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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE I.D. c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 06
Numero: 3271/04/2010
Stato: Romania
Data: 2010-03-23 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Eccezione preliminare unita al merito e respinta (non-esaurimento delle vie di ricorso interne); Violazioni dell’art. 6-1; parzialmente inammissibile; Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento
TERZA SEZIONE
CAUSA I.D. c. ROMANIA
( Richiesta no 3271/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa I.D. c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan M.Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 3271/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, M.I.D. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 27 novembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il presidente della camera ha aderito alla richiesta di non-divulgazione della sua identità formulata dal richiedente (articolo 47 § 3 dell’ordinamento).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, M.Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 23 aprile 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1950 e risiede a Târgu Jiu.
A. Procedimento al merito per ottenere dei diritti pecuniari d’ autore
5. Il 6 dicembre 1993, il richiedente, appellandosi alla legge no 64/1991 sui brevetti di invenzione, investì il tribunale di un’azione tesa a condannare la società M. a capitale maggioritario di stato a pagargli 75 milioni di lei rumeni (ROL) che rappresentavano l’importo dei diritti di autore che questa società, pure riconoscendo il suo diritto, negava di versargli per l’invenzione che aveva utilizzato.
6. Dopo avere ordinato la realizzazione di una prima perizia tecnica, il tribunale, malgrado l’opposizione del richiedente, accolse all’udienza del 30 giugno 1994 l’istanza della società il M. tesa alla produzione di una seconda perizia.
7. All’udienza del 16 marzo 1995, questa nuova perizia fu versata alla pratica. Nella stessa data, il tribunale fece diritto all’istanza della società M. tesa alla sospensione del procedimento in attesa della conclusione di un altro procedimento per annullamento del brevetto del richiedente. In questo ultimo procedimento durante il quale il richiedente si lamentò di manovre dilatorie della società M., l’azione di questa società fu respinta per difetto di fondamento con un giudizio del 1 ottobre 1998, confermato in ultima istanza il 26 gennaio 2000.
8. Nel 1999, lo stato vendette la maggioranza del capitale della società M. alla società MEI.
9. Dopo lo svolgimento di un procedimento di scadenza di istanza provocato da errore da parte dei tribunali tra il dicembre 1998 e il maggio 1999, la pratica relativa ai diritti di autore fu rimessa al ruolo il 26 maggio 2000, data in cui il tribunale dipartimentale di Gorj ordinò, su richiesta del richiedente, la realizzazione di una perizia tesa essenzialmente all’attualizzazione dell’importo della somma dovuta secondo le disposizioni legali pertinenti.
10. Con un giudizio del 6 aprile 2001, sulla base della perizia precitata, il tribunale dipartimentale fece diritto all’azione del richiedente e condannò la società M. al pagamento all’interessato di circa 15 milioni di ROL.
11. Con una sentenza del 3 giugno 2002, dopo avere ordinato una perizia contabile, la corte di appello di Craiova fece diritto all’appello interposto dal richiedente. Constatò che prima del procedimento in causa la società M. aveva riconosciuto all’interessato il diritto di vedersi pagare per la sua invenzione, così che la controversia riguardava solamente l’importo della somma in questione. Sulla base dell’ultima stima, condannò la società M. a versare al richiedente 3 515 264 188 ROL di diritti per l’utilizzazione del suo brevetto e 18 105 000 ROL per oneri e spese.
12. Con una sentenza definitiva del 30 ottobre 2002, la Corte suprema di giustizia respinse il ricorso formato dalla società M. e confermò la sentenza precitata.
B. Procedimenti di esecuzione forzata della sentenza del 30 ottobre 2002
13. Dopo il rinvio della pratica al tribunale dipartimentale di Gorj, il 10 aprile 2003, e l’apposizione della formula esecutiva, il tribunale, con un giudizio del 12 maggio 2003, autorizzò il sequestro-attribuzione dei conti bancari della società L’ufficiale giudiziario di giustizia incaricato dall’interessato dell’esecuzione costretta della sentenza del 30 ottobre 2002 sequestrò, il 14 maggio 2003, i conti della società M. presso cinque banche.
14. Il 16 maggio 2003, la società M. investì, sulla base di motivi simili, il tribunale di due procedimenti, uno riferita mirando allo sblocco dei suoi conti bancari sequestrati e l’altro teso alla contestazione e la sospensione dell’esecuzione forzata. Nel primo procedimento, con due sentenze interlocutorie rese il 16 ed il 22 maggio 2003, il tribunale dipartimentale, senza citare le parti né garantire la partecipazione del richiedente, si appellò all’articolo 581 del codice di procedimento civile, considerò i motivi invocati -ossia che la società debitrice aveva una situazione finanziaria precaria, che impiegava parecchie centinaia di persone e che il blocco poteva condurre a problemi sociali-, e sbloccò i conti bancari sequestrati. Su ricorso del richiedente, questi giudizi furono giudicati contrari alla legge con una sentenza del 30 settembre 2003 della corte di appello di Craiova che considerò che il procedimento per direttissima non era una via di ricorso applicabile all’esecuzione costretta di una sentenza definitiva, ma una contestazione dell’esecuzione che era stata respinta nel frattempo (vedere sotto).
Nel secondo procedimento, con un giudizio definitivo interlocutorio del 4 luglio 2003, il tribunale respinse la contestazione all’esecuzione impegnata dalla società debitrice, notando che non esistevano motivi di accogliere l’istanza di rinvio poiché la società debitrice non contestava nessuno atto di esecuzione forzata. Nel frattempo, la società M. aveva chiuso i conti bancari sbloccati, così che i passi ulteriori dell’ufficiale giudiziario di giustizia tesi ad identificarne altri per procedere ad un nuova
sequestro-attribuzione restarono vani.
15. In una lettera del 23 settembre 2004, una delle cinque banche in questione precisò al richiedente che all’epoca dei procedimenti di sequestro precitato (paragrafo 14 sopra) i conti bancari della società M. erano già oggetto di un sequestro impegnato dalle autorità per crediti fiscali, e che questi crediti erano prioritari secondo l’articolo 563 del codice di procedimento civile.
16. Parallelamente agli accordi di pagamento scaglionato delle somme dovute dalla società M., concluso tra il 2004 e il 2006 con l’assistenza dell’ufficiale giudiziario di giustizia, ed alla fine non rispettati da questa società, il richiedente investì i tribunali il 3 novembre 2003 di una contestazione all’esecuzione; adduceva che la società tergiversava nell’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 e che era in malafede. Sollecitò delle informazioni sulle banche in cui la società M. deteneva dei conti, l’annullamento del sequestro da parte delle autorità fiscali dei beni della società che non erano stati ancora venduti e, sussidiariamente, l’apertura di un procedimento di fallimento. Dopo due cassazioni con rinvio motivato da errori di procedimento, il richiedente, all’udienza del 15 marzo 2006, informò il tribunale del suo desiderio di rinunciare al procedimento, al motivo che aveva concluso un nuovo accordo di pagamento scaglionato con la società M. Con un giudizio reso lo stesso giorno, il tribunale respinse l’azione, ma considerò in priorità il motivo legato al difetto di pagamento dei diritti di bollo dovuti.
17. Risulta dalla pratica che nel giugno 2004 e nel febbraio 2005 le autorità hanno proceduto ai sequestri sui beni mobili ed immobili della società M., fatto che hanno confermato il 10 maggio 2005 all’ufficiale giudiziario di giustizia che, su richiesta del richiedente, intendeva esplorare questa via di esecuzione. Peraltro, l’interessato ottenne nel 2006 e nel 2007 il pagamento da parte della società M. una somma totale di 30 000 nuovi lei rumeni (Ron), o circa il 3,5% del suo credito attualizzato nel 2008 dall’ufficiale giudiziario di giustizia a circa 847 811 Ron. Infine, il 27 maggio 2008, in risposta alla richiesta dell’ufficiale giudiziario di giustizia che desiderava impegnare un procedimento di fallimento, la società M. confermò che tutti i suoi beni rimanevano sequestrati dalle autorità fiscali.
18. Secondo le informazioni fornite dalle parti, l’esecuzione costretta della sentenza del 30 ottobre 2002 da parte dell’ufficiale giudiziario di giustizia è sempre pendente, non essendo stata chiusa la pratica di esecuzione. Dall’ ottobre 2009, la società M. è oggetto di un procedimento di fallimento.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
19. Per ciò che riguarda l’inadempimento di decisioni definitive rese nelle controversie tra individui, l’essenziale della regolamentazione interna pertinente nello specifico, ossia dei brani del codice di procedura civile e della legge no 188/2000 sugli ufficiali giudiziari di giustizia, è descritto nella decisione Topciov c. Romania (, déc.), no 17369/02, 15 giugno 2006. Gli articoli 49 e 53 della legge precitata contemplano che l’esecuzione forzata e gli altri atti di esecuzione sono effettuati dall’ufficiale giudiziario di giustizia su richiesta del creditore, a meno che la legge non disponga diversamente, e che in caso di rifiuto dell’ufficiale giudiziario di compiere un atto di esecuzione l’interessato può investire i tribunali.
20. Il codice di procedura civile (CPC) contiene delle disposizioni distinte relative ai procedimenti di esecuzione forzata riguardanti i crediti, conti bancari ed altro, ed i beni mobili ed immobili del debitore. Queste disposizioni regolano il sequestro, l’asta pubblica e la distribuzione tra i creditori delle somme ottenute. L’articolo 3715 CPC contemplano che l’esecuzione costretta viene reputata finita: (i) se il titolo esecutivo è stato eseguito integralmente e se l’ufficiale giudiziario di giustizia ha rimesso poi il titolo al creditore; (ii) se l’esecuzione non può più essere proseguita in ragione della mancanza di beni percepibili o dell’impossibilità di vendere tali beni; in questi due casi, l’ufficiale giudiziario rimette al creditore il titolo esecutivo, facendovi menzione del motivo della sua rimessa e della parte dell’obbligo che è stato eseguito; e (iii) se il creditore ha rinunciato all’esecuzione forzata o se il titolo è stato annullato.
21. L’articolo 457 § 2 CPC contempla che, all’epoca del sequestro di un conto bancario, le somme che vi si trovano sono bloccate nel limite necessario che permette di soddisfare il credito in causa. Dalla modifica del CPC con la legge no 459/2006, l’articolo 452 § 2 contempla che l’importo necessario al pagamento degli stipendi per sei mesi non può essere oggetto di un sequestro-attribuzione.
22. Peraltro, gli articoli 581 e 582 CPC relativi ai procedimenti per direttissima contemplano che il tribunale può ordinare delle misure temporanee per prevenire un danno imminente o salvaguardare un diritto minacciato dal passaggio del tempo, o ancora per togliere degli ostacoli nell’esecuzione di una sentenza. In prima giurisdizione, il procedimento può svolgersi anche d’emergenza, senza la citazione delle parti, quando la questione al merito è oggetto di un procedimento pendente. Il procedimento di ricorso è contraddittorio e deve essere giudicato d’emergenza.
23. L’articolo 36 della legge no 85/2006 sul procedimento di liquidazione giudiziale, come modificato dalla legge no 277/2009, contempla che a partire dalla data dell’apertura del procedimento in questione tutti i procedimenti giudiziali o di esecuzione forzata concernente i crediti contro il debitore sono sospesi di diritto.
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
24. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al suo diritto di accesso ad
un tribunale ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni in ragione delle decisioni del tribunale dipartimentale di Gorj che ha secondo lui impedito o ritardato l’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 che aveva ordinato il sequestro dei conti bancari della società debitrice. Si lamenta anche di una durata eccessiva del procedimento relativo al pagamento dei suoi diritti di autore. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente nello specifico,:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
25. Il Governo combatte questa tesi.
A. Sull’inadempimento della sentenza definitiva del 30 ottobre 2002
1. Sull’ammissibilità
26. Il Governo eccepisce del non-esaurimento da parte del richiedente delle vie di ricorso interne, rimproverando a questo di non avere introdotto alcuna contestazione all’esecuzione (articolo 399 CPC) né alcuna azione disciplinare contro l’ufficiale giudiziario di giustizia (articoli 45 e 57 della legge no 188/2000) per lamentarsi di un eventuale rifiuto, ritardo o negligenza di questo ultimo nel compimento di un atto di esecuzione.
27. Il richiedente precisa che il suo motivo di appello non riguarda l’attività dell’ufficiale giudiziario di giustizia che ha secondo lui agito in modo sollecito, ma quella dei tribunali interni ai quali rimprovera di avere reso inefficaci i ricorsi che ha formato in vista dell’esecuzione forzata.
28. La Corte stima che l’eccezione del Governo è legata all’esame del merito del motivo di appello del richiedente, così che conviene unirla al merito. Peraltro, constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
29. Il Governo è del parere che le autorità hanno assolto i loro obblighi positivi, ossia -trattandosi di un debitore privato-assistere in modo sollecito e ragionevole il richiedente nei suoi passi di esecuzione forzata. Nota che l’ufficiale giudiziario di giustizia ha compiuto, su richiesta del richiedente, numerosi atti di esecuzione tesi in particolare al sequestro dei conti bancari della società M., ma che i tribunali hanno annullato questi atti e che la società ha chiuso poi i suoi conti. Stima che il richiedente avrebbe potuto chiedere all’ufficiale giudiziario di procedere al sequestro dei beni della società prima del loro sequestro da parte delle autorità per i crediti di bilancio privilegiati, nel giugno 2004 e nel febbraio 2005. Infine, nota che parecchi accordi sono stati conclusi tra la società e l’ interessato e che questo ultimo ha ricuperato una parte della somma dovuta e che ha persistito nel proseguimento tramite l’ufficiale giudiziario del procedimento che è sempre pendente.
30. Il richiedente reitera che si lamenta di un difetto di assistenza dei tribunali interni investiti dell’esecuzione forzata, in particolare nei procedimenti in cui hanno annullato, in modo illegale secondo lui, il sequestro dei conti bancari della società M. e rinviato a più riprese la sua istanza di contestazione all’esecuzione (paragrafi 13 e 16 sopra). In quanto al sequestro dei beni mobili ed immobili, stima che questo procedimento sarebbe stato più pesante e costoso del procedimento di sequestro dei conti della società M. che, secondo lui, avrebbe dovuto essere effettivo alla vista delle disposizioni interne. Sostiene infine che la società in causa era solvibile.
31. Nella presente causa, la Corte osserva che si trattava di eseguire una decisione giudiziale che ingiungeva un obbligo di pagamento ad un individuo, poiché la società M. era stata privatizzata anche prima che la richiesta del richiedente relativa ai suoi diritti patrimoniali di autore fosse stata giudicata in prima istanza. A questo riguardo, lo stato era tenuto a mettere a disposizione del richiedente un sistema giuridico adeguato e sufficiente che gli permettesse di ottenere dal debitore il pagamento delle somme assegnate dalla sentenza definitiva del 30 ottobre 2002 (vedere, mutatis mutandis, Dachar c. Francia,( dec.), no 42338/98, 6 giugno 2000, e Topciov, decisione precitata).
32. La Corte nota al primo colpo che l’ufficiale giudiziario di giustizia non ha chiuso l’esecuzione costretta al motivo di un’insolvenza del debitore, così come aveva la possibilità di fare sulla base dell’articolo 3715 CPC, che il richiedente si è visto pagare una parte del suo credito in 2006-2007, e che il procedimento di fallimento è stato aperto a riguardo della società M. solo nell’ottobre 2009. Quindi, la Corte stima che, malgrado certe difficoltà finanziarie che la società debitrice avrebbe potuto provare, non c’è alcun elemento che gli permette di concludere che fosse insolvibile, prima dell’ ottobre 2009, ciò che avrebbe avuto per effetto di scaricare lo stato da ogni responsabilità per il difetto di pagamento del credito esecutivo del richiedente (vedere, a contrario, Ciprova c. Repubblica ceca, (dec.), no 33273/03, 22 marzo 2005). A questo riguardo, tenuto conto del motivo di appello del richiedente e della posizione delle parti che si accordano sul fatto che l’ufficiale giudiziario di giustizia ha assolto i suoi obblighi, resta da esaminare se i tribunali interni investiti dall’interessato hanno preso delle misure adeguate e sufficienti in vista di garantire l’esecuzione. Ne segue che l’eccezione del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso, eccezione che riguarda l’attività dell’ufficiale giudiziario di giustizia, non potrebbe essere considerata.
33. La Corte osserva che subito dopo l’apposizione della formula esecutiva, il richiedente ha ottenuto, il 12 ed il 14 maggio 2003, l’autorizzazione del sequestro-attribuzione dei conti bancari della società M. Tuttavia, anche prima che potesse vedersi pagare almeno una parte del suo credito, il tribunale dipartimentale ha, il 16 maggio 2003, sbloccato i conti bancari investiti, con un procedimento per direttissima , non contraddittorio, al motivo che il sequestro rischiava di generare dei problemi sociali in seno alla società. La Corte rileva non solo che questi motivi sono stati giudicati come privi di pertinenza in mancanza di una contestazione di un atto di esecuzione da parte del
tribunale competente per giudicare ogni atto incidentale legato all’esecuzione (giudizio del 4 luglio 2003) ma tanto più che il giudizio del 16 maggio 2003 è stato considerato come contrario alla legge nella misura in cui il procedimento per direttissima era in sé inapplicabile ai procedimenti di esecuzione forzata concernenti una sentenza definitiva (sentenza del 30 settembre 2003, paragrafo 14 sopra). È a notare anche che, mentre il giudizio del 16 maggio 2003 ha ordinato lo sblocco dei conti della società M. il giorno stesso in cui questa ha investito il tribunale, più di quattro mesi sono trascorsi prima che questo giudizio venisse annullato in un ricorso che avrebbe dovuto essere giudicato “d’emergenza” (paragrafi 14 e 22 in fine sopra). Nel frattempo, la società M. aveva svuotato ed aveva chiuso i suoi conti bancari, rendendo vani i passi ulteriori del richiedente e dell’ufficiale giudiziario di giustizia tesi al rinnovo del procedimento di sequestro-attribuzione dei conti della società.
34. Peraltro, la Corte osserva che il procedimento di contestazione all’esecuzione impegnato il 3 novembre 2003 con cui il richiedente e l’ufficiale giudiziario di giustizia cercavano di ottenere delle informazioni sui conti bancari utilizzati dalla società M. e l’annullamento del sequestro da parte delle autorità fiscali dei beni della società che non erano stati ancora venduti, è stato due volte rinviato in prima istanza per errori di procedimento prima di essere annullato il 15 marzo 2006 per difetto di pagamento del diritto di bollo dovuto.
35. Alla vista di ciò che precede, la Corte, che ricorda che incombe sulle autorità competenti di agire in modo effettivo e sollecito per non favorire i debitori ad organizzare la loro insolvenza (vedere, mutatis mutandis, Schrepler c. Romania, no 22626/02, § 32 in fine, 15 marzo 2007) stima che i tribunali interni investiti dell’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002 non hanno preso le misure adeguate e sufficienti per assistere l’interessato nei suoi passi di esecuzione forzata. L’applicazione contraria alla legge di un procedimento per direttissima all’esecuzione forzata e gli errori di procedimento che hanno ritardato il procedimento che mirava a chiarire la situazione dei beni della società M., errori di cui le autorità portano la responsabilità, hanno permesso alla società debitrice di chiudere i suoi conti bancari con, per effetto, una perdita di fortuna reale per l’interessato di ricuperare il suo credito (vedere, mutatis mutandis, Deordiev e Deordiev c. Moldova, no 33276/03, § 32, 16 ottobre 2007).
36. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto procedere al sequestro dei beni della società M. prima che le autorità non lo facessero, nel giugno 2004 e nel febbraio 2005, la Corte considera che non si potrebbe- con un esame dei fatti a posterior i-rimproverare al richiedente di avere cominciato i suoi passi, tramite l’ufficiale giudiziario di giustizia, con l’immissione nel processo dei conti bancari, via che avrebbe dovuto essere più veloce e meno costosa. In più, all’epoca in cui i procedimenti giudiziali precitati tesi al sequestro dei conti bancari si sono rivelati inefficaci per la loro conclusione o per la loro durata, le autorità avevano già sequestrato i beni in questione.
37. Avuto riguardo a ciò che precede, la Corte considera che c’è luogo di respingere l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne sollevate dal Governo e di constatare che le autorità hanno mancato in materia ai loro obblighi positivi.
C’è stata dunque violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
B. Sulla durata del procedimento
1. Sull’ammissibilità
38. La Corte stima innanzitutto necessario pronunciarsi sul periodo da prendere in considerazione. Nota, nelle osservazioni delle parti, che il Governo non ha sollevato espressamente questa questione, trattando successivamente il procedimento al merito e il procedimento di esecuzione forzata, mentre il richiedente ha sostenuto che il procedimento impegnato il 6 dicembre 1993 è sempre pendente a questo giorno allo sguardo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
39. La Corte osserva poi che il procedimento al merito in cui è stata resa la sentenza del 30 ottobre 2002 è stato seguito da un procedimento di esecuzione forzata di questa sentenza, procedimento che è sempre pendente secondo le informazioni fornite dalle parti. Ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il procedimento viene reputato finito solo all’epoca dell’esecuzione completa della decisione in causa o, all’occorrenza, della chiusura dell’esecuzione per un’altra ragione, come l’insolvenza del debitore, avuto riguardo al fatto che -nelle cause di durata di procedimento civile-l’esecuzione è la secondo fase del procedimento al merito (vedere, mutatis mutandis, Cocchiarella c. Italia [GC], no 64886/01, § 88, CEDH 2006-V, e Kocsis c. Romania, no 10395/02, § 74, 20 dicembre 2007). Ne segue che il procedimento di esecuzione costretto deve essere preso anche in conto nell’esame del carattere ragionevole della durata di un procedimento (Pinto di Oliveira c. Portogallo, no 39297/98, § 26, 8 marzo 2001). Così, in ragione della sua competenza ratione temporis, la Corte può prendere in considerazione solo il periodo posteriore alla data di entrata in vigore della Convenzione per lo stato in causa- nello specifico, il 20 giugno 1994-, terrà tuttavia conto dello stadio che aveva raggiunto il procedimento in questa data (Kud³a c. Polonia [GC], no 30210/96, § 123, CEDH 2000-XI). Ne segue che la durata del procedimento, preso nel suo insieme,ha raggiunto a questo giorno circa quindici anni e sei mesi.
40. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
2. Sul merito
41. Il Governo è del parere che la durata del procedimento al merito non è eccessiva, alla vista in particolare del carattere secondo lui complesso della causa e dei periodi durante cui il procedimento è stato sospeso in attesa della conclusione del procedimento per annullamento del brevetto di invenzione, dal marzo 1995 al dicembre 1998 e dal settembre 1999 al maggio 2000. In quanto al procedimento di esecuzione forzata, considera che non c’è stato nessun periodo di inattività imputabile all’ufficiale giudiziario di giustizia ed ai tribunali.
42. Il richiedente combatte gli argomenti del Governo e, rinviando ai considerando della sentenza del 30 ottobre 2002, afferma che il procedimento non aveva un carattere complesso e che la sua durata è eccessiva.
43. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento del richiedente e quello delle autorità così come la posta della controversia per l’interessato (Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
44. La Corte stima che né il comportamento del richiedente né la complessità addotta della causa non potrebbero spiegare la durata del procedimento in causa. Basta a questo titolo notare che la corte di appello abbia constatato in ultima istanza che la controversia riguardava per l’essenziale solo l’importo della somma dovuta al richiedente dalla società M. ( paragrafo 11 sopra).
45. La Corte considera che, al di là del termine generato da parecchie perizie ordinate dai tribunali per il calcolo di questa somma, la durata in questione è dovuta principalmente alla sospensione del procedimento al merito per l’esame del procedimento di annullamento del brevetto di invenzione ed allo svolgimento del procedimento di esecuzione forzata. In quanto alla sospensione del procedimento da parte del tribunale dipartimentale, pronunciata su richiesta della società M., la Corte ricorda di avere giudicato già che, se appartiene ai giudici incaricati della causa di valutare la necessità di sospendere un procedimento in attesa della conclusione di un altro procedimento, incombe sulle autorità di sorvegliare da vicino lo svolgimento di tale procedimento, sapendo che hanno assunto il rischio di vedere ritardare in modo significativo il procedimento principale (vedere, mutatis mutandis, Ciovica c. Romania, no 3076/02, §§ 74-75, 31 marzo 2009). Ora, nello specifico, nota che non solo il procedimento per annullamento ha ritardato di circa cinque anni il procedimento principale, malgrado i passi intrapresi dal richiedente per denunciare l’atteggiamento dilatorio della società M., ma ancora che i tribunali in causa hanno scatenato per errore un procedimento di scadenza di istanza.
46. Ad ogni modo, il ritardo accumulato dalla sospensione della causa è aumentato all’epoca del procedimento di esecuzione forzata. Basta a questo titolo osservare che il secondo procedimento per contestazione all’esecuzione sia stato prolungato indebitamente a causa di errori di procedimento commessi dai tribunali e che, malgrado l’atteggiamento diligente del richiedente presso l’ufficiale giudiziario di giustizia e dei tribunali per chiarire la situazione dei conti bancari ed altri beni della società M., il procedimento di esecuzione non è ancora stato compiuto con il saldo del credito o con la chiusura del procedimento, per esempio, per insolvenza del debitore.
47. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte stima che il procedimento controverso non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.” Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
48. Il richiedente adduce di avere subito un attentato al diritto al rispetto dei suoi beni a causa dell’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002. Il Governo combatte questa tesi.
49. Avuto riguardo alle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 31 a 37, la Corte considera che anche questo motivo di appello deve essere dichiarato ammissibile, ma che non c’è luogo di deliberare sul merito (vedere, mutatis mutandis, Elena Negulescu c. Romania, no 25111/02, § 51, 1 luglio 2008).
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
50. Il richiedente adduce infine che gli sforzi forniti e lo stress accumulato durante il procedimento costituiscono degli attentati rispettivamente al suo diritto di non compiere dei lavori forzati ed al suo diritto al rispetto della sua vita familiare, ai sensi dell’articolo 4 e dell’articolo 8 della Convenzione. Inoltre, rimprovera alle autorità di avere ignorato il suo diritto di proprietà industriale ed utilizzato illegalmente il suo brevetto, adducendo che hanno recato così offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
51. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna altra apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione o dei suoi Protocolli.
Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e che deve essere respinta, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
52. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
53. Il richiedente richiede per danno patrimoniale un importo totale di 386 445,49 euro (EUR) che corrispondono all’importo del suo credito derivante dalla sentenza del 30 ottobre 2002, appellandosi ad un difetto di esecuzione che sarebbe imputabile alle autorità e ad una durata eccessiva del procedimento. Peraltro, chiede un importo globale di 40 000 EUR per danno morale.
54. Il Governo si oppone al pagamento di una somma per danno patrimoniale, al motivo che si tratta di un credito opponibile ad un debitore privato, e sostiene che l’importo esatto per danno morale è eccessivo.
55. La Corte rileva che l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nello specifico nel fatto che il richiedente non ha goduto delle garanzie dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, avuto riguardo alla durata eccessiva del procedimento ed al fatto che le autorità non hanno preso le misure adeguate e sufficienti per assisterlo in modo effettivo nei suoi passi tesi all’esecuzione della sentenza del 30 ottobre 2002. Non potrebbe speculare certo su ciò che sarebbe stata la conclusione del procedimento di esecuzione nel caso contrario, ma non stima irragionevole pensare che l’interessato abbia subito non solo un danno morale, ma anche una perdita di fortuna reale (vedere, mutatis mutandis, Kocsis, precitata, § 149).
56. Deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 12 000 EUR, ogni danno compreso.
B. Oneri e spese
57. Il richiedente chiede anche 4 402,83 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne, somma costituita per l’essenziale dagli importi attualizzati degli oneri di giustizia concessi dai tribunali interni nel procedimento al merito, della parcella di un importo di 2 000 lei rumeni regolati all’ufficiale giudiziario di giustizia -per cui fornisce un giustificativo- e di altri oneri diversi.
58. Il Governo non si oppone alla concessione per oneri e spese degli importi assegnati dai tribunali interni, ma considera in sostanza che l’interessato potrebbe ricuperare la parcella dell’ufficiale giudiziario di giustizia nel procedimento di esecuzione forzata; in quanto al restante della somma richiesta, la richiesta gli sembra eccessiva e non giustificata.
59. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte stima ragionevole la somma di 700 EUR a titolo degli oneri e delle spese del procedimento nazionale e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
60. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unisce al merito l’eccezione preliminare sollevata dal Governo derivata del non-esaurimento delle vie di ricorso interne e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 relativi alla durata del procedimento ed all’inadempimento della sentenza definitiva del 30 ottobre 2002, ed inammissibile per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione dell’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a ragione della durata eccessiva del procedimento in causa;
5. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare al merito il motivo di appello derivato dall’articolo 1
del Protocollo no 1 relativo all’inadempimento della sentenza del 30 ottobre 2002;
6. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento,:
i. 12 000 EUR (dodicimila euro) ogni danno compreso, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 700 EUR (sette cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
7. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (non-épuisement des voies de recours internes) ; Violations de l’art. 6-1 ; Partiellement irrecevable ; Dommage matériel et préjudice moral – réparation
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE I.D. c. ROUMANIE
(Requête no 3271/04)
ARRÊT
STRASBOURG
23 mars 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire I.D. c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 2 mars 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 3271/04) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. I.D. (« le requérant »), a saisi la Cour le 27 novembre 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »). Le président de la chambre a accédé à la demande de non-divulgation de son identité formulée par le requérant (article 47 § 3 du règlement).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 23 avril 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1950 et réside à Târgu Jiu.
A. Procédure au fond pour obtenir des droits pécuniaires d’auteur
5. Le 6 décembre 1993, le requérant, s’appuyant sur la loi no 64/1991 sur les brevets d’invention, saisit le tribunal d’une action tendant à condamner la société M. à capital majoritaire d’Etat à lui payer 75 millions de lei roumains (ROL) représentant le montant des droits d’auteur que cette société, tout en reconnaissant son droit, refusait de lui verser pour l’invention qu’elle avait utilisée.
6. Après avoir ordonné la réalisation d’une première expertise technique, le tribunal, malgré l’opposition du requérant, accueillit à l’audience du 30 juin 1994 la demande de la société M. tendant à la production d’une deuxième expertise.
7. A l’audience du 16 mars 1995, cette nouvelle expertise fut versée au dossier. A la même date, le tribunal fit droit à la demande de la société M. visant à la suspension de la procédure dans l’attente de l’issue d’une autre procédure en annulation du brevet du requérant. Dans cette
dernière procédure, au cours de laquelle le requérant se plaignit de manœuvres dilatoires de la société M., l’action de cette société fut rejetée pour défaut de fondement par un jugement du 1er octobre 1998, confirmé en dernier ressort le 26 janvier 2000.
8. En 1999, l’Etat vendit la majorité du capital de la société M. à la société MEI.
9. Après le déroulement d’une procédure de péremption d’instance déclenchée par erreur par les tribunaux entre décembre 1998 et mai 1999, le dossier relatif aux droits d’auteur fut remis au rôle le 26 mai 2000, date à laquelle le tribunal départemental de Gorj ordonna, à la demande du requérant, la réalisation d’une expertise visant essentiellement à l’actualisation du montant de la somme due selon les dispositions légales pertinentes.
10. Par un jugement du 6 avril 2001, sur la base de l’expertise précitée, le tribunal départemental fit droit à l’action du requérant et condamna la société M. au paiement à l’intéressé d’environ 15 millions de ROL.
11. Par un arrêt du 3 juin 2002, après avoir ordonné une expertise comptable, la cour d’appel de Craiova fit droit à l’appel interjeté par le requérant. Elle constata qu’avant la procédure en cause la société M. avait reconnu à l’intéressé le droit de se voir payer pour son invention, de sorte que le litige ne concernait que le montant de la somme en question. Sur la base de la dernière expertise, elle condamna la société M. à verser au requérant 3 515 264 188 ROL de droits pour l’utilisation de son brevet et 18 105 000 ROL pour frais et dépens.
12. Par un arrêt définitif du 30 octobre 2002, la Cour suprême de justice rejeta le recours formé par la société M. et confirma l’arrêt précité.
B. Procédures d’exécution forcée de l’arrêt du 30 octobre 2002
13. Après le renvoi du dossier au tribunal départemental de Gorj, le 10 avril 2003, et l’apposition de la formule exécutoire, le tribunal, par un jugement du 12 mai 2003, autorisa la saisie-attribution des comptes bancaires de la société M. L’huissier de justice chargé par l’intéressé de l’exécution forcée de l’arrêt du 30 octobre 2002 saisit, le 14 mai 2003, les comptes de la société M. auprès de cinq banques.
14. Le 16 mai 2003, la société M. saisit, sur la base de motifs similaires, le tribunal de deux procédures, l’une en référé visant au déblocage de ses comptes bancaires saisis et l’autre tendant à la contestation et la suspension de l’exécution forcée. Dans la première procédure, par deux jugements avant dire droit rendus le 16 et le 22 mai 2003, le tribunal départemental, sans citer les parties ni assurer la participation du requérant, s’appuya sur l’article 581 du code de procédure civile, retint les motifs invoqués – à savoir que la société débitrice avait une situation financière précaire, qu’elle employait plusieurs centaines de personnes et que le blocage pouvait mener à des problèmes sociaux –, et débloqua les comptes bancaires saisis. Sur recours du requérant, ces jugements furent jugés contraires à la loi par un arrêt du 30 septembre 2003 de la cour d’appel de Craiova, qui retint que la procédure en référé n’était pas une voie de recours applicable à l’exécution forcée d’un arrêt définitif, mais une contestation à l’exécution, qui avait entre-temps été rejetée (voir ci-dessous).
Dans la seconde procédure, par un jugement définitif avant dire droit du 4 juillet 2003, le tribunal rejeta la contestation à l’exécution engagée par la société débitrice, notant qu’il n’existait pas de motifs d’accueillir la demande de sursis puisque la société débitrice ne contestait aucun acte d’exécution forcée. Entre-temps, la société M. avait clôturé les comptes bancaires débloqués, de sorte que les démarches ultérieures de l’huissier de justice visant à en identifier d’autres pour procéder à une nouvelle saisie-attribution restèrent vaines.
15. Dans une lettre du 23 septembre 2004, l’une des cinq banques en question précisa au requérant qu’à l’époque des procédures de saisie précitées (paragraphe 14 ci-dessus), les comptes bancaires de la société M. faisaient déjà l’objet d’une saisie engagée par les autorités pour des créances fiscales, et que ces créances étaient prioritaires d’après l’article 563 du code de procédure civile.
16. Parallèlement à des accords de paiement échelonné des sommes dues par la société M., conclus entre 2004 et 2006 avec l’assistance de l’huissier de justice, et finalement non respectés par cette société, le requérant saisit les tribunaux le 3 novembre 2003 d’une contestation à l’exécution ; il alléguait que la société tergiversait dans l’exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002 et qu’elle était de mauvaise foi. Il sollicita des renseignements sur les banques dans lesquelles la société M. détenait des comptes, l’annulation de la saisie par les autorités fiscales des biens de la société qui n’avaient pas été encore vendus et, subsidiairement, l’ouverture d’une procédure de faillite. Après deux cassations avec renvoi motivées par des erreurs de procédure, le requérant, à l’audience du 15 mars 2006, informa le tribunal de son souhait de renoncer à la procédure, au motif qu’il avait conclu un nouvel accord de paiement échelonné avec la société M. Par un jugement rendu le même jour, le tribunal rejeta l’action, mais retint en priorité le motif lié au défaut de paiement des droits de timbre dû.
17. Il ressort du dossier qu’en juin 2004 et février 2005 les autorités ont procédé à des saisies sur les biens meubles et immeubles de la société M., fait qu’elles ont confirmé le 10 mai 2005 à l’huissier de justice qui, à la demande du requérant, entendait explorer cette voie d’exécution. Par ailleurs, l’intéressé obtint en 2006 et 2007 le paiement par la société M. d’une somme totale de 30 000 nouveaux lei roumains (RON), soit environ 3,5 % de sa créance actualisée en 2008 par l’huissier de justice à environ 847 811 RON. Enfin, le 27 mai 2008, en réponse à la demande de l’huissier de justice qui souhaitait engager une procédure de faillite, la société M. confirma que tous ses biens demeuraient saisis par les autorités fiscales.
18. Selon les renseignements fournis par les parties, l’exécution forcée de l’arrêt du 30 octobre 2002 par l’huissier de justice est toujours pendante, le dossier d’exécution n’ayant pas été clôturé. Depuis octobre 2009, la société M. fait l’objet d’une procédure de faillite.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
19. En ce qui concerne la non-exécution de décisions définitives rendues dans des litiges entre particuliers, l’essentiel de la réglementation interne pertinente en l’espèce, à savoir des extraits du code de procédure civile et de la loi no 188/2000 sur les huissiers de justice, est décrit dans la décision Topciov c. Roumanie ((déc.), no 17369/02, 15 juin 2006). Les articles 49 et 53 de la loi précitée prévoient que l’exécution forcée et les autres actes d’exécution sont effectués par l’huissier de justice à la demande du créditeur, à moins que la loi n’en dispose autrement, et qu’en cas de refus de l’huissier d’accomplir un acte d’exécution l’intéressé peut saisir les tribunaux.
20. Le code de procédure civile (CPC) contient des dispositions distinctes relatives aux procédures d’exécution forcée portant sur les créances (comptes bancaires et autres) et les biens meubles et immeubles du débiteur. Ces dispositions régissent la saisie, la vente aux enchères et la distribution entre les créanciers des sommes obtenues. L’article 3715 CPC prévoit que l’exécution forcée est réputée terminée : (i) si le titre exécutoire a été intégralement exécuté et que l’huissier de justice a ensuite remis le titre au créditeur ; (ii) si l’exécution ne peut plus être poursuivie en raison du manque de biens saisissables ou de l’impossibilité de monnayer de tels biens ; dans ces deux cas, l’huissier remet au créancier le titre exécutoire, en y faisant mention du motif de sa remise et de la partie de l’obligation qui a été exécutée ; et (iii) si le créancier a renoncé à l’exécution forcée ou si le titre a été annulé.
21. L’article 457 § 2 CPC prévoit que, lors de la saisie d’un compte bancaire, les sommes s’y trouvant sont bloquées dans la limite nécessaire permettant de satisfaire la créance en cause. Depuis la modification du CPC par la loi no 459/2006, l’article 452 § 2 prévoit que le montant nécessaire au paiement des salaires pour six mois ne peut faire l’objet d’une saisie-attribution.
22. Par ailleurs, les articles 581 et 582 CPC relatifs aux procédures en référé prévoient que le tribunal peut ordonner des mesures temporaires pour prévenir un dommage imminent ou sauvegarder un droit menacé par le passage du temps, ou encore pour enlever des obstacles dans l’exécution d’un arrêt. En premier ressort, la procédure peut se dérouler d’urgence, sans la citation des parties, même lorsque la question au fond fait l’objet
d’une procédure pendante. La procédure en recours est contradictoire et doit être jugée d’urgence.
23. L’article 36 de la loi no 85/2006 sur la procédure de liquidation judiciaire, tel que modifié par la loi no 277/2009, prévoit qu’à partir de la date de l’ouverture de la procédure en question toutes les procédures judiciaires ou d’exécution forcée concernant des créances contre le débiteur sont suspendues de droit.
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
24. Le requérant allègue avoir subi une atteinte à son droit d’accès à
un tribunal et à son droit au respect de ses biens en raison des décisions du tribunal départemental de Gorj, qui ont selon lui empêché ou retardé l’exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002 ayant ordonné la saisie des comptes bancaires de la société débitrice. Il se plaint aussi d’une durée excessive de la procédure relative au paiement de ses droits d’auteur. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé dans sa partie pertinente en l’espèce :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
25. Le Gouvernement combat cette thèse.
A. Sur la non-exécution de l’arrêt définitif du 30 octobre 2002
1. Sur la recevabilité
26. Le Gouvernement excipe du non-épuisement par le requérant des voies de recours internes, reprochant à celui-ci de n’avoir pas introduit de contestation à l’exécution (article 399 CPC) ni d’action disciplinaire contre l’huissier de justice (articles 45 et 57 de la loi no 188/2000) pour se plaindre d’un éventuel refus, retard ou négligence de ce dernier dans l’accomplissement d’un acte d’exécution.
27. Le requérant précise que son grief ne concerne pas l’activité de l’huissier de justice, qui a selon lui agi de manière diligente, mais celle des tribunaux internes auxquels il reproche d’avoir rendu inefficaces les recours qu’il a formés en vue de l’exécution forcée.
28. La Cour estime que l’exception du Gouvernement est liée à l’examen du fond du grief du requérant, de sorte qu’il convient de la joindre au fond. Par ailleurs, elle constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et relève qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
2. Sur le fond
29. Le Gouvernement est d’avis que les autorités ont rempli leurs obligations positives, à savoir – s’agissant d’un débiteur privé – assister de manière diligente et raisonnable le requérant dans ses démarches d’exécution forcée. Il note que l’huissier de justice a accompli, à la demande du requérant, de nombreux actes d’exécution visant notamment à la saisie des comptes bancaires de la société M., mais que les tribunaux ont annulé ces actes et que la société a ensuite clôturé ses comptes. Il estime que le requérant aurait pu demander à l’huissier de procéder à la saisie des biens de la société avant leur saisie par les autorités pour des créances budgétaires privilégiées, en juin 2004 et février 2005. Enfin, il note que plusieurs accords ont été conclus entre la société et l’intéressé et que ce dernier a récupéré une partie de la somme due et qu’il a persisté dans la poursuite par l’huissier de la procédure, qui est toujours pendante.
30. Le requérant réitère qu’il se plaint d’un défaut d’assistance des tribunaux internes saisis de l’exécution forcée, notamment dans les procédures dans lesquelles ils ont annulé, de manière illégale selon lui, la saisie des comptes bancaires de la société M. et renvoyé à plusieurs reprises sa demande de contestation à l’exécution (paragraphes 13 et 16 ci-dessus). Quant à la saisie des biens meubles et immeubles, il estime que cette procédure aurait été plus lourde et coûteuse que la procédure de saisie des comptes de la société M., qui, d’après lui, aurait dû être effective au vu des dispositions internes. Il soutient enfin que la société en cause était solvable.
31. Dans la présente affaire, la Cour observe qu’il s’agissait d’exécuter une décision judiciaire enjoignant une obligation de paiement à un particulier, puisque la société M. avait été privatisée avant même que la demande du requérant relative à ses droits patrimoniaux d’auteur ait été jugée en première instance. A cet égard, l’Etat était tenu de mettre à la disposition du requérant un système juridique adéquat et suffisant lui permettant d’obtenir du débiteur le paiement des sommes allouées par l’arrêt définitif du 30 octobre 2002 (voir, mutatis mutandis, Dachar c. France (déc.), no 42338/98, 6 juin 2000, et Topciov, décision précitée).
32. La Cour note d’emblée que l’huissier de justice n’a pas clôturé l’exécution forcée au motif d’une insolvabilité du débiteur, ainsi qu’il avait la possibilité de le faire sur la base de l’article 3715 CPC, que le requérant s’est vu payer une partie de sa créance en 2006-2007, et que la procédure de faillite n’a été ouverte à l’égard de la société M. qu’en octobre 2009. Dès lors, la Cour estime que, malgré certaines difficultés financières que la société débitrice aurait pu éprouver, il n’y a pas d’élément lui permettant de conclure qu’elle était insolvable, avant octobre 2009, ce qui aurait eu pour effet de décharger l’Etat de toute responsabilité pour le défaut de paiement de la créance exécutoire du requérant (voir, a contrario, Ciprova c. République tchèque (déc.), no 33273/03, 22 mars 2005). A cet égard, compte tenu du grief du requérant et de la position des parties qui s’accordent sur le fait que l’huissier de justice a rempli ses obligations, il reste à examiner si les tribunaux internes saisis par l’intéressé ont pris des mesures adéquates et suffisantes en vue d’assurer l’exécution. Il s’ensuit que l’exception du Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours, exception qui concerne l’activité de l’huissier de justice, ne saurait être retenue.
33. La Cour observe qu’aussitôt après l’apposition de la formule exécutoire, le requérant a obtenu, le 12 et le 14 mai 2003, l’autorisation de la saisie-attribution des comptes bancaires de la société M. Toutefois, avant même qu’il puisse se voir payer au moins une partie de sa créance, le tribunal départemental a, le 16 mai 2003, débloqué les comptes bancaires saisis, par une procédure en référé, non contradictoire, au motif que la saisie risquait d’engendrer des problèmes sociaux au sein de la société. La Cour relève non seulement que ces motifs ont été jugés comme dépourvus de pertinence à défaut d’une contestation d’un acte d’exécution par le tribunal compétent pour juger tout incident lié à l’exécution (jugement du 4 juillet 2003), mais surtout que le jugement du 16 mai 2003 a été considéré comme contraire à la loi dans la mesure où la procédure en référé était en soi inapplicable aux procédures d’exécution forcée concernant un arrêt définitif (arrêt du 30 septembre 2003, paragraphe 14 ci-dessus). Il est à noter aussi que, alors que le jugement du 16 mai 2003 a ordonné le déblocage des comptes de la société M. le jour même où celle-ci a saisi le tribunal, plus de quatre mois se sont écoulés avant que ce jugement soit annulé dans un recours qui aurait dû être jugé « d’urgence » (paragraphes 14 et 22 in fine ci-dessus). Entre-temps, la société M. avait vidé et clôturé ses comptes bancaires, rendant vaines les démarches ultérieures du requérant et de l’huissier de justice visant au renouvellement de la procédure de saisie-attribution des comptes de la société.
34. Par ailleurs, la Cour observe que la procédure de contestation à l’exécution engagée le 3 novembre 2003, par laquelle le requérant et l’huissier de justice cherchaient à obtenir des renseignements sur les comptes bancaires utilisés par la société M. et l’annulation de la saisie par les autorités fiscales des biens de la société qui n’avaient pas été encore vendus, a été deux fois renvoyée en première instance pour des erreurs de procédure avant d’être annulée le 15 mars 2006 pour défaut de paiement du droit de timbre dû.
35. Au vu de ce qui précède, la Cour, rappelant qu’il incombe aux autorités compétentes d’agir de manière effective et diligente pour ne pas favoriser les débiteurs à organiser leur insolvabilité (voir, mutatis mutandis, Schrepler c. Roumanie, no 22626/02, § 32 in fine, 15 mars 2007), estime que les tribunaux internes saisis de l’exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002 n’ont pas pris les mesures adéquates et suffisantes pour assister l’intéressé dans ses démarches d’exécution forcée. L’application contraire à la loi d’une procédure en référé à l’exécution forcée et les erreurs de procédure ayant retardé la procédure qui visait à éclaircir la situation des biens de la société M., erreurs dont les autorités portent la responsabilité, ont permis à la société débitrice de clôturer ses comptes bancaires avec, pour effet, une perte de chance réelle pour l’intéressé de récupérer sa créance (voir, mutatis mutandis, Deordiev et Deordiev c. Moldova, no 33276/03, § 32, 16 octobre 2007).
36. Quant à l’argument du Gouvernement selon lequel le requérant aurait pu procéder à la saisie des biens de la société M. avant que les autorités ne le fassent, en juin 2004 et février 2005, la Cour considère qu’on ne saurait – par un examen des faits a posteriori – reprocher au requérant d’avoir commencé ses démarches, avec l’huissier de justice, par la saisine des comptes bancaires, voie qui aurait dû être plus rapide et moins coûteuse. De plus, à l’époque où les procédures judiciaires précitées tendant à la saisie des comptes bancaires se sont révélées ineffectives par leur issue ou par leur durée, les autorités avaient déjà saisi les biens en question.
37. Eu égard à ce qui précède, la Cour considère qu’il y a lieu de rejeter l’exception de non-épuisement des voies de recours internes soulevée par le Gouvernement et de constater que les autorités ont manqué à leurs obligations positives en la matière.
Il y a donc eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
B. Sur la durée de la procédure
1. Sur la recevabilité
38. La Cour estime tout d’abord nécessaire de se prononcer sur la période à prendre en considération. Elle note, dans les observations des parties, que le Gouvernement n’a pas expressément soulevé cette question, traitant successivement de la procédure au fond et de la procédure d’exécution forcée, alors que le requérant a soutenu que la procédure engagée le 6 décembre 1993 est toujours pendante à ce jour au regard de l’article 6 § 1 de la Convention.
39. La Cour observe ensuite que la procédure au fond dans laquelle a été rendu l’arrêt du 30 octobre 2002 a été suivie d’une procédure d’exécution forcée de cet arrêt, procédure qui est toujours pendante selon les renseignements fournis par les parties. Elle rappelle que, selon sa jurisprudence, la procédure n’est réputée terminée que lors de l’exécution complète de la décision en cause ou, le cas échéant, de la clôture de l’exécution pour une autre raison, telle que l’insolvabilité du débiteur, eu égard au fait que – dans les affaires de durée de procédure civile – l’exécution est la seconde phase de la procédure au fond (voir, mutatis mutandis, Cocchiarella c. Italie [GC], no 64886/01, § 88, CEDH 2006-V, et Kocsis c. Roumanie, no 10395/02, § 74, 20 décembre 2007). Il s’ensuit que la procédure d’exécution forcée doit également être prise en compte dans l’examen du caractère raisonnable de la durée d’une procédure (Pinto de Oliveira c. Portugal, no 39297/98, § 26, 8 mars 2001). Si, en raison de sa compétence ratione temporis, la Cour ne peut prendre en considération que la période postérieure à la date d’entrée en vigueur de la Convention pour l’Etat en cause – en l’espèce, le 20 juin 1994 –, elle tiendra néanmoins compte du stade qu’avait atteint la procédure à cette date (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 123, CEDH 2000-XI). Il s’ensuit que la durée de la procédure, prise dans son ensemble, atteint à ce jour environ quinze ans et six mois.
40. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
2. Sur le fond
41. Le Gouvernement est d’avis que la durée de la procédure au fond n’est pas excessive, au vu notamment du caractère selon lui complexe de l’affaire et des périodes pendant lesquelles la procédure a été suspendue dans l’attente de l’issue de la procédure en annulation du brevet d’invention (de mars 1995 à décembre 1998 et de septembre 1999 à mai 2000). Quant à la procédure d’exécution forcée, il considère qu’il n’y a eu aucune période d’inactivité imputable à l’huissier de justice et aux tribunaux.
42. Le requérant combat les arguments du Gouvernement et, renvoyant aux considérants de l’arrêt du 30 octobre 2002, il affirme que la procédure n’avait pas un caractère complexe et que sa durée est excessive.
43. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par sa jurisprudence, en particulier la complexité de l’affaire, le comportement du requérant et celui des autorités ainsi que l’enjeu du litige pour l’intéressé (Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
44. La Cour estime que ni le comportement du requérant ni la complexité alléguée de l’affaire ne sauraient expliquer la durée de la procédure en cause. Il suffit à ce titre de noter que la cour d’appel a constaté en dernier ressort que le litige ne concernait pour l’essentiel que le montant de la somme due au requérant par la société M. (paragraphe 11 ci-dessus).
45. La Cour considère que, au-delà du délai engendré par plusieurs expertises ordonnées par les tribunaux pour le calcul de cette somme, la durée en question est principalement due à la suspension de la procédure au fond pour l’examen de la procédure d’annulation du brevet d’invention et au déroulement de la procédure d’exécution forcée. Quant à la suspension de la procédure par le tribunal départemental, prononcée à la demande de la société M., la Cour rappelle avoir déjà jugé que, s’il appartient aux juges chargés de l’affaire d’apprécier la nécessité de suspendre une procédure dans l’attente de l’issue d’une autre procédure, il incombe aux autorités de surveiller de près le déroulement d’une telle procédure, sachant qu’elles ont pris le risque de voir retarder de manière significative la procédure principale (voir, mutatis mutandis, Ciovica c. Roumanie, no 3076/02,
§§ 74-75, 31 mars 2009). Or, en l’espèce, elle note que non seulement la procédure en annulation a retardé d’environ cinq ans la procédure principale, malgré les démarches entreprises par le requérant pour dénoncer l’attitude dilatoire de la société M., mais encore que les tribunaux en cause ont déclenché par erreur une procédure de péremption d’instance.
46. En tout état de cause, le retard accumulé par la suspension de l’affaire a été augmenté lors de la procédure d’exécution forcée. Il suffit à ce titre d’observer que la deuxième procédure en contestation à l’exécution a été prolongée indûment à cause d’erreurs de procédure commises par les tribunaux et que, malgré l’attitude diligente du requérant auprès de l’huissier de justice et des tribunaux pour éclaircir la situation des comptes bancaires et autres biens de la société M., la procédure d’exécution n’est toujours pas achevée par l’exécution de la créance ou par la clôture de la procédure pour, par exemple, insolvabilité du débiteur.
47. Compte tenu de ce qui précède, la Cour estime que la procédure litigieuse ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable ». Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
48. Le requérant allègue avoir subi une atteinte au droit au respect de ses biens du fait de la non-exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002. Le Gouvernement combat cette thèse.
49. Eu égard à ses conclusions figurant aux paragraphes 31 à 37 ci-dessus, la Cour considère que ce grief doit être également déclaré recevable, mais qu’il n’y a pas lieu de statuer sur le fond (voir, mutatis mutandis, Elena Negulescu c. Roumanie, no 25111/02, § 51, 1er juillet 2008).
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
50. Le requérant allègue enfin que les efforts fournis et le stress accumulé au cours de la procédure constituent des atteintes respectivement à son droit de ne pas accomplir de travaux forcés et à son droit au respect de sa vie familiale, au sens de l’article 4 et de l’article 8 de la Convention. En outre, il reproche aux autorités d’avoir méconnu son droit de propriété industrielle et utilisé illégalement son brevet, alléguant qu’elles ont ainsi porté atteinte à son droit au respect de ses biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
51. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune autre apparence de violation des droits et libertés garantis par les articles de la Convention ou de ses Protocoles.
Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et qu’elle doit être rejetée, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
52. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
53. Le requérant réclame pour préjudice matériel un montant total de 386 445,49 euros (EUR), qui correspond au montant de sa créance découlant de l’arrêt du 30 octobre 2002, en s’appuyant sur un défaut d’exécution qui serait imputable aux autorités et une durée excessive de la procédure. Par ailleurs, il demande un montant global de 40 000 EUR pour préjudice moral.
54. Le Gouvernement s’oppose au paiement d’une somme pour préjudice matériel, au motif qu’il s’agit d’une créance opposable à un débiteur privé, et il soutient que le montant exigé pour préjudice moral est excessif.
55. La Cour relève que la seule base à retenir pour l’octroi d’une satisfaction équitable réside en l’espèce dans le fait que le requérant n’a pas joui des garanties de l’article 6 § 1 de la Convention, eu égard à la durée excessive de la procédure et au fait que les autorités n’ont pas pris les mesures adéquates et suffisantes pour l’assister de manière effective dans ses démarches visant à l’exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002. Elle ne saurait certes spéculer sur ce qu’eût été l’issue de la procédure d’exécution dans le cas contraire, mais elle n’estime pas déraisonnable de penser que l’intéressé a subi non seulement un préjudice moral, mais aussi une perte de chance réelle (voir, mutatis mutandis, Kocsis, précité, § 149).
56. Statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue au requérant 12 000 EUR, tous préjudices confondus.
B. Frais et dépens
57. Le requérant demande également 4 402,83 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes, somme constituée pour l’essentiel des montants actualisés des frais de justice octroyés par les tribunaux internes dans la procédure au fond, des honoraires d’un montant de 2 000 lei roumains réglés à l’huissier de justice – pour lesquels il fournit un justificatif – et d’autres frais divers.
58. Le Gouvernement ne s’oppose pas à l’octroi pour frais et dépens des montants alloués par les tribunaux internes, mais il considère en substance que l’intéressé pourrait récupérer les honoraires de l’huissier de justice dans la procédure d’exécution forcée ; quant au restant de la somme exigée, la demande lui paraît excessive et non justifiée.
59. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des documents en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 700 EUR au titre des frais et dépens de la procédure nationale et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
60. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception préliminaire soulevée par le Gouvernement tirée du non-épuisement des voies de recours internes et la rejette ;
2. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 relatifs à la durée de la procédure et à la non-exécution de l’arrêt définitif du 30 octobre 2002, et irrecevable pour le surplus ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention à raison de la non-exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002 ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention à raison de la durée excessive de la procédure en cause ;
5. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner au fond le grief tiré de l’article 1
du Protocole no 1 relatif à la non-exécution de l’arrêt du 30 octobre 2002 ;
6. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes, à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement :
i. 12 000 EUR (douze mille euros), tous préjudices confondus, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
ii. 700 EUR (sept cents euros) pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
7. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 23 mars 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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