Conclusione Violazioni dell’art. 6-1; danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
QUINTA SEZIONE
CAUSA JAVAUGUE C. FRANCIA
( Richiesta no 39730/06)
SENTENZA
STRASBURGO
11 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Javaugue c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39730/06) diretta contro la Repubblica francese e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. P. J. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 settembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da Y. C., avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente adduceva in particolare, sotto l’angolo degli articoli 6 e 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, dell’applicazione retroattiva di una nuova legge a suo riguardo.
4. Il 1 aprile 2008, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1951 e risiede a Goos. E’ agente di funzione pubblica ospedaliera e padre di tre bambini.
6. Il 7 gennaio 2004, chiese al suo datore di lavoro il suo collocamento in pensione anticipata, a contare dal 26 novembre 2004. Per giustificare la sua richiesta, il richiedente si avvaleva del principio di uguaglianza delle rimunerazioni poste dal diritto comunitario come interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (CJCE) e dal Consiglio di stato. Difatti, nelle sue sentenze Griesmar, del 29 novembre 2001, e Mouflin, del 13 dicembre 2001, la CJCE aveva sanzionato in particolare le disposizioni dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari, come contrarie al principio dell’uguaglianza di rimunerazione tra uomini e donne, nella misura in cui questo articolo riservava solamente alle sole donne il diritto alla pensione anticipata (vedere “diritto interno pertinente” la parte).
7. Il 9 marzo 2004, il datore di lavoro del richiedente accettò la sua richiesta di collocamento alla pensione con liquidazione di pensione a contare dal 1 dicembre 2004, sotto riserva della decisione della Cassa nazionale di pensioni degli agenti delle collettività locali (CNRACL).
8. Con una decisione del 5 aprile 2004, la Cassa dei depositi e consegne, gestore del CNRACL, respinse l’istanza del richiedente. Considerò che secondo le disposizioni in vigore, solo un agente femminile che abbia maturato almeno quindici anni di servizio effettivo e madre di tre bambini poteva pretendere la liquidazione della sua pensione.
9. Con richiesta del 14 aprile 2004, il richiedente investì il giudice amministrativo di un ricorso per annullamento di questa decisione, sempre sul fondamento delle giurisprudenze Griesmar e Mouflin precitate.
10. Il 30 dicembre 2004, una nuova legge modificò le disposizioni dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari. Le nuove disposizioni contemplavano oramai che i funzionari potessero beneficiare di un godimento immediato della loro pensione, se avessero interrotto la loro attività nelle condizioni fissate dal decreto del Consiglio di stato. Era contemplato peraltro che queste nuove disposizioni dovevano applicarsi alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non avevano dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato.
11. Il 30 aprile 2005, l’istruzione del ricorso del richiedente dinnanzi al tribunale amministrativo fu chiusa.
12. Il suddetto decreto del Consiglio di stato fu adottato il 10 maggio 2005. Le nuove disposizioni entrarono in vigore l’indomani della pubblicazione del decreto di applicazione, o il 12 maggio 2005.
13. Il 27 maggio 2005, il Consiglio di stato, deliberando con parere contenzioso in un’altra causa (vedere la parte “diritto e pratica interna pertinenti”), stimò che queste nuove disposizioni, retroattive, disconoscevano 6 § 1 l’articolo della Convenzione. Considerò tuttavia che questa incompatibilità poteva essere invocata solo dai funzionari che, in data di entrata in vigore delle disposizioni controverse, avevano, in seguito ad una decisione che rifiutava loro anteriormente il beneficio del regime applicabile, già impegnato un’azione di contenzioso in vista di contestare la legalità di questa decisione. Stimò inoltre che queste disposizioni erano contrarie all’articolo 1 del Protocollo no 1, quando i funzionari assolvevano le condizioni anteriormente applicabili e che avevano presentato, prima della pubblicazione della legge, una domanda che aveva dato adito ad una decisione di rifiuto anteriore al 12 maggio 2005, il giorno dell’entrata in vigore della legge.
14. Con un giudizio del 5 luglio 2005, il tribunale amministrativo di Melun respinse il ricorso del richiedente, facendo applicazione delle disposizioni della legge nuova. Considerò che il richiedente faceva stato di un’interruzione di attività di una durata superiore a due mesi solo per uno dei suoi tre bambini e che quindi, non assolveva la condizione posta dal legislatore e precisata dal potere regolamentare per beneficiare della liquidazione immediata della sua pensione.
15. Con richiesta del 28 settembre 2005, il richiedente investì il Consiglio di stato di un ricorso in cassazione nella cornice del quale invocò l’articolo 6 § 1 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
16. Il 24 marzo 2006, il Consiglio di stato dichiarò il ricorso non ammesso. I dettagli di questa decisione lasciano apparire che il commissario del Governo era presente all’epoca della deliberazione i n camera del consiglio di questa giurisdizione.
B. Il diritto e la pratica interna pertinenti
1. Stato del diritto prima delle giurisprudenze Griesmar e Mouflin
17. L’Articolo L24-I-3o del codice delle pensioni civili e militari
“Il godimento della pensione civile è immediato:
(…)
3o Per le donne funzionarie: a) quando sono madri di tre bambini viventi o deceduti in seguito a fatti di guerra o di un bambino che vivente di più di un anno d’età e colpito da un’invalidità uguale superiore al l’80% (…) ; b) quando è giustificato, (…) che sono colpite di un’infermità o che il loro coniuge è colpito da un’infermità “
2. Sentenze Griesmar e Mouflin della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 novembre e del 13 dicembre 2001 e susseguente giurisprudenza francese
18. In queste sentenze, la Corte di giustizia delle comunità europee considerò che le disposizioni del codice delle pensioni civili e militari di congedo in causa erano incompatibili col principio di uguaglianza delle rimunerazioni tra gli uomini e le donne come è affermato dal diritto comunitario, per il fatto che ne riservavano il beneficio solo alle donne.
19. Nel prolungamento di questi contenziosi, il Consiglio di stato ha giudicato l’articolo L. 24-I-3 del codice delle pensioni, relativo al diritto alla pensione anticipata, incompatibile col principio comunitario di uguaglianza delle rimunerazioni e ha concluso così che i funzionari maschili che si trovavano in situazioni identiche alle donne avevano diritto a beneficiare delle sue disposizioni e che il principio dell’uguaglianza delle rimunerazioni si opponeva al fatto che il godimento immediato di una pensione, accordata alle persone che assicurano o hanno assicurato l’educazione di almeno tre bambini, sia riservata alle donne, mentre gli uomini che assicurano o che hanno assicurato l’educazione di almeno tre bambini sarebbero esclusi dal beneficio di questa misura (vedere, tra altre, Consiglio di stato, 29 gennaio 2003, no 245601, Béraudo; 26 febbraio 2003, no 187401, Llorca; 29 dicembre 2004, no 267651, Martin).
3. L’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004, modificante l’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari di pensione
Articolo 136 I
“La liquidazione della pensione interviene:
(…)
3o Quando il funzionario civile è affine di tre bambini, (…) purché abbia, per ogni bambino, interrotto la sua attività nelle condizioni fissate da decreto in Consiglio di stato. “
Articolo 136 II
“Le disposizioni dell’I sono applicabili alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non hanno dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato. “
4. Parere Provin del Consiglio di stato del 27 maggio 2005
20. Il Consiglio di stato si pronunciò sulla compatibilità delle disposizioni dell’II dell’articolo 136 della legge su richiesta del tribunale amministrativo di Nancy, nella cornice di un altro ricorso, il 27 maggio 2005, del 30 dicembre 2004 con gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Rese il parere qui di seguito:
“(…)
Se le nuove disposizioni emesse dall’I dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 sono entrate in vigore l’indomani della pubblicazione di questo decreto sulla gazzetta ufficiale della Repubblica francese, o il 12 maggio 2005, risulta tuttavia dall’II dello stesso articolo che sono applicabili alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non hanno dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato. (…)
Per ciò che riguarda la compatibilità dell’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 con l’articolo 6 § 1 della convenzione europea dei diritti dell’uomo:
(…)
Per essere compatibile con queste stipulazioni, l’intervento retroattivo del legislatore in vista di modificare alprofitto dello stato le regole applicabili ai processi in corso deve fondarsi su degli imperiosi motivi di interesse generale.
Trattandosi delle disposizioni dell’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 che sono oggetto della richiesta di parere, emesse da un emendamento parlamentare la cui adozione non poteva essere riguardata come prevedibile, non risulta né dai lavori preparatori- nel corso dai quali è stata menzionata solo la necessità di mettere i termini dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari di pensione in conformità col diritto comunitario -né dai documenti della pratica sottomessa al Consiglio di stato che il fatto di rendere applicabili le disposizioni dell’I dello stesso articolo alle azioni in giustizia impegnate prima della loro entrata in vigore in vista di ottenere il beneficio delle disposizioni alle quali si sostituiscono possa essere riguardato come fondato su degli imperiosi motivi di interesse generale. Perciò, nella misura in cui queste disposizioni retroattive hanno per oggetto di influire sulla conclusione dei procedimenti giurisdizionali impegnati dai funzionari che si sono visti rifiutare l’utile delle disposizioni allora applicabili dell’articolo L. 24 di questo codice-che, così come è stato detto, dovevano essere interpretate come se aprissero agli uomini così come alle donne che avevano avuto tre bambini il diritto al godimento immediato della loro pensione -ignorano le stipulazioni dell’articolo 6 § 1 della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Deriva tuttavia dallo stesso oggetto di queste stipulazioni che questa incompatibilità può essere invocata utilmente solo dai funzionari che, in data di entrata in vigore delle disposizioni controverse, avevano, in seguito ad una decisione che rifiutava loro il beneficio del regime applicabile anteriormente , impegnato un’azione di contenzioso in vista di contestare la legalità di questa decisione.
Per ciò che riguarda la compatibilità delle disposizioni in causa con l’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo:
(…)
Se queste stipulazioni non fanno in principio ostacolo al fatto che il legislatore adotti delle nuovi disposizioni che rimettono in causa, fosse anche in modo retroattivo, dei diritti derivanti dai leggi in vigore, è a condizione di predisporre un giusto equilibrio tra l’ attentato portato a questi diritti ed i motivi di interesse generale suscettibili di giustificarlo.
Nello specifico, risulta dal paragone delle disposizioni combinate degli articoli L. 24 e R. 37 del codice delle pensioni civili e militari di congedo, oramai applicabili, con quelle che regolavano anteriormente il diritto dei funzionari al godimento immediato delle loro pensioni che tutti quelli che non possono assolvere le nuove condizioni relative alla durata ed alla natura dell’interruzione della loro attività sono privati oramai della sostanza stessa di questo diritto. Trattandosi delle decisioni prese, dopo l’entrata in vigore di queste nuove disposizioni, su delle domande presentate anteriormente, l’attentato portato alla situazione degli interessati deriva dall’applicazione dei principi del diritto nazionale relativo all’entrata in vigore delle leggi e degli ordinamenti al testo dell’I dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 e non delle disposizioni retroattive dell’II dello stesso articolo che hanno effetto solo a riguardo delle decisioni intervenute prima di questa entrata in vigore. Inoltre, l’attentato così portato dall’I dell’articolo 136 è proporzionato all’obiettivo perseguito dal legislatore che è di mettere le disposizioni del codice delle pensioni civili e militari di congedo in conformità col diritto comunitario.
In compenso, rimettendo in causa in modo retroattivo la situazione dei funzionari che assolvevano le condizioni applicabili anteriormente e che avevano presentato, prima della pubblicazione della legge, una domanda che aveva dato adito a decisione di rifiuto prima del 12 maggio 2005, l’II dell’articolo 136 di questa legge ha portato a dei crediti detenuti dagli interessati-che abbiano o meno impegnato un’azione in giustizia in vista di farlo riconoscere -un attentato che, in mancanza di motivi di interesse generale suscettibili di giustificarlo, deve essere considerato come sproporzionato. L’applicazione agli interessati delle disposizioni in causa ignora dunque le stipulazioni dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Queste stipulazioni non sono tuttavia misconosciute a riguardo dei funzionari che hanno presentato delle domande, tra la pubblicazione della legge e quella del decreto che ne ha permesso l’entrata in vigore, in vista di ottenere il beneficio delle disposizioni anteriori. Quindi, dal momento che esiste un interesse generale sufficiente affinché a tali domande possano vedersi applicare le nuove disposizioni, l’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 non può essere riguardato come recante offesa sproporzionata ai crediti che detenevano i funzionari in causa. “
21. In seguito a questo parere, ed in altre cause, il Consiglio di stato scartò le nuove disposizioni derivate dall’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004, dal momento che erano intervenute nel corso di un procedimento (vedere, per esempio, 26 settembre 2005, no 255656, Barritault).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
22. Il richiedente si lamenta della presenza del commissario del governo in deliberazione in camera del consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato e dell’applicazione retroattiva del nuovo dispositivo introdotto dalla legge del 30 dicembre 2004, senza che sia stato tenuto conto del parere Provin del Consiglio di stato del 27 maggio 2005 e senza che sia stati in grado di dibatterlo dinnanzi al tribunale amministrativo, essendo entrata in vigore la legge dopo la chiusura dell’istruzione. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sul motivo di appello derivato dalla partecipazione del commissario del governo alla deliberazione in camera di consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato
1. Sull’ammissibilità
23. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
24. Il richiedente stima che la presenza del commissario del Governo alla deliberazione in camera di consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato ha ignorato le disposizioni dell’articolo 6 della Convenzione.
25. Il Governo, alla vista della sentenza Martinie c. Francia ([GC], no 58675/00, 12 aprile 2006) decide di rimettersi alla saggezza della Corte su questo punto.
26. La Corte ricorda che, nelle sentenze Kress c. Francia ([GC], no 39594/98, §§ 72-76, CEDH 2001-VI) e Martinie (precitata, §§ 53-54) ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a causa della partecipazione ed anche della semplice presenza del commissario del governo alla deliberazione in camera del consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato. La Corte considera che la presente causa non presenta elementi suscettibili di distinguerla da questa giurisprudenza.
27. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
B. Sul motivo di appello derivato dall’applicazione retroattiva della legge del 30 dicembre 2004
1. Sull’ammissibilità
a) Tesi delle parti
28. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Ricorda che questa regola è fondata sul principio secondo cui lo stato convenuto deve, prima dell’immissione nel processo della Corte, essere messo in misura di potere risanare le violazioni che gli vengono rimproverate. Comprende in particolare l’obbligo di aver sollevato nelle forme e nei termini prescritti dal diritto interno, i motivi di appello che si intende sottoporre in seguito alla Corte (Cardot c. Francia, 19 marzo 1991, § 34, serie A no 200).
29. Nello specifico, il Governo non contesta che il richiedente assolveva le due condizioni fissate dal Consiglio di stato nel suo avviso Provin per fare valere una violazione delle disposizioni invocate. Difatti, ha, da una parte, chiesto di beneficiare del pensionamento anticipato nella sua qualità di padre di tre bambini il 7 gennaio 2004, o prima della pubblicazione della legge controversa il 31 dicembre 2004, e, dall’altra parte, ha impegnato un’azione di contenzioso dinnanzi al tribunale amministrativo il 14 aprile 2004, o prima della data di entrata in vigore delle disposizioni, il 12 maggio 2005, in vista di contestare la legalità della decisione del 5 aprile 2004 che gli rifiutava il beneficio del regime anteriormente applicabile. Tuttavia, il Consiglio di stato ha dichiarato non ammissibile il ricorso del richiedente contro il giudizio del tribunale amministrativo. Il Governo considera che questa azione non poteva avere successo dal momento che si trattava di nuovi mezzi. Ricorda peraltro che i mezzi derivati dall’incomprensione della Convenzione non sono di ordine pubblico e che non possono essere sollevati d’ ufficio dal giudice dell’eccesso di potere. In quanto all’argomento del richiedente secondo cui non sarebbe stato in grado di dibattere l’applicazione del nuovo dispositivo dinnanzi al giudice amministrativo, essendo entrato in vigore questa dopo la chiusura dell’istruzione fissata al 30 aprile 2005, il Governo ricorda che il richiedente disponeva di vie giuridiche efficaci per invocare dinnanzi al giudice del merito la violazione della Convenzione ed avvalersi dell’avviso Provin. Da una parte, aveva la facoltà di sollecitare la riapertura dell’istruzione, ai termini degli articoli R. 613-3 e R. 613-4 del codice di giustizia amministrativa o ancora di produrre una nota in deliberazione in camera del consiglio dopo la tenuta dell’udienza il 7 giugno 2005.
30. Il richiedente contesta questa analisi. Sostiene che non poteva formulare tale motivo di appello dinnanzi al tribunale amministrativo nella misura in cui la legge controversa è entrata in vigore dopo la chiusura dell’istruzione e che niente poteva indicare che il suo ricorso sarebbe stato giudicato alla luce di un nuovo dispositivo. In quanto all’argomento secondo cui il richiedente poteva chiedere la riapertura dell’istruzione, come permettono le disposizioni precitate del codice di giustizia amministrativa, il richiedente indica che queste disposizioni rivelano che non esiste alcun diritto alla riapertura dell’istruzione poiché questo dipende dal potere discrezionale del presidente della formazione di giudizio. Precisa al contrario che apparteneva ai giudici del tribunale amministrativo riaprire l’istruzione in seguito all’entrata in vigore della legge o di investire il Consiglio di stato di una questione pregiudiziale. Il richiedente tiene a precisare anche che il solo ricorso che era a sua disposizione era un ricorso in cassazione dinnanzi al Consiglio di stato e che,in mancanza di appello in materia di ricorso per eccesso di potere, si trovava nell’impossibilità tecnica di sollevare altri mezzi se non quelli che ha potuto sollevare dinnanzi ai suoi primi giudici.
b) Valutazione della Corte
31. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, può essere investita solo dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne. A questo riguardo, sottolinea che ogni richiedente devono aver dato alle giurisdizioni interne l’occasione che l’articolo 35 § 1 ha per finalità di predisporre in principio agli Stati contraenti: evitare o risanare le violazioni addotte contro lui. Così, il motivo di appello di cui si intende investire la Corte ha il dovere di essere sollevato prima, almeno in sostanza, nelle forme e nei termini prescritti dal diritto interno, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali adeguate (Cardot, precitata, § 36). La Corte sottolinea che per controllare il rispetto della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, bisogna tenere conto dei ricorsi contemplati in pratica nel sistema giuridico dello stato riguardato, così come delle circostanze della causa e della questione di sapere se i richiedenti hanno fatto tutto ciò che si poteva aspettare ragionevolmente di loro per esaurire le vie di ricorso interne che si offrivano a loro (vedere, tra altre, Merit c. Ucraina, no 66561/01, § 58, 30 marzo 2004).
32. Nello specifico, la Corte constata che il richiedente che non era del resto assistito di un avvocato, non poté sollevare i motivi di appello in questione dinnanzi al tribunale amministrativo nella misura in cui la nuova legge entrò in vigore dopo la chiusura dell’istruzione. Parimenti, non poté depositare una nota in delibera in camera del consiglio nella misura in cui, dopo l’udienza, poteva sapere che il tribunale avrebbe applicato la nuova legge al suo giudizio. E’ dunque solamente nell’occasione del suo ricorso in cassazione, unica via legale che gli era offerta per contestare la decisione dei giudici del fondo, che il richiedente sollevò espressamente il suo motivo di appello tratto dalla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Ora il Consiglio di stato non ha ammesso il ricorso in cassazione del richiedente, senza motivare la sua decisione.
33. La Corte nota che, secondo il Governo, la non ammissione del ricorso del richiedente sarebbe stata dovuta all’invocazione di nuovi mezzi dinnanzi al Consiglio di stato. Tuttavia, rileva che si tratta di una supposizione del Governo nella misura in cui il motivo della non ammissione non è precisato nella sentenza. La Corte ricorda anche che non le appartiene speculare sulle ragioni di questa non ammissione (vedere, mutatis mutandis, Petersen c. Germania, (dec.), no 38282/97, 12 gennaio 2006).
34. Constata che il richiedente ha sollevato i motivi di appello presentati alla Corte appena ne ha avuto cognizione, o dopo il giudizio del tribunale amministrativo e considera perciò che l’eccezione sollevata dal Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne si rivela non fondata e deve essere respinta.
2. Sul merito
a) Tesi delle parti
35. Il Governo dichiara di rimettersi alla saggezza della Corte.
36. Il richiedente stima che se il Consiglio di stato avesse esaminato il suo mezzo gli avrebbe permesso di ottenere soddisfazione allo sguardo del parere Provin, consacrando la non convenzionalità del carattere retroattivo dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni, nell’ipotesi di una domanda formata prima della sua entrata in vigore.
b) Valutazione della Corte
37. La Corte ricorda che in principio al potere legislativo non viene impedito di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni a portata retroattiva, dei diritti derivanti da leggi in vigore (vedere, tra altre, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], i nostri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII).
38. Tuttavia, ha giudicato già che il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo consacrato dall’articolo 6 si opponeva, salvo per imperiosi motivi di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla conclusione giudiziale della controversia. Nelle cause che sollevavano dei problemi simili, ha rilevato che l’intervento del legislatore aveva avuto luogo in un momento in cui un’istanza giudiziale alla quale lo stato era parte si trovava pendente. Ha concluso dunque che lo stato aveva recato offesa ai diritti dei richiedenti garantiti dall’articolo 6 intervenendo in modo decisivo per orientare a suo favore la conclusione imminente dell’istanza alla quale era parte (vedere, in particolare, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], i nostri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII e SCM Scanner dell’ovest lionese ed altri c. Francia, no 12106/03, § 28, 21 giugno 2007).
39. La Corte osserva peraltro che prima dell’entrata in vigore della legge del 30 dicembre 2004, avuto riguardo all’ allora articolo L. 24 del codice delle pensioni applicabile e come interpretato dal giudice comunitario ed amministrativo( paragrafi 17 a 19 sopra,) il richiedente poteva aspettarsi legittimamente di ottenere la sua ammissione alla pensione anticipata. Ora, il nuovo dispositivo che entrò in vigore dopo che il richiedente aveva investito il giudice amministrativo di un ricorso teso a contestare il rigetto da parte dell’amministrazione della sua domanda di collocamento in pensione anticipata, modificò la legislazione applicabile alla controversia in corso. Se il nuovo articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari escludeva espressamente dal suo campo di applicazione le decisioni di giustizia diventate definitive, si applicava tuttavia ai procedimenti introdotti dinnanzi al giudice amministrativo anteriore la sua entrata in vigore. Ha così per effetto di influire sulla conclusione delle controversie in corso.
40. Resta da verificare se la retroattività della legge si fondava su degli imperiosi motivi di interesse generale. La Corte nota al primo colpo che il Governo non presenta alcuna osservazione su questo punto e si rimette alla sua saggezza.
41. Constata anche che nello specifico, l’intervento della legge del 30 dicembre 2004 mirava ad imporre una nuova condizione ai funzionari affini dei tre bambini che desideravano ottenere il loro collocamento in pensione anticipata. Difatti, la nuova legge esige oramai che questi abbiano interrotto effettivamente la loro attività professionale per potere pretendere questo collocamento in pensione anticipata ed alla pensione ivi afferente. La Corte considera che lo scopo perseguito da questa nuova disposizione mira a ridurre il numero di collocamento in pensione anticipata e così a preservare il solo interesse finanziario dello stato sminuendo il numero di pensioni versate ai funzionari affini di tre bambini. Ora, ricorda che in principio il solo interesse finanziario dello stato non permette di giustificare l’intervento retroattivo di una legge di convalida (vedere, mutatis mutandis, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], numeri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 59, CEDH 1999-VII).
42. Del resto, la Corte sottolinea che nel suo parere Provin del 27 maggio 2005, il Consiglio di stato aveva giudicato, in modo espresso, che le disposizioni legislative retroattive in questione non si fondavano su degli imperiosi motivi di interesse generale e, per questo fatto, disconoscevano l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
43. Per la Corte, l’intervento del legislatore che regolava definitivamente ed in modo retroattivo, il fondo della controversia durante dinnanzi alle giurisdizioni interne, non si fondava dunque su degli imperiosi motivi di interesse generale, così come esige, in particolare, il principio della preminenza del diritto (Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri, precitata, § 57).
44. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 COMPOSTO CON L’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
45. Il richiedente stima che l’adozione della legge del 30 dicembre 2004 ha portato attentato al suo diritto di ricorso effettivo nella misura in cui questa legge gli ha impedito di fare valere un diritto che gli era riconosciuto tuttavia dal diritto interno. Invoca gli articoli 6 e 13 della Convenzione combinati le cui disposizioni pertinenti si leggono come segue:
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo. “
46. Questo motivo di appello è identico a quello presentato dal richiedente sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione preso isolatamente. Avuto riguardo alla constatazione che figura sopra al paragrafo 42, la Corte stima che non si impone di deliberare sul motivo di appello in questione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
Il richiedente si lamenta di un attentato ai suoi beni in ragione dell’applicazione retroattiva del nuovo dispositivo introdotto dalla legge del 30 dicembre 2004. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 le cui disposizioni si leggono come segue:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
La Corte constata che questo motivo di appello si confonde largamente col precedente. Avuto riguardo alle circostanze particolari della presente causa, così come al ragionamento che l’ha condotta a constatare una violazione dell’articolo 6 della Convenzione, non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello del richiedente sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
47. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
48. Il richiedente chiede di vedersi compensare i danni che risultano dall’impossibilità nella quale si è trovato di ottenere dalle giurisdizioni francesi, da una parte, l’annullamento della decisione illegale della cassa pensioni che gli negava il diritto di beneficiare di una pensione anticipata e, dall’altra parte, di ottenere la liquidazione della sua pensione con effetto immediato.
49. Indica che avrebbe dovuto essere in misura di andare in pensione anticipata ed a tasso pieno fin dal 1 dicembre 2004. Per valutare il suo danno, in termini di pensione, confronta la pensione che avrebbe dovuto percepire in applicazione del dispositivo “15 anni + 3 bambini” e quella che percepirà effettivamente in data di apertura dei suoi diritti alla pensione nel giugno 2011, all’età di 60 anni, in virtù del diritto comune. Distingue così il danno certo reale, sul periodo 2004-2011, ed il danno che verrà, a partire dal 2011. Per il primo, indica che in seguito al suo rifiuto di collocamento in pensione è stato posto in congedo lunga malattia a partire dal 16 novembre 2006 con ordinanza del direttore generale degli assistenza pubblico-ospedalieri di Parigi e che non c’è dubbio che questo congedo proseguirà fino al suo pensionamento nel 2011. In queste circostanze, conformemente ai termini di questa ordinanza, il richiedente ha beneficiato di un pieno trattamento fino al 15 novembre 2007 e da questa data non percepisce più di 1 368 euro (EUR) netti mensili e non si vede versare più alcun premio annuo. Richiede, così in primo luogo, la somma di 7 423,95 EUR che corrispondono alla differenza tra gli importi dei suoi redditi dal 16 novembre 2007 e l’importo della pensione che avrebbe dovuto percepire durante questo stesso periodo. Per il secondo, richiede la somma di 37 178,40 EUR, corrispondente alla differenza che va a concretarsi nel momento del suo pensionamento tra la sua pensione reale (1 385,73 EUR) e quella che avrebbe dovuto percepire in applicazione del dispositivo “15 anni + 3 bambini” (1 540,75 EUR) prendendo per riferimento una speranza di vita di ottanta anni. Il richiedente chiede inoltre che questa a ultima somma si applichi un’indicizzazione media del 2,5% all’ anno.
50. Richiede a titolo del danno morale che avrebbe subito, la somma di 30 000 EUR in ragione dei disagi nelle condizioni di esistenza consecutivi all’impossibilità di andare in pensione sette anni prima. Ha cambiato domicilio in previsione di un pensionamento nel dicembre 2004 e ha dovuto fare poi fronte ad una depressione di cui soffre che è consecutiva alla situazione.
51. Il Governo stima che queste pretese sono ammissibili solamente nella misura in cui sono legate alla violazione addotta. Trattandosi della prima somma richiesta a titolo del danno patrimoniale, non è dimostrato che la costatazione di malattia del richiedente risulti dalla violazione addotta. Trattandosi della seconda somma, sempre a titolo del danno patrimoniale, il Governo rileva che il richiedente si avvale di un danno eventuale che è al momento nell’impossibilità di valutare con precisione. Spiega che il richiedente può chiedere di essere ammesso alla pensione d’ invalidità. Nell’ipotesi di una radiazione dalle cornici per invalidità, la pensione del richiedente sarebbe calcolata allora senza detrazione fiscale per i trimestri mancanti, tramite l’ applicazione dell’articolo 20 del decreto no 2003-1306 del 26 dicembre 2003. Difatti, per un pensionamento per invalidità alla scadenza dei diritti del congedo per malattia nel novembre 2009, avrebbe potuto percepire (sulla base delle informazione che hanno servite alla simulazione di pensione effettuata ed attualizzata) una pensione che rimunera l’interezza dei suoi servizi di un importo nell’ordine di 1 478 EUR. Potrebbe, tutt’al più, ottenere solo il versamento della differenza tra la pensione che avrebbe potuto percepire nella sua qualità di padre di tre bambini e che valuta a 1 540,65 EUR e la pensione di invalidità che gli sarebbe stata servita e che si può fissare teoricamente a 1 478 EUR. Quindi, la differenza tra questi due importi di pensione per vent’ anni ammonterebbe, non a 37 178,40 EUR ma a 14 991 EUR.
52. Trattandosi del danno morale, il richiedente non potrebbe imputare questo danno all’acquisto, nel febbraio 2005, di un bene immobiliare nelle Lande e dello stato depressivo che risulta dei viaggi tra questo nuovo domicilio ed il suo poso di lavoro. Supponendo anche che la realtà di questi danni sia stabilita, il richiedente non porta nessuna precisione di natura tale da giustificarne il loro importo, valutato in modo forfetario. Queste somme sembrano inoltre sproporzionate alla vista delle circostanze dello specifico.
53. La Corte ricorda che il principio che sottende la concessione di una soddisfazione equa è che occorre, tanto quanto si può fare, porre l’interessato in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se la violazione della Convenzione non avesse avuto luogo (vedere, mutatis mutandis, Kingsley c. Regno Unito [GC], no 35605/97, § 40, CEDH 2002-IV, vedere anche Smith e Grady c. Regno Unito (soddisfazione equa), numeri 33985/96 e 33986/96, § 18, CEDH 2000-IX). Peraltro, la condizione sine qua non alla concessione di un risarcimento di un danno patrimoniale è l’esistenza di un legame di causalità tra il danno addotto e la violazione constatata (Nikolova c. Bulgaria [GC], no 31195/96, § 73, CEDH 1999-II) ed è lo stesso per il danno morale (Kadiķis c. Lettonia (no 2), no 62393/00, § 67, 4 maggio 2006).
54. Concernente il danno patrimoniale del richiedente, la Corte constata che ha continuato a percepire l’interezza del suo trattamento fino al 15 novembre 2007, e che perciò, non potrebbe avvalersi di un qualsiasi danno finanziario fino a questa data.
55. Constata anche che tra il novembre 2007 e il giugno 2011, il richiedente riceve un’indennità di congedo per lunga malattia di 1 368 EUR mentre se la legge controversa non gli fosse stata applicata, avrebbe percepito una pensione “bonificata” di 1 540,65 EUR. La Corte assegna al richiedente la differenza tra queste due somme per un periodo di 43 mesi dunque, o la somma di 7 423,95 EUR in risarcimento del danno subito durante questo periodo.
56. Per il periodo che va dal suo collocamento in pensione effettiva nel giugno 2011 fino alla fine della vita del richiedente, la Corte constata che l’importo della perdita è necessariamente ipotetico poiché dipende in particolare dalla data di decesso del richiedente. In più, la Corte deve tenere conto del fatto che il richiedente va a percepire una soddisfazione equa di un importo forfetario, mentre avrebbe dovuto ricevere questa parte della pensione tramite versamenti mensili.
Rileva anche che il Governo non contesta la cifra di 1 385,73 EUR avanzata dal richiedente come importo della pensione che riscuoterà dal giugno 2011 all’epoca del suo pensionamento, anche se si avvale dell’impossibilità di valutare con precisione il danno subito dal richiedente. La Corte assegna al richiedente la somma di 28 000 EUR in risarcimento del suo danno patrimoniale.
57. La Corte considera anche che il richiedente ha subito da una parte un danno morale a causa dell’intervento della legge controversa, e della partecipazione del commissario del Governo in deliberazione in camera del consiglio del Consiglio di stato. Deliberando in equità, assegna al richiedente 2 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
58. Il richiedente chiede anche 2 392 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi al Consiglio di stato e 3 588 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte. Fornisce le fatture che corrispondono a queste somme.
59. Il Governo rileva che queste somme non sono ripartite in voci e sono espresse in modo forfetario. Se la Corte dovesse giudicare questa domanda ammissibile, il Governo conclude al fatto che la somma eventualmente assegnata al richiedente a titolo degli oneri e delle spese non debba superare la somma di 2 500 EUR.
60. La Corte ricorda che, quando conclude alla violazione della Convenzione, può accordare non solo al richiedente il pagamento degli oneri e delle spese che ha impegnato dinnanzi a lei, ma anche di quelli esposti dinnanzi alle giurisdizioni interne per prevenire o fare correggere da queste suddetta violazione (vedere, per esempio, Martinie c. Francia [GC] no 58675/00, 12 aprile 2006) dal momento che viene stabilita la loro necessità, che vengono prodotti i giustificativi richiesti e che le somme richieste non siano irragionevoli. Stima così che conviene accordare al richiedente il rimborso dei suoi oneri di rappresentanza dinnanzi al Consiglio di stato e dinnanzi alla Corte. Perciò, gli assegna la somma di 5 980 EUR per oneri e spese.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto al motivo di appello derivato dalla partecipazione del commissario del governo alla deliberazione in camera di consiglio del Consiglio di stato;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto al motivo di appello derivato dall’applicazione retroattiva della legge del 30 dicembre 2004;
4. Stabilisce che non è necessario esaminare i motivi di appello derivati dagli articoli 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1;
5. Satbilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 37 423,95 EUR (trenta settemila quattro cento venti tre euro ed novantacinque centesimi) ogni danno compreso, oltre 5 980 EUR (cinquemila nove cento ottanta euro) a titolo degli oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente