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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE IACOPINO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 4283/03/2008
Stato: Italia
Data: 2008-07-22 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA IACOPINO C. ITALIA
( Richiesta no 4283/03)
SENTENZA
STRASBURGO
22 luglio 2008
DEFINITIVO
22/10/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Iacopino c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4283/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra C. I. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 dicembre 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da C. M, avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adamo, e dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito e F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 agosto 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1959 e ha risieduto a Benevento.
A. Il procedimento principale
5. Il 18 ottobre 1991, il richiedente depositò un ricorso dinnanzi al giudice di istanza di Benevento (R.G. no 4430/91) agente a ̀titolo di giudice del lavoro, per ottenere l’annullamento della decisione della Camera Regionale del Lavoro che l’escludeva dell’elenco dei lavoratori agricoli per gli anni 1986/87 e ne vietava l’iscrizione per l’anno 1988.
Il 26 febbraio 1996, il procedimento fu interrotto perché una legge del 1994 aveva annullato il servizio dei contributi agricoli (SCAU – Servizio per i Contributi Agricoli Unificati) citato in giustizia. Il richiedente riprese il procedimento il 5 luglio 1996. Con un giudizio del 21 marzo 2000 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 23 marzo 2000, il giudice di istanza respinse il ricorso.
6. Il 29 settembre 2000, il richiedente interpose appello contro questo giudizio. Con una sentenza del 17 giugno 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 10 dicembre 2002, la corte respinse l’appello.
B. Il procedimento “Pinto”
7. Il 9 ottobre 2001, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai termini della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento descritto sopra. Chiese alla corte di concludere alla violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni materiali e morali subiti. Chiese in particolare 24 000 000 lire [12 394,97 euro (EUR)] a titolo di danno materiale e morale.
8. Con una decisione del 28 marzo 2002 il cui il testo fu depositato alla cancelleria il
29 maggio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse la richiesta relativa al danno materiale, al motivo che il richiedente non aveva fornito nessuna prova, ed accordò 1 750 EUR in equità come risarcimento del danno morale e 946 EUR per oneri e spese. Questa decisione acquisì autorità di cosa giudicata il 13 luglio 2003.
Con una lettera del 6 dicembre 2002, il richiedente informò la Corte del risultato del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame della sua richiesta.
Con una lettera del 21 gennaio 2003, informò anche la Corte che non aveva l’intenzione di ricorrere in cassazione.
9. Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate il 25 novembre 2004.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
10. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
11. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
12. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
13. Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte stima che la correzione si è rivelata insufficiente e che il pagamento della somma “Pinto” si è rivelato tardivo (vedere, tra altre, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007 e Cocchiarella c. Italia, precitata). Pertanto, il richiedente può sempre definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
14. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra a nessun altro motivo di inammissibilità.
B. Sul merito
15. In quanto alla durata del procedimento, la Corte stima che il periodo da considerare si estende dal 18 ottobre 1991, giorno dell’introduzione dell’istanza del richiedente dinnanzi al giudice di istanza di Benevento, fino al 10 dicembre 2002, data del deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello, in seconda istanza. È durata dunque più di undici anni ed un mese per due gradi di giurisdizione.
16. Nella stima di questo periodo, la Corte tiene conto del fatto che la corte di appello ha valutato la durata del procedimento in data della sua decisione, o il 28 marzo 2002. Pertanto, un periodo di otto mesi, dal 28/03/2002 al 10/12/2002 (data in cui il procedimento de quo si concluse) non ha potuto essere presa in considerazione dalla corte di appello.
Per di più, nota che il richiedente non ha avuto la possibilità di tornare dinnanzi ad una corte di appello per fare applicare la nuova giurisprudenza della Corte di cassazione del 26 gennaio 2004 (vedere la sentenza no 1339) e che la durata restante di otto mesi non era di per sé sufficiente per costituire una seconda violazione nella cornice dello stesso procedimento (vedere, a contrario, Rotondi c. Italia, no 38113/97, §§ 14-16, 27 aprile 2000 e S.A.GE.MA S.N.C. c. Italia, no 40184/98, §§ 12-14, 27 aprile 2000). Pertanto, la Corte stima che poiché il richiedente può definirsi “vittima” della durata del procedimento, può prendere in considerazione tutto il procedimento nazionale sul merito e non solamente quello già esaminato dalla corte di appello (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 115-116).
17. La Corte nota anche che la somma concessa dalla giurisdizione “Pinto” è stata versata solamente il 25 novembre 2004, o più di ventinove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello: questo pagamento ha superato dunque largamente i sei mesi a contare dal momento in cui la decisione di indennizzo diventò esecutiva. Il fatto che il procedimento “Pinto” esaminato nel suo insieme, ed in particolare nella sua fase di esecuzione, non abbia fatto perdere al richiedente la sua qualità di “vittima” costituisce una circostanza aggravante in un contesto di violazione dell’articolo 6 § 1 per superamento del termine ragionevole. La Corte sarà dunque portata a ritornare su questa questione sotto l’angolo dall’articolo 41 (vedere Cocchiarella c. Italia, precitata, § 120).
18. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
19. Il richiedente si lamenta anche della violazione degli articoli 14, 17 e 34 della Convenzione, al motivo che sarebbe stato vittima di una discriminazione fondata sulla ricchezza, tenuto conto degli oneri avanzati per intentare il procedimento “Pinto” così come del rischio di essere condannato a pagare gli oneri di procedimento in caso di rigetto del suo ricorso.
20. La Corte stima che c’è luogo di esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione. Osserva che benché un individuo possa essere ammesso, secondo la legge italiana, a favore dell’assistenza giudiziale gratuita in materia civile, il richiedente non ha chiesto questo aiuto. Rileva, inoltre, che ha potuto investire le giurisdizioni competenti ai termini della legge “Pinto” e che la corte di appello ha fatto diritto alla sua istanza accordandogli una somma a titolo degli oneri di procedimento. Ora, non si potrebbe parlare di ostacoli all’accesso ad un tribunale quando una parte, rappresentata da un avvocato, investe liberamente la giurisdizione competente e presenta dinnanzi a lei i suoi argomenti. Pertanto, non potendo scoprire nessuna apparenza di violazione, la Corte dichiara questi motivi di appello inammissibili perché manifestamente male fondati secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione (Nicoletti c. Italia, (déc.), no 31332/96, 10 aprile 1997).

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

21. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
22. Il richiedente richiede 10 644,97 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbe subito.
23. Il Governo contesta queste pretese.
24. La Corte stima che avrebbe potuto accordare al richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto della posta della controversia, la somma di 10 000 EUR. Il fatto che la corte di appello di Roma abbia concesso al richiedente quasi il 18% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) e deliberando in equità, assegna al richiedente 2 750 EUR così come 2 300 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento dei 1 750 EUR, intervenuto solamente il 25 novembre 2004, o più di ventinove mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
25. Giustificativi in appoggio, il richiedente chiede anche 5 994,72 EUR per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne ed a Strasburgo.
26. Il Governo contesta queste pretese.
27. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, del 24 gennaio 2008, § 22). In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni “Pinto”, stimando ragionevole la somma assegnata dall’istanza interna, la Corte respinge questa richiesta. In quanto agli oneri e spese sostenuti dinnanzi a lei, stima che nella cornice della preparazione della presente richiesta, certi oneri sono stati sostebnuti. Quindi, deliberando in equità, la Corte giudica ragionevole concedere 1 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
28. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 5 050 EUR (cinquemila cinquanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE IACOPINO c. ITALIE
(Requête no 4283/03)
ARRÊT
STRASBOURG
22 juillet 2008
DÉFINITIF
22/10/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Iacopino c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er juillet 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 4283/03) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de cet Etat, Mme C. I. (« la requérante »), a saisi la Cour le 4 décembre 1999 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me C. M, avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam, et ses coagents, MM. V. Esposito et F. Crisafulli, ainsi que par son coagent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le 30 août 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante est née en 1959 et réside à Bénévent.
A. La procédure principale
5. Le 18 octobre 1991, la requérante déposa un recours devant le juge d’instance de Bénévent (R.G. no 4430/91), agissant à titre de juge du travail, afin d’obtenir l’annulation de la décision de la Chambre Régionale du Travail qui l’excluait de la liste des travailleurs agricoles pour les années 1986/87 et en interdisait l’inscription pour l’année 1988.
Le 26 février 1996, la procédure fut interrompue car une loi de 1994 avait supprimé le service des contributions agricoles (SCAU – Servizio per i Contributi Agricoli Unificati) assigné en justice. La requérante reprit la procédure le 5 juillet 1996. Par un jugement du 21 mars 2000, dont le texte fut déposé au greffe le 23 mars 2000, le juge d’instance rejeta le recours.
6. Le 29 septembre 2000, la requérante interjeta appel contre ce jugement. Par un arrêt du 17 juin 2002, dont le texte fut déposé au greffe le 10 décembre 2002, la cour rejeta l’appel.
B. La procédure « Pinto »
7. Le 9 octobre 2001, la requérante saisit la cour d’appel de Rome aux termes de la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », afin de se plaindre de la durée excessive de la procédure décrite ci-dessus. Elle demanda à la cour de conclure à la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et de condamner l’Etat italien au dédommagement des préjudices matériels et moraux subis. Elle demanda notamment 24 000 000 lires [12 394,97 euros (EUR)] à titre de dommage matériel et moral.
8. Par une décision du 28 mars 2002, dont le texte fut déposé au greffe le
29 mai 2002, la cour d’appel constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta la demande relative au dommage matériel, au motif que la requérante n’avait fourni aucune preuve, et accorda 1 750 EUR en équité comme réparation du dommage moral et 946 EUR pour frais et dépens. Cette décision acquit l’autorité de la chose jugée le 13 juillet 2003.
Par une lettre du 6 décembre 2002, la requérante informa la Cour du résultat de la procédure nationale et la pria de reprendre l’examen de sa requête.
Par une lettre du 21 janvier 2003, elle informa aussi la Cour qu’elle n’avait pas l’intention de se pourvoir en cassation.
9. Les sommes accordées en exécution de la décision Pinto furent payées le 25 novembre 2004.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
10. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-…).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
11. La requérante allègue que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable » tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
12. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
13. Après avoir examiné les faits de la cause et les arguments des parties, la Cour estime que le redressement s’est révélé insuffisant et que le paiement de la somme « Pinto » s’est avéré tardif (voir, entre autres, Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 et Cocchiarella c. Italie, précité). Partant, la requérante peut toujours se prétendre « victime » au sens de l’article 34 de la Convention.
14. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité.
B. Sur le fond
15. Quant à la durée de la procédure, la Cour estime que la période à considérer s’étend du 18 octobre 1991, jour de l’introduction de la demande de la requérante devant le juge d’instance de Bénévent, jusqu’au 10 décembre 2002, date du dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel, en seconde instance. Elle a donc duré plus de onze ans et un mois pour deux degrés de juridiction.
16. Dans l’estimation de cette période, la Cour tient compte du fait que la cour d’appel a évalué la durée de la procédure à la date de sa décision, soit le 28 mars 2002. Partant, une période de huit mois (du 28/03/2002 au 10/12/2002, date à laquelle la procédure de quo prit fin) n’a pas pu être prise en considération par la cour d’appel.
De surcroit, elle note que la requérante n’a pas eu la possibilité de retourner devant une cour d’appel pour faire appliquer la nouvelle jurisprudence de la Cour de cassation du 26 janvier 2004 (voir l’arrêt no 1339) et que la durée restante de huit mois n’était en soi pas suffisante pour constituer une seconde violation dans le cadre de la même procédure (voir, a contrario, Rotondi c. Italie, no 38113/97, §§ 14-16, 27 avril 2000 et S.A.GE.MA S.N.C. c. Italie, no 40184/98, §§ 12-14, 27 avril 2000). Partant, la Cour estime que puisque la requérante peut se prétendre « victime » de la durée de la procédure, elle peut prendre en considération toute la procédure nationale sur le fond et pas seulement celle déjà examinée par la cour d’appel (voir Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 115-116).
17. La Cour note également que la somme octroyée par la juridiction « Pinto » n’a été versée que le 25 novembre 2004, soit plus de vingt-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel : ce paiement a donc largement dépassé les six mois à compter du moment où la décision d’indemnisation devint exécutoire. Le fait que la procédure « Pinto » examinée dans son ensemble, et notamment dans sa phase d’exécution, n’a pas fait perdre à la requérante sa qualité de « victime » constitue une circonstance aggravante dans un contexte de violation de l’article 6 § 1 pour dépassement du délai raisonnable. La Cour sera donc amenée à revenir sur cette question sous l’angle de l’article 41 (voir Cocchiarella c. Italie, précité, § 120).
18. Après avoir examiné les faits à la lumière des informations fournies par les parties, et compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ».
Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
19. La requérante se plaint également de la violation des articles 14, 17 et 34 de la Convention, au motif qu’elle aurait été victime d’une discrimination fondée sur la richesse, compte tenu des frais avancés pour intenter la procédure « Pinto » ainsi que du risque d’être condamné à payer les frais de procédure en cas de rejet de son recours.
20. La Cour estime qu’il y a lieu d’examiner ces griefs sous l’angle du droit d’accès à un tribunal au regard de l’article 6 de la Convention. Elle observe que bien qu’un individu puisse être admis, d’après la loi italienne, au bénéfice de l’assistance judiciaire gratuite en matière civile, la requérante n’a pas demandé cette aide. Elle relève, en outre, qu’elle a pu saisir les juridictions compétentes aux termes de la loi « Pinto » et que la cour d’appel a fait droit à sa demande, lui accordant une somme au titre des frais de procédure. Or, on ne saurait pas parler d’entraves à l’accès à un tribunal lorsqu’une partie, représentée par un avocat, saisit librement la juridiction compétente et présente devant elle ses arguments. Partant, aucune apparence de violation ne pouvant être décelée, la Cour déclare ces griefs irrecevables car manifestement mal fondés selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Nicoletti c. Italie (déc.), no 31332/96, 10 avril 1997).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
21. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
22. La requérante réclame 10 644,97 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’elle aurait subi.
23. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
24. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à la requérante, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu de l’enjeu du litige, la somme de 10 000 EUR. Le fait que la cour d’appel de Rome ait octroyé à la requérante presque 18 % de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) et statuant en équité, alloue à la requérante 2 750 EUR ainsi que 2 300 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des 1 750 EUR, intervenu seulement le 25 novembre 2004, soit plus de vingt-neuf mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
25. Justificatifs à l’appui, la requérante demande également 5 994,72 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et à Strasbourg.
26. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
27. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, du 24 janvier 2008, § 22). Quant aux frais et dépens encourus devant les juridictions « Pinto », estimant raisonnable la somme allouée par l’instance interne, la Cour rejette cette demande. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, elle estime que dans le cadre de la préparation de la présente requête, certains frais ont dû être encourus. Dès lors, statuant en équité, la Cour juge raisonnable d’octroyer 1 000 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
28. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 5 050 EUR (cinq mille cinquante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii. 1 000 EUR (mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 juillet 2008, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 13/12/2024