Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
SECONDA SEZIONE
CAUSA KARAMAN C. TURCHIA
( Richiesta no 6489/03)
SENTENZA
(fondo)
STRASBURGO
15 gennaio 2008
DEFINITIVO
15/04/2008
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Karaman c. Turchia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Andr?s Baka, Riza T?rmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popovic, giudici,
e di Sally Doll?, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 11 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha, adottata in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6489/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. Sig. K. e la Sig.ra N. K. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 24 gennaio 2003 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dinnanzi alla Corte da ?. Y., avvocato ad Istanbul. Il governo turco (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente.
3. I richiedenti si lamentano di un attentato ingiustificato al loro diritto al rispetto dei loro beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 19 dicembre 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta. Avvalendosi dell’articolo 29 ? 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilit? e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1939 e 1949. Risiedono ad Istanbul.
6. Il 26 agosto 1997, i richiedenti procedettero al lottizzazione del loro terreno di una superficie di 13 625 m2 ubicato a Sultan?ifligi, Istanbul. Con un atto notarile, fecero da prima una cessione di 2 335,89 m2 di questo terreno per la costruzione di strade, conformemente al piano di urbanizzazione. Peraltro, cedettero un appezzamento di 3 165 m2 al municipio di Sultan?ifligi per la costruzione di una casa di cura.
7. Il 13 febbraio 1998, il municipio divise per?, l’appezzamento ceduto per la costruzione di una casa di cura in tre lotti. Il primo di 2 037 m2 fu venduto ad un terzo, il secondo di 127 m2 fu iscritto al registro fondiario a nome del municipio ed il terzo di 1 000 m2 venduto al Tesoro pubblico per la costruzione di una casa di cura.
8. Il 6 settembre 1999, basandosi sul capoverso 3 dell’articolo 244 del codice degli obblighi che regola la donazione condizionale, paragrafo 14 sotto, i richiedenti investirono la corte d’appello di ?sk?dar. Richiesero un’indennit? per il lotto venduto a terzi e chiesero la restituzione del titolo di propriet? del lotto iscritto a nome del municipio. Sostennero in particolare che questo ultimo non aveva rispettato le condizioni fissate per la cessione del bene in questione.
9. Con un giudizio del 29 giugno 2000, il tribunale diede integralmente guadagno di causa ai richiedenti. Per fare questo, consider? che la vendita di un lotto del terreno ad una terza persona e l’iscrizione di un altro a nome del municipio non poteva essere considerato conforme allo scopo fissato dalla parte richiedente che aveva ceduto questi beni all’amministrazione. Decise di conseguenza di ingiungere l’amministrazione di versare ai richiedenti la somma in compenso di 10 187 000 000 lire turche, associata a interessi moratori, del primo lotto venduto ad un terzo, e di annullare il titolo di propriet? del municipio sul secondo lotto e di iscriverlo a nome dei richiedenti.
10. In seguito ad un ricorso formato dl municipio, il 30 gennaio 2001, la Corte di cassazione annull? il giudizio di prima istanza. Consider? in particolare:
“(…) In virt? dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione, i vecchi proprietari non possono pi? rivendicare un diritto di propriet? o un compenso in ragione del trasferimento del loro bene-a titolo della pianificazione-conformemente alla legislazione sull’urbanizzazione per la realizzazione di opere di interesse generale, come strade, spazi verdi, ecc. la stessa cosa vale per ci? che riguarda i beni che sono stati oggetto di una lottizzazione a titolo privato e sono stati ceduto all’uso dell’interesse pubblico col consenso del loro proprietario.
[Nello specifico,] allorch? il bene immobiliare controverso costituiva all’origine un terreno di 13 000 m2, ? stato l’oggetto di una pianificazione e la parte in questione ? stata ceduta col consenso del suo proprietario all’amministrazione convenuta. Una casa di cura ? stata costruita su una parte di questo terreno. La parte richiedente richiede un’indennit? per il lotto venduto a terzi e chiede anche l’annullamento del titolo di propriet? dell’altro lotto che appartiene al municipio e l’iscrizione sul registro fondiario a suo nome. Per?, un atto di lascito non poteva essere considerato come un dono condizionale. “
11. Il 6 luglio 2001, la Corte di cassazione respinse la domanda in revisione della sentenza.
12. Il 30 ottobre 2001, deliberando su rinvio, il tribunale si conform? alla sentenza di cassazione e respinse i richiedenti per ci? che concerneva la loro richiesta. Per fare questo, fece sue le considerazioni della Corte di cassazione.
13. Il 29 gennaio e l?11 novembre 2002, la Corte di cassazione conferm? il giudizio del 30 ottobre 2001 respingendo il ricorso e la domanda in revisione della sentenza.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
14. Il capoverso 3 dell’articolo 244 del codice degli obblighi dispone che, nella cornice della donazione condizionale, il donatore pu? revocare la sua donazione se il donatario non soddisfa, senza motivo legittimo, le condizioni sotto le quali donazione era stata fatta; pu? chiedere anche di ricuperarla in proporzione con l ‘arricchimento del donatario.
15. In virt? dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione, i vecchi proprietari non possono pi? rivendicare un diritto di propriet? o un compenso in ragione del trasferimento del loro bene-a titolo della pianificazione-conformemente alla legislazione sull’urbanizzazione per la realizzazione di lavori di interesse generale, come strade, spazi verdi, ecc. La stessa cosa vale perci? che riguarda i beni che sono stati oggetto di un lottizzazione a titolo privato e sono stati ceduti all’uso dell’interesse pubblico col consenso del loro proprietario.
16. Il Governo si riferisce ad una serie di sentenze rese dalla Corte di cassazione concernenti l’applicazione dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione (numero 1996/5090 del 28 maggio 1996, 2002/685 del 2 aprile 2002, 2001/3361 del 11 marzo 2001, 2000/8413 del 29 maggio 2000 e 2005/12736 del 24 novembre 2005). In queste sentenze, l’Alta giurisdizione ha sempre respinto la domanda in restituzione dei beni ceduti dai vecchi proprietari all’amministrazione.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
17. I richiedenti adducono una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, cos? formulato nella sua parte pertinente,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale. “
18. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilit?
19. La Corte constata che la richiesta non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non si scontra contro nessuno altro motivo di inammissibilit?. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
20. I richiedenti sottolineano che avevano ceduto un appezzamento corrispondente a 3 165 m2 del loro bene all’amministrazione per la realizzazione di un lavoro di interesse pubblico e che soli 1 000 m2 sono stati utilizzati a questo fine. Per?, basandosi sull’articolo 35 della legge sull’espropriazione, la Corte di cassazione non ha accolto la loro domanda che tendeva alla restituzione dei 127 m2 iscritti a nome del municipio ed all’ottenimento di un risarcimento risultante dalla vendita di 2 165 m2 del terreno ad una terza persona. Ai loro occhi, questa situazione non ? compatibile col diritto di propriet?.
21. Peraltro, sostengono che l’articolo 35 della legge sull’espropriazione non pu? trovare la sua applicazione nello specifico, nella misura in cui non chiedono la restituzione dei 2 335,89 m2 ceduti all’amministrazione per la costruzione di strade (paragrafo 6 sopra) n? quella dei 1 000 m2 sui quali ? stata costruita una casa di cura. A questo riguardo, sottolineano che, con un giudizio del 29 giugno 2000, la corte d’appello di ?sk?dar ha dato loro guadagno di causa. Fanno valere che in virt? dell’articolo 244 del codice degli obblighi, il donatore pu? revocare la sua donazione se il donatario non assolve, senza motivo legittimo, alle condizioni sotto le quali la donazione era stata fatta (paragrafo 14 sopra).
22. Secondo il Governo, i richiedenti non hanno n? “un bene” n? “una speranza legittima”, al senso della giurisprudenza della Corte, di ottenere il godimento del diritto di propriet? sul bene controverso. Sostiene che occorre solamente un’applicazione del diritto interno. A questo riguardo, secondo le giurisdizioni interne, ? l’articolo 35 della legge sull’espropriazione che doveva applicarsi al caso di specifico e non il codice civile. Di conseguenza, in dritto turco, un trasferimento di propriet? effettuato a favore dell’amministrazione allo scopo della realizzazione di un lavoro di interesse pubblico non pu? essere abbinato a una condizione ed il vecchio proprietario non pu? rivendicare un diritto di propriet? o un compenso risultante dal trasferimento di questo bene.
23. In appoggio delle sue tesi, il Governo si riferisce ad una serie di sentenze rese dalla Corte di cassazione concernenti l’applicazione dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione (paragrafo 16 sopra) e sostiene che esiste una giurisprudenza stabilita in quanto all’applicazione della disposizione precitata. Ricorda che in primo luogo spetta alle giurisdizioni interne interpretare e applicare il diritto interno.
2. Valutazione della Corte
24. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 protegge dei “beni”, nozione che pu? ricoprire tanto i “beni reali” che i valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti, in virt? dei quali il richiedente pu? pretendere di avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di propriet?. Invece, non garantisce un diritto ad acquisire dei beni (Kopeck? c. Slovacchia [GC], no 44912/98, ? 35, CEDH 2004-IX). Quando c’? controversia sul punto di sapere se un richiedente ha un interesse patrimoniale che possa pretendere la protezione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte ? chiamata a definire la situazione giuridica dell’interessato (Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, CEDH 2000-I).
25. A questo riguardo, la Corte ricorda la giurisprudenza manifesta degli organi della Convenzione secondo la quale dei “beni” al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 possono essere o dei “beni esistenti” (vedere Van der Mussele c. Belgio, sentenza del 23 novembre 1983, serie A no 70, p. 23, ? 48; Malhous c. Repubblica ceca, d?c., no 33071/96, CEDH 2000-XII) o dei valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti per i quali un richiedente pu? pretendere avere almeno una “speranza legittima” di vederli concretizzare (vedere, per esempio, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio, sentenza del 20 novembre 1995, serie A no 332; Ouzounis ed altri c. Grecia, no 49144/99, ? 24, 18 aprile 2002). In compenso, non sono da considerare come “beni” al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 la speranza di vedere rivivere un diritto di propriet? che si ? estinto da molto, n? un credito condizionale che si trova annullato in seguito alla mancata realizzazione della condizione.
26. Nel caso specifico, i richiedenti hanno innanzitutto ceduto un appezzamento del loro bene immobiliare all’amministrazione per la realizzazione di un lavoro di interesse pubblico, ossia una casa di cura. Per?, constatando che l’amministrazione si era accontentata di designare solamente una parte di questo bene a questo uso, hanno introdotto dinnanzi alle giurisdizioni civili un’azione che tendeva all’ottenimento, da una parte, di un’indennit? risultante dalla perdita di una parte della loro propriet? e, dall?altra parte, del titolo di propriet? del restante del bene. Per fare questo, si sono avvalsi delle disposizioni degli obblighi del codice.
27. Si pu? considerare certamente che l’oggetto del procedimento cos? impegnato non riguardava dei “beni esistenti” e che i richiedenti non avevano la qualit? di proprietari nel momento in cui hanno introdotto la loro azione civile (confrontare con Gratzinger e Gratzingerova c. Repubblica ceca, d?c.) [GC], no 39794/98, ? 69, CEDH 2002-VII). Per?, nella causa Beneficio Cappella Paolini c. San Marino, no 40786/98, ? 33, CEDH 2004-VIII che riguardava un bene regolarmente espropriato poi non utilizzato, la Corte ha giudicato che l’utilizzazione parziale dei terreni espropriati d? origine a un problema in quanto al rispetto del diritto di propriet?, avuta riguardo, tra l?altro, al cambiamento di destinazione conseguente all’approvazione del nuovo piano di occupazione dei suoli. E? la stessa cosa in quanto alla causa Motais di Narbonne c. Francia, no 48161/99, ? 19, 2 luglio 2002 nella quale la Corte ha giudicato contrario all’articolo 1 del Protocollo no 1 lo scorrimento di un lasso di tempo notevole tra la presa di una decisione che porta all?espropriazione di un bene e la realizzazione concreta del progetto di utilit? pubblica che fonda l’espropriazione.
28. Certo, nelle due cause precitate, si trattava di procedimenti di espropriazione, mentre nello specifico, il trasferimento del bene ha avuto luogo in seguito ad una cessione effettuata dai richiedenti stessi a profitto dell’amministrazione. Comunque sia, dal momento che questo trasferimento ? stato effettuato in vista della realizzazione di un lavoro di interesse pubblico, il ragionamento sviluppato dalla Corte nelle cause precitate pu? a fortiori applicarsi e questo qualunque sia il regime che regolamenta all’origine il trasferimento in questione (vedere, mutatis mutandis, Beneficio Cappella Paolini, precitata, ? 9; Motais di Narbonne, precitata, ? 9). Inoltre, nella causa Beneficio Cappella Paolini precitata (? 33), la Corte ha considerato che l’utilizzazione parziale dei terreni espropriati d? un problema in quanto al rispetto del diritto di propriet? avuto in particolare riguardo alla mancanza in diritto interno di una disposizione che contempla la restituzione dei terreni espropriati e non utilizzati per lo scopo di utilit? pubblica previsto all’epoca dell’espropriazione.
29. Nello specifico, la Corte ? del parere che i richiedenti possono sperare legittimamente la restituzione della porzione del bene in questione che non ? stato utilizzato n? per lo scopo di utilit? pubblica per il quale la cessione aveva avuto luogo n? per qualsiasi altro scopo di utilit? pubblica. Per la Corte, un diritto di questo genere pu? analizzarsi-almeno -in un “valore patrimoniale” e ha dunque il carattere di un bene, al senso della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
30. Per questo motivo, la Corte osserva che la Corte di cassazione ha considerato che le regole di diritto privato riguardanti una cessione condizionale non si applicavano ai beni trasferiti all’amministrazione allo scopo della realizzazione di un lavoro di interesse pubblico. Riferendosi all’articolo 35 della legge sull’espropriazione, ha concluso cos? che in quanto vecchi proprietari del bene controverso, i richiedenti non avevano nessuno diritto di rivendicarne la propriet?. A questo riguardo, la Corte ricorda che pu? conoscere solamente in modo limitato dei presunti errori di fatto o di diritto commessi dalle giurisdizioni interne alle quali spetta per prime di interpretare e di applicare il diritto interno (Garc?a Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, ? 28, CEDH 1999-I). Essendo cos?, la Corte non giudica utile propendersi in materia in astratto sulla legge applicabile; deve verificare se il modo in cui il diritto interno ? stato interpretato ed applicato nei casi sottomessi al suo esame si concilia con la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Pla e Puncernau c. Andorra, no 69498/01, ? 46 in fini, CEDH 2004-VIII).
31. Non ? contestato tra le parti che i richiedenti hanno ceduto una parte del loro bene alla municipalit? per la realizzazione di lavoro di interesse pubblico e che una parte ? stata destinata solamente a questo fine. Peraltro, come sottolinea la corte d’appello di ?sk?dar nel suo giudizio del 29 giugno 2000 che fu annullato dalla Corte di cassazione, la non-destinazione di questo bene alla realizzazione di un lavoro di interesse pubblico non poteva considerarsi come conforme allo scopo fissato dalla parte richiedente che aveva ceduto il bene all’amministrazione (paragrafo 9 sopra).
32. Difatti, non si pu? considerare come giustificata la decisione di non-restituzione del bene in ragione della sua destinazione parziale alla realizzazione di un lavoro di interesse pubblico (vedere, nello stesso senso, Beneficio Cappella Paolini, precitata, ? 33) contrariamente alla condizione contemplata all’epoca della sua cessione all’amministrazione. L’autorit? pubblica che non ha invocato nessuno altro scopo di utilit? pubblica che possa giustificare la non-restituzione del bene, ha tratto cos? beneficio da un statuto creato dall’articolo 35 della legge sull’espropriazione che regolava lo statuto dei beni ceduti all’amministrazione “per la realizzazione di opere di interesse generale, come strade, spazi verdi, ecc.” o “all’uso dell’interesse pubblico”, (paragrafo 15 sopra).
33. Di conseguenza, l’interpretazione data dalla Corte di cassazione dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione che consiste nel dire che i vecchi proprietari non possono pi? rivendicare un diritto di propriet? o un compenso in ragione del trasferimento dei loro beni all’amministrazione, nonostante la loro non-destinazione alla realizzazione di lavori di interesse pubblico, ? di natura tale da rompere il giusto equilibro tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali.
34. Alla luce delle considerazioni sopra ed alla vista dell’insieme degli elementi della pratica, l’applicazione dell’articolo 35 della legge sull’espropriazione non era compatibile con le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1. C’? stata dunque violazione di questa disposizione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
35. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno, oneri e spese
36. A titolo di danno, i richiedenti richiedono il versamento di un’indennit? che riflette il valore reale del bene in questione. Secondo loro, questo valore ammonta come minimo a 866 000 nuove lire turche (YTL) [circa 497 511 euro (EUR)], corrispondente al rapporto tra il prezzo reale al m2 applicato nella zona (da 400 a 500 YTL secondo loro) e la sua superficie (2 165 m2). Non hanno fatto domanda a titolo di oneri e spese.
37. Il Governo prega la Corte di respingere le pretese dei richiedenti.
38. Secondo la Corte, queste pretese tendono esclusivamente al risarcimento di un danno materiale. Stima che, nelle circostanze della causa, questo aspetto della questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. C’? luogo dunque di riservarla tenendo conto dell’eventualit? di un accordo tra lo stato convenuto e gli interessati.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, alla maggioranza, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce, all’unanimit?, che la domanda dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato per il danno relativo alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
perci?,
a) la riserva;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nel termine di sei mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 gennaio 2008 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Doll? Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 ? 2 della Convenzione e 74 ? 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dissidente del giudice Popovi?.
F.T.
S.D.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE POPOVIC
Mi dispiace di non potere aderire all’opinione della maggioranza della camera in questa causa, e questo per le seguente ragioni.
1. Nella cornice del piano di sviluppo del territorio, i richiedenti hanno ceduto volontariamente un terreno edificabile all’amministrazione affinch? questa costruisse una casa di cura. L’amministrazione ha realizzato il compito previsto, ma ci? facendo ha venduto una parte del terreno-circa il 30%-ad un terza persona.
Per questa ragione, i richiedenti hanno investito le giurisdizioni nazionali per chiedere “la restituzione del titolo di propriet?” del lotto venduto a terzi. Queste giurisdizioni hanno concluso: a) che non si trattava nello specifico di un dono che dipendeva dal diritto privato, e b) che era applicabile la legge sull’espropriazione secondo la quale non c’era luogo ad indennizzo perch? non c’era stata espropriazione a causa del carattere volontario della cessione della propriet? del bene.
2. La maggioranza ha sostenuto nel giudizio: “i richiedenti possono legittimamente sperare la restituzione della porzione del bene in questione che non ? stato utilizzato n? per lo scopo di utilit? pubblica per il quale la cessione aveva avuto luogo n? per nessuno altro scopo di utilit? pubblica.” Per la maggioranza, “un diritto di questo genere pu? analizzarsi -almeno- in un “valore patrimoniale” e ha dunque il carattere di un bene al senso della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1. “
Contrariamente all’opinione maggioritaria, sono del parere che il “diritto” rivendicato dai richiedenti riguardava un bene che era appartenuto loro ma che non si trovava pi? nel loro patrimonio al momento della domanda e che non poteva analizzarsi di conseguenza in un “valore patrimoniale.” La propriet? dell’appezzamento che rappresentava l’oggetto della controversia tra l’amministrazione ed i richiedenti, era stata trasferita legalmente allo stato turco. In pi?, i richiedenti hanno loro stessi chiesto ai tribunali interni “la restituzione del titolo di propriet?” che avevano trasferito volontariamente.
I richiedenti non avevano neanche una speranza legittima al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 perch? in dritto turco, il trasferimento di propriet? in favore dell’amministrazione in vista della realizzazione di un scopo di utilit? pubblica non pu? essere abbinato a nessuna condizione. Solo una condizione di questo genere avrebbe potuto essere suscettibile di provare l’esistenza di una speranza legittima al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Bisogna aggiungere tuttavia che l’amministrazione, costruendo la casa di cura, abbia realizzato lo scopo di utilit? pubblica che era all’origine del trasferimento di propriet? effettuato dai richiedenti e ne rappresentava il motivo.
3. Per riassumere il mio ragionamento, direi che la mia opinione si fonda su tre punti principali. Innanzitutto, non c’? stata espropriazione, considerato il fatto della cessazione volontaria della propriet? del bene in questione. Poi, i richiedenti hanno confessato loro stessi che non erano i proprietari del bene al momento dell’introduzione della loro domanda dinnanzi alla giustizia nazionale. Infine, non c’? luogo di concludere che i richiedenti avevano una speranza legittima al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Il concetto di speranza legittima ? di origine giurisprudenziale ma, secondo me, questo concetto non pu? essere interpretato nel modo suggerito dalla maggioranza della camera. Per potere essere riconosciuta, la speranza legittima ha bisogno di essere radicata nel diritto positivo dello stato membro. Tale era il caso nelle cause classiche della giurisprudenza della Corte in materia. Per citare solamente due esempi, menzionerei le cause Pine Valley Developments Ltd ed altri c. Irland,( sentenza del 29 novembre 1991, serie A no 222) e Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri c. Belgio (sentenza del 20 novembre 1995, serie A no 332).
Nella causa Pine Valley, la Corte ha sostenuto la tesi dell’esistenza della speranza legittima a causa del fatto che l’acquirente di un bene si era fidato di un atto amministrativo esistente al momento dell’acquisizione del bene e fu poi revocato. Nella causa Pressos Compania Naviera, la Corte ha fondato la speranza legittima dei richiedenti sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione belga, nell’occorrenza una giurisprudenza chiara e bene stabilita che andava nel senso della tesi dei richiedenti.
Nel caso presente, la giurisprudenza della Corte di cassazione turca ? perfettamente contraria ed in opposizione alla tesi dei richiedenti. Ci? vuole dire che questa ultima non pu? essere fondata in diritto nazionale e che, di conseguenza, non pu? servire da base alla nostra Corte per concludere che esisteva una speranza legittima al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Concludere all’esistenza di una speranza legittima senza stabilire almeno un legame o un punto di contatto con l’ordine giuridico nazionale mi sembra arbitrario e per questa ragione ingiustificato. Il fondamento della speranza legittima nel caso presente non pu? essere trovato n? nella legislazione, n? negli atti amministrativi, n? nella giurisprudenza interna. Tengo a sottolineare che mi risulta inaccettabile tentare di trovarlo nella pura speculazione della camera.
4. ? chiaro, a mio avviso, che i richiedenti non potevano godere della protezione della propriet? garantita dalle disposizioni della Convenzione per il semplice motivo che non erano pi? i proprietari nel momento in cui hanno introdotto la loro domanda dinnanzi alla giustizia nazionale. Non avevano beni, neanche speranza legittima, al senso richiesto dall’articolo 1 del Protocollo no 1. Di conseguenza, concludo che non c’? stata violazione della Convenzione nello specifico.