n. 2863 della legge sulla protezione del patrimonio culturale e del patrimonio culturale, modificata il 14 luglio 2004, quando le loro cause erano pendenti dinanzi ai tribunali nazionali. Essi sostengono pertanto che, a seguito di un emendamento legislativo verificatosi durante il procedimento, essi sono stati privati della possibilit? di ottenere il titolo di propriet? dell’immobile in questione. A loro avviso, si tratta di un’espropriazione de facto.
30. Il governo sostiene che i ricorrenti non possedevano “propriet?” ai sensi dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione. Riferendosi a una sentenza del 16 dicembre 1964 adottata dall’Assemblea delle Camere civili della Corte di Cassazione secondo cui la data dell’acquisizione di beni era la data in cui la sentenza del processo che ordinava l’elenco dei beni per conto dei ricorrenti era diventata definitiva (paragrafo 23 di cui sopra), egli ha constatato che non vi era stata alcuna violazione dei diritti di propriet? dei richiedenti ai sensi dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione. Essa indica che il fatto che la sentenza del giudice riconoscesse il possesso dei ricorrenti non era tale da riconoscere un diritto di propriet? a loro. Egli afferma che, a seguito della legislatura nel 2004, l’acquisizione di beni basati sulla prescrizione acquisitiva dell’immobile in questione non era pi? possibile. Pertanto, a suo parere, i ricorrenti non possedevano mai l’immobile in questione. Il governo aggiunge che le persone interessate non potevano avvalersi di disporre di “beni attuali” e di non avere pi? “legittima speranza” che i loro appelli avrebbero avuto successo.
31. D’altra parte, nell’alternativa, il governo sostiene che le ricorrenti non potevano avvalersi della prescrizione acquisitiva anche se era stata prevista dalla legge, cosa che non era il caso, in quanto le parti interessate non avevano utilizzato il che avrebbe portato la corte a chiedersi se li avevano abbandonati.
2. Apprezzamento della Corte
(a) Sull’esistenza di immobili
32. La Corte rileva che le parti hanno opinioni divergenti sul fatto che i ricorrenti detenevano o meno beni destinati a essere protetti dall’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione. Di conseguenza, ? chiamata a determinare se la situazione giuridica in cui si trovavano le ricorrenti rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione.
33. Per quanto riguarda l’ambito autonomo del concetto di “buono”, la Corte si riferisce alla sua giurisprudenzaconsolidata (Iatridis v. Greece [GC], n. 31107/96, 54, ECHR 1999-II e Beyeler v. Italia [GC], n. 33202/96, 100, ECHR-2000). ? pertanto importante valutare, in ogni caso in esame, se le circostanze, considerate nel loro insieme, abbiano reso alla Convenzione il richiedente con un interesse sostanziale, protetto dall’articolo 1 del protocollo 1. In quest’ottica, la Corte ritiene che si debbano tener conto dei seguenti elementi giuridici e di fatto.
34. Ricorda che, ai sensi del diritto turco, l’inclusione di un immobile nel catasto ? in linea di principio l’unico atto giuridico che coglie il diritto di propriet?(Bozcaada KimisTeodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakfc. Turchia, n. 37639/03 e altre 3 persone, 42, 3 marzo 2009 e ‘pseftel v. Turkey’,’no 18638/05′ ’50, 26maggio 2015). A tale riguardo, essa rileva che non ? contestato che le ricorrenti non abbiano il titolo di catasto. Essa rileva, tuttavia, che, prima dell’emendamento legislativo, le ricorrenti avevano ottenuto una sentenzadel processo a loro favore (rispetto allasmokovitis et al v. Grecia,n. 46356/99, 32, 11 aprile 2002). Essa rileva infatti che, nella sua sentenza del 7 ottobre 1999, il Land Court di Gok?eada, che ha deciso il caso al processo, ha concluso che le condizioni per l’acquisizione dell’immobile mediante prescrizione acquisitiva erano soddisfatte. Essa rileva inoltre che, nell’affermare che le ricorrenti avevano effettivamente esercitato l’esercizio continuo del terreno in questione, il giudice ha tenuto conto di una serie di fattori, quali le relazioni sulle competenze agricole, le dichiarazioni di testimoni e di esperti tecnici e locali, nonch? documenti presentati dalle parti o raccolti automaticamente, compresi i piani fondiari e documenti presentati dalle parti o raccolti automaticamente, compresi i piani fondiari e registri fiscali e fondiari relativi all’immobile in questione (paragrafo 11 sopra).
35. Per quanto riguarda la Corte di Cassazione, la Corte rileva che la Corte, nella sentenza del 12 ottobre 2001, ha annullato la sentenza del 7 ottobre 1999 in quanto i giudici nel merito non avevano debitamente esaminato se le terre controverse fossero pascoli, che non potevano essere acquisiti dalla prescrizione acquisita. Essa rileva che la Corte di Cassazione ha inoltre rilevato che, secondo le dichiarazioni di testimoni e di esperti locali, le ricorrenti non utilizzavano il terreno da diversi anni e ritenevano che fosse necessario verificare se le persone interessate avessero abbandonato il possesso e, in caso affermativo, per quanto tempo (paragrafo 12 sopra).
36. La Corte rileva che, nel corso del procedimento che ha avuto luogo dopo che la sentenza di primo grado ? stata ribaltata dalla Corte di Cassazione, il giudice ha completato il caso, conformemente alla richiesta della Corte di cassazione. Egli stabil? cos? con certezza che le terre contese non erano pascoli (paragrafo 15 sopra). Per quanto riguarda il fatto che il terreno in questione fosse stato effettivamente utilizzato dalle ricorrenti senza interruzioni, la documentazione dimostra che il giudice aveva stabilito nella sua prima sentenza che, sebbene il terreno in questione non fosse stato coltivato per qualche tempo, ci? era dovuto al fatto che il bestiame ? stato allevato in tale paese (paragrafo 11 sopra). Inoltre, nella seconda fase del procedimento, periti e testimoni hanno confermato il perdurare del possesso dell’immobile in questione da parte delle ricorrenti e non vi erano prove che suggerissero che i ricorrenti avessero abbandonato la propriet? (paragrafo 13 sopra).
37. Pertanto, secondo la Corte, prima dell’intervento della legislazione in questione, le ricorrenti potevano affermare di aver soddisfatto tutti i requisiti che avrebbero consentito loro di essere riconosciuti come proprietari in relazione all’immobile che essi o i loro venditori avevano a lungo posseduto. Essi avevano quindi almeno una “legittima aspettativa” che la loro pretesa sarebbe stata realizzata, vale a dire ottenere un riconoscimento efficace di un diritto di propriet?. La Corte ritiene che le loro pretese di essere dichiarati proprietari del terreno in questione abbiano una base sufficiente nel diritto nazionale per qualificarsi come “valori del patrimonio” e quindi “propriet?” protetta dall’articolo 1 del protocollo n. 1 (cfr., in particolare, Matos e Silva, Lda., et al v. Portogallo,16 settembre 1996, 75, Raccolta di giudizi e decisioni 1996IV, ‘seftel’,sopra, 56-57′, e, mutatis mutandis, Kopeckv v. Slovacchia [GC], 44912/98, 35 e 52, ECHR 2004IX, Maurice v. France [GC], No. 11810/03, 70, ECHR 2005IX,Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodoks Kilisesi Vakf,supra, 50 e Radomilja et al v. Croazia [GC], nos 37685/10 e 22768/12, 143-144, 20 marzo 2018).
b) Sulla natura dell’interferenza
38. Per la Corte, il caso in questione presenta analogie con il suddetto caso di”seftel”, che riguardava l’incapacit? della ricorrente di ottenere un titolo di propriet?, anche se il suo donatore aveva soddisfatto l’obbligo di propriet? pacifica e ininterrotta di proprietario per pi? di vent’anni. In tale caso, essa residua che essa riteneva che le decisioni giudiziarie respinte dalle pretese di propriet? della ricorrente costituivano una “privazione della propriet?” ai sensi della seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione (“Epseftel”,sopra, “62).
39. Essa afferma inoltre che, nel suddetto caso Maurice, che faceva riferimento ad una legge che eliminava retroattivamente una parte sostanziale delle rivendicazioni di sgravio di cui i ricorrenti potevano legittimamente sperare di trarre vantaggio, essa riteneva che la legge avesse comportato un’interferenza nell’esercizio dei diritti di sgravio che potevano essere rivendicati in base al diritto nazionale in precedenza esistente e, pertanto, al diritto dei ricorrenti di rispettare il loro benessere. Essa ha quindi concluso che tale interferenza era una “privazione della propriet?” ai sensi della seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione(Mauritius,supra, 79-80).
40. In questo caso, la Corte ritiene opportuno seguire la sua giurisprudenza di cui sopra. A tale riguardo, essa rileva che, il 14 luglio 2004, l’ambito 11 della legge 2863 ? stato modificato per estendere il suo campo di applicazione ai siti naturali. Essa ritiene che questo emendamento legislativo abbia privato i ricorrenti della possibilit? di ottenere il titolo dell’immobile in questione, mentre, come spiegato in precedenza (paragrafo 37), le parti potrebbero legittimamente ritenere di aver soddisfatto tutti i requisiti che avrebbero consentito loro di essere riconosciuti come proprietari in relazione alla propriet? reale che esse o i loro venditori avevano a lungo posseduto. La Corte ritiene pertanto che la legge in questione abbia comportato un’interferenza nell’esercizio dei diritti di propriet? che potrebbero essere dichiarati ai sensi del diritto interno precedentemente esistente e, pertanto, del diritto dei ricorrenti di rispettare i loro beni.
41. In tali circostanze, si deve concludere che le decisioni giudiziarie che respingono le pretese di propriet? delle ricorrenti costituiscono una privazione di propriet? ai sensi della seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione . forementioned, 62, Mauritius,sopracita, 80; vedi anche, mutatis mutandis, Pressos Compania Naviera S.A. et al v. Belgio,20 novembre 1995, 34, serie A n o 332 e Valle Pierimpi Societ? Agricola S.P.A. v. Italia,n. 6154/11,63, 23 settembre 2014).
c) Sulla giustificazione e la proporzionalit? delle interferenze
42. L’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione richiede, soprattutto e soprattutto, che l’interferenza dell’autorit? pubblica nel godimento del diritto al rispetto della propriet? sia legale: la seconda frase del primo paragrafo di tale articolo autorizza la privazione dei beni solo “alle condizioni previste dalla legge”; il secondo paragrafo riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso della propriet? che rafforza le “leggi”. Inoltre, lo Stato di diritto, uno dei principi fondamentali di una societ? democratica, ? insito in tutti gli articoli della Convenzione (Amuur v. France,25 giugno 1996, 50, Collezione 1996-III, eIatridis,supra, 58).
43. La Corte rileva che l’interferenza ? costituita da una legislazione entrata in vigore nel 2004 e dalla sua applicazione in questo caso. Essa ? pertanto soddisfatta del fatto che l’interferenza abbia soddisfatto la condizione giuridica stabilita nella suddetta disposizione.
44. La Corte ricorda inoltre che le autorit? nazionali hanno una certa discrezionalit? nel determinare ci? che ? “di utilit? pubblica” perch?, nel sistema della Convenzione, ? il primo a decidere sia sull’esistenza di problemi di interesse pubblico che giustificano la privazione dei beni sia sulle misure da adottare per risolverli(Pressos Compania Naviera S.A. e altri,sopra, 37). In questo caso, essa osserva che, nella sentenza del 9 giugno 2005, il giudice ha ritenuto che, in deroga al principio di non retroattivit?, che normalmente vieta l’applicazione di una nuova legge ai fatti prima della sua entrata in vigore, era opportuno applicare questo nuovo emendamento legislativo alla procedura in questione sulla base del fatto che si trattava di una questione di ordine pubblico (paragrafo 15 sopra).
45. A questo proposito, a questo proposito, a tale avviso, un mero riferimento all’ordine pubblico nella sentenza del giudice d’informazione non ? sufficiente a giustificare tale applicazione retroattiva di uno statuto. Certo, la Corte si afferma di essere disposta ad accettare che l’emendamento legislativo ? destinato a proteggere l’ambiente (vedi,mutatis mutandis, Hamer v. Belgio, n. 21861/03, 79, ECHR 2007V (estratti) eVallePierimpi? Societ? agricola S.P.A. , di cui sopra, 67euro). Essa ritiene che si tratterebbe certamente di un terreno legittimo, nell’interesse pubblico. Tuttavia, va notato che, il 22 maggio 2007, cio? dopo un periodo di meno di tre anni, la legge ? stata nuovamente modificata per escludere tutte le terre classificate come siti naturali , che rientrano nella propriet? contestata – dal suo campo di applicazione (vedi,mutatis mutandis, Agrati et al v. Italia,nos 43549/08 e altre 2, 63, 7 giugno 2011). D’ora in poi, come al momento dell’introduzione del procedimento in questo caso, i terreni nei siti naturali possono essere acquisiti da usucapion (paragrafo 21 sopra). Pertanto, per la Corte, data l’assenza di qualsiasi informazione di qualsiasi tipo sulla portata dell’applicazione retroattiva dell’emendamento legislativo in questione, ? difficile concludere che esisteva una correlazione pratica tra la retroattivit? della legislazione e la protezione dell’ambiente in generale.
46. Inoltre, la Corte ricorda che deve sussistersi un ragionevole rapporto di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo di qualsiasi misura applicata dallo Stato, comprese le misure che privano una persona di sua propriet? (PressosCompania Naviera S.A. et al.,supra, 38, e Scordino v. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, 93, CED6- V0. Al fine di determinare se la misura in questione soddisfa il “giusto equilibrio” e, in particolare, se non sottomette un onere sproporzionato al richiedente, occorre tener conto delle disposizioni di compensazione previste dalla legislazione interna. Anche se l’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione non garantisce in tutti i casi il diritto al risarcimento completo (Jameset v. v. United Kingdom,21 febbraio 1986, 54, Serie A. 98 e Broniowski v. Polonia [GC],n. 31443/96, 182, ECHR 2004-V), senza il pagamento di una somma relativa al valore dell’immobile, una privazione di una propriet? di solito costituisce una propriet? di una propriet? di propriet? ragionevolmente (VallePierimpi? Societ?agricola S.P.A. , di cui sopra, 71).
47. La Corte osserva che, poich? ? gi? stato accertato che l’interferenza in questione soddisfaceva la condizione di legalit?, un rimedio non completo non renderebbe illegittimo di per s? il controllo dello Stato sui beni dei ricorrenti. Tuttavia, come nel caso summenzionato di “Epseftel”, essa rileva che le ricorrenti non hanno ricevuto alcun risarcimento per violazione dei loro beni. Essa rileva che il governo non ha citato circostanze eccezionali per giustificare la totale assenza di indennizzo.
48. La Corte ritiene pertanto che, anche supponendo che lo scopo dell’interferenza in questione sia quello di proteggere l’ambiente, tale interferenza con i diritti dei ricorrenti non sia compatibile con il giusto equilibrio da mantenere tra gli interessi in gioco (cfr.,mutatis mutandis, Compania Naviera S.A. e altri,supra, 43) e non vi ? alcun rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi di proporzionalit? impiegati. Essa conclude che, nonostante la discrezionalit? dello Stato in materia, le ricorrenti dovevano sopportare un onere individuale esorbitante, che violava i loro diritti tutelati dall’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione.
III. SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
49. La ricorrente della mozione 51103/06 e la ricorrente della mozione n. 18809/07 denunciano un’eccessiva durata del procedimento e la mancanza di motivazione per le decisioni giudiziarie. A questo proposito, essi invocano l’articolo 6-1 della Convenzione, che si legge nelle sue parti pertinenti in questo caso:
“1. Ogni persona ha il diritto di far sentire il suo caso in modo equo, (…) e entro un ragionevole periodo di tempo, da parte di un tribunale (…) che decider? (…) le sfide ai suoi diritti e obblighi di natura civile (…) ?
A. Sull’ammissibilit?
1. Reclamo per mancanza di motivazione
50. La Corte ricorda che l’articolo 6-1 della Convenzione obbliga i giudici a giustificare le loro decisioni, ma che non si pu? intendere che richieda una risposta dettagliata a ciascun argomento (Kok c. Paesi Bassi (dec.), N. 43149/98, CEDU 2000-VI). Essa osserva, alla luce della documentazione del fascicolo, che le decisioni delle autorit? nazionali in questione erano sufficientemente motivate. Ne consegue che questa azione di reclamo ? manifestamente infondata e deve essere respinta, facendo seguito all’articolo 35 ?? 3 e 4 della Convenzione
2. Reclamo per la durata del procedimento
51. Il governo ritiene che i ricorrenti non abbiano esaurito i rimedi interni. Essa afferma che le ricorrenti avrebbero potuto intentare un’azione di compensazione nei confronti dell’amministrazione dinanzi ai tribunali amministrativi per cattiva condotta attribuibile al servizio pubblico.
La Corte ricorda all’inizio di aver gi? concluso. ai sensi dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione
52. La Corte ricorda sin dall’inizio di aver gi? concluso che non esisteva una legge nazionale, all’epoca dei fatti, di un rimedio in grado di consentire a un ricorrente di ottenere la sanzione del suo diritto di far sentire il suo caso entro un termine ragionevole ai sensi dell’articolo 6 -1 della Convenzione (Daneshpayeh v. Turchia,n. 21086/04, -20, 16 luglio 2009 e ‘Mm-han Kaplan c. Turchia,n. 24240/07, 20, 20, 20). Essa ricorda inoltre che, in circostanze simili a quelle del caso, essa ha gi? respinto un’eccezione identica a quella formulata in questo caso dal governo del mancato esaurimento dei rimedi interni (Aydan v. Turkey,n. 16281/10, – 12 marzo 2013). Tornando a questo caso, non vede alcun motivo per discostarsi da questa giurisprudenza.
53. La Corte osserva inoltre che, ? vero, una nuova azione di risarcimento ? stata introdotta in Turchia – in particolare relativa alle domande concernenti la durata del procedimento – a seguito dell’applicazione della procedura della sentenza pilota nella causa ?mm?han. Kaplan supra. Ricorda che, nella sua decisione summenzionata Turgut e altri, ha dichiarato inammissibile una richiesta di colpa per i ricorrenti “avendo fatto uso di tutte le vie di ricorso nazionali, in particolare questa nuova via di ricorso. A tal fine, essa ha ritenuto, tra l?altro, che questo nuovo rimedio fosse, a priori, accessibile e suscettibile di offrire ragionevoli prospettive di riparazione per le denunce relative alla durata del procedimento.
54. La Corte ricorda inoltre che, sempre nella sentenza pilota, “Mm-han Kaplan” (sopra, “77), ha specificato in particolare che sar? in grado di continuare, attraverso una normale procedura, l’esame di tali domande gi? comunicate al governo. Essa rileva che, in questo caso, il governo non ha sollevato un’eccezione per quanto riguarda questo nuovo rimedio. Alla luce di quanto sopra, la Corte ha deciso di proseguire il riesame questo movimento(Rifat Demir c. Turquie (d?c.), no 24267/07, ?? 34 et 35, 4 juin 2013).
55. Ne consegue che l’eccezione del governo non pu? essere accettata. Notando che tale lamentela non ? manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35-3 (a) della Convenzione e che non si imbatte in altri motivi di irricevibilit?, la Corte la ritiene ammissibile.
B. Sullo sfondo
56. La Corte rileva che il periodo da prendere in considerazione ? iniziato il 10 giugno 1996 con il deferimento al giudice e si ? concluso il 6 giugno 2006, quando la Corte di Cassazione ha respinto la domanda di correzione. La procedura ha quindi richiesto circa dieci anni.
57. La Corte ricorda che la ragionevolezza della durata di un procedimento deve essere valutata in base alle circostanze della causa e sulla base dei criteri stabiliti nella sua giurisprudenza, in particolare, tenuto conto della complessit? del caso, del comportamento della ricorrente e delle autorit? competenti, nonch? del rilascio di contenziosi per le parti interessate (cfr. tra gli altri,Frydlender v. France [GC],n. 30979/96, 43, ECHR 2000VII, Satakunnan Markkinaaap-rssi Oy e Satamedia Oy v. Finlandia [GC], 931/13, 209, 27 giugno 2017).
58. Alla luce della sua giurisprudenza in materia, e in particolare alla luce del periodo di tempo trascorso dall?annullamento della sentenza di primo grado della Corte di Cassazione, essa ritiene che la durata complessiva dei procedimenti controversi non corrisponda a il requisito del “tempo ragionevole”.
59. Di conseguenza, essa conclude che vi ? stata una violazione dell’articolo 6-1 della Convenzione.
IV. SULLA DOMANDA DELLA CONVENZIONE ARTICOLO 41
60. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che vi ? stata una violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto interno della parte ad alto appalto consente solo di cancellare le conseguenze di tale violazione in modo imperfetto, la Corte concede alla parte lesa, se necessario , soddisfazione equa. ?
A. Danni materiali
1. Tesi delle Parti
61. Le ricorrenti (richiesta n.. 51103/06 e richiesta n. 18809/07) rivendicano la restituzione dell’immobile controverso o, in mancanza di ci?, il pagamento di una somma totale di EUR 2.485.115 ,EUR, a seconda della conversione effettuata da essi sulla base del tasso di parit? applicabile nell’aprile 2011. A sostegno delle loro richieste, essi fanno riferimento a due relazioni di esperti redatte il 5 aprile 2011 da Gok?eada Emlak, un’agenzia immobiliare con sede a Gok?eada, che ha concluso che, nel 2011, il valore dell’immobile richiesto dalla ricorrente in movimento 51103/06 era di 640.605 TRY e quello dell’immobile rivendicato dalla ricorrente della domanda n. 18809/07 era di 4.275.000 TRY.
62. Per quanto riguarda il richiedente (richiestan. 21104/06), egli chiede 5.750.000 euro come risarcimento per il danno materiale che sostiene di aver subito, senza presentare un documento al riguardo.
63. Il governo contesta tali richieste. In via principale, egli sostiene che non vi ? alcun nesso causale tra il presunto pregiudizio e la violazione della Convenzione perch?, a suo parere, le ricorrenti, che non avevano alcun titolo all’immobile, erano semplicemente querelanti. In alternativa, il governo sostiene che gli importi rivendicati sono palesemente eccessivi, infondati e non collegati alle condizioni socioeconomiche prevalenti in Turchia. Essa afferma che le relazioni di esperti presentate da alcuni richiedenti non erano preparate dopo una procedura contraddittoria e ritiene che la valutazione del danno materiale potrebbe essere obiettiva solo se fosse stata redatta da esperti incaricati da esperti incaricati tribunali in un procedimento contraddittorio.
2. Apprezzamento della Corte
64. La Corte ricorda che una sentenza che ha accertato una violazione comporta un obbligo giuridico per lo Stato convenuto di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ripristinare il pi? possibile la situazione di pre-violazione(Sargsyan v. Azerbaijan (equa soddisfazione) [GC],n. 40167/06, 35, 12 dicembre 2017). Gli Stati contraenti in una causa sono in linea di principio liberi di scegliere i mezzi che utilizzeranno per rispettare una sentenza che constata una violazione.
Questa discrezionalit? circa le modalit? di esecuzione di una sentenza riflette la libert? di scelta associata all’obbligo imperativo imposto dalla Convenzione agli Stati contraenti: assicurare il rispetto dei diritti e delle libert? garantiti (articolo 1). Se la natura della violazione consente la restitutio in integrum, spetta allo Stato convenuto ottenerla, poich? la Corte non ha n? la giurisdizione n? la possibilit? pratica di farlo essa stessa.
-Se, d’altro canto, il diritto nazionale non consente o solo imperfettamente la cancellazione delle conseguenze della violazione, l’articolo 41 autorizza la Corte a concedere, se necessario, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriato (Brumarescu v. Romania (equa soddisfazione) [GC],n. 28342/95,20, ECHR 2000-I eGuisoGallisay v. Italia (giusta soddisfazione) [GC], n. 58858/00,-90, 22 dicembre 2009).
65. La Corte ricorda di aver concluso in precedenza che la presunta interferenza soddisfaceva la condizione di legalit? (paragrafo 43 sopra). L’articolo 1 del protocollo 1 della Convenzione ? stato violato perch? le ricorrenti non hanno ricevuto alcun risarcimento per la violazione dei loro beni e, di conseguenza, hanno dovuto sopportare un onere individuale esorbitante. Il risultato ? che l’atto dello Stato convenuto che la Corte ha ritenuto contrario alla Convenzione era in questo caso una privazione di beni che sarebbe stata legittima se fosse stato pagato un adeguato risarcimento (cfr., al contrario, Guiso-Gallisay,supra, 91). Esiste pertanto un chiaro nesso causale tra il danno materiale acquantoposto delle ricorrenti e la violazione della Convenzione.
66. La Corte ritiene inoltre che, in questo caso, la natura della violazione riscontrata non permetta di presumere che unrestitutio in integrum (Scordino (n. 1)-249, e Kozac-o-lu v. Turchia [GC], n. 2334/03,81, 19 febbraio 2009), a differenza delcasoGuiso-gallisay di cui sopra, dove si trattava di un’eliminazione illecita. Detto questo, il governo ? ovviamente libero di decidere spontaneamente se restituire tutti o parte dei propriet? ai ricorrenti.
67. Per quanto riguarda il risarcimento da fissare in questo caso, secondo la giurisprudenza stabilita dalla Corte in materia (Scordino (n. 1), supra, 255), non dovr? riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’interferenza in questione. Infatti, in questo caso, ? stata l’assenza di un adeguato indennizzo e non l’inerente illegalit? del controllo del terreno a essere la causa della violazione riscontrata ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 alla Convenzione. In tali circostanze, la Corte conclude che l’adeguato indennizzo in questo caso ? quello che corrisponde al valore di mercato dell’immobile al momento della privazione degli immobili in questione(ibidem,257) – un importo che dovr? essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione – e non l’attuale valore di mercato di tali attivit?. Pertanto, secondo la Corte, il metodo di calcolo sviluppato inScordino(n. 1) sopra ? mutatis mutandis applicabile in questo caso(ibidem,258).
68. La Corte osserva che le ricorrenti hanno fatto richieste di risarcimento danni materiali, che ritengono corrispondono al valore di mercato dell’immobile nel presente contenzioso, e che hanno anche prodotto vari documenti per giustificare le loro richieste.
69. Il governo sostiene che la stima del valore dell’immobile in questione da parte delle agenzie immobiliari non ? un metodo che la Corte pu? utilizzare per determinare la giusta soddisfazione. A suo parere, invece di utilizzare le competenze stabilite da un’agenzia immobiliare, ? necessario fare affidamento su elementi pi? oggettivi a suo parere per determinare equa soddisfazione in questo caso.
70. La Corte osserva che non vi ? solo una controversia su come ? stato valutato il danno immobiliare, ma anche una reale difficolt? nel determinare la perdita finanziaria dei richiedenti alla luce dei criteri sopra stabiliti (paragrafo 67 sopra).
71. La Corte rileva che il governo ha appena portato alla sua attenzione che, l’8 marzo 2019, ? entrata in vigore l’ordinanza presidenziale 809. Questa disposizione amplia la giurisdizione della Commissione di compensazione istituita nel gennaio 2013 e definisce i principi e la procedura di compensazione nei casi in cui la Corte ha rilevato alla Convenzione l’articolo 1 del protocollo 1, ma non ha deciso di riservare la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione. La Corte osserva che tale causa rientra nella prima categoria di cause, vale a dire quelle in cui ha riscontrato una violazione dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione e non ha dichiarato le richieste di risarcimento danni ai sensi dell’articolo 4l della Convenzione.
72. Inoltre, a Turgut et al. (decisione di cui sopra), e Demiro-lu v. Turchia (dicembre), n. 56125/10, 4 giugno 2013), la Corte ha condotto un riesame dettagliato del funzionamento della commissione di compensazione. Essa ha ritenuto in questi casi che le ricorrenti dovevano affrontare quest’ultimo in anticipo, in quanto offriva un nuovo rimedio interno accessibile che poteva fornire un risarcimento alle loro rimostranze (cfr. anche Y-ldz e Yanak v. Turchia (dicembre), no. 44013/07, 27 maggio 2014, Bozkurt v. Turchia (dicembre), n. 38674/07, 10 marzo 2015, Oelik v. Turchia (dicembre), n. 23772/13 giugno 16 (dicembre), n. 45601/09 settembre 2015). La Corte osserva inoltre che la Commissione di compensazione ha giurisdizione per risarcire tutte le persone in conformit? con la sua prassi (Turgut et al e Demiro-lu, decisioni dicui sopra). Il risarcimento concesso dal Compensation Board ? pagato dal Dipartimento di Giustizia entro tre mesi dalla data in cui la decisione ? diventata definitiva ed ? esente da qualsiasi imposta o addebito. Inoltre, la decisione di questa commissione pu? essere impugnata ai tribunali amministrativi, che devono pronunciarsi entro tre mesi. La ricorrente pu? anche deferire una mozione individuale alla Corte costituzionale contro le decisioni dei tribunali amministrativi(Ahmet Erol v. Turchia (dicembre), n. 73290/13, 6 maggio 2014 e Sayan v. Turchia (dicembre), n. 49460/11, 19 giugno 2016).
73. La Corte prende atto di questa iniziativa dal governo turco e osserva che tale sviluppo rafforza in tal modo la natura sussidiaria del meccanismo per la protezione dei diritti dell’uomo istituito dalla Convenzione e facilita per la Corte e il Comitato dei ministri l’adempimento dei compiti loro affidati rispettivamente dall’articolo 41 e dal 46 di cui all’articolo (Broniowski v. Polonia (regolamento amichevole) [GC],n. 31443/96, 36, ECHR 2005IX).
74. In tali condizioni, la Corte ritiene che un ricorso alla Commissione di compensazione entro un mese dalla data di notifica della sua sentenza definitiva possa dar luogo a un risarcimento da parte dell’amministrazione e che tale rimedio rappresenti un mezzo adeguato per correggere la violazione riscontrata ai sensi dell’articolo 1 del protocollo n. 1 (si veda, mutatis mutandis, Gen?el v. Turkey,N. 53431/99 23 ottobre 2003 e, pi? recentemente, Moreira Ferreira v. Portogallo (n. 2) [GC],n. 19867/12, 48-50, 11 luglio 2017; vedi anche mutatis mutandis, Gomr-k’ler et al v. Turchia (soddisfazione equa),n. 9580/03, 34, 7 febbraio 2017 e Keecio-lu et al. turchia (soddisfazione equa), n. 37546/02, 18, 20 20 202 luglio).
75. Dopo tale osservazione, la Corte ricorda di poter verificare se la domanda si presta all’applicazione dell’articolo 37 della Convenzione(Mr.AndOthers, sopra riportato, 37). Essa pu? decidere di eliminare una richiesta dal ruolo ai sensi dell’articolo 37 -1 (c) della Convenzione, in cui ? accertato che la possibilit? pratica di compensare i richiedenti esiste a livello nazionale quando gli organi appropriati, che sono sul posto e hanno accesso a propriet?, archivi e archivi, nonch? a tutti gli altri mezzi pratici, sono certamente in una posizione migliore per pronunciarsi su questioni complesse di propriet? e valutazione e di fissare compensazioni, come nel caso dei richiedenti ( ibidem, 29).
76. La Corte ritiene che gli organismi nazionali siano indubbiamente nella posizione migliore per valutare il danno subito e disporre di mezzi giuridici e tecnici adeguati per porre fine a una violazione della Convenzione e per cancellarne le conseguenze, in particolare, come in questo caso, quando si tratta di determinare il valore degli immobili in uno Stato contrattuale in una data determinata. Infatti, per la Corte, come ha riscontrato in molti casi contro la Turchia, in relazione ai diritti di propriet?, tale valutazione ? quasi oggettivamente impossibile in quanto ? strettamente legata a contesti nazionali o addirittura locali, e gli esperti e i tribunali nazionali sono nella posizione migliore per realizzarla (si veda, ad esempio,Keaecio-lu et al., sopra, 18).
77. Alla luce di quanto sopra, per quanto riguarda il presunto danno materiale, la Corte conclude che il diritto nazionale ora cancella le conseguenze della violazione riscontrata in questo caso e ritiene pertanto che non sia necessario pronunciarsi sulle rivendicazioni delle ricorrenti al riguardo. Essa ritiene pertanto che non sia pi? giustificato continuare ad esaminare l’esame della domanda (articolo 37 -1 (c) della Convenzione. Essa ritiene inoltre che non vi siano circostanze particolari in questo caso relative al rispetto dei diritti umani garantito dalla Convenzione e dai suoi protocolli che richiederebbero un’ulteriore considerazione della domanda (articolo 37-1 in esame). Inoltre, al termine di tale conclusione, essa ha tenuto conto della sua giurisdizione ai sensi dell’articolo 37-2 della Convenzione al fine di registrare nuovamente la domanda quando ritiene che le circostanze giustifichino tale procedura (Mr. e Others,42).
78. In conclusione, la parte del caso relativo all’emissione dell’articolo 41 della Convenzione, relativa alla richiesta di danno materiale a seguito della violazione dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione, dovrebbe essere rimossa dal ruolo.
B. Danni morali
79. Le ricorrenti (richiestan. 51103/06 e domanda n. 18809/07) chiedono ciascuno 5.000 euro per il danno morale che dicono di aver subito a causa dell’eccessiva durata del procedimento e di una violazione ingiustificata dei loro diritti di propriet?.
Il ricorrente (richiesta 21104/06) chiede 250.000 euro per il danno morale che ritiene di aver subito a causa di una violazione ingiustificata dei suoi diritti di propriet?.
80. Il governo contesta tali somme.
81. Per quanto riguarda le domande delle ricorrenti (richiesta 51103/06 en. 18809/07), la Corte ricorda di aver concluso in precedenza non solo che l’articolo 1 del protocollo1 ? stato violato dalla Convenzione, ma anche in violazione dell’articolo 6 della Convenzione a causa dell’eccessiva durata del procedimento relativo alle parti interessate. Di conseguenza, essa decide di assegnare 5.000 euro a ciascuno dei ricorrenti per il danno morale derivante dall’eccessiva durata del procedimento.
82. Per quanto riguarda i danni morali derivanti dall’ingerenza ingiustificata nel diritto di propriet? dei ricorrenti, la Corte ha osservato che, in virt? del suddetto decreto presidenziale, la commissione di risarcimento ? anche competente ad esaminare le richieste di risarcimento del danno non patrimoniale e governarli. Di conseguenza, alla luce delle sue conclusioni in merito al danno patrimoniale, ? anche opportuno cancellare dall’elenco la parte della causa relativa alla questione dell’articolo 41 della Convenzione, concernente la domanda di danno morale in motivo della violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
C. Costi e spese
83. Le ricorrenti (richiesta 51103/06 e domanda n. 18809/07) chiedono congiuntamente 2.270 euro per i costi e le spese che essi dichiarano di aver sostenuto dinanzi alla Corte. Secondo loro, questo importo corrisponde alle ore del lavoro del loro avvocato e al costo della riproduzione e della traduzione dei documenti. Per quanto riguarda il richiedente (richiestan. 21104/06), chiede una somma adeguata per i costi e le spese che avrebbe sostenuto, senza specificare un importo.
84. Il governo contesta tali affermazioni.
85. In questo caso, alla luce dei documenti a sua disposizione e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole l’importo di 2.270 euro richiesti dai ricorrenti (richiesta 51103/06 e mostata n. 18809/07) per i costi e i costi e la concede congiuntamente a loro.
Per quanto riguarda la domanda del richiedente (richiesta 21104/06), secondo la giurisprudenza della Corte, il richiedente pu? ottenere il rimborso dei suoi costi e delle spese solo nella misura in cui la loro realt?, necessit? e ragionevolezza del loro tasso sono stabiliti. In questo caso, alla luce della sua giurisprudenza e in assenza di specifici sinistri per costi e le spese, nonch? di note di spese depositate, la Corte decide di non destinare tale somma alla ricorrente.
D. Interessi di mora
86. La Corte ritiene opportuno modellare la moratoria sui tassi di interesse sul tasso di interesse del litorale marginale della Banca centrale europea pi? tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Decide di partecipare alle richieste;
2. dichiara le mozioni ammissibili sulle rimostranze ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione in merito alla durata della procedura e l’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione e inammissibile per l’eccedenza;
3. afferma che vi ? stata una violazione dell’articolo 1 del protocollon. 1 alla Convenzione;
4. afferma che vi ? stata una violazione dell’articolo 6 -1 della Convenzione a causa della durata del procedimento dinanzi ai tribunali interni;
5. decide di rimuovere dal ruolo la parte del caso relativa alla questione dell’articolo 41 della Convenzione, riguardante la rivendicazione di danni materiali e morali a causa della violazione dell’articolo 1 del protocollo 1 alla Convenzione;
6. Dice
(a) che lo Stato convenuto deve pagareal signor Boztepe e al sig. Ku?man (richiedenti nn. 51103/06 et 18809/07) i 5.000 euro (cinquemila euro), a ciascuno dei richiedenti, pi? qualsiasi importo che possa essere dovuto come imposta su tale importo, per danni morali derivanti dall’eccessiva durata del procedimento,
ii. 2.270 euro (duemiladuecentosettanta euro), unitamente alle ricorrenti, pi? qualsiasi importo che possa essere loro debito come imposta su tale importo, per costi e spese;
b) che dalla scadenza di tale periodo e fino al pagamento, tali importi saranno aumentati di un semplice tasso di interesse pari a quello dell’esso marginale della Banca centrale europea applicabile in tale periodo, aumentato di tre punti percentuali;
7. Respinge la richiesta di equa soddisfazione per l’eccedenza.
Realizzato in francese, poi comunicato per iscritto il 7 maggio 2019, nego dagli articoli 77- 2 e 3-3 del regolamento della Corte.
Hasan Bak?rc? Robert Spano Vice Cancelliere Presidente