Conclusione Violazione dell’art. 6-1
PRIMA SEZIONE
CAUSA KALOGRANIS E KALOGRANI C. GRECIA
( Richiesta no 17229/08)
SENTENZA
STRASBURGO
12 maggio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Kalogranis e Kalograni c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Anatoly Kovler,
Elisabetta Steiner, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann,,
Giorgio Malinverni, giudici,
e dai Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 aprile 2010,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17229/08) diretta contro la Repubblica ellenica da due cittadini di questo Stato, il Sig. D. K. e la Sig.ra F. K. (“i richiedenti”) che hanno investito la Corte il 24 marzo 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da C. P., avvocato al foro di Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dal delegato del suo agente, il Sig. S. Spyropoulos, assessore presso il Consulente legale dello stato.
3. Il 26 giugno 2009, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare al Governo il motivo di appello derivato dal diritto di accesso ad un tribunale. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono fratello e sorella. Sono nati rispettivamente nel 1979 e 1980 e risiedono allo stesso indirizzo ad Atene (municipalità d’Acharnai).
5. Il 5 marzo 1991, il nonno dei richiedenti, I. N., investì il Consiglio di stato di un ricorso per annullamento di una decisione del prefetto dell’Attica dell’est che portava conferma all’atto di applicazione di un studio fondiario in virtù del quale l’amministrazione gli aveva inflitto un “contributo fondiario” (εισφορά γης) di 5 801 m² sul suo terreno che aveva una superficie totale di 12 353 m². Sosteneva che dopo l’applicazione della misura controversa, l’amministrazione gli aveva restituito solamente 1 803 m², al posto di 6 581 m².
6. Il 1 novembre 1995, dopo avere notato che I. N. era presumibilmente il proprietario del terreno controverso, il Consiglio di stato fece diritto al ricorso ed annullò la decisione attaccata per difetto di motivazione. L’alta giurisdizione giudicò in particolare che a dispetto dell’opposizione formata dall’interessato contro l’atto di applicazione e della sua istanza tesa ad essere indennizzato mediante la cessione di terre, la decisione del prefetto enunciava vagamente che la regione era afflitta da un bilancio in deficit (ελλειματικό ισοζύγιο) e che il richiedente avrebbe avuto diritto ad un’indennità pecuniaria, sentenza no 5250/1995.
7. Il 9 gennaio 2001, I. N. decedette. In virtù del suo testamento, i richiedenti ereditarono il terreno in questione.
8. Il 27 marzo 2002, i richiedenti chiesero alla municipalità d’Acharnai di modificare il piano urbanistico generale della regione (Γενικό Πολεοδομικό Σχέδιο) conformemente alla sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato. Non ricevettero nessuna risposta. Il 19 gennaio 2004, fu pubblicata sulla Gazzetta ufficiale una decisione del ministero dell’ambiente, del piano di sviluppo del territorio e dei Lavori pubblici che approvava la modifica del piano urbanistico generale della regione. I richiedenti affermano che la sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato non fu presa in conto.
9. Il 18 aprile 2003, i richiedenti investirono nel frattempo, la commissione speciale del Consiglio di stato, incaricata di controllare l’esecuzione delle sentenze dei tribunali amministrativi, per lamentarsi dell’inadempimento della sentenza no 5250/1995.
10. L’ 8 dicembre 2003, la commissione rivelò che l’amministrazione aveva ammesso di non avere intrapreso nessun passo dopo la sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato, considerando a torto che era tenuta a procedere alla modifica del piano urbanistico della regione. Ora, la commissione sottolineò che ai termini della sentenza no 5250/1995, l’amministrazione era tenuta a riesaminare la causa ed a verificare se le condizioni legali erano riunite rispetto al diritto dei richiedenti di vedersi cedere degli appezzamenti di terreno e, in seguito, a modificare l’atto di applicazione così necessario, o a motivare debitamente la sua incapacità di cedere degli appezzamenti di terreno, il che avrebbe condotto all’indennizzo pecuniario degli interessati. Quindi, la commissione constatò che l’amministrazione aveva omesso di conformarsi alla sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato, verbale no 32/2003.
11. Il 12 maggio 2004, il servizio di urbanistica della prefettura dell’Attica dell’est (διεύθυνση πολεοδομίας και χωροταξίας Νομαρχιακής Αυτοδιοίκησης Ανατολικής Αττικής) invocando il verbale no 32/2003 della commissione speciale del Consiglio di stato, invitò la municipalità d’Acharnai ad informarlo sui passi intrapresi per conformarsi alla sentenza no 5250/1995. Invitò anche i richiedenti a depositare i loro titoli di proprietà. Con memoria del 18 giugno 2004, questi ultimi depositarono i loro titoli di proprietà, così come dieci piani topografici della regione. Questo esposto fu controllato il 21 giugno 2004 e si vide assegnare il numero di protocollo 10365.
12. Il 20 maggio 2004, i richiedenti depositarono querela con costituzione di parte civile contro parecchi funzionari che mettevano in causa per l’omissione dell’amministrazione di conformarsi alla sentenza da cui derivavano le loro pretese. Nella loro memoria in difesa, quattro imputati ammisero che i richiedenti avevano depositato i loro titoli di proprietà nel giugno 2004 e che la causa era sul punto di essere presa in carico dalla municipalità. Il 30 novembre 2006, dopo avere notato che i richiedenti avevano depositato i loro titoli di proprietà nel giugno 2004 e che la causa era sul punto di essere presa in carico dalla municipalità, il procuratore presso il tribunale correzionale di Atene considerò che non esistevano indizi sufficienti di colpevolezza contro le persone riguardate nella denuncia dei richiedenti e la respinse, ordinanza no 81-05/39/23Ä. Il 2 marzo 2007, i richiedenti interposero appello a questa ordinanza. Il 31 agosto 2007, il procuratore presso la corte di appello di Atene respinse la denuncia come priva di fondamento. Dopo avere ripetuto che i richiedenti avevano depositato i loro titoli di proprietà nel giugno 2004 e che la causa era sul punto di essere presa in carico dalla municipalità, non constatò nessuna trasgressione dei funzionari riguardati nel compimento dei loro doveri, ordinanza no 674/2007. Questa ordinanza fu notificata ai richiedenti il 27 settembre 2007.
13. Il 13 gennaio 2010, il servizio di urbanistica della prefettura dell’Attica dell’est informò i richiedenti che la loro pratica no 10365 del 21 giugno 2004 non era stato trovata negli archivi del servizio e li invitò a depositare i loro titoli di proprietà, i piani topografici e di altri documenti affinché si procedesse alla revisione dell’atto di applicazione della misura che ledeva il terreno controverso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
14. L’articolo 95 § 5 della Costituzione dispongono:
“L’amministrazione è tenuta a conformarsi alle sentenze di giustizia. La violazione di questo obbligo impegna la responsabilità di ogni organo colpevole, così come è prescritto dalla legge.”
15. Il 14 novembre 2002, entrò in vigore la legge no 3068/2002 sull’esecuzione delle sentenze di giustizia da parte dell’amministrazione (Gazzetta ufficiale no 274/2002). Questa legge contempla, tra l’altro, che l’amministrazione ha l’obbligo di conformarsi senza ritardo alle sentenze di giustizia e di prendere tutte le misure necessarie per eseguire suddette sentenze (articolo 1). La legge contempla la creazione di consigli di tre membri, costituiti in seno alle alte giurisdizioni elleniche (Corte Suprema Speciale, Corte di Cassazione, Consiglio di stato e Corte dei conti) che sono incaricate di controllare la buona esecuzione delle sentenze delle loro rispettive giurisdizioni da parte dell’amministrazione, in un termine che non può superare tre mesi (in via eccezionale, questo termine può essere prorogato una sola volta). I consigli possono designare un magistrato in particolare per assistere l’amministrazione proponendole, tra l’altro, le misure adeguate per conformarsi ad una sentenza. Se l’amministrazione non esegue una sentenza nel termine fissato dal consiglio, le vengono imposte delle penalità che possono essere rinnovate finché lei non vi si conforma (articolo 3). Possono essere prese anche delle misure disciplinari contro gli agenti dell’amministrazione all’origine del difetto di esecuzione (articolo 5). Le disposizioni della legge no 3068/2002 si applicano alle sentenze rese dopo la sua entrata in vigore (articolo 6).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
16. I richiedenti si lamentano del rifiuto delle autorità nazionali di conformarsi alla decisione no 5250/1995 del Consiglio di stato. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione le cui parti pertinenti sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. I richiedenti producono dinnanzi alla Corte i loro titoli di proprietà e si lamentano che, sebbene li abbiano depositati anche dinnanzi all’amministrazione dal giugno 2004, questa nega a questo giorno di eseguire la sentenza no 5250/1995.
19. Il Governo afferma che le autorità amministrative non hanno negato mai di conformarsi alla sentenza del Consiglio di stato. Sottolinea che il nonno dei richiedenti non ha mai chiesto l’esecuzione di questa sentenza e che i richiedenti si sono di indirizzati prima ai servizi che non erano competenti per agire. Nota che i richiedenti non hanno a questo giorno depositato i loro titoli di proprietà e suppone che ciò sia dovuto al fatto che non ne dispongono.
20. La Corte ricorda che il diritto di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria resti inoperante a scapito di una parte. L’esecuzione di un giudizio, di qualsiasi giurisdizione questo sia, deve essere considerata come facente parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6. La Corte ha già riconosciuto che la protezione effettiva del giudicabile ed il ristabilimento della legalità implica l’obbligo, per l’amministrazione, di piegarsi ad un giudizio o ad una sentenza pronunciata in materia dalla più alta giurisdizione amministrativa dello stato (vedere la sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, § 40 e succ., Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II). Per di più, la Corte sottolinea l’importanza particolare che riveste l’esecuzione delle sentenze di giustizia nel contesto del contenzioso amministrativo (vedere Iera Moni Profitou Iliou Thiras c. Grecia, no 32259/02, § 34, 22 dicembre 2005).
21. Nell’occorrenza, la Corte nota innanzitutto che le parti si accordano sul fatto che la sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato non è stato ancora eseguita. Il Governo arguisce che i richiedenti sono negligenti a questo giorno nel fornire all’amministrazione i loro titoli di proprietà e che, per questa ragione, è impossibile agli organi amministrativi procedere alla modifica dell’atto di applicazione della misura che lede il terreno controverso. Da parte loro, i richiedenti insistono sul fatto che hanno depositato i loro titoli di proprietà dal giugno 2004. La Corte deve ricercare le ragioni dunque per cui l’esecuzione della sentenza no 5250/1995 non è stata ancora effettuata.
22. La Corte considera che in principio non sembra irragionevole che l’amministrazione chieda agli interessati dei documenti complementari per conformarsi ad una sentenza di giustizia che le impone la presa di certe misure positive il più presto possibile. Tale esigenza trova la sua giustificazione quando i servizi amministrativi non sono in possesso dei documenti necessari per eseguire la sentenza di giustizia e questo, allo scopo di accelerarne l’esecuzione. Tale motivo è, senza dubbio, favorevole al giudicabile. In compenso, quando l’esame della pratica permette di dedurre che l’amministrazione sollecita la produzione di atti giuridici o di ogni altro documento per sottrarsi all’esecuzione di una sentenza di giustizia definitiva o ritardarne indebitamente il suo collocamento in opera, l’effetto utile dell’articolo 6 § 1 può trovarsi gravemente sminuito (vedere, mutatis mutandis, Rompoti e Rompotis c. Grecia, no 14263/04, § 26, 25 gennaio 2007; Kosmidis e Kosmidou c. Grecia, no 32141/04, § 24, 8 novembre 2007).
23. Nel caso di specie, la Corte constata che l’affermazione dei richiedenti che proclamano di avere depositato i loro titoli di proprietà nel giugno 2004, è corroborata da parecchi elementi della pratica tra cui dei documenti ufficiali la cui autenticità e la forza probante non si prestano a discussione. Quindi, anche se la Corte ammette che le cose hanno si sono un po’ trascinate finché i richiedenti hanno investito, nell’aprile 2003, la commissione speciale del Consiglio di stato (vedere sopra paragrafo 9), ed a prescindere dalla questione di sapere se, anche in mancanza d’istanza da parte degli interessati, l’amministrazione è tenuta a conformarsi di sua propria iniziativa alle sentenze di giustizia, si è obbligati a constatare che dal deposito dei titoli di proprietà dei richiedenti, l’amministrazione aveva a sua disposizione tutti i documenti richiesti e non aveva più nessuna ragione per non prendere le misure necessarie in esecuzione della sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato. Il blocco della situazione è quindi, al momento, secondo la Corte, esclusivamente imputabile all’amministrazione.
24. Alla vista delle considerazioni che precedono, la Corte stima che i richiedenti sono autorizzati a sostenere che le autorità nazionali hanno omesso di conformarsi, in un termine ragionevole, alla sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato, privando così l’articolo 6 § 1 della Convenzione di ogni effetto utile.
25. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
26. I richiedenti si lamentano che il rifiuto dell’amministrazione di restituire oro 6 581 m² di terreno reca offesa al loro diritto al rispetto dei loro beni. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Sull’ammissibilità
27. La Corte nota che la sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato non ha riconosciuto al nonno dei richiedenti il diritto di vedersi restituire 6 581 m² di terreno, ma intimò l’amministrazione a riesaminare la questione e di rendere una decisione debitamente motivata sulla questione di sapere se I. N. aveva diritto a questa cessione fondiaria e, in caso affermaivo, di modificare l’atto di applicazione o, se ciò non si rivelava possibile, di versargli un’indennità pecuniaria. In queste condizioni, finché l’amministrazione non si sarà ancora pronunziata sulla questione, la Corte stima che ogni lamentela dei richiedenti a titolo del loro diritto al rispetto dei loro beni è prematura.
28. Ne segue che questo motivo di appello deve essere respinto, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
30. I richiedenti richiedono a titolo del danno patrimoniale la restituzione di 6 581 m² di terreno. Richiedono inoltre 1 000 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito.
31. Il Governo invita la Corte ad allontanare la richiesta a titolo del danno patrimoniale, affermando che non si trova stabilito nessun legame di causalità tra la violazione addotta dell’articolo 6 § 1 della Convenzione ed il danno patrimoniale di cui i richiedenti avrebbero dovuto a soffrire. Afferma inoltre che una constatazione di violazione costituirebbe in sé una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale.
32. Per le stesse ragioni avendo motivato la sua decisione di dichiarare inammissibile il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere sopra paragrafo 27), la Corte conviene col Governo che i richiedenti non potrebbero richiedere a questo stadio la restituzione di una superficie fondiaria a titolo del danno patrimoniale. In compenso, ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (vedere Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI; mutatis mutandis, Basoukou c. Grecia, no 3028/03, § 26, 21 aprile 2005). La Corte considera che questo principio si applica anche nello specifico, avuto riguardo alla constatazione di violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Il Governo deve garantire dunque, con delle misure appropriate, che la sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato sia, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, eseguita debitamente dall’amministrazione, alla luce delle conclusioni del verbale no 32/2003 della commissione speciale del Consiglio di stato (vedere sopra paragrafo 10).
33. Inoltre, deliberando in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna congiuntamente ai richiedenti 12 000 EUR a titolo del danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddetta somma.
B. Oneri e spese
34. I richiedenti chiedono anche, fattura in appoggio, 3 000 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
35. Il Governo afferma che la richiesta è eccessiva e stima che la somma assegnata a questo titolo non potrebbe superare 1 000 EUR.
36. La Corte ricorda che il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità così come il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia precitata, § 54).
37. Nello specifico, tenuto conto dei giustificativi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte giudica ragionevole assegnare congiuntamente ai richiedenti la somma richiesta per intero, ossia 3 000 EUR, più ogni importo che può essere dovuto da loro a titolo di imposta.
C. Interessi moratori
38. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve garantire, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, l’esecuzione della sentenza no 5250/1995 del Consiglio di stato, alla luce delle conclusioni del verbale no 32/2003 della commissione speciale del Consiglio di stato;
b) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 12 000 EUR (dodicimila euro) per danno morale e 3 000 EUR (tremila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto dai richiedenti a titolo di imposta;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge, all’unanimità, la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 maggio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa