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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE HAMIDOVIC c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 08
Numero: 31956/05/2012
Stato: Italia
Data: 2012-12-04 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare – Rispetto della vita privata,

SECONDA SEZIONE

CAUSA HAMIDOVIC C. ITALIA

( Richiesta no 31956/05)

SENTENZA

STRASBURGO

4 dicembre 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Hamidovic c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Kellergiudici e
dai Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 13 settembre 2011 e 13 novembre 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 31956/05) diretta contro la Repubblica italiana e in cui una cittadina della Bosnia-Erzegovina, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 2 settembre 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduceva la violazione degli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 34 della Convenzione in ragione della sua espulsione dal territorio italiano.
4. Il 5 aprile 2007, la Corte ha invitato il governo della Bosnia-Erzegovina a presentare, se lo desiderava, delle osservazioni scritte su questa causa in virtù dell’articolo 36 § 1 della Convenzione. Il governo della Bosnia-Erzegovina non ha dato seguito a questa domanda.
5. Con una decisione del 13 settembre 2011, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
1. La situazione familiare del richiedente
6. Il richiedente è nato nel 1975 e risiede a Roma. Cittadina della Bosnia-Erzegovina di origine rom, si sposò a Roma nel 1991. Cinque bambini nacquero da questa unione, rispettivamente nel 1992, 1993, 1995, 2001 e 2002. L’insieme della famiglia è ubicato nel campo per nomadi “Castel Romano”, a Roma.
7. La pratica fa apparire un’iscrizione dei primi tre bambini alla scuola per gli anni scolastici 1999-2000 e 2002-2003. Secondo le pagelle, la loro frequentazione della scuola era discontinua.
8. Lo sposo del richiedente, anche cittadino della Bosnia-Erzegovina di origine rom, è adoperato in una cooperativa. Secondo le informazione fornite dal Governo il 24 giugno 2011, questo è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato ad una data attualmente non precisata e valido fino al 11 luglio 2013. Durante gli anni di residenza in Italia, il permesso di soggiorno dello sposo della richiedenteè scaduto e è stato rinnovato a più riprese.
2. Il soggiorno della richiedente in Italia ed il procedimento di espulsione di cui è stata oggetto
9. Il 13 gennaio 1996, il richiedente ottenne un permesso di soggiorno in quanto cittadina dell’ex-Iugoslavia per motivi straordinari di carattere umanitario. Questo permesso fu revocato il 9 ottobre 1997 per le ragioni che non sono conosciute.
10. Il 19 agosto 1998, il richiedente chiese presso il rinnovo del suo permesso della questura di Roma. Con una decisione del 18 maggio 1999, questa domanda fu respinta al motivo che il richiedente aveva commesso dei reati penali.
11. Il 24 settembre 2002, il consolato generale della Bosnia-Erzegovina a Milano rilasciò al richiedente un passaporto valido fino al 24 settembre 2007.
12. In seguito ad un controllo dei documenti di identità della richiedente effettuato ad Alba Adriatica (Teramo), con un’ordinanza del 20 luglio 2005, il prefetto di Teramo ordinò lo espulsione di questa ultima al motivo che risiedeva irregolarmente sul territorio italiano. Il richiedente fu posto nel centro di ritenzione temporanea di Puntatore Galeria, a Roma, dunque.
13. Il 2 agosto 2005, il richiedente attaccò questa decisione dinnanzi al giudice conciliatore di Teramo. Invocò, entra altri, il suo diritto al rispetto della vita familiare, come protetto con l’articolo 8 della Convenzione.
14. Il 24 agosto 2005, il giudice conciliatore respinse questa domanda, considerando che l’ordinanza controversa era stata adottata conformemente alla legge. Rilevò di prima che il permesso di soggiorno della richiedente era stato revocato il 9 ottobre 1997 e che il suo rinnovo non era stato chiesto nei sessanta giorni previsti dall’articolo 13, capoverso 2 b, della decreto-legge no 286 del 25 luglio 1998 (“la decreto-legge no 286/98”; vedere “Diritto interno pertinente” la parte). Sottolineò anche che il richiedente era stato già oggetto di un’ordinanza di espulsione il 9 ottobre 1991 così come di numerosi procedimenti penali.
15. In quanto alla necessità di mantenere l’unità familiare, il giudice rilevò che il permesso di soggiorno del marito della richiedente era scaduto nel 2004 che nessuna prova di scolarizzazione dei bambini della coppia né di inserzione sociale della famiglia non era stata fornita e che, il diritto di mantenere l’unità familiare era riconosciuto comunque, solamente agli estero titolari di un permesso di soggiorno regolare, secondo l’articolo 28 della decreto-legge no 286/98.
16. Il giudice rilevò infine che, secondo l’articolo 19 della stessa decreto-legge, i minore hanno la possibilità di seguire il genitore espulso e che il tribunale per bambini ha il potere di autorizzare l’entrata o il soggiorno del membro della famiglia espulsa per un periodo di tempo dato. Del parere del giudice, questo sistema permetterebbe di conciliare l’esigenza del rispetto dell’unità familiare pure evitando che la presenza di minore impedisce l’applicazione della legislazione che mira a proteggere l’integrità delle frontiere.
3. Le informazione che risultano dal casellario giudiziario del richiedente
17. Tra 1985 (epoca in cui aveva dieci anni) e 1990, la polizia di Roma arrestò il richiedente a quattro riprese per volo aggravato e volo alla derivo.
18. Informato dei mesi di aprile e di agosto 1995, il richiedente fu fermato dalla polizia a due riprese per mendicità. Dei procedimenti penali furono iniziati; si conclusero con due decisioni di archiviazione senza seguito.
19. Nel 2003, il richiedente fu fermato dalla polizia per mendicità con utilizzazione di minore -nello specifico, i suoi bambini-vecchi dei nove mesi e dieci anni all’epoca. Con un giudizio del 24 novembre 2003, il tribunale di Rimini condannò il richiedente ad un mese e quindici giorni di reclusione. Questa pena fu sostituita poi da una multa di 1 710 euro (EUR).
20. Il reato di cui è questione, prevista dall’articolo 671 del codice penale, fu depenalizzato poi dalla legge no 94 del 15 luglio 2009.
4. Lo espulsione della richiedente e l’applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte
21. All’epoca dell’introduzione della presente richiesta con téléfax, il venerdì 2 settembre 2005 a 11 h 33, il richiedente chiese l’applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte, adducendo che il suo eventuale espulsione avrebbe provocato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, in quanto alla sua vita privata e familiare.
22. Il giorno stesso, la Corte decise di fare diritto a questa domanda; un téléfax fu mandato così, a 18 h 36, alla rappresentanza permanente dell’Italia presso del Consiglio dell’Europa. Con un téléfax del 6 settembre 2005, il rappresentante della richiedente indicò alla cancelleria della Corte avere informato da téléfax, il 5 settembre 2005 a 13 h 08, il centro di ritenzione di Roma- Ponte Galeria, dove la richiedente era detenuta, che l’articolo 39 dell’ordinamento era stato applicato. La mattina del 6 settembre 2005, però, il richiedente fu accompagnato all’aeroporto e fu imbarcato su un volo che parte alle 10 per Sarajevo.
23. Il 8 settembre 2005, il richiedente introdusse una domanda di autorizzazione speciale dinnanzi al ministero dell’interno per spettare in Italia, articolo 13, capoverso 13, della decreto-legge no 286/98.
24. Con una lettera del 16 settembre 2005, il ministero dell’interno invitò il ministero delle Cause estere a mettere in posto le misure necessarie per riammettere il richiedente in Italia.
25. Il 12 gennaio 2006, il ministero dell’interno chiese al consiglio della richiedente l’indirizzo in Bosnia-Erzegovina di questa ultima. Il 16 seguente gennaio, il consiglio comunicò non essere ne misura di fornire questa informazione.
26. Il 5 giugno 2006, l’ufficio dell’immigrazione del commissariato di polizia di Roma trasmise all’ambasciata dall’Italia a Sarajevo il suo parere favorevole al ritorno della richiedente in Italia. L’ambasciata convocò dunque a più riprese il richiedente per rilasciare egli un visto di entrata, tuttavia senza successo. Il richiedente si presentò infine all’ambasciata il 18 ottobre 2006.
27. Secondo le informazione fornite dal consiglio del richiedente, il 9 novembre 2006, questa spettò in Italia, munita di un permesso di entrata sul territorio fornito dall’ambasciata dall’Italia a Sarajevo.
28. Il 12 marzo 2007, il decreto di espulsione di cui il richiedente aveva fatto l’oggetto fu revocato.
29. Ad una data non precisata dopo il ritorno della richiedente in Italia, il ministero dell’interno rilasciò a questa un permesso di soggiorno valido fino al 14 dicembre 2013.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
30. Il decreto-legge, decreto legislativo, no 286/98 (“Testo unico delle disposizioni concernente la regolamentazione dell’immigrazione e le norme sullo statuto degli estero”), come modificato dalle leggi nostri 271 di 2004 e 155 del 2005, disponi tra altri:
Articolo 5
“L’estero che è restato sul territorio dello stato mentre il suo permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e che il suo rinnovo non è stato chiesto, è oggetto di una misura di espulsione che contiene l’ordine di lasciare il territorio dello stato entro quindici giorni. Quando, secondo il prefetto, esiste un rischio di sottrazione all’esecuzione della misura di espulsione, il commissario di polizia (questore) ordini la proseguita immediata dell’estero alla frontiera. “
Articolo 13
“1. Per le ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dello stato, il ministro degli Interni può ordinare lo espulsione dell’estero anche se questo non è residente sul territorio dello stato, informando a priori il presidente del Consiglio dei ministri ed il ministro delle Cause estere.
2. Il prefetto ordina lo espulsione quando lo straniero:
a) è ritornato sul territorio dello stato sottraendosi ai controlli di frontiera ;
b) è restato sul territorio dello stato senza avere chiesto di permesso di soggiorno nel termine assegnato, salvo se il ritardo è con la forza imputabile alle ragioni maggiori, o [si è mantenuto] mentre il permesso è stato revocato o annullato o che è scaduto da più di sessanta giorni e che il suo rinnovo non è stato chiesto. (…)
8. Contro il decreto di espulsione, l’estero può presentare unicamente un ricorso dinnanzi al giudice conciliatore del luogo dove l’autorità che ha ordinato lo espulsione ha la sua sede. Il termine è di sessanta giorni a partire dalla data della misura di espulsione. Il giudice conciliatore fa diritto alla domanda, o la respingo, con una decisione presa nei venti giorni a partire dal deposito del ricorso. Il ricorso in questione può essere firmato personalmente e può essere presentato tramite la rappresentanza diplomatica o consolare italiana del paese di destinazione. (…)
13. L’estero espulso non può ritornare sul territorio dallo stato senza un’autorizzazione speciale del ministro degli Interni. In caso di violazione di questa disposizione, l’estero è punito di uno a quattro anni di reclusione e è espulso di nuovo con proseguita immediata alla frontiera. “
Articolo 19
“1. In nessun caso, lo espulsione o la repressione dell’estero non può essere ordinata verso un Stato in che questo può essere oggetto di persecuzioni in ragione della sua razza, del suo sesso, della sua lingua, della sua nazionalità, della sua religione, dei suoi opinioni politici, della sua condizione personale o sociale o se rischia di essere rinviato verso un altro Stato in che non è protetto delle persecuzioni.
2. Salvo nei casi contemplati all’articolo 13, capoverso 1, l’ espulsione non sono ammessi nei confronti:
a) degli stranieri minorenni, salvo nel caso dove si tratta di seguire il genitore o i tutore espulsi;
b) degli stranieri titolari di un permesso di soggiorno ;
c) degli stranieri che coabitano con la famiglia fino al quarto grado di parentela o con un coniuge quando le persone in questione sono di nazionalità italiana;
d) delle mogli incinte o aventi un bambino di meno di sei mesi. “
Articolo 28
“1. Il diritto di mantenere o di stabilire l’unità familiare rispetto ai membri dei famiglia estero è riconosciuto, sotto le condizioni previste dal presente testo unico, agli estero titolari di una carta di soggiorno o di un permesso di soggiorno di una durata non inferiore ad un anno rilasciato per ragioni di lavoro, di asilo, di studi o per i motivi religiosi. (…) “
Articolo 29
“1. Lo straniero può chiedere il raggruppamento familiare per i membri della sua famiglia sotto citata:
a), il coniuge non separato; (…)
4. Lo straniero titolare di un permesso di soggiorno può essere raggiunto dai membri della sua famiglia nella cornice del raggruppamento familiare. “
Articolo 31
“Per le ragioni gravi, tenendo allo sviluppo psychophysique ed alle condizioni di salute del minore che risiede sul territorio italiano, il tribunale per bambini può autorizzare l’entrata o il soggiorno di una persona della famiglia per un periodo di tempo determinato, anche derogando alle disposizioni del presente decreto. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE
31. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente adduce che l’esecuzione della decisione di espellerlo verso la Bosnia-Erzegovina ha provocato la violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare perché è stata obbligata a lasciare suo marito ed i suoi bambini risiedendo in Italia. Questo articolo è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. La posizione delle parti
32. Il Governo osserva che il richiedente ha fondato una famiglia durante la sua clandestinità in Italia e che non ha fornito nessuna prova in quanto alla scolarizzazione dei suoi bambini ed all’inserzione sociale della sua famiglia.
33. Sostiene anche che l’ espulsione della richiedente è stata ordinata sulla base dell’articolo 5 della decreto-legge no 286/98, questa essendo privato di un permesso di soggiorno durante validità, e che nessuna delle ragioni previste dagli articoli 13 capoverso 2 b) (forza maggiore), e 19 di suddetto decreto non faceva ostacolo a questo espulsione.
34. Il richiedente espone avere dei legami familiari solidi in Italia, a sapere suo sposo ed i suoi cinque bambini. Indica risiedere anche in Italia dal 1988 ed essere stato titolare di un permesso di soggiorno per un corto periodo negli anni 90.
35. Il richiedente sostiene anche che la decisione di espellere l’era privata di fondamento poiché, conformemente all’articolo 29 della decreto-legge no 286/98, avrebbe potuto ottenere il raggruppamento familiare.
B. La valutazione della Corte
1. I principi generali
36. La Corte ricorda a titolo preliminare che la Convenzione non garantisce, in quanto tale, il diritto di entrare o di risiedere sul territorio di un Stato di cui si non è cittadino, e che gli Stati contraenti hanno il diritto di controllare, in virtù di un principio di diritto internazionale bene invalso, l’entrata, il soggiorno e l’allontanamento dei no-nazionali (vedere, tra molto altri, El Boujaïdi c. Francia, 26 settembre 1997, § 39, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VI; Baghli c. Francia, no 34374/97, § 45, CEDH 1999-VIII, e Boultif c. Svizzera, no 54273/00, § 39, CEDH 2001-IX.
37. Però, le decisioni prese dagli Stati in materia di immigrazione possono, in certi casi, costituire un’ingerenza nell’esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare protetta con l’articolo 8 § 1 della Convenzione, in particolare quando gli interessati possiedono, nello stato di accoglimento, dei legami personali o familiari sufficientemente forti che rischiano di essere lesi gravemente in caso di applicazione di una misura di allontanamento. Uguale ingerenza infrange l’articolo 8, salvo si, “previsto dalla legge”, insegue uno o parecchi scopi legittimi allo sguardo del secondo paragrafo di suddetto articolo ed appare “necessario in una società democratica” per l’attentato, Moustaquim c. Belgio, 18 febbraio 1991, § 36, serie Ha no 193; Dalia c. Francia, 19 febbraio 1998, § 52, Raccolta 1998-I; Amrollahi c. Danimarca, no 56811/00, § 33, 11 luglio 2002; Kaftaïlova c. Lettonia, no 59643/00, 22 giugno 2006 e Nada c. Svizzera [GC], no 10593/08, § 167, 12 settembre 2012.
38. La Corte rileva anche che l’articolo 8 non porta un obbligo generale per un Stato di rispettare la scelta con gli immigranti del loro paese di residenza e di autorizzare il raggruppamento familiare sul territorio di questo paese. Ciò dice, in una causa che riguarda anche bene la vita familiare che l’immigrazione, la superficie degli obblighi per lo stato di ammettere sul suo territorio dei prossimo di persone che risiedono vario in funzione della situazione particolare delle persone riguardate e dell’interesse generale, Gül c. Svizzera, 19 febbraio 1996, § 38, Raccolta 1996-I, Rodrigues da Silva e Hoogkamer c. Paesi Bassi, no 50435/99, § 39, CEDH 2006-I.
2. L’applicazione dei principi suddetti nel caso di specie
a) Il diritto al rispetto della vita privata e familiare della richiedente
39. Nel caso di specifico, nessuno può dubitare che il richiedente abbia tessuto in Italia dei legami solidi. Risulta della pratica che il richiedente risiede in Italia dal 1985, momento dove fu arrestata per la prima volta, o dall’età di dieci anni. Tenuto conto del lasso di tempo considerevole durante che il richiedente ha vissuto sul territorio italiano, non suscita controversia che il richiedente ha annodato delle relazioni personali, sociali ed economiche che sono costitutive della vita privata di ogni essere umano (Kaftaïlova, precitata, §§ 63 e 67.
40. La Corte considera inoltre che l’esistenza di una vita familiare della richiedente è stabilita anche: questa ultima si è sposata in Italia nel 1991, cinque bambini sono nati di questa unione e tutta la famiglia risiede da allora in Italia (vedere, mutatis mutandis, C. c. Belgio, 7 agosto 1996, § 34, in fine, Raccolta 1996-III,.
b) L’esistenza di un’ingerenza, di una base legale e di uno scopo legittimo,
41. La Corte rileva che la misura di espulsione di cui il richiedente ha fatto l’oggetto ha costituito un’ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Questa misura era prevista dalla legge, a sapere, la decreto-legge no 286 del 25 luglio 1998, ed inseguiva un scopo legittimo che consiste nella sicurezza pubblica e la difesa dell’ordine.
c) La proporzionalità della misura controversa con lo scopo perseguito
42. La Corte si riferisce ai criteri stabiliti dalla sua giurisprudenza sul rispetto degli obblighi che derivano dell’articolo 8 della Convenzione in materia di interdizione del territorio in seguito ad una condanna penale (Boultif, precitata, § 48, e Üner c. Paesi Bassi [GC], no 46410/99, §§ 57-58, CEDH 2006-XII, e di rispetto della legislazione sull’immigrazione (vedere, tra molto altri, Rodrigues da Silva e Hoogkamer, precitata, § 39, e cioè:
-la natura e la gravità del reato commesso;
-la durata del soggiorno dell’interessato nel paese di cui deve essere espulso;
-la sua situazione familiare (all’occorrenza, la durata del suo matrimonio,;
-la nascita eventuale di bambini del matrimonio, la loro età,;
-la superficie dei legami che le persone riguardate hanno con lo stato contraente ne causa;
-la questione di sapere se esiste o no degli ostacoli insormontabili a questo che la famiglia viva nel paese di origine;
-e la questione di sapere se la vita familiare in causa si è sviluppata ad un’epoca dove le persone riguardate sapevano che la situazione di una di esse allo sguardo delle regole di immigrazione era come era immediatamente chiaro che il mantenimento di questa vita familiare in seno allo stato ospite avrebbe rivestito al primo colpo un carattere precario.
43. Girandosi verso il caso di specifico, la Corte rileva innanzitutto che il richiedente è stato condannato una volta per mendicità con utilizzazione di minore ad una pena di reclusione e che questa pena è stata sostituita da una multa in seguito. Nota sebbene l’articolo 671 del codice penale, previdente il reato controverso, è stato abrogato dalla legge no 94 del 15 luglio 2009. La Corte stima che questa violazione non è di natura tale da essere qualificata di “grave” al senso della giurisprudenza della Corte (Kaftaïlova, precitata, § 68; Ezzouhdi c. Francia, no 47160/99, § 34, 13 febbraio 2001, e, mutatis mutandis, El Boujaïdi, precitata, § 41. La Corte nota per di più che i procedimenti penali iniziati contro il richiedente in seguito alla sua apprensione nel 1995 per mendicità sono stati archiviati senza seguito (vedere sopra paragrafo 18).
44. In quanto all’esistenza di legami familiari, la Corte nota di nuovo che il richiedente, residente in Italia dall’età di dieci anni, si è sposata in questo paese e che cinque bambini sono nati di questa unione. Ad ogni modo, anche concedendo che il richiedente non ha fornito la prova di una scolarizzazione continua ed effettiva dei suoi bambini, la Corte rileva che l’insieme della famiglia ha vissuto a tutt’oggi senza interruzione in Italia: la possibilità per tutta la famiglia di stabilirsi in Bosnia-Erzegovina per raggiungere lì il richiedente è poco realistica dunque, i bambini che non hanno nessuno legame in questo paese.
45. La Corte non perde di vista che il richiedente risiedeva in modo irregolare in Italia nel momento in cui è stata colpita dall’ordinanza di espulsione e che non poteva ignorare la precarietà che ne derivava (Dalia, precitata, § 54; Useinov c. Paesi Bassi, déc.), no 61292/00, 11 aprile 2006; Syssoyeva ed altri c. Lettonia (radiazione) [GC], no 60654/00, § 94, CEDH 2007-I, e, mutatis mutandis, Mawaka c. Paesi Bassi, no 29031/04, § 61, 1 giugno 2010. Non ne rimane meno della richiedenteha ottenuto un permesso di soggiorno durante un corto periodo in 1996-1997 e che, secondo le informazione ricevute dal governo convenuto, è titolare di un permesso di soggiorno valido fino al 14 dicembre 2013 ora. La Corte stima dunque che il richiedente non era in una situazione dove non poteva aspettarsi mai ragionevolmente di potere continuare la sua vita familiare nel paese ospite, Rodrigues da Silva e Hoogkamer, precitata, § 43, e Solomon c. Paesi Bassi, déc.) no 44328/95, 5 settembre 2000.
46. Chi è più, la Corte constata che, in dispetto dell’applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte, il richiedente è stato espulso del territorio italiano e così lontana della sua famiglia durante circa un anno e due mesi, dal 6 settembre 2005 al 9 novembre 2006.
47. Alla luce dell’insieme di questi elementi, la Corte stima che la misura controversa non è stata proporzionata all’obiettivo perseguito. C’è stata dunque violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
48. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
49. La richiedente chiede 50 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito.
50. Il Governo contesta queste pretese.
51. La Corte considera che c’è luogo di concedere alla richiedente 15 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
52. Riferendosi al “danno patrimoniale” che avrebbe subito, il richiedente chiede anche 10 504,49 EUR per gli oneri e spese dei procedimenti dinnanzi alla Corte e dinnanzi alle istanze nazionali.
53. La Corte stima che questa domanda deve essere analizzata sotto l’angolo degli oneri e spese incorse nel procedimento interno ed in quella dinnanzi alla Corte.
54. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso degli oneri e spese che nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti poco dettagliati nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e spese del procedimento nazionale, ma stima ragionevole la somma di 2 000 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
55. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

2. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i. 15 000 EUR, quindicimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
ii. 2 000 EUR, duemila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dalla richiedente, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

3. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 4 dicembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Peer Lorenzen
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusions : Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie familiale – Respect de la vie privée)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE HAMIDOVIC c. ITALIE

(Requête no 31956/05)

ARRÊT

STRASBOURG

4 décembre 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Hamidovic c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil les 13 septembre 2011 et 13 novembre 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 31956/05) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante de la Bosnie Herzégovine, OMISSIS (« la requérante »), a saisi la Cour le 2 septembre 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par OMISSIS, avocat à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora, ainsi que par son coagent, Mme P. Accardo.
3. La requérante alléguait la violation des articles 8 (droit au respect de la vie privée et familiale) et 34 de la Convention en raison de son expulsion du territoire italien.
4. Le 5 avril 2007, la Cour a invité le gouvernement de la Bosnie Herzégovine à présenter, s’il le souhaitait, des observations écrites sur cette affaire en vertu de l’article 36 § 1 de la Convention. Le gouvernement de la Bosnie-Herzégovine n’a pas donné suite à cette demande.
5. Par une décision du 13 septembre 2011, la chambre a déclaré la requête partiellement recevable.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
1. La situation familiale de la requérante
6. La requérante est née en 1975 et réside à Rome. Ressortissante de la Bosnie-Herzégovine d’origine rom, elle se maria à Rome en 1991. Cinq enfants naquirent de cette union, respectivement en 1992, 1993, 1995, 2001 et 2002. L’ensemble de la famille est installé dans le camp pour nomades « Castel Romano », à Rome.
7. Le dossier fait apparaître une inscription des trois premiers enfants à l’école pour les années scolaires 1999-2000 et 2002-2003. D’après les bulletins scolaires, leur fréquentation de l’école était discontinue.
8. L’époux de la requérante, également ressortissant de la Bosnie Herzégovine d’origine rom, est employé dans une coopérative. Selon les informations fournies par le Gouvernement le 24 juin 2011, celui ci est actuellement titulaire d’un permis de séjour délivré à une date non précisée et valable jusqu’au 11 juillet 2013. Pendant les années de résidence en Italie, le permis de séjour de l’époux de la requérante a expiré et a été renouvelé à plusieurs reprises.
2. Le séjour de la requérante en Italie et la procédure d’expulsion dont elle a fait l’objet
9. Le 13 janvier 1996, la requérante obtint un permis de séjour en tant que ressortissante de l’ex-Yougoslavie pour motifs extraordinaires de caractère humanitaire. Ce permis fut révoqué le 9 octobre 1997 pour des raisons qui ne sont pas connues.
10. Le 19 août 1998, la requérante demanda le renouvellement de son permis auprès de la préfecture de police de Rome. Par une décision du 18 mai 1999, cette demande fut rejetée au motif que la requérante avait commis des infractions pénales.
11. Le 24 septembre 2002, le consulat général de Bosnie-Herzégovine à Milan délivra à la requérante un passeport valable jusqu’au 24 septembre 2007.
12. A la suite d’un contrôle des pièces d’identité de la requérante effectué à Alba Adriatica (Teramo), par un arrêté du 20 juillet 2005, le préfet de Teramo ordonna l’expulsion de cette dernière au motif qu’elle résidait irrégulièrement sur le territoire italien. La requérante fut donc placée dans le centre de rétention temporaire de Ponte Galeria, à Rome.
13. Le 2 août 2005, la requérante attaqua cette décision devant le juge de paix de Teramo. Elle invoqua, entre autres, son droit au respect de la vie familiale, tel que protégé par l’article 8 de la Convention.
14. Le 24 août 2005, le juge de paix rejeta cette demande, considérant que l’arrêté litigieux avait été adopté conformément à la loi. Il releva d’abord que le permis de séjour de la requérante avait été révoqué le 9 octobre 1997 et que son renouvellement n’avait pas été demandé dans les soixante jours prévus par l’article 13, alinéa 2 b), du décret-loi no 286 du 25 juillet 1998 (« le décret-loi no 286/98 » ; voir la partie « Droit interne pertinent »). Il souligna aussi que la requérante avait déjà fait l’objet d’un arrêté d’expulsion le 9 octobre 1991 ainsi que de nombreuses procédures pénales.
15. Quant à la nécessité de maintenir l’unité familiale, le juge releva que le permis de séjour de l’époux de la requérante avait expiré en 2004, qu’aucune preuve de scolarisation des enfants du couple ni d’insertion sociale de la famille n’avait été fournie et que, de toute manière, le droit de maintenir l’unité familiale n’était reconnu qu’aux étrangers titulaires d’un permis de séjour régulier, selon l’article 28 du décret-loi no 286/98.
16. Le juge releva enfin que, selon l’article 19 du même décret-loi, les mineurs ont la possibilité de suivre le parent expulsé et que le tribunal pour enfants a le pouvoir d’autoriser l’entrée ou le séjour du membre de la famille expulsé pour une période de temps donnée. De l’avis du juge, ce système permettrait de concilier l’exigence du respect de l’unité familiale tout en évitant que la présence de mineurs empêche l’application de la législation visant à protéger l’intégrité des frontières.
3. Les informations résultant du casier judiciaire de la requérante
17. Entre 1985 (époque à laquelle elle était âgée de dix ans) et 1990, la police de Rome arrêta la requérante à quatre reprises pour vol aggravé et vol à la tire.
18. Au courant des mois d’avril et d’août 1995, la requérante fut appréhendée par la police à deux reprises pour mendicité. Des procédures pénales furent entamées ; elles se terminèrent par deux décisions de classement sans suite.
19. En 2003, la requérante fut appréhendée par la police pour mendicité avec utilisation de mineurs – en l’espèce, ses enfants – âgés de neuf mois et dix ans à l’époque. Par un jugement du 24 novembre 2003, le tribunal de Rimini condamna la requérante à un mois et quinze jours de réclusion. Cette peine fut ensuite remplacée par une amende de 1 710 euros (EUR).
20. L’infraction dont il est question, prévue par l’article 671 du code pénal, fut ensuite dépénalisée par la loi no 94 du 15 juillet 2009.
4. L’expulsion de la requérante et l’application de l’article 39 du règlement de la Cour
21. Lors de l’introduction de la présente requête par téléfax, le vendredi 2 septembre 2005 à 11 h 33, la requérante demanda l’application de l’article 39 du règlement de la Cour, alléguant que son éventuelle expulsion aurait entraîné la violation de l’article 8 de la Convention, quant à sa vie privée et familiale.
22. Le jour même, la Cour décida de faire droit à cette demande ; un téléfax fut ainsi envoyé, à 18 h 36, à la représentation permanente de l’Italie auprès du Conseil de l’Europe. Par un téléfax du 6 septembre 2005, le représentant de la requérante indiqua au greffe de la Cour avoir informé par téléfax, le 5 septembre 2005 à 13 h 08, le centre de rétention de Rome – Ponte Galeria, où la requérante était retenue, que l’article 39 du règlement avait été appliqué. Le matin du 6 septembre 2005, cependant, la requérante fut accompagnée à l’aéroport et embarquée sur un vol partant à 10 heures pour Sarajevo.
23. Le 8 septembre 2005, la requérante introduisit une demande d’autorisation spéciale devant le ministère de l’Intérieur afin de revenir en Italie (article 13, alinéa 13, du décret-loi no 286/98).
24. Par une lettre du 16 septembre 2005, le ministère de l’Intérieur invita le ministère des Affaires étrangères à mettre en place les mesures nécessaires afin de réadmettre la requérante en Italie.
25. Le 12 janvier 2006, le ministère de l’Intérieur demanda au conseil de la requérante l’adresse en Bosnie-Herzégovine de cette dernière. Le 16 janvier suivant, le conseil communiqua ne pas être en mesure de fournir cette information.
26. Le 5 juin 2006, le bureau de l’immigration du commissariat de police de Rome transmit à l’Ambassade d’Italie à Sarajevo son avis favorable au retour de la requérante en Italie. L’ambassade convoqua donc la requérante à plusieurs reprises afin de lui délivrer un visa d’entrée, toutefois sans succès. La requérante se présenta enfin à l’Ambassade le 18 octobre 2006.
27. Selon les informations fournies par le conseil de la requérante, le 9 novembre 2006, celle-ci revint en Italie, munie d’un permis d’entrée sur le territoire fourni par l’ambassade d’Italie à Sarajevo.
28. Le 12 mars 2007, le décret d’expulsion dont la requérante avait fait l’objet fut révoqué.
29. A une date non précisée après le retour de la requérante en Italie, le ministère de l’Intérieur délivra à celle-ci un permis de séjour valable jusqu’au 14 décembre 2013.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
30. Le décret-loi (decreto legislativo) no 286/98 (« Texte unique des dispositions concernant la règlementation de l’immigration et les normes sur le statut des étrangers »), tel que modifié par les lois nos 271 de 2004 et 155 de 2005, dispose entre autres :
Article 5
« L’étranger qui est resté sur le territoire de l’Etat alors que son permis de séjour a expiré depuis plus de soixante jours et que son renouvellement n’a pas été demandé, fait l’objet d’une mesure d’expulsion contenant l’ordre de quitter le territoire de l’Etat dans un délai de quinze jours. Lorsque, selon le préfet, il existe un risque de soustraction à l’exécution de la mesure d’expulsion, le commissaire de police (questore) ordonne la reconduite immédiate de l’étranger à la frontière. »
Article 13
« 1. Pour des raisons d’ordre public ou de sécurité de l’Etat, le ministre de l’Intérieur peut ordonner l’expulsion de l’étranger même si celui-ci n’est pas résident sur le territoire de l’Etat, en informant préalablement le président du Conseil des ministres et le ministre des Affaires étrangères.
2. Le préfet ordonne l’expulsion lorsque l’étranger :
a) est rentré sur le territoire de l’Etat en se soustrayant aux contrôles de frontière (…) ;
b) est resté sur le territoire de l’Etat sans avoir demandé de permis de séjour dans le délai imparti, sauf si le retard est imputable à des raisons de force majeure, ou bien [s’y est maintenu] alors que le permis a été révoqué ou annulé ou qu’il est expiré depuis plus de soixante jours et que son renouvellement n’a pas été demandé. (…)
8. Contre le décret d’expulsion, l’étranger peut uniquement présenter un recours devant le juge de paix du lieu où l’autorité qui a ordonné l’expulsion a son siège. Le délai est de soixante jours à partir de la date de la mesure d’expulsion. Le juge de paix fait droit à la demande, ou la rejette, par une décision prise dans les vingt jours à partir du dépôt du recours. Le recours en question peut être signé personnellement et être présenté par l’intermédiaire de la représentation diplomatique ou consulaire italienne du pays de destination. (…)
13. L’étranger expulsé ne peut pas revenir sur le territoire de l’Etat sans une autorisation spéciale du ministre de l’Intérieur. En cas de violation de cette disposition, l’étranger est puni de un à quatre ans de réclusion et il est à nouveau expulsé avec reconduite immédiate à la frontière. »
Article 19
« 1. En aucun cas, l’expulsion ou le refoulement de l’étranger ne peuvent être ordonnés vers un Etat dans lequel celui-ci peut faire l’objet de persécutions en raison de sa race, de son sexe, de sa langue, de sa nationalité, de sa religion, de ses opinions politiques, de sa condition personnelle ou sociale ou bien s’il risque d’être renvoyé vers un autre Etat dans lequel il n’est pas protégé des persécutions.
2. Sauf dans les cas prévus à l’article 13, alinéa 1, l’expulsion n’est pas admise vis-à-vis :
a) des étrangers mineurs, sauf dans le cas où il s’agit de suivre le parent ou le tuteur expulsés ;
b) des étrangers titulaires d’un permis de séjour (…) ;
c) des étrangers cohabitant avec de la famille jusqu’au quatrième degré de parenté ou avec un conjoint lorsque les personnes en question sont de nationalité italienne ;
d) des femmes enceintes ou ayant un enfant de moins de six mois. »
Article 28
« 1. Le droit de maintenir ou d’établir l’unité familiale par rapport à des membres de la famille étrangers est reconnu, sous les conditions prévues par le présent texte unique, aux étrangers titulaires d’une carte de séjour ou d’un permis de séjour d’une durée non inférieure à un an délivré pour raisons de travail, d’asile, d’études ou pour des motifs religieux. (…) »
Article 29
« 1. L’étranger peut demander le regroupement familial pour les membres de sa famille mentionnés ci-dessous :
a) le conjoint non séparé ; (…)
4. L’étranger titulaire d’un permis de séjour (…) peut être rejoint par les membres de sa famille dans le cadre du regroupement familial (…). »
Article 31
« Pour des raisons graves, tenant au développement psychophysique et aux conditions de santé du mineur résidant sur le territoire italien, le tribunal pour enfants peut autoriser l’entrée ou le séjour d’une personne de la famille pour une période de temps déterminée, même en dérogeant aux dispositions du présent décret. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA VIE PRIVÉE ET FAMILIALE
31. Invoquant l’article 8 de la Convention, la requérante allègue que l’exécution de la décision de l’expulser vers la Bosnie-Herzégovine a entraîné la violation de son droit au respect de sa vie privée et familiale car elle a été obligée de quitter son mari et ses enfants résidant en Italie. Cet article est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
A. La position des parties
32. Le Gouvernement observe que la requérante a fondé une famille au cours de sa clandestinité en Italie et qu’elle n’a fourni aucune preuve quant à la scolarisation de ses enfants et à l’insertion sociale de sa famille.
33. Il soutient aussi que l’expulsion de la requérante a été ordonnée sur la base de l’article 5 du décret-loi no 286/98, celle-ci étant dépourvue d’un permis de séjour en cours de validité, et qu’aucune des raisons prévues par les articles 13 alinéa 2 b) (force majeure) et 19 dudit décret ne faisait obstacle à cette expulsion.
34. La requérante expose avoir des liens familiaux solides en Italie, à savoir son époux et ses cinq enfants. Elle indique également résider en Italie depuis 1988 et avoir été titulaire d’un permis de séjour pour une courte période dans les années 90.
35. La requérante soutient aussi que la décision de l’expulser était dépourvue de fondement puisque, conformément à l’article 29 du décret-loi no 286/98, elle aurait pu obtenir le regroupement familial.
B. L’appréciation de la Cour
1. Les principes généraux
36. La Cour rappelle à titre liminaire que la Convention ne garantit pas, en tant que tel, le droit d’entrer ou de résider sur le territoire d’un Etat dont on n’est pas ressortissant, et que les Etats contractants ont le droit de contrôler, en vertu d’un principe de droit international bien établi, l’entrée, le séjour et l’éloignement des non-nationaux (voir, parmi beaucoup d’autres, El Boujaïdi c. France, 26 septembre 1997, § 39, Recueil des arrêts et décisions 1997-VI ; Baghli c. France, no 34374/97, § 45, CEDH 1999-VIII, et Boultif c. Suisse, no 54273/00, § 39, CEDH 2001-IX).
37. Cependant, les décisions prises par les Etats en matière d’immigration peuvent, dans certains cas, constituer une ingérence dans l’exercice du droit au respect de la vie privée et familiale protégé par l’article 8 § 1 de la Convention, notamment lorsque les intéressés possèdent, dans l’Etat d’accueil, des liens personnels ou familiaux suffisamment forts qui risquent d’être gravement affectés en cas d’application d’une mesure d’éloignement. Pareille ingérence enfreint l’article 8, sauf si, « prévue par la loi », elle poursuit un ou plusieurs buts légitimes au regard du deuxième paragraphe dudit article et apparaît « nécessaire dans une société démocratique » pour les atteindre (Moustaquim c. Belgique, 18 février 1991, § 36, série A no 193 ; Dalia c. France, 19 février 1998, § 52, Recueil 1998 I ; Amrollahi c. Danemark, no 56811/00, § 33, 11 juillet 2002 ; Kaftaïlova c. Lettonie, no 59643/00, 22 juin 2006 et Nada c. Suisse [GC], no 10593/08, § 167, 12 septembre 2012).
38. La Cour relève aussi que l’article 8 n’emporte pas une obligation générale pour un Etat de respecter le choix par des immigrants de leur pays de résidence et d’autoriser le regroupement familial sur le territoire de ce pays. Cela dit, dans une affaire qui concerne la vie familiale aussi bien que l’immigration, l’étendue des obligations pour l’Etat d’admettre sur son territoire des proches de personnes qui y résident varie en fonction de la situation particulière des personnes concernées et de l’intérêt général (Gül c. Suisse, 19 février 1996, § 38, Recueil 1996-I, Rodrigues da Silva et Hoogkamer c. Pays-Bas, no 50435/99, § 39, CEDH 2006 I).
2. L’application des principes susmentionnés dans le cas d’espèce
a) Le droit au respect de la vie privée et familiale de la requérante
39. Dans le cas d’espèce, nul ne peut douter que la requérante a tissé en Italie des liens solides. Il ressort du dossier que la requérante réside en Italie depuis 1985 (moment où elle fut arrêtée pour la première fois), soit depuis l’âge de dix ans. Compte tenu du laps de temps considérable pendant lequel la requérante a vécu sur le territoire italien, il ne prête pas à controverse que la requérante a noué des relations personnelles, sociales et économiques qui sont constitutives de la vie privée de tout être humain (Kaftaïlova, précité, §§ 63 et 67).
40. La Cour considère en outre que l’existence d’une vie familiale de la requérante est également établie : cette dernière s’est mariée en Italie en 1991, cinq enfants sont nés de cette union et toute la famille réside en Italie depuis lors (voir, mutatis mutandis, C. c. Belgique, 7 août 1996, § 34, in fine, Recueil 1996 III).
b) L’existence d’une ingérence, d’une base légale et d’un but légitime
41. La Cour relève que la mesure d’expulsion dont la requérante a fait l’objet a constitué une ingérence dans son droit au respect de sa vie privée et familiale. Cette mesure était prévue par la loi (à savoir, le décret-loi no 286 du 25 juillet 1998) et poursuivait un but légitime consistant en la sûreté publique et la défense de l’ordre.
c) La proportionnalité de la mesure litigieuse avec le but poursuivi
42. La Cour se réfère aux critères établis par sa jurisprudence sur le respect des obligations découlant de l’article 8 de la Convention en matière d’interdiction du territoire à la suite d’une condamnation pénale (Boultif, précité, § 48, et Üner c. Pays-Bas [GC], no 46410/99, §§ 57-58, CEDH 2006 XII) et de respect de la législation sur l’immigration (voir, parmi beaucoup d’autres, Rodrigues da Silva et Hoogkamer, précité, § 39), à savoir :
– la nature et la gravité de l’infraction commise ;
– la durée du séjour de l’intéressé dans le pays dont il doit être expulsé ;
– sa situation familiale (le cas échéant, la durée de son mariage) ;
– la naissance éventuelle d’enfants du mariage, leur âge ;
– l’étendue des liens que les personnes concernées ont avec l’Etat contractant en cause ;
– la question de savoir s’il existe ou non des obstacles insurmontables à ce que la famille vive dans le pays d’origine ;
– et la question de savoir si la vie familiale en cause s’est développée à une époque où les personnes concernées savaient que la situation de l’une d’elles au regard des règles d’immigration était telle qu’il était immédiatement clair que le maintien de cette vie familiale au sein de l’Etat hôte revêtirait d’emblée un caractère précaire.
43. Se tournant vers le cas d’espèce, la Cour relève tout d’abord que la requérante a été condamnée une fois pour mendicité avec utilisation de mineurs à une peine de réclusion et que cette peine a par la suite été remplacée par une amende. Elle note encore que l’article 671 du code pénal, prévoyant l’infraction litigieuse, a été abrogé par la loi no 94 du 15 juillet 2009. La Cour estime que cette infraction n’est pas de nature à être qualifiée de « grave » au sens de la jurisprudence de la Cour (Kaftaïlova, précité, § 68 ; Ezzouhdi c. France, no 47160/99, § 34, 13 février 2001, et, mutatis mutandis, El Boujaïdi, précité, § 41). La Cour note de surcroît que les procédures pénales entamées à l’encontre de la requérante à la suite de son appréhension en 1995 pour mendicité ont été classées sans suite (voir paragraphe 18 ci-dessus).
44. Quant à l’existence de liens familiaux, la Cour note à nouveau que la requérante, résidant en Italie depuis l’âge de dix ans, s’est mariée dans ce pays et que cinq enfants sont nés de cette union. En tout état de cause, même en concédant que la requérante n’a pas fourni la preuve d’une scolarisation continue et effective de ses enfants, la Cour relève que l’ensemble de la famille a vécu sans interruption jusqu’à ce jour en Italie : la possibilité pour toute la famille de s’établir en Bosnie-Herzégovine pour y rejoindre la requérante est donc peu réaliste, les enfants n’ayant aucune attache dans ce pays.
45. La Cour ne perd pas de vue que la requérante résidait de façon irrégulière en Italie au moment où elle a été touchée par l’arrêté d’expulsion et qu’elle ne pouvait pas ignorer la précarité qui en découlait (Dalia, précité, § 54 ; Useinov c. Pays-Bas (déc.), no 61292/00, 11 avril 2006 ; Syssoyeva et autres c. Lettonie (radiation) [GC], no 60654/00, § 94, CEDH 2007 I, et, mutatis mutandis, Mawaka c. Pays-Bas, no 29031/04, § 61, 1er juin 2010). Il n’en demeure pas moins que la requérante a obtenu un permis de séjour pendant une courte période en 1996-1997 et que, d’après les informations reçues par le gouvernement défendeur, elle est à présent titulaire d’un permis de séjour valable jusqu’au 14 décembre 2013. La Cour estime donc que la requérante n’était pas dans une situation où elle ne pouvait à aucun moment raisonnablement s’attendre à pouvoir continuer sa vie familiale dans le pays hôte (Rodrigues da Silva et Hoogkamer, précité, § 43, et Solomon c. Pays-Bas (déc.) no 44328/95, 5 septembre 2000).
46. Qui plus est, la Cour constate que, en dépit de l’application de l’article 39 du règlement de la Cour, la requérante a été expulsée du territoire italien et ainsi éloignée de sa famille pendant environ un an et deux mois (du 6 septembre 2005 au 9 novembre 2006).
47. A la lumière de l’ensemble de ces éléments, la Cour estime que la mesure litigieuse n’a pas été proportionnée à l’objectif poursuivi. Il y a donc eu violation de l’article 8 de la Convention.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
48. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
49. La requérante demande 50 000 EUR au titre du préjudice moral qu’elle aurait subi.
50. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
51. La Cour considère qu’il y a lieu d’octroyer à la requérante 15 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
52. Se référant au « dommage matériel » qu’elle aurait subi, la requérante demande également 10 504,49 EUR pour les frais et dépens des procédures devant la Cour et devant les instances nationales.
53. La Cour estime que cette demande doit être analysée sous l’angle des frais et dépens encourus dans la procédure interne et dans celle devant la Cour.
54. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement des frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents peu détaillés en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale, mais estime raisonnable la somme de 2 000 EUR pour la procédure devant la Cour et l’accorde à la requérante.
C. Intérêts moratoires
55. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;

2. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 15 000 EUR (quinze mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral;
ii. 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

3. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 4 décembre 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Peer Lorenzen
Greffier Président

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