Conclusioni: Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento penale,
PRIMA SEZIONE
CAUSA HUZUNEANU C. ITALIA
( Richiesta no 36043/08)
SENTENZA
STRASBURGO
1 settembre 2016
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Huzuneanu c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
Mirjana Lazarova Trajkovska, presidentessa,
Ledi Bianku,
Guido Raimondi,
Kristina Pardalos,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Ale? Pejchal,
Pauliine Koskelo, giudici,
e di Abele Campos, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 luglio 2016,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36043/08) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino rumeno, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 17 luglio 2008 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e non il suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduce che ? stato condannato in contumacia senza avere avuto l’opportunit? di presentare la sua difesa dinnanzi alle giurisdizioni italiane, in violazione dell’articolo 6 della Convenzione.
4. Il 19 ottobre 2012, la richiesta ? stata comunicata al Governo. Il governo rumeno non si ? avvalso del suo diritto di intervenire nel procedimento, articolo 36 ? 1 della Convenzione.
5. Il Governo ha depositato delle osservazioni sull’ammissibilit? ed il fondo della richiesta. Il richiedente non ha depositato di osservazioni; ha espresso per? il suo desiderio che l’esame della richiesta con la Corte prosegua.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente ? nato nel 1973 e ha risieduto in Romania.
7. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, possono riepilogare come segue.
A. Il procedimento penale
8. Il 21 luglio 2001, il giudice delle investigazioni preliminari di Roma ordin? il collocamento in detenzione provvisoria del richiedente. Questo ultimo era sospettato di omicidio.
9. I tentativi della polizia di trovare il richiedente non essendo arrivati, il 25 luglio 2001, la polizia di Roma redasse un verbale delle “vane ricerche.” In mancanza di avere trovato il richiedente, le autorit? stimarono che questo si era sottrarsi volontariamente alla giustizia e, il 27 luglio 2001, lo dichiararono “in fuga” (latitante).
10. Non essendo riuscito a notificare al richiedente l’invito a designare un difensore della sua scelta, le autorit? nominarono un difensore d’ufficio che fu informato del rinvio in giudizio del suo cliente cos? come della data dei dibattimenti dinnanzi alla corte di basi di Roma. Il richiedente era assente e fu giudicato in contumacia. Suddetto avvocato partecip? ai dibattimenti. Gli atti di procedimento furono notificati unicamente a questo ultimo.
11. Con una sentenza del 15 marzo 2004, la corte di basi di Roma riconobbe il richiedente colpevole e lo condann? a ventotto anni di reclusione.
12. L’avvocato commesso di ufficio fece appello di questa sentenza.
13. Il 13 ottobre 2004, la polizia redasse un nuovo verbale delle “vane ricerche”, in mancanza di avere trovato il richiedente. L’avvocato commesso di ufficio partecip? al procedimento di appello. Il richiedente era assente e fu giudicato in contumacia.
14. Con una sentenza del 17 gennaio 2005, la corte di basi di appello di Roma respinse l’appello.
15. L’avvocato commesso di ufficio si ricorse in cassazione.
16. Con una sentenza del 22 giugno 2005, la Corte di cassazione respinse il ricorso come essendo inammissibile, al motivo che i motivi di appello sollevati cadevano per l’essenziale sulla valutazione dei fatti e degli elementi di prova.
17. Il 23 giugno 2005, il procuratore generale di Roma ordin? l’esecuzione della pena. Un mandato di arresto internazionale fu rilasciato in data del 19 dicembre 2005.
B. Il procedimento che tende ad ottenere un nuovo processo
18. Nell’ottobre 2006, il richiedente fu arrestato in Romania in esecuzione del mandato di arresto internazionale rilasciato dalle autorit? italiane. In seguito, ad una data non precisata, fu estradato in Italia.
19. Il 15 febbraio 2007, il richiedente deposit? una domanda in rialzamento di decadenza per ricorrere contro la sua condanna, avvalendosi dell’articolo 175 del codice di procedimento penale. Arguiva che non si era sottrarsi volontariamente alla giustizia e che in mancanza di notificazione degli atti di procedimento nel suo luogo di residenza in Romania, non aveva potuto prendere cognizione effettiva del procedimento penale sollecitato al suo carico che al momento del suo arresto. Non aveva avuto contatto con l’avvocato commesso di ufficio e mai non aveva rinunciato al suo diritto a comparire.
20. Con una decisione del 12 aprile 2007, la corte di basi di appello di Roma riconobbe che il richiedente non aveva avuto cognizione effettiva (effettiva) del procedimento; quindi non poteva essere considerato siccome essendo sottratto si alla giustizia e come avendo rinunciato ad assistere al processo. Di conseguenza, il richiedente aveva diritto al rialzamento della decadenza. Tuttavia, gli era lecito di fare unicamente un ricorso contro la decisione di seconda istanza, perch? il solo grado che l’avvocato commesso di ufficio non aveva utilizzato era il grado di cassazione.
Peraltro, la corte di basi di appello ordin? la rimessa in libert? del richiedente.
21. Il richiedente si ricorse in cassazione. Riferendosi alla giurisprudenza relativa all’articolo 6 della Convenzione, addusse avere diritto ad un processo sul fondo e non solamente ad un ricorso in cassazione. Del resto, visto che la dichiarazione del 27 luglio 2001 considerandolo in fuga era senza effetto, tutto il procedimento controverso ulteriore era nullo, ivi compreso la decisione resa in appello.
22. Con una sentenza del 13 gennaio 2008, depositato alla cancelleria il 7 febbraio 2008, le sezioni riunite della Corte di cassazione precisarono che un condannato perdeva in contumacia il suo diritto alla riapertura del termine di appello se il difensore della sua scelta o l’avvocato commesso di ufficio avevano, in modo autonomo, addirittura all’insaputa del loro cliente, attaccato la decisione controversa e se la giurisdizione interna competente avesse deciso sul loro ricorso. Le sezioni riunite invocarono i principi dell’unicit? del diritto di attaccare un giudizio e del non bigio in idem; sottolinearono anche che la possibilit? di un doppio appello, un interposto dal difensore, l’altro con l’imputato, cozzava contro l’esigenza del rispetto del “termine ragionevole” quando l’imputato contumace che non ha avuto cognizione del processo, ? stato rappresentato da un avvocato; se questo ultimo ha utilizzato i ricorsi che esistono per attaccare la decisione di condanna, non ? pi? possibile per l’interessato avvalersi dopo scoperta della sua condanna. Di conseguenza, il richiedente fu respinto del suo ricorso.
23. La stessa questione di principio fu sottoposta alla Corte costituzionale nella cornice di un procedimento essendo svolta in contumacia si contro un altro condannato. Con la sentenza no 317 del 4 dicembre 2009, la Corte costituzionale dichiar? 175 ? 2 l’articolo del codice di procedimento penale contrario alla Costituzione, nella misura in cui questa disposizione non permetteva all’imputato non avendo avuto cognizione effettiva del procedimento di riaprire il termine per fare ricorso contro la decisione resa in contumacia quando questo stesso ricorso era stato interposto prima dall’avvocato (vedere sotto paragrafo 31).
24. Appellandosi su suddetta sentenza della Corte costituzionale, il 14 dicembre 2009, il richiedente deposit? una domanda di rialzamento in decadenza.
25. Questa domanda fu respinta il 11 febbraio 2010 dalla corte di basi di Roma, al motivo che il richiedente aveva preso cognizione della sua condanna il 25 gennaio 2007, che il termine di trenta giorni era scaduto e che il richiedente s? avrebbe potuto sollevare un motivo di appello derivato dell’incostituzionalit? della disposizione controversa.
26. Il richiedente si ricorse in cassazione. Con una decisione del 9 febbraio 2011, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNAPERTINENTI
27. Nel caso di un procedimento penale essendo svolto in contumacia si, l’articolo 175 ?? 2 e 3 di lui (CPP) contemplano la possibilit? di introdurre una domanda in estratto di decadenza.
Nella sua formula in vigore prima dell’arresto del richiedente, le parti pertinenti di questa disposizione si leggevano come segue:
“In caso di condanna in contumacia, l’imputato pu? chiedere la riapertura del termine per attaccare il giudizio quando pu? stabilire che non ha avuto una cognizione effettiva [effettiva conoscenza] [del giudizio] (…) [e] purch? nessuno appello sia stato interposto gi? dal suo difensore e che non ci sia stata mancanza da parte sua o, se il giudizio pronunziato ? stato notificato in contumacia al suo avvocato, purch? non abbia negato volontariamente di prendere cognizione degli atti del procedimento.
La domanda di riapertura del termine deve essere introdotta, sotto pena di inammissibilit?, nei dieci giorni che seguono la data alla quale l’imputato ha avuto cognizione [del giudizio]. “
La giurisprudenza interna che fa applicazione di questa disposizione ? descritta nel sentenza Sejdovic c. Italia [GC], no 56581/00, ?? 23-24, CEDH 2006 II.
28. Al momento dell’arresto del richiedente un nuovo testo era in vigore. Difatti, la legge no 60 di 2005, pubblicati alla Gazzetta ufficiale, Gazzetta ufficiale, il 23 aprile 2005, ha modificato l’articolo 175 CPP. Il nuovo paragrafo 2 di questa disposizione ? redatto cos?:
“In caso di condanna il termine per attaccare il giudizio ? riaperto in contumacia, alla domanda dell’imputato, salvo si questo ultimo ha avuto una cognizione effettiva del procedimento [sollecitata al suo carico] o del giudizio [provvedimento] e ha rinunciato volontariamente a comparire o ad attaccare il giudizio. Le autorit? giudiziali compiono ogni verifica necessaria a queste fini. “
La legge no 60 del 2005 ha introdotto inoltre all’articolo 175 CPP un paragrafo 2 bis, cos? redatti,:
“La domanda indicata al paragrafo 2 ? introdotta, sotto pena di inammissibilit?, nei trenta giorni che seguono la data alla quale l’imputato ha avuto una cognizione effettiva del giudizio. In caso di estradizione dall’estero, il termine per fare la domanda cominci a decorrere a partire da dal momento in cui l’imputato si ? concesso [alle autorit? italiane] (…) “
29. L’interpretazione delle nuove disposizioni con la Corte di Cassazione ha sbucato sulla sentenza delle sezioni riunite no 6026 del 13 gennaio 2008, nella presente causa (vedere sopra paragrafo 22).
30. Nella cornice di un altro procedimento, con un’ordinanza del 2 luglio 2008 (no 35555), la prima Sezione della Corte di cassazione ha sottoposto alla Corte costituzionale la questione di sapere se l’interpretazione data dalle sezioni riunite nel causa Huzuneanu era compatibile con la Costituzione, in particolare nell’ipotesi dove l’appello interposto dal difensore d’ufficio faceva in contumacia ostacolo all’estratto della decadenza in favore del condannato no ufficialmente informato dei perseguimenti.
31. Nella sua sentenza no 317 del 4 dicembre 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 175 CPP nella misura in cui la sua interpretazione faceva in contumacia ostacolo all’estratto della decadenza in favore del condannato, non informato dei perseguimenti di cui il difensore aveva utilizzato i rimedi disponibili per attaccare la decisione di condanna precedentemente. Ha indicato in particolare nel suo ragionamento che le garanzie dell’imputato contumace “non potevano essere esaurite” dal comportamento di un avvocato commesso di ufficio che agisce della sua propria iniziativa e senza mandato da parte dell’imputato.
32. Il codice di procedimento penale non contempla la possibilit? di chiedere la revisione del processo penale in seguito ad una sentenza della Corte che conclude alla violazione dell’articolo 6 della Convenzione. Per questo motivo, nella sua sentenza no 113 del 7 aprile 2011, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’articolo 630 del codice di procedimento penale-disposizione che enumera i casi dove ? possibile chiedere la revisione del processo. Dall’effetto di questa sentenza, effetto additivo, l’articolo 630 del codice di procedimento penale ? stato modificato: ? oramai possibile introdurre una domanda in revisione del processo appellandosi su una sentenza della Corte avendo constatato il carattere iniquo del procedimento.
III. RACCOMANDAZIONE No R (2000) 2 Del Comitato Dei Ministri Del Consiglio Di L’europe
33. Nella sua Raccomandazione no R(2000)2 sul riesame o la riapertura di certe cause al livello interna seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, il Comitato dei ministri del Consiglio dell’Europa ha incoraggiato “le Parti contraenti ad esaminare i loro sistemi giuridici nazionali in vista di assicurarsi che esistono delle possibilit? adeguate per il riesame di una causa, ivi compreso la riapertura di un procedimento, nei casi dove la Corte ha constatato una violazione della Convenzione, in particolare quando: i, la parte lesa continua di soffrire delle conseguenze negative molto gravi in seguito alla decisione nazionale, conseguenze che non possono essere compensate dalla soddisfazione equa e che non possono essere modificate che col riesame o la riapertura, ed ii, risulta dalla sentenza della Corte che ha, la decisione interna attaccata ? contraria sul fondo alla Convenzione, o b, la violazione constatata ? causata dagli errori o mancamenti di procedimento di una gravit? come un dubbio serio ? gettato sul risultato del procedimento interno attaccato.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
34. Il richiedente, condannato in contumacia, si lamenta dell’impossibilit? di ottenere la riapertura del processo dinnanzi alle giurisdizioni italiane e di presentare la sua difesa dinnanzi a queste. Invoca l’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, ? formulato cos?:
“1. Ogni persona ha diritto affinch? la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che decider? della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. (…)
2. Ogni persona accusata di una violazione ? presunta innocente finch? la sua colpevolezza sia stata stabilita legalmente.
3. Tutto imputato ha in particolare diritto a:
ha, essere informato, nel pi? corto termine, in una lingua che comprende e di un modo dettagliato, della natura e della causa dell’accusa portata contro lui,;
b, disporre del tempo e delle facilit? necessarie alla preparazione della sua difesa,;
c, difendersi s? o avere l’assistenza di un difensore della sua scelta e, se non ha i mezzi di rimunerare un difensore, potere essere assistito gratuitamente da un difensore d’ufficio, quando gli interessi della giustizia l’esigono;
d, interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’interrogazione dei testimoni a scarica nelle stesse condizioni che i testimoni a carico;
e, farsi assistere gratuitamente di un interprete, se non comprende o non parlare la lingua adoperata all’udienza. “
35. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilit?
36. La Corte constata che la richiesta non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 ha, della Convenzione e che non cozza peraltro contro nessuno altro motivo di inammissibilit?. La dichiara ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
37. Il richiedente ha esposto i suoi argomenti nel formulario di richiesta, paragrafo 5 sopra. Sottolinea che le giurisdizioni nazionali hanno riconosciuto che non si era sottrarsi alla giustizia e che non aveva rinunciato alla facolt? di comparire. Adduce la violazione del suo diritto ad un processo equo al motivo che non ? stato informato delle accuse portate contro lui e che non ? stato in grado di difendersi partecipando al procedimento. Sostiene che la difesa garantita dall’avvocato commesso di ufficio non saprebbe passare come adeguata visto che questo non ha, entra altri, non chiesti l’applicazione del procedimento abbreviato, ci? che avrebbe potuto provocare una riduzione della pena di nove anni. Peraltro, il richiedente non sapeva che era rappresentato da questo avvocato, ed egli non ha potuto incaricare un avvocato della sua scelta.
38. Il Governo osserva innanzitutto che se le sentenze della Corte costituzionale sono efficaci ex tunc, non possono avere tuttavia un impatto su delle situazioni che sono gi? definitive. Poi, rinvia al ragionamento seguito dalla Corte di cassazione nel caso di specifico. A questo riguardo, ricorda che le sezioni riunite hanno invocato i principi dell’unicit? del diritto di attaccare un giudizio e del non bigio in idem e l’esigenza del rispetto del “termine ragionevole” quando l’imputato contumace che non ha avuto cognizione del processo, ? stato rappresentato da un avvocato. Inoltre, il richiedente avrebbe potuto chiedere alle giurisdizioni penali di investire la Corte costituzionale.
2. Valutazione della Corte
a) Principi pertinenti
39. La Corte rinvia in materia per i principi pertinenti al sentenza Sejdovic c. Italia [GC] (no 56581/00) ?? 81-95, CEDH 2006-II, ed alla giurisprudenza che ? citata.
b, Applicazione nello specifico
40. La Corte nota che il 21 luglio 2001, il giudice delle investigazioni preliminari di Roma ha ordinato il collocamento in detenzione del richiedente. Dato che l’interessato era diventato introvabile, ? stato dichiarato in fuga il 27 luglio 2001. Un difensore d’ufficio ? stato nominato per rappresentare il richiedente e gli atti di procedimento, ivi compreso la sentenza di condanna, furono notificati a questo avvocato.
41. Le giurisdizioni nazionali hanno stabilito che il richiedente non ha rinunciato al suo diritto di comparire e che non ? stato informato delle accuse portate al suo carico. Questi elementi risultano della decisione della corte di basi di appello di Roma del 12 aprile 2007 che aveva accordato al richiedente la possibilit? di ricorrersi in cassazione contro la sua condanna.
42. Il Governo non contesta che il richiedente ? stato giudicato in contumacia e che prima del suo arresto, non aveva ricevuto nessuna informazione ufficiale in quanto alle accuse o in quanto alla data del suo processo.
43. Per la Corte, ? stabilito quindi che il richiedente non ha avuto cognizione effettiva del processo. Niente nella pratica permette peraltro di concludere che si era sottrarsi alla giustizia o che aveva rinunciato in modo non equivoco alla facolt? di partecipare al processo.
44. La Corte ricorda che se un procedimento che si svolge nella mancanza dell’imputato non ? in si incompatibile con l’articolo 6 della Convenzione, rimane tuttavia che un diniego di giustizia ? costituito quando un individuo condannato in absentia non pu? ottenere ulteriormente che una giurisdizione deliberi di nuovo, dopo l’avere inteso, sulla fondatezza dell’accusa fa ne come in diritto, mentre non ? stabilito che ha rinunciato al suo diritto di comparire e di difendersi, Colozza c. Italia, 12 febbraio 1985, ? 29, serie Ha no 89; Einhorn c. Francia, d?c.), no 71555/01, ? 33, CEDH 2001 XI; Krombach c. Francia, no 29731/96, ? 85, CEDH 2001-II, e Somogyi c. Italia, no 67972/01, ? 66, CEDH 2004-IV, o che ha avuto l’intenzione di sottrarsisi alla giustizia, Medenica c. Svizzera, no 20491/92, ? 55, CEDH 2001-VI, e Sejdovic, precitato, ? 82.
45. ? vero che un imputato pu? rinunciare ai diritti della difesa. Tuttavia, un imputato non ne perde l’utile del solo fatto della sua mancanza ai dibattimenti. ? di un’importanza cruciale per l’equit? del sistema penale che l’imputato sia difeso tanto in modo adeguata in prima istanza difatti che in appello.
46. Nello specifico, il richiedente ha introdotto un ricorso dinnanzi alla Corte di cassazione dopo avere ottenuto, in applicazione della legislazione pertinente, la riapertura dei termini. Con la sentenza del 7 febbraio 2008, la Corte di cassazione ha stimato che il richiedente non poteva beneficiare della riapertura del processo e ci partecipare per presentare la sua difesa, dato che l’avvocato commesso di ufficio aveva esaurito gi? i ricorsi disponibili. Questa interpretazione della legge ha messo il richiedente nell’impossibilit? di contestare la sua condanna e di essere presente al processo egli concernente.
47. Di conseguenza, la questione che si porsi nello specifico ? quella di sapere se la difesa con un difensore d’ufficio ha costituito una garanzia sufficiente contro il rischio di processo iniquo.
A questo riguardo, la Corte rileva che la Corte costituzionale si ? pronunciata sulla questione e ha concluso che un sistema che permette di privare un imputato della possibilit? di fare appello della sua condanna, al solo motivo che l’avvocato commesso di ufficio aveva intentato i ricorsi-all’insaputa di questo stesso imputato poneva problema. Ha stimato in particolare che era incompatibile con la Costituzione italiana di privilegiare dei principi come quello della no-duplicazione di un processo allo scapito delle garanzie dell’imputato.
48. La Corte stima che i diritti della difesa di un imputato-non essendo sottratto si alla giustizia e non avendo rinunciato senza equivoco alle sue garanzie procedurali-non saprebbero essere ridotti al punto di renderli inoperanti sotto pretesto di garantire altri diritti fondamentali del processo, come il diritto al “termine ragionevole” o quello del “non bigio in idem”, o, a fortiori, per le preoccupazioni legate al carico di lavoro dei tribunali. Difatti, la comparizione di un imputato riveste un’importanza capitale in ragione tanta il diritto di questo ad essere sentito che la necessit? di controllare l’esattezza delle sue affermazioni e di confrontarli con gli argomenti della vittima di cui c’? luogo di proteggere gli interessi, cos? come dei testimoni.
49. Nello specifico, il richiedente non ha avuto la possibilit? di una nuova decisione sulla fondatezza dell’accusa fa ne come in diritto, malgrado il fatto che la sua mancanza al processo non gli era imputabile.
50. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che ci sia stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
51. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
Danno
52. Il richiedente non ha presentato di domande di soddisfazione equa conformemente all’articolo 60 dell’Ordinamento, paragrafo 5 sopra.
53. La Corte stima di conseguenza che non c’? luogo di concedere egli di somma a questo titolo, Antonio Messina c. Italia, no 39824/07, ? 67, 24 marzo 2015.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’? luogo di assegnare una somma a titolo di soddisfazione equa nello specifico.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 1 settembre 2016, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento della Corte.
Abele Campos Mirjana Lazarova Trajkovska
Cancelliere Presidentessa