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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE JAVAUGUE c. FRANCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06
Numero: 39730/06/2010
Stato: Francia
Data: 2010-02-11 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Violazioni dell’art. 6-1; danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
QUINTA SEZIONE
CAUSA JAVAUGUE C. FRANCIA
( Richiesta no 39730/06)
SENTENZA
STRASBURGO
11 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Javaugue c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Rait Maruste, Marco Villiger, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39730/06) diretta contro la Repubblica francese e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. P. J. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 settembre 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da Y. C., avvocato a Parigi. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente adduceva in particolare, sotto l’angolo degli articoli 6 e 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, dell’applicazione retroattiva di una nuova legge a suo riguardo.
4. Il 1 aprile 2008, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1951 e risiede a Goos. E’ agente di funzione pubblica ospedaliera e padre di tre bambini.
6. Il 7 gennaio 2004, chiese al suo datore di lavoro il suo collocamento in pensione anticipata, a contare dal 26 novembre 2004. Per giustificare la sua richiesta, il richiedente si avvaleva del principio di uguaglianza delle rimunerazioni poste dal diritto comunitario come interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee (CJCE) e dal Consiglio di stato. Difatti, nelle sue sentenze Griesmar, del 29 novembre 2001, e Mouflin, del 13 dicembre 2001, la CJCE aveva sanzionato in particolare le disposizioni dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari, come contrarie al principio dell’uguaglianza di rimunerazione tra uomini e donne, nella misura in cui questo articolo riservava solamente alle sole donne il diritto alla pensione anticipata (vedere “diritto interno pertinente” la parte).
7. Il 9 marzo 2004, il datore di lavoro del richiedente accettò la sua richiesta di collocamento alla pensione con liquidazione di pensione a contare dal 1 dicembre 2004, sotto riserva della decisione della Cassa nazionale di pensioni degli agenti delle collettività locali (CNRACL).
8. Con una decisione del 5 aprile 2004, la Cassa dei depositi e consegne, gestore del CNRACL, respinse l’istanza del richiedente. Considerò che secondo le disposizioni in vigore, solo un agente femminile che abbia maturato almeno quindici anni di servizio effettivo e madre di tre bambini poteva pretendere la liquidazione della sua pensione.
9. Con richiesta del 14 aprile 2004, il richiedente investì il giudice amministrativo di un ricorso per annullamento di questa decisione, sempre sul fondamento delle giurisprudenze Griesmar e Mouflin precitate.
10. Il 30 dicembre 2004, una nuova legge modificò le disposizioni dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari. Le nuove disposizioni contemplavano oramai che i funzionari potessero beneficiare di un godimento immediato della loro pensione, se avessero interrotto la loro attività nelle condizioni fissate dal decreto del Consiglio di stato. Era contemplato peraltro che queste nuove disposizioni dovevano applicarsi alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non avevano dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato.
11. Il 30 aprile 2005, l’istruzione del ricorso del richiedente dinnanzi al tribunale amministrativo fu chiusa.
12. Il suddetto decreto del Consiglio di stato fu adottato il 10 maggio 2005. Le nuove disposizioni entrarono in vigore l’indomani della pubblicazione del decreto di applicazione, o il 12 maggio 2005.
13. Il 27 maggio 2005, il Consiglio di stato, deliberando con parere contenzioso in un’altra causa (vedere la parte “diritto e pratica interna pertinenti”), stimò che queste nuove disposizioni, retroattive, disconoscevano 6 § 1 l’articolo della Convenzione. Considerò tuttavia che questa incompatibilità poteva essere invocata solo dai funzionari che, in data di entrata in vigore delle disposizioni controverse, avevano, in seguito ad una decisione che rifiutava loro anteriormente il beneficio del regime applicabile, già impegnato un’azione di contenzioso in vista di contestare la legalità di questa decisione. Stimò inoltre che queste disposizioni erano contrarie all’articolo 1 del Protocollo no 1, quando i funzionari assolvevano le condizioni anteriormente applicabili e che avevano presentato, prima della pubblicazione della legge, una domanda che aveva dato adito ad una decisione di rifiuto anteriore al 12 maggio 2005, il giorno dell’entrata in vigore della legge.
14. Con un giudizio del 5 luglio 2005, il tribunale amministrativo di Melun respinse il ricorso del richiedente, facendo applicazione delle disposizioni della legge nuova. Considerò che il richiedente faceva stato di un’interruzione di attività di una durata superiore a due mesi solo per uno dei suoi tre bambini e che quindi, non assolveva la condizione posta dal legislatore e precisata dal potere regolamentare per beneficiare della liquidazione immediata della sua pensione.
15. Con richiesta del 28 settembre 2005, il richiedente investì il Consiglio di stato di un ricorso in cassazione nella cornice del quale invocò l’articolo 6 § 1 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
16. Il 24 marzo 2006, il Consiglio di stato dichiarò il ricorso non ammesso. I dettagli di questa decisione lasciano apparire che il commissario del Governo era presente all’epoca della deliberazione i n camera del consiglio di questa giurisdizione.
B. Il diritto e la pratica interna pertinenti
1. Stato del diritto prima delle giurisprudenze Griesmar e Mouflin
17. L’Articolo L24-I-3o del codice delle pensioni civili e militari
“Il godimento della pensione civile è immediato:
(…)
3o Per le donne funzionarie: a) quando sono madri di tre bambini viventi o deceduti in seguito a fatti di guerra o di un bambino che vivente di più di un anno d’età e colpito da un’invalidità uguale superiore al l’80% (…) ; b) quando è giustificato, (…) che sono colpite di un’infermità o che il loro coniuge è colpito da un’infermità “
2. Sentenze Griesmar e Mouflin della Corte di giustizia delle Comunità europee del 29 novembre e del 13 dicembre 2001 e susseguente giurisprudenza francese
18. In queste sentenze, la Corte di giustizia delle comunità europee considerò che le disposizioni del codice delle pensioni civili e militari di congedo in causa erano incompatibili col principio di uguaglianza delle rimunerazioni tra gli uomini e le donne come è affermato dal diritto comunitario, per il fatto che ne riservavano il beneficio solo alle donne.
19. Nel prolungamento di questi contenziosi, il Consiglio di stato ha giudicato l’articolo L. 24-I-3 del codice delle pensioni, relativo al diritto alla pensione anticipata, incompatibile col principio comunitario di uguaglianza delle rimunerazioni e ha concluso così che i funzionari maschili che si trovavano in situazioni identiche alle donne avevano diritto a beneficiare delle sue disposizioni e che il principio dell’uguaglianza delle rimunerazioni si opponeva al fatto che il godimento immediato di una pensione, accordata alle persone che assicurano o hanno assicurato l’educazione di almeno tre bambini, sia riservata alle donne, mentre gli uomini che assicurano o che hanno assicurato l’educazione di almeno tre bambini sarebbero esclusi dal beneficio di questa misura (vedere, tra altre, Consiglio di stato, 29 gennaio 2003, no 245601, Béraudo; 26 febbraio 2003, no 187401, Llorca; 29 dicembre 2004, no 267651, Martin).
3. L’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004, modificante l’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari di pensione
Articolo 136 I
“La liquidazione della pensione interviene:
(…)
3o Quando il funzionario civile è affine di tre bambini, (…) purché abbia, per ogni bambino, interrotto la sua attività nelle condizioni fissate da decreto in Consiglio di stato. “
Articolo 136 II
“Le disposizioni dell’I sono applicabili alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non hanno dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato. “
4. Parere Provin del Consiglio di stato del 27 maggio 2005
20. Il Consiglio di stato si pronunciò sulla compatibilità delle disposizioni dell’II dell’articolo 136 della legge su richiesta del tribunale amministrativo di Nancy, nella cornice di un altro ricorso, il 27 maggio 2005, del 30 dicembre 2004 con gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Rese il parere qui di seguito:
“(…)
Se le nuove disposizioni emesse dall’I dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 sono entrate in vigore l’indomani della pubblicazione di questo decreto sulla gazzetta ufficiale della Repubblica francese, o il 12 maggio 2005, risulta tuttavia dall’II dello stesso articolo che sono applicabili alle domande presentate prima della loro entrata in vigore che non hanno dato adito a decisione di giustizia passata in giudicato. (…)
Per ciò che riguarda la compatibilità dell’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 con l’articolo 6 § 1 della convenzione europea dei diritti dell’uomo:
(…)
Per essere compatibile con queste stipulazioni, l’intervento retroattivo del legislatore in vista di modificare alprofitto dello stato le regole applicabili ai processi in corso deve fondarsi su degli imperiosi motivi di interesse generale.
Trattandosi delle disposizioni dell’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 che sono oggetto della richiesta di parere, emesse da un emendamento parlamentare la cui adozione non poteva essere riguardata come prevedibile, non risulta né dai lavori preparatori- nel corso dai quali è stata menzionata solo la necessità di mettere i termini dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari di pensione in conformità col diritto comunitario -né dai documenti della pratica sottomessa al Consiglio di stato che il fatto di rendere applicabili le disposizioni dell’I dello stesso articolo alle azioni in giustizia impegnate prima della loro entrata in vigore in vista di ottenere il beneficio delle disposizioni alle quali si sostituiscono possa essere riguardato come fondato su degli imperiosi motivi di interesse generale. Perciò, nella misura in cui queste disposizioni retroattive hanno per oggetto di influire sulla conclusione dei procedimenti giurisdizionali impegnati dai funzionari che si sono visti rifiutare l’utile delle disposizioni allora applicabili dell’articolo L. 24 di questo codice-che, così come è stato detto, dovevano essere interpretate come se aprissero agli uomini così come alle donne che avevano avuto tre bambini il diritto al godimento immediato della loro pensione -ignorano le stipulazioni dell’articolo 6 § 1 della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Deriva tuttavia dallo stesso oggetto di queste stipulazioni che questa incompatibilità può essere invocata utilmente solo dai funzionari che, in data di entrata in vigore delle disposizioni controverse, avevano, in seguito ad una decisione che rifiutava loro il beneficio del regime applicabile anteriormente , impegnato un’azione di contenzioso in vista di contestare la legalità di questa decisione.
Per ciò che riguarda la compatibilità delle disposizioni in causa con l’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo:
(…)
Se queste stipulazioni non fanno in principio ostacolo al fatto che il legislatore adotti delle nuovi disposizioni che rimettono in causa, fosse anche in modo retroattivo, dei diritti derivanti dai leggi in vigore, è a condizione di predisporre un giusto equilibrio tra l’ attentato portato a questi diritti ed i motivi di interesse generale suscettibili di giustificarlo.
Nello specifico, risulta dal paragone delle disposizioni combinate degli articoli L. 24 e R. 37 del codice delle pensioni civili e militari di congedo, oramai applicabili, con quelle che regolavano anteriormente il diritto dei funzionari al godimento immediato delle loro pensioni che tutti quelli che non possono assolvere le nuove condizioni relative alla durata ed alla natura dell’interruzione della loro attività sono privati oramai della sostanza stessa di questo diritto. Trattandosi delle decisioni prese, dopo l’entrata in vigore di queste nuove disposizioni, su delle domande presentate anteriormente, l’attentato portato alla situazione degli interessati deriva dall’applicazione dei principi del diritto nazionale relativo all’entrata in vigore delle leggi e degli ordinamenti al testo dell’I dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 e non delle disposizioni retroattive dell’II dello stesso articolo che hanno effetto solo a riguardo delle decisioni intervenute prima di questa entrata in vigore. Inoltre, l’attentato così portato dall’I dell’articolo 136 è proporzionato all’obiettivo perseguito dal legislatore che è di mettere le disposizioni del codice delle pensioni civili e militari di congedo in conformità col diritto comunitario.
In compenso, rimettendo in causa in modo retroattivo la situazione dei funzionari che assolvevano le condizioni applicabili anteriormente e che avevano presentato, prima della pubblicazione della legge, una domanda che aveva dato adito a decisione di rifiuto prima del 12 maggio 2005, l’II dell’articolo 136 di questa legge ha portato a dei crediti detenuti dagli interessati-che abbiano o meno impegnato un’azione in giustizia in vista di farlo riconoscere -un attentato che, in mancanza di motivi di interesse generale suscettibili di giustificarlo, deve essere considerato come sproporzionato. L’applicazione agli interessati delle disposizioni in causa ignora dunque le stipulazioni dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Queste stipulazioni non sono tuttavia misconosciute a riguardo dei funzionari che hanno presentato delle domande, tra la pubblicazione della legge e quella del decreto che ne ha permesso l’entrata in vigore, in vista di ottenere il beneficio delle disposizioni anteriori. Quindi, dal momento che esiste un interesse generale sufficiente affinché a tali domande possano vedersi applicare le nuove disposizioni, l’II dell’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004 non può essere riguardato come recante offesa sproporzionata ai crediti che detenevano i funzionari in causa. “
21. In seguito a questo parere, ed in altre cause, il Consiglio di stato scartò le nuove disposizioni derivate dall’articolo 136 della legge del 30 dicembre 2004, dal momento che erano intervenute nel corso di un procedimento (vedere, per esempio, 26 settembre 2005, no 255656, Barritault).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
22. Il richiedente si lamenta della presenza del commissario del governo in deliberazione in camera del consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato e dell’applicazione retroattiva del nuovo dispositivo introdotto dalla legge del 30 dicembre 2004, senza che sia stato tenuto conto del parere Provin del Consiglio di stato del 27 maggio 2005 e senza che sia stati in grado di dibatterlo dinnanzi al tribunale amministrativo, essendo entrata in vigore la legge dopo la chiusura dell’istruzione. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sul motivo di appello derivato dalla partecipazione del commissario del governo alla deliberazione in camera di consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato
1. Sull’ammissibilità
23. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
24. Il richiedente stima che la presenza del commissario del Governo alla deliberazione in camera di consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato ha ignorato le disposizioni dell’articolo 6 della Convenzione.
25. Il Governo, alla vista della sentenza Martinie c. Francia ([GC], no 58675/00, 12 aprile 2006) decide di rimettersi alla saggezza della Corte su questo punto.
26. La Corte ricorda che, nelle sentenze Kress c. Francia ([GC], no 39594/98, §§ 72-76, CEDH 2001-VI) e Martinie (precitata, §§ 53-54) ha concluso alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a causa della partecipazione ed anche della semplice presenza del commissario del governo alla deliberazione in camera del consiglio della formazione di giudizio del Consiglio di stato. La Corte considera che la presente causa non presenta elementi suscettibili di distinguerla da questa giurisprudenza.
27. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
B. Sul motivo di appello derivato dall’applicazione retroattiva della legge del 30 dicembre 2004
1. Sull’ammissibilità
a) Tesi delle parti
28. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Ricorda che questa regola è fondata sul principio secondo cui lo stato convenuto deve, prima dell’immissione nel processo della Corte, essere messo in misura di potere risanare le violazioni che gli vengono rimproverate. Comprende in particolare l’obbligo di aver sollevato nelle forme e nei termini prescritti dal diritto interno, i motivi di appello che si intende sottoporre in seguito alla Corte (Cardot c. Francia, 19 marzo 1991, § 34, serie A no 200).
29. Nello specifico, il Governo non contesta che il richiedente assolveva le due condizioni fissate dal Consiglio di stato nel suo avviso Provin per fare valere una violazione delle disposizioni invocate. Difatti, ha, da una parte, chiesto di beneficiare del pensionamento anticipato nella sua qualità di padre di tre bambini il 7 gennaio 2004, o prima della pubblicazione della legge controversa il 31 dicembre 2004, e, dall’altra parte, ha impegnato un’azione di contenzioso dinnanzi al tribunale amministrativo il 14 aprile 2004, o prima della data di entrata in vigore delle disposizioni, il 12 maggio 2005, in vista di contestare la legalità della decisione del 5 aprile 2004 che gli rifiutava il beneficio del regime anteriormente applicabile. Tuttavia, il Consiglio di stato ha dichiarato non ammissibile il ricorso del richiedente contro il giudizio del tribunale amministrativo. Il Governo considera che questa azione non poteva avere successo dal momento che si trattava di nuovi mezzi. Ricorda peraltro che i mezzi derivati dall’incomprensione della Convenzione non sono di ordine pubblico e che non possono essere sollevati d’ ufficio dal giudice dell’eccesso di potere. In quanto all’argomento del richiedente secondo cui non sarebbe stato in grado di dibattere l’applicazione del nuovo dispositivo dinnanzi al giudice amministrativo, essendo entrato in vigore questa dopo la chiusura dell’istruzione fissata al 30 aprile 2005, il Governo ricorda che il richiedente disponeva di vie giuridiche efficaci per invocare dinnanzi al giudice del merito la violazione della Convenzione ed avvalersi dell’avviso Provin. Da una parte, aveva la facoltà di sollecitare la riapertura dell’istruzione, ai termini degli articoli R. 613-3 e R. 613-4 del codice di giustizia amministrativa o ancora di produrre una nota in deliberazione in camera del consiglio dopo la tenuta dell’udienza il 7 giugno 2005.
30. Il richiedente contesta questa analisi. Sostiene che non poteva formulare tale motivo di appello dinnanzi al tribunale amministrativo nella misura in cui la legge controversa è entrata in vigore dopo la chiusura dell’istruzione e che niente poteva indicare che il suo ricorso sarebbe stato giudicato alla luce di un nuovo dispositivo. In quanto all’argomento secondo cui il richiedente poteva chiedere la riapertura dell’istruzione, come permettono le disposizioni precitate del codice di giustizia amministrativa, il richiedente indica che queste disposizioni rivelano che non esiste alcun diritto alla riapertura dell’istruzione poiché questo dipende dal potere discrezionale del presidente della formazione di giudizio. Precisa al contrario che apparteneva ai giudici del tribunale amministrativo riaprire l’istruzione in seguito all’entrata in vigore della legge o di investire il Consiglio di stato di una questione pregiudiziale. Il richiedente tiene a precisare anche che il solo ricorso che era a sua disposizione era un ricorso in cassazione dinnanzi al Consiglio di stato e che,in mancanza di appello in materia di ricorso per eccesso di potere, si trovava nell’impossibilità tecnica di sollevare altri mezzi se non quelli che ha potuto sollevare dinnanzi ai suoi primi giudici.
b) Valutazione della Corte
31. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, può essere investita solo dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne. A questo riguardo, sottolinea che ogni richiedente devono aver dato alle giurisdizioni interne l’occasione che l’articolo 35 § 1 ha per finalità di predisporre in principio agli Stati contraenti: evitare o risanare le violazioni addotte contro lui. Così, il motivo di appello di cui si intende investire la Corte ha il dovere di essere sollevato prima, almeno in sostanza, nelle forme e nei termini prescritti dal diritto interno, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali adeguate (Cardot, precitata, § 36). La Corte sottolinea che per controllare il rispetto della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, bisogna tenere conto dei ricorsi contemplati in pratica nel sistema giuridico dello stato riguardato, così come delle circostanze della causa e della questione di sapere se i richiedenti hanno fatto tutto ciò che si poteva aspettare ragionevolmente di loro per esaurire le vie di ricorso interne che si offrivano a loro (vedere, tra altre, Merit c. Ucraina, no 66561/01, § 58, 30 marzo 2004).
32. Nello specifico, la Corte constata che il richiedente che non era del resto assistito di un avvocato, non poté sollevare i motivi di appello in questione dinnanzi al tribunale amministrativo nella misura in cui la nuova legge entrò in vigore dopo la chiusura dell’istruzione. Parimenti, non poté depositare una nota in delibera in camera del consiglio nella misura in cui, dopo l’udienza, poteva sapere che il tribunale avrebbe applicato la nuova legge al suo giudizio. E’ dunque solamente nell’occasione del suo ricorso in cassazione, unica via legale che gli era offerta per contestare la decisione dei giudici del fondo, che il richiedente sollevò espressamente il suo motivo di appello tratto dalla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. Ora il Consiglio di stato non ha ammesso il ricorso in cassazione del richiedente, senza motivare la sua decisione.
33. La Corte nota che, secondo il Governo, la non ammissione del ricorso del richiedente sarebbe stata dovuta all’invocazione di nuovi mezzi dinnanzi al Consiglio di stato. Tuttavia, rileva che si tratta di una supposizione del Governo nella misura in cui il motivo della non ammissione non è precisato nella sentenza. La Corte ricorda anche che non le appartiene speculare sulle ragioni di questa non ammissione (vedere, mutatis mutandis, Petersen c. Germania, (dec.), no 38282/97, 12 gennaio 2006).
34. Constata che il richiedente ha sollevato i motivi di appello presentati alla Corte appena ne ha avuto cognizione, o dopo il giudizio del tribunale amministrativo e considera perciò che l’eccezione sollevata dal Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne si rivela non fondata e deve essere respinta.
2. Sul merito
a) Tesi delle parti
35. Il Governo dichiara di rimettersi alla saggezza della Corte.
36. Il richiedente stima che se il Consiglio di stato avesse esaminato il suo mezzo gli avrebbe permesso di ottenere soddisfazione allo sguardo del parere Provin, consacrando la non convenzionalità del carattere retroattivo dell’articolo L. 24 del codice delle pensioni, nell’ipotesi di una domanda formata prima della sua entrata in vigore.
b) Valutazione della Corte
37. La Corte ricorda che in principio al potere legislativo non viene impedito di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni a portata retroattiva, dei diritti derivanti da leggi in vigore (vedere, tra altre, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], i nostri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII).
38. Tuttavia, ha giudicato già che il principio della preminenza del diritto e la nozione di processo equo consacrato dall’articolo 6 si opponeva, salvo per imperiosi motivi di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia allo scopo di influire sulla conclusione giudiziale della controversia. Nelle cause che sollevavano dei problemi simili, ha rilevato che l’intervento del legislatore aveva avuto luogo in un momento in cui un’istanza giudiziale alla quale lo stato era parte si trovava pendente. Ha concluso dunque che lo stato aveva recato offesa ai diritti dei richiedenti garantiti dall’articolo 6 intervenendo in modo decisivo per orientare a suo favore la conclusione imminente dell’istanza alla quale era parte (vedere, in particolare, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], i nostri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII e SCM Scanner dell’ovest lionese ed altri c. Francia, no 12106/03, § 28, 21 giugno 2007).
39. La Corte osserva peraltro che prima dell’entrata in vigore della legge del 30 dicembre 2004, avuto riguardo all’ allora articolo L. 24 del codice delle pensioni applicabile e come interpretato dal giudice comunitario ed amministrativo( paragrafi 17 a 19 sopra,) il richiedente poteva aspettarsi legittimamente di ottenere la sua ammissione alla pensione anticipata. Ora, il nuovo dispositivo che entrò in vigore dopo che il richiedente aveva investito il giudice amministrativo di un ricorso teso a contestare il rigetto da parte dell’amministrazione della sua domanda di collocamento in pensione anticipata, modificò la legislazione applicabile alla controversia in corso. Se il nuovo articolo L. 24 del codice delle pensioni civili e militari escludeva espressamente dal suo campo di applicazione le decisioni di giustizia diventate definitive, si applicava tuttavia ai procedimenti introdotti dinnanzi al giudice amministrativo anteriore la sua entrata in vigore. Ha così per effetto di influire sulla conclusione delle controversie in corso.
40. Resta da verificare se la retroattività della legge si fondava su degli imperiosi motivi di interesse generale. La Corte nota al primo colpo che il Governo non presenta alcuna osservazione su questo punto e si rimette alla sua saggezza.
41. Constata anche che nello specifico, l’intervento della legge del 30 dicembre 2004 mirava ad imporre una nuova condizione ai funzionari affini dei tre bambini che desideravano ottenere il loro collocamento in pensione anticipata. Difatti, la nuova legge esige oramai che questi abbiano interrotto effettivamente la loro attività professionale per potere pretendere questo collocamento in pensione anticipata ed alla pensione ivi afferente. La Corte considera che lo scopo perseguito da questa nuova disposizione mira a ridurre il numero di collocamento in pensione anticipata e così a preservare il solo interesse finanziario dello stato sminuendo il numero di pensioni versate ai funzionari affini di tre bambini. Ora, ricorda che in principio il solo interesse finanziario dello stato non permette di giustificare l’intervento retroattivo di una legge di convalida (vedere, mutatis mutandis, Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri c. Francia [GC], numeri 24846/94 e 34165/96 a 34173/96, § 59, CEDH 1999-VII).
42. Del resto, la Corte sottolinea che nel suo parere Provin del 27 maggio 2005, il Consiglio di stato aveva giudicato, in modo espresso, che le disposizioni legislative retroattive in questione non si fondavano su degli imperiosi motivi di interesse generale e, per questo fatto, disconoscevano l’articolo 6 § 1 della Convenzione.
43. Per la Corte, l’intervento del legislatore che regolava definitivamente ed in modo retroattivo, il fondo della controversia durante dinnanzi alle giurisdizioni interne, non si fondava dunque su degli imperiosi motivi di interesse generale, così come esige, in particolare, il principio della preminenza del diritto (Zielinski e Pradal e Gonzalez ed altri, precitata, § 57).
44. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 COMPOSTO CON L’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
45. Il richiedente stima che l’adozione della legge del 30 dicembre 2004 ha portato attentato al suo diritto di ricorso effettivo nella misura in cui questa legge gli ha impedito di fare valere un diritto che gli era riconosciuto tuttavia dal diritto interno. Invoca gli articoli 6 e 13 della Convenzione combinati le cui disposizioni pertinenti si leggono come segue:
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo. “
46. Questo motivo di appello è identico a quello presentato dal richiedente sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione preso isolatamente. Avuto riguardo alla constatazione che figura sopra al paragrafo 42, la Corte stima che non si impone di deliberare sul motivo di appello in questione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
Il richiedente si lamenta di un attentato ai suoi beni in ragione dell’applicazione retroattiva del nuovo dispositivo introdotto dalla legge del 30 dicembre 2004. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 le cui disposizioni si leggono come segue:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
La Corte constata che questo motivo di appello si confonde largamente col precedente. Avuto riguardo alle circostanze particolari della presente causa, così come al ragionamento che l’ha condotta a constatare una violazione dell’articolo 6 della Convenzione, non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello del richiedente sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
47. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
48. Il richiedente chiede di vedersi compensare i danni che risultano dall’impossibilità nella quale si è trovato di ottenere dalle giurisdizioni francesi, da una parte, l’annullamento della decisione illegale della cassa pensioni che gli negava il diritto di beneficiare di una pensione anticipata e, dall’altra parte, di ottenere la liquidazione della sua pensione con effetto immediato.
49. Indica che avrebbe dovuto essere in misura di andare in pensione anticipata ed a tasso pieno fin dal 1 dicembre 2004. Per valutare il suo danno, in termini di pensione, confronta la pensione che avrebbe dovuto percepire in applicazione del dispositivo “15 anni + 3 bambini” e quella che percepirà effettivamente in data di apertura dei suoi diritti alla pensione nel giugno 2011, all’età di 60 anni, in virtù del diritto comune. Distingue così il danno certo reale, sul periodo 2004-2011, ed il danno che verrà, a partire dal 2011. Per il primo, indica che in seguito al suo rifiuto di collocamento in pensione è stato posto in congedo lunga malattia a partire dal 16 novembre 2006 con ordinanza del direttore generale degli assistenza pubblico-ospedalieri di Parigi e che non c’è dubbio che questo congedo proseguirà fino al suo pensionamento nel 2011. In queste circostanze, conformemente ai termini di questa ordinanza, il richiedente ha beneficiato di un pieno trattamento fino al 15 novembre 2007 e da questa data non percepisce più di 1 368 euro (EUR) netti mensili e non si vede versare più alcun premio annuo. Richiede, così in primo luogo, la somma di 7 423,95 EUR che corrispondono alla differenza tra gli importi dei suoi redditi dal 16 novembre 2007 e l’importo della pensione che avrebbe dovuto percepire durante questo stesso periodo. Per il secondo, richiede la somma di 37 178,40 EUR, corrispondente alla differenza che va a concretarsi nel momento del suo pensionamento tra la sua pensione reale (1 385,73 EUR) e quella che avrebbe dovuto percepire in applicazione del dispositivo “15 anni + 3 bambini” (1 540,75 EUR) prendendo per riferimento una speranza di vita di ottanta anni. Il richiedente chiede inoltre che questa a ultima somma si applichi un’indicizzazione media del 2,5% all’ anno.
50. Richiede a titolo del danno morale che avrebbe subito, la somma di 30 000 EUR in ragione dei disagi nelle condizioni di esistenza consecutivi all’impossibilità di andare in pensione sette anni prima. Ha cambiato domicilio in previsione di un pensionamento nel dicembre 2004 e ha dovuto fare poi fronte ad una depressione di cui soffre che è consecutiva alla situazione.
51. Il Governo stima che queste pretese sono ammissibili solamente nella misura in cui sono legate alla violazione addotta. Trattandosi della prima somma richiesta a titolo del danno patrimoniale, non è dimostrato che la costatazione di malattia del richiedente risulti dalla violazione addotta. Trattandosi della seconda somma, sempre a titolo del danno patrimoniale, il Governo rileva che il richiedente si avvale di un danno eventuale che è al momento nell’impossibilità di valutare con precisione. Spiega che il richiedente può chiedere di essere ammesso alla pensione d’ invalidità. Nell’ipotesi di una radiazione dalle cornici per invalidità, la pensione del richiedente sarebbe calcolata allora senza detrazione fiscale per i trimestri mancanti, tramite l’ applicazione dell’articolo 20 del decreto no 2003-1306 del 26 dicembre 2003. Difatti, per un pensionamento per invalidità alla scadenza dei diritti del congedo per malattia nel novembre 2009, avrebbe potuto percepire (sulla base delle informazione che hanno servite alla simulazione di pensione effettuata ed attualizzata) una pensione che rimunera l’interezza dei suoi servizi di un importo nell’ordine di 1 478 EUR. Potrebbe, tutt’al più, ottenere solo il versamento della differenza tra la pensione che avrebbe potuto percepire nella sua qualità di padre di tre bambini e che valuta a 1 540,65 EUR e la pensione di invalidità che gli sarebbe stata servita e che si può fissare teoricamente a 1 478 EUR. Quindi, la differenza tra questi due importi di pensione per vent’ anni ammonterebbe, non a 37 178,40 EUR ma a 14 991 EUR.
52. Trattandosi del danno morale, il richiedente non potrebbe imputare questo danno all’acquisto, nel febbraio 2005, di un bene immobiliare nelle Lande e dello stato depressivo che risulta dei viaggi tra questo nuovo domicilio ed il suo poso di lavoro. Supponendo anche che la realtà di questi danni sia stabilita, il richiedente non porta nessuna precisione di natura tale da giustificarne il loro importo, valutato in modo forfetario. Queste somme sembrano inoltre sproporzionate alla vista delle circostanze dello specifico.
53. La Corte ricorda che il principio che sottende la concessione di una soddisfazione equa è che occorre, tanto quanto si può fare, porre l’interessato in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se la violazione della Convenzione non avesse avuto luogo (vedere, mutatis mutandis, Kingsley c. Regno Unito [GC], no 35605/97, § 40, CEDH 2002-IV, vedere anche Smith e Grady c. Regno Unito (soddisfazione equa), numeri 33985/96 e 33986/96, § 18, CEDH 2000-IX). Peraltro, la condizione sine qua non alla concessione di un risarcimento di un danno patrimoniale è l’esistenza di un legame di causalità tra il danno addotto e la violazione constatata (Nikolova c. Bulgaria [GC], no 31195/96, § 73, CEDH 1999-II) ed è lo stesso per il danno morale (Kadiķis c. Lettonia (no 2), no 62393/00, § 67, 4 maggio 2006).
54. Concernente il danno patrimoniale del richiedente, la Corte constata che ha continuato a percepire l’interezza del suo trattamento fino al 15 novembre 2007, e che perciò, non potrebbe avvalersi di un qualsiasi danno finanziario fino a questa data.
55. Constata anche che tra il novembre 2007 e il giugno 2011, il richiedente riceve un’indennità di congedo per lunga malattia di 1 368 EUR mentre se la legge controversa non gli fosse stata applicata, avrebbe percepito una pensione “bonificata” di 1 540,65 EUR. La Corte assegna al richiedente la differenza tra queste due somme per un periodo di 43 mesi dunque, o la somma di 7 423,95 EUR in risarcimento del danno subito durante questo periodo.
56. Per il periodo che va dal suo collocamento in pensione effettiva nel giugno 2011 fino alla fine della vita del richiedente, la Corte constata che l’importo della perdita è necessariamente ipotetico poiché dipende in particolare dalla data di decesso del richiedente. In più, la Corte deve tenere conto del fatto che il richiedente va a percepire una soddisfazione equa di un importo forfetario, mentre avrebbe dovuto ricevere questa parte della pensione tramite versamenti mensili.
Rileva anche che il Governo non contesta la cifra di 1 385,73 EUR avanzata dal richiedente come importo della pensione che riscuoterà dal giugno 2011 all’epoca del suo pensionamento, anche se si avvale dell’impossibilità di valutare con precisione il danno subito dal richiedente. La Corte assegna al richiedente la somma di 28 000 EUR in risarcimento del suo danno patrimoniale.
57. La Corte considera anche che il richiedente ha subito da una parte un danno morale a causa dell’intervento della legge controversa, e della partecipazione del commissario del Governo in deliberazione in camera del consiglio del Consiglio di stato. Deliberando in equità, assegna al richiedente 2 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
58. Il richiedente chiede anche 2 392 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi al Consiglio di stato e 3 588 EUR per quelli impegnati dinnanzi alla Corte. Fornisce le fatture che corrispondono a queste somme.
59. Il Governo rileva che queste somme non sono ripartite in voci e sono espresse in modo forfetario. Se la Corte dovesse giudicare questa domanda ammissibile, il Governo conclude al fatto che la somma eventualmente assegnata al richiedente a titolo degli oneri e delle spese non debba superare la somma di 2 500 EUR.
60. La Corte ricorda che, quando conclude alla violazione della Convenzione, può accordare non solo al richiedente il pagamento degli oneri e delle spese che ha impegnato dinnanzi a lei, ma anche di quelli esposti dinnanzi alle giurisdizioni interne per prevenire o fare correggere da queste suddetta violazione (vedere, per esempio, Martinie c. Francia [GC] no 58675/00, 12 aprile 2006) dal momento che viene stabilita la loro necessità, che vengono prodotti i giustificativi richiesti e che le somme richieste non siano irragionevoli. Stima così che conviene accordare al richiedente il rimborso dei suoi oneri di rappresentanza dinnanzi al Consiglio di stato e dinnanzi alla Corte. Perciò, gli assegna la somma di 5 980 EUR per oneri e spese.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto al motivo di appello derivato dalla partecipazione del commissario del governo alla deliberazione in camera di consiglio del Consiglio di stato;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto al motivo di appello derivato dall’applicazione retroattiva della legge del 30 dicembre 2004;
4. Stabilisce che non è necessario esaminare i motivi di appello derivati dagli articoli 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1;
5. Satbilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 37 423,95 EUR (trenta settemila quattro cento venti tre euro ed novantacinque centesimi) ogni danno compreso, oltre 5 980 EUR (cinquemila nove cento ottanta euro) a titolo degli oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violations de l’art. 6-1 ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE JAVAUGUE c. FRANCE
(Requête no 39730/06)
ARRÊT
STRASBOURG
11 février 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Javaugue c. France,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Jean-Paul Costa,
Karel Jungwiert,
Rait Maruste,
Mark Villiger,
Isabelle Berro-Lefèvre,
Mirjana Lazarova Trajkovska, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 19 janvier 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 39730/06) dirigée contre la République française et dont un ressortissant de cet Etat, M. P. J. (« le requérant »), a saisi la Cour le 24 septembre 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me Y. C., avocat à Paris. Le gouvernement français (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Belliard, directrice des affaires juridiques au ministère des Affaires étrangères.
3. Le requérant alléguait en particulier, sous l’angle des articles 6 et 13 de la Convention et 1 du Protocole no 1, de l’application rétroactive d’une loi nouvelle à son égard.
4. Le 1er avril 2008, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1951 et réside à Goos. Il est agent de la fonction publique hospitalière et père de trois enfants.
6. Le 7 janvier 2004, il demanda à son employeur sa mise à la retraite anticipée, à compter du 26 novembre 2004. Pour justifier sa demande, le requérant se prévalait du principe d’égalité des rémunérations posé par le droit communautaire tel qu’interprété par la Cour de justice des Communautés européennes (CJCE) et par le Conseil d’Etat. En effet, dans ses arrêts Griesmar, du 29 novembre 2001, et Mouflin, du 13 décembre 2001, la CJCE avait notamment sanctionné les dispositions de l’article L. 24 du code des pensions civiles et militaires de retraite, comme contraires au principe de l’égalité de rémunération entre hommes et femmes, dans la mesure où cet article ne réservait qu’aux seules femmes le droit à la retraite anticipée (voir la partie « droit interne pertinent »).
7. Le 9 mars 2004, l’employeur du requérant accepta sa demande de mise à la retraite avec liquidation de pension à compter du 1er décembre 2004, sous réserve de la décision de la Caisse nationale de retraites des agents des collectivités locales (CNRACL).
8. Par une décision du 5 avril 2004, la Caisse des dépôts et consignations, gestionnaire de la CNRACL, rejeta la demande du requérant. Elle considéra que selon les dispositions en vigueur, seul un agent féminin réunissant au moins quinze ans de service effectif et mère de trois enfants pouvait prétendre à la liquidation de sa pension.
9. Par requête du 14 avril 2004, le requérant saisit le juge administratif d’un recours en annulation de cette décision, toujours sur le fondement des jurisprudences Griesmar et Mouflin précitées.
10. Le 30 décembre 2004, une nouvelle loi modifia les dispositions de l’article L. 24 du code des pensions civiles et militaires de retraite. Les nouvelles dispositions prévoient désormais que les fonctionnaires peuvent bénéficier d’une jouissance immédiate de leur pension de retraite, s’ils ont interrompu leur activité dans des conditions fixées par décret en Conseil d’Etat. Il était par ailleurs prévu que ces nouvelles dispositions devaient s’appliquer aux demandes présentées avant leur entrée en vigueur qui n’avaient pas donné lieu à une décision de justice passée en force de chose jugée.
11. Le 30 avril 2005, l’instruction du recours du requérant devant le tribunal administratif fut close.
12. Le décret en Conseil d’Etat susmentionné fut adopté le 10 mai 2005. Les nouvelles dispositions entrèrent en vigueur le lendemain de la publication du décret d’application, soit le 12 mai 2005.
13. Le 27 mai 2005, le Conseil d’Etat, statuant par avis contentieux dans une autre affaire (voir la partie « droit et pratique internes pertinents »), estima que ces nouvelles dispositions, rétroactives, méconnaissaient l’article 6 § 1 de la Convention. Il considéra toutefois que cette incompatibilité ne pouvait être invoquée que par les fonctionnaires qui, à la date d’entrée en vigueur des dispositions litigieuses, avaient, à la suite d’une décision leur refusant le bénéfice du régime antérieurement applicable, déjà engagé une action contentieuse en vue de contester la légalité de cette décision. Il estima en outre que ces dispositions étaient contraires à l’article 1 du Protocole no 1, lorsque les fonctionnaires remplissaient les conditions antérieurement applicables et qu’ils avaient présenté, avant la publication de la loi, une demande ayant donné lieu à une décision de refus antérieure au 12 mai 2005, le jour de l’entrée en vigueur de la loi.
14. Par un jugement du 5 juillet 2005, le tribunal administratif de Melun rejeta le recours du requérant, en faisant application des dispositions de la loi nouvelle. Il considéra que le requérant ne faisait état d’une interruption d’activité d’une durée supérieure à deux mois que pour l’un de ses trois enfants et que dès lors, il ne remplissait pas la condition posée par le législateur et précisée par le pouvoir réglementaire pour bénéficier de la liquidation immédiate de sa pension.
15. Par requête du 28 septembre 2005, le requérant saisit le Conseil d’Etat d’un pourvoi en cassation dans le cadre duquel il invoqua l’article 6 § 1 de la Convention et l’article 1 du Protocole no 1.
16. Le 24 mars 2006, le Conseil d’Etat déclara le pourvoi non admis. Les visas de cette décision laissent apparaitre que le commissaire du Gouvernement était présent lors du délibéré de cette juridiction.
B. Le droit et la pratique internes pertinents
1. Etat du droit avant les jurisprudences Griesmar et Mouflin
17. Article L24-I-3o du code des pensions civiles et militaires de retraite
« La jouissance de la pension civile est immédiate :
(…)
3o Pour les femmes fonctionnaires : a) soit lorsqu’elles sont mère de trois enfants vivants ou décédés par faits de guerre ou d’un enfant vivant âgé de plus d’un an et atteint d’une invalidité égale ou supérieure à 80 % (…) ; b) Soit lorsqu’il est justifié, (…) qu’elles sont atteintes d’une infirmité (…) ou que leur conjoint est atteint d’une infirmité (…) »
2. Arrêts Griesmar et Mouflin de la Cour de justice des Communautés européennes des 29 novembre et 13 décembre 2001 et jurisprudence française subséquente
18. Dans ces arrêts, la Cour de justice des communautés européennes considéra que les dispositions du code des pensions civiles et militaires de retraite en cause étaient incompatibles avec le principe d’égalité des rémunérations entre les hommes et les femmes tel qu’il est affirmé par le droit communautaire, en ce qu’elles en réservaient le bénéfice aux seules femmes.
19. Dans le prolongement de ces contentieux, le Conseil d’Etat a jugé l’article L. 24-I-3 du code des pensions, relatif au droit à la retraite anticipée, incompatible avec le principe communautaire d’égalité des rémunérations et a conclu ainsi que les fonctionnaires masculins se trouvant dans des situations identiques aux femmes avaient droit au bénéfice de ses dispositions et que le principe de l’égalité des rémunérations s’opposait à ce que la jouissance immédiate d’une pension de retraite, accordée aux personnes qui assurent ou ont assuré l’éducation de trois enfants au moins, soit réservée aux femmes, alors que les hommes assurant ou ayant assuré l’éducation de trois enfants au moins seraient exclus du bénéfice de cette mesure (voir, entre autres, Conseil d’Etat, 29 janvier 2003, no 245601, Béraudo ; 26 février 2003, no 187401, Llorca ; 29 décembre 2004, no 267651, Martin).
3. L’article 136 de la loi du 30 décembre 2004, modifiant l’article L. 24 du code des pensions civiles et militaires de retraite
Article 136 I
« La liquidation de la pension intervient :
(…)
3o Lorsque le fonctionnaire civil est parent de trois enfants, (…) à condition qu’il ait, pour chaque enfant, interrompu son activité dans des conditions fixées par décret en Conseil d’Etat. »
Article 136 II
« Les dispositions du I sont applicables aux demandes présentées avant leur entrée en vigueur qui n’ont pas donné lieu à une décision de justice passée en force de chose jugée. »
4. Avis Provin du Conseil d’Etat du 27 mai 2005
20. Le 27 mai 2005, à la demande du tribunal administratif de Nancy, dans le cadre d’un autre recours, le Conseil d’Etat se prononça sur la compatibilité des dispositions du II de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 avec les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1. Il rendit l’avis ci-après :
« (…)
Si les nouvelles dispositions issues du I de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 sont entrées en vigueur le lendemain de la publication de ce décret au journal officiel de la République française, soit le 12 mai 2005, il résulte toutefois du II du même article qu’elles sont applicables aux demandes présentées avant leur entrée en vigueur qui n’ont pas donné lieu à une décision de justice passée en force de chose jugée. (…)
En ce qui concerne la compatibilité du II de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 avec l’article 6 § 1 de la convention européenne des droits de l’homme :
(…)
Pour être compatible avec ces stipulations, l’intervention rétroactive du législateur en vue de modifier au profit de l’Etat les règles applicables à des procès en cours doit reposer sur d’impérieux motifs d’intérêt général.
S’agissant des dispositions du II de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 qui font l’objet de la demande d’avis, issues d’un amendement parlementaire dont l’adoption ne pouvait être regardée comme prévisible, il ne ressort ni des travaux préparatoires – au cours desquels n’a été évoquée que la nécessité de mettre les termes de l’article L. 24 du code des pensions civiles et militaires de retraite en conformité avec le droit communautaire – ni des pièces du dossier soumis au Conseil d’Etat que le fait de rendre applicables les dispositions du I du même article aux actions en justice engagées avant leur entrée en vigueur en vue d’obtenir le bénéfice des dispositions auxquelles elles se substituent puisse être regardé comme reposant sur d’impérieux motifs d’intérêt général. En conséquence, dans la mesure où ces dispositions rétroactives ont pour objet d’influer sur l’issue des procédures juridictionnelles engagées par des fonctionnaires s’étant vu refuser le bénéfice des dispositions alors applicables de l’article L. 24 de ce code – lesquelles, ainsi qu’il a été dit, devaient être interprétées comme ouvrant aux hommes comme aux femmes ayant eu trois enfants le droit à l’entrée en jouissance immédiate de leur pension de retraite – elles méconnaissent les stipulations du § 1 de l’article 6 de la convention européenne de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales. Il découle toutefois de l’objet même de ces stipulations que cette incompatibilité ne peut être utilement invoquée que par les fonctionnaires qui, à la date d’entrée en vigueur des dispositions litigieuses, avaient, à la suite d’une décision leur refusant le bénéfice du régime antérieurement applicable, engagé une action contentieuse en vue de contester la légalité de cette décision.
En ce qui concerne la compatibilité des dispositions en cause avec l’article 1er du Protocole additionnel à la Convention européenne des droits de l’homme :
(…)
Si ces stipulations ne font en principe pas obstacle à ce que le législateur adopte de nouvelles dispositions remettant en cause, fut-ce de manière rétroactive, des droits découlant de lois en vigueur, c’est à la condition de ménager un juste équilibre entre l’atteinte portée à ces droits et les motifs d’intérêt général susceptibles de la justifier.
En l’espèce, il résulte de la comparaison des dispositions combinées des articles L. 24 et R. 37 du code des pensions civiles et militaires de retraite, désormais applicables, avec celles qui régissaient antérieurement le droit des fonctionnaires à la jouissance immédiate de leurs pensions de retraite que tous ceux qui ne peuvent remplir les nouvelles conditions relatives à la durée et à la nature de l’interruption de leur activité sont désormais privés de la substance même de ce droit. S’agissant des décisions prises, après l’entrée en vigueur de ces nouvelles dispositions, sur des demandes présentées antérieurement, l’atteinte portée à la situation des intéressés découle de l’application des principes du droit national relatifs à l’entrée en vigueur des lois et règlements au texte du I de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 et non des dispositions rétroactives du II du même article qui n’ont d’effet qu’à l’égard des décisions intervenues avant cette entrée en vigueur. Au surplus, l’atteinte ainsi portée par le I de l’article 136 est proportionnée à l’objectif poursuivi par le législateur qui est de mettre les dispositions du code des pensions civiles et militaires de retraite en conformité avec le droit communautaire.
En revanche, en remettant en cause rétroactivement la situation des fonctionnaires remplissant les conditions antérieurement applicables et ayant présenté, avant la publication de la loi, une demande qui avait donné lieu à une décision de refus avant le 12 mai 2005, le II de l’article 136 de cette loi a porté aux créances détenues par les intéressés – qu’ils aient ou non engagé une action en justice en vue de la faire reconnaître – une atteinte qui, en l’absence de motifs d’intérêt général susceptibles de la justifier, doit être regardée comme disproportionnée. L’application aux intéressés des dispositions en cause méconnaît donc les stipulations de l’article 1er du premier protocole additionnel à la convention européenne de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales.
Ces stipulations ne sont toutefois pas méconnues à l’égard des fonctionnaires qui ont présenté des demandes, entre la publication de la loi et celle du décret qui en a permis l’entrée en vigueur, en vue d’obtenir le bénéfice des dispositions antérieures. Dès lors, en effet, qu’il existe un intérêt général suffisant à ce que de telles demandes puissent se voir appliquer les nouvelles dispositions, le II de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004 ne peut être regardé comme portant une atteinte disproportionnée aux créances que détenaient les fonctionnaires en cause. »
21. A la suite de cet avis, et dans d’autres affaires, le Conseil d’Etat écarta les nouvelles dispositions issues de l’article 136 de la loi du 30 décembre 2004, lorsqu’elles étaient intervenues pendant la durée d’une procédure (voir, par exemple, 26 septembre 2005, no 255656, Barritault).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
22. Le requérant se plaint de la présence du commissaire du gouvernement au délibéré de la formation de jugement du Conseil d’Etat et de l’application rétroactive du nouveau dispositif introduit par la loi du 30 décembre 2004, sans qu’il n’ait été tenu compte de l’avis Provin du Conseil d’Etat du 27 mai 2005 et sans qu’il n’ait été en mesure d’en débattre devant le tribunal administratif, la loi étant entrée en vigueur après la clôture de l’instruction. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur le grief tiré de la participation du commissaire du gouvernement au délibéré de la formation de jugement du Conseil d’Etat
1. Sur la recevabilité
23. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
2. Sur le fond
24. Le requérant estime que la présence du commissaire du Gouvernement au délibéré de la formation de jugement du Conseil d’Etat a méconnu les dispositions de l’article 6 de la Convention.
25. Le Gouvernement, au vu de l’arrêt Martinie c. France ([GC], no 58675/00, 12 avril 2006), décide de s’en remettre à la sagesse de la Cour sur ce point.
26. La Cour rappelle que, dans les arrêts Kress c. France ([GC], no 39594/98, §§ 72-76, CEDH 2001-VI) et Martinie (précité, §§ 53-54), elle a conclu à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention du fait de la participation et même de la simple présence du commissaire du gouvernement au délibéré de la formation de jugement du Conseil d’Etat. La Cour considère que la présente affaire ne présente pas d’éléments susceptibles de la distinguer de cette jurisprudence.
27. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
B. Sur le grief tiré de l’application rétroactive de la loi du 30 décembre 2004
1. Sur la recevabilité
a) Thèses des parties
28. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes. Il rappelle que cette règle est fondée sur le principe selon lequel l’Etat défendeur doit, préalablement à la saisine de la Cour, être mis en mesure de pouvoir redresser les violations qui lui sont reprochées. Elle comprend notamment l’obligation d’avoir soulevé dans les formes et délais prescrits par le droit interne, les griefs que l’on entend soumettre par la suite à la Cour (Cardot c. France, 19 mars 1991, § 34, série A no 200).
29. En l’espèce, le Gouvernement ne conteste pas que le requérant remplissait les deux conditions fixées par le Conseil d’Etat dans son avis Provin pour faire valoir une violation des dispositions invoquées. En effet, il a, d’une part, demandé à bénéficier du départ anticipé à la retraite en sa qualité de père de trois enfants le 7 janvier 2004, soit avant la publication de la loi litigieuse le 31 décembre 2004, et, d’autre part, il a engagé une action contentieuse devant le tribunal administratif le 14 avril 2004, soit avant la date d’entrée en vigueur des dispositions (le 12 mai 2005), en vue de contester la légalité de la décision du 5 avril 2004 lui refusant le bénéfice du régime antérieurement applicable. Néanmoins, le Conseil d’Etat a déclaré non admis le pourvoi du requérant contre le jugement du tribunal administratif. Le Gouvernement considère que cette action ne pouvait prospérer dès lors qu’il s’agissait de moyens nouveaux. Il rappelle par ailleurs que les moyens tirés de la méconnaissance de la Convention ne sont pas d’ordre public et qu’ils ne peuvent être soulevés d’office par le juge de l’excès de pouvoir. Quant à l’argument du requérant selon lequel il n’aurait pas été en mesure de débattre de l’application du nouveau dispositif devant le juge administratif, celui-ci étant entré en vigueur après la clôture de l’instruction fixée au 30 avril 2005, le Gouvernement rappelle que le requérant disposait de voies juridiques efficaces pour invoquer devant le juge du fond la violation de la Convention et se prévaloir de l’avis Provin. D’une part, il avait la faculté de solliciter la réouverture de l’instruction, aux termes des articles R. 613-3 et R. 613-4 du code de justice administrative ou encore de produire une note en délibéré après la tenue de l’audience le 7 juin 2005.
30. Le requérant conteste cette analyse. Il soutient qu’il ne pouvait formuler un tel grief devant le tribunal administratif dans la mesure où la loi litigieuse est entrée en vigueur après la clôture de l’instruction et que rien ne pouvait indiquer que son recours serait jugé à la lumière d’un nouveau dispositif. Quant à l’argument selon lequel le requérant pouvait demander la réouverture de l’instruction, comme le permettent les dispositions précitées du code de justice administrative, le requérant indique que ces dispositions révèlent qu’il n’existe pas de droit à la réouverture de l’instruction puisque celui-ci relève du pouvoir discrétionnaire du président de la formation de jugement. Il précise au contraire qu’il appartenait aux juges du tribunal administratif de rouvrir l’instruction à la suite de l’entrée en vigueur de la loi ou de saisir le Conseil d’Etat d’une question préjudicielle. Le requérant tient à préciser également que le seul recours qui était à sa disposition était un pourvoi en cassation devant le Conseil d’Etat et que, faute d’appel en matière de recours pour excès de pouvoir, il se trouvait dans l’impossibilité technique de soulever d’autres moyens que ceux qu’il a pu soulever devant ses premiers juges.
b) Appréciation de la Cour
31. La Cour rappelle qu’aux termes de l’article 35 § 1 de la Convention, elle ne peut être saisie qu’après l’épuisement des voies de recours internes. A cet égard, elle souligne que tout requérant doit avoir donné aux juridictions internes l’occasion que l’article 35 § 1 a pour finalité de ménager en principe aux Etats contractants : éviter ou redresser les violations alléguées contre lui. Ainsi, le grief dont on entend saisir la Cour doit d’abord être soulevé, au moins en substance, dans les formes et délais prescrits par le droit interne, devant les juridictions nationales appropriées (Cardot, précité, § 36). La Cour souligne que pour contrôler le respect de la règle de l’épuisement des voies de recours internes, il faut tenir compte des recours prévus en pratique dans le système juridique de l’Etat concerné, ainsi que des circonstances de la cause et de la question de savoir si les requérants ont fait tout ce que l’on pouvait raisonnablement attendre d’eux pour épuiser les voies de recours internes qui s’offraient à eux (voir, parmi d’autres, Merit c. Ukraine, no 66561/01, § 58, 30 mars 2004).
32. En l’espèce, la Cour constate que le requérant, qui n’était au demeurant pas assisté d’un avocat, ne put soulever les griefs en question devant le tribunal administratif dans la mesure où la loi nouvelle entra en vigueur après la clôture de l’instruction. De même, il ne put déposer une note en délibéré dans la mesure où, après l’audience, il ne pouvait savoir que le tribunal ferait application de la loi nouvelle dans son jugement. Ce n’est donc qu’à l’occasion de son pourvoi en cassation, seule voie de droit qui lui était offerte pour contester la décision des juges du fond, que le requérant souleva expressément son grief tiré de la violation de l’article 6 § 1 de la Convention. Or le Conseil d’Etat n’a pas admis le pourvoi en cassation du requérant, sans motiver sa décision.
33. La Cour note que, selon le Gouvernement, la non admission du pourvoi du requérant serait due à l’invocation de moyens nouveaux devant le Conseil d’Etat. Toutefois, elle relève qu’il s’agit d’une supposition du Gouvernement dans la mesure où le motif de non admission n’est pas précisé dans l’arrêt. La Cour rappelle également qu’il ne lui appartient pas de spéculer sur les raisons de cette non admission (voir, mutatis mutandis, Petersen c. Allemagne (déc.), no 38282/97, 12 janvier 2006).
34. Elle constate que le requérant a soulevé les griefs présentés à la Cour dès qu’il en a eu connaissance, soit postérieurement au jugement du tribunal administratif et considère en conséquence que l’exception soulevée par le Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes s’avère non fondée et doit être rejetée.
2. Sur le fond
a) Thèses des parties
35. Le Gouvernement déclare s’en remettre à la sagesse de la Cour.
36. Le requérant estime que si le Conseil d’Etat avait examiné son moyen il lui aurait permis d’obtenir satisfaction au regard de l’avis Provin, consacrant l’inconventionalité du caractère rétroactif de l’article L. 24 du code des pensions, dans l’hypothèse d’une demande formée avant son entrée en vigueur.
b) Appréciation de la Cour
37. La Cour rappelle qu’en principe le pouvoir législatif n’est pas empêché de réglementer en matière civile, par de nouvelles dispositions à portée rétroactive, des droits découlant de lois en vigueur (voir, entre autres, Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres c. France [GC], nos 24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII).
38. Toutefois, elle a déjà jugé que le principe de la prééminence du droit et la notion de procès équitable consacrés par l’article 6 s’opposaient, sauf pour d’impérieux motifs d’intérêt général, à l’ingérence du pouvoir législatif dans l’administration de la justice dans le but d’influer sur le dénouement judiciaire du litige. Dans des affaires soulevant des problèmes similaires, elle a relevé que l’intervention du législateur avait eu lieu à un moment où une instance judiciaire à laquelle l’Etat était partie se trouvait pendante. Elle a donc conclu que l’Etat avait porté atteinte aux droits des requérants garantis par l’article 6 en intervenant d’une manière décisive pour orienter en sa faveur l’issue imminente de l’instance à laquelle il était partie (voir, notamment, Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres c. France [GC], nos 24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII et SCM Scanner de l’Ouest Lyonnais et autres c. France, no 12106/03, § 28, 21 juin 2007).
39. La Cour observe par ailleurs, qu’avant l’entrée en vigueur de la loi du 30 décembre 2004, eu égard à l’article L. 24 du code des pensions alors applicable et tel qu’interprété par le juge communautaire et administratif (paragraphes 17 à 19 ci-dessus), le requérant pouvait légitimement s’attendre à obtenir son admission à la retraite anticipée. Or, le dispositif nouveau, qui entra en vigueur après que le requérant ait saisi le juge administratif d’un recours tendant à contester le rejet par l’administration de sa demande de mise à la retraite anticipée, modifia la législation applicable au litige en cours. Si le nouvel article L. 24 du code des pensions civiles et militaires exclut expressément de son champ d’application les décisions de justice devenues définitives, il s’applique toutefois aux procédures introduites devant le juge administratif avant son entrée en vigueur. Il a ainsi pour effet d’influer sur l’issue des litiges en cours.
40. Reste à vérifier si la rétroactivité de la loi reposait sur d’impérieux motifs d’intérêt général. La Cour note d’emblée que le Gouvernement ne présente pas d’observations sur ce point et s’en remet à sa sagesse.
41. Elle constate également qu’en l’espèce, l’intervention de la loi du 30 décembre 2004 visait à imposer une nouvelle condition aux fonctionnaires parents de trois enfants qui souhaitaient obtenir leur mise à la retraite anticipée. En effet, la loi nouvelle exige désormais que ceux-ci aient effectivement interrompu leur activité professionnelle pour pouvoir prétendre à cette mise à la retraite anticipée et à la pension y afférente. La Cour considère que le but poursuivi par cette nouvelle disposition vise à réduire le nombre de mises à la retraite anticipée et ainsi à préserver le seul intérêt financier de l’Etat en diminuant le nombre de pensions versées aux fonctionnaires parents de trois enfants. Or, elle rappelle qu’en principe le seul intérêt financier de l’Etat ne permet pas de justifier l’intervention rétroactive d’une loi de validation (voir, mutatis mutandis, Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres c. France [GC], nos 24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 59, CEDH 1999-VII).
42. Au demeurant, la Cour souligne que dans son avis Provin du 27 mai 2005, le Conseil d’Etat avait lui-même jugé, de manière expresse, que les dispositions législatives rétroactives en question ne reposaient pas sur d’impérieux motifs d’intérêt général et, de ce fait, méconnaissaient l’article 6 § 1 de la Convention.
43. Pour la Cour, l’intervention du législateur, qui réglait définitivement et de manière rétroactive, le fond du litige pendant devant les juridictions internes, ne reposait donc pas sur d’impérieux motifs d’intérêt général, ainsi que l’exige, notamment, le principe de la prééminence du droit (Zielinski et Pradal et Gonzalez et autres, précité, § 57).
44. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 COMBINÉ AVEC L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
45. Le requérant estime que l’adoption de la loi du 30 décembre 2004 a porté atteinte à son droit de recours effectif dans la mesure où cette loi l’a empêché de faire valoir un droit qui lui était pourtant reconnu par le droit interne. Il invoque les articles 6 et 13 de la Convention combinés dont les dispositions pertinentes se lisent comme suit :
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la présente Convention ont été violés, à droit à l’octroi d’un recours effectif (…). »
46. Ce grief est identique à celui présenté par le requérant sous l’angle de l’article 6 de la Convention pris isolément. Eu égard au constat figurant au paragraphe 42 ci-dessus, la Cour estime qu’il ne s’impose pas de statuer sur le grief en question.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
Le requérant se plaint d’une atteinte à ses biens en raison de l’application rétroactive du nouveau dispositif introduit par la loi du 30 décembre 2004. Il invoque l’article 1 du Protocole no 1 dont les dispositions se lisent comme suit :
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
La Cour constate que ce grief se confond largement avec le précédent. Eu égard aux circonstances particulières de la présente affaire, ainsi qu’au raisonnement qui l’a conduite à constater une violation de l’article 6 de la Convention, elle n’estime pas nécessaire d’examiner séparément le grief du requérant sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
47. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
48. Le requérant demande à voir compenser les préjudices résultant de l’impossibilité dans laquelle il s’est trouvé d’obtenir des juridictions françaises, d’une part, l’annulation de la décision illégale de la caisse de retraite lui refusant le droit de bénéficier d’une retraite anticipée et, d’autre part, d’obtenir la liquidation de sa pension avec effet immédiat.
49. Il indique qu’il aurait dû être en mesure de prendre sa retraite anticipée et à taux plein dès le 1er décembre 2004. Afin d’évaluer son préjudice, en termes de pension de retraite, il compare la pension qu’il aurait dû percevoir en application du dispositif « 15 ans + 3 enfants » et celle qu’il va effectivement percevoir à la date d’ouverture de ses droits à la retraite en juin 2011, à l’âge de 60 ans, en vertu du droit commun. Il distingue ainsi le préjudice certain actuel, sur la période 2004-2011, et le préjudice à venir, à partir de 2011. Pour le premier, il indique qu’à la suite de son refus de placement à la retraite il a été placé en congé longue maladie à partir du 16 novembre 2006 par arrêté du directeur général de l’assistance publique-hôpitaux de Paris et qu’il ne fait pas de doute que ce congé se poursuivra jusqu’à son départ à la retraite en 2011. Dans ces circonstances, conformément aux termes de cet arrêté, le requérant a bénéficié d’un plein traitement jusqu’au 15 novembre 2007 et depuis cette date il ne perçoit plus que 1 368 euros (EUR) net mensuel et ne se voit plus verser de prime annuelle. Il réclame, ainsi en premier lieu, la somme de 7 423,95 EUR correspondant au différentiel entre le montant de ses revenus depuis le 16 novembre 2007 et le montant de la pension qu’il aurait dû percevoir pendant cette même période. Pour le second, il réclame la somme de 37 178,40 EUR, correspondant au différentiel qui va se concrétiser à son départ en retraite entre sa pension réelle (1 385,73 EUR) et celle qu’il aurait dû percevoir en application du dispositif « 15 ans + 3 enfants » (1 540,75 EUR), en prenant pour référence une espérance de vie de quatre-vingts ans. Le requérant demande en outre que cette dernière somme se voie appliquer une indexation moyenne de 2,5 % par an.
50. Il réclame au titre du préjudice moral qu’il aurait subi, la somme de 30 000 EUR en raison des troubles dans les conditions d’existence consécutifs à l’impossibilité de prendre sa retraite sept ans auparavant. Il a changé de domicile dans l’anticipation d’un départ à la retraite en décembre 2004 et il a dû ensuite faire face à une dépression dont il est patent qu’elle est consécutive à la situation.
51. Le Gouvernement estime que ces prétentions ne sont recevables que dans la mesure où elles sont liées à la violation alléguée. S’agissant de la première somme réclamée au titre du préjudice matériel, il n’est pas démontré que l’arrêt maladie du requérant résulte de la violation alléguée. S’agissant de la seconde somme, toujours au titre du dommage matériel, le Gouvernement relève que le requérant se prévaut d’un préjudice éventuel qu’il est à l’heure actuelle dans l’impossibilité de chiffrer avec précision. Il explique que le requérant peut demander à être admis à la retraite pour invalidité. Dans l’hypothèse d’une radiation des cadres pour invalidité, la pension du requérant serait alors calculée sans décote pour trimestres manquants, par application de l’article 20 du décret no 2003-1306 du 26 décembre 2003. En effet, pour un départ en retraite pour invalidité à l’expiration des droits à congé maladie en novembre 2009, il pourrait percevoir (sur la base des informations qui ont servi à la simulation de pension effectuée et actualisée) une pension rémunérant l’intégralité de ses services d’un montant de l’ordre de 1 478 EUR. Il ne saurait, tout au plus, obtenir que le versement de la différence entre la pension qu’il aurait pu percevoir en sa qualité de père de trois enfants et qu’il chiffre à 1 540,65 EUR et la pension d’invalidité qui lui serait servie et que l’on peut théoriquement fixer à 1 478 EUR. Dès lors, la différence entre ces deux montants de pension pendant vingt ans s’élèverait, non pas à 37 178,40 EUR mais à 14 991 EUR.
52. S’agissant du préjudice moral, le requérant ne saurait imputer ce préjudice à l’achat, en février 2005, d’un bien immobilier dans les Landes et de l’état dépressif résultant des allers-retours entre ce nouveau domicile et son lieu de travail. A supposer même que la réalité de ces préjudices soit établie, le requérant n’apporte aucune précision de nature à en justifier leur montant, évalué de manière forfaitaire. Ces sommes paraissent en outre disproportionnées au vu des circonstances de l’espèce.
53. La Cour rappelle que le principe sous-tendant l’octroi d’une satisfaction équitable est qu’il faut, autant que faire se peut, placer l’intéressé dans une situation équivalente à celle où il se trouverait si la violation de la Convention n’avait pas eu lieu (voir, mutatis mutandis, Kingsley c. Royaume-Uni [GC], no 35605/97, § 40, CEDH 2002-IV, voir aussi Smith et Grady c. Royaume-Uni (satisfaction équitable), nos 33985/96 et 33986/96, § 18, CEDH 2000-IX). Par ailleurs, la condition sine qua non à l’octroi d’une réparation d’un dommage matériel est l’existence d’un lien de causalité entre le préjudice allégué et la violation constatée (Nikolova c. Bulgarie [GC], no 31195/96, § 73, CEDH 1999-II), et il en va de même du dommage moral (Kadiķis c. Lettonie (no 2), no 62393/00, § 67, 4 mai 2006).
54. Concernant le préjudice matériel du requérant, la Cour constate qu’il a continué à percevoir l’intégralité de son traitement jusqu’au 15 novembre 2007, et qu’en conséquence, il ne saurait se prévaloir d’un quelconque préjudice financier jusqu’à cette date.
55. Elle constate également qu’entre novembre 2007 et juin 2011, le requérant reçoit une indemnité de congé pour longue maladie de 1 368 EUR alors que si la loi litigieuse ne lui avait pas été appliquée, il aurait perçu une pension « bonifiée » de 1 540,65 EUR. La Cour alloue donc au requérant le différentiel entre ces deux sommes sur une période de 43 mois, soit la somme de 7 423,95 EUR en réparation du préjudice subi pendant cette période.
56. Pour la période allant de sa mise à la retraite effective en juin 2011 jusqu’à la fin de vie du requérant, la Cour constate que le montant de la perte est nécessairement hypothétique puisqu’il dépend notamment de la date de décès du requérant. De plus, la Cour doit tenir compte du fait que le requérant va percevoir une satisfaction équitable d’un montant forfaitaire, alors qu’il aurait dû recevoir cette partie de la pension par des versements mensuels.
Elle relève également que le Gouvernement ne conteste pas le chiffre de 1 385,73 EUR avancé par le requérant comme montant de la pension qu’il touchera dès juin 2011 lors de son départ en retraite, même s’il se prévaut de l’impossibilité de chiffrer avec précision le préjudice subi par le requérant. La Cour alloue au requérant la somme de 28 000 EUR en réparation de son préjudice matériel.
57. La Cour considère également que le requérant a subi un préjudice moral du fait de l’intervention de la loi litigieuse d’une part, et de la participation du commissaire du Gouvernement au délibéré du Conseil d’Etat. Statuant en équité, elle alloue au requérant 2 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
58. Le requérant demande également 2 392 EUR pour les frais et dépens engagés devant le Conseil d’Etat et 3 588 EUR pour ceux engagés devant la Cour. Il fournit les factures correspondant à ces sommes.
59. Le Gouvernement relève que ces sommes ne sont pas ventilées par rubriques et sont exprimées de manière forfaitaire. Si la Cour devait juger cette demande recevable, le Gouvernement conclut à ce que la somme éventuellement allouée au requérant au titre des frais et dépens n’excède pas la somme de 2 500 EUR.
60. La Cour rappelle que, lorsqu’elle conclut à la violation de la Convention, elle peut accorder au requérant le paiement non seulement des frais et dépens qu’il a engagés devant elle, mais aussi de ceux exposés devant les juridictions internes pour prévenir ou faire corriger par celles-ci ladite violation (voir, par exemple, Martinie c. France [GC] no 58675/00, 12 avril 2006), dès lors que leur nécessité est établie, que les justificatifs requis sont produits et que les sommes réclamées ne sont pas déraisonnables. Elle estime ainsi qu’il convient d’accorder au requérant le remboursement de ses frais de représentation devant le Conseil d’Etat et devant la Cour. En conséquence, elle lui alloue la somme de 5 980 EUR pour frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
61. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention quant au grief tiré de la participation du commissaire du gouvernement au délibéré du Conseil d’Etat ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention quant au grief tiré de l’application rétroactive de la loi du 30 décembre 2004 ;
4. Dit qu’il n’est pas nécessaire d’examiner les griefs tirés des articles 13 de la Convention et 1 du Protocole no 1 ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 37 423,95 EUR (trente sept mille quatre cent vingt trois euros et quatre-vingt quinze centimes) tous préjudices confondus, outre 5 980 EUR (cinq mille neuf cent quatre-vingt euros) au titre des frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 11 février 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Greffière Président

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La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 06/02/2025