Conclusione Violazione P1-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA IANDOLI C. ITALIA
( Richiesta no 67992/01)
SENTENZA
STRASBURGO
14 giugno 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Iandoli c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Davide Thór Björgvinsson, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 maggio 2011,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 67992/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadine di questo Stato, OMISSIS (“le richiedenti”), hanno investito la Corte il 24 febbraio 2001 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Le richiedenti sono rappresentati da. A. B., avvocato ad Avellino. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dai suoi agenti, Sigg. U. Leanza ed I.M. Braguglia, la Sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagente il Sig. F Crisafulli ed il Sig. N. Lettieri.
3. Le richiedenti adducevano un attentato ingiustificato al loro diritto al rispetto dei loro beni.
4. Con una decisione del 23 settembre 2004, la Corte ha dichiarato la richiesta ammissibile.
5. In seguito alla ricomposizione delle sezioni, la causa è stata assegnata alla seconda sezione della Corte.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Le richiedenti sono nati rispettivamente nel 1921 e 1924 e risiedono ad Avellino.
7. Le richiedenti erano le proprietarie di un terreno di circa 18 622 metri quadrati ubicato ad Atripalda e registrato al catasto scanalo no 7, appezzamenti 155 e 156.
8. Con un decreto del 13 maggio 1983, il sindaco di Atripalda autorizzò la società A. ad occupare di emergenza il terreno delle richiedenti per un periodo massimale di tre anni per la costruzione di un lavoro pubblico. Il 19 ottobre 1983, procedette all’occupazione patrimoniale del terreno ed iniziò i lavori di costruzione.
9. Con un atto notificato il 30 novembre 1987, le richiedenti citarono l’amministrazione di Atripalda ed la società A. dinnanzi al tribunale di Avellino.
10. Le richiedenti adducevano che l’occupazione del loro terreno era illegale al motivo che si era protratta al di là del termine autorizzato, mentre i lavori di costruzione si erano conclusi senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale del terreno ed al pagamento di un’indennità.
11. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta (occupazione acquisitiva) le richiedenti stimavano che in seguito al completamento del lavoro pubblico, non erano i più le proprietarie e che, di conseguenza, non era loro possibile chiedere la restituzione del terreno controverso, ma solamente i danno-interessi che derivavano dell’occupazione del terreno. Le richiedenti richiedevano una somma che corrispondeva al valore venale del terreno ed una somma per l’occupazione temporanea.
12. Il collocamento in stato della causa cominciò il 19 febbraio 1988.
13. Il 28 ottobre 1999, una perizia fu depositata alla cancelleria. Risulta da questa perizia che la trasformazione irreversibile del terreno aveva avuto luogo il 14 ottobre 1991 e che le richiedenti erano state private del loro bene a contare da questa data. La perizia indicava che il valore venale del terreno nel 1991 era di 1 294 295 352 lire italiane (ITL).
14. Con un giudizio del 14 ottobre 2002, il tribunale di Avellino dichiarò che la proprietà del terreno era passata oramai all’amministrazione in seguito alla costruzione del lavoro pubblico. Il tribunale condannò l’amministrazione ed la società A. a pagare alle richiedenti 668 488 euro (EUR) per la perdita della proprietà del terreno e 312 992 EUR a titolo di occupazione temporanea, più la rivalutazione.
15. In una data non precisata, l’amministrazione di Atripalda interpose appello a questo giudizio dinnanzi alla corte di appello di Napoli.
16. Con una sentenza del 18 febbraio 2005, la corte di appello di Napoli dichiarò che l’espropriazione del terreno delle richiedenti era illegale ab initio e che dunque la legge no 662 del 1996 non si trovava ad applicare. In compenso, la corte stimò che il valore del terreno in data della trasformazione irreversibile, ossia nel 1987, era di 25 000 ITL il metro quadrato. Di conseguenza, la corte riformò il giudizio del tribunale e condannò l’amministrazione a pagare alle richiedenti la somma di 293 630,16 EUR più interessi e rivalutazione a partire dal 1987. La corte condannò l’amministrazione a pagare anche 49 785 EUR alle richiedenti a titolo di indennità di occupazione.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
17. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], nº 58858/00, 22 dicembre 2009.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 DELLA CONVENZIONE
1. Tesi delle parti
18. Il Governo fa osservare che nello specifico si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilità pubblica. Tuttavia, ammette che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione è stata adottata. Primariamente, ci sarebbe utilità pubblica, il che non è stato rimesso in causa con le giurisdizioni nazionali. Secondariamente, la privazione del bene come risultante dell’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.”
19. Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare, al più tardi, della sentenza della Corte di cassazione nº 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge nº 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio nº 662 del 1996. Il Governo ne conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile dalla costruzione di un lavoro di utilità pubblica, la sua restituzione non è più possibile.
20. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, che tende a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui quando il lavoro pubblico è stato realizzato (trasformazione del terreno) e che risponda all’utilità pubblica. In quanto all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra i sacrifici imposti agli individui ed il compenso concesso a questi, il Governo riconosce che l’amministrazione è tenuta ad indennizzare le interessate.
21. Il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto ogni punto di vista con l’articolo 1 del Protocollo nº 1.
22. Le richiedenti non hanno presentato osservazioni sul merito.
2. Valutazione della Corte
23. La Corte ricorda innanzitutto che nella sua decisione sull’ammissibilità ha legato in fondo alla richiesta l’eccezione di non esaurimento delle vie di ricorso interne.
24. La Corte nota che ha respinto delle eccezioni simili nelle cause Colacrai c. Italia (no 2) (no 63868/00, 15 luglio 2005, Colacrai c. Italia (no 1) (no 63296/00, 13 ottobre 2005, Colazzo c. Italia (no 63633/00, 13 ottobre 2005, Serrilli c,). Italia, nostri 77823/01, 77827/01 e 77829/01, 17 novembre 2005, Serrilli c. Italia (no 77822/01, 6 dicembre 2005, Giacobbe ed altri c,). Italia (no 16041/02, 15 dicembre 2005, Sciarrotta c,). Italia (no 14793/02, 12 gennaio 2006, Izzo c,). Italia, no 20935/03, 2 marzo 2006, e Gianni ed altri c. Italia (no 35941/03, 30 marzo 2006,). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge l’eccezione in questione dunque.
25. La Corte nota innanzitutto che le parti si accordano per dire che c’è stata “privazione della proprietà.”
26. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI; Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI, Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005; Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005; Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005; Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005; La Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005; Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005; Velocci c. Italia, no 1717/03, 18 marzo 2008; Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009) per la ricapitolazione dei principi pertinenti e per un’idea della sua giurisprudenza nella materia.
27. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato le richiedenti private del loro bene a contare della data della realizzazione del lavoro pubblico. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poiché è solamente con la decisione giudiziale definitiva che si può considerare il principio dell’espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno da parte dei poteri pubblici è stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti hanno avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione del terreno solo al più tardi in gennaio 2006, data in cui la sentenza della corte di appello di Napoli è diventata definitiva.
28. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare partito da un’occupazione di terreno illegale. In altri termini, l’amministrazione si è potuta appropriare del terreno a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma.
29. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni delle richiedenti dunque.
30. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1.
II. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
31. Le richiedenti affermano di avere subito un danno nella misura in cui la legge nº 662 del 23 dicembre 1996 è stata applicata al loro procedimento.
32. La Corte ricorda che all’epoca della comunicazione della causa, ha stimato che i richiedenti si lamentavano in sostanza di un attentato al loro diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
33. Il Governo fa valere che l’applicazione al caso di specie del criterio di valutazione del risarcimento introdotto dalla legge nº 662 del 1996 non avrebbe costituito un ostacolo all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra i sacrifici imposti all’individuo ed il compenso concesso a questo.
34. La Corte ha appena constatato, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo nº 1, che la situazione denunciata dalle richiedenti non è conforme al principio di legalità. Inoltre nota che la legge controversa non è stata applicata alla fine nel caso delle richiedenti. Di conseguenza, avuto riguardo ai motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 20 a 25 sopra, la Corte stima che non c’è luogo di esaminare separatamente se c’è stato, nello specifico, violazione dell’articolo 6 § 1 (vedere, a contrario, Scordino c. Italia (nº 1) [GC], nº 36813/97, §§ 103-104 e §§ 132-133 CEDH 2006; Velocci c. Italia, no 1717/03, § 50, 18 marzo 2008).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
35. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
36. Le richiedenti sollecitano il versamento della somma di 698 596,23 EUR per la perdita del terreno, più interessi e rivalutazione. Non chiedono nessuna somma a titolo di danno morale.
37. Il Governo si oppone e stima che ad ogni modo la somma richiesta dalle richiedenti è eccessiva.
38. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può fare la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-X).
39. Ricorda che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia ((soddisfazione equa) [GC], nº 58858/00, 22 dicembre 2009) la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte concernente i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Grande Camera ha deciso di allontanare le pretese dei richiedenti nella misura in cui sono fondate sul valore dei terreni i data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, per valutare il danno patrimoniale, del costo di costruzione degli immobili costruiti dallo stato sui terreni.
40. Secondo i nuovi criteri fissati dalla Grande Camera, l’indennizzo deve corrispondere al valore pieno ed intero del terreno al momento della perdita della proprietà, come stabilito dalla perizia ordinata dalla giurisdizione competente durante il procedimento interno. Poi, una volta dedotta la somma eventualmente concessa a livello nazionale, questo importo deve essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. Conviene anche abbinarlo ad interessi suscettibili di compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spodestamento dei terreni. Questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato.
41. La Corte osserva che le richiedenti hanno ricevuto a livello nazionale una somma che corrisponde al valore venale del loro terreno, rivalutata ed abbinata ad interessi a contare dalla data della perdita della proprietà, o il 30 novembre 1987. Secondo lei, le interessate hanno così ottenuto già una somma sufficiente a soddisfare i criteri di indennizzo suscitato.
42. Resta da valutare la perdita di probabilità subita in seguito all’espropriazione controversa (Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC] precitata, § 107). La Corte giudica che c’è luogo di prendere in considerazione il danno che deriva dall’indisponibilità del terreno durante il periodo che va dall’inizio dell’occupazione legittima fino al momento della perdita di proprietà. Dall’importo così calcolato sarà dedotta la somma già ottenuta dalle richiedenti a livello interno a titolo di indennità di occupazione. Deliberando in equità, la Corte assegna 5 000 EUR congiuntamente alle richiedenti.
B. Oneri e spese
43. Le richiedenti chiedono il rimborso degli oneri e delle spese ma si rimettono alla saggezza della Corte.
44. Il Governo non si è pronunciato su questo punto.
45. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico la Corte rileva che le richiedenti non hanno fornito documenti a sostegno della loro domanda e la respinge.
C. Interessi moratori
46. La Corte giudica appropriato di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
2. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alle richiedenti, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione 5 000 EUR (cinquemila euro) per danno patrimoniale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respingela domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 14 giugno 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa