Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Violazioni dell’art. 6-1; parzialmente inammissibile; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA I.D. c. ROMANIA
( Richiesta no 3271/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa I.D. c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan M.Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 3271/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, M.I.D. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 27 novembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il presidente della camera ha aderito alla richiesta di non-divulgazione della sua identità formulata dal richiedente (articolo 47 § 3 dell’ordinamento).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, M.Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 aprile 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1950 e risiede a Târgu Jiu.
A. Procedimento al merito per ottenere dei diritti pecuniari d’ autore
5. Il 6 dicembre 1993, il richiedente, appellandosi alla legge no 64/1991 sui brevetti di invenzione, investì il tribunale di un’azione tesa a condannare la società M. a capitale maggioritario di stato a pagargli 75 milioni di lei rumeni (ROL) che rappresentavano l’importo dei diritti di autore che questa società, pure riconoscendo il suo diritto, negava di versargli per l’invenzione che aveva utilizzato.
6. Dopo avere ordinato la realizzazione di una prima perizia tecnica, il tribunale, malgrado l’opposizione del richiedente, accolse all’udienza del 30 giugno 1994 l’istanza della società il M. tesa alla produzione di una seconda perizia.
7. All’udienza del 16 marzo 1995, questa nuova perizia fu versata alla pratica. Nella stessa data, il tribunale fece diritto all’istanza della società M. tesa alla sospensione del procedimento in attesa della conclusione di un altro procedimento per annullamento del brevetto del richiedente. In questo ultimo procedimento durante il quale il richiedente si lamentò di manovre dilatorie della società M., l’azione di questa società fu respinta per difetto di fondamento con un giudizio del 1 ottobre 1998, confermato in ultima istanza il 26 gennaio 2000.
8. Nel 1999, lo stato vendette la maggioranza del capitale della società M. alla società MEI.
9. Dopo lo svolgimento di un procedimento di scadenza di istanza provocato da errore da parte dei tribunali tra il dicembre 1998 e il maggio 1999, la pratica relativa ai diritti di autore fu rimessa al ruolo il 26 maggio 2000, data in cui il tribunale dipartimentale di Gorj ordinò, su richiesta del richiedente, la realizzazione di una perizia tesa essenzialmente all’attualizzazione dell’importo della somma dovuta secondo le disposizioni legali pertinenti.
10. Con un giudizio del 6 aprile 2001, sulla base della perizia precitata, il tribunale dipartimentale fece diritto all’azione del richiedente e condannò la società M. al pagamento all’interessato di circa 15 milioni di ROL.
11. Con una sentenza del 3 giugno 2002, dopo avere ordinato una perizia contabile, la corte di appello di Craiova fece diritto all’appello interposto dal richiedente. Constatò che prima del procedimento in causa la società M. aveva riconosciuto all’interessato il diritto di vedersi pagare per la sua invenzione, così che la controversia riguardava solamente l’importo della somma in questione. Sulla base dell’ultima stima, condannò la società M. a versare al richiedente 3 515 264 188 ROL di diritti per l’utilizzazione del suo brevetto e 18 105 000 ROL per oneri e spese.
12. Con una sentenza definitiva del 30 ottobre 2002, la Corte suprema di giustizia respinse il ricorso formato dalla società M. e confermò la sentenza precitata.
B. Procedimenti di esecuzione forzata della sentenza del 30 ottobre 2002
13. Dopo il rinvio della pratica al tribunale dipartimentale di Gorj, il 10 aprile 2003, e l’apposizione della formula esecutiva, il tribunale, con un giudizio del 12 maggio 2003, autorizzò il sequestro-attribuzione dei conti bancari della società L’ufficiale giudiziario di giustizia incaricato dall’interessato dell’esecuzione costretta della sentenza del 30 ottobre 2002 sequestrò, il 14 maggio 2003, i conti della società M. presso cinque banche.
14. Il 16 maggio 2003, la società M. investì, sulla base di motivi simili, il tribunale di due procedimenti, uno riferita mirando allo sblocco dei suoi conti bancari sequestrati e l’altro teso alla contestazione e la sospensione dell’esecuzione forzata. Nel primo procedimento, con due sentenze interlocutorie rese il 16 ed il 22 maggio 2003, il tribunale dipartimentale, senza citare le parti né garantire la partecipazione del richiedente, si appellò all’articolo 581 del codice di procedimento civile, considerò i motivi invocati -ossia che la società debitrice aveva una situazione finanziaria precaria, che impiegava parecchie centinaia di persone e che il blocco poteva condurre a problemi sociali-, e sbloccò i conti bancari sequestrati. Su ricorso del richiedente, questi giudizi furono giudicati contrari alla legge con una sentenza del 30 settembre 2003 della corte di appello di Craiova che considerò che il procedimento per direttissima non era una via di ricorso applicabile all’esecuzione costretta di una sentenza definitiva, ma una contestazione dell’esecuzione che era stata respinta nel frattempo (vedere sotto).
Nel secondo procedimento, con un giudizio definitivo interlocutorio del 4 luglio 2003, il tribunale respinse la contestazione all’esecuzione impegnata dalla società debitrice, notando che non esistevano motivi di accogliere l’istanza di rinvio poiché la società debitrice non contestava nessuno atto di esecuzione forzata. Nel frattempo, la società M. aveva chiuso i conti bancari sbloccati, così che i passi ulteriori dell’ufficiale giudiziario di giustizia tesi ad identificarne altri per procedere ad un nuova
sequestro-attribuzione restarono vani.
15. In una lettera del 23 settembre 2004, una delle cinque banche in questione precisò al richiedente che all’epoca dei procedimenti di sequestro precitato (paragrafo 14 sopra) i conti bancari della società M. erano già oggetto di un sequestro impegnato dalle autorità per crediti fiscali, e che questi crediti erano prioritari secondo l’articolo 563 del codice di procedimento civile.
16. Parallelamente agli accordi di pagamento scaglionato delle somme dovute dalla società M., concluso tra il 2004 e il 2006 con l’assistenza dell’ufficiale giudiziario di giustizia, ed alla fine non rispettati da questa società, il richiedente investì i tribunali il 3 novembre 2003 di una contestazione all’esecuzione; adduceva che la società tergiversava nell’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 e che era in malafede. Sollecitò delle informazioni sulle banche in cui la società M. deteneva dei conti, l’annullamento del sequestro da parte delle autorità fiscali dei beni della società che non erano stati ancora venduti e, sussidiariamente, l’apertura di un procedimento di fallimento. Dopo due cassazioni con rinvio motivato da errori di procedimento, il richiedente, all’udienza del 15 marzo 2006, informò il tribunale del suo desiderio di rinunciare al procedimento, al motivo che aveva concluso un nuovo accordo di pagamento scaglionato con la società M. Con un giudizio reso lo stesso giorno, il tribunale respinse l’azione, ma considerò in priorità il motivo legato al difetto di pagamento dei diritti di bollo dovuti.
17. Risulta dalla pratica che nel giugno 2004 e nel febbraio 2005 le autorità hanno proceduto ai sequestri sui beni mobili ed immobili della società M., fatto che hanno confermato il 10 maggio 2005 all’ufficiale giudiziario di giustizia che, su richiesta del richiedente, intendeva esplorare questa via di esecuzione. Peraltro, l’interessato ottenne nel 2006 e nel 2007 il pagamento da parte della società M. una somma totale di 30 000 nuovi lei rumeni (Ron), o circa il 3,5% del suo credito attualizzato nel 2008 dall’ufficiale giudiziario di giustizia a circa 847 811 Ron. Infine, il 27 maggio 2008, in risposta alla richiesta dell’ufficiale giudiziario di giustizia che desiderava impegnare un procedimento di fallimento, la società M. confermò che tutti i suoi beni rimanevano sequestrati dalle autorità fiscali.
18. Secondo le informazioni fornite dalle parti, l’esecuzione costretta della sentenza del 30 ottobre 2002 da parte dell’ufficiale giudiziario di giustizia è sempre pendente, non essendo stata chiusa la pratica di esecuzione. Dall’ ottobre 2009, la società M. è oggetto di un procedimento di fallimento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
19. Per ciò che riguarda l’inadempimento di decisioni definitive rese nelle controversie tra individui, l’essenziale della regolamentazione interna pertinente nello specifico, ossia dei brani del codice di procedura civile e della legge no 188/2000 sugli ufficiali giudiziari di giustizia, è descritto nella decisione Topciov c. Romania (, déc.), no 17369/02, 15 giugno 2006. Gli articoli 49 e 53 della legge precitata contemplano che l’esecuzione forzata e gli altri atti di esecuzione sono effettuati dall’ufficiale giudiziario di giustizia su richiesta del creditore, a meno che la legge non disponga diversamente, e che in caso di rifiuto dell’ufficiale giudiziario di compiere un atto di esecuzione l’interessato può investire i tribunali.
20. Il codice di procedura civile (CPC) contiene delle disposizioni distinte relative ai procedimenti di esecuzione forzata riguardanti i crediti, conti bancari ed altro, ed i beni mobili ed immobili del debitore. Queste disposizioni regolano il sequestro, l’asta pubblica e la distribuzione tra i creditori delle somme ottenute. L’articolo 3715 CPC contemplano che l’esecuzione costretta viene reputata finita: (i) se il titolo esecutivo è stato eseguito integralmente e se l’ufficiale giudiziario di giustizia ha rimesso poi il titolo al creditore; (ii) se l’esecuzione non può più essere proseguita in ragione della mancanza di beni percepibili o dell’impossibilità di vendere tali beni; in questi due casi, l’ufficiale giudiziario rimette al creditore il titolo esecutivo, facendovi menzione del motivo della sua rimessa e della parte dell’obbligo che è stato eseguito; e (iii) se il creditore ha rinunciato all’esecuzione forzata o se il titolo è stato annullato.
21. L’articolo 457 § 2 CPC contempla che, all’epoca del sequestro di un conto bancario, le somme che vi si trovano sono bloccate nel limite necessario che permette di soddisfare il credito in causa. Dalla modifica del CPC con la legge no 459/2006, l’articolo 452 § 2 contempla che l’importo necessario al pagamento degli stipendi per sei mesi non può essere oggetto di un sequestro-attribuzione.
22. Peraltro, gli articoli 581 e 582 CPC relativi ai procedimenti per direttissima contemplano che il tribunale può ordinare delle misure temporanee per prevenire un danno imminente o salvaguardare un diritto minacciato dal passaggio del tempo, o ancora per togliere degli ostacoli nell’esecuzione di una sentenza. In prima giurisdizione, il procedimento può svolgersi anche d’emergenza, senza la citazione delle parti, quando la questione al merito è oggetto di un procedimento pendente. Il procedimento di ricorso è contraddittorio e deve essere giudicato d’emergenza.
23. L’articolo 36 della legge no 85/2006 sul procedimento di liquidazione giudiziale, come modificato dalla legge no 277/2009, contempla che a partire dalla data dell’apertura del procedimento in questione tutti i procedimenti giudiziali o di esecuzione forzata concernente i crediti contro il debitore sono sospesi di diritto.
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
24. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al suo diritto di accesso ad
un tribunale ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni in ragione delle decisioni del tribunale dipartimentale di Gorj che ha secondo lui impedito o ritardato l’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 che aveva ordinato il sequestro dei conti bancari della società debitrice. Si lamenta anche di una durata eccessiva del procedimento relativo al pagamento dei suoi diritti di autore. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente nello specifico,:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
25. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’inadempimento della sentenza definitiva del 30 ottobre 2002
1. Sull’ammissibilità
26. Il Governo eccepisce del non-esaurimento da parte del richiedente delle vie di ricorso interne, rimproverando a questo di non avere introdotto alcuna contestazione all’esecuzione (articolo 399 CPC) né alcuna azione disciplinare contro l’ufficiale giudiziario di giustizia (articoli 45 e 57 della legge no 188/2000) per lamentarsi di un eventuale rifiuto, ritardo o negligenza di questo ultimo nel compimento di un atto di esecuzione.
27. Il richiedente precisa che il suo motivo di appello non riguarda l’attività dell’ufficiale giudiziario di giustizia che ha secondo lui agito in modo sollecito, ma quella dei tribunali interni ai quali rimprovera di avere reso inefficaci i ricorsi che ha formato in vista dell’esecuzione forzata.
28. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata all’esame del merito del motivo di appello del richiedente, così che conviene unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
29. Il Governo è del parere che le autorità hanno assolto i loro obblighi positivi, ossia -trattandosi di un debitore privato-assistere in modo sollecito e ragionevole il richiedente nei suoi passi di esecuzione forzata. Nota che l’ufficiale giudiziario di giustizia ha compiuto, su richiesta del richiedente, numerosi atti di esecuzione tesi in particolare al sequestro dei conti bancari della società M., ma che i tribunali hanno annullato questi atti e che la società ha chiuso poi i suoi conti. Stima che il richiedente avrebbe potuto chiedere all’ufficiale giudiziario di procedere al sequestro dei beni della società prima del loro sequestro da parte delle autorità per i crediti di bilancio privilegiati, nel giugno 2004 e nel febbraio 2005. Infine, nota che parecchi accordi sono stati conclusi tra la società e l’ interessato e che questo ultimo ha ricuperato una parte della somma dovuta e che ha persistito nel proseguimento tramite l’ufficiale giudiziario del procedimento che è sempre pendente.
30. Il richiedente reitera che si lamenta di un difetto di assistenza dei tribunali interni investiti dell’esecuzione forzata, in particolare nei procedimenti in cui hanno annullato, in modo illegale secondo lui, il sequestro dei conti bancari della società M. e rinviato a più riprese la sua istanza di contestazione all’esecuzione (paragrafi 13 e 16 sopra). In quanto al sequestro dei beni mobili ed immobili, stima che questo procedimento sarebbe stato più pesante e costoso del procedimento di sequestro dei conti della società M. che, secondo lui, avrebbe dovuto essere effettivo alla vista delle disposizioni interne. Sostiene infine che la società in causa era solvibile.
31. Nella presente causa, la Corte osserva che si trattava di eseguire una decisione giudiziale che ingiungeva un obbligo di pagamento ad un individuo, poiché la società M. era stata privatizzata anche prima che la richiesta del richiedente relativa ai suoi diritti patrimoniali di autore fosse stata giudicata in prima istanza. A questo riguardo, lo stato era tenuto a mettere a disposizione del richiedente un sistema giuridico adeguato e sufficiente che gli permettesse di ottenere dal debitore il pagamento delle somme assegnate dalla sentenza definitiva del 30 ottobre 2002 (vedere, mutatis mutandis, Dachar c. Francia,( dec.), no 42338/98, 6 giugno 2000, e Topciov, decisione precitata).
32. La Corte nota al primo colpo che l’ufficiale giudiziario di giustizia non ha chiuso l’esecuzione costretta al motivo di un’insolvenza del debitore, così come aveva la possibilità di fare sulla base dell’articolo 3715 CPC, che il richiedente si è visto pagare una parte del suo credito in 2006-2007, e che il procedimento di fallimento è stato aperto a riguardo della società M. solo nell’ottobre 2009. Quindi, la Corte stima che, malgrado certe difficoltà finanziarie che la società debitrice avrebbe potuto provare, non c’è alcun elemento che gli permette di concludere che fosse insolvibile, prima dell’ ottobre 2009, ciò che avrebbe avuto per effetto di scaricare lo stato da ogni responsabilità per il difetto di pagamento del credito esecutivo del richiedente (vedere, a contrario, Ciprova c. Repubblica ceca, (dec.), no 33273/03, 22 marzo 2005). A questo riguardo, tenuto conto del motivo di appello del richiedente e della posizione delle parti che si accordano sul fatto che l’ufficiale giudiziario di giustizia ha assolto i suoi obblighi, resta da esaminare se i tribunali interni investiti dall’interessato hanno preso delle misure adeguate e sufficienti in vista di garantire l’esecuzione. Ne segue che l’eccezione del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso, eccezione che riguarda l’attività dell’ufficiale giudiziario di giustizia, non potrebbe essere considerata.
33. La Corte osserva che subito dopo l’apposizione della formula esecutiva, il richiedente ha ottenuto, il 12 ed il 14 maggio 2003, l’autorizzazione del sequestro-attribuzione dei conti bancari della società M. Tuttavia, anche prima che potesse vedersi pagare almeno una parte del suo credito, il tribunale dipartimentale ha, il 16 maggio 2003, sbloccato i conti bancari investiti, con un procedimento per direttissima , non contraddittorio, al motivo che il sequestro rischiava di generare dei problemi sociali in seno alla società. La Corte rileva non solo che questi motivi sono stati giudicati come privi di pertinenza in mancanza di una contestazione di un atto di esecuzione da parte del
tribunale competente per giudicare ogni atto incidentale legato all’esecuzione (giudizio del 4 luglio 2003) ma tanto più che il giudizio del 16 maggio 2003 è stato considerato come contrario alla legge nella misura in cui il procedimento per direttissima era in sé inapplicabile ai procedimenti di esecuzione forzata concernenti una sentenza definitiva (sentenza del 30 settembre 2003, paragrafo 14 sopra). È a notare anche che, mentre il giudizio del 16 maggio 2003 ha ordinato lo sblocco dei conti della società M. il giorno stesso in cui questa ha investito il tribunale, più di quattro mesi sono trascorsi prima che questo giudizio venisse annullato in un ricorso che avrebbe dovuto essere giudicato “d’emergenza” (paragrafi 14 e 22 in fine sopra). Nel frattempo, la società M. aveva svuotato ed aveva chiuso i suoi conti bancari, rendendo vani i passi ulteriori del richiedente e dell’ufficiale giudiziario di giustizia tesi al rinnovo del procedimento di sequestro-attribuzione dei conti della società.
34. Peraltro, la Corte osserva che il procedimento di contestazione all’esecuzione impegnato il 3 novembre 2003 con cui il richiedente e l’ufficiale giudiziario di giustizia cercavano di ottenere delle informazioni sui conti bancari utilizzati dalla società M. e l’annullamento del sequestro da parte delle autorità fiscali dei beni della società che non erano stati ancora venduti, è stato due volte rinviato in prima istanza per errori di procedimento prima di essere annullato il 15 marzo 2006 per difetto di pagamento del diritto di bollo dovuto.
35. Alla vista di ciò che precede, la Corte, che ricorda che incombe sulle autorità competenti di agire in modo effettivo e sollecito per non favorire i debitori ad organizzare la loro insolvenza (vedere, mutatis mutandis, Schrepler c. Romania, no 22626/02, § 32 in fine, 15 marzo 2007) stima che i tribunali interni investiti dell’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 non hanno preso le misure adeguate e sufficienti per assistere l’interessato nei suoi passi di esecuzione forzata. L’applicazione contraria alla legge di un procedimento per direttissima all’esecuzione forzata e gli errori di procedimento che hanno ritardato il procedimento che mirava a chiarire la situazione dei beni della società M., errori di cui le autorità portano la responsabilità, hanno permesso alla società debitrice di chiudere i suoi conti bancari con, per effetto, una perdita di fortuna reale per l’interessato di ricuperare il suo credito (vedere, mutatis mutandis, Deordiev e Deordiev c. Moldova, no 33276/03, § 32, 16 ottobre 2007).
36. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto procedere al sequestro dei beni della società M. prima che le autorità non lo facessero, nel giugno 2004 e nel febbraio 2005, la Corte considera che non si potrebbe- con un esame dei fatti a posterior i-rimproverare al richiedente di avere cominciato i suoi passi, tramite l’ufficiale giudiziario di giustizia, con l’immissione nel processo dei conti bancari, via che avrebbe dovuto essere più veloce e meno costosa. In più, all’epoca in cui i procedimenti giudiziali precitati tesi al sequestro dei conti bancari si sono rivelati inefficaci per la loro conclusione o per la loro durata, le autorità avevano già sequestrato i beni in questione.
37. Avuto riguardo a ciò che precede, la Corte considera che c’è luogo di respingere l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne sollevate dal Governo e di constatare che le autorità hanno mancato in materia ai loro obblighi positivi.
C’è stata dunque violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
B. Sulla durata del procedimento
1. Sull’ammissibilità
38. La Corte stima innanzitutto necessario pronunciarsi sul periodo da prendere in considerazione. Nota, nelle osservazioni delle parti, che il Governo non ha sollevato espressamente questa questione, trattando successivamente il procedimento al merito e il procedimento di esecuzione forzata, mentre il richiedente ha sostenuto che il procedimento impegnato il 6 dicembre 1993 è sempre pendente a questo giorno allo sguardo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
39. La Corte osserva poi che il procedimento al merito in cui è stata resa la sentenza del 30 ottobre 2002 è stato seguito da un procedimento di esecuzione forzata di questa sentenza, procedimento che è sempre pendente secondo le informazioni fornite dalle parti. Ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il procedimento viene reputato finito solo all’epoca dell’esecuzione completa della decisione in causa o, all’occorrenza, della chiusura dell’esecuzione per un’altra ragione, come l’insolvenza del debitore, avuto riguardo al fatto che -nelle cause di durata di procedimento civile-l’esecuzione è la secondo fase del procedimento al merito (vedere, mutatis mutandis, Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, § 88, CEDH 2006-V, e Kocsis c. Romania, no 10395/02, § 74, 20 dicembre 2007). Ne segue che il procedimento di esecuzione costretto deve essere preso anche in conto nell’esame del carattere ragionevole della durata di un procedimento (Pinto di Oliveira c. Portogallo, no 39297/98, § 26, 8 marzo 2001). Così, in ragione della sua competenza ratione temporis, la Corte può prendere in considerazione solo il periodo posteriore alla data di entrata in vigore della Convenzione per lo stato in causa- nello specifico, il 20 giugno 1994-, terrà tuttavia conto dello stadio che aveva raggiunto il procedimento in questa data (Kud³a c. Polonia [GC], no 30210/96, § 123, CEDH 2000-XI). Ne segue che la durata del procedimento, preso nel suo insieme,ha raggiunto a questo giorno circa quindici anni e sei mesi.
40. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
41. Il Governo è del parere che la durata del procedimento al merito non è eccessiva, alla vista in particolare del carattere secondo lui complesso della causa e dei periodi durante cui il procedimento è stato sospeso in attesa della conclusione del procedimento per annullamento del brevetto di invenzione, dal marzo 1995 al dicembre 1998 e dal settembre 1999 al maggio 2000. In quanto al procedimento di esecuzione forzata, considera che non c’è stato nessun periodo di inattività imputabile all’ufficiale giudiziario di giustizia ed ai tribunali.
42. Il richiedente combatte gli argomenti del Governo e, rinviando ai considerando della sentenza del 30 ottobre 2002, afferma che il procedimento non aveva un carattere complesso e che la sua durata è eccessiva.
43. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità così come la posta della controversia per l’interessato (Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
44. La Corte stima che né il comportamento del richiedente né la complessità addotta della causa non potrebbero spiegare la durata del procedimento in causa. Basta a questo titolo notare che la corte di appello abbia constatato in ultima istanza che la controversia riguardava per l’essenziale solo l’importo della somma dovuta al richiedente dalla società M. ( paragrafo 11 sopra).
45. La Corte considera che, al di là del termine generato da parecchie perizie ordinate dai tribunali per il calcolo di questa somma, la durata in questione è dovuta principalmente alla sospensione del procedimento al merito per l’esame del procedimento di annullamento del brevetto di invenzione ed allo svolgimento del procedimento di esecuzione forzata. In quanto alla sospensione del procedimento da parte del tribunale dipartimentale, pronunciata su richiesta della società M., la Corte ricorda di avere giudicato già che, se appartiene ai giudici incaricati della causa di valutare la necessità di sospendere un procedimento in attesa della conclusione di un altro procedimento, incombe sulle autorità di sorvegliare da vicino lo svolgimento di tale procedimento, sapendo che hanno assunto il rischio di vedere ritardare in modo significativo il procedimento principale (vedere, mutatis mutandis, Ciovica c. Romania, no 3076/02, §§ 74-75, 31 marzo 2009). Ora, nello specifico, nota che non solo il procedimento per annullamento ha ritardato di circa cinque anni il procedimento principale, malgrado i passi intrapresi dal richiedente per denunciare l’atteggiamento dilatorio della società M., ma ancora che i tribunali in causa hanno scatenato per errore un procedimento di scadenza di istanza.
46. Ad ogni modo, il ritardo accumulato dalla sospensione della causa è aumentato all’epoca del procedimento di esecuzione forzata. Basta a questo titolo osservare che il secondo procedimento per contestazione all’esecuzione sia stato prolungato indebitamente a causa di errori di procedimento commessi dai tribunali e che, malgrado l’atteggiamento diligente del richiedente presso l’ufficiale giudiziario di giustizia e dei tribunali per chiarire la situazione dei conti bancari ed altri beni della società M., il procedimento di esecuzione non è ancora stato compiuto con il saldo del credito o con la chiusura del procedimento, per esempio, per insolvenza del debitore.
47. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che il procedimento controverso non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.” Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
48. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al diritto al rispetto dei suoi beni a causa dell’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002. Il Governo combatte questa tesi.
49. Avuto riguardo alle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 31 a 37, la Corte considera che anche questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile, ma che non c’è luogo di deliberare sul merito (vedere, mutatis mutandis, Elena Negulescu c. Romania, no 25111/02, § 51, 1 luglio 2008).
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
50. Il richiedente adduce infine che gli sforzi forniti e lo stress accumulato durante il procedimento costituiscono degli attentati rispettivamente al suo diritto di non compiere dei lavori forzati ed al suo diritto al rispetto della sua vita familiare, ai sensi dell’articolo 4 e dell’articolo 8 della Convenzione. Inoltre, rimprovera alle autorità di avere ignorato il suo diritto di proprietà industriale ed utilizzato illegalmente il suo brevetto, adducendo che hanno recato così offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
51. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna altra apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione o dei suoi Protocolli.
Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e che deve essere respinta, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
52. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
53. Il richiedente richiede per danno patrimoniale un importo totale di 386 445,49 euro (EUR) che corrispondono all’importo del suo credito derivante dalla sentenza del 30 ottobre 2002, appellandosi ad un difetto di esecuzione che sarebbe imputabile alle autorità e ad una durata eccessiva del procedimento. Peraltro, chiede un importo globale di 40 000 EUR per danno morale.
54. Il Governo si oppone al pagamento di una somma per danno patrimoniale, al motivo che si tratta di un credito opponibile ad un debitore privato, e sostiene che l’importo esatto per danno morale è eccessivo.
55. La Corte rileva che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nel fatto che il richiedente non ha goduto delle garanzie dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, avuto riguardo alla durata eccessiva del procedimento ed al fatto che le autorità non hanno preso le misure adeguate e sufficienti per assisterlo in modo effettivo nei suoi passi tesi all’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002. Non potrebbe speculare certo su ciò che sarebbe stata la conclusione del procedimento di esecuzione nel caso contrario, ma non stima irragionevole pensare che l’interessato abbia subito non solo un danno morale, ma anche una perdita di fortuna reale (vedere, mutatis mutandis, Kocsis, precitata, § 149).
56. Deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 12 000 EUR, ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
57. Il richiedente chiede anche 4 402,83 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne, somma costituita per l’essenziale dagli importi attualizzati degli oneri di giustizia concessi dai tribunali interni nel procedimento al merito, della parcella di un importo di 2 000 lei rumeni regolati all’ufficiale giudiziario di giustizia -per cui fornisce un giustificativo- e di altri oneri diversi.
58. Il Governo non si oppone alla concessione per oneri e spese degli importi assegnati dai tribunali interni, ma considera in sostanza che l’interessato potrebbe ricuperare la parcella dell’ufficiale giudiziario di giustizia nel procedimento di esecuzione forzata; in quanto al restante della somma richiesta, la richiesta gli sembra eccessiva e non giustificata.
59. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 700 EUR a titolo degli oneri e delle spese del procedimento nazionale e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
60. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare sollevata dal Governo derivata del non-esaurimento delle vie di ricorso interne e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 relativi alla durata del procedimento ed all’inadempimento della sentenza definitiva del 30 ottobre 2002, ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione dell’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione della durata eccessiva del procedimento in causa;
5. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare al merito il motivo di appello derivato dall’articolo 1
del Protocollo no 1 relativo all’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002;
6. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 12 000 EUR (dodicimila euro) ogni danno compreso, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 700 EUR (sette cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
7. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente