A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE KAUFMANN c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 6
Numero: 14021/02/2005
Stato: Italia
Data: 2005-05-19 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale oneri e spese – procedimento nazionale; Rimborso parziale oneri e spese – procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA KAUFMANN C. ITALIA
( Richiesta no 14021/02)
SENTENZA
STRASBURGO
19 maggio 2005
DEFINITIVO
12/10/2005
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Kaufmann c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupančič, presidente,
J. Hedigan, L. Caflisch, la Sig.ra Sig. Tsatsa-Nikolovska, il
Sig. V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. Davide Thór Björgvinsson, giudici, e dal Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 aprile 2005,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 14021/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. H. K. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 1 dicembre 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da S. D., avvocato a Bolzano. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, e dal suo co-agente, il Sig. F. Crisafulli.
3. Il richiedente adduceva di non avere avuto accesso alla Corte di cassazione per ottenere una decisione sul suo ricorso contro una sentenza della corte di appello di Trento.
4. La richiesta è stata assegnata alla prima sezione della Corte (articolo 52 § 1 dell’ordinamento). In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa (articolo 27 § 1 della Convenzione) è stata costituita conformemente all’articolo 26 § 1 dell’ordinamento.
5. Con una decisione del 23 settembre 2004, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile.
6. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
7. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 dell’ordinamento). La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta (articolo 52 § 1).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente è nato nel 1938 e risiede a Nova Levante.
9. Nel 1990, il società X citò sei persone tra cui il richiedente, dinnanzi al tribunale di Bolzano per fare constatare che aveva acquisito tramite usucapione la proprietà di un terreno. Il richiedente e suo fratello, il Sig. O. K., si costituirono nel procedimento, mentre gli altri convenuti (H, B, C e D) non parteciparono a questo. Con un giudizio del 24 febbraio 1995, il tribunale respinse l’istanza della società X.
10. Questa ultima interpose appello. Nel frattempo, D era deceduto, ed i suoi eredi, E, F e G erano stati citati a comparire al suo posto. Tra i convenuti, solo il richiedente e suo fratello O. si costituirono nel procedimento di appello. Con una sentenza del 14 maggio 1997, la corte di appello di Trento dichiarò che la società X aveva acquisito il diritto di proprietà di una quota del terreno controverso.
11. Il richiedente e suo fratello O. ricorsero in cassazione.
12. Il 17 marzo 2000, il presidente della seconda sezione della Corte di cassazione, basandosi sull’articolo 331 del codice di procedimento civile (“il CPC”), ordinò al richiedente di notificare, entro novanta giorni, il suo ricorso alle persone che, sebbene assenti, erano state formalmente parti ai procedimenti di prima e seconda istanza.
13. Il 14 giugno 2000, il richiedente chiese una proroga del termine che gli era stato assegnato. Osservò che le notificazioni erano state effettuate regolarmente per ciò che riguardava le persone residenti in Italia, ma che erano state incontrate le difficoltà nel notificare il ricorso ad E, F e G che risiedevano in Germania.
14. Nell’ottobre 2000, il richiedente presentò un esposto. Spiegò che la notificazione ad E, F e G richiedeva il compimento di una serie di formalità: c’era stato bisogno prima trovare l’indirizzo di queste persone, poi ottenere presso la cancelleria della Corte di cassazione, in data 6 maggio 2000, delle copie certificate conformi del ricorso, fare tradurre l’originale in italiano e fare autenticare (asseverare) la traduzione da parte del tribunale di Bolzano. Gli atti erano stati presentati dunque per notificazione presso l’ufficio competente della corte di appello di Trento solamente il 31 maggio 2000. Il 2 giugno 2000, l’ufficiale giudiziario di giustizia competente aveva trasmesso al ministero del Giustizia tedesco una richiesta di notificazione urgente. Risultava da una comunicazione di questo ministero del 30 giugno 2000 che la notificazione era stata effettuata il 21 giugno 2000, dunque dopo la scadenza del termine fissato dal presidente della seconda sezione della Corte di cassazione. Alla luce di questo, il richiedente invocò la sua buona fede e chiese di non essere respinto.
15. Con una sentenza del 9 ottobre 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 4 giugno 2001, la Corte di cassazione dichiarò il ricorso del richiedente inammissibile. Osservò che ai termini della sua giurisprudenza consolidata, il termine contemplato all’articolo 331 del CPC era costrittivo e non poteva essere prorogato. In più, in mancanza di un intervento ad hoc del legislatore, i motivi per cui il termine non era stato rispettato non potevano essere presi in conto.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
16. L’articolo 331 del CPC si legge così:
“1. Quando il giudizio pronunciato a riguardo di parecchie parti nella cornice di una causa che non può essere divisa, (causa inscindibile) o nella cornice di cause connesse (dipendenti) non è stato attaccato al riguardo di tutte [le parti], il giudice ordina di citare le parti mancanti (integrazione del contraddittorio) e fissa il termine in cui la notificazione deve essere fatta e, se necessario, l’udienza in cui [le parti] devono comparire.
2. Il ricorso è dichiarato inammissibile se nessuna delle parti si occupa della citazione nel termine fissato.”
17. Nelle sue sentenze numeri 10 di 1978 e 69 del 1994, la Corte costituzionale ha indicato che, nel caso di una notificazione che deve essere effettuata all’estero, il procedimento di notificazione sfugge in parte al controllo dell’individuo che ha giuridicamente un interesse protetto a non essere penalizzato dal compimento tardivo di attività che devono essere compiute dalle autorità di un altro Stato.
18. Nella sua sentenza no 477 del 2002, la Corte costituzionale ha precisato che il dies ad quem del termine per la notificazione di un atto deve essere fissato nel momento in cui la parte del processo rimette l’atto in questione all’ufficiale giudiziario di giustizia, essendo sottratta al controllo dell’individuo ogni attività compiuta posteriormente da questo ultimo.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
19. Il richiedente considera che il rigetto del suo ricorso in cassazione si analizza in un diniego di giustizia. Invoca l’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
A. Gli argomenti delle parti
1. Il richiedente
20. Il richiedente adduce che la mancata osservanza del termine per le notificazioni in Germania era dovuto alle circostanze indipendenti dalla sua volontà, in particolare la necessità di ottenere delle copie certificate conformi del ricorso ed una traduzione autenticata di questo. Per questo fatto, la Corte di cassazione che conosceva questi obblighi, avrebbe dovuto concedere una proroga del termine fissato ai termini dell’articolo 331 del CPC. In più, la mancanza della prova della notificazione in Germania era imputabile alle autorità di questo paese, ed ai termini delle disposizioni interne pertinenti la Corte di cassazione era tenuta a sospendere la deliberazione aspettando di ricevere questa prova.
21. Il richiedente stima di avere compiuto le formalità che gli spettavano in tempo utile, dato che la pratica completa è stata presentata alla corte di appello di Trento il 31 maggio 2000. Peraltro, l’affermazione del Governo secondo cui le notificazioni in Germania sarebbero state compiute dagli organi competenti entro ventuno giorni sarebbe priva di fondamento. Difatti, gli atti, inviati il 1 giugno 2000, sarebbero giunti ai loro destinatari solamente il 7 ottobre 2000.
22. Secondo il richiedente, la decisione della Corte di cassazione sarebbe tanto più incomprensibile tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale no 477 del 2002 (paragrafo 18 sopra) adottato in seguito ad un incidente di costituzionalità sollevata dalla Corte di cassazione stessa.
2. Il Governo
23. Il Governo osserva al primo colpo che il richiedente avrebbe dovuto sapere fin dall’inizio delle istanze che era necessario notificare gli atti del procedimento alle parti assenti. Rileva poi che l’ordine di notificare è stato emesso il 17 marzo 2000, e che fu solamente il 31 maggio 2000 che il richiedente ha presentato gli atti presso l’ competente ufficio della corte di appello di Trento. Una volta ricevuto gli atti del richiedente, le autorità italiane e tedesche hanno compiuto il procedimento di notificazione entro ventuno giorni. Nessuna negligenza potrebbe quindi essere imputata a loro.
24. Peraltro, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il termine contemplato all’articolo 331 del CPC, fissato dal giudice alla luce delle circostanze particolari di ogni caso specifico, è costrittivo e non può essere prorogato. Lo scopo di tale regola sarebbe di garantire la rapidità del processo; non violerebbe il diritto ad un processo equo perché permetterebbe alle parti di ovviare ad un errore commesso nell’atto introduttivo di istanza.
25. Il Governo rileva inoltre che la giurisprudenza sopraccitata non è completamente ben stabilita. Difatti, con la decisione no 11072 del 15 luglio 2003, resa nella causa Ordine dei farmacisti della provincia di Foggia c. Murgo ed altri, la terza sezione della Corte di cassazione ha stimato che la sanzione dell’inammissibilità del ricorso può essere evitata quando la parte interessata prova che il termine non è stato rispettato per circostanze che non gli sono imputabili.
26. Il Governo considera che nel presente caso il richiedente non ha fornito tale prova. Al contrario, una negligenza del richiedente consisterebbe nel fatto che questo ha aspettato più di due mesi prima di rivolgersi all’ufficio per le notificazioni della corte di appello di Trento.
27. Alla luce di ciò che precede, il Governo stima che nello specifico le limitazioni al diritto di accesso ad un tribunale hanno rispettato il giusto equilibrio che deve regnare tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto.
28. Del resto, il Governo osserva che la regola secondo cui la notificazione produce i suoi effetti solamente quando l’atto giunge al suo destinatario risulta dalle convenzioni internazionali in materia di notificazioni all’estero. Il diritto interno che sarebbe stato più favorevole al richiedente, si trova ad applicare solamente se è impossibile seguire il procedimento stabilito da queste convenzioni.
29. Nel caso del richiedente, la convenzione applicabile era quella de L’Aia, ai termini della quale l’atto viene rilasciato ad un ufficiale giudiziario di giustizia italiana che lo trasmette all’autorità estera competente per la notificazione. Il Governo sostiene che se la convenzione fosse contraria all’articolo 6, questa incompatibilità non potrebbe essere imputata all’Italia che potrebbe rispondere unicamente dinnanzi alla Corte delle sue leggi o degli atti delle sue autorità interne.
B. La valutazione della Corte
30. Nella sua decisione sull’ammissibilità, la Corte ha stimato che la presente causa poneva innanzitutto la questione di sapere se il richiedente ha goduto del diritto, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, di avere accesso ad un tribunale per ottenere una decisione sul suo ricorso in cassazione contro la sentenza della corte di appello di Trento del 14 maggio 1997 (vedere Golder c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1975, serie A no 18, pp. 17-18, §§ 35-36).
31. Risulta dalla giurisprudenza della Corte che questo diritto non è assoluto e suscita le limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché richiama anche per la sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione (vedere, tra altre, Levages Prestations Services c. Francia, sentenza del 23 ottobre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, p. 1543, § 40). Tuttavia, queste limitazioni non potrebbero restringere l’accesso aperto ad un giudicabile in modo o ad un punto che il suo diritto ad un tribunale si trovi raggiunto nella sua stessa sostanza. Inoltre, le limitazioni applicate si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se inseguono un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (Cordova c. Italia (no 1), no 40877/98, § 54, CEDH 2003-I; vedere anche il richiamo dei principi pertinenti in Fayed c. Regno Unito, sentenza del 21 settembre 1994, serie A no 294-B, pp. 49-50, § 65).
32. La regolamentazione relativa ai termini da rispettare per formare un ricorso mira certo a garantire una buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, del principio della sicurezza giuridica. Gli interessati devono aspettarsi che queste regole vengano applicate. Tuttavia, la regolamentazione in questione, o l’applicazione che ne viene fatta, non dovrebbe impedire al giudicabile di avvalersi di una via di ricorso disponibile (Leoni c. Italia, no 43269/98, § 23, 26 ottobre 2000).
33. Spetta al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi ed ai tribunali, interpretare la legislazione interna che riguarda le suddette regole di natura procedurale (Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, sentenza del 19 febbraio 1998, Raccolta 1998-I, p. 290, § 33, e Pérez di Rada Cavanilles c. Spagna, sentenza del 28 ottobre 1998, Raccolta 1998-VIII, p. 3255, § 43). Il ruolo della Corte si limita a verificare la compatibilità con la Convenzione degli effetti di simile interpretazione (Cordova c. Italia (no 1), sentenza precitata, § 57). A questo riguardo, conviene ricordare che il ruolo della Corte non è di esaminare in abstracto la legislazione e la pratica pertinente, ma di ricercare se il modo in cui hanno coinvolto il richiedente ha infranto la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Padovani c. Italia, sentenza del 26 febbraio 1993, serie A no 257-B, p. 20, § 24).
34. Nello specifico, la Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso del richiedente inammissibile per tardività, al motivo che l’interessato non aveva rispettato il termine per effettuare le notificazioni (paragrafo 15 sopra). Secondo il richiedente, ciò l’ha privato del suo diritto di vedere esaminare da parte dell’alta giurisdizione italiana la sua istanza che tendeva al controllo della legittimità della decisione della corte di appello di Trento. Il ritardo nelle notificazioni non potrebbe essergli imputato, perché sarebbe dovuto, al contrario, ai termini provocati dagli organi statali competenti.
35. La Corte rileva che il 17 marzo 2000, il presidente della seconda sezione della Corte di cassazione aveva ordinato al richiedente di notificare il suo ricorso a tutte le persone che erano state stata parti ai procedimenti di prima e seconda istanza entro novanta giorni (paragrafo 12 sopra). L’interessato depositò gli atti presso l’ufficio per le notificazioni della corte di appello di Trento solamente il 31 maggio 2000, cioè più di due mesi più tardi (paragrafo 14 sopra). Però, conviene notare che, risiedendo certe delle persone in questione all’estero, si imponeva non solo di ricercare il loro indirizzo , ma anche, dopo avere ottenuto delle copie certificate conformi, di fare tradurre il ricorso e di fare autenticare la traduzione da parte del tribunale di Bolzano.
36. La Corte riconosce che il compimento di queste formalità necessitava un certo tempo. Peraltro, il richiedente aveva segnalato le difficoltà che incontrava presso le autorità italiane, sollecitando, prima della sua scadenza, una proroga del termine che gli era stato assegnato (paragrafo 13 sopra). In queste circostanze, la Corte potrebbe concludere che il richiedente abbia agito con negligenza (vedere, mutatis mutandis, Leoni c. Italia e Pérez di Rada Cavanilles, sentenze precitate, rispettivamente § 26 e § 47).
37. La Corte rileva che il richiedente aveva compiuto tutti i compiti che gli spettavano in tempo utile, ossia diciassette giorni prima della scadenza del termine. Il ritardo che si è prodotto riguardava il procedimento ulteriore di notificazione all’estero in cui l’ufficiale giudiziario di giustizia italiana trasmetteva la pratica al ministero della Giustizia del paese riguardato che in seguito si occupava della rimessa degli atti. A questo riguardo, importa poco di sapere se, come sostiene il Governo, le notificazioni in Germania sono state effettuate dalle autorità locali entro ventuno giorni (paragrafo 23 sopra) o se, come afferma il richiedente, gli atti sono giunti ai loro destinatari solamente il 7 ottobre 2000 (paragrafo 21 sopra). Difatti, il punto al cuore della presente causa è che le notificazioni hanno avuto luogo dopo la scadenza del termine fissato all’articolo 331 del CPC, il che non è contestato dalle parti.
38. Come la Corte costituzionale ha sottolineato a buon diritto nelle sue sentenze numeri 10 del 1978, 69 del 1994 e 477 del 2002, la fase del procedimento di notificazione posteriore alla rimessa degli atti all’ufficio della corte di appello di Trento sfuggiva al controllo dell’individuo (paragrafi 17 e 18 sopra).
39. Malgrado ciò, la Corte di cassazione ha negato di prorogare il termine fissato dal presidente della seconda sezione. La Corte stima che l’applicazione particolarmente rigorosa fatta dalle giurisdizioni interne di questa regola di procedimento ha penalizzato il richiedente in modo irragionevole, ritenendolo, di facto, in parte responsabile per i ritardi provocati sia dagli ufficiali giudiziari di giustizia italiana che dalle autorità tedesche.
40. Per ciò che riguarda, infine, l’argomento del Governo secondo cui questo sistema di notificazione sarebbe imposto dalla convenzione de L’Aia (paragrafi 28 e 29 sopra) la Corte ricorda che la presente Convenzione non impedisce alle Alte Parti contraenti di ratificare altri trattati internazionali. Non si potrebbe ammettere però che, tramite un trasferimento di competenze, possano sottrarre, allo stesso tempo, delle materie normalmente previste dalla Convenzione alle garanzie che vi sono decretate (Tête c. Francia, no 11123/84, decisione della Commissione del 9 dicembre 1987, Decisioni e rapporti, (DR, 54, pp,. 52, 59). I diritti garantiti dalla presente Convenzione devono continuare ad “essere riconosciuti” dunque, e simile ratifica non fa sparire la responsabilità degli Stati membri (vedere, mutatis mutandis, Matthews c. Regno Unito [GC], no 24833/94, § 32, CEDH 1999-I).
41. In queste circostanze, la Corte stima che il rigetto del ricorso del richiedente per tardività si analizza in un ostacolo ingiustificato al suo diritto di accesso ad un tribunale per la determinazione dei suoi “diritti ed obblighi di carattere civile.”
42. C’è stata dunque violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
43. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
44. Il richiedente stima di avere subito un danno materiale, dovuto alla perdita del suo diritto di proprietà sulla sua quota del terreno controverso. Questo danno dovrebbe essere calcolato sulla base dell’indennità che avrebbe dovuto essere dovuta in caso di espropriazione, o 17 008,83 euro (EUR). Il richiedente adduce anche un danno morale, legato ai dispiaceri ed alle angosce provocati dal procedimento giudiziale. Richiede 6 000 EUR a questo titolo.
45. Il Governo non vede nessun legame di causalità tra le violazioni della Convenzione addotta ed il danno materiale invocato dal richiedente. In quanto al danno morale, la semplice constatazione di una violazione fornirebbe, in sé, una soddisfazione equa sufficiente.
46. La Corte non potrebbe scoprire nessuno legame di causalità diretta tra la violazione constatata nella presente sentenza ed il danno materiale addotto dal richiedente. Difatti, non potrebbe speculare sul risultato al quale il procedimento controverso sarebbe arrivato se la violazione alla Convenzione non avesse avuto luogo. Invece, la Corte considera che il richiedente ha subito una vera perdita di probabilità ed un torto morale certo (Pélissier e Sassi c. Francia, no 25444/94, § 80, CEDH 1999-II, e Leoni c. Italia, sentenza precitata, § 32). Avuto riguardo alle circostanze della causa e deliberando su una base equa come esige l’articolo 41 della Convenzione, decide di concedergli 5 500 EUR.
B. Oneri e spese
47. Il richiedente sollecita il rimborso dei costi del procedimento interno. Osserva di essere stato condannato a pagare gli oneri impegnati dalla società X, che ammontavano a 9 019,67 EUR, ed avere speso 7 559,91 EUR per la sua propria difesa. Il richiedente chiede inoltre 6 000 EUR a titolo di onere del procedimento dinnanzi alla Corte.
48. Il Governo stima che niente è dovuto al richiedente per i procedimenti interni, al motivo che le sue affermazioni sarebbero prive di fondamento. In quanto agli oneri del procedimento europeo, il Governo si rimette alla saggezza della Corte, sottolineando allo stesso tempo la semplicità della causa.
49. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il sussidio degli oneri e delle spese sostenuti dal richiedente può intervenire solamente nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, tra molte altre, Belziuk c. Polonia, sentenza del 25 marzo 1998, Raccolta 1998-II, p. 573, § 49, e Sardinas Albo c. Italia, no 56271/00, § 110, 17 febbraio 2005).
50. Per ciò che riguarda i costi del procedimento interno, la Corte rileva che la parcella dell’ avvocato richiesta si riferisce alla difesa del richiedente nell’insieme del procedimento nazionale, e non riguarda unicamente la questione del rigetto per tardività del ricorso in cassazione. La somma sollecitata non è stata dunque necessariamente sostenuta per fare risanare la violazione della Convenzione constatata dalla Corte nel presente caso (vedere, mutatis mutandis, Nikolova c. Bulgaria, no 31195/96, § 79, CEDH 1999-II). Non vi è dubbio che il richiedente abbia sostenuto delle spese per fare correggere la violazione della Convenzione nell’ordine giuridico interno (vedere, mutatis mutandis, Rojas Moeales c. Italia, no 39676/98 § 42, 16 novembre 2000.) Tenuto conto degli elementi in suo possesso e della sua pratica in materia la Corte considera, ragionevole accordargli 1 500 EUR sotto questo capo.
51. Per ciò che riguarda i costi sostenuti a livello europeo, la Corte li trova eccessivi. Stima quindi che vi è luogo di rimborsare solo in parte partire gli oneri esposti dal richiedente dinnanzi a lei (vedere, mutatis mutandis, Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 59, 15 gennaio 2004, e Cianetti v. Italia, no 55634/00, § 56, 22 aprile 2004). Tenuto conto degli elementi in suo possesso e della sua pratica in materia considera, ragionevole accordare 2 500 EUR a questo titolo (vedere, mutatis mutandis, Santoro c. Italia, no 36681/97, § 68, 1 luglio 2004).
52. Ne segue che l’importo globale degli oneri e delle spese da rimborsare al richiedente ammonta a 4 000 EUR.
C. Interessi moratori
53. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
2. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 5 500 EUR, (cinquemila cinque centesimi euro) per danno morale e 4 000 EUR (quattromila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 19 maggio 2005 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Boštjan Sig. Zupančič
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1 ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – réparation pécuniaire ; Remboursement partiel frais et dépens – procédure nationale ; Remboursement partiel frais et dépens – procédure de la Convention
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE KAUFMANN c. ITALIE
(Requête no 14021/02)
ARRÊT
STRASBOURG
19 mai 2005
DÉFINITIF
12/10/2005
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Kaufmann c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
MM. B.M. Zupančič, président,
J. Hedigan,
L. Caflisch,
Mme M. Tsatsa-Nikolovska,
M. V. Zagrebelsky,
Mme A. Gyulumyan,
M. David Thór Björgvinsson, juges,
et de M. V. Berger, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 avril 2005,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 14021/02) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, M. H. K. (« le requérant »), a saisi la Cour le 1er décembre 2001 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me S. D., avocat à Bolzano. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I.M. Braguglia, et par son co-agent, M. F. Crisafulli.
3. Le requérant alléguait de ne pas avoir eu accès à la Cour de cassation afin d’obtenir une décision sur son pourvoi contre un arrêt de la cour d’appel de Trente.
4. La requête a été attribuée à la première section de la Cour (article 52 § 1 du règlement). Au sein de celle-ci, la chambre chargée d’examiner l’affaire (article 27 § 1 de la Convention) a été constituée conformément à l’article 26 § 1 du règlement.
5. Par une décision du 23 septembre 2004, la chambre a déclaré la requête recevable.
6. Tant le requérant que le Gouvernement ont déposé des observations écrites sur le fond de l’affaire (article 59 § 1 du règlement).
7. Le 1er novembre 2004, la Cour a modifié la composition de ses sections (article 25 § 1 du règlement). La présente requête a été attribuée à la troisième section ainsi remaniée (article 52 § 1).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
8. Le requérant est né en 1938 et réside à Nova Levante.
9. En 1990, la société X assigna six personnes, parmi lesquelles le requérant, devant le tribunal de Bolzano afin de faire constater qu’elle avait acquis par usucapion la propriété d’un terrain. Le requérant et son frère, M. O. K., se constituèrent dans la procédure, alors que les autres défendeurs (A, B, C et D) ne participèrent pas à celle-ci. Par un jugement du 24 février 1995, le tribunal rejeta la demande de la société X.
10. Cette dernière interjeta appel. Entre-temps, D était décédé, et ses héritiers, E, F et G avaient été cités à comparaître à sa place. Parmi les défendeurs, seuls le requérant et son frère O. se constituèrent dans la procédure d’appel. Par un arrêt du 14 mai 1997, la cour d’appel de Trente déclara que la société X avait acquis le droit de propriété d’une quote-part du terrain litigieux.
11. Le requérant et son frère O. se pourvurent en cassation.
12. Le 17 mars 2000, le président de la deuxième section de la Cour de cassation, se fondant sur l’article 331 du code de procédure civile (« le CPC »), ordonna au requérant de notifier, dans un délai de quatre – vingt – dix jours, son pourvoi aux personnes qui, bien qu’absentes, avaient été formellement parties aux procédures de première et deuxième instance.
13. Le 14 juin 2000, le requérant demanda une prorogation du délai qui lui avait été imparti. Il observa que les notifications avaient été régulièrement effectuées en ce qui concernait les personnes résidant en Italie, mais que des difficultés avaient été rencontrées pour notifier le pourvoi à E, F et G, qui résidaient en Allemagne.
14. En octobre 2000, le requérant présenta un mémoire. Il expliqua que la notification à E, F et G demandait l’accomplissement d’une série de formalités : il avait d’abord fallu trouver l’adresse de ces personnes, puis obtenir auprès du greffe de la Cour de cassation, en date du 6 mai 2000, des copies certifiées conformes du pourvoi, faire traduire l’original italien et faire authentifier (asseverare) la traduction par le tribunal de Bolzano. Les actes avaient donc été présentés pour notification auprès du bureau compétent de la cour d’appel de Trente seulement le 31 mai 2000. Le 2 juin 2000, l’huissier de justice compétent avait transmis au ministère de la Justice allemand une demande de notification urgente. Il ressortait d’une communication de ce ministère du 30 juin 2000 que la notification avait été effectuée le 21 juin 2000, donc après l’expiration du délai fixé par le président de la deuxième section de la Cour de cassation. A la lumière de ceci, le requérant invoqua sa bonne foi et demanda à ne pas être débouté.
15. Par un arrêt du 9 octobre 2000, dont le texte fut déposé au greffe le 4 juin 2001, la Cour de cassation déclara le pourvoi du requérant irrecevable. Elle observa qu’aux termes de sa jurisprudence constante, le délai prévu à l’article 331 du CPC était contraignant et ne pouvait pas être prorogé. De plus, faute d’une intervention ad hoc du législateur, les motifs pour lesquels le délai n’avait pas été respecté ne pouvaient pas être pris en compte.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
16. L’article 331 du CPC se lit ainsi :
« 1. Lorsque le jugement prononcé à l’égard de plusieurs parties dans le cadre d’une affaire ne pouvant pas être séparée (causa inscindibile) ou dans le cadre d’affaires connexes (dipendenti) n’a pas été attaqué à l’égard de toutes [les parties], le juge ordonne de citer les parties qui manquent (l’integrazione del contraddittorio) et fixe le délai dans lequel la notification doit être faite et, si nécessaire, l’audience à laquelle [les parties] doivent comparaître.
2. Le recours est déclaré irrecevable si aucune des parties ne se charge de la citation dans le délai fixé ».
17. Dans ses arrêts nos 10 de 1978 et 69 de 1994, la Cour constitutionnelle a indiqué que, dans le cas d’une notification devant être effectuée à l’étranger, la procédure de notification échappe en partie au contrôle du particulier, qui a un intérêt juridiquement protégé à ne pas être pénalisé par l’accomplissement tardif d’activités devant être accomplies par les autorités d’un autre Etat.
18. Dans son arrêt no 477 de 2002, la Cour constitutionnelle a précisé que le dies ad quem du délai pour la notification d’un acte doit être fixé au moment où la partie du procès remet l’acte en question à l’huissier de justice, toute activité accomplie postérieurement par ce dernier étant soustraite au contrôle du particulier.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
19. Le requérant considère que le rejet de son pourvoi en cassation s’analyse en un déni de justice. Il invoque l’article 6 de la Convention qui, dans ses parties pertinentes, est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…). »
A. Les arguments des parties
1. Le requérant
20. Le requérant allègue que le non-respect du délai pour les notifications en Allemagne était dû à des circonstances indépendantes de sa volonté (notamment la nécessité d’obtenir des copies certifiées conformes du pourvoi et une traduction authentifiée de celui-ci). De ce fait, la Cour de cassation, qui connaissait ces obligations, aurait dû octroyer une prorogation du délai fixé aux termes de l’article 331 du CPC. De plus, l’absence de la preuve de la notification en Allemagne était imputable aux autorités de ce pays, et aux termes des dispositions internes pertinentes la Cour de cassation était tenue de surseoir à statuer en attendant de recevoir cette preuve.
21. Le requérant estime avoir accompli les formalités qui lui incombaient en temps utile, étant donné que le dossier complet a été présenté à la cour d’appel de Trente le 31 mai 2000. Par ailleurs, l’affirmation du Gouvernement selon laquelle les notifications en Allemagne auraient été accomplies par les organes compétents dans un délai de vingt et un jours serait dépourvue de fondement. En effet, les actes, envoyés le 1er juin 2000, seraient parvenus à leurs destinataires seulement le 7 octobre 2000.
22. Selon le requérant, la décision de la Cour de cassation serait d’autant plus incompréhensible compte tenu de l’arrêt de la Cour constitutionnelle no 477 de 2002 (paragraphe 18 ci-dessus), adopté à la suite d’un incident de constitutionnalité soulevé par la Cour de cassation elle-même.
2. Le Gouvernement
23. Le Gouvernement observe d’emblée que le requérant aurait dû savoir dès le début des instances qu’il était nécessaire de notifier les actes de la procédure aux parties absentes. Il relève ensuite que l’ordre de notifier a été émis le 17 mars 2000, et que ce ne fut que le 31 mai 2000 que le requérant a présenté les actes auprès du compétent bureau de la cour d’appel de Trente. Une fois reçus les actes du requérant, les autorités italiennes et allemandes ont accompli la procédure de notification dans un délai de vingt et un jours. Aucune négligence ne pourrait dès lors leur être imputée.
24. Par ailleurs, selon la jurisprudence de la Cour de cassation, le délai prévu à l’article 331 du CPC, fixé par le juge à la lumière des circonstances particulières de chaque cas d’espèce, est contraignant et ne peut pas être prorogé. Le but d’une telle règle serait d’assurer la rapidité du procès ; elle ne violerait pas le droit à un procès équitable car elle permettrait aux parties de remédier à une erreur commise dans l’acte introductif d’instance.
25. Le Gouvernement relève cependant que la jurisprudence citée ci-dessus n’est pas tout à fait bien établie. En effet, par une décision no 11072 du 15 juillet 2003, rendue dans l’affaire Ordre des pharmaciens de la province de Foggia c. Murgo et autres, la troisième section de la Cour de cassation a estimé que la sanction de l’irrecevabilité du pourvoi peut être évitée lorsque la partie intéressée prouve que le délai n’a pas été respecté pour des circonstances qui ne lui sont pas imputables.
26. Le Gouvernement considère que dans la présente espèce le requérant n’a pas fourni une telle preuve. Au contraire, une négligence du requérant consisterait dans le fait que celui-ci a attendu plus de deux mois avant de s’adresser au bureau pour les notifications de la cour d’appel de Trente.
27. A la lumière de ce qui précède, le Gouvernement estime qu’en l’espèce les limitations au droit d’accès à un tribunal ont respecté le juste équilibre devant régner entre les moyens employés et le but visé.
28. Au demeurant, le Gouvernement observe que la règle selon laquelle la notification produit ses effets seulement lorsque l’acte parvient à son destinataire ressort des conventions internationales en matière de notifications à l’étranger. Le droit interne, qui aurait été plus favorable au requérant, trouve à s’appliquer seulement s’il est impossible de suivre la procédure arrêtée par ces conventions.
29. Dans le cas du requérant, la convention applicable était celle de La Haye, aux termes de laquelle l’acte est délivré à un huissier de justice italien qui le transmet à l’autorité étrangère compétente pour la notification. Le Gouvernement soutient que si la convention était contraire à l’article 6, cette incompatibilité ne saurait être imputée à l’Italie, qui pourrait répondre devant la Cour uniquement de ses lois ou des actes de ses autorités internes.
B. L’appréciation de la Cour
30. Dans sa décision sur la recevabilité, la Cour a estimé que la présente affaire posait avant tout la question de savoir si le requérant a joui du droit, garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, d’avoir accès à un tribunal afin d’obtenir une décision sur son pourvoi en cassation contre l’arrêt de la cour d’appel de Trente du 14 mai 1997 (voir Golder c. Royaume-Uni, arrêt du 21 février 1975, série A no 18, pp. 17-18, §§ 35-36).
31. Il ressort de la jurisprudence de la Cour que ce droit n’est pas absolu et se prête à des limitations implicitement admises, notamment quant aux conditions de recevabilité d’un recours, car il appelle de par sa nature même une réglementation par l’Etat, lequel jouit à cet égard d’une certaine marge d’appréciation (voir, parmi d’autres, Levages Prestations Services c. France, arrêt du 23 octobre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-V, p. 1543, § 40). Toutefois, ces limitations ne sauraient restreindre l’accès ouvert à un justiciable de manière ou à un point tels que son droit à un tribunal s’en trouve atteint dans sa substance même. En outre, les limitations appliquées ne se concilient avec l’article 6 § 1 que si elles poursuivent un but légitime et s’il existe un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé (Cordova c. Italie (no 1), no 40877/98, § 54, CEDH 2003-I ; voir également le rappel des principes pertinents dans Fayed c. Royaume-Uni, arrêt du 21 septembre 1994, série A no 294-B, pp. 49-50, § 65).
32. La réglementation relative aux délais à respecter pour former un recours vise certes à assurer une bonne administration de la justice et le respect, en particulier, du principe de la sécurité juridique. Les intéressés doivent s’attendre à ce que ces règles soient appliquées. Toutefois, la réglementation en question, ou l’application qui en est faite, ne devrait pas empêcher le justiciable de se prévaloir d’une voie de recours disponible (Leoni c. Italie, no 43269/98, § 23, 26 octobre 2000).
33. C’est au premier chef aux autorités nationales, et notamment aux cours et aux tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne concernant les susdites règles de nature procédurale (Edificaciones March Gallego S.A. c. Espagne, arrêt du 19 février 1998, Recueil 1998-I, p. 290, § 33, et Pérez de Rada Cavanilles c. Espagne, arrêt du 28 octobre 1998, Recueil 1998-VIII, p. 3255, § 43). Le rôle de la Cour se limite à vérifier la compatibilité avec la Convention des effets de pareille interprétation (Cordova c. Italie (no 1), arrêt précité, § 57). A cet égard, il convient de rappeler que le rôle de la Cour n’est pas d’examiner in abstracto la législation et la pratique pertinentes, mais de rechercher si la manière dont elles ont touché le requérant a enfreint la Convention (voir, mutatis mutandis, Padovani c. Italie, arrêt du 26 février 1993, série A no 257-B, p. 20, § 24).
34. En l’espèce, la Cour de cassation a déclaré le pourvoi du requérant irrecevable pour tardiveté, au motif que l’intéressé n’avait pas respecté le délai pour effectuer les notifications (paragraphe 15 ci-dessus). Selon le requérant, cela l’a privée de son droit de voir examiner par la haute juridiction italienne sa demande tendant au contrôle de légitimité de la décision de la cour d’appel de Trente. Le retard dans les notifications ne saurait lui être imputé, car il serait dû, au contraire, aux délais provoqués par les organes étatiques compétents.
35. La Cour relève que le 17 mars 2000, le président de la deuxième section de la Cour de cassation avait ordonné au requérant de notifier son pourvoi à toutes les personnes ayant été parties aux procédures de première et deuxième instance dans un délai de quatre – vingt – dix jours (paragraphe 12 ci-dessus). L’intéressé déposa les actes auprès du bureau pour les notifications de la cour d’appel de Trente seulement le 31 mai 2000, c’est-à-dire plus de deux mois plus tard (paragraphe 14 ci-dessus). Cependant, il convient de noter que, certaines des personnes en question résidant à l’étranger, il s’imposait non seulement de rechercher leur adresse, mais aussi, après en avoir obtenu des copies certifiées conformes, de faire traduire le pourvoi et de faire authentifier la traduction par le tribunal de Bolzano.
36. La Cour reconnaît que l’accomplissement de ces formalités nécessitait un certain temps. Par ailleurs, le requérant avait signalé les difficultés qu’il rencontrait aux autorités italiennes, sollicitant, avant son expiration, une prorogation du délai qui lui avait été imparti (paragraphe 13 ci-dessus). Dans ces circonstances, la Cour ne saurait conclure que le requérant ait agi avec négligence (voir, mutatis mutandis, Leoni c. Italie et Pérez de Rada Cavanilles, arrêts précités, respectivement § 26 et § 47).
37. La Cour relève que le requérant avait accompli toutes les tâches qui lui incombaient en temps utile, à savoir dix-sept jours avant l’expiration du délai. Le retard qui s’est produit par la suite concernait la procédure ultérieure de notification à l’étranger, dans laquelle l’huissier de justice italien transmet le dossier au ministère de la Justice du pays concerné, qui se charge de la remise des actes. A cet égard, peu importe de savoir si, comme le soutient le Gouvernement, les notifications en Allemagne ont été effectuées par les autorités locales dans un délai de vingt et un jours (paragraphe 23 ci-dessus) ou si, comme l’affirme le requérant, les actes sont parvenus à leurs destinataires seulement le 7 octobre 2000 (paragraphe 21 ci-dessus). En effet, le point au cœur de la présente affaire est que les notifications ont eu lieu après l’expiration du délai fixé à l’article 331 du CPC, ce qui n’est pas contesté par les parties.
38. Comme la Cour constitutionnelle l’a à juste titre souligné dans ses arrêts nos 10 de 1978, 69 de 1994 et 477 de 2002, la phase de la procédure de notification postérieure à la remise des actes au bureau de la cour d’appel de Trente échappait au contrôle du particulier (paragraphes 17 et 18 ci-dessus).
39. Malgré cela, la Cour de cassation a refusé de proroger le délai fixé par le président de la deuxième section. La Cour estime que l’application particulièrement rigoureuse faite par les juridictions internes de cette règle de procédure a pénalisé le requérant de manière déraisonnable, le tenant, de facto, en partie pour responsable pour les retards provoqués tant par les huissiers de justice italiens que par les autorités allemandes.
40. Pour ce qui est, enfin, de l’argument du Gouvernement, selon lequel ce système de notification serait imposé par la convention de La Haye (paragraphes 28 et 29 ci-dessus), la Cour rappelle que la présente Convention n’empêche pas les Hautes Parties contractantes de ratifier d’autres traités internationaux. On ne saurait cependant admettre que, par le biais d’un transfert de compétences, elles puissent soustraire, du même coup, des matières normalement visées par la Convention aux garanties qui y sont édictées (Tête c. France, no 11123/84, décision de la Commission du 9 décembre 1987, Décisions et rapports (DR) 54, pp. 52, 59). Les droits garantis par la présente Convention doivent donc continuer d’être « reconnus », et pareille ratification ne fait pas disparaître la responsabilité des Etats membres (voir, mutatis mutandis, Matthews c. Royaume-Uni [GC], no 24833/94, § 32, CEDH 1999-I).
41. Dans ces circonstances, la Cour estime que le rejet du pourvoi du requérant pour tardiveté s’analyse en une entrave injustifiée à son droit d’accès à un tribunal pour la détermination de ses « droits et obligations de caractère civil ».
42. Il y a donc eu violation de l’article 6 § 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
43. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
44. Le requérant estime avoir subi un préjudice matériel, dû à la perte de son droit de propriété sur sa quote-part du terrain litigieux. Ce préjudice devrait être calculé sur la base de l’indemnité qui aurait été due en cas d’expropriation, soit 17 008,83 euros (EUR). Le requérant allègue également un dommage moral, lié aux désagrégements et aux angoisses provoqués par la procédure judiciaire. Il réclame 6 000 EUR à ce titre.
45. Le Gouvernement n’aperçoit aucun lien de causalité entre la violation de la Convention alléguée et le préjudice matériel invoqué par le requérant. Quant au préjudice moral, le simple constat d’une violation fournirait, en soi, une satisfaction équitable suffisante.
46. La Cour ne saurait déceler aucun lien de causalité direct entre la violation constatée dans le présent arrêt et le préjudice matériel allégué par le requérant. En effet, elle ne saurait spéculer sur le résultat auquel la procédure litigieuse aurait abouti si l’infraction à la Convention n’avait pas eu lieu. Par contre, la Cour considère que le requérant a subi une véritable perte de chances et un tort moral certain (Pélissier et Sassi c. France, no 25444/94, § 80, CEDH 1999-II, et Leoni c. Italie, arrêt précité, § 32). Eu égard aux circonstances de la cause et statuant sur une base équitable comme le veut l’article 41 de la Convention, elle décide de lui octroyer 5 500 EUR.
B. Frais et dépens
47. Le requérant sollicite le remboursement des coûts de la procédure interne. Il observe avoir été condamné à payer les frais encourus par la société X, s’élevant à 9 019,67 EUR, et avoir dépensé 7 559,91 EUR pour sa propre défense. Le requérant demande en outre 6 000 EUR à titre de frais de la procédure devant la Cour.
48. Le Gouvernement estime que rien n’est dû au requérant pour les procédures internes, au motif que ses allégations seraient dépourvues de fondement. Quant aux frais de la procédure européenne, le Gouvernement s’en remet à la sagesse de la Cour, soulignant en même temps la simplicité de l’affaire.
49. Selon la jurisprudence constante de la Cour, l’allocation des frais et dépens exposés par le requérant ne peut intervenir que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (voir, parmi beaucoup d’autres, Belziuk c. Pologne, arrêt du 25 mars 1998, Recueil 1998-II, p. 573, § 49, et Sardinas Albo c. Italie, no 56271/00, § 110, 17 février 2005).
50. Pour ce qui est des coûts de la procédure interne, la Cour relève que les honoraires d’avocat réclamés se rapportent à la défense du requérant dans l’ensemble de la procédure nationale, et ne concernent pas uniquement la question du rejet pour tardiveté du pourvoi en cassation. Les sommes sollicitées n’ont donc pas été nécessairement exposées pour faire redresser la violation de la Convention constatée par la Cour dans la présente espèce (voir, mutatis mutandis, Nikolova c. Bulgarie, no 31195/96, § 79, CEDH 1999-II). Il en demeure pas moins que le requérant a encouru des dépenses pour faire corriger la violation de la Convention dans l’ordre juridique interne (voir, mutatis mutandis, Rojas Morales c. Italie, no 39676/98 § 42, 16 novembre 2000). Compte tenu des éléments en sa possession et de sa pratique en la matière, la Cour considère raisonnable de lui accorder 1 500 EUR de ce chef.
51. Pour ce qui concerne les coûts exposés au niveau européen, la Cour les trouve excessifs. Elle estime dès lors qu’il n’y a lieu de rembourser qu’en partie les frais exposés par le requérant devant elle (voir, mutatis mutandis, Sakkopoulos c. Grèce, no 61828/00, § 59, 15 janvier 2004, et Cianetti v. Italie, no 55634/00, § 56, 22 avril 2004). Compte tenu des éléments en sa possession et de sa pratique en la matière, elle considère raisonnable d’accorder 2 500 EUR à ce titre (voir, mutatis mutandis, Santoro c. Italie, no 36681/97, § 68, 1 juillet 2004).
52. Il s’ensuit que le montant global des frais et dépenses à rembourser au requérant s’élève à 4 000 EUR.
C. Intérêts moratoires
53. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À l’UNANIMITÉ,
1. Dit, qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
2. Dit,
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 5 500 EUR (cinq mille cinq cents euros) pour dommage moral et 4 000 EUR (quatre mille euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
3. Rejette, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 19 mai 2005 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Vincent Berger Boštjan M. Zupančič
Greffier Président

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 10/12/2024